DutyGorn exhibition IFD GALLERY

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Duty Gorn

mostra a cura di Gianluca Ranzi

La seduzione della vita tra i frammenti di un volto


DutyGorn è un giovane artista in continua tensione sperimentale che si esprime attraverso una sorta di metalinguaggio. Un messaggio pittorico ibrido, perché composto di più gesti, segnici ed espressivi, che si formano in origine grazie a sensazioni raccolte dalla strada. DutyGorn rielabora istinti e suggestioni strappate direttamente dalla quotidianità della Milano benpensante, dalle sue grottesche, accattivanti contraddizioni. Nel discorso più ampio dell'arte contemporanea, il suo fare sembra quasi seguire una sorta di rivisitazione diacronica dell'esperienza Pop. Infatti, DutyGorn parte dall'anonimato del ritratto iconico alla Warhol, fatto di sensuali figure femminili stilizzate in campiture larghe e dense di colore e, poi, fa incontrare il pittorico con la parola come nelle inserzioni scritte alla Jasper Johns, per invadere poi lo spazio della tela con rivisitazioni segniche odierne o sintesi simboliche di significato evocativo. In questa mostra a cura di Gianluca Ranzi ripercorreremo le varie fasi pittoriche dell’artista fino ad arrivare agli attuali polittici.

Ph: Marino Manfredi


La seduzione della vita tra i frammenti di un volto di Gianluca Ranzi La rappresentazione del volto è il punto di partenza del lavoro di Duty Gorn, che, dai primi ritratti fino alle ultime opere, mostra però una progressiva attenzione alla sua decostruzione fino alla messa in crisi del dogma della sua riconoscibilità. Estrapolate direttamente dalla realtà, ingigantite, essenzializzate, filtrate e poi ricostruite dal gioco dei pieni e dei vuoti della pittura, le immagini di questi lavori posseggono freddezza e rigore, invitano lo spettatore ad assumere una certa distanza, fisica ed emotiva, e attraverso uno sguardo ironico aprono uno spiraglio sui meccanismi di funzionamento della società dei consumi e la proiezione degli ideali collettivi sui nuovi miti dell’apparenza.

La figura, femminile per eccellenza, serve per segnare una soglia, il solco naturale che separa l’apparizione dell’arte da altre apparizioni. In questo scarto si misura anche la distanza tra l’opera d’arte e una certa fenomenologia pop delle immagini massmediatiche che, nonostante rientri nel codice genetico e nei riferimenti di Duty Gorn, appare qui lontanissima in forza della destrutturazione e del sezionamento a cui le figure sono sottoposte, come se venissero tagliate e ricomposte secondo un ordine diverso. Spesso d’altronde nella storia dell’arte, non solo contemporanea, l’artista al maschile ha usato la figura femminile come bersaglio di un ideale da distanziare, mettere tra parentesi, sezionare e raffreddare, basti pensare al taglio anatomico effettuato da Gustave Courbet al sesso femminile della sua “Origine du monde”, dipinta nel 1866 esclusivamente per l’occhio del turco Khalil Bay, rimasta privata fino al 1966 e poi acquistata e custodita da Jaques Lacan dietro

una tendina, pronta ad essere svelata come un vero e proprio coup de théatre. Lo stesso è avvenuto del resto nell’ambito della Pop Art americana con la serie dei Great American Nudes di Tom Wesselmann, parenti alla lontana dei volti di Duty Gorn, che proprio come le opere in mostra fondono l’arabesco lineare di Matisse a una struttura rigorosa che risale fino a Mondrian e che sono costruiti, o decostruiti, in quel modo statico e un po’ anonimo che dona loro energia e plasticità. Duty Gorn ci ricorda quanto sia audace l’atto di dipingere, quando non si tratta più di presentare una copia dal vero ma di rappresentare una sintesi del reale, di inventare una rappresentazione della vita che sia portatrice di una seduzione sezionata dal bisturi della pittura, come in Courbet, e di una ricostruzione sintetica dell’oggetto come avviene nei nudi di Wesselmann, e mai da confondere coi maquillage grafici da rivista patinata. In questo modo l’opera coagula dentro di sé la memoria culturale visiva di

modelli linguistici anche lontani nello spazio e nel tempo in un movimento di corso e ricorso fuori da ogni prospettiva lineare, come avviene infatti nella nuova installazione dove ogni faccia del cubo corrisponde a una differente “visione” della realtà, intercambiabile e sovrapponibile, mutante e fluida. Erede quindi di questo processo di distanziamento emotivo dal potere erotico femminile - si direbbe che più gli artisti ne sentano la vicinanza e l’influenza, più tentino di controllarlo e incanalarlo -, Duty Gorn utilizza un approccio meccanico di segmentazione dei piani della pittura e della loro ricomposizione in insiemi incoerenti dal punto di vista della rappresentazione realistica, ma coerenti rispetto a una ricostruzione in cui regna una calma rigorosa, un silenzio artificiale e voluto, un’atmosfera che richiama l’esercizio della scrittura ed è al contempo solenne e vibrante. Le forme e le loro sovrapposizioni, i giochi di linee e di sovradimensionamenti, i piani


pittorici incrociati ai partiti decorativi, se da una parte paradossalmente annientano l’aura della forma estetica, allo stesso tempo la sottolineano in maniera quasi sacrale. Per l’artista quindi la forma non nasce dalla manifestazione plastica dell’oggetto esposto, ma dalla modalità della sua presentazione, da questo allineare, smontare e ricostruire pittorico dei frammenti della rappresentazione. Lavorare sul frammento significa allora privilegiare le vibrazioni, psicologiche e cromatiche, della sensibilità a discapito di una tenuta monolitica dell’immagine. Tali vibrazioni sono necessariamente discontinue e portano l’artista verso un’opera fatta di molti accidenti linguistici fuori da ogni coerenza interna. I frammenti di linee e di volti, i tag verbali che entrano in corto circuito con l’immagine, l’ornamentazione e lo scalare dei piani, sono il sintomo di un’estasi della dissociazione e di un desiderio potente che, nonostante il controllo, appare in continua mutazione, in uno stato

di perenne ibridazione che nelle ultime opere si rende più complesso aprendosi in strutture a ventaglio che occupano la parete espandendosi a macchia d’olio alla conquista dello spazio psicologico del soggetto ritratto e dello spazio fisico dell’ambiente. L’ibridazione e la conquista sono anche dirette a far interagire immagine e testo, secondo una modalità per cui quest’ultimo contribuisce alla riuscita del progetto aumentandone la percentuale di ambiguità semantica, dal momento che la lettura dei tag risulta il più delle volte di difficile comprensione. Nelle opere decostruite di Duty Gorn, dove l’immagine del volto si scompone in piani emozionali, gli inserimenti di testo creano uno spazio ulteriore dove lo spettatore è subito invitato a considerare possibili sottotesti significativi che convivono con la seduzione dell’immagine. In questo caso l’artista è interessato ad inserire frammenti di scrittura che non possano essere facilmente compresi dallo spettatore e che sembrano assorbirsi

nel camouflage dei partiti decorativi che contornano l’immagine. Eppure l’inserimento di questi “cammei” che presentano segni in forma di scrittura porta in direzione dell’esibizione di una cripto-scrittura che è un modo di rappresentare il linguaggio secondo nuove regole associative, proprio nello stesso modo in cui sono trattate le immagini dei volti, che per ritornare ad avere senso devono rispondere ad altre regole che non quelle della verosimiglianza anatomica e richiedono pertanto l’intervento attivo dello spettatore che deve poterne fornire una sua lettura e una sua interpretazione. Ecco quindi come al posto di una relazione eminentemente lineare, gerarchica e bloccata tra il leggere e lo scrivere e tra il vedere e il leggere, Duty Gorn si cimenta con uno spazio transitivo in cui giocano liberamente immagini e testi e in cui la scrittura è intesa sia come fenomeno verbale che visivo. L’artista compie così la sua personalissima

incursione nel campo della scrittura, trasfigurandola in immagini e assorbendola nel fuoco incrociato di prospettive e di tagli, di campiture di colore che descrivono per contrasto (come nella costante compresenza di nero e bianco) zone perfette di luce e di ombra, che per una conflagrazione di punti di vista coinvolgono lo spettatore e richiedono la sua attenzione interpretativa. In definitiva le opere di Duty Gorn respirano e mutano come un volto in cui sta scritta la sua memoria genetica e su cui poggia la sua determinazione del futuro. I suoi volti, che sono fatti di colore, immagine, scrittura e seduzione, incarnano tutti gli aspetti metafisici e biologici della visione di un evento vivente, che l’arte sa preservare e trasmettere nella pienezza della sua vitalità.


The seduction of life in the fragments of a face. by Gianluca Ranzi Duty Gorn’s work, from the first portraits to the last assembled canvases, shows a growing interest on the deconstruction of faces altered beyond recognition. These images are taken from real, blown up and then filtered by the tricks of painting to reveal coolness and method; they ask for the viewer’s emotional and physical distance and show the mechanism of consumerism in terms of the desire for the new myths of appearances. The feminine figure helps to mark the natural threshold that divides the manifestation of art from other sort of epiphanies. This border also measures

the distance between the artwork and a vague sense of fascination for pop-culture generated images, that, although is undoubtedly present, is also kept at a distance by the aesthetic game of deconstruction and sectioning of the faces. Often in the history of art male artists have used female figures as a target to dissect and as a way to cool down the brutality of passion and sexuality. Gustave Courbet for instance painted his “Origine du monde” in 1866 for the private delight of the Turkish Khalil Bay, then the painting was kept in private hands until 1966 and then again acquired by Jacques Lacan who used to keep it behind a curtain and reveal it as a coup de théatre. The same happens with the series of the Great American Nudes by the Pop artist Tom Wesselmann, where, as well as in Duty Gorn’s work, the distance is guaranteed by the bi-dimensional linear arabesque

derived from Matisse and by a rigorous structure that recalls Mondrian’s segmentation and his way to infuse energy and plasticity in the work. Duty Gorn remembers us how powerful and fearless is the act of painting when the artist’s task shifts from representing reality to presenting it in a brand new synthesis operated by the scalpel of painting, as it happens with the dissection of Courbet or with the reconstruction operated by Wesselmann. In this way the artwork recollects the visual memory of distant references, as it goes in the new installation conceived for this exhibition, where each side of the cube corresponds to a different vision of reality, which is consequently interchangeable, mutant and fluid. Duty Gorn is the heir of this long process of emotional distance from the female erotic power that gets fragmented through a process of segmentation and

composition where silence and stillness are paired by the vibrant use of writing. The forms and their superimposition, the mixture of lines and the enlargements, the pictorial fields crossed by decoration, they all question and at the same time underline the presence of an aesthetic aura that is constantly present in every work. According to Duty Gorn’s pictorial forms are displayed following a process of fragmentation of the figure. Working with fragments means to grant wider space to the psychological and emotional vibrations of sensibility in spite of the evanescent unity of the image. These vibrations are necessarily discontinuous and show an idea of art made of different linguistic accidents without any inner coherence. The presence of both fragments of lines, faces and the verbal tags, create a short circuit where images and


decoration become the symptoms of a powerful desire of dissociation.

existence of a number of possible under-texts that coexist with images.

In spite of the attempt to control passion and desire, the artworks seem in a state of permanent mutation, a continuous hybridization that in the last composed canvases gets more complicate, opening as it happens in wider structures that literally spread on the wall to catch a psychological glimpse into the face portrayed and then dissected.

In so doing the artist is interested in presenting frames of written texts that may remain obscure to the viewer but perfectly melt in the camouflage of the images and the arabesque of lines, point and surfaces.

The hybridization and the conquest of space are also aimed at favoring the interaction of images and texts, where the latter seem ambiguous due to the actual complexity and the difficulty of reading the tags. In the deconstructed works by Duty Gorn, where images are decomposed in different emotional layers, the insertions of texts and tags create a further space where viewers are immediately invited to consider the

These written fragments show the presence of a hidden and brand new form of language, dissected in the same way as figures are, that requires the active participation of the viewer to decipher and interpret the general sense of the composition, always avoiding a strict separation between images and texts. Instead of a hierarchic and linear relationship between reading and writing or between watching and reading, Duty Gorn plays with a transitional space where images and texts are able to run free and where the act of writing has both a visual and a conceptual

component. In other words the artist uses language to interact with images and texts, always remembering how painting can help to create complex images where different perspectives and cuts, colors and lines, light and shadow, can mingle in one unity that requires the viewer’s active interpretation. Duty Gorn’s painted faces breathe and change following the evolution of organic forms, as if they had a genetic code that implies their changing in the future. For this reason these paintings, that are made of color, images, texts and seduction, behave like a biological and metaphysical entity that art allows us to catch in the very moment of their lively mutation.


Le opere


blue and sky Opera 148x102 cm acrilico e tempera 2013

Poplyptych blue Opera 80x80 cm Spray color e marker 2012


L. A. Opera 110x90 cm acrilico, tempera e marker 2013

broken thoughts Opera 160x80 cm acrilico e tempera 2013


The appearance of natural forms is changed while the reality remains constant. cit. Mondrian Trittico - prima parte / 150x100 cm acrilico, tempera e marker 2013

The appearance of natural forms is changed while the reality remains constant. cit. Mondrian Trittico - seconda parte / 150x100 cm acrilico, tempera e marker 2013


The appearance of natural forms is changed while the reality remains constant. cit. Mondrian Trittico - terza parte / 150x100 cm acrilico, tempera e marker 2013

extemporary Opera 60x70 cm acrilico e tempera 2012


L’ installazione


Duty poplyptych cube soggetti raffiguranti: Peggy Guggenheim, Piet Mondrian, El Lissitzky, AnaĂŻs Nin Struttura in legno girevole - 40x40 cm / base 50x50x100 acrilico, tempera 2013

Š DutyGorn | 2012


Special thanks: Alda Maria Pea Sergio Pea Gianluca Ranzi Ivano Collalti film preview: Carlo Crapanzano Alessio Salvato Fabio Giagnoni

Exhibits: Silvia Ranzi Silvia Ranzi Srl Corso Buenos Aires, 23 20124 Milano ranzi @silviaranzi.com Ph: +39 02 83420920 Info and location management: Silvia Ranzi Srl Corso Buenos Aires, 23 20124 Milano info@silviaranzi.com Ph: +39 02 83420920 Press: Barbara Cologni Silvia Ranzi Srl Corso Buenos Aires, 23 20124 Milano press@silviaranzi.com Ph: +39 02 83420920


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