Città dei Mille Agosto Settembre 2014

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ART2NIGHT colora di rosa Città Alta

AGOSTO / SETTEMBRE 2014

Anno 17 - N°4 Agosto/Settembre 2014 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO In caso di mancato recapito si restituisca a: Editrice Bergamasca Srl - via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo, che si impegna a pagare la relativa tassa. Euro 3,00




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Edito riale

Editoriale

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entre a Milano la preparazione dell’Expo 2015 vive ancora momenti di affanno, la pragmatica Bergamo si sta muovendo su un fronte decisamente interessante per il futuro di un’area storica della città: Astino. La chiesa è stata inaugurata (mentre per la destinazione finale del monastero non ci sono ancora certezze), ma soprattutto il progetto agro-ambientale della Fondazione Mia, che ha dato in affitto 23 ettari suddivisi tra 10 aziende che lavoreranno secondo le linee guida stese da Parco dei Colli e Orto Botanico, è partito. Sui terreni coltivati dai monaci Vallombrosiani nel medioevo vedranno la luce bio-verdure, mais autoctoni, luppoli per la birra artigianale, uve da vino. Ci sarà anche Beatrice Arrigoni, titolare di un’azienda agricola in zona che produce piccoli frutti con metodi rigorosamente biologici: «Punterò su piante mediche – ci ha raccontato - come il ribes nigrum, a cui sono state riconosciute proprietà antitumorali, diuretiche e antireumatiche, o il mirtillo rosso». Restando tra le interviste, ripercorriamo la storia delle radio private locali attraverso uno dei suoi più illustri esponenti, Teo Mangione. Poi un occhio all’economia, ma da un punto di vista privilegiato, grazie a Gianluigi Viscardi: la sua Cosberg è oggi un’eccellenza internazionale della meccatronica, e lui è alla guida nazionale della piccola industria. «Puntiamo alla “conoscenza globale”: mettere nelle condizioni chiunque di fare le stesse cose», è il suo mantra. Completano il panorama di questo numero estivo di Città dei Mille, come sempre, i reportage vippaioli, le rubriche, la cultura. La cover l’abbiamo dedicata a Art2Night: idee come quelle della Notte Bianca dell’arte – la prima edizione è stata un successo – meritano. Buona lettura! Claudio Gualdi

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di Claudio Gualdi



La mia

rubrica

Un Dio, tre religioni, tante domande

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’era una volta un re che aveva un bellissimo anello, il più bello tra tutti i suoi tesori e per conservarlo disse che l’avrebbe lasciato a colui che doveva essere il suo erede: così l’anello passò di mano in mano a tutti i discendenti della stirpe reale finchè non giunse nelle mani di un sovrano che aveva tre figli, tutti e tre belli e intelligenti e buoni, tutti degni di essere suoi eredi. Sentendosi in punto di morte, egli fece fare due copie dell’originale e così tutti e tre i suoi figli si ritrovarono in possesso dell’anello. E ancor oggi si deve capire a chi spetti l’eredità. Questa storia viene narrata da un sagace giudeo per uscire dal tranello di una domanda tendenziosa, del Saladino che lo aveva interrogato su quale fosse la migliore tra le tre religioni monoteiste: la cristiana, l’ebraica e la musulmana. Melchisedech, così si chiamava, riesce bene ad aggirare l’ostacolo : “E così vi dico, signor mio, delle tre leggi alli tre popoli date da Dio padre, delle quali la quistion proponeste: ciascuno la sua eredità, la sua vera legge e i suoi comandamenti dirittamente si crede avere e fare; ma chi se l'abbia, come degli anelli, ancora ne pende la quistione.” Questa storia che fu raccontata dal Boccaccio nei primi anni del Trecento mostra una sorpendente freschezza: siamo ancora qui con le stesse domande. Sono recenti le notizie del dialogo intrapreso da Papa Francesco e le altre religioni, cercheremo di capirne di più nel prossimo numero.

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di Emanuela Lanfranco e.lanfranco@inwind.it


Approfondimento

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Povertà nuove e vecchie

artire da Dante, il padre comune della nostra storia letteraria (ma la letteratura la sa lunga sulla vita), per parlare di “povertà” può apparire fuori tema. Ma è interessante se ci fa notare come Francesco, il santo di Assisi, secondo il poeta, non sta in Paradiso perché ha fondato un Ordine necessario alla riforma della Chiesa e nemmeno perché ha dato tutto ai poveri e si è messo al loro servizio ma perché si è innamorato della povertà al punto da sposarla, un atto scandaloso, di cui era stato capace, prima di lui, solo Gesù Cristo. E la povertà, nel Medio Evo italiano, avevo lo stesso aspetto ributtante di quella dei cosidetti paesi del Terzo Mondo nel 2014: significava malattie come la lebbra, significava morire di fame, per strada, senza riparo, significava non nascere nemmeno o non

potere invecchiare. Ma certo per “amare” la povertà bisogna guardare il mondo con un sguardo capovolto, da santi o da dei. Noi ci acconteremmo di sopportarla, e di questi tempi il tema del come convivere con la povertà sta diventando drammaticamente attuale. Al punto che si parla oggi di “nuova povertà”, intendendo un fenomeno che riguarda persone che si ritenevano fino a poco tempo fa relativamente protette e al sicuro (dal punto di vista economico e lavorativo) e per le quali era lontanissimo il ricorso a forme di aiuto di tipo assistenziale. Insomma persone che sono diventate povere da poco e proprio non se lo aspettavano. I “nuovi poveri” si sommano a coloro che sono i “vecchi poveri” in quanto sistematicamente, da diversi anni, fanno ricorso a un qualche tipo di sostegno al reddito.

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di Emanuela Lanfranco

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E il dato paradossale è che la crisi non ha nemmeno peggiorato più di tanto il loro status. Diversa la situazione di coloro che possiamo definire “persone in corsa” per i quali la crisi economica ha costituito un ostacolo insormontabile: per esempio i giovani che avevano chiesto un mutuo per la casa e che stavano facendo progetti di futuro. Contemporaneamente la categoria dei “nuovi poveri” è cresciuta per il gran numero di “stabili-de-stabilizzati”, quelli che per esempio hanno perso il lavoro inaspettatamente. William Revello, Coordinatore Progetti dell’Ufficio Pio della Compagnia San Paolo, un ente che si occupa di sostegno alle fasce deboli di cittadini, osserva come i cosidetti “nuovi poveri” siano per lo più giovani, specialmente precari, donne e uomini maturi che vivono da soli e che hanno difficoltà reddituali, nonché coppie di giovani che non riescono a assolvere agli impegni finanziari contratti. Ma quali sono le cause di queste “nuove e vecchie povertà”? Accanto a quella classica che consiste nel sovrapporsi di eventi critici, come problemi di lavoro, di reddito, di salute, se ne sono aggiunte altre: la crisi in corso, per certi versi assolutamente eccezionale, l’intrappolamento

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nella precarietà e il fallimento del progetto migratorio. Altra novità che si va profilando è che le disuguaglianze più grandi non si basano più, come un tempo, sulle differenze di capitale umano, ma sono ormai divenute strutturali: il sistema economico, produttivo e sociale italiano genera sistematicamente ineguaglianza dei redditi. Per anni abbiamo creduto alla bella favola del Bel Paese opulento, in cui tutte le fasce di reddito consumavano alla grande. I fatti hanno smentito la leggenda: l’Italia è uno dei paesi europei che ha più difficoltà a fare fronte, attraverso le policies, ai problemi delle disuguaglianze economiche e sociali. La coperta allestita per tamponare il gelo della crisi è davvero troppo corta. Non resta allora che fare conto sulla principale delle agenzie di welfare: la famiglia, il paracadute cui da sempre in Italia ci si affida per evitare le cadute dal precipizio, in assenza di politiche più efficaci. Alcuni sociologi che si sono occupati di ricerche su questi fenomeni, tra cui Marco Revelli, autore del libro Poveri, noi, riflettono acutamente sul fatto che l’impoverimento economico ha portato a un’altra forma di povertà collettiva, culturale

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prima e morale poi. Infatti si è assistito a un progressivo indebolimento del tessuto solidaristico del nostro paese per cui chi è “povero con me” non è più avvertito come un compagno di sventura ma come un pericoloso avversario nella corsa a risorse assistenziali sempre più scarse. Il nostro senso civico, già non particolarmente attrezzato a reggere un orizzonte comune, sta così vivendo una nuova regressione. Il degrado morale dunque trova nella povertà emergente un terreno fertile. Insomma nessuna risorsa oggi intravediamo nella povertà, tanto più se siamo stati educati al mito della ricchezza risolutrice di ogni male. Ma solo avendo ben chiaro che il povero è una delle figure possibili della nostra limitatezza e che il suo volto invece di farci paura costituisce una delle tante possibilità dell’umano -e non è detto sia delle peggiori- solo tenendo presente che nessuno è salvo finchè qualcuno, ormai vicino a noi, non ha il necessario per una vita dignitosa, solo prendendo in mano il problema della povertà, avendolo a cuore, si può sperare di fare qualche passo avanti. Significa “amare” la povertà?


Direzione e Redazione: Via Madonna della Neve, 24 Bergamo Tel. 035 35 91 011 Fax 035 35 91 117 www.cittadeimille.com Direttore responsabile: Claudio Gualdi

Art2night, il pubblico premia l'iniziativa

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cover story

Speciale: Almè

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Editore: Editrice Bergamasca S.r.l. www.ediberg.it

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I gioielli non hanno stagione... ARMR, anno pieno di soddisfazioni Rotary Bergamo Sud: Matteo Ferretti, presidente per l'anno 2014-2015 Associazione Oncologica Bergamasca, nuovo presidente dopo nove anni Cavalieri della Repubblica, 46 onoreficenze

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vip & news

Speciale. Villa d'Almè

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Città dei Mille - anno 17 n. 4 Aut. Trib. n. 52 del 27 Dicembre 2001

Editoriale La mia rubrica Approfondimento

Teo Mangione, una vita in radio Astino rinasce (anche) dai piccoli frutti

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interviste

Speciale. Valbrembo

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Sommario

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«La Cosberg è come un'orchestra»

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interviste

Valvole industriali, prima volta in fiera Albini Group, prima collezione di cravatte

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imprese

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in Vetrina

Luberg Cucina Golf Motori Sanità Arte Spiritualità

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rubriche

Nuovo ospedale, aperta la chiesa L'arte sboccia dalla ricerca tecnologica Sant'Agata nel Carmine, la rinascita Praga, appunti disordinati di vacanza

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cultura

Direttore editoriale: Emanuela Lanfranco Redazione: Fabio Cuminetti Abbonamenti: 035 35 91 011 segreteria@ediberg.it 1 anno - 27 euro Stampa: Sigraf - Treviglio (Bg)

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Pubblicità: Tel. 035 35 91 158

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Via Campagnola, 50 - BERGAMO - Tel. 035-4212211 Corso Carlo Alberto, 114 - LECCO - Tel. 0341-27881 Via Industriale, 97/1 - SONDRIO BERBENNO V. - Tel. 0342-492151 Via Brescia, 78 - GRUMELLO DEL MONTE (BG) - Tel. 035-830914

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Co ver

Art2night, il pubblico premia l’iniziativa

Pienone per la prima Notte Bianca dell’Arte, il 12 luglio. Il cuore in Città Alta, con particolari luci rosa che hanno segnato la via dei luoghi aperti per l’occasione e fatto da cornice alla performance dei Dadadang

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uona la prima. Si è tenuta sabato 12 luglio Art2night, la neonata Notte Bianca dell'Arte di Bergamo, organizzata dalla divisione Art & Culture di Proloco Bergamo e da Teamitalia. L’evento ha visto la partecipazione di molti visitatori, sia cittadini che turisti, entusiasti per le numerose iniziative proposte. Ecco qualche numero. Il centro storico di Città Alta si è rivelato il cuore della manifestazione, con particolari luci rosa che hanno segnato la via dei luoghi d’arte aperti per l’occasione e hanno fatto da sfondo alla performance dei Dadadang. In Piazza Vecchia oltre 400 persone hanno visitato l’esposizione temporanea dell’Accademia Carrara presso il Palazzo della Ragione, mentre

si calcolano 220 persone per il Museo e Tesoro della Cattedrale. In 45 hanno preso parte alla visita guidata attraverso il torrione e il camminamento della Rocca, proseguita alle ore 22 sulla cima del Campanone, a cui si sommano oltre 200 visitatori al Palazzo del Podestà-Museo Storico dell’Età Veneta. In 450 hanno ammirato le opere del fotografo Gianni Rusconi presso il palazzo dell’Ex-Ateneo in occasione del trentennale del Premio Nazionale di Narrativa Bergamo, e in 500 hanno popolato le sale del Museo Civico di Scienze Naturali. Il concerto Giovani Voci all’Opera presso Casa Natale G. Donizetti è stato seguito da 70 persone, mentre il Teatro Sociale in occasione delle Passeggiate Donizettiane ha registrato

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oltre 1.200 visitatori nell’arco della prima giornata di apertura. Successo anche per i concerti degli allievi del Conservatorio Donizetti Bergamo, in Sala Piatti e in Aula Picta, e per le performance dell’Associazione Baghét e del gruppo folk Rataplam in Piazza della Cittadella. Il Gruppo Speleologico Bergamasco Le Nottole ha guidato 130 persone attraverso diverse visite nei sotterranei della Sortita dell’Acquedotto e della Cannoniera della Fara. Le altre location sotterranee, la Fontana del Lantro, la Cannoniera di S. Michele e la Cannoniera di S. Giovanni sono state visitate da 300, 70 e 90 persone. Grande partecipazione di pubblico anche nelle location di Città Bassa. Oltre mille visitatori per l’inaugurazione della mostra «Humana Pictura» di Trento Longaretti, presso la sede della Fondazione Credito Bergamasco. Il Gruppo Guide Città di Bergamo ha condotto trenta persone nel tour attraverso le sculture del Centro Piacentiniano. Seguitissima anche la visita in Borgo Pignolo organizzata da Bergamo in Piazzetta, con oltre 40 partecipanti. La GAMeC, con le mostre «Riscoprire la Carrara», «Robert Overby» e «Giuseppe Stampone», ha registrato 600 visitatori. Cento persone per la personale di Sonia Ciscato presso l’Accademia di Belle Arti G. Carrara. La serata medievale presso l’Ex Monastero di Valmarina, sede del Parco dei Colli di Bergamo, ha infine visto la partecipazione durante l’intera serata di 500 persone. E l’anno prossimo, per Expo 2015, si replica. C’è già una data: sabato 11 luglio.

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Almè

Fa r m a c i a

«Per antiche contrade» ad Almè

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«Per antiche contrade» è un viaggio insieme letterario e musicale alla scoperta di gioielli dell’architettura immersi nel verde delle prealpi bergamasche. Chiese romaniche, antichi borghi rinascimentali e ville ottocentesche riprendono vita grazie all’accostamento, a tratti ardito, di note classiche, folk e jazz. Almè ha ospitato un concerto della manifestazione lo scorso 4 luglio: «My favourite Songs». Cantava Silvia Infascelli, accompagnata al pianoforte da Fabio Piazzalunga. Un dialogo tra voce e pianoforte, dove la voce guida il pubblico, attraverso un sottile filo che collega i brani, in un viaggio in musica dal jazz al classico, da Billie Holiday a Erik Satie… passando per composizioni originali e canzoni d’autore. Vocalist attiva in ambito jazz dagli anni 90, Silvia Infascelli ha una grande passione e curiosità musicale, che la spingono ad avviare e sperimentare collaborazioni e progetti originali ed eterogenei. Dalla frequentazione del songbook afroamericano, ai progetti originali discografici, che la vedono anche in veste di autrice di musica e testi, fino alle collaborazioni come corista in progetti orchestrali, corali, di sperimentazione vocale. «Per antiche contrade» il primo agosto torna in paese (piazza San Fermo; se piove Chiesa vecchia, piazza San Giovanni Battista) con «Dante’s Inferno Concerts: Paolo e Francesca, lussuriosi». Gli artisti che si esibiscono sono Mauro Danesi, Alberto Zanini, Bruno Pizzi, Fulvio Manzoni, Simona Zanini.

Il ponte della Regina lo rese florido I primi segni della presenza umana ad Almè risalgono all’epoca preistorica, periodo al quale risalgono i resti di alcune abitazioni su palafitta rinvenuti sulle sponde del fiume Brembo. In seguito il territorio venne interessato da piccoli insediamenti stabili di popolazioni appartenenti al gruppo dei Liguri, a cui subentrarono gli Etruschi nell’età del bronzo e i Galli Cenomani tra il V ed il IV secolo a.C. Questi caratterizzarono fortemente il territorio, inserendolo nel contesto dell’insediamento di Lemine. Successivamente si verificò la dominazione romana, i cui abitanti si fusero con quelli di origine celtica presenti precedentemente. Anche gli insediamenti ebbero un notevole sviluppo, favoriti dalla costruzione di un’importante strada di comunicazione, utilizzata principalmente dai militari, che collegava la città orobica con quella di Lecco, da cui poi era possibile raggiungere il nord Europa. La costruzione di questa via prevedeva anche la costruzione di un ponte, denominato ponte della Regina, che superava il fiume Brembo collegando il borgo di Almè alla piana di Almenno. Con il termine dell’impero romano il territorio visse un periodo di scarsa antropizzazione, terminato con l’arrivo della popolazione dei Longobardi nel VI secolo, che diede vita alla curtis lemennis, inserita nel ducato di Bergamo. A questa popolazione subentrarono, a partire dall’VIII secolo, i Franchi, con i quali Lemine diventò un beneficium entrando nell’ordinamento e nel costume feudale. Il toponimo ebbe a formarsi in questi anni: Lemen, da Lemine, fu successivamente abbreviato in Almè. Nel corso del XIV secolo il borgo di Almè vide un progressivo ma inesorabile declino, e la sua importanza andò scemando già nel XIV secolo, dovuta al sempre minore utilizzo della strada per Lecco, favorita dal crollo del ponte della regina, avvenuto nel 1493. Poco interessato dai regimi che si susseguirono, passò alla Repubblica di Venezia nel XV secolo, con la quale terminarono gli scontri tra fazioni avverse, alla Repubblica Cisalpina nel 1797, al Regno Lombardo-Veneto nel 1815 ed infine al Regno d’Italia nel 1859, durante i quali venne più volte unito amministrativamente a Villa d’Almè.

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Almè Ass. CulturAlmènte: sempre in campo

Troverai tutte le soluzioni: INAS-CISL: pratiche pensionistiche CAF-CISL: 730/Unico/ICI RED/ISEE/BONUS/Pratiche di recupero edilizio PRATICHE DI SUCCESSIONE GESTIONE COLF-BADANTI ADICONSUM: Associazione dei consumatori SICET: sindacato inquilini ANTEAS: UNIVERSITÀ e VOLONTARIATO ETSI-UNITOUR: gite, soggiorni, tempo libero

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Si è concluso alla fine di maggio con la consegna dei diplomi ai partecipanti, da parte del sindaco di Almè, il corso di italiano per stranieri avviato a novembre: un momento importante per accogliere amichevolmente chi vive e lavora sul territorio. Gli eventi estivi all’aperto di Almè sono iniziati di lì a poco con la ricca giornata del 31 maggio; alla cerimonia di intitolazione della nuova biblioteca a Primo Levi è seguito nel pomeriggio “Il paese dei ragazzi”, ormai consueta festa dedicata ai giovanissimi che hanno popolato di allegria e giochi la via delle scuole. Come ogni anno, la bella stagione ha previsto un’uscita di gruppo, che quest’anno ha portato a passeggio per le grandi città emiliane di Modena e Bologna.

ORARI Almè: dalle 8.30 alle 12 lun., giov., ven., sab. Villa d’Almè: dalle 9 alle 11 lun., merc., ven.

Almè, via Campofiori 14 - 035.543058 Villa d’Almè, c/o Comune

Intitolata a Primo Levi la nuova biblioteca Il 31 maggio con una cerimonia breve ma molto sentita la nuova biblioteca di Almè è stata ufficialmente dedicata a Primo Levi, scrittore sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti. La scelta, come ha sottolineato nel suo discorso il sindaco, non è stata calata dall’alto ma è frutto di un percorso partecipato del quale sono stati protagonisti prima gli utenti della biblioteca cui è stata proposta una “rosa” di nominativi individuati dal Comitato Genitori e dall’associazione “CulturAlmènte”; i più votati sono stati poi oggetto della valutazione degli studenti della scuola secondaria di 1° grado. Ufficializzato anche il toponimo “Passaggio della Costituzione” per la strada pedonale di accesso alla biblioteca. A parlare di Primo Levi, di libertà di istruzione e di espressione e di Costituzione sono intervenuti il presidente del Csr Giorgio Martinelli e il consigliere regionale Jacopo Scandella. Toccante l’esecuzione dell’Inno di Mameli intonato dagli alunni delle classi quarte della primaria nel momento dell’ufficializzazione dell’intitolazione.

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Almè, via Pradelle 24 - 035.543535 - www.sergioarrigoni.it

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La piscine «Stile Nuoto Quadri» di Almè per quest’estate ha messo in campo, anzi in acqua, GiocAlmè, progetto con finalità ludiche, motorie, psicomotorie ed educative dedicato ai bambini (che vengono seguito per undici ore al giorno) della scuola primaria e secondaria. Sono quindi state organizzate, nel parco giochi estivo della piscina e negli impianti sportivi comunali, fino al 12 settembre, dal lunedì al venerdì, le seguenti attività: giochi legati agli obbiettivi educativi-motori (psicomotori) per un completo sviluppo del bambino; avviamento allo sport proposto in chiave ludica per promuovere nei bambini una corretta educazione allo sport dando loro la possibilità di sperimentare e sperimentarsi; spazio dedicato all’incremento delle autonomie personali; attività ludico espressive creative: giocoleria, laboratorio di botanica, Zumba kids. L’impianto natatorio offre una vasca coperta di 25x12,5 metri, profonda fino a 3 metri. D’estate si apre anche all’esterno: solarium in acqua, piscina per bambini, castello con attività motorie, gonfiabili, campo da calcetto e pallavolo. Il servizio bar è sempre attivo con le nuove proposte per ogni gusto. La scuola di nuoto rappresenta l’attività storica per la Stile Nuoto, fondata dalla famiglia Quadri negli anni ‘70: un’esperienza trentennale, grazie alla quale oltre 6mila persone l’anno possono scegliere progetti didattici diversificati per età e livello. Se per i bambini si punta all’apprendimento attraverso un programma ludico, agli adulti si offre professionalità e competenza tecnica.

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GiocAlmè, l’estate in piscina per i più piccoli


Almè Borghetto e piazza San Fermo: ricordi del passato Poco distante dalla piazza della parrocchiale (dove negli anni ‘60 è stato edificato il monumento dei caduti) c’è il quartiere del Borghetto. Il quartiere è anche detto del «Baluardo» in ricordo delle antiche fortificazioni. Insieme a piazza San Fermo è l’unico angolo di Almè che si è salvato dall’azione demolitrice delle ruspe che, per il resto, hanno cambiato radicalmente la fisionomia del paese. Le famiglie contadine sono praticamente scomparse: e pensare che un tempo Almè era un grossissimo centro agricolo e ancora oggi (come negli altri paesi della zona) si possono ammirare notevoli esempi di case contadine. La caratteristica è data dal tipo di muro in uso, quello a spina di pesce che qui conosce alcuni degli esempi più espressivi della terra bergamasca. Interessante la torre di San Fermo, alta circa 13 metri, con murature a corsi regolari di conci squadrati, profilati di arenaria e pietra locale nel basamento e in corrispondenza degli spigoli, con parti interne in ciottoli di fiume disposti, appunto, a spina di pesce. Si vedono le tracce murate di alcune finestre originali.

La vecchia chiesa ha un certo fascino La vecchia chiesa di Almè fu costruita nel secolo XV e venne ampliata nel 1740 e nel 1884. Oggi è sconsacrata ed è stata trasformata in un gigantesco ripostiglio nel quale si puè trovare di tutto. Gli arredi sacri sono stati «trasferiti» nella nuova parrocchiale, la cui prima pietra fu posta il 19 ottobre 1953 (la costruzione fu ultimata nel 1956). Una curiosità: questa nuova chiesa manca della torre campanaria, e le campane che suonano sono quelle della vecchia parrocchiale. Tra i dipinti vi sono un’opera del Ceresa e una Madonna e Santi attribuita a Palma il Vecchio. Gli stalli del coro hanno fini intagli settecenteschi; tra gli arredi sacri notevole il calice d’argento del 1616. Sulle pareti della chiesa spiccano le scene di una bella Via Crucis in rame sbalzato.

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Il Coro Ana “Penne Nere” di Almè nasce nel febbraio 1969 su iniziativa di alcuni amici, membri della schola cantorum parrocchiale di Almè, accomunati dal desiderio di intonare alcune melodie tradizionali del passato, affidandone la prima direzione al m° Guido Micheletti. L’anniversario di Nikolajewka, ricorrente il 23 marzo dello stesso anno, rappresenta la prima manifestazione pubblica della neonata formazione, i cui risultati positivi incoraggiano la prosecuzione e l’intensificazione della propria attività. Numerose sono le occasioni, concerti, rassegne, in cui il coro ha avuto finora modo di esibirsi, in Italia e all’estero (Belgio, Germania e Svizzera), attingendo da un ricco repertorio di canti di cultura alpina e popolare e riscuotendo ovunque ampi successi di pubblico e critica, senza trascurare al contempo l’impegno in attività di solidarietà: nel 1975, 1979, 1989 e 1994 organizza diverse rassegne di cori alpini, devolvendo gli incassi a favore della “Casa di Endine Gaiano”, dell’Istituto “Pro Juventute” di Inverigo. Dal 1979 il coro è affiliato all’Usci, Unione Società Corali Italiane, con la quale collabora nella realizzazione di vari eventi musicali nella Provincia di Bergamo, e dal 1982 è membro dell’Associazione Nazionale Alpini. Particolare cura il coro dedica all’allestimento di lezioni – concerto (come quelli dedicati alla seconda guerra mondiale) presso le scuole di secondo grado e a programmi monografici, come quello dello scorso Natale, dal titolo “A’ sent na vos ant l’aire”. Dal 2008 la direzione del coro è affidata a Donato Talia.

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Almè, piazzale Don Seghezzi 4 - 035.541144 www.lacaseradimartinelli.it - info@lacaseradimartinelli.it

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Compie 45 anni il coro degli alpini del paese



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I gioielli non hanno stagione…

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AILLETTES, gioielli unici, realizzati in rosa e smalti, che rendono ogni momento straordinario. Anelli, collane ed orecchini in oro rosa e smalti multicolori, ispirati alla raffinata atmosfera caprese, costante espressione dello stile Chantecler. La collezione Chantecler è disponibile presso le migliori gioiellerie del mondo: tra queste la gioielleria Cornaro di via camozzi 44, a Bergamo. Nell’ampio servizio fotografico, momenti della serata di presentazione dei gioielli.

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A.R.M.R., anno pieno di soddisfazioni

Serata di gala al ristorante La Cantalupa di Brusaporto all'insegna dell'amicizia e della solidarietà

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nche quest’anno, presso il ristorante La Cantalupa a Brusaporto, si è svolta la serata che chiude un anno pieno di soddisfazioni per la Fondazione Aiuti per la Ricerca Malattie Rare. Serata all’insegna dell’amicizia e della solidarietà, allietata dalla sfilata di moda con i preziosi abiti disegnati da Lidia Cardinale. Tante le manifestazioni che si sono svolte nel corso dell’anno per la raccolta fondi; tra queste anche quelle che hanno impegnato i ragazzi che fanno parte della Delegazione Giovani per ARMR. Tra i messaggi di ringraziamento, riportiamo quello rivolto ai soci e non solo: “La Fondazione ARMR, Aiuti per la Ricerca sulle Malattie Rare, desidera ringraziare i donatori, di cui non si conoscono i nomi, che nel 2013 hanno devoluto il loro 5 per mille a sostegno della nostra attività. Assicuriamo che tutto quanto ricevuto sarà esclusivamente impiegato per le borse di studio che annualmente attribuiamo ai Ricercatori dell’Istituto Mario Negri. Rinno-

viamo la nostra gratitudine a tutti coloro che anche quest’anno hanno deciso di rinnovare la fiducia nella nostra Fondazione con la destinazione del 5 per mille” (Fondazione A.R.M.R. Onlus, codice fiscale 02452340165, www.armr.it). Chi desidera diventare socio può iscriversi scegliendo tra le varie quote associative da versare sul conto corrente postale 14246219.

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Rotary Bergamo Sud: Matteo Ferretti presidente per l’anno 2014-2015

Giovedì 19 giugno, presso il Ristorante La Marianna, sede del Club, si è svolta la serata del passaggio delle consegne tra il presidente uscente Andrea Cattaneo e il neoeletto

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o ripercorso la mia vita nel Rotary, dalla mia ammissione ad oggi, e ritengo che la presidenza non sia un privilegio, ma un piacere e un dovere per servire il Rotary e il mio club", dice il neo presidente del Rotary Bergamo Sud, Matteo Ferretti. “Per questo ringrazio il club per la fiducia accordata e i diciotto past president che mi hanno preceduto per il prezioso lavoro che hanno svolto. Un pensiero in particolare ad Andrea Cattaneo da cui ricevo le consegne e con cui ho condiviso obiettivi ed esperienze." "Accendi la luce del Rotary" (Light up Rotary) è il tema del nuovo anno lanciato da Gary Huang, presidente del Rotary International, che si richiama a Confucio, che definisce come rotariano ante litteram, e alla sua filosofia.

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Il pensiero del presidente Huang è un richiamo all'azione, ad una maggiore presa d'atto del ruolo attivo del Rotary e dei rotariani nella società; "è meglio accendere una sola candela piuttosto che sedersi e maledire l'oscurità". Il programma del presidente Huang s'incentra sulla conservazione e aumento dell'effettivo (è fissato l'obiettivo di passare da 1.2 a 1.3 milioni di rotariani nel mondo), si chiede ai rotariani di far conoscere il Rotary all'opinione pubblica, partendo dai propri familiari, ed è per questo che sono state dedicate due giornate al Rotary, la prima a livello nazionale (in Italia a Marsala, 10/12 ottobre, nel nostro Distretto il 21 febbraio, in prossimità del 110° anniversario di fondazione del Rotary, il 23 febbraio 2015).

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Altro punto del programma di Gary Huang è la contribuzione alla campagna in favore della Polioplus che prevede l'eradicazione della poliomelite entro il 2018. "Il R.C. Bergamo Sud, non essendo abituato da sempre a stare nell'inerzia e nell'indifferenza, è pronto ad accendere la propria luce del Rotary. Grazie Amici e "Light up Rotary"!" E dopo il discorso del neo presidente, il suono della campana ha dato inizio al suo mandato, e alla piacevole serata allietata dal complesso i Chiodi. di Emanuela Lanfranco

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Associazione Oncologica Bergamasca, nuovo presidente dopo nove anni

Nunzio Pezzotta subentra a Enzo Cattaneo. Sono 280 i soci e finanziatori, 60 i volontari in attività nei reparti, 12mila le ore di attività a favore dei pazienti, 160mila gli euro di finanziamenti a progetti specifici

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’assemblea dei soci dell’Associazione Oncologica Bergamasca - A.O.B. onlus, ha approvato il bilancio 2013 ed eletto i componenti del gruppo dirigente per il prossimo triennio 2014-2017. Il nuovo presidente è Nunzio Pezzotta, che subentra a Enzo Cattaneo, alla guida dell’associazione negli ultimi 9 anni e al quale l’assemblea, consegnandogli una targa ricordo, ha espresso vivo apprezzamento e ringraziamento per l’intenso lavoro svolto e ha voluto, per acclamazione, che continuasse a far parte del consiglio direttivo A.O.B. onlus è stata costituita nel 1999. Una realtà locale che opera in particolare al servizio della comunità bergamasca con la mission di “Assistere il malato oncolo-

gico ponendolo al centro di un sistema di cura e attenzioni”. In collaborazione con l’A.O. Papa Giovanni XXIII di Bergamo, in particolare, in stretta sinergia con le unità di Oncologia e Radioterapia dell’ospedale, l’Associazione sostiene e sviluppa progetti e attività di ricerca, ascolto, accompagnamento e comunicazione. «Ringrazio tutti per la fiducia e sono particolarmente onorato – dice Pezzotta – tanto quanto preoccupato di assumere la carica di presidente di A.O.B.onlus, un’associazione autorevole e prestigiosa alla quale il territorio guarda con rispetto ed ammirazione. Lavorerò per dare continuità alla sua azione, per rafforzare la dimensione e la coesione dell’associazione, per valorizzare

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lo spirito di solidarietà che ci accomuna. Con un dialogo aperto e costruttivo con tutte le persone, le istituzioni e le Associazioni che operano sul territorio. Con lo sguardo rivolto a rendere ancor più efficace il nostro impegno per continuare a dare risposte concrete ai bisogni, per agevolare il percorso di cura e la qualità della vita dei malati oncologici e delle loro famiglie». Affiancano il nuovo presidente Giuliana D’Ambrosio (vice presidente), Riccardo Borghetti (vice presidente), Carlo Bianchi (segretario), Giovanni Francesconi (tesoriere) e gli altri membri del Consiglio direttivo: Maurizio Amaglio, Grazia Airoldi, Francesco Bonacina, Franca Carrara, Enzo Cattaneo, Adriano

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Falchetti, Roberto Gualdi, Bruno Martinelli, Maria Grazia Minetti, Teresina Oprandi, Gianni Pagani, Edoardo Parietti, Fiorella Rossi, Carlo Tondini. Revisori dei conti sono stati confermati Alessandro Testa, Marzia Rossi e Massimo Seminati, supplenti Carlo Berlanda e Mauro Somenzi. L'attività dell'associazione è così riassumi-

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bile: 280 soci/finanziatori; 60 volontari in attività nei reparti; 15 volontari addetti all’accompagnamento ammalati; 10 volontari addetti ad attività istituzionali; 12mila ore di attività a favore dei pazienti; 160mila euro di finanziamenti a progetti specifici e di supporto all’attività quotidiana del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia.

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Cavalieri della Repubblica, 46 onoreficenze

erimonia semplice ma carica di significati quella che lo scorso 2 giugno, nel chiosto di Sant'Agostino, ha celebrato il 68° anniversario di fondazione della Repubblica Italiana. Numerose le autorità civili e miiltari presenti. La manifestazione è stata presieduta dal prefetto Francesca Ferrandino, che ha letto un messaggio del presidente Giorgio Napolitano. Dopodiché ha avuto luogo la consegna delle onoreficenze. Questa la lista dei quarantasei cittadini bergamaschi insigniti: Cav. Accardi Dott. Italo Cav. Adami Pietro Cav. Agazzi Bruno Uff. Alborghetti Vittorio Cav. Aliberti Aniello Cav. Alimonti Geom. Claudio

Cav. Balini Giuseppe Cav. Barabanti Annibale Cav. Barcella Battista Cav. Bari Col. Dr. Antonfabio Cav. Berardi Antonio Comm. Bettoni Geom. Valerio Cav. Bianchi Oscar Uff. Bonardi Giancarlo Cav. Bonomo Avv. Benedetto Cav. Bruschi Francesca Cav. Canziani Fabio Cav. Capitanio Dott. Alberto Cav. Carrozza Salvatore Cav. Colasante Mario Cav. D'ambrosio Giuliana Cav. Di Natale Gianfranco Uff. Fiorina Prof. Arch. Lucio Comm. Gaspari Gianfranco Cav. Ghidini Rag. Manuela Cristina Cav. Leggeri Geom. Massimiliano

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Cav. Locatelli Giacomo Walter Cav. Macchi Gian Pietro Cav. Maggioni Fernanda Cav. Mancuso Francesco Cav. Mannai Gianfranco Comm. Merisio Giuseppe Cav. Nava Col. Sergio Cav. Nessi Alessandro Cav. Palma Elettra Cav. Palmisani Ofelia Cav. Pedrini Cav. Mdl Rag. Luigi Comm. Piazzoli Dott. Angelo Pietro Cav. Piccinini Mario Leone Uff. Prati Dott. Emanuele Cav. Ratti Luciano Cav. Rudelli Anna Cav. Spadino Pippa Giuseppe Cav. Tartaglia Alberto Cav. Valerio Sandra Cav. Vavassori Angela

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Villa d’Almè C’erano stati molti scontri tra frazioni avverse, sul territorio, nel medioevo. L’arrivo della Repubblica di Venezia portò la fine delle ostilità, ma anche un piccolo rilancio del borgo, grazie alla presenza di piccole fonderie in cui si costruivano armamenti della Serenissima, nonché della via Priula. Poco interessato dai regimi che successivamente si susseguirono nella provincia, passò dalla dominazione veneta alla Repubblica Cisalpina nel 1797, al Regno Lombardo-Veneto nel 1815 e infine al Regno d’Italia nel 1859, anno in cui nel paese soggiornò Giuseppe Garibaldi, intento a fare proseliti per la sua imminente spedizione dei Mille. Nel 1927 il paese venne accorpato ai comuni di Almè e Bruntino nel comune di Almè con Villa. Nel 1948 tornò ad essere comune autonomo.

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Presente il tracciato della Via Priula, recentemente sottoposta a recupero Il territorio comunale è costellato da numerose ville e palazzi signorili, tra i quali spiccano Villa Locatelli-Milesi risalente alla fine del XVIII secolo, ornata da numerose decorazioni nei vari saloni che la compongono con un grande giardino, e la Villa del Ronco Alto edificata nel XVII secolo e composta da elementi (colonne, capitelli e busti) ricavati da antichi edifici, per la cui bellezza è stata inserita nello stemma del comune. Di particolare interesse sono anche le settecentesche Villa Olmo, Villa Baglioni, annessa all’omonima casa di riposo, e la Ca’ dell’Ora, dotata di un loggiato affrescato. In ambito religioso numerose sono le chiese: la principale è la chiesa parrocchiale di San Faustino e Giovita, costruita all’inizio del XIX secolo con una struttura a singola navata. All’interno si possono ammirare un organo di produzione Serassi e dipinti di Carlo Ceresae dell’artista locale Aldo Locatelli. Nella frazione Bruntino è presente la Chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù, edificata nel 1935, mentre in località Brughiera si trova la chiesa Morti della Peste (in dialetto bergamasco conosciuta come Cesina di Morcc de la Scabla), costruita in seguito alle epidemie di peste di manzoniana memoria. Meritano menzione anche la cinquecentesca chiesa di San Mauro, nei cui pressi si svolge la sagra dei biligocc, la chiesa dell’Addolorata – ritenuto l’edificio sacro più antico del paese, a cui non è possibile dare un’esatta collocazione temporale – e la Chiesa della Casella, edificata presso la frazione Ghiaie. Da non dimenticare la presenza nel paese dell’antico tracciato della Via Priula, strada costruita nel periodo della dominazione veneta e recentemente sottoposta ad opera di recupero.

A.S.D. Villa d’Almè Valbrembana, si lavora Si lavora, al centro sportivo di via Ronco Basso, in vista della stagione 2014/15, la terza per la giovane società giallorossa: sarà missione impossibile replicare i successi della stagione appena conclusa. L’intento è quello di rendere ancora più credibile la società sul territorio. Diverse le notizie di questi ultimi giorni: dall’addio di mister Rota e mister Paleni (al suo posto Claudio Benaglia) all’addio di giocatori della prima squadra come Di Liddo (destinazione Ponteranica), all’arrivo di giocatori come Alessandro Mosca (classe ‘88, attaccante dallo ScanzoPedrengo), Federico Oberti (classe ‘85, centrocampista dal Brusaporto), al ritorno in giallorosso del “toro” Matteo Galbiati (classe ‘86, da Ciserano). Fresco l’arrivo di due giovani classe ‘96 dal MapelloBonate, il centrale di difesa Tognoli e l’esterno Manzoni.

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Inter vista

Teo Mangione, una vita in radio

Da sette anni accompagna il risveglio dei bergamaschi con «Colazione con Radio Alta». Ma la sua carriera parte da lontano: dal ’78, a Blue Lake Sound, Casazza. Il modello? Radio Milano International

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a d r e d i Pa l e r m o , m a m m a d i Trescore Balneario. «Io sono nato a Bergamo e mi sento bergamasco a tutti gli effetti, ma certamente l'influenza artistica di mio padre, siciliano, ha significato molto», racconta Teo Mangione, 52 anni, che da sette anni accompagna il risveglio dei bergamaschi con «Colazione con Radio Alta», trasmesso ora anche su Bergamo Tv. La radio l'ha folgorata presto. «Nel 1975 un mio amico mi parlò di Radio Milano International. Io non sapevo ancora nulla delle radio private... avevo 13 anni. Mi sintonizzai, e subito ne rimasi affascinato». Era così bella? «All'epoca c'era solo la Rai, con trasmissioni molto ingessate. Come avviene anche adesso. Lì girava musica internazionale, le prime canzoni di Quincy Jones e Michael Jackson, jingles strepitosi. Poi

ci siamo accorti che quei jingles arrivano da Radio Luxembourg, quindi venivano da Londra. Crescendo un po' cominciai a sintonizzarmi in onde medie su Radio Luxembourg per ascoltare dj mitici come Benny Brown e Tony Prince, che avevano voci bellissime». Cosa l'affascinava, in particolare? «Non solo la musica. Era l'insieme, il "clock", cioè il meccanismo di messa in onda, che era splendido». Ma in quegli anni per lei c'era la scuola. «Il liceo l'ho fatto per modo di dire, perché già la testa era altrove. Preso il diploma, ho lasciato gli studi e mi sono dato completamente alla radio. Ma avevo cominciato a fare il conduttore già prima, nel ’78, a Blue Lake Sound di Casazza, influenzato dallo stile di Radio Milano International. Il mio modo di propormi era quindi molto americano, e mi dicevano che non andava bene. Feci

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di Emanuela Lanfranco

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un provino a Radio Alta, quando era in via Santa Grata, ma non mi presero. Poi crescendo ho capito che dovevo correggere il tiro: far troppo l'americano a Bergamo non funzionava, evidentemente». Meglio uno stile più italiano. «Sì, smisi di scimmiottare. Lì iniziò il tutto. Cominciai a trasmettere Toto, Journey, Commodores, Earth Wind & Fire, che non erano conosciuti. Fu un successo. Blue Lake Sound alla fine non poteva più fare a meno di me: ero così dentro la radio che ne ero diventato direttore, anche se nessuno mi aveva nominato. È stata una bella scuola: ci si auto comprimeva la voce, perché non esisteva la tecnologia di oggi». E poi? «A Blue Lake Sound sono rimasto praticamente sempre. Poi l'emittente si trasformò in Basic 91.3 quando ci trasferimmo a Bergamo. Con me c'era Claudio Astorri, ovvero Paco, che poi fondò Rtl. Avevamo già pensato a una playlist che fosse un crossover, con musica modello hit come in America, con la top 40 da far girare durante la giornata. Sostanzialmente la base di quello che poi Astorri portò a Rtl».

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L’anticamera di un grande successo. «Decisamente. Abbiamo anche lanciato Nicoletta De Ponti, presa da Radio Melzo, e Fabiana Viola. Lo stesso Paco l'avevamo inserito nel team ancora ai tempi di Blue Lake Sound: veniva da Radio Zeta. E dopo Basic? «Ci fu il vero salto di qualità: nell'86 mi chiamarono a Milano, Radio Peter Flowers, emittente storica di quegli anni. La linea musicale era rock, che a me piaceva molto. Entravo all'università della radio, dove poter lavorare con grandi speaker come Franco Lazzari, Marco Garavelli. Mi bastonarono: dovevo perdere l'accento e sistemare un bel po' di cose. Tradotto vuol dire scuola di dizione e tre mesi di gavetta dietro le quinte. Andare in onda non era più una certezza». Non le hanno regalato niente. «Giustamente. È stata una palestra straordinaria». Poi, nel ‘92, niente più Milano. O quasi. «Mi ero stancato. Ed era stanca anche mia moglie, che lavorava come segretaria di produzione. Poi ha lasciato per fare la mamma. Andammo per un anno a Radio Lago Uno, di Tiberio Scarfone, diven-

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tata in seguito Number One. Purtroppo Tiberio morì, e io mi trovai spaesato. Tornai altri due anni a Peter Flowers, che poi fu venduta. Mi presi un anno sabbatico per fare il papà. Poi la telefonata dell’amico giornalista Andrea Rivetta direttore di Broadcast & Production: mi volevano a Radio A Milano, nuovo progetto nato da Novaradio. Con il direttore, don Armando Cattaneo, fu amore professionale a prima vista: lui voleva una radio "che non sapesse di prete". Nacque Circuito Marconi. Era il '94». Ancora metropoli. «Sì, ma per una radio straordinaria, partita da zero. Con buona musica e valori. L'audience andò benissimo, tanto più considerando che era una radio cattolica. Poi qualcuno ci mise le mani sopra, come spesso accade, e finì anche quell'esperienza. Era il 2000. Ma in corrispondenza di una chiusura, come mi è sempre accaduto, ecco un'apertura». Fortunato. «E la fortuna questa volta aveva la voce di Elio Corbani, che io ancora non conoscevo. Radio Alta, la prima radio che avevo visitato per fare il provino, senza


successo. Questa volta le cose andarono diversamente e sbocciò, anche qui, l'amore professionale. Con Elio. Che mi disse: lei può diventare lo station manager della radio. Creammo un bel gruppo, molto attivo, programmi giornalistici che raccontassero la nostra Provincia come “Presa Diretta”. Poi nel 2007 è nata "Colazione con Radio Alta", un’idea che avevo nel cassetto da tempo, desideravo un programma che mi permettesse di essere in contatto con la gente». Una trasmissione che va avanti tuttora. «Sono sette anni, e mi ha dato tantissime soddisfazioni. Invito chi ha qualcosa da raccontare, non mi interessa se famoso o non famoso. Vado avanti con il mio stile di fare radio, quello di un dj che è diventato giornalista, e non viceversa». Ma oggi Teo Mangione è più dj o giornalista? «Giornalista lo sono dovuto forzatamente diventare, per poter leggere i notiziari, un

titolo che un intrattenitore completo deve avere». Quanti personaggi ha intervistato in questi sette anni? «Ogni giorno due-tre, e la trasmissione dura due ore. Quindi migliaia». Personaggio più commovente? «Una ragazza di 25 anni diventata disabile dopo un incidente in bicicletta. È stata una puntata difficile, perché lei non voleva che sfociasse nella pietas: voleva fermarsi all'informazione su come un disabile può vivere normalmente. Difficile, ma molto toccante». E il personaggio più divertente? «Le sentinelle del traffico, cioè gli ascoltatori che riferiscono sulla viabilità, sono dei bei personaggi. Poi abbiamo cercato qualcuno che volesse parlare del meteo e ci sono arrivate tantissime telefonate. I bergamaschi sanno essere straordinari: basti citare i "meteomen", come li chiamiamo, sono usciti così, casualmente. Io

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tengo in briglia un po' tutti, perché non sforino né coi tempi né con le parole: è l'importanza del clock di cui parlavo in precedenza. Non sbrodoliamo, c'è dinamicità ma col sorriso». Nel connubio televisione-radio, tra Bergamo Tv e Radio Alta, la cosa continua a funzionare. «Sì, perché non abbiamo perso la vivacità della radio. Che la televisione permette di vedere, rendendola riconoscibile. Anche la credibilità non ci manca: abbiamo sponsor seri, e ne parliamo in maniera professionale». Progetti? «Ora parte la trasmissione della sera, "Verso casa". E' un'idea nata contestualmente con la partenza di "Colazione". La conduzione va a Sergio Villa, Direttore di Rete. Io sono convintissimo che a livello locale televisione e radio devono convivere parlando del territorio, non scimmiottando i grandi network», e non è ancora tutto...

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Inter vista

Astino rinasce (anche) dai piccoli frutti

Beatrice Arrigoni produce lamponi, mirtilli, ribes, uva spina, more e fragole nel pieno rispetto della natura e con spirito biologico. Partecipa anche al progetto di valorizzazione agro-alimentare della Soc. Valle D’Astino, interamente partecipata dalla Fondazione Mia, in vista di Expo 2015 (e oltre)

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acchiusa tra due dorsali. Protetta dai venti, ben esposta al sole, bagnata dalla roggia Curna. La valle d'Astino è uno degli episodi più significativi della collina bergamasca; ha favorito l'instaurarsi di un rapporto sapiente tra uomo e ambiente fin dai tempi remoti. Oggi sta tornando all'antica armonia grazie alla biodiversità e a un approccio sostenibile. Il progetto agro-alimentare anche in vista dell'Expo ne è la prova più eloquente, e la produzione dell'azienda agricola «Arrigoni Beatrice» (che a quel progetto partecipa, come avremo modo di approfondire) pure. All’interno di un contesto di case dominato da una torre medioevale da cui

lo sguardo si spinge fin su al monastero, Beatrice produce piccoli frutti nel pieno rispetto della natura e con spirito biologico. Tant'è che per mangiarli non c'è bisogno di lavarli. L'altissima qualità dei prodotti è garantita da piante selezionate e certificate una ad una. Cosa coltivate, nel dettaglio? «Lamponi, mirtilli, ribes, uva spina e more. Da quest'anno anche le fragole, in serre degli anni Cinquanta che abbiamo recuperato». Com’erano qui le cose sessant’anni fa? «La proprietà era dei miei nonni: avevano affittato le serre a dei florovivaisti che vendevano all'ingrosso. Hanno dismesso tutto solo nel 1997: sono rimaste inuti-

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di Fabio Cuminetti

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lizzate per parecchio tempo. Ora abbiamo cominciato a sistemarne una, cambiando i vetri rotti e mantenendo i bancali originali, in un'ottica di conservazione quasi da archeologica industriale. Vi abbiamo messo a dimora le fragole col metodo dei sacchi: terriccio biologico, pianta biologica, concime biologico. È uno dei prodotti più difficili, la fragola, da ottenere con metodi bio, tant'è che nelle coltivazioni comuni richiede l'utilizzo massiccio di sostanze chimiche; con i sacchetti di terriccio, però, si riduce il pericolo di attacco da parte degli insetti. Per ora abbiamo solo varietà unifere, caratterizzate da una singola fioritura primaverile che produce frutti prima dell’estate; metteremo le rifiorenti, che producono in estate e nei primi mesi autunnali». Hanno sempre vissuto qui, i nonni? «No, erano originari della Val Taleggio. Sono emigrati a Londra e, una volta tornati, hanno acquistato anche i terreni dove oggi coltiviamo i nostri frutti». C o m e c o m m e rc i a l i z z a t e i vo s t r i prodotti? «Lavoriamo con i Gas, i gruppi d'acquisto solidale, comunità di famiglie che si rivolgono direttamente al produttore per poi fare, appunto, un acquisto di gruppo. Cercano la qualità. Abbiamo anche partecipato alla festa annuale dei Gas bergamaschi, al parco di Loreto, che è andata molto bene. Poi servo alcuni ristoranti e alcune gelaterie. È possibile fare ordinazioni - il preavviso dev’essere di almeno un giorno - anche sul nostro sito (www. piccolifrutti.net), via mail (beaarrigoni@ gmail.com) o via telefono (338.9840219), a partire dal mezzo chilo di piccoli frutti (anche misti) in su: in questo modo riusciamo a garantire la freschezza del prodotto. Facciamo biologico, e i nostri frutti sono sempre appena colti: una sorta di km super zero. Vendiamo anche confetture e, prossimamente, succhi». Come vi siete fatti conoscere? «Inizialmente presentandoci ai vari esercenti e attraverso l'associazione Mercato&Cittadinanza, che permette ai piccoli produttori come noi di disporre di una vetrina importante attraverso iniziative quali il "Mercato agricolo e non solo"».

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L’acqua dove la prendete? «Abbiamo uno stagno con una piccola sorgiva. All'interno ci abbiamo messo le carpe koi, che tengono pulita l'acqua mangiando la parte limacciosa. Si nutrono anche di insetti». E il concime? «Innanzitutto dallo sfalcio dell'erba e dalla potatura delle nostre piante, umificati in un luogo separato. Niente chimica, dunque: usiamo il nostro compost a cui aggiungiamo concime organico». I costi della produzione rigorosamente bio sono alti? «Sì, è molto più onerosa. Ma sono sempre stata orientata in questo senso - la mia è una scelta di vita - e ho visto che negli ultimi anni il mercato premia chi ha la certificazione biologica. Io l'ho chiesta ma ci vuole un po' di tempo per ottenerla: attualmente risultiamo "in conversione biologica" per i piccoli frutti, mentre siamo già certificati per le fragole. Un'alternativa alla certificazione biologica, molto costosa, è la "certificazione partecipata", non ancora attiva a Bergamo: un processo rigoroso che riconosca il ruolo di reciproco controllo tra produttori e consumatori». Partecipate anche al progetto di Astino della Fondazione Mia, in vista dell’Expo

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2015: 23 ettari attorno al monastero di Astino suddivisi tra 10 aziende che lavoreranno secondo le linee guida stese da Parco dei Colli e Orto Botanico. Tra i dettami il privilegio della biodiversità e il divieto di pesticidi. «Ho preso in affitto un appezzamento di terreno dalla Soc. Val D’Astino (Mia) in cui produrrò piccoli frutti, con varietà diverse da quelle di cui mi occupo nella mia azienda agricola. Penso, ad esempio,

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a piante mediche come il ribes nigrum, a cui sono state riconosciute proprietà antitumorali, diuretiche e antireumatiche, o al mirtillo rosso utilizzata come disinfettante delle vie urinarie, ed altri; vorrei poi fare delle siepi a bacca, come la rosa canina, per le confetture. Sono in buona compagnia, nel progetto: c'è il vigneto della Oikos per la produzione di vino, il luppolo della Elav per la birra artigianale, il bio-orto per la verdura, l’area dell'Orto


Botanico con oltre 300 specie vegetali, i mais tradizionali della provincia, ovvero lo spinato di Gandino e il rostrato rosso di Rovetta». Astino torna gli antichi fasti agricoli. «Torna a rivivere. È sempre stata un'area agricola: durante il periodo dei monaci Vallombrosiani, a metà del milleduecento, ospitava la più grande cantina di vino della Bergamasca. Venivano coltivate anche erbe officinali, diverse varietà di frutta, ulivi. Ora torna quella biodiversità al posto della monocoltura di mais, che è andata avanti fino allo scorso anno». La supervisione del progetto a chi è affidata? «A un comitato di coordinamento e controllo di cui fanno parte l’Orto Botanico, Slow Food, Regione Lombardia ed altri. È un progetto ambizioso». La chiesa di Astino è stata ristrutturata. Per il resto c’è qualche novità? «L’accordo per collocare l’Adapt, la scuola di formazione per giuslavoristi fondata da Marco Biagi, all'interno del monastero è sospeso a tempo indeterminato. Ci sono altre idee molto interessanti: la proposta di Gori per una scuola internazionale di alta cucina, la realizzazione di un ristorante dove mangiare prodotti del territorio a basso costo. Nel frattempo noi ci diamo da fare con queste nuove produzioni: verrà creato anche un marchio per i prodotti della Val d'Astino, con cui ci metteremo sul mercato». CARTA ETICA DEL PROGETTO ASTINO Una Carta Etica per coagulare attorno al progetto Astino soggetti che ne condividano appieno i valori ideali, culturali, ambientali. Sottoscriverla era condizione preliminare per un ruolo attivo nel progetto. Finalità della Carta Etica Il monastero di Astino e il suo contesto ambientale hanno una storia millenaria i cui segno sono sedimentati nel paesaggio agricolo e forestale. Le principali fasi, da quella monacale (X-XVIII sec.) a quella attuale di recupero e rivitalizzazione, hanno attraversato momenti di spoliazione, trasformazione (XIX sec.) e abbandono (XX sec.), pur nella continuità della vocazione agricola e ad elevato grado di naturalità del territorio circostante. Gli attori di questa nuova fase di rivitalizzazione del contesto di Astino sono consapevoli del ruolo storico che stanno svolgendo e a tal fine aderiscono alla Carta Etica e condividono i valori e i principi di comportamento riportati di seguito. I valori e i comportamenti Rispetto e conservazione – operare con rispetto della storia millenaria del monastero e del suo contesto, dei segni sedimentati nel paesaggio e nei manufatti, delle vocazioni agricole e forestali, mirando a un’integrazione armonica della parti in un disegno che abbia al centro l’uomo e la natura, conservando e incrementando il patrimonio storico e naturale. Integrare in un disegno unitario gli elementi volti a delimitare e tutelare le colture con quelli destinati all’accoglienza, all’interpretazione ambientale e alla fruizione del luogo. Sostenibilità ambientale e durabilità – operare affinché l’uomo entri in armonia con la natura, dimostrando che le azioni dell’uno possono risultare positive nei confronti dell’altra, perché a basso o nullo impatto ambientale, rispettose della biodiversità esistente e favorevoli a un suo incremento, non inquinanti, condotte secondo principi di sostenibilità e durabilità, idonee all’accoglimento di sistemi biologici a complessità crescente. Educazione e accoglienza – coinvolgere e convincere il pubblico e gli operatori offrendo opportunità di crescita culturale, etica e professionale, far conoscere anche su basi esperienziali e scientifiche la ricchezza del patrimonio naturale, agricolo, storico della valle, contribuire al benessere psico-fisico delle persone, alla sintonia con i cicli della natura, al godimento dei prodotti della terra e della loro lavorazione ai fini di un utilizzo attento ai saperi e all’ambiente, recuperando le tradizioni e al contempo integrando le innovazioni (tecniche, mestieri, varietà colturali, ricette…) che favoriscano processi virtuosi.

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Appassionato di volo a vela e ispiratore del gruppo di pionieri che nel 1972 ha stabilito la propria base operativa sul noto campo a ovest della città di Bergamo, l’ingegner Sergio Aldo Capoferri è stato presidente dell’Ava (Aeroclub Volovelistico Alpino) per oltre 30 anni. Oggi la sua eredità è raccolta dal figlio Sergio Capoferri Jr. che ne prosegue l’opera. Ubicato nel comune di Valbrembo, e lambito dal fiume Brembo, l’aeroporto è aperto tutto l’anno. La sua posizione, ai piedi delle prealpi orobiche, offre agli appassionati piloti di volo a vela una base strategica di partenza per voli, alpini o di pedemontana, di oltre cinquecento chilometri di media distanza durante l’intera «alta» stagione da marzo a settembre. Il motto dell’aeroclub? «Imparare a volare è la conquista della libertà»

Storia: importanza strategica data la presenza del ponte di Briolo sul fiume Brembo Alcuni recenti studi indicherebbero che in località Briolo poterebbero essersi verificati alcuni stanziamenti di popolazioni galliche in un periodo compreso tra il V ed il IV secolo a.C., ipotesi tuttavia non suffragata da ritrovamenti archeologici. Il primo nucleo abitativo stabile risale invece all’epoca della dominazione romana, quando si svilupparono piccoli insediamenti stabili favoriti dalla posizione territoriale, vicina al capoluogo orobico e posta in quella che un tempo veniva chiamata Val Breno, compresa tra il fiume Brembo ed i colli che scemano dalla parte alta della città di Bergamo. La collocazione di questi accampamenti probabilmente era nei pressi dei centri abitativi di Scano e Briolo che, con Ossanesga, compongono l’attuale territorio comunale. A perorare tale ipotesi sono alcuni resti risalenti a quel periodo tra cui spicca una tomba, ma anche l’origine del toponimo Scano, il cui suffisso -ano sarebbe di chiara matrice romana. Con la fine dell’impero romano il territorio vide un periodo di scarsa antropizzazione, almeno fino all’arrivo dei Franchi che, istituendo il Sacro Romano Impero, diedero vita al feudalesimo. Il territorio venne inizialmente dato in gestione ai monaci di Tours, i quali lo permutarono in favore delle proprietà ecclesiastiche della città di Bergamo. Durante il periodo medievale i borghi che compongono Valbrembo ebbero un grande sviluppo, come ancora testimoniano le antiche costruzioni che compongono il centro storico di Scano ed Ossanesga. Il nucleo abitativo di Briolo rivestì grande importanza strategica, data la presenza di un ponte sul fiume Brembo, in prossimità di un restringimento del corso del fiume stesso, che lo collegava con la piana di Lemine (ora Almenno) e la valle San Martino. Tuttavia vi furono anche scontri tra le fazioni avverse dei guelfi e dei ghibellini, come si evince dalle numerose torri e fortificazioni che costellano il centro storico, risalente a quel periodo. La situazione ritornò alla normalità a partire dal 1427 quando il territorio comunale entrò a far parte della Repubblica di Venezia che con una serie di decreti, riuscì a migliorare le condizioni sociali ed economiche della popolazione. Da quel momento non si verificarono più episodi di rilievo ed i borghi di Valbrembo seguirono le sorti politiche del capoluogo orobico, vivendo nella tranquillità della propria vita rurale fino al XX secolo quando, nel 1928, si verificò l’unione amministrativa dei comuni di Ossanesga e Scano al Brembo, che diedero vita all’attuale istituzione comunale di Valbrembo.

Fiorire di nuovi cuccioli, dal canguro al pinguino Di nuovi cuccioli al parco Le Cornelle di Valbrembo ce ne sono ogni anno parecchi. Tre di loro - un canguro albino, un pinguino e una zebra – sono venuti alla luce a distanza di poche ore tra loro, a ridosso del primo maggio. Il pinguino appartiene alla specie Spheniscus humboldti, tipica delle coste dell’America del Sud, ed è nato da una coppia di pinguini da anni al parco (in tutto i pinguini sono 7). E fa capolino dal marsupio della madre un canguro di Bennet albino, che ha fatto a salire a cinque il numero di marsupiali ospitati nel parco. Il cucciolo ha il pelo completamente bianco ed è nato da mamma bianca e papà dal manto grigio. Terzo nuovo nato più giovane alle Cornelle la zebra di Grant: il piccolo appartiene alla razza di zebre più settentrionale del continente africano.

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Dalmine Valbrembo Le frazioni di Scano e Ossanesga nella storia

L’ESPERIENZA PER LA TUA CASA

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A Valbrembo notevole interesse rivestono i centri storici di Scano al Brembo e di Ossanesga. Costruiti in epoca medievale, conservano ancora elementi caratterizzanti di quel periodo, tra cui una torre in pietra, integrata nella cascina Frera, la torre Vacis e l’annessa casa fortificata, utilizzate come punto di osservazione sul fiume Brembo. Numerose sono poi le abitazioni signorili presenti sul territorio: villa ex Morandi-Lupi ora Cavagna-Trivulzio risalente al XVI secolo con corte a forma di ferro di cavallo circondata da un parco, la secentesca villa Morandi-Lupi con un bel porticato affrescato, villa Salvi-Zanchi, la settecentesca villa Beltrand-Beltramelli e la neoclassica villa Benaglio-Tacchi-Fenili, dotata di un grande giardino. In ambito religioso meritano menzione la chiesa parrocchiale dei santi Cosma e Damiano di Scano al Brembo, la cui struttura originaria risale addirittura al XIII secolo, e la chiesa parrocchiale di San Vito e Modesto di Ossanesga, di cui si hanno notizie nel XVI secolo. Merita un cenno in più quella di Scano: nell’elenco delle chiese sottoposte a censo del 1260 era già attestata. Ulteriore attestazione risale al XIV secolo: di quell’epoca, infatti, ci sono pervenuti una serie di fascicoli che registravano le taglie e le decime imposte al clero dai Visconti di Milano e dai papi; un’ordinanza del 1360 di Bernabò Visconti riportava dapprima un indice generale, «nota ecclesia rum», delle chiese e monasteri di Bergamo, per poi specificare per ciascuno di essi le rendite e la tassa.

La festa della Madonna della Castagna, una sicurezza per l’estate È appena fuori dai confini comunali, la Madonna della Castagna (lì è già Bergamo). Ma da Valbrembo è un attimo. E ogni estate è puntuale, fino al 31 agosto, la festa al santuario, uno dei posti più freschi in assoluto. Grazie al bosco. Gestione sempre in carico alla Cooperativa Città Alta. Ogni giorno si svolgono allegre tombolate fra amici, giocatori di carte si ritrovano per lunghe partite tra amici, ciclisti amatoriali si fermano e fanno tappa per un caffè e ancora tante famiglie vi giungono per piacevoli passeggiate nel bosco, per combattere la canicola estiva. «Festa Madonna della Castagna? Non chiamatela solo sagra - spiega il responsabile del punto di ristoro, Carlo Piazzalunga -. Ha una natura eclettica e unica nel suo genere. Sono tre mesi in cui ognuno può pescare dal ricco piatto di offerte e di appuntamenti l’assortimento che preferisce, visto che ce n’è per tutti i gusti e per tutte le età. Dalla cucina tipica bergamasca, sempre fresca e appetitosa, con un ottimo rapporto qualità/prezzo, ai pomeriggi musicali, con la possibilità di cimentarsi nel ballo liscio. E ancora, dalle tombolate gratuite con simpatici premi, passando per il gioco delle bocce all’ombra degli alberi o una partita a briscola fra amici, fino ad un caffè informale sorseggiato in tutta tranquillità». Alla Castagna, quindi, è sempre festa. Lo spazio è aperto tutti i giorni dalle ore 10 fino alle 23 circa, per tutto l’arco dei tre mesi estivi, senza interruzione fino alla prima domenica di settembre. La relazione umana, estemporanea o consolidata nel tempo, è il vero valore aggiunto di questo evento. Il legame genuino e forte fra le persone che ogni anno animano la festa è il leitmotiv che la contraddistingue e che rende piacevole e unico non solo il soggiorno nella meravigliosa cornice naturale della Madonna della Castagna, ma anche il lavoro di servizio svolto presso il punto di ristoro dal personale, sempre disponibile e allegro.

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Inter vista

«La Cosberg è come un’orchestra»

L’azienda di Gianluigi Viscardi va a gonfie vele. E lui è Presidente della piccola industria di Confindustria Lombardia. «Puntiamo alla “conoscenza globale”: mettere nelle condizioni chiunque di fare le stesse cose»

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’è chi dice che ci vorrebbe un film per raccontare la storia della sua impresa. Non siamo ai livelli del garage di Palo Alto dove Steve Jobs diede vita alla Apple, ma le storie sono parallele. Perché Gianluigi Viscardi la Cosberg l’ha fondata nel 1982 a Madone con i due fratelli, Antonio e Ermanno, in un seminterrato. E oggi, dopo 32 anni a Terno d’Isola, è diventata un’eccellenza internazionale della meccatronica: progetta e costruisce prototipi di macchine complesse per il montaggio di cui si serve la filiera nazionale e diverse multinazionali. La visitano scuole e delegazioni straniere. Una parabola che fa bene, specie in tempi di recessione. Mi aveva affascinato la storia del suo passato. E del desiderio di sfida, di

rivalsa sul suo passato. «Non parlerei tanto di rivalsa. Vero è che sono una persona che si pone molti obbiettivi da raggiungere, a 360 gradi. Ma nulla di preconfezionato: ogni giorno è una sfida, ogni novità mi stimola e mi piace dedicarmi alle cose con il massimo impegno. E il motore di tutto non è il guadagno. È il fare impresa che fa scattare la molla, anche se poi tutto è collegato. Ogni tanto ci rifletto, vedo i miei coetanei in pensione. Io invece sono sempre in movimento, viaggio molto. Ho avuto tante opportunità a mia disposizione, ma ho la passione per quel che faccio: e questa è la vera fortuna». La prima* (prima intervista personale in assoluto) intervista rilasciata a Città dei Mille nel 2005 le ha portato bene:

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di Emanuela Lanfranco

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in questi nove anni c’è stata un’escalation di successi. Voglio tornare però al concetto di sfida: raccontava ad esempio che c’era stata discriminazione da parte dei compagni di scuola, almeno fino a un certo momento. Quindi non è stato sempre tutto rose e fiori. «No di certo. In quegli anni, anche l’inserimento in un contesto nuovo quale quello della scuola poteva porre problemi di accettazione per chi proveniva da un ambiente diverso/più umile. E questo l’ho vissuto sulla mia pelle. Per questo motivo, tante delle mie amicizie non sono riconducibili effettivamente ai primi anni di scuola, ma agli anni successivi. Anni in cui ho potuto a dimostrare quello che ero. Tiene molto all’amicizia? «Assolutamente sì. Per esempio, da 25 anni, l’8 dicembre vado in Toscana dove ho un podere, sempre con gli stessi amici. Siamo in dodici, solo uomini, veri amici di lunga data. Una volta andavamo a caccia di cinghiali. Ora che siamo diventati un po’ meno giovani andiamo a caccia di trattorie dove si mangia il cinghiale. Poi tengo molto all’equilibrio: quindi niente colpi di testa». Quando è stato insignito dall’onorificenza intitolata a Paul Harris da parte del Rotary sembrava già aver toccato il cielo. Invece dopo è andata ancora meglio. «A volte accadono cose che proprio non ti aspetti. Anche quelle positive. Sono entrato in Confindustria Bergamo da semplice associato, sono diventato vicepresidente e presidente della piccola industria, poi vicepresidente della grande. Quindi ho superato i confini provinciali: presidente della Piccola Industria di Confindustria Lombardia e vicepresidente nazionale per la piccola industria, con la delega all’innovazione per tutta Italia». Il suo bagaglio di esperienze si è notevolmente arricchito. Insegnamenti? «Quello che ne ho ricavato anche all’interno della storia aziendale? Gli sforzi degli altri sono difficili da capire. Spesso si ragiona a compartimenti stagni, c’è difficoltà a mettersi nei panni di chi ti sta di fronte. Quando si riesce ad andare oltre il proprio punto di vista si comprende l’im-

portanza del mettersi insieme, di parlare e confrontarsi per uscire dal momento difficile». Crisi? «Non voglio parlare di crisi, perché da quando faccio l’imprenditore non ho mai sentito nessun collega dire che le cose vanno bene. C’è sempre stato qualcosa di negativo: una volta era il petrolio, poi il dollaro, Taiwan, la Cina, lo spread. Nonostante tutti i problemi, l’Italia è sempre la seconda forza produttiva in Europa». Cosa c’è che non funziona? «Nell’industria i margini di guadagno si sono ridotti. In questo modo lo Stato fatica, perché riscuote meno tasse. Dobbiamo far sì che aumenti la redditività delle imprese, che si crei valore aggiunto. Dobbiamo portare il lavoro dove c’è miglior margine: l’alta tecnologia, il manifatturiero avanzato. Si parla di internazionalizzazione, innovazione, delocalizzazione; ma molte aziende che sono andate in paesi low cost per produrre stanno tornando indietro». Problemi di qualità? «Non solo. Se un prodotto è ad alta tecnologia, con i nuovi macchinari si può produrre anche a basso costo, senza uscire dall’Italia. In questo modo si abbattono le spese per la logistica: un capitolo che in futuro sarà fondamentale». Come va la Cosberg? «Bene. Secondo i programmi di crescita ipotizzati nel Piano Strategico che prevede l’inserimento in azienda, anche in ruoli di rilievo, della nuova generazione familiare e la progressiva managerializzazione dell’azienda. Su queste basi l’azienda è in grado supportare la crescita e già per l’anno in corso abbiamo accettato ordini che ci consentono di ipotizzare una crescita del fatturato nell’ordine del 200%. ». Le battaglie di questi dieci anni. “Innovazione a parte, che è la costante necessaria per lo sviluppo, ho sempre creduto imprescindibile capire dove sta il valore vero di un’azienda. Non ho mai ritenuto che il valore stia nel fatturato o nel numero dei dipendenti. Credo che quello che ora più che mai conta sono i cosi detti “intangibili" (le risorse e il patrimonio non incorporati in beni fisici o in attività finanziarie): primo fra tutti il know-how aziendale. Cosa succede se si

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cambiano le persone in un’azienda? Solo se l’azienda è proprietaria del suo know-how essa è in grado di garantire la continuità, e noi imprenditori abbiamo anche un obbligo sociale: ci sono delle famiglie che dipendono dalla nostra gestione. La verità è quindi che questi “intangibili” vanno individuati, rilevati e valorizzati: ma al centro di tutto c’è il capitale umano, non più macchine o capannoni. Il valore del capitale umano però non lo posso iscrivere a bilancio anche se espone l’azienda al rischio di una certa “ricattabilità.” Cioè? «Quando le persone sono consapevoli di essere depositarie di una parte significativa del valore o del know-how aziendale le pretese e le lusinghe esterne aumentano. Trasferendo questo valore in azienda si disinnescano queste forze disgreganti e si aumenta il valore dell’azienda che è la cosa cui tengono gli imprenditori. Questo discorso mi porta a riflettere sul concetto cui tengo molto di “antifragilità dell’impresa”. Fino al 2007 le nostre aziende andavano tutte bene: erano nel loro ecosistema. Quando sono state esposte a nuovi e sconosciuti fattori, fuori dall’urna protettiva, sono cominciate le “rotture”. Gente che se ne va, banche che non danno credito, etc. Noi abbiamo cercato di creare l’azienda antifragile. Come? Creando un’azienda in grado di trarre vantaggio dall’incertezza e dalla mutevolezza degli scenari che generano innovazione e non resistenza o disarmo. E un caposaldo dell’”antifragilità” è la valorizzazione del capitale intangibile incorporato anche e soprattutto nel nostro progetto di “conoscenza globale”. Un sistema che ha come basamento l’oggettività. Nulla dev’essere soggettivo, “conoscenza globale”, vuol dire conoscenza condivisa. Ossia mettere nelle condizioni chiunque di fare le cose fatte sino ad allora da qualcun altro». Nel vostro campo, dove c’è molta ricerca, ciò che significa? «Che la conoscenza, e la registrazione della conoscenza, è alla base di tutto. Ci abbiamo investito molto. Quando arrivano i giovani li inseriamo subito nella nostra “orchestra”: nella quale, ovviamente c’è il direttore e cinque violini, ma chi suona i tamburi ha la stessa importanza, perché se lui sbaglia stona tutta

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l’orchestra. Quindi un programmatore, ad esempio, non si occuoperà dell’intero sviluppo di un software: lo farà per quattro ore, poi va avanti un altro. L’intercambiabilità è fondamentale, ci abbiamo investito molto». I riconoscimenti non sono mancati. «Il Senato ci ha premiato per il nuovo modo di fare impresa, con la seguente motivazione ““Per un innovativo modello aziendale basato sullo sviluppo e la valorizzazione della “conoscenza globale” sia tecnica che gestionale, che è punto di partenza e punto di arrivo per tutte le iniziative di innovazione nel settore metalmeccanico”. Bisogna cercare di far sempre qualcosa di diverso, sapendo bene il perché. Provare. Ecco perché ogni giorno si incontrano nuove sfide. Qui non si muore di monotonia: chi vuol “cavalcare” il futuro trova pane per i suoi denti, e con i giovani andiamo fortissimo. Però tutto va oggettivizzato».

Oggettività. Ma l’importanza del capitale umano, quindi? «Resta fondamentale. Ma l’azienda non è “ostaggio” di nessuno. È un passo avanti di grande rilevanza per la piccola e media impresa: bisogna capire che il mondo è cambiato, non si può andare avanti con i vecchi sistemi. Bisogna avere una visione a lungo termine». L’occhio al futuro ce l’ha sempre avuto. Come quando ha fondato la Spa, o costruito la nuova sede. «Sono costi, ma la lungimiranza è essenziale. Certo, ci vuole anche un po’ di fortuna. Però non sopporto quando mi dicono che “sono fortunato” perché lavoriamo con l’estero. Il punto non è andare o meno all’estero. Il discorso è un altro: bisogna avere il prodotto. E nel mondo globale, se hai il prodotto e la capacità di dare assistenza il mercato è un mercato unico. E quel prodotto io lo vendo indifferentemente a Napoli come in Germania o in Africa. La distanza non conta.».

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Orizzonti ampi ma radicamento sul territorio. «Sì, a questo ci tengo in modo particolare. Un’impresa si deve aprire al territorio e vivere col territorio, oppure è una cattedrale nel deserto. Noi stiamo lavorando anche per fare il bilancio sociale. Vogliamo progredire e far crescere il nostro territorio: per questo accogliamo i ragazzi delle scuole in visita. Vogliamo far vedere quello che facciamo. In questo modo invogliamo i ragazzi delle medie inferiori a studiare le materie tecniche, perché, nonostante tutto noi facciamo fatica a trovare personale specializzato». Crescita economica e sociale, insomma. «Si e questo, onestamente, mi è stato riconosciuto. Bisogna capire che il territorio non può vivere solo di terziario. Dobbiamo guardare avanti rischiando di passare per visionari; ma con i piedi saldamente per terra».

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Valvole industriali, prima volta in fiera

A Bergamo un’occasione unica di confronto tra eccellenze globali e di valorizzazione del manifatturiero. L’appuntamento si propone come nuovo riferimento per tutte le novità in ambito produttivo e applicativo

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onfindustria Bergamo ed Ente Fiera Promoberg, in collaborazione con la Commissione Europea, hanno presentato Ivs, IndustrialValveSummit, evento internazionale dedicato al settore delle valvole industriali, che il 27 e 28 maggio 2015, presso gli spazi espositivi della Fiera di Bergamo, chiamerà a raccolta produttori, utilizzatori finali, studi di progettazione e tecnici specializzati da tutto il mondo. Sulla base di un’approfondita analisi di scenario, che ha avallato la visione dei promotori, IndustrialValveSummit nasce dalla consapevolezza del livello produttivo del manifatturiero italiano nel contesto delle valvole industriali, e dalla volontà di promuoverne il valore e le soluzioni. Ivs non rappresenterà solo un evento fieristico di prim’ordine, ma anche e soprattutto un

simposio tecnico-scientifico d’eccellenza. Progetti, processi, prodotti di alta gamma, ma soprattutto soluzioni e applicazioni industriali in ambito di Power e Oil&Gas Upstreaming saranno il cuore pulsante dell’evento. Per agevolare il confronto tra domanda e offerta, e incentivare concretamente le occasioni di business per le aziende partecipanti, Confindustria Bergamo ed Ente Fiera Promoberg hanno previsto incontri diretti con le delegazioni dei mercati esteri emergenti di maggiore interesse. Un comitato scientifico di respiro internazionale ha contribuito e contribuirà a “certificare” il livello qualitativo della manifestazione, che ha tutte le caratteristiche per posizionarsi in breve tempo come nuovo punto di riferimento tecnicofieristico su scala internazionale per tutto

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di Fabio Cuminetti

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ciò che riguarda la filiera delle valvole industriali. Tra gli espositori saranno infatti presenti produttori di attuatori, riduttori, guarnizioni e verniciature, fornitori di fusioni, forgiatori e sviluppatori di impianti prova. Di grande valore anche l’aspetto congressuale e formativo: conferenze, seminari, laboratori e workshop dedicati ai tecnici, con riconoscimento di crediti formativi, spazieranno dagli aspetti normativi a quelli finanziari, ponendo ovviamente l’accento anche sugli approfondimenti di processo, legati tra gli altri a materiali avanzati, coatings, sistemi di controllo e valve sealing. IndustrialValveSummit sarà infine lo scenario per il lancio di Valve Academy, un ambizioso progetto di formazione internazionale caratterizzato da percorsi altamente qualificati, destinati a creare, grazie al contributo di aziende leader, competenze specialistiche per tutte le figure tecniche del settore - in particolare i neo assunti - su tematiche di particolare rilevanza (compatibilità dei materiali, longlife learning program dedicato ai sistemi di tenuta delle valvole). Le prime sessioni formative della Valve Academy si terranno durante la manifestazione.

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Brancaleoni Maurizio

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Venturini Guido

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Impre se

Albini Group, prima collezione di cravatte

Accessori contemporanei, pieni di colore, a volte eccentrici, e easy to use, frutto di una expertise inimitabile. La stessa che dà vita ai tessuti per camicie in cotone e lino più belli al mondo

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reare un nuovo concept. Dare forma a qualcosa che non c’è e realizzarlo in cotone e lino, utilizzando il proprio linguaggio d’espressione. Questo è stato l’incipit creativo di Thomas Mason, marchio autenticamente british di Albini Group, per la realizzazione della sua prima collezione di accessori: cravatte, papillon e pochette handmade, contemporanei, pieni di colore, a volte eccentrici, e easy to use, frutto di una expertise inimitabile. La stessa che dà vita ai tessuti per camicie in cotone e lino più belli al mondo. Dopo una capsule collection acquistata in esclusiva da Barney’s a New York e da Brian & Barry a Milano (in vendita da agosto 2014), Thomas Mason ha presentato a Pitti Immagine Uomo la collezione

N. 1: accessori realizzati con l’eccellenza delle materie prime di Albini, tra cui i cotoni egiziani Giza 45 e Giza 87 e il lino di Normandia. Un sofisticato mix di Made in Italy quello dei tessuti di produzione italiana - e di Made in England: quello della creatività e dell’inimitabile tradizione di Jermyn Street. La profonda ricerca di Thomas Mason sul tinto filo, sull’abbinamento dei colori, sulle stampe e sulle strutture si unisce alla volontà del marchio di trasformare l’obbligo di indossare la cravatta in un piacere irrinunciabile. Nascono così fantasie inusuali, ricercate, al limite tra il classico e il fuori dagli schemi, assolutamente charming. Energici abbinamenti di colore, stampe optical, righe classiche, talvolta orizzon-

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tali; i toni dei blu, degli azzurri e dei grigi, ma anche i mélange. E linee diverse, da adattare all’occasione e al mood, ma medesima espressione del know-how di Albini.

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VERIFICHE PROTEZIONI INTERFACCIA AT-MT-BT NOLEGGIO della strumentazione compresa di personale tecnico SOSTITUZIONE dei sistemi di protezione obsoleti VERIFICA sistemi di protezione MT-BT integrati con apposite cassette prova COLLAUDO E MESSA IN SERVIZIO di sistemi di protezione mediante iniezione PRIMARIA e SECONDARIA delle grandezze da verificare

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Il nuovo consiglio direttivo

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in dalle sue origini l'Università degli Studi di Bergamo ha rappresentato un luogo ideale di incontro per l’arte, la cultura, l’industria e l’economia cittadine. Ad oggi sono più di 15.000 gli studenti iscritti e oltre 30.000 i laureati nell'ateneo bergamasco ed è a questi che LUBERG si rivolge. L’associazione dei laureati dell’università di Bergamo, ha dato vita e vuole consolidare un network culturale e professionale che offra attività e servizi utili alle nuove generazioni così che possano esprimere al meglio il loro potenziale e il loro valore. Con questo ambizioso obiettivo, il consiglio direttivo di LUBERG nel mese di maggio si è rinnovato con la nomina dei nuovi consiglieri Giovanna Ricuperati, Davide Orabona ed Emanuele Astolfi che si aggiungono a Maria Antonietta Capra, Cristiana Cattaneo, Mauro Cavallone, Elio Ghitti, Giovan Pietro Guerinoni, Michele Modina e Maurizio Zucchi; anche per il triennio 2014-2016 il presidente dell'associazione è il Cavaliere del Lavoro Domenico Bosatelli e il presidente onorario è Stefano Paleari, Magnifico Rettore dell'Università degli studi di Bergamo. Nel corso del prossimo triennio, l'associazione promuoverà le relazioni e la collaborazione fra i soci attraverso iniziative e progetti per ciascuna delle seguenti aree: - M A R K E T I N G S T R AT E G I C O . Studia le aspettative dei laureati dell’ateneo attraverso una ricerca questionario continuativa da cui nascono le linee guida dell’associazione; cura le attività di sviluppo dei network; promuove l’immagine dell’associazione attraverso i media. - STUDI, RICERCA E SVILUPPO. Progetta e realizza eventi e iniziative in considerazione delle attese dei laureati

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delle diverse aree didattiche, collaborando al coordinamento di progetti di ricerca; promuove le adesioni all’associazione e cura l’aggiornamento del sito web. - CLUB LUBERG. Punto di aggregazione, di interscambio e di stimolo di nuove idee per tutti gli Associati dove poter organizzare incontri periodici incentrati su temi di interesse trasversale. - CORSI. Cura la progettazione e la realizzazione di corsi ed eventi formativi mirati a rafforzare le competenze per operare con successo nel mondo professionale; coordina le varie tipologie di intervento selezionando i docenti e definendo i contenuti dell’offerta formativa. - EVENTI E INCONTRI. Promuove i contatti con il territorio e realizza iniziative culturali di coinvolgimento dei laureati; favorisce le relazioni tra il mondo accademico e i laureati. CONCORSO LETTERARIO 2014 LUBERG è attivamente impegnata nella valorizzazione e promozione della creatività individuale. Il concorso letterario, che lo scorso anno ha raccolto una nutrita adesione di partecipanti, sarà rinnovato anche nel 2014 per dare la possibilità a studenti e laureati dell'università di Bergamo di esprimere le proprie doti artistiche ed intellettuali. Il concorso si rivolge infatti ai soci LUBERG, ai laureati e agli studenti di tutti i dipartimenti dell’università di Bergamo che abbiano una storia da raccontare e desiderino confrontarsi con i docenti dell'ateneo cittadino. La giuria selezionerà una rosa di finalisti e, tra questi, identificherà i tre vincitori. I racconti dei finalisti saranno pubblicati in un volume edito da Sestante Edizioni. La premiazione dei finalisti del concorso

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avverrà in occasione della cerimonia che si terrà a fine 2014. Ai vincitori verrà corrisposto un premio in denaro rispettivamente di 1.000 Euro al primo classificato, 500 Euro al secondo classificato e 250 Euro al terzo classificato. Ogni partecipante potrà inviare un racconto inedito sul tema “Trasformazione e rinnovamento nella società, nella scuola, nel lavoro, nelle relazioni personali” della lunghezza massima di dieci cartelle e non superiore a 20.000 battute. Gli elaborati dovranno pervenire entro il 15 settembre prossimo alla Segreteria di LUBERG presso l’Università degli Studi di Bergamo, via dei Caniana 2, 24127 Bergamo. Una copia dell’elaborato dovrà inoltre essere inviata, in formato pdf, via mail all'indirizzo concorsoletterario@ luberg.it; sul frontespizio dovranno comparire, oltre al titolo del racconto, anche il nome e il cognome del partecipante. Il regolamento del concorso, la scheda d’iscrizione e la liberatoria, sono disponibili sul sito www.luberg.it COME ASSOCIARSI A LUBERG Sei un laurea to dell'Università di Bergamo e vuoi accrescere il tuo patrimonio professionale e culturale attraverso incontri, convegni o corsi di formazione? Se ti riconosci nella mission di LUBERG sostieni l’associazione: avrai l'opportunità di contribuire a valorizzare l'università di Bergamo e a rafforzarne il legame con la città. Pe r m ag g i o r i i n f o r m a z i o n i s u l l e modalità di iscrizione o rinnovo della quota associativa, consulta il sito Luberg.it alla sezione "SOCI".


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*Cucina di Chicco Cerea

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ai come negli ultimi anni la ristorazione ha invaso i media: tv, giornali, settimanali e rotocalchi. E riesce ad accogliere tanto interesse intorno a se. La cosa strana è che più si parla di food e meno i ristoranti tradizionali attraggono clienti e spesso restano vuoti, quasi a pensare che la gente sia già troppo gratificata dal vedere e sentire di cucina per perdere tempo ed andare nei ristoranti. Forse anche per questo tanti ristoranti stanno chiudendo mentre, di contro, punti di ristoro e aggregazioni alternative stanno fiorendo. Stanno vincendo coloro che puntano su formule nuove. Tra queste lo street food è senza ombra di dubbio una formula accattivante: mordi e fuggi, mediamente poco costosa, propone piatti della tradizione ormai quasi dimenticati, oppure novità esotiche prese dalla tradizione di paesi stranieri. Un'intuizione interessante che attira molti seguaci. Per questo, a luglio, ho provato ad organizzare presso La Cantalupa una serata dedicata al tema. Chiamando amici da tutta l’Italia, sono riuscito a riunire quasi 25 artisti dello street food ognuno con la propria specialità. Partendo dalla Sicilia con la stigghiola, passando alla pizza fritta o da passeggio napoletana, gli arrosticini abruzzesi, le olive ascolane fatte a mano, senza farci mancare il panino con il lampredotto toscano, per arrivare al nord con la noce di prosciutto all’Amarone e gli spiedi classici. AGO-SET 2014

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Per addolcire, gelati artigianali e le classicissime crespelle alla Nutella. La nota esotica della serata doveva essere data dal Temaki, un nuovo concept di gelato giapponese. Il tutto annaffiato con Aperol, Campari Spritz, spumante Ferrari, Champagne Pommery e birre alla spina di produzione artigianale. La serata sarebbe stata allietata dalle note di una band internazionale, gli Smoma, con proposte di street music e giocoleria del fuoco. Tutta la scenografia (con la ricostruzione del mercato di Bagheria) l'aveva creata lo scenografo Massimo Plebani. Peccato che le condizioni meteorologiche abbiano impedito lo svolgimento della serata. Non ci arrendiamo, la riproponiamo il 23 settembre 2014.


Associazione Italiana Maggiordomi Elisa Dal Bosco, Presidente www.maggiordomi.it info@maggiordomi.it m. +39 3496187963 sede: via S.Pellico 8, 20121 Milano presso Seven Stars Galleria

Area Bergamo Emanuela Lanfranco bergamo@maggiordomi.it c. +39 335 6073544 t. +39 035 232395


*Golf di Mario Ugo Pasini Professionista presso il Golf Parco dei Colli Bergamo

Il putting

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rive for the show, put for the money”, è un'affermazione, dal mio punto di vista, che rispecchia la realtà di questo gioco. L'essere d'accordo con l'affermazione che il drive è per lo spettacolo e il putting è per il risultato, tradotto in pratica, vuol dire che iniziare una buca con qualche metro in meno sul primo colpo o giocarla con un colpo in più non condiziona il risultato quanto sbagliare un put da vicino o fare tre put a green raggiunto. Tanto è vero che le gare dei nostri idoli televisivi si risolvono per la maggior parte negli ultimi metri, proprio con il putting: un colpo totalmente diverso da tutti gli altri del golf, che si differenza per impugnatura, posizione del corpo e meccanicità del movimento. L'impugnatura, rispetto a quella degli altri colpi (che ha dei punti ben precisi da rispettare), può anche essere in qualche caso adattata al giocatore e deve permettergli di sentire che il putter si muova con un'azione di pendolo. Le caratteristiche principali di una corretta impugnatura sono che il bastone sia appoggiato nel palmo della mano sinistra con una leggera pressione delle dita, inibendo cosi l'azione delle stesse, che il pollice sinistro sia posizionato sulla parte piatta superiore del grip e che l'indice sinistro venga posizionato esternamente, sovrapposto alla mano destra (il contrario sarà per i giocatori mancini), aiutando cosi il giocatore ad avere maggior controllo e precisione durante il colpo. Esistono, oltre a questa, altre impugnature che possono portare il giocatore ad impugnare il bastone con le mani separate o invertite; ideale è quella che permette di mantenere dita e polsi fermi durante il movimento, creando cosi il maggior numero di colpi ripetitivi. La funzione di una corretta

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posizione davanti alla palla è quella di dare grande stabilità al corpo, aiutandolo ad evitare qualsiasi movimento o oscillazione non corretti. Flettere il tronco in avanti per portare la proiezione degli occhi sopra la palla garantisce al giocatore una corretta visione della linea di gioco e della traiettoria della palla, piegare leggermente le braccia porta a togliere tensione alle spalle, permettendo cosi alle stesse di eseguire un movimento meccanico di oscillazione. L'importanza di flettere le ginocchia tanto da togliere tensione alle gambe, portare il peso sul piede sinistro e posizionare la palla più verso il piede sinistro, completano la posizione del giocatore. Essere ripetitivi vuole dire produrre un movimento meccanico con il corpo che porti la palla a rotolare su di una linea immaginaria che va dalla palla stessa alla buca. Tutto ciò avviene se il movimento delle braccia e delle spalle simula un'azione di pendolo, evitando che le mani intervengano sul putter, tenendo la testa ferma ed eseguendolo in accellerazione, di modo che la testa del bastone attraversi la palla e la porti a rotolare verso la buca

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con un moto lento e continuo. Un buon punto di contatto sulla faccia del putter e un buon ritmo dello swing aiutano a giocare un buon colpo. Quando un golfista diventa un ottimo giocatore di putting? Quando, oltre a corretta impugnatura, posizione del corpo e meccanicità del movimento, aggiunge tutti quei fattori che migliorano con la pratica quali feeling, lettura delle pendenze e autoconvinzione. I miei consigli per migliorare tutti gli aspetti del colpo descritti e quindi aumentare la possibilità di imbucare, abbassando di conseguenza lo score, sono di frequentare tanto il putting green per allenare la meccanicità del colpo e il feeling; fatevi seguire regolarmente del vostro professionista e, ultimo ma non meno importante, abbiate la certezza che il vostro putter sia adatto al vostro movimento per peso della testa, lunghezza dello shaft, grandezza del grip e punto di appoggio della suola della testa del bastone sul terreno.


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*Motori Saul Mariani

Nuova Bmw X4, il Suv coupé compatto di Monaco

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opo la messa in commercio di Bmw X1, X3, X5 ed X6, ora con la X4 la casa automobilistica tedesca introduce per la prima volta il concetto di Sports activity coupé nel segmento automobilistico medio. Analogamente al successo della sorella maggiore Bmw X6, anche la Bmw X4 affascina per la sua immagine inconfondibile su strada. Il suo design riflette la combinazione perfetta tra il carattere muscoloso di un Sav e l’eleganza sportiva di una classica coupé. A livello tecnico si basa sulla Bmw X3, ma già a prima vista si nota chiaramente la sua personalità indipendente e dinamica,

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abbinata al carattere ancora più brioso. Con una lunghezza di 4,671 metri supera la Bmw X3 di solo 14 millimetri, mentre in altezza misura 36 millimetri in meno. Le grosse prese d’aria montate alle due estremità e le linee caratteristiche lavorate con la massima precisione rendono la Bmw X4 più muscolosa e agile. Allo stesso tempo, il baricentro visivo si abbassa, mettendo in mostra la superiorità di dinamica di guida. Per favorire il carattere brioso della nuova Bmw X4 sono a disposizione tre motori a benzina e tre propulsori diesel della famiglia di motori Bmw EfficientDynamics che coprono un arco di potenza da

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135 kW/184 CV a 230 kW/313 CV e soddisfano tutti la norma antinquinamento Euro 6. Nei modernissimi propulsori, la tecnologia Bmw TwinPower Turbo garantisce delle eccellenti prestazioni di guida, accompagnate da consumi minimi. Lo Start Stop automatico e la funzione sailing, il Brake Energy Regeneration e i gruppi secondari controllati in base al fabbisogno garantiscono un’elevata compatibilità ambientale, accoppiata al massimo divertimento di guida. Tutti i modelli Bmw X4 si distinguono per un settaggio sportivo dell’assetto e sono dotati della trazione integrale intelligente xDrive con Performance Control montato di serie. Sono inoltre equipaggiati di serie con il cambio automatico sportivo a otto rapporti, comandabili anche attraverso i paddles sul volante sportivo, di serie. L’equipaggiamento a bordo rispetta le aspettative. È dotata di serie di portellone posteriore ad apertura automatica, di volante sportivo in pelle, di Park Distance Control nella coda, radio Professional con iDrive Controller e display centrale. Completano il capolavoro della nuova Bmw X4 iil Bmw Head-Up Display, interamente multicromatico, l’High Beam Assistant antiriflesso e il Driving Assistant Plus con tanto di protezione preventiva dei pedoni nonché avvertimento di rischio di tamponamento che in caso di necessità frena la vettura fino alla massima decelerazione.


CENTRO DI RADIOLOGIA E FISIOTERAPIA Accreditato ASL Dir. San.: Dr. R. Suardi Radiologia Diagnostica per Immagini Fisioterapia e Riabilitazione Riabilitazione Domiciliare (ex art. 26) Terapia Fisica Chiropratica Visite specialistiche Punto Prelievi Polo Odontoiatrico www.centroradiofisio.it - info@centroradiofisio.it Bergamo, Via Passo del Vivione, 7 - Gorle, Via Roma, 28 Tel.: 035/290636 – 035/4236140 – Fax: 035/290358

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*Sanità Prof. Domenico Vergnaghi Presidente Associazione Tricologica Svenson

Come arrestare la caduta dei capelli

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t uoi capelli sono in caduta libera? Niente panico: per aiutare le persone a riconoscere il problema, senza sottovalutarlo, l’Associazione Tricologica Svenson e il Centro Medico di Gorle hanno organizzato una campagna di prevenzione specifica. «In questo periodo tutti potranno farsi controllare gratuitamente dai nostri tecnici tricologi per sapere se sono ancora in tempo per poter contrastare la caduta di capelli efficacemente - spiega il presidente dell'Associazione Tricologica Svenson Italia, Domenico Vergnaghi, che da trent’anni si occupa degli studi e delle ricerche per risolvere il problema della caduta dei capelli -. La nostra esperienza di oltre 50 anni, accompagnata da continue ricerche, conferma che intervenendo in tempo, questo processo può essere controllato in maniera efficace. Già dal primo manifestarsi delle anomalie, quali la pitiriasi (forfora), l’ipersecrezione sebacea (seborrea oleosa), l’anomalo proliferare della flora batterica e dei miceti (funghi) presenti sul cuoio capelluto e del conseguente prurito è possibile evitare l’assottigliamento dei capelli, il conseguente diradamento e la calvizie». Come si svolge il controllo? Per poter valutare le condizioni e le anomalie presenti sul cuoio capelluto è necessario un check-up approfondito che consiste in un controllo macro e microscopico del cuoio capelluto e dei capelli durante il quale il tecnico tricologo

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aiuterà a capire la situazione e spiegherà quello che si può fare per salvare i propri capelli. Il primo nemico da eliminare è rimandare da oggi a domani, con il rischio di che non ci sia più niente da fare. Quali sono le cause più comuni della calvizie e del diradamento? Forfora, prurito, sebo, ma anche stress, squilibri ormonali, farmaci e diete sono i nemici che danneggiano i nostri capelli e contribuiscono ad aumentarne la caduta. Attenzione, non è facile riconoscere questo nemico al momento giusto. La maggiore parte delle persone si accorge del problema tardi, e viene da noi dopo

aver già perso una parte importante della capigliatura. I capelli caduti ricresceranno? Dovrebbe ma non sempre funziona in questo modo. Succede che i capelli cadono ma non ricrescano, perché il follicolo pilifero, cioè la radice del capello, ormai è compromessa , si sta atrofizzando e non è più in grado di generare un capello sano. Significa che il quel preciso punto non crescerà mai un capello. Esiste comunque un lasso di tempo in cui è possibile tornare indietro e rigenerare i follicoli. Superando questo limite, l’unico modo per riavere i propri capelli rimane usare il parrucchino. È un problema anche femminile? Sfortunatamente in questi decenni abbiamo assistito ad un notevole incremento dei casi di diradamento e calvizie femminile e anche ad un progressivo abbassamento dell’età in cui questa problema si manifesta. Per questo, una corretta prevenzione è l’unica arma efficace se non vogliamo rimpiangere i capelli perduti. Nelle donne si vedono capigliature diradate e pettinature che coprono spazi vuoti; un disagio difficile da nascondere. Rassegnarsi non serve.

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*Arte Mario Donizetti

Argomenti di estetica duemilaquattordici

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a costatazione che il male è sempre più presente deve far riflettere sulla verità della sua origine, perciò mi sembra necessario rivedere criticamente alcuni punti fondamentali della teologia storica. Il teologo dopo aver detto che Dio è infinito mi sembra non possa dire che è “Creatore” delle cose finite. Se il finito discendesse dall’infinito, lo ridurrebbe alla sua stessa natura. Se il teologo vuole che Dio non sia della stessa natura del finito, deve ammettere che lo trascende, altrimenti l’infinito, anche se incommensurabile, sarebbe ridotto razionalmente alla natura del finito. L’Infinito - per definizione - è tutto insieme e non possiede il tempo e allora non può far discendere il tempo da sé. Dio, così, mi sembra non “creatore” del tempo, mi sembra la ”ragione” imperscrutabile dell’esistenza del tempo e, così, l’esistenza del mondo sarebbe simultanea a Dio stesso, ossia simultanea alla ragione dell’esistenza del mondo. Dio, così, mi appare non incomprensibile ma visibile più del visibile. Dato che ogni cosa visibile possiede la sua ragione di essere visibile, Dio è la ragione di tutto il visibile. Non solo, ma Dio trascende anche l’inesistenza delle cose visibili. Infatti, come una cosa visibile esiste per una sua ragione, se non esistesse non esisterebbe per un’altra

ragione. Perciò Dio è la ragione sia dell’esistenza che dell’inesistenza. Per questo mi sembra che l’esistenza di Dio è visibile più del visibile. Poiché una cosa non può non possedere la sua ragion d’essere, così non può non avere la sua ragione di non essere. L’essere e il non essere sono trascesi dalla loro ragione, e questa è Dio. Dunque, se Dio non è creatore, l’arte non è “a Dio nepote” (come diceva Dante), ma autonoma costruzione della finalità della natura per una imperscrutabile ragione della natura. Vorrei allora dire che ogni costruzione che nella natura si realizza è opera d’arte dovuta alla etica finalità della natura. Questa finalità, in quanto tesa all’esistenza, è chiaramente etica.

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Anche le particelle subatomiche si uniscono per costituire l’atomo perfettamente, ossia, artisticamente. E gli atomi, a loro volta, si uniscono per costituire artisticamente le molecole (l’acqua è l’esempio più chiaro), le molecole si uniscono per costituire le cellule, le cellule costituiscono i corpi. E ogni corpo tende alla costruzione della sua vita in etica artistica perfezione. In definitiva l’esistenza mi appare tutta una costruzione eticamente bella. Il Partenone di Fidia mi appare una costruzione etico-artistica degli uomini; l’alveare, una costruzione etico-artistica delle api; le cellule una costruzione eticoartistica delle molecole, le molecole degli atomi. E così all’infinito, sia nel più piccolo come nel più grande del cosmo. Ne consegue che tutto quello che non promuove la vita etica non è artistico e, allora, è da rifiutare. E ne consegue che l’arte resta l’unica attività da promuovere. Il nichilismo e l’informalismo moderno che disgregano e non costruiscono, ma decostruiscono e sono antietici, sono in opposizione alla costruzione progettuale artistica della natura e perseguono in ultimo il disfacimento nella morte dell’esistenza. L’informalismo, anche se proposto ingenuamente come conquista culturale, è una falsa costruzione, e deve essere sottoposto, da parte degli etici, a morale rifiuto.

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*Spiritualità don Giambattista Boffi Direttore Centro missionario diocesano

La globalizzazione del pensiero

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l filo rosso della dimensione della cultura che si esprime nel pensare ci permette di scoprire in ogni popolo quella storia che dà ragione del futuro. È una tensione continua che incarna nelle tradizioni, nel linguaggio e negli usi il modo di essere che identifica e disegna contorni possibili per l'incontro. È qui che fa leva la convinzione di una felice convivenza tra storie diverse e la possibilità di un dialogo capace di interagire. Il "pensiero debole" oggi allontana sempre di più dalla percezione ed incarnazione dei valori sui fronti comuni e con intensità assoluta. Niente è fondante, ma tutto è affondante! E quando un pensiero si fregia di qualche "ismo", allora ci si abbandona al delirio di onnipotenza che solo un intelligenza con la pretesa di essere unica può generare. Gli assolutismi hanno la presunzione di pensare e realizzare il bene comune con la forza di una sola verità, più o meno personale. Vanno di pari passo con gli individualismi, che purtroppo inficiano anche le persone e generano i prepotenti. Il populismo è figlio tralignato della ricerca di verità e il pressappochismo va a braccetto con superficialità ed ambiguità. E poi, via via, coinvolgendo buona parte della realtà sociale, civile, politica. Berlusconismo e pippobaudismo scaturiscono da un pizzico di ilarità, ma la stessa esperienza religiosa non è da meno. Anche qui un qualunquismo terrificante si fa strada nella quotidianità. Solo per dire che c’è,

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si può ricordare quel laicismo miope che vuole solo combattere e non propone. Gli integralismi fanno riferimento ad un punto di vista assolutizzato, sul filo dell'irrazionalità , all'impossibilità dell'incontro e dunque del dialogo. La ragione della sconfitta è nell'incapacità del pensiero di abbracciare una giusta globalizzazione. In questa avventura credo opportuno giocarsi, perché diversamente ci si condanna alla solitudine, premessa alla violenza dalla quale non siamo da sempre preservati. Le prospettive? Un pensiero libero di spaziare nel mondo. C'è chi incolpa la struttura religiosa di essere causa di divisioni e conflitti. Vero, se si cancella lo spazio di trascendente che appartiene all'esperienza religiosa e la si riduce ad interessi umani. Lo sforzo di un pensiero creativo, di una duttilità di ricerca diventa davvero incontro con il mondo e rispettosa consapevolezza della diversità. Un pensiero capace di sintesi. È uno sforzo da fare contro ogni frammentazione e parzialità che perde di vista l'orizzonte. È la scelta decisa di andare in profondità per non lasciarsi risucchiare dalle apparenze e vivere nell'illusione. Forse tanto male oggi è frutto di una schizofrenia di percezione della realtà dove prevale lo spazio dell’egoismo. Un pensiero aperto al dialogo. È il punto di svolta che apre alla crescita reciproca. Non può mancare la consa-

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pevolezza della propria identità per non lasciare spazio alle cose ambigue e annacquate, e contemporaneamente occorre maturare il tempo dell'ascolto e della riflessione. Prendersi tempo per gustare la vita. Il pensiero globalizzato fa appello ad una vera spiritualità di comunione. E non si improvvisa senza l'ascesi dello studio e dell'esperienza. Sì, perché chi crede si tratti solo di teoria viene fortemente smentito persino da Papa Francesco nell'Evangelii Guadium dove ci invita a recuperare l'esperienza nel cuore dell'idea e a fare della realtà il luogo della comunione. Il pensiero globalizzato sceglie il rispetto, realizza luoghi d’incontro, scopre possibilità di scambio, investe sulle potenzialità dell’uomo. Diversamente si concretizza una babele votata al conflitto, prospettive distorte e campi minati di impossibile convivenza. Una bella scommessa quella di pensare sull’orizzonte del mondo intero, un impegno che il cristiano non può disattendere perché essenziale nella cattolicità della fede che unisce gli uomini nella famiglia di Dio, un modo si essere presente nel mondo con tutta la forza costruttiva che il Vangelo sprigiona quando, come succede da duemila anni, dialoga con l'uomo e la sua storia, incontra il cuore e la libertà. Un uomo "forte", dunque, alla faccia del pensiero debole


Cult

Nuovo ospedale, aperta la chiesa

La solenne celebrazione della dedicazione a San Giovanni XXIII sarà invece l’11 ottobre, prima memoria liturgica del nuovo santo e giorno dell’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II

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a chiesa dedicata a San Giovanni XXIII, nel perimetro del nuovo ospedale, è stata aperta alla città il 25 giugno scorso. La solenne celebrazione della dedicazione sarà invece il prossimo 11 ottobre, prima memoria liturgica del nuovo santo, giorno dell’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. La nuova chiesa costituisce un segno forte, un segno materiale, che resterà visibile anche per le generazioni a venire, un segno deciso dalla diocesi in occasione della canonizzazione di Angelo Giuseppe Roncalli. Un comitato ha seguito dal 2007 la realizzazione della chiesta, presieduto da Mario Ratti, in sintonia con le istituzioni locali, con l’azienda ospedaliera. La progettazione è stata affidata agli architetti che hanno disegnato l’ospedale: il francese Aymeric Zublena e lo studio Traversi di Bergamo. Per l’edificio è stato scelto un

punto all’ingresso della grande struttura. La chiesa è accessibile sia dall’esterno, sia dall’interno dell’ospedale mediante un corridoio sotterraneo. Il suo volume va a chiudere quella che appare come la piazza di ingresso della struttura sanitaria cittadina. Gli architetti hanno scelto di progettare un edificio leggero, lineare, bianco, dalla forma rettangolare, un parallelepipedo circondato da un deambulatorio custodito da un velario di colonnine sottili. Allo stesso modo la chiesa appare essenziale, lineare anche all’interno, pur conservando della tradizione l’idea di una decorazione parietale e di un presbiterio con tre absidi, appena accennate. E’ stata ricercata un’armonia fra immagini artistiche e architettura.

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a cura di Fabio Cuminetti

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Cult

L’arte sboccia dalla ricerca tecnologica

Il progetto «Artist-in-residence Kilometro Rosso» dà l’opportunità a sette giovani artisti selezionati tramite bando di sviluppare il proprio lavoro nei centri dove l’industria sperimenta nuove soluzioni

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n matrimonio inatteso. Gli opposti si attraggono, non solo nella fisica. Accademia di belle arti G. Carrara e Kilometro Rosso-Parco Scientifico Tecnologico hanno presentato i contenuti e le finalità del progetto di residenza rivolto a giovani artisti «Artistin-residence Kilometro Rosso», a cura di Alessandra Pioselli e Agustin Sanchez, promosso dalle due realtà in collaborazione con Brembo, Caiazza & Partners, Intellimech, Istituto Mario Negri, Italcementi, Petroceramics, Umania, con il sostegno di Banca Popolare di Bergamo. Il progetto dà l’opportunità a sette giovani artisti selezionati tramite bando di frequentare e di sviluppare il proprio lavoro artistico presso i sette centri di ricerca scientifica e tecnologica, e di servizi avanzati, che aderiscono al progetto e hanno sede in Kilometro Rosso.

Concepito come programma di formazione inedito per l’Italia, «Artist-inresidence Kilometro Rosso» è stato ideato con l’obiettivo di creare le condizioni d’integrazione tra la sperimentazione artistica e la ricerca tecnologica e scientifica. La sinergia cross-disciplinare dei saperi produce pensieri di processo creativi che riverberano sia sulla pratica artistica, sia su altri mondi in cui l’innovazione è nozione fondamentale della progettualità. Sulla base della vocazione al confronto che appartiene alle istituzioni promotrici, il progetto è un atto di sostegno alla sperimentazione capace di spostare le cornici disciplinari e di fiducia verso i giovani, gli artisti e i ricercatori, che si sono accompagnati in un viaggio esplorativo dentro territori complessi. È un modo per ribadire l’importanza di generare visioni non direttamente fina-

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a cura di Fabio Cuminetti

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lizzate all’utile ma che contribuiscono a definire quel potere immateriale dato dalla creatività che rende competitivo un paese e agisce in senso trasformativo nella società. Nel dettaglio, sono stati selezionati gli artisti Diego Caglioni, Francesco Crovetto, Barbara Boiocchi, Simone Longaretti, Matteo Maino, Federica Mutti, Lia Ronchi, che da febbraio a giugno 2014 sono stati in residenza rispettivamente presso Intellimech, ItalcementiCentro Ricerca e Innovazione, Umania, Petroceramics, Istituto Mario Negri, Brembo, Caiazza & Partners. Hanno lavorato a stretto contatto con figure professionali che hanno fatto da tutor, attive nel campo della biologia, chimica, ergonomia, fisica, geologia, giurisprudenza, informatica, ingegneria, marketing, meccatronica, scienze mediche ed altro ancora. Dalle riflessioni scaturite sono nate sette opere e progetti attualmente in fase d’elaborazione. Saranno presentati a conclusione del percorso con la mostra Zona di innesco / Trigger Zone, che si terrà al Kilometro Rosso dal 4 al 19 ottobre nell’ambito della XII edizione di BergamoScienza.

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Cult

Sant’Agata nel Carmine, la rinascita

Dopo quasi due anni, grazie anche al contributo di nuovi sponsor, si sono conclusi altri due lotti di lavori che hanno ulteriormente migliorato lo stato di degrado in cui versava la chiesa

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itorno a nuova vita. Il 13 luglio, presso la chiesa di S. Agata nel Carmine, sono stati presentati alla comunità i lavori di restauro sino ad ora eseguiti presso la chiesa stessa. Lo scorso 22 settembre 2012 fu esposta l'iniziativa di raccolta fondi per il restauro dell’edificio e l’intervento relativo al primo lotto di lavori: consolidamento strutturale, verifica e messa in sicurezza degli stucchi dell’abside, messa in sicurezza dell’impianto e abbattimento delle barriere architettoniche con l’installazione di una piattaforma elevatrice. Dopo quasi due anni, grazie anche al contributo di nuovi sponsor, si sono conclusi altri due lotti di lavori che hanno ulteriormente migliorato lo stato di degrado in cui versava la chiesa. Il secondo lotto d’intervento ha riguardato la manutenzione del manto di copertura (al fine di eliminare le infiltrazioni di acqua piovana), il consolidamento della

volta della prima campata e il restauro di una cappella campione, nella quale sono stati riportati alla luce i colori risalenti al XVIII sec. Grazie ad un contributo della “Fondazione Bergamasca” è stato possibile restaurare anche le sei tele contenute nella cappella, tra cui la “Composita Madonna con Bambino e Santi”, tela composta da tre diverse tele cucite tra di loro e realizzate da tre diversi pittori: Chiara Salmeggia, Gianpaolo Cavagna e Giovanni Brini. Un progetto di manutenzione programmata, sempre a cura dagli architetti Marco Paolo Servalli e Adele Sironi, ha visto coinvolti in un corso di formazione alcuni volontari che si prenderanno cura della chiesa. Il terzo lotto ha riguardato il restauro delle facciate laterali, della facciata principale e del campanile, completando i lavori di sistemazione esterna dell’edificio. Le pietre quattrocentesche, del basamento della facciata principale, sono state pulite nella parte superiore della facciata e le

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a cura di Fabio Cuminetti

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antiche cromie (rinvenute con l’indagine stratigrafica) sono state velate al fine di armonizzarne il colore con il basamento in pietra, secondo le indicazioni della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Artistici. I prospetti laterali sono stati mantenuti con le pietre a vista, intervenendo con una stilatura (sostituzione della malta degradata) molto leggera. Il costo dei due nuovi lotti è stato di circa 560mila euro: il progetto completo prevede ancora l’eliminazione dell’umidità di risalita, il rifacimento del pavimento, il restauro degli apparati decorativi interni, l’installazione dei nuovi impianti elettrico, di riscaldamento, di diffusione sonora ed antintrusione. Un intervento impegnativo, che potrà essere portato a conclusione solo con il sostegno della collettività: fedeli, enti pubblici, imprese. Oltre alle formule tradizionali di sponsorizzazione, sono state organizzate alcune iniziative rivolte alla raccolta fondi per il restauro. Lo Studio di Architettura Marco Paolo Servalli e Adele Sironi, specializzato in restauro e coordinatore dell’iniziativa, su incarico della Parrocchia di Sant’Alessandro Martire in Cattedrale, ha realizzato il primi tre lotti di intervento di restauro della chiesa, situata lunga la nota “corsarola” di Città Alta. A seguito dell’ottenimento della sponsorizzazione dalla Fondazione Cariplo, ha inoltre sviluppato un progetto di Fund Raising volto alla raccolta dei fondi per proseguire il restauro delle stessa e realizzato un manuale ed un corso di formazione al personale addetto alla chiesa di S. Agata la manutenzione programmata dell’edifico religioso.

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Cult

Praga, appunti disordinati di vacanza

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iorno 1

Rido. Nervosamente. Devo ancora capire se è perché qui a Praga non avrei dovuto venirci da solo, oppure perché sul taxi che dall’aeroporto mi sta portando in centro la radio passa “Oh Carol” di Neil Sedaka in una terrificante versione ceca in cui il ritornello suona come “Diaol porco”. Cioè, non è che “suona”: FA ESATTAMENTE così! E io rido. Poi mi viene in mente quella scritta sui cessi del liceo Lussana, che fa rima con la location: “Qui si entra e non si paga / si fa un passo e poi si caga / e se il tempo non lo nega / ci si fa pure…” (questa me la tengo per il finale). Saranno tre giorni molto lunghi. Non per altro, ma perché ‘sta città la conosco palmo a palmo, fatico a pensare a qualcosa ancora da vedere. Sono le 22, vado a farmi una birra da “U Schnellu”. La leggenda narra che il nome del locale derivi dalla fretta che i turisti tedeschi mettono ai camerieri. Ok, ho scritto la cazzata. Il locale pullula di coppiette del tipo: lui – lungagnone in abiti di velluto a coste con le toppe ai gomiti e i pantaloni

che arrivano sopra la caviglia, improbabile pettinatura da ussaro sul tetto e la personalità di una seppia. Lei – sventolona bionda con “culo-alto-ci-fò-un-salto”, che ha sicuramente fatto la fortuna di un paio di farmacie. Per i cardiotonici, intendo. Una di queste bionde mi guarda. Insistentemente. Io mi sono già imbarzottito in tre picosecondi. Il suo lui, invece, fissa la sua birra bionda. Insomma una bionda mi guarda mentre il biondo guarda una bionda che non è la bionda che dovrebbe guardare. E siccome io sono moro e la mia birra è scura (“tmavè”), tiro giù l’ultimo sorso e me ne esco non senza lanciarle un’occhiata che esprime un concetto contrastante, sintetizzabile con: “Che zoccola. Ti sposerei”. A zonzo sulla Karlova. Il Ponte Carlo è sempre magnifico, ma a Praga sono belli anche i tombini. Lutto: ha chiuso “U Svet Tomase”, la birreria più leggendaria della storia. Lo straripamento della Moldava ha sepolto questo luogo di culto per chiunque ami l’atmosfera di una bettola con “solo” 800 anni di storia alle spalle, imbogata in una caverna 10 metri sotto il

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di Leonardo Leuz Marchesi

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livello del suolo. Quasi quasi piango. Due ora fa ridevo. Il tutto, sempre e rigorosamente da solo: conoscete un buono psicologo? L'iPod sempre in modalità shuffle non fa le bizze. Niente sequenze ardite, tutt'altro: "Because of you" (Skunk Anansies), "Fever" (The Black Keys), "I won't let you go" (James Morrison), e "Waiting on a sunny day" (Bruce Springsteen). Ci stanno tutte. Anche se il nebbioso e solenne incedere della Moldava di notte si sposerebbe più con Smetana. I mendicanti qui si mettono proni, faccia per terra, e io a ‘sta cosa non riesco ad abituarmi. Non voglio. A uno di loro allungo 200 corone, niente di che, al cambio saranno 6-7 euro, ma mi guarda come se gli avessi salvato la vita. Mi sento una merda perché non posso fare così con tutti e ne intravedo altri due subito dopo. Sto leggendo “Player One”, di gran lunga il miglior affresco della subcultura anni ’80, uno di quei libri che ti fanno incazzare per non averli scritti tu. O forse, perché ti rendi conto che anche se avessi avuto l’idea, comunque non avresti potuto scriverla meglio. Il portiere del residence è un orco con pizzo scuro, capello che saltuariamente viene lavato con l’olio Bertolli, tripla occhiaia modello tende-a-pacchetto, e un alito che la Baygon sicuramente vorrà brevettare. Somiglia un po’ Gion Uèin (pronuncia: “John Wayne”), ma parla l’inglese come io parlo il tedesco: zero. Secondo me mi sta facendo delle meravigliose supercazzole in boemo stretto. Per pareggiare le mie. Ma a gesti ci capiamo: mi indica l’ascensore, io salgo, lui scompare. Arrivo al piano, e come si riaprono le porte dell’ascensore la sua faccia mi si para davanti! Inquietante. Come cacchio ha fatto un piano di scale (due rampe ognuna da 16 scalini, li ho contati uscendo) così velocemente? E senza avere il fiatone? Oddio, questo forse è un bene…. Direi che ho raccontato fin troppo per essere state solo tre ore della prima sera. A domani. Ah, dimenticavo il finale: “Una sega”. PRAGA – Appunti disordinati di vacanza giorno 2 Concerto di Vivaldi alla chiesa di S.Nicola, un classico della classica. Dietro di me, quattro arzille vecchiette che tra il movimento dell’Estate e quello dell’Autunno fanno commenti. Vorrei fotografarle perché la didascalia sarebbe bell’e pronta: “Le quattro stagionate”. A Vivaldi piacerebbe, credo.

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Lezioni di ceco: díky (grazie), prosim (prego), polibek (bacio) e děvka (...andate sul traduttore di Google, io non ve lo dico). Anche se la parola che vedo più spesso è "zlat", ovvero "oro". Ristoranti, negozi, teatri, sono tutti un proliferare di "U zlate-qualcosa” (forbici, struzzi, casa,…). Una bimba che fa l'attrice è stata ribattezzata "U zlate-riccioli", ma... aspetta un attimo... Bertolli, perché ormai è questo il suo nome, vedendomi uscire al mattino con sguardo ancora assonnato mi fa capire con gesti inequivocabili e ghigno malefico che secondo lui stanotte ho trombato di bestia. Vorrei scuotere il capoccione, perché ero ovviamente solo, sul divano, addormentato davanti a un documentario sulle arti marziali. Forse lui era lì fuori dalla mia porta ad ascoltare tutti quegli urletti..., quindi decido di non deluderlo, e annuisco sorridendo. Allontanandomi, sento alle mie spalle la sua risata baritonale che sembra provenire direttamente dall'oltretomba (oltretromba?). E il fatto che mentre scrivo io abbia aperta una finestra su "Expedia" alla ricerca di una pensione la dice lunga su quanto mi senta al sicuro in questo residence. Chiuso anche il "Baker Street", un glorioso tabaccaio che mi ha iniziato al mondo della pipa. Con una "p", non fate battute. Però qui è una mattanza, perdiana, tutti i locali che amavo hanno chiuso. Decido di berci su. Pane nero, birra nera, e il morale... vabbè. In realtà, che sia pranzo o cena, mi ripeto ossessivamente il mantra: "Una birra è sufficiente, una birra è sufficiente, una birra è sufficiente...". No. Non funziona. Decido di fare il cretino. Mi riesce tanto bene, modestamente. Arrivo in piazza dell'Orologio e davanti al monumento di Jan Hus, il grande riformatore, suggerisco ad una coppia di turisti veneti che in realtà lui era un grande riformamucche. Poi vado da “U Fleku”, non esiste guida di Praga al mondo che non lo segnali come locale must. A me invece non fa impazzire, ma il menù propone il formaggio più puzzolente dell'impero austro-ungarico. Nel senso che è facile che sia stato prodotto proprio a quell'epoca, ma tu lo consumi nel 2014. Per ordinarlo al cameriere faccio finta di non sapere l'inglese (tanto non lo sa nemmeno lui) e mi indico la scarpa insistentemente. Mi ha capito quasi subito, ed ecco la puzza fatta materia direttamente sul mio piatto. Adoro 'sta gente. Sono dei rozzi tamarri e molto

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naïve. Quindi c'è affinità. Vado verso il posto in cui Jan Palach s'è dato fuoco, in piazza San Venceslao, e intanto ascolto un bel filotto: "Stop the rock" (Apollo 440), "You're not the only one" (Jamie Cullum), "Ancora qui" (Elisa) e "Reptilia" (The Strokes). Anche oggi l'iPod non tradisce. Poi mi accorgo che è da una settimana che avevo tolto la funzione shuffle, sto semplicemente ascoltando la mia playlist "Best ones". Aaaaaaaaah, ecco! Nella città più romantica e malinconica del mondo, mi rendo conto che sto facendo di tutto per essere nè romantico nè malinconico. L'attacco di stupidera tra turisti veneti e cameriere formaggioso non è altro che un esorcizzare l'assenza di qualcuno (qualcuna), per non pensarci. Chiuso a riccio, non m'impiccio. Vedo famiglie in giro su carrozze trainate da meravigliosi cavalli, ma l'unico che si diverte alla grande è sempre il padre: ai bimbi imbronciati e alla moglie annoiata gl'importa sega, lui invece fa quello che in loro assenza non avrebbe mai avuto il coraggio di fare. Sto seriamente riconsiderando l'idea di metter su famiglia, solo per poter fare (che so) la gita serale in battello sul fiume, con tanto di orchestrina jazz. Josefina. Si chiama così. Cameriera bionda dell'Hard Rock Cafè, non molto alta, discretamente piatta, viso d'angelo, decide di attaccare bottone mentre io stavo attaccando il cheeseburger. "What's your name?". "Whemuamo". "What?". (ingoio il boccone), "Leonardo!, and yours?". Si indica la targhetta sulla tasca. Amano i gesti, 'sti boemi! Parliamo del più, del meno, del per e del diviso. La manager di sala la riprende perché s'è pure seduta di fronte a me, io ovviamente ho piantato lì l'hamburger e tutto. Quando pago il conto mi chiede se domattina non mi va di fare colazione con lei, che la domenica è il suo giorno libero. Accetto la proposta. In questo momento sono le 9.29, è domenica, e io anziché essere con lei a fare colazione, sono qui a scrivere questi appunti disordinati di vacanza. Meriterei un aggettivo che fa rima col mio nome... PRAGA – Appunti disordinati di vacanza giorno 3 AAAAAAAAAAAAA!!!!! (tradotto: Praga è da urlo in questi giorni!). Su l l ' i s o l a d i K a m p a u n a b a n d s u o n a "Blue Moon" in versione punk, poi fanno "Wonderful tonight" di Eric Clapton e m'ar-


rendo: lacrimuccia, e fanculo. Le battute ormai me le faccio da solo. Incrocio una di quelle gnocche cui eviti di fare foto perché sono comunque meglio dal vivo, la quale si porta a spasso un pincher, il cane più piccolo del mondo. E io mentalmente: "Che topa! Che topo!". Analogamente a quanto sopra, consiglio: mai comprare i CD delle orchestrine jazz sul Ponte Carlo, perché dal vivo sono tutta un'altra cosa, complice l'atmosfera. Ma questo temo valga per qualsiasi musicista di strada. Mai visto così tanti Segway in vita mia. M'è venuta voglia d'imparare a usarlo. I brillantoni li becco tutti io: cameriere ceco cui chiedo il conto, "Check please!", e lui: "Well, I AM Czech!". Lascio cospicua mancia per la genialata. Gita in battello sulla Moldava. Il capitano Popeye ha gli occhi strabuzzati di fuori, nomen omen. Io in prua con birra e sigaro Montecristo, faccio foto alla mentula canis. Tutto questo mi piace. Anzi, per dirla con Axel Rose "This I love" (guardate che "Chinese Democracy" è un album molto più dignitoso di quanto non dicano). Tra le anse del fiume si susseguono (fatica eh, Jovanotti?) le varie attrazioni, e la guida dice in italiano: "Alla vostra destra il palazzo Liechtenstein, che serve ai bisogni del Governo": ci cagano, ne deduco. Il rosone centrale della Cattedrale di San Vito mi ricorda i capezzoli di una mia ex. Ma forse mi ricorda che quando vedi sesso ovunque nell'architettura, allora è un po' che non ti fai una sana trombata. Sul piazzale antistante c'è un obelisco. Tiro dritto. Faccio il giapponese, inchini a tutti. Tutti quelli che fanno le foto, intendo: non voglio rovinargliele, passo davanti e m'abbasso. Ora però ho mal di schiena, troppi fotografi. Passo alla strategia opposta: photobombing fintoinvolontario. Fino a che rischio di prenderle dal fotografo di una coppia di sposi. Giapponesi. E il cerchio si chiude. Decido di farmi del male e cerco su Spotify tutte le canzoni con titolo incentrato sulla solitudine: "Soli" (Drupi; Celentano), poi digito "Alone" ed arrivano in sequenza le Heart, i Depeche Mode, i Bee Gees, Kenny Clarkson, ...poi arriva Michael Jackson con quella lagna inascoltabile di "You are not alone" e che rappresenta il contrario della realtà attuale. Spengo. AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!! No, non è Praga: è Bertolli in casa mia! Stavo

già sognando la doccia dopo 8 ore in giro a piedi, ed eccolo lì che fa le pulizie del mio mini-appartamento. Avessi saputo prima che disponeva di una copia delle chiavi ed entrava quando cippa gli pareva, avrei dormito sempre chiuso a chiave in camera. Però è inoffensivo, fa un ciao con la mano, il suo mutismo (risate sataniche a parte) quasi mi rassicura. Finisce, esce, ciao. C'è poco da fare, qui è un alternanza di gioia e noia, respiro a pieni polmoni e m'annoio a pieni coglioni. E' l'ultima volta che ci torno da solo, giuro. Sto pensando a 4 gg. ad Agosto in una città europea che non ho ancora visto. La scelta è tra San Pietroburgo, Dublino, Istanbul e Amburgo. Accetto volontari. Una persona a fianco sarebbe garanzia che non perderei tempo a scrivere 'sti appunti: ringraziatela sin da ora. PRAGA – Appunti disordinati di vacanza – ultimo giorno Oggi torno a casa. Tempo di bilanci. Per fortuna non ho aggiunto una “a”, perché a occhio ho messo su 3 kg. Se vi piace il Liberty, non potete perdervi il Museo di Mucha. I poster dedicati a Sarah Bernhardt sono il diapason dell’arte figurativa dell’epoca. La rima migliore la sforna il mio amico Marco, che mi whatsappa: “Mi piace farlo / sul Ponte Carlo”. La cosa bella è che lo ricevo e leggo proprio mentre mi ci trovo. Applausi! Da Josefina non sono più tornato. Il punto è che al di là di tutti consigli e le battute consumate sul caso, che ci andavo a fare? A rimediare una pomiciata? Per fortuna quella se voglio la rimedio senza andare fino a Praga. Sicuramente tra qualche anno non sarà più così, e cambierò idea. Mi manca il mio cane Zù. La nostra simbiosi è come quella del paguro Bernardo con la conchiglia. Stasera quando rientro me lo strafugno tutto. Se vi state chiedendo se tra le birre locali sia meglio la Pilsner o la Budějovický Budvar, la risposta è: la Staropramen (tra le due litiganti…). I semafori pedonali in centro città durano 3 secondi, forse 4. E il loro segnale acustico per ciechi è incredibilmente simile all’applauso con cui attacca “Don’t let me be misunderstood” dei Santa Esmeralda: un giorno mi piazzo in mezzo alle strisce pedonali e azzardo due passi di flamenco, giuro. Per chi impazzisce a vedere due donne che limonano duro (io no), consiglio l’HardRock

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Cafè. Magari è una coincidenza, ma ogni volta che ci metto naso trovo sul palco un paio di tipe che giocano a “shanghai” con le loro lingue. Mi sono regalato un viaggio nel tempo: Obecnì Dum, la Casa Municipale. Un bar/ ristorante fine ‘800, con pianista e leggendari cheese-cake da gustare con quel che vi pare (io vado sui beveroni di caffè americano o sul tè al lampone). Scrivere cartoline mentre il tizio in sottofondo strimpella Gerswhin è più rilassante di un massaggio. Si, io scrivo ancora cartoline. Il cambio della guardia al Castello di Hradcany ha una coreografia grottesca. Non dico che i soldatini facciano il passo dell’oca, ma la sensazione è che da un momento all’altro possa sbucare fuori Leni Riefenstahl imbracciando una telecamera. Tre paragrafi fa ho scritto una bugia in quattro lettere. Vediamo chi la scopre. Ho l’aereo alle 5pm, ma devo abbandonare il residence entro mezzodì: esco senza sapere dove andare, passo davanti alla guardiania e Bertolli mi saluta nell’unico modo che la sua proverbiale loquacità poteva consentire: appoggia le nocche al vetro, e attraverso quello ci diamo un bel “bump”. Yo, brother! La mini-vacanza si chiude in gloria, perché qualcuno lassù sa sempre come farmi emozionare. Mentre trascino pigramente il trolley sui sampietrini della Piazza dell’Orologio, col braccio chiamo il taxi, che mi vede, accosta, tira giù il finestrino… ed ecco che un’orchestrina rag-time a centro piazza attacca con una delle mie canzoni preferite, “When you’re smiling” (su Youtube ne trovate una fantastica versione che è poi la sigla finale de “La dea dell’amore” di Woody Allen). Se ascoltandola non vi viene da sorridere, è ufficiale: siete dei robot. Per fortuna il mio amico –perché lo è diventato all’istante- capisce, spegne il motore e me la lascia ascoltare fino in fondo. Salgo a bordo col sorriso ebete stampato in faccia, ma del resto… chi sono io per dar torto quel tale che un giorno ha detto: “La vita è uno specchio: se sorridi, lei ti sorride di rimando”? “When you're smilin' keep on smilin' / The whole world smiles with you And when you're laughin' oh when youre laughin' / The sun comes shinin’ through But when you’re cryin' you bring on the rain / So stop your sighin' be happy again Keep on smilin’ / Cause when you're smilin' The whole world smiles with you........."

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