Pubblicazione Trimestrale - Registrazione Tribunale di Treviso n.494 del 25/6/92 ANNO XLII - n.1 - marzo/aprile 2020 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 2 NE/PD - Iscr. Reg. stampa n°06125 del 17/12/97 - Tiratura e diffusione: 105.000 copie
Speciale
LA VITA E IL DONO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Numero 1 - marzo/aprile 2020 Periodico trimestrale di Informazione e Promozione di Avis - Associazione Volontari Italiani Sangue del Veneto e Abvs - Associazione Bellunese Volontari Sangue. visita il nostro sito: www.donoevita.it e la nostra pagina Facebook
Le AVIS PROVINCIALI VENETE e ABVS con AVIS REGIONALE VENETO unite per contribuire, in questo momento di emergenza, a sostenere le strutture sanitarie venete ed i nostri centri trasfusionali impegnati nella lotta contro il “virus”
Provinciale Belluno
Provinciale Treviso
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Provinciale Venezia
Provinciale Verona Provinciale Padova Provinciale Rovigo
INSIEME PER SOSTENERE LA BATTAGLIA CONTRO IL COVID-19 SOSTENIAMO LA RACCOLTA FONDI per acquisto materiale sanitario necessario ai centri trasfusionali delle strutture sanitarie venete
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causale: Donatori di sangue - raccolta fondi emergenza Covid19 per materiale sanitario
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#AVIS PROVINCIALI di #Padova#Rovigo#Treviso#Venezia#Verona#Vicenza #ABVS Belluno #AVIS REGIONALE VENETO 02
DONO&VITA
Pubblicazione Trimestrale - Registrazione Tribunale di Treviso n.494 del 25/6/92 ANNO XXXVIII - n.3 - settembre 2016 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 2 NE/PD - Iscr. Reg. stampa n°06125 del 17/12/97 - Tiratura e diffusione: 105.000 copie
EDITORIALE Speciale
LA VITA E IL DONO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS Numero 1 - marzo/aprile 2020 Periodico trimestrale di Informazione e Promozione di Avis - Associazione Volontari Italiani Sangue del Veneto e Abvs - Associazione Bellunese Volontari Sangue. visita il nostro sito: www.donoevita.it e la nostra pagina
Dono&Vita Anno XLII - n° 1 - marzo/aprile 2020 Periodico di informazione e promozione dell’Associazione Volontari Italiani Sangue e dell’Associazione Bellunese Volontari Sangue TIRATURA E DIFFUSIONE: 100.000 copie Distribuzione gratuita ai soci Avis-Abvs del Veneto e alle 3.400 sedi Avis comunali, provinciali, regionali in Italia.
EDIZIONE SPECIALE WEB IN EMERGENZA COVID-19 Editore - Segreteria - Amministrazione AVIS Regionale via Ospedale, 1 - 31100 Treviso tel. 0422 405088 - avis.veneto@avis.it REDAZIONE Via Ospedale, 1 - 31100 TREVISO - tel. 0422 252892 Cell. 335 6804120 e-mail: redazione.dono-vita@avis.it Presidente Avis Regionale Veneto Direttore Editoriale: Giorgio Brunello Direttore Responsabile: Beppe Castellano - b.castellano@avis.it Vice Direttore Esecutivo/Segreteria Redazione: Michela Rossato - m.rossato@avis.it Responsabile stampa associativa: Luigi Piva Redattori responsabili per le provinciali AVIS-ABVS BELLUNO: Barbara Iannotta, Giulia Frigimelica; PADOVA: Roberto Sartori; ROVIGO: Gianluca Munegato, Giovanni Chioldin; TREVISO: Paolo Dussin, Paolo Zanatta; VENEZIA: Giorgia Chiaro, Dario Piccolo, Manuela Fossa, Silvano Vello; VERONA: Mario Lappa, Nereo Marchi. VICENZA: Enrico Iseppi. Hanno collaborato a questo numero: Enrica Buccarella, Lucia Gottardello, Laura Simeoni, Francesco Pira, Andrea Volterrani, Beba Gabanelli, Emiliano Magistri, Michela Saviane, Tiziano Graziottin, Laura Cendron, Asmae Bibaouen, Massimiliano Ossini, Claudio Saltari, Giovanni Lenzo, Luigi Piva, Davide Del Negro, Vanda Pradal, Giovanni Vantin, Michela Maggiolo, Gino Foffano, Francesco Gondola, Andrea Boscolo Cappon, Giovanni Scarpa, Giorgia Stocco, Alessandro Stocco, Leonardo Castellano. Luigina Mazzocca per la copertina. Fotografie©: Archivio Beppe Castellano, Archivio Dono&Vita, Barbara Iannotta, Michela Rossato, Graziano Piovesan. Idea Grafica: Elena Fattorellii - Verona Impaginazione, ottimizzazione immagini: Art&Media-Castelfranco Veneto (TV) Stampa: Elcograf - Verona Diffusione Editoriale: Prontopack - Zevio (VR) Chiuso in redazione il 12 aprile 2020. Il prossimo numero uscirà a giugno 2020. Lettere e interventi vanno inviati, firmati, a: REDAZIONE DONO&VITA, Via Ospedale, 1 31100 TREVISO - mail: redazione.dono-vita@avis.it
È un momento storico per riscoprire l’etica / Giorgio Brunello / presidente Avis regionale
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iamo in un momento storico eccezionale, il Coronavirus sta passando con incredibili danni per tutti, tantissime persone vengono a mancare negli ospedali e nelle residenze per anziani e nessuno riesce a fare previsioni di quale sarà l’impatto per l’economia. Sicuramente verranno persi molti posti di lavoro. Henry Kissinger, segretario di stato Usa e Nobel per la pace, in un editoriale nel Wall Street Journal, dice che “vede un paese (Usa) diviso: un paese cui manca la solidarietà sociale, la fiducia tra cittadini e verso i governanti e ciò impedisce che lo sforzo collettivo muova in una stessa direzione. Sebbene la maggioranza dei paesi stiano affrontando l’emergenza a livello nazionale, è d’estrema importanza che le risposte di lungo periodo vengano coordinate a livello globale, poiché è dal commercio internazionale e dal movimento delle persone che vengono garantiti il benessere economico e la pace”. Il mondo cambierà per sempre a causa della pandemia e stiamo tutti costruendo la storia. Proviamo a pianificare la nuova epoca. L’Italia, l’Europa, il mondo intero e anche il nostro mondo della donazione di sangue ne sono profondamente coinvolti. Nella tragedia ci sono segnali positivi: l’ambiente è più pulito, le relazioni umane si rinforzano, vengono messi al centro i valori e, soprattutto, assistiamo a un incredibile sforzo del personale sanitario che ha finora dato oltre 100 vite per la cura degli ammalati Covid, e del volontariato che sta coprendo larga parte degli aiuti alle persone fragili. Anche i cittadini e i donatori di sangue stanno facendo la loro parte. A febbraio eravamo in profondo rosso nella raccolta (-25%) e nei primi giorni di marzo era calata a picco. A seguito degli appelli, c’è stata una risposta generosa ed entusiastica, che ci ha portato tante richieste di donare e di diventare donatori. Contemporaneamente sono diminuiti drasticamente gli interventi sanitari, e come conseguenza abbiamo allungato le agende di prenotazione, invitato se possibile a donare plasma e risposto ai nuovi potenziali donatori facendo tutte le idoneità possibili. Attenzione, però, a non abbassare la guardia perché gli interventi stanno riprendendo e il fabbisogno aumenterà; speriamo non in modo repentino. Come sempre, rispondiamo alla programmazione che i Dipartimenti provinciali fanno, alle richieste del sangue e plasma necessario agli am-
Gli articoli delle AVIS Comunali DEVONO passare attraverso i redattori di ogni PROVINCIALE.
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malati. Come vedrete dall’articolo del dott. Lenzo, il 2019 si è chiuso in lieve calo per la raccolta di sangue interno e con un più rilevante calo per la raccolta del plasma: cerchiamo tutti di invertire il trend negativo. Sulla questione plasma si è aperto un ampio dibattito. Sulle ricerche in corso per l’uso clinico per curare gli ammalati di Covid19 e sulla produzione di plasmaderivati. Sulle ricerche in corso, a Padova come in altre parti d’Italia, vi sono nell’inchiesta del nostro direttore responsabile Beppe Castellano molti spunti di riflessione. A noi spetta collaborare e sostenere la ricerca, tutti i donatori sono pronti a fare la loro parte. Attendiamo solo indicazioni sugli sviluppi. Nel dicembre 2017, in uno speciale sul plasma di “Dono e Vita” scrivevamo: “Solo chi avrà sufficiente disponibilità di “oro giallo” (plasma) nel prossimo decennio, sarà al sicuro dai “ricatti” del mercato internazionale, dalle sue oscillazioni di prezzo e da eventuali penurie di prodotti. Con ricadute, non solo economiche, che potrebbero essere tragiche per i propri cittadini. Solo gli Stati che avranno conservato la “proprietà” e il controllo di materia prima e prodotti derivati potranno assicurare a tutti i propri cittadini – e non solo, come vedremo – il diritto inalienabile alla Salute”. Non si poteva prevedere il Coronavirus di oggi, ma si evidenziavano alcuni rischi: gli USA raccolgono il plasma e producono farmaci plasmaderivati che per il 75% vengono utilizzati dal resto del mondo. Venendo a oggi, ci preoccupa che le politiche di quel Paese, in una sicura diminuzione delle disponibilità di plasma a seguito del Covid19, possano ridurre l’invio di farmaci “salvavita” agli ammalati del resto del mondo. Eventuali Immunoglobuline iperimmuni contro il Covid-19 comprese. In Italia, però, si è stati preveggenti e il Conto lavoro (plasma dei donatori che viene lavorato dalle industrie che ritornano i farmaci per le necessità dei cittadini veneti), nato in Veneto ed ora diffuso in tutta Italia, consente di utilizzare il plasma per ottenere farmaci per gli ammalati, riducendo così la dipendenza dall’estero. Con il nostro
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accordo interregionale Naip, siamo vicini all’autosufficienza per molti prodotti, mentre per altri si ricorre alla compensazione con gli altri accordi. Ma non basta ancora, dobbiamo aumentare la raccolta di plasma per correre meno rischi possibili e per aiutare la ricerca. Nella gestione dell’emergenza Coronavirus, va evidenziato il grande sforzo nel coordinamento della comunicazione tra Ministero, Avis nazionale, regionali e provinciali. Com’è noto infatti, di fronte alla pandemia, importantissimi sono i servizi sanitari, ma lo è anche la comunicazione che sostiene i servizi e riduce il rischio di diffusione del virus. Anche noi facciamo la nostra parte, la Provinciale di Rovigo ha coinvolto tutte le altre provinciali, Abvs e Avis regionale a sviluppare una raccolta fondi per i servizi sanitari e, nel caso, anche per i Centri trasfusionali. Invitiamo tutti a promuoverla presso soci, amici, simpatizzanti e cittadini; alla fine decideremo, in accordo con la Regione, dove destinarli e ne daremo ampia diffusione. Un ultimo punto riguarda il rinvio delle assemblee a fine ottobre. Ci spiace perché erano importanti momenti di confronto e di vita associativa, ma possiamo anche continuare a lavorare a distanza; gli strumenti di comunicazione ci consentono di farlo. Possiamo organizzare direttivi, esecutivi, riunioni senza muoverci da casa. Restiamo uniti così, non allentiamo quel forte legame che ci unisce, le relazioni si rinforzano anche se non si è in presenza e quando sarà possibile, torneremo a stringerci la mano e ad abbracciarci. Ora, purtroppo, non è possibile e “restiamo tutti a casa”. Un abbraccio a tutti coloro che piangono un proprio caro che non c’è più; ai dirigenti che continuano a organizzare i servizi necessari per la donazione; al personale sanitario e staff della nostra raccolta associativa e dei Centri trasfusionali; ai donatori che non cessano di offrire il proprio generoso dono per gli ammalati; a tutto il personale sanitario e non, che presta la propria generosa opera negli ospedali e nelle Rsa. Un immenso GRAZIE a tutti dalle nostre Avis del Veneto.
PAGINA DEL DIRETTORE
Anziché parlar di vestiti “nuovi”... / Beppe Castellano /
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della Giornata Mondiale del donatore di Sangue, che quest’anno doveva essere celebrata in Italia e di tutte le belle iniziative che erano già programmate ovunque. Anziché parlarvi delle vostre assemblee Avis comunali, provinciali e regionali (le prime svolte in parte, le seconde e le terze rimandate sine die). Anziché parlarvi del nostro “vestito nuovo” per il 40° compleanno, dellla nuova grafica del vostro Dono&Vita. Anziché arrivare nelle vostre case con la vostra rivista di carta, come da 25 anni a questa parte... eccoci qui, purtroppo solo sul web. Le Poste non consegnavano. Qui a scriver di quel di cui tutti parlano. Con un’ottica diversa, però. Molto avisina e, proprio per questo, “positiva”. Un termine, lo so, che ultimamente suona male. Un termine che ai tempi del Covid-19 non rasserena, ma mette paura. Ma se ci negativizziamo alla... vita, come saremmo tentati di fare, se ci lasciamo andare... difficilmente ne usciremo. Ecco perché anche noi, come molti altri colleghi in altre redazioni stanno facendo, non vi parleremo di “morti e infettati”, a quello ci pensa ogni giorno la TV.
Noi vi parliamo di “storie”, belle, di quelle che restano come punti fermi. Non di “eroi”, come pur consideriamo medici, sanitari, infermiere e infermieri che - come alpini con le scarpe di cartone sul Don nell’ultima guerra - continuano a fare il proprio lavoro, la propria missione, di medici che hanno giurato ad Ippocrate. Vi parleremo di chi è “entrato nel tunnel” e ne è uscito o dei bimbi che, pur senza scuola, con le loro maestre “creano” il futuro immaginandolo. E racconteremo anche di chi “racconta”: i fatti, le storie. E fa da argine ad altro tipo di virus, quello del box qua sotto. Con in più anche qualche modesto strumento per difendervi, dalle “mandrie di bufale”. O come difendervi dai pensieri negativi (li abbiamo tutti) grazie al “pensiero”. Raccontiamo di come, in tutta Italia, chi si impegna a “informare” e comunicare i valori di questo volontariato ha fatto “squadra”. Ma SOPRATTUTTO - e non è una “bufala” - la più bella notizia è che forse saranno proprio i DONATORI volontari e periodici, cioé VOI, a salvare l’Italia dal Coronavirus. Come? Semplicemente facendo ciò che già fate: DONARE.
Un numero “strano”. Non su carta, ma solo sul web. Con la cronaca di “prima” e quella del “durante” la Tempesta Covid-19. Ovviamente le foto di gruppo che vedrete risalgono a PRIMA dell’emergenza e dei decreti governativi. Buona lettura, abbiamo cercato di dare il massimo, come voi...
E attenti alle bufale, vere “assassine” In quest’epoca già veloce di suo, accellerata a livello supersonico dall’emergenza Coronavirus, le notizie si accavallano in modo frenetico, incessante. E chi ci “guadagna”, in particolare sui social, non è chi racconta la verità, bensì chi scrive e diffonde prima degli altri. È più importante che la notizia, o presunta tale, arrivi prima o che sia accuratamente verificata? L’impazienza, il poco tempo sempre meno disponibile ANCHE dei giornalisti di mestiere, la voglia del “buco” alla concorrenza, inducono all’insufficiente verifica delle fonti, inducono all’errore e diventano vettori di seri pericoli. Nell’emergenza Coronavirus ancora in atto ciò inizialmente è accaduto, un po’ in tutte le redazioni. Rinforzando così il refrain che “la colpa è sempre dei giornalisti”. Quelli seri, però, di fronte alla tragedia di molti italiani - fra questi anche professionisti dell’informazione ammalatisi sul campo hanno riscoperto la base della professione: la verifica e l’approfondimento delle fonti fra la “tempesta” di informazioni sul COVID-19 e per arginare “tornadi” a sciami di fake news. Altrimenti definibili come bufale o... Balle. Le quali, create ad arte o anche solo per scherzo e puntando alla “pancia” di un popolo spaesato e spaventato, diventano più virulente di ogni, pur pericolosa, epidemia. Anche di questo trattiamo nell’ampio servizio-inchiesta di copertina. Con consigli e un piccolo vademecum su come difendersi verificando singolarmente le notizie. Raccontiamo anche di come l’Avis, tutta e dappertutto, si è mossa per fare bene il suo “lavoro”. Anche sul fronte rovente della comunicazione, dell’informazione e della lotta alla disinformazione imperante, con notti insonni di molti.
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SPECIALE COVID-19 - L’ARMA DEL PLASMA
È nel plasma la vera speranza di sconfiggere il Coronavirus? Inchiesta di / Beppe Castellano /
Un protocollo clinico per il plasma iperimmune da “guariti” messo a punto fra Pavia e Padova si sta sperimentando sui malati gravi di Coronavirus. Viaggio nell’Italia trasfusionale che resiste puntando sui donatori volontari.
Giovanni Roveroni direttore CRAT Veneto e, in basso nella pagina, Pierluigi Berti, presidente SIMTI
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l plasma prelevato - previo consenso - dai “dimessi”(i guariti dalla fase acuta dell’infezione da COVID-19), e poi infuso nei pazienti ancora in terapia intensiva e in pericolo di vita rafforza e potenzia il loro sistema immunitario. Permetterebbe così di avere il tempo di sviluppare nell’organismo “attaccato” dal virus i propri anticorpi. La cosa è decisamente affascinante. Conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, quale ricchezza - oltre a quella immensa di valori etici può contenere il plasma donato. Mentre chiudevamo questo travagliato numero erano i giorni in cui “scoppiava” su tutti i mass media la notizia del “plasma miracoloso che guarisce”. Partiamo quindi da qui, da “cose nostre”, a raccontare le storie che parlino sì di Coronavirus, ma focalizzandoci su speranze, positività e punti fermi che questi mesi, pur durissimi per tutti noi, ci hanno raccontato. Ancora in fase embrionale a metà marzo, il progetto multicentrico partito da Pavia (nella cui Università di medicina prese avvio l’Immunoematologia italiana negli anni 60/70) e da Padova, in pochissimo tempo ha fatto passi da gigante. Nel giro di un mese, infatti, si è già alla sperimentazione clinica. Questo anche se - come tutti gli scienziati e i professionisti che si rispettino - i medici coinvolti sono molto cauti, visto che lo stesso comportamento del virus è ancora misconosciuto.
Quindi, calma e gesso, però... Intanto partiamo a chiedere lumi al dottor Giovanni Roveroni, direttore del Crat (Centro regionale attività trasfusionali) del Veneto. Dottor Roveroni, Padova e Pavia vanno a braccetto su questo progetto ambizioso? All’Azienda ospedaliera di Padova, sono stati completati i protocolli e sottoposti al Comitato Etico a tempo di record. Ovviamente, non conoscendo bene natura del virus né come si
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comportano i suoi anticorpi (se restano permanenti o calano nel tempo) all’inizio si procederà applicando i protocolli di aferesi solo da pazienti non asintomatici. Dobbiamo ricordare sempre che sono procedimenti sperimentali, non ancora validati. Quindi pensare a donatori periodici che siano entrati in contatto col virus e siano asintomatici, avendo sviluppato gli anticorpi è prematuro? Per quanto riguarda i donatori periodici è certamente possibile che fra gli ammalati, guariti, di Covid-19 ve ne siano. Sarebbero dell’età giusta e già a conoscenza di come funziona il prelievo di plasma e tutto il sistema della donazione. Sarebbero i candidati ideali. Ma dobbiamo imparare prima a conoscere virus, se e come cambia e se e come cambiano gli antigeni. Con questo studio dettato dall’emergenza, in corso “a rete” fra i vari Centri Covid-19 e Centri trasfusionali, l’importante è ottenere dati omogenei per avere un’arma in più che contribuisca a salvare le persone in fase critica. In prospettiva potrà servire anche per produrre Immunoglobuline plasmaderivate specifiche per il Covid-19? In questo momento possiamo immaginare e sperare tutto e il contrario di tutto, visto che, appunto, non conosciamo bene il suo comportamento (del virus Conad-19, ndr), ma è un percorso certamente da tentare nell’ambito degli accordi c/lavorazione.
Position Paper SIMTI-SIdEM È del 27 marzo la pubblicazione delle due società scientifiche (Società Italiana Medicina Trasfusionale e Immunoematologia e Società Italiana di Emaferesi e Manipolazione Cellulare), rappresentate da Patrizia Accorsi (Pescara), Pierluigi Berti (Aosta, presidente SIMTI), Vincenzo De Angelis (Udine), Giustina De Silvestro (Padova), Luca Mascaretti (Milano),
Angelo Ostuni (Bari). Numerosi clinici, in Italia, invitavano i Centri trasfusionali a farsi carico anche loro di far fronte all’emergenza Covid-19 grazie allo studio di plasma iperimmune. Le due Società scientifiche hanno fissato quindi i “paletti” per quanto riguarda i donatori e le procedure. Una particolare preoccupazione, espressa da Simti e SIdEM , è rivolta alla eventuale carenza di plasma per altri trattamenti terapeutici di routine, se le sperimentazioni in partenza avranno (come sperano tutti) esito favorevole. In contemporanea sia Pavia, sia Padova approntavano un protocollo comune, poi divenuto subito patrimonio del Paese, sottoponendolo ai Comitatio etici dei rispettivi policlinici universitari, all’Istituto superiore di Sanità e al Centro nazionale sangue. Non solo il Settore trasfusionale pubblico si è mosso celermente, ma - come vediamo a pagina 8 - anche le multinazionali della plasmaderivazione. Un segnale significativo, visto che si tratta di aziende profit, che può rappresentare un “affare” di mercato veramente “mondiale”.
Il protocollo in Veneto Alla direttrice del Dimt di Padova, dottoressa Giustina De Silvestro, abbiamo chiesto di spiegarci l’iter che stanno seguendo i Centri trasfusionali e se davvero ci sono speranze. Il plasma di già guariti, può salvare vite? Il plasma di pazienti già guariti recentemente da Covid-19, con un alto titolo di anticorpi, può certamente aiutare l’organismo degli ammalati in fase acuta, dando loro tempo di sviluppare i propri anticorpi. In pratica permette al sistema immunitario di “respirare” e organizzarsi. È una strada già percorsa dai colleghi cinesi, alcuni dei quali sono venuti a Padova e a Pavia - visto che i due Centri sono partiti insieme - e stanno per pubblicare un lavoro scientifico in cui si evince come, con questo metodo, si è riusciti a salvare più di 300 persone. Quindi siete già pronti per agire in questo senso? Come si svolge la terapia? Dopo Pasqua inizieremo a trasfondere le prime sacche di plasma iperimmune, secondo il protocollo regionale comune con i Dimt di Treviso, Venezia, Verona e Vicenza. Saranno inizialmente 50 i pazienti selezionati a Padova secondo i criteri fissati dai Clinici che li hanno in cura nei centri Covid-19. La terapia è indicata sui casi più gravi con respirazione compromessa o in procinto di esserlo. La terapia prevede fino a tre trasfusioni di 250-300 ml di plasma.
A ogni malato servono 2-3 donatori? In pratica sì, ma c’è già una adesione molto forte, in particolare da parte degli operatori sanitari usciti dalla quarantena. Bellissimo segno. Su 4milioni 900mila residenti veneti, almeno 160mila sono donatori periodici, il 3% degli infettati-guariti certificati sarebbero persone già disposte a donare plasma... Esattamente, dopo aver verificato clinicamente che siamo sulla strada giusta la preziosità dei donatori periodici starà proprio in questo. Abbiamo già allertato le Associazioni che siano pronte in questo senso.
La dott.ssa Giustina De Silvestro, direttrice del Dipartimento trasfusionale interaziendale di Padova.
Il resto d’Italia... In Lombardia, intanto, nella “zona rossa” dove è scoppiato il primo focolaio di Covid-19 (provincia di Lodi) già 2.500 donatori Avis, dal 15 aprile verranno sottoposti agli esami per evidenziare la presenza di anticorpi. Ciò si svolgerà nei Centri raccolta Avis, con Avis Lombardia in prima fila che, se ci saranno effetti positivi, conta di estenderla a tutti gli oltre 270mila donatori Avis lombardi. Una ricerca definita dalla Regione Lombardia come “strada maestra per uscire dall’emergenza Covid-19”.Anche in Toscana - pochi giorni prima - le varie Associazioni del sangue, insieme, hanno chiesto ufficialmente al governatore Rossi di applicare lo screening per trovare gli anticorpi su tutti i donatori toscani. Della vigilia di Pasqua era invece la notizia che altre Regioni, fra cui Abruzzo e Liguria, si muovono in questo senso. “La nostra Associazione - ha affermato il presidente nazionale Avis Briola - è lieta di contribuire alla realizzazione di questi progetti di ricerca, con il proprio sostegno organizzativo e valoriale alla raccolta di plasma, sensibilizzando la disponibilità sempre generosa dei singoli donatori allo sviluppo dei farmaci plasmaderivati specifici. In questo senso bisogna difendere il modello italiano del c/lavorazione”. In prospettiva è strategico che l’Italia debba essere autosufficiente anche per le immunoglobuline specifiche del Covid-19. Se è la strada giusta, chi raccoglierà e possiederà la materia prima plasma si terrà sia questa, sia i suoi derivati. Il 70% della raccolta di plasma dell’intero pianeta è in mano alle società “profit” di plasmaferesi, con centri di raccolta in particolare statunitensi. Altri in Ungheria, Germania, Austria. Repubblica Ceca. Se con le mascherine c’è stato accaparramento dagli Stati, che succederebbe con farmaci davvero “salvavita”?
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SPECIALE COVID-19 - L’ARMA PLASMA
Scattata la “corsa” delle multinazionali per le Immunoglobuline anti Covid-19
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Si preannuncia una vera e propria “gara” fra le aziende farmaceutiche a chi arriverà per prima a produrre farmaci plasmaderivati utili per combattere il Covid-19. E l’Italia, grazie al suo sistema “etico” basato sui donatori volontari e non remunerati, probabilmente si “salverà” da sola.
medici giustamente dicono di andare con i piedi di piombo nell’annunciare cure miracolose. Ma che il plasma di donatori già contagiati da Covid-19 e guariti possa dare un grande aiuto nel far uscire da condizioni critiche gli ammalati in fase acuta è quasi una certezza. La cartina di tornasole è il fatto che le grandi multinazionali di farmaci plasmaderivati si stiano “mettendo insieme” per la ricerca e per produrre quanto prima le immunoglobuline iperimmuni che dal plasma si ottengono. Vediamo la scansione degli avvenimenti. Il 25 marzo la Grifols spagnola (una delle prime 5 aziende di plasmaderivazione al mondo) annuncia di aver stretto un accordo con il Governo degli Stati Uniti per produrre in Carolina del Nord le immunoglobuline iperimmuni contro il COVID-19. Neanche una decina di giorni (6 aprile) e viene annunciato un poderoso “cartello” fra sei multinazionali “Leader mondiali di plasmaderivati... per accellerare lo sviluppo di una terapia iperimmune contro la COVID-19”. All’allenza fra la tedesca CSL Behring e la nipponica Takeda, due veri colossi del settore con punti di plasmaferesi (con datori a pagamento) in tutto il mondo si sono unite la BPL (Gran Bretagna) con centri prelievo in particolare negli USA; la Biotest (Germania) con cen-
tri prelievi concentrati in Ungheria, Austria e Repubblica Ceca dove è legale la donazione remunerata; la LFB (Francia) e la Octapharma (Svizzera) con oltre 140 punti di prelievo plasma in USA e resto del mondo. Nel comunicato si legge come ciò “...richiederà la donazione di plasma da parte di molte persone guarite da COVID-19... le persone interessate possono visitare questo link per trovare il centro raccolta plasma più vicino...”. S’apre il link e si trovanotutti i centri a pagamento nelle succitate nazioni. Stesso giorno: anche l’italiana, e solitaria, Kedrion Biopharma si lancia nella tenzone annunciando che ha già pronti, in Italia, gli impianti per produrre le Immunoglobuline specifiche in “3-6 mesi”. Punta però sul c/lavorazione con cui i prodotti plasmaderivati ricavati da plasma di donatori volontari e non remunerati italiani restano di proprietà pubblica. Logica “terra terra” ci dice che se potenti aziende “profit” investono (con le azioni che salgono in borsa) gli affari sono certi. Ma l’Italia, che testardamente ha voluto mantenere (grazie soprattutto alle associazioni di volontariato) “un’autarchia etica del plasma”, probabilmente non sarà “strozzata” dal mercato. Dell’importanza “strategica” del plasma parlammo in una inchiesta nel numero di dicembre 2017 di cui potete trovare un estratto qui: https://www.donoevita.it/2018/03/05/ plasma-sempre-piu-risorsa-strategica-mondiale-acqua-energia-metalli-rari-la-sfida-etica-del-sistema-italia/. Fummo profeti? No, analizziamo semplicemente i fatti... in divenire.
In arrivo caldo e zanzare, queste ultime non portano il Covid-19!
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nizia finalmente la stagione calda e riceviamo numerose domande sula possibilità che il Corona virus possa essere trasmesso dalle zanzare. La domanda in questo momento è sicuramente legittima chiariamo subito, senza lasciare dubbi di sorta, che ad oggi possiamo affermare con certezza che non ci sono evidenze scientifiche che ciò possa avvenire pertanto che le zanzare di qualunque specie siano possano considerarsi vettori nella trasmissione del
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virus. Il Coronavirus è un virus respiratorio che si diffonde principalmente attraverso goccioline generate da una persona infetta che tossisce o starnutisce, attraverso goccioline di saliva o secrezioni del naso. Per proteggersi dal COVID-19 è invece necessario evitare il contatto con persone infette o a rischio e oggetti che possono essere stati i contaminati, dato che è appurato che il virus resiste anche su alcune superfici per un certo lasso di tempo. Giovanni Lenzo
SPECIALE COVID-19 - I DONATORI
Grazie, donatori, ci siete sempre / Michela Rossato /
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sono stati, finora, mesi davveri infuocati, anche per il Sistema trasfusionale nazionale e per le associazioni come l’Avis. A tutti i livelli. Vale la pena fare una piccola cronistoria, data per data, per ricordare alcuni punti fermi. 30 gennaio 2020 CNS (Centro nazionale sangue) emana una circolare per rafforzare le misure di sicurezza sui donatori che provengono o hanno soggiornato in Cina; 20 febbraio CNS Disposizioni di sicurezza; 22 febbraio prime disposizioni dal Crat alle strutture trasfusionali e associazioni donatori; Ordinanza del Ministero della Salute in intesa con la Regione Veneto e indicazioni per i Comuni del Veneto; 22 febbraio Vademecum Avis sui comportamenti corretti di prevenzione 23 febbraio Attivo numero verde della Regione Veneto. Intervento del presidente di Avis nazionale Briola, posssiamo donare; 23 febbraio ordinanza contingente e urgente n. 1 del Ministero della Salute di intesa della Regione Veneto; 24 febbraio Sospese attività associative Avis, non le donazioni; 25 febbraio CNS circolare per rafforzare misure di sicurezza (sospensione 28 giorni); 28 febbraio Appello Avis nazionale a donare 1 marzo Decreto presidente Consiglio; 2 marzo CNS aggiorna misure di prevenzione;
4 marzo Decreto presidente del Consiglio; 6 marzo Algoritmo per chiamata dei donatori CNS e CIVIS; 8 marzo Decreto presidente Consiglio “chiude Italia!” - CNS nuove disposizioni; 9 marzo Decreto presidente Consiglioin G.U; 10 marzo Ministero della Salute su donazioni CNS nuove sospensioni spostamenti consentiti ai donatori, 11 marzo Decreto presidente Consiglio; 12 marzo Protezione Civile lancia appello a donare, le scorte stanno finendo; 13 marzo Avis nazionale lancia campagna #Escosoloperdonare; 16 marzo Avis ringrazia per straordinaria risposta, invita a programmare donazione prenotata; 17 marzo Circolare Dip. Pubblica sicurezza; 20 marzo CIVIS ringrazia per straordinaria risposta donatori; 22 marzo Decreto presidente Consiglio. Lettera di CIVIS per ringraziare i donatori; 24 marzo Nota Ministero della Salute su donazione: “Donatori operatori sanitari”; 26 marzo CNS: scorte sotto controllo 27 marzo Avis risponde sul sito alle domande dei donatori 2 aprile sospesa Giornata mondiale del donatore in Italia (si terrà nel 2021); si rinnovano inviti a donare PRENOTANDO, in particolare anche le nuove idoneità e si riattiva la campagna “Dona plasma”.
Mesi di incertezze, di dubbi, di avanzate e ritirate, ma mai di sconfitte perché quando i donatori, gli italiani, sono chiamati ad aiutare il prossimo ci sono. SEMPRE. Ora è il momento di donare ancora più uniti e... Organizzati. Importantissimo è ora PRENOTARE la propria donazione periodica o la “prima volta” dei tanti che si sono messi a disposizione.
Raccolta fondi delle sette Avis provinciali e Regionale
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e Avis provinciali del Veneto e Abvs, assieme ad Avis regionale, hanno deciso di sostenere con una raccolta fondi le strutture sanitarie in questo difficile momento di emergenza Covid-19 (vedi seconda pagina di copertina). L’idea è partita da Rovigo e la realizzazione della locandina è un risultato a più mani... di volontari “grafici” di Rovigo che non hanno voluto essere citati. I contenuti sono stati poi condivisi e approvati dagli altri presidenti provinciali. L’idea è stata sviluppata anche per dare voce ai molti donatori e alle Avis comunali che hanno espresso il desiderio di dare una mano agli ospedali veneti.
La raccolta servirà a garantire per i servizi sanitari tanto sotto pressione in questo momento, l’acquisto di materiale e/o attrezzature necessari per l’emergenza e il rinforzo delle attività; tra le strutture ci sono anche i Centri trasfusionali che giornalmente accolgono i donatori, sostengono i pazienti in cura che hanno bisogno di trasfusioni e intervengono nelle emergenze. I fondi raccolti saranno poi dettagliatamente rendicontati e distribuiti alle strutture sanitarie del Veneto. Informazioni contattando le Avis provinciali e/o Avis regionale Veneto (0422 405088).
Le AVIS PROVINCIALI VENETE e ABVS con AVIS REGIONALE VENETO unite per contribuire, in questo momento di emergenza, a sostenere le strutture sanitarie venete ed i nostri centri trasfusionali impegnati nella lotta contro il “virus”
Provinciale Belluno
Provinciale Treviso
Provinciale Vicenza
Provinciale Venezia
Provinciale Verona Provinciale Padova Provinciale Rovigo
INSIEME PER SOSTENERE LA BATTAGLIA CONTRO IL COVID-19 SOSTENIAMO LA RACCOLTA FONDI per acquisto materiale sanitario necessario ai centri trasfusionali delle strutture sanitarie venete
IBAN: IT 21 P010 3012 0810 0006 1165 563 beneficiario: AVIS
causale: Donatori di sangue - raccolta fondi emergenza Covid19 per materiale sanitario
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#AVIS PROVINCIALI di #Padova#Rovigo#Treviso#Venezia#Verona#Vicenza #ABVS Belluno #AVIS REGIONALE VENETO
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SPECIALE COVID-19 - I MEDICI
Nelle trincee della Sanità italiana I nostri medici contro il Covid-19 interviste di / Beppe Castellano /
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n infettato su 10 di Covid-19 in Italia è un operatore sanitario: medici, infermieri, Oss, addetti negli ospedali e nella sanità sul territorio e nelle Rsu. Le Case di riposo, i focolai più “dimenticati” in una prima fase della crisi, ma che sono diventate attualità a fine marzo. Sono più di 14mila i sanitari che si sono infettati di Covid-19, cento medici sono “caduti sul campo”. Non si hanno ancora dati certi fra gli infermieri. Fra i primissimi caduti i medici di famiglia, primo baluardo face-to-face dall’inizio della crisi e lasciati allo sbando. A volte costretti a rifornirsi da soli dei presidi di protezione da quando è “scoppiata la bomba”. I medici e il personale degli ospedali, poi, in particolare nei settori di Emergenza e terapie intensive sono quelli che hanno subito l’urto (anche virale) di una massa di malati e infettati senza precedenti nella storia. Sono i “nostri eroi”, certo, ma non si ritengono tali. Siamo andati ad ascoltarli su ambedue i fronti, i “nostri” medici. Partendo dal presidente nazionale Avis Giampietro Briola (primario di Pronto soccorso in zona “rossissima”) alla testimonianza diretta di un medico di famiglia: Alberto Argentoni, past president nazionale. Li abbiamo “in casa” i nostri medici... Presidente Briola, sei primario di pronto soccorso di una zona sulla “linea di fuoco” fin dall’inizio… A Manerbio, fin dal primo giorno (20/21 febbraio) abbiamo avuto le prime avvisaglie che stava succedendo qualcosa di grave. Avete avuto il primo impatto dell’ondata che poi ha travolto Brescia, la Lombardia e mezza Italia. La bassa bresciana con Orzinuovi, confinante con il lodigiano da dove è partito il primo violento focolaio, è stata inondata dal virus in modo
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forse inaspettato ed è stata una delle zone più colpite. Esatto. Sì, siamo stati i primi a risentirne, perché siamo sul confine con Lodi e Cremona. Molta gente va a lavorare di là e viceversa, quindi l’epidemia si è sparsa in pochissimo tempo. All’inizio eravamo spaesati perché nessuno poteva immaginare e rendersi conto di quello che ci aspettava. I primi casi li abbiamo affrontati in modo attento e determinato, nello stesso modo in cui affronti tutti i pazienti in urgenza secondo i protocolli standard. Nel giro di uno-due giorni è arrivata l’onda improvvisa e incontenibile, come uno tsunami. Abbiamo quindi dovuto modificare tutte le procedure, altrimenti sarebbe stato impossibile gestire questa marea di pazienti con la stessa patologia in maniera adeguata. Questo ha rotto tutti i normali equilibri, costringendoci a prendere decisioni in fretta per poter operare adeguatamente nel limite... dell’impossibile. Questo abbiamo cercato di fare, l’impossibile, per poterli gestire tutti con scelte mirate in base a età, patologie esistenti, gravità, in ogni caso non potevano esserci gli standard abituali. Una situazione drammatica… Ci siamo trovati di fronte a pazienti che abbiamo perduto da un’ora all’altra, all’improvviso, senza poter approfondire altre patologie pregresse che potevano aggravare la situazione. Anche perché la maggior parte erano e sono persone anziane in cui le patologie si sommano. Un dramma gestirli, perché molte volte arrivavano da soli, con i familiari anch’essi positivi e non in grado di darci informazioni precise. In terapia intensiva c’erano pochi posti, suppongo. Per una provincia, come quella di Brescia, che pur essendo ben attrezzata, è la più colpita con Bergamo. In questo momento (inizi aprile, ndr) abbiamo 12 ricoverati in terapia intensiva nel nostro ospedale. I posti all’inizio erano la metà, abbiamo dovuto raddoppiare in fretta e furia i letti per poter arginare come si poteva ciò che ci travolgeva come struttura sanitaria. In quanti eravate a gestire centinaia di pazienti in condizioni gravi ogni giorno?
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Come medici siamo in dieci, abbiamo fatto turni di almeno 12 ore ciascuno, così anche tutto il resto del personale. La “pausa” di qualche ora in più solo per chi faceva e fa il turno di notte. Praticamente dall’inizio, dal 20 febbraio, la vostra vita l’avete trascorsa quasi esclusivamente in ospedale… Sì, in 40 giorni l’unico giorno in cui mi sono assentato è stato per partecipare al funerale di Aldo Ozino Calligaris (presidente nazionale Fidas, vedi pag 44, ndr) Inizio aprile, come va dopo giorni di fuoco? Qui da noi nella “bassa” ci sono segnali di stabilizzazione del numero di infettati e di pazienti. Ma siamo stati i primi ad essere travolti. Su Brescia e Bergamo i numeri continuano a salire. Il problema è che, anche se c’è un rallentamento nei nuovi accessi, restano da gestire i pazienti già ricoverati, il cui decorso è lungo e ci possono essere ricadute.
Per gli italiani medici, infermieri, chi lavora negli ospedali o sul territorio sono eroi. Voi come vi sentite? Come gente che sta facendo il proprio dovere e che si è trovata a vivere fino in fondo le motivazioni per cui ha scelto a suo tempo questa professione. Non ci sentiamo eroi, ci sentiamo gente molto stanca. Ci sono polemiche ovunque su mancanza di presidi di protezione per i sanitari. Da voi com’è andata? Ci sono stati casi di contagio fra il vostro personale? Il problema è stato all’inizio perché non eravamo adeguatamente equipaggiati, nessuno si era ancora reso conto di ciò che stava succedendo, che c’era una epidemia così virulenta già in giro. Alcuni operatori sì, sono stati infettati in quella fase “d’ombra” in cui da nessuna parte ci si era resi conto che la minaccia era così grave. In pochissimo tempo, però, ci siamo attrezzati con i metodi di contenimento che l’azienda ci ha fornito a tempo record e in modo continuo. Grossi problemi, quindi, qui in ospedale non ne abbiamo mai avuti, per fortuna. Voi più di tutti non vedete l’ora, ma finirà? Prevedo che entro una settimana il numero degli infettati inizierà a stabilizzarsi poi lentamente a calare (e al momento di “chiudere”, la previsione era corretta, ndr). quindi si spera che almeno per l’incidenza di nuovi casi si imbocchi una curva discendente. Oltre alla “trincea” d’ospedale, hai dovuto tener “botta” anche sui problemi Avis sul territorio nazionale Si è vero, era inevitabile, è stato molto importante ed anche una opportunità poter contribuire anche dal fronte di Avis. Questo è un impegno ed una responsabilità che mi sono assunto e vedere con quanta partecipazione i donatori sono stati pronti ad una risposta mi rende orgoglioso e ancora più motivato.
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SPECIALE COVID-19 - I MEDICI
Dall’altra prima linea, l’odissea di medici di famiglia e infermieri
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entre scrivevamo queste righe, i medici morti per aver contratto il Covid-19 avevano raggiunto e superato quota 100. Fra questi medici in attività, pensionati, pensionati richiamati al lavoro o che prestavano assistenza. La 100ª vittima censita esercitava proprio in Veneto, si chiamava Samar Sinjab, 62 anni, dottoressa di medicina generale a Mira (Venezia). Aveva continuato ad assistere i suoi pazienti fino ai primi di marzo, quando sono comparsi i primi sintomi, poi aggravatisi, che l’hanno portata alla morte. “I medici di famiglia sono quelli che stanno pagando fin dall’inizio il tributo più pesante. Sono stati lasciati soli a combattere a mani nude contro il virus. Se i medici si sono ammalati, questo è accaduto perché sono stati contagiati visitando i loro pazienti”, ha dichiarato alle agenzie di stampa Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri). Abbiamo chiesto ad Alberto Argentoni - già presidente nazionale Avis prima di Briola e medico di famiglia - com’è la sua vita oggi, ai “tempi del Coronavirus”. Anche voi, medici sul territorio, siete stati travolti dall’ondata di infezioni. Prima degli altri, forse, quando ancora non c’erano allarmi conclamati... Sì, è stato un disastro, soprattutto per i morti che ci sono stati e per i tanti che continuano a morire. Non eravamo preparati per nulla e non avevamo difese, con gli ambulatori ancora pieni di gente in attesa. In pochi avevamo le opportune protezioni contro il virus. Come avete affrontato, all’inizio, ciò che stava per succedere? I primi giorni abbiamo
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dovuto capire che cosa stava accadendo, visto l’afflusso continuo e sempre più numeroso di pazienti in ambulatorio. L’ammassarsi di troppa gente, via via che arrivavano notizie, era certamente pericoloso per il diffondersi del contagio. Nella mia realtà, dove lavoriamo con segreteria e prenotazioni, abbiamo deciso poi di chiudere l’ambulatorio, effettuando solo visite prenotate e motivate. Nei primi giorni avevamo anche pensato di lasciare tutto com’era, evitando solo di far venire i pazienti sintomatici di problemi alle vie aeree. Ma poi avete chiuso gli ambulatori? Non esattamente. Le visite sono solo per prenotazione e motivate. Tramite uno screening telefonico cerchiamo di capire l’effettiva necessità di una visita, cercando di capire se si può rimandare. Poi abbiamo istituito un ingresso contingentato e “protetto” per chi non possiamo fare a meno di visitare, ritiro referti, ciò che non può essere inviato per via telematica. Stiamo sfruttando al massimo i servizi telematici. I pazienti che prima erano un po’ scettici hanno iniziato a utilizzarli. Insomma siamo riusciti a fare un lavoro discreto di sfoltimento degli accessi in ambulatorio, per evitare contatti fra le persone. E sul fronte diretto del Covid-19? Da questo punto di vista la situazione è difficile. Devi fare un forte screening telefonico, tante interviste, rispondere a tantissime domande per far capire ai pazienti come funziona la check list che usiamo per valutare la gravità dei sintomi. Poi ci sono i percorsi di cura da scegliere, cosa impegnativa soprattutto per far capire alla gente i passaggi che riguardano, per esempio, la quarantena volontaria. Quando vi imbattete in un ammalato sintomatico di Covid-19? Dovete andare direttamente a casa sua? Esatto. Io ci sono andato più volte. Poi ho dovuto mettermi in isolamento volontario, attendendo la risposta del tampone per poi tornare a lavorare. Il problema non è solo il rischio infettivo, ma anche quello di tutelare i collaboratori e gli altri pazienti quando sono in
ambulatorio dal fatto che puoi essere infetto a tua volta. Ma avevate i dispositivi di protezione... Il problema grosso all’inizio sono stati proprio i dispositivi. Te li dovevi procurare per conto tuo, quello che trovavi. Io le mascherine FPP2 e FPP3 (le più sicure per i sanitari) le ho viste solo per televisione. E anche se le hai... Le vedi, le usi, ma la durata è quella, poi devi buttarle. Obiettivamente non li hanno neppure molti colleghi negli ospedali. Se non ci sono, non ci sono per tutti. Ora le cose vanno meglio, l’ASL si è data da fare. I primi 10-15 giorni eravamo del tutto indifesi, è stata pesante. Tornando al paziente, voi “filtro” per non intasare gli ospedali. Come potete gestire un paziente con sintomi, ma non così grave da essere ricoverato? La cosa più importante è avere in tempi brevi il risultato del tampone, che non sempre accade. Quindi si vive in una specie di limbo o purgatorio. In ogni caso bisogna monitorare continuamente il paziente, con tutte le regole stringenti di isolamento domiciliare che vanno lo stesso applicate. Ma non puoi essere lì a controllare se vengono applicati i comportamenti di sicurezza o disattesi mettendo in pericolo chi vive nella stessa casa. È complicato.
Lo è anche perché in tanti si rivolgono a voi, forse per un nonnulla, ma cercando qualcuno con cui parlare... Oltre a chi è colpito dal virus, bisogna sì continuamente tranquillizzare anche chi ha paura del contagio. Lunghe settimane nell’incertezza, chiusi in casa, stanno provocando un ulteriore appesantimento della situazione psicologica delle persone. Molti hanno paura di essere già positivi e di infettare i parenti. Siete sempre disponibili, tutto il giorno. È stancante, ma soprattutto lo è far capire alle persone che è cosa non individuale, ma di salute pubblica e che bisogna cooperare. Quattro su dieci degli oltre 100 medici morti di Covid-19 in Italia sono medici di famiglia. La percezione delle persone verso i sanitari è cambiata. Siete “eroi”. È così? Siamo solo persone che hanno fatto un giuramento, scegliendo di fare questa professione. Facciamo solo ciò che possiamo, con tutti i nostri limiti di umani.
Sulla linea di fuoco, giorno e notte, al servizio di tutti
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igliaia, almeno 5000, sono positivi al virus, contratto sul posto di lavoro. E non si contano ancora gli Oss o chi lavora nelle residenze assistite per anziani. Neppure gli Ordini professionali conoscono i numeri esatti di chi è caduto. In migliaia hanno risposto, soprattutto dal Sud, all’appello per 500 posti di “rinforzo” nelle zone più colpite del Nord. Fin dall’inizio della “tempesta” loro erano lì. Turni massacranti, accanto ai medici, per giorni senza vedere casa, dove tra l’altro - visto il numero di pazienti infetti con cui lavorano, avrebbero messo a repentaglio anche le famiglie. Sono loro quelli più vicini a chi, in terapia intensiva, affronta da solo l’ultimo istante di vita. Sono gli infermieri, impegnati
su tutti i fronti. Li ringraziamo così, con le immagini dei volti segnati dai dispositivi di protezione (diffusa dalla loro Federazione nazionale - Fnopi) o con le “armature” anticontagio. Ce la faremo, ce la farete!
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SPECIALE COVID-19 - TESTIMONIANZE
Laura: passaggio in purgatorio, ritornata alla vita e alla famiglia di / Michela Rossato /
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a visiera appannata dei medici, la stanchezza, mai lamento, delle infermiere, la barretta di cioccolato, la frase del marito, le urla delle anziane… È scandita da immagini e ricordi precisi, forse indelebili, la lotta al coronavirus di Laura Bortolini. “La paziente numero 1 di Castelmassa positiva al Covid19” - precisa, sottolineando il famigerato “appellativo” ritrovatasi addosso all’improvviso. Una testimonianza forte e bellissima allo stesso tempo, di mamma e moglie 49 enne alla quale il virus ha sconvolto la vita, ma non ha strappato la vittoria. “Perché alla fine ho vinto io, sono stata curata e sono guarita. E voglio raccontarlo”. Tutto è iniziato dopo una breve vacanza in montagna. “Lunedì 9 marzo mi sono svegliata con febbre alta e tosse - racconta - Visitata due volte dal medico di base, sono rimasta a casa, a riposo, e il quinto giorno ho fatto il tampone. Al sabato la situazione è precipitata, non mi reggevo in piedi e mio marito ha chiamato il 118 che mi ha
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prontamente portato a Rovigo, dove sono stata ricoverata nel reparto di malattie infettive”. Proprio al marito Alessandro Ravagnani, che è presidente dell’Avis di Castelmassa, viene data la notizia che Laura è positiva, che occorre sanificare i locali in cui è stata e gli oggetti che ha toccato. Un duro colpo per tutta la famiglia, che è stato il pensiero fisso di Laura. “Quando mi hanno detto che ero positiva, che avevo una polmonite basale da covid 19 al polmone destro e che dovevo lottare per salvare l’altro… mi è crollato il mondo addosso e ho pensato subito ai miei figli e a mio marito - continua commossa - perché temevo di non farcela e di averli contagiati”. Un senso di colpa che l’ha accompagnata per giorni, finché è stato chiaro che il virus non li aveva toccati.
“Ho trascorso tre giorni isolata in malattie infettive, dove comunicavo con il reparto da una finestrella ricavata nella porta e mi passavano le medicine appoggiandole su un tavolino - continua - Ero senza forze, ma per fortuna respiravo da sola. Ho iniziato una cura sperimentale, ma dopo 48 ore i pesanti effetti collaterali hanno obbligato i medici a sospenderla. La febbre era sempre alta. Sono quindi stata trasferita nel nuovo reparto di pneumologia creato di sana pianta al settimo piano dell’ospedale di Rovigo per il Covid19 per una seconda terapia, che ha funzionato. Ricordo che l’infermiera Marta mi ha detto che mi portavano in un hotel a 5 stelle”. Le infermiere, già… Laura si ferma quando parla di loro, la riconoscenza mista ad affetto si percepisce anche dall’altra parte del telefono. Le definisce i suoi angeli: “Umane e coraggiose. Sempre professionali. Erano bardate di tutto punto, con divise, guanti, mascherine e visiera, ma leggevo i loro occhi. Non le ho mai sentite lamentarsi, non mi hanno mai fatta sentire sola anche nei momenti in cui stavo malissimo. Non si sono mai scansate quando i colpi di tosse erano ingestibili”. Sorride, Laura, perché ricordarle è tornare con la mente a quel turbinio di sensazioni ed emozioni che sono state le sue compagne per tanti giorni in ospedale. Ricorda Cinzia che corre in corridoio urlandole che è negativa, ricorda il clima di festa quando è scesa la febbre, ricorda Mireya che le porta una barretta di cioccolato perché le aveva sentito dire che aveva voglia di qualcosa di dolce, ricorda le loro “incursioni”
ironiche nelle videochiamate per rassicurare chi stava a casa. Ma senza dimenticare le corse in aiuto alle pazienti più anziane che urlavano di dolore e di smarrimento, la cura con cui le seguivano anche nei momenti più duri, il conforto che davano anche quando il destino si vedeva già segnato. “Angeli, non ci sono altre parole, come i medici che mi seguivano, sfiniti dietro una visiera appannata dal sudore e dalle tante ore sotto le protezioni, gli Oss, le addette alle pulizie che sanificavano tutto tra un odore penetrante di candeggina”. L’odore della candeggina, un altro ricordo forte di Laura: “Quando avevo la febbre, non lo sentivo affatto. Poi anche l’olfatto è tornato e sì, era forte, ma anche bello”. Perché era un piccolo ritorno alla vita, come la prima doccia “a pezzi”, la prima volta “con i capelli lavati”, il marito che in videochiamata le dice “Sei bella”. “Mi sento una miracolata. Uscire da questa esperienza terribile, uscire all’aria aperta è stato come tornare in libertà dopo una guerra, una prigionia”. Un volontario della Croce Azzurra di Bregantino l’ha riportata a casa. “Lo ringrazio, come ringrazio tutte le persone che sono state vicine alla mia famiglia. Anche chi non mi aspettavo. Dà forza sapere che mentre lotti, intorno hai tanta solidarietà”. Dopo qualche giorno di isolamento domiciliare, domenica 29 marzo Laura ha finalmente potuto riabbracciare i suoi cari. Un momento da immortalare con due foto, per noi di Dono&Vita. Di certo, le foto più belle!
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SPECIALE COVID-19 - SCUOLA
I bambini, la loro creatività, vera speranza per il nostro Futuro di / Enrica Buccarella / maestra scuola primaria
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ono una maestra di scuola primaria e lo posso dire: non eravamo pronti, come tutti certo, ma come scuola ancora di più, siamo stati colti di sorpresa e sprovveduti. Ci siamo salutati per una breve vacanza prima di Carnevale, ignari di quello che sarebbe successo e che in realtà stava già succedendo. Nell’entusiasmo dei tre giorni di vacanza, che avremmo usato per riposarci, ricaricarci di energia per affrontare poi l’impegno di marzo, aprile e maggio per avviarci verso la fine dell’anno, abbiamo lasciato a scuola tutti i nostri materiali di lavoro. Tanto di lì a poco ci saremmo tornati. E invece no, tutto è ancora fermo lì, come lo abbiamo lasciato. La scuola, come il castello della Bella Addormentata, è ferma e silenziosa sotto questo incantesimo che tiene prigionieri i nostri libri, i quaderni, i colori. E noi prigionieri in casa. A custodire con responsabilità l’incolumità nostra e dei nostri cari. Quella fisica certo. Ma in tutta questa preoccupazione che è succeduta alla chiusura delle scuole, nel tentativo affannoso e improvvisato di recuperare e tradurre la scuola della frequenza, della presenza, dei visi e delle voci, dei banchi e delle sedie in una scuola a distanza, abbiamo rischiato e stiamo ancora rischiando. Di dimenticare i bambini. Stiamo rischiando di pensare che importante sia la scuola, che im-
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portante sia trapiantare il nostro consueto modo di lavorare, in questo tempo, continuare a svolgere il programma, affannandoci ad assegnare compiti e lavori che tengano i bambini sul pezzo. Ma il “pezzo” non esiste più, così come non esiste più il programma, così come il tempo che stiamo vivendo è completamente diverso e ha bisogno di nuove regole. E la prima regola è, più di sempre, mettere al centro della scuola, e di quello che ne rimane oggi, i bambini e la nostra relazione con loro. Una relazione di vicinanza nella distanza, una
Enrica Buccarella è nata a Gallipoli (Lecce). È docente di Scuola Primaria dall’età di 20 anni, iniziando nel 1986. Attualmente insegna presso la scuola primaria Angelo Colombo dell’Istituto Comprensivo II di Castelfranco Veneto. Sperimenta da più di un ventennio in classe la metodologia dei laboratori creativi. Ha approfondito in particolare lo sviluppo di questa metodologia nel campo della didattica musicale e dell’educazione all’immagine, con l’ideazione e la realizzazione di diversi laboratori. È socio fondatore dell’Associazione culturale “La Scuola del Fare” di Castelfranco Veneto. È animatrice di atelier con i bambini e conduce laboratori e seminari di formazione per insegnanti all’interno delle proposte dell’Associazione. Fa parte, con La Scuola del Fare, del gruppo di lettori professionisti “Leggere per Leggere”. Scrive per documentare e raccontare la propria esperienza di maestra e lettrice, i suoi percorsi didattici e metodologici. Dal 2017 pubblica i suoi percorsi di arte, lettura e scrittura con i bambini e con gli adulti, nel blog della Casa Editrice “Topipittori”.
relazione di fiducia e disponibilità tra adulto che fa da guida e maestro e bambino che è lì, nella sua casa, davanti a uno schermo se è fortunato, o addirittura senza mezzi. “Raggiungere i bambini” è la parola d’ordine, con tutti i mezzi, in tutti i modi, anche quelli non istituzionali. Ma raggiungerli non per dare schede, pagine da studiare, compiti da svolgere, raggiungerli per dirgli che ci siamo, che pur nella straordinarietà di questa situazione i loro adulti di riferimento ci sono e li pensano. Li pensano in un qui e ora che deve ricostruire con nuovi modi il nostro stare insieme. Pensano per loro lezioni speciali fatte di racconti e disegni, di poesie, “compiti di senso” che si traducano in scritture piccole e vere, di suggerimenti significativi e proposte realizzabili in casa, con i mezzi che abbiamo. Che i nostri libri dormono a scuola e che se anche stessimo due mesi senza coniugare verbi, la nostra anima non ne risentirebbe, mentre due mesi senza abbracci sono lunghi e difficili. Pensiamo allora ad incontri in video conferenza dove ci si saluta e si sta insieme per vedersi sorridenti ed emozionati nella propria cameretta o in cucina, dove la mamma intanto prepara la colazione o lava i piatti, mentre noi leggiamo storie, e cerchiamo in questo modo che mai mai sarà sostituibile alla presenza vera, di recuperare quell’abbraccio che ci manca e che tante volte ci siamo fatto al mattino, prima di iniziare la lezione, con quella formula che è diventata ormai di rito: “Maestra, posso un abbraccio?”
Da Topipittori a RaiNews, maestre che non mollano
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a “maestra Enrica”, come la chiamano o continuano a chiamarla i suoi attuali e gli ormai già... Laureati e cresciuti allievi, a marzo ha scosso un po’ i social (e anche qualche collega) con un intervento su “Topipittori” (www. topipittori.it/it/topipittori/forse-un-giorno-qualunque”. L’articolo era fonte di tante riflessioni, sull’infanzia ai tempi del coronavirus, da interessare anche la redazione del TG3-Veneto e poi RaiNews. Il titolo “Forse un giorno qualunque”, mutuato dal “pensierino” di un bambino di nove anni, scritto a penna . In pratica un acrostico con la parola FUTURO. “Se un bambino mi invia un messaggio, un disegno, una foto con un suo pensiero, se lo invito a leggere un libro e parlarmene, se mi scrive una piccola poesia, mi sembra di continuare a esserci, io per loro e loro per me, e spesso percepisco che quell’impegno è frutto di una scelta, di un tempo dedicato senza coercizione... prima dei compiti la cosa che voglio salvare è quella, la relazione, la vicinanza nella distanza, fatta di comunicazione vera e di messaggi, non solo di compiti: idee, proposte nuove che nascono pro-
prio dall’uso di strumenti nuovi nella relazione... li invito a scrivermi cosa pensano delle attività, do consigli di lettura, ho detto loro che aprirò il forum una volta al giorno perché sappiano che ci sono (ma in realtà lo faccio molto di più, aspettandomi di trovare nuovi messaggi). https:// www.rainews.it/tgr/veneto/video/2020/03/ ven-coronavirus-covid19-castelfranco-veneto-scuola-chiusa-metodo-studio-maestra-Enrica-Buccarella. B.C.
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SPECIALE COVID-19 - MASS MEDIA
Soli, se arriva la “grande sorella” di / Lucia Gottardello /
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io padre è “fortunatamente” morto lo scorso 18 ottobre. Adesso lo posso proprio dire. Non avrei mai pensato di arrivare a questa affermazione. Perché ognuno di noi vorrebbe avere i genitori in vita il più a lungo possibile, magari con qualche acciacco, anche se difficile da sopportare, ma in vita. Mio padre aveva 76 anni ed era una di quelle persone pluripatologiche. Se fosse morto in questo periodo sarebbe sicuramente morto “con coronavirus” (dato anche che il suo ultimo reparto visitato è stata la Geriatria di Treviso). Soffriva di cuore, aveva problemi respiratori, dovuti anche a un tumore al polmone trattato e vinto, l’ipertensione e il diabete con cui conviveva da anni. Fosse morto ora sarebbe stato un numero, un numero che fa statistica, un aggiornamento di quella conta che si fa al mattino e alla sera. Sarebbe probabilmente morto da solo, in una stanza di ospedale, seguito a distanza di sicurezza da operatori certo professionali, ma oberati di lavoro e giustamente preoccupati di non essere contagiati dai contatti. Sarebbe morto magari in quel reparto dove noi tre figli ci siamo sentiti dire da infermieri e medici, nell’ultimo ricovero avvenu-
to ad agosto, che sarebbe stato meglio a casa, perché il rischio di prendere altre infezioni in ospedale c’era, c’è e ci sarà sempre. E lui non si poteva permettere neppure un raffreddore. Meglio a casa, appunto, accanto a noi figli, ai nipoti, a qualche amico. Seguito e curato dalle preziose infermiere e dalle dottoresse delle cure palliative dell’Ulss2 Marca Trevigiana, che ci avevano dato precise indicazioni su come accompagnarlo, anche medicalmente, all’ultimo respiro. Perché non sentisse dolore, perché lui, che era attaccato alla bombola di ossigeno per gran parte del giorno e della notte, non avesse la sensazione di sentirsi soffocare. “E’ una delle peggiori sofferenze che si possa provare”, mi disse una dottoressa. Sentirsi soffocare. Oggi le sue parole risuonano nella mia mente e mi vedo davanti le persone intubate, che non riescono a respirare senza una macchina che lo faccia per loro. E che non hanno accanto un famigliare che li sostenga, che strappi loro un sorriso, che offra loro uno sguardo amorevole. L’ultimo giorno, quando la situazione si era fatta di ora in ora più grave, la dottoressa con cui ero più volte in contatto nell’arco delle giornate, mi disse: “Se voi figli ve la sentite, tenetelo a casa, per lui sarebbe il migliore regalo”. L’ab-
Mai come in questi mesi i giornalisti hanno avuto a che fare con la “NOTIZIA PERFETTA”. Quella cioé di cui tutti, ma proprio tutti, i lettori o gli spettatori/ internauti del mondo vogliono gli sviluppi giorno per giorno e ora per ora. Non era mai esistita in tutta la storia umana. Ciò ha messo a dura prova gli operatori dell’informazione di ogni livello, stanno pagando anche sulla propria pelle. Alcuni, troppi, di quelli che lo hanno fatto sul campo, questo “maledetto” e meraviglioso mestiere, si sono visti contagiare dal virus. Come è accaduto a una redazione quasi intera, quella del Corriere Veneto di Padova. Ma molti altri sono i colleghi incappati nell’invisibile nemico di tutti e a cui auguriamo un pronto ritorno alla penna. Fra i “bombardamenti a tappeto” di notizie vere, verosimili o totalmente false (a pag.17/18 un vademecum per difendersi da quest’ultime) una cosa sta pian piano emergendo. Gli utenti dell’informazione stanno imparando a distinguere, parafrasando Leonardo Sciascia, fra: “giornalisti, mezzi giornalisti, pennivendoli e quaquaraquà”. È così? Speriamo non sia illusione. Su queste pagine, intanto, due brave colleghe (Lucia Gottardello de “La Vita del Popolo”, settimanale della Diocesi di Treviso e Laura Simeoni di Tribuna di Treviso, Mattino di Padova e Nuova Venezia) ci offrono due loro pezzi. Il primo è molto privato, difficile farlo per un giornalista, ma fa riflettere su ciò che siamo. Il secondo rammenta valore, non monetario, ma sempre più prezioso, delle “buone notizie”. Il Direttore
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biamo fatto. E il regalo è stato davvero reciproco. Poterlo salutare, stringergli la mano, accarezzarlo e baciarlo, vedere che apriva gli occhi e sorrideva ogni volta che un famigliare entrava nella sua camera. Poter avere il conforto della preghiera e dell’unzione degli infermi per lui che viveva come un peso il non potersi più recare in chiesa alla domenica… Infine, l’ultimo saluto con tutti i suoi amici, le tante persone conosciute nel corso di una vita molto impegnata nel sociale, persone che in
quel momento hanno sollevato dal dolore anche noi famigliari. Poter contare sulle “condoglianze”, sulla partecipazione a un dolore e a un lutto che insieme si sopporta meglio. Ecco, per tutto questo ora posso dire “Papà, per fortuna che sei morto prima di questo terribile coronavirus”. A chi muore oggi e ai suoi famigliari non è concesso nulla di tutto ciò. La morte si può e si deve accettare, fa parte della vita. La differenza la fa il modo. Caro coronavirus, questo non è il modo!
Il coraggio delle buone notizie di / Laura Simeoni /
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umeri impressionanti di contagiati e di morti. Un bollettino di guerra che rischia di travolgerci con onde di ansia e di paura. Il virus dal nome regale, seppur piccolissimo, ha scatenato una pandemia che il mondo sta cercando di arginare. Da giornalista, impegnata in questi giorni difficili, non posso ignorare che dietro ogni numero di malati o deceduti c’è una persona, con la sua storia, i suoi sogni, il lavoro, la famiglia. Ed è questo che si deve raccontare, così come l’impegno di tante persone negli ospedali e nelle forze dell’ordine ma anche in tanti negozi di alimentari, nei trasporti o nelle pulizie: lavoratori che non si sono tirati indietro e sopportano turni massacranti per svolgere il proprio compito, senza aspettarsi premi o medaglie. Che forse dovrebbero avere. Eppure, in tutto questo disastro sta emergendo un fenomeno contagioso: la solidarietà diffusa. Nel giornale per cui lavoro da free lance, la Tribuna di Treviso, è stata aperta una rubrica intitolata “Andrà tutto bene”, contraddistinta dall’arcobaleno, quel simbolo universale che collega cielo e terra, invito a sperare anche nei momenti più difficili perché accompagna la fine del temporale e riverbera la sua luce colorata scomponendo le ultime gocce di pioggia. La rubrica trevigiana ha pagine gemelle negli altri quotidiani del gruppo, dal Mattino di Padova a la Nuova Venezia: una scelta comune per sostenere le persone chiuse in casa, chi lavora in prima linea e i familiari in apprensione, giovani e anziani. In questo spazio hanno trovato voce storie di ordinaria bontà e ci fanno capire che dal tunnel si può uscire se siamo uniti, comunità. Ci sono volontari che da sempre operano per gli altri, come gli avisini
che hanno risposto subito all’appello lanciato dai loro presidenti, affinché non manchi il sangue in un momento così delicato e ci sono le varie sigle legate ai Centri di servizio per il volontariato: l’Anteas trasporta malati e disabili, gli angeli dell’Advar continuano a supportare a domicilio i malati tumorali accogliendo i casi più gravi nell’hospice. E naturalmente gli alpini con i loro miracoli, in grado di riaprire in pochi giorni strutture dismesse, pronti a innalzare tende attrezzate e ospedali da campo. Ma accanto ai “professionisti della solidarietà” sono emerse persone comuni decise a rimboccarsi le maniche: gli studenti che fanno la spesa per gli anziani, i richiedenti asilo diventati volontari del Banco Alimentare, marocchini e senegalesi che hanno raccolto fondi per i nostri ospedali. Le iniziative di sostegno si sono moltiplicate coinvolgendo fondazioni bancarie, artisti, sportivi, industriali. Poi i tanti tricolore appesi alle finestre che ci fanno sentire finalmente tutti italiani, le luci, i flashmob con canti dai balconi per dire, come Gaber amplificato dalla cantautrice Erica Boschiero, che “la libertà non è uno spazio liberto, libertà è partecipazione”. E ci sono i pensieri bambini: la piccola Maddalena ha costruito con i lego “un ospedale per i bimbi malati”, mentre coetanei ovunque disegnano cuori, soli, arcobaleni. Il bene che emerge è contagioso e, come ha scritto una nostra lettrice, Giulia Nilandi, “di questo abbiamo tutti bisogno, di speranza, di motivi per gioire e pensare che andrà tutto bene”.
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Giovane famiglia di cooperatori con l’ultimo aereo dall’Etiopia di / Laura Simeoni /
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ono scampati al disastro che colpirà a breve anche l’Etiopia, impreparata e senza mezzi per affrontare il Covid-19. Enea e Laura Stocco non hanno paura per la propria vita, ma sentono il dovere di proteggere i figli: Ettore, 4 anni e la piccola Agata di 2. Impegnati nella cooperazione internazionale, sono rientrati appena in tempo a casa, a Vallà di Riese (Treviso), con uno degli ultimi voli, a fine marzo. Un giorno in più non ce l’avrebbero fatta, visto che lo stato Etiope ha chiuso tutti gli aeroporti. “È stata una decisione difficile ma abbiamo pensato alla sicurezza della nostra famiglia e dei bambini” racconta Enea, 35 anni, laureato tra Padova e Madrid in cooperazione allo sviluppo internazionale. La moglie Laura 39enne è laureata in scienze infermieristiche. Lui opera nell’Unido, agenzia dell’ONU per lo sviluppo industriale. Lei è inserita negli interventi attivati dal ministero degli Esteri, particolarmente vicina, attraverso l’Ambasciata, ai tanti connazionali che vivono e lavorano in Etiopia. Attualmente sono 2500 gli italiani censiti, ma si stima che siano molti di più. Alcuni provengono dal Veneto e dalla Marca trevigiana, come la famiglia Stocco. La situazione è critica, in bilico sulla voragine che potrebbe spalancarsi per i tanti che vivono in Etiopia e negli altri paesi africani, privi di strutture sanitarie e di presidi medici adeguati per combattere una pandemia senza precedenti. Enea e Laura sono a casa, stanno bene, rinchiusi in quarantena appena arrivati, ma il loro cuore è ancora là dove hanno lasciato amici e colleghi. Il lavoro sul fronte internazionale, a fianco di chi è meno fortunato, ce l’hanno - è il caso di dirlo - nel sangue: “Noi ci siamo conosciuti così, 15 anni fa in Ecuador, lavorando in progetti diversi e insieme abbiamo lavorato 10 anni in Africa, gli ultimi in Etiopia”. Enea fu tra l’altro il primo giovane a svolgere il servizio civile in Avis regionale fra il 2008 e il
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2009, anche collaborando con la redazione di Dono&Vita come fotografo e grafico. È sempre stato impegnato nel campo della solidarietà collaborando con realtà come il Cuaam, medici volontari in territori caldi come il Sud Sudan e il Mozambico. Laura, anche lei proveniente da esperienze di volontariato (è stata anche capo scout), era stata da poco inserita nella task force voluta dal Ministero italiano per sostenere i connazionali in difficoltà. Laura prosegue il suo lavoro da casa, collegandosi via internet. “In realtà non sappiamo davvero quanti siano già i contagi reali, visto che il numero diffuso dalle autorità etiopi si ferma a poche decine, per non mandare nel panico la popolazione”. La famiglia Stocco è riuscita a prendere uno degli ultimi voli di linea, mentre altri italiani sono riusciti a rientrare sui cargo messi a disposizione dal governo italiano. La situazione infatti rischia di degenerare: gli ospedali sono insufficienti, mancano tamponi e ossigeno, perfino il cibo è stato razionato e in alcune zone del Paese sono scoppiate rivolte contro i bianchi, considerati colpevoli d’aver portato il virus in Africa. “Ma molti nostri amici italiani, in particolare single e senza figli, sono rimasti lì di propria volontà - dice Enea - senza le Agenzie di cooperazione e le Ong, in particolare di area sanitaria, sarebbe impossibile perfino tentare di arginare qualsiasi epidemia”.
SPECIALE COVID-19 - FAKE NEWS
Coronavirus e informazione, la pandemia delle fake news / Redazione Dono&Vita /
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rancesco Pira, è docente di ruolo presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina dove insegna comunicazione e giornalismo ed è Coordinatore Didattico del Master in Manager della Comunicazione Pubblica. Ha insegnato Comunicazione pubblica e d’Impresa presso lo IUSVE, l’Università Salesiana di Venezia. Svolge attività di ricerca nell’ambito della sociologia dei processi culturali e comunicativi. Saggista e giornalista è autore di numerosi articoli e pubblicazioni scientifiche. Opinionista del quotidiano on line Affari Italiani e del magazine Spot and Web, scrive per riviste specializzate. Editorialista di Scrivo Libero firma la rubrica settimanale PIRATERIE sulle pagine culturali del quotidiano La Sicilia. È esperto dei fenomeni di cyberbullismo e fake news sui social con numerose pubblicazioni a riguardo. Amico dell’Avis, numerosi sono le sue collaborazioni anche con Avis Veneto. Sul fenomeno fake news ai tempi del coronavirus gli abbiamo rivolto un paio di domande.
Prof. Pira, le fake news viaggiano veloci anche con il coronavirus. Eh già. Siamo passati da una prima fase a febbraio di infodemia, cioè di sovraccarico di notizie sul coronavirus, molte delle quali erano appunto fake, a quella che ora giornalisticamente è stata definita psicodemia, una psicosi collettiva da notizie false. Abbiamo gruppi whatsapp che fanno circolare notizie completamente false. Per fortuna le forze dell’ordine stanno intervenendo, già è stato denunciato un medico a Latina, ci sono stati altri provvedimenti in varie regioni. Bisogna stare molto attenti a distinguere le cose che provengono in questo momento dalle istituzioni, da tutto quello che non è scientificamente prodotto e protetto dalle istituzioni. Non bisogna tener conto di tutto quello che circola, è pericoloso, si rischia di creare sulle fasce più deboli, che sono le persone anziane e i bambini, traumi veramente eccessivi. Perché c’è così tanta gente che si diverte a lanciare questi messaggi terrorizzanti? Le motivazioni sono sicuramente diverse. C’è chi lo fa per apparire, è chi perché viene investito da questa psicosi, chi lo fa perché invece vuole guadagnare qualche like o magari vuole farsi bello e sapiente in gruppi che sono anche piuttosto ristretti. Mi preoccupano molto i falsi messaggi che circolano nei gruppi whatsapp delle mamme, che possono essere veramente molto pericolosi. Dobbiamo proteggerci, in questo momento “responsabilità” significa anche non far circolare, non condividere messaggi che non abbiano valenza scientifica. È la prima volta che ci troviamo a gestire un’emergenza di questa portata planetaria alla presenza dei social network, quindi siamo un po’ tutti impreparati a far la differenza tra emozioni ed emotivismo. C’è comunque una verità: molto spesso agiamo mossi dalle emozioni e dalle paure e in questo particolare momento di forti timori è più facile condividere messaggi che le alimentano. Siamo portati a condividere e a credere a delle cose a cui magari, in momenti normali, non avremmo mai creduto.
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Bufale quasi più letali del virus: come non cadere nelle trappole di / Beppe Castellano /
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ai come al tempo del Coronavirus fin troppa gente idiota, ignorante o manovrata per oscuri fini, si diverte a spargere in giro notizie inattendibili, imprecise o del tutto false. Purtroppo, come diceva il grande Umberto Eco: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar sport dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». In un periodo di paura e di emergenza mondiale come questo non si possono chiamare solo imbecilli, ma in alcuni casi anche criminali. Sul Coronavirus sono state inventate, messe in rete e, ciò che è peggio, condivise senza alcun controllo delle fonti - da “dita più veloci del cervello”, le cose più assurde. Talmente tante sono le fake news che la Corte dei conti europea (European court of auditors, Eca) ha aperto un’inchiesta per combatterle, visto che possono causare un grave danno alla salute pubblica https://www.corrierecomunicazioni.it/media/troppe-fake-news-sul-coronavirus-la-corte-dei-conti-ue-apre-unindagine/. Occhio al reato... Da segnalare che, anche in Italia, sono state denunciate molte persone che inventavano o condividevano notizie false. Esiste infatti il reato di “procurato allarme” con arresto fino a 6 mesi e ammenda fino a 516 euro per “chi procurando un allarme falso o sproporzionato, può provocare un danno alla collettività”. Quindi occhio al ditino, può valere anche per chi le CONDIVIDE Ma anche le “notizie” volutamente incom-
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plete e acchiappaclick creano allarme sociale, soprattutto in periodi come quello che stiamo attraversando. Pur non costituendo reato (non esiste il reato di opinione... E molti se ne approfittano), possono essere più letali dello stesso virus. Basti pensare alle “medicine miracolose” e non scientificamente testate che girano ogni giorno sui nostri smartphone con messaggi dal “cuggino” esperto o in rete, zeppi di “mi piace”. Oppure a titoli “forti” di certi giornali “liberi”, ma che vengono poi deferiti al Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti. E ai bimbi “leucemici” senza sangue A proposito di “balle spaziali”, tornando in Avis, stanno risuscitando come zombie i messaggi e catene di sant’Antonio su “bambini con gravi malattie” che avrebbero bisogno urgente di sangue del “gruppo X”. Sono le solite bufale che girano da almeno un ventennio, da quando gli sms hanno iniziato a costar meno. I bimbetti protagonisti, seppur a volte autentici a suo tempo (non per l’urgenza), sono guariti, oggi dovrebbero essere già laureati e qualcuno perfino in procinto di sposarsi... Ovviamente NON CONDIVIDETELE. Ovunque in Italia il sangue arriva a chi ne ha bisogno, grazie a VOI donatori volontari, periodici e... prenotanti. Su questo “strano” numero, pubblichiamo un piccolo vademecum per difenderci, TUTTI INSIEME, contro la virulenza delle bugie. Perché sono un pericolo reale che può fare danni seri. Le “balle” pseudogiornalistiche. Ricordare sempre che ogni fake news fa leva sul sensazionalismo, sulla falsa “esclusiva” della notizia e su titoli “civetta” che spingono a cliccarci sopra (e magari a beccarsi pure un virus informatico). Come ci difendiamo, in questa giungla? Ovvio, controllando la fonte che la scrive. Banale? No! Se la news arriva dalle pagine (anche social) di una testata online “registrata in tribunale”, dal blog di un giornalista noto (molti si spacciano per tali, ma non lo sono), da un’agenzia di stampa (Ansa, Agi, Adnkronos, ecc.) si può stare abbastanza tranquilli. Noi giornalisti
abbiamo l’obbligo (deontologico e anche penale) di controllare le fonti di ciò che pubblichiamo. Se al contrario la notizia non arriva da un organo di informazione, ma da un sito o blog generico senza indicazioni di contatti, meglio diffidare e ri-controllare. Come? In due modi semplici: 1) Dalla news risalire alla fonte originaria. Esempio terra terra: se la notizia parla di un’azienda (vedi le mascherine di Zaia...) di solito si trova anche sul sito ufficiale della stessa azienda o del committente. Se parla di un provvedimento di un’Istituzione pubblica, DEVE poter essere reperito anche sui canali ufficiali dell’ente. Se non si trova, puzza... Tanto. E di carogna. 2) La stessa notizia è riportata da più fonti attendibili? Se la notizia è vera... immediatamente verrà riportata da tutte le suddette agenzie di stampa e dagli altri media. Se il presunto “scoop” si trova solo su un sito generico, quindi... puzza. Tanto. E di carogna. “Balle” da social, come difendersi Una notizia “clamorosa” la trovate invece sui social o ve la gira amico o “cuggino” via whatsapp? Controllo immediato, magari con il “cuggino” postante, se chi l’ha generata è persona reale con nome, cognome e... “faccia”. Trucchetto 1: da quanto tempo esiste il profilo di quella persona? Quanti post ha pubblicato? Poco e pochi? Puzza. Tanto. E di carogna. Metterci faccia e foto. Ce ne sono almeno tre o quattro della persona? No? Altro segnale per dubitare. I fake hanno di solito una foto sola (a volte scaricata da internet), nessuna, oppure gattini, cagnolini, tramonti, fiorellini e frasi fatte. È molto raro trovare profili di persone reali senza una propria foto. Della serie: “chi ha qualcosa, di serio, da dire non ha nulla da nascondere”. Trucchetto 2: su facebook possiamo scoprire se il “profilo”, seppur verosimile, fa parte di gruppi e anche, sempre se non ha nulla da nascondere, quali sono i suoi “amici”. Cosa uti-
lissima per capire se chi ha diffuso la notizia può essere almeno un po’ affidabile. IMPORTANTE: se siete convinti che la “balla” proviene da un profilo falso, segnalatelo! Sarà un aiuto per tutti gli altri “naviganti” a non essere fregati a loro volta. Un servizio alla “comunità”. Per concludere, pillole di cyber-saggezza • Mai condividere subito una notizia, un video, un messaggio, un audio se non siete ultra-sicuri della sua attendibilità. • Mai mettere like a un post se non siete sicuri della fonte. • Mai farsi prendere dall’emozione di essere i primi a condividere con gli amici una notizia-scoop (positiva o negativa). Gli autori di fake news contano proprio su questo, per diffonderle in modo “virale”. • Mai fidarsi se vengono citati Prof. o scienziati vari. Google serve a cercare i loro nomi e ciò che hanno fatto o pubblicato. • Sempre attingere, soprattutto di questi tempi, a fonti ufficiali. Per quanto riguarda l’emergenza Coronavirus (e sangue e donazioni) ci sono i siti indicati qua sotto. Se, pur non condividendo il suo passato di sterminatore di bisonti, ci trasformassimo un po’ tutti in moderni William Cody, neglio conosciuto come “Buffalo Bill”, sicuramente potremmo dare, seppur chiusi in casa, una notevole mano alla Società e a tutti.
I mezzi non ci mancano, pur senza essere “professionisti” della notizia. Bastano a volte pochi clic, e poca pigrizia, per testare una sospetta “bufala”. La prima cosa deve però sempre essere il dubbio. È la prima virtù di chi “sa di non sapere”, ma che proprio per questo... si informa. E da fonti certe e attendibili! Si inizia con il Covid-19, ma gli altri link sono utilissimi pure in “tempi normali”: www.facebook.com/coronavirus_info/; www. salute.gov.it/nuovocoronavirus; www.iss.it; www.issalute.it/index.php/falsi-miti); www. epicentro.iss.it; https://dottoremaeveroche.it/; www.centronazionalesangue.it; www.avis.it; www.avisveneto.it, www.donoevita.it. Siti specializzati (e affidabili) come CACCIATORI DI BUFALE: www.bufale.net; www.butac.it; www.giornalettismo.com/fact-checking/
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SPECIALE COVID-19 - AVIS E COMUNICAZIONE
Comunicazione e informazione, Buone Prassi sempre in trincea di / Andrea Volterrani* /
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e con la crisi da coronavirus che attraversiamo non ci fosse stata la comunità di “Buone Pratiche” sulla comunicazione in Avis, forse, avremmo dovuto inventarla. Credo sia questo il cuore della questione in questi tempi difficili: aver costituito in due anni di lavoro un gruppo inter-associativo (nazionale, regionale e provinciale) composto da comunicatori - dipendenti, volontari, professionisti e dirigenti che se ne occupano - per cercare di trovare equilibri, condivisioni e mutualità nelle strategie di comunicazione della donazione del sangue in Avis. Detto così suona semplice e lineare, ma nella realtà dei fatti il processo di costruzione è stato faticoso, talvolta conflittuale, sicuramente messo a dura prova dal mondo esterno. Sì perché, mentre cercava inizialmente di conoscersi, riconoscersi e stimarsi reciprocamente, la comunità ha dovuto fronteggiare situazioni di crisi collegate ai più svariati ambiti, dal tecnico al politico, dalle procedure di donazione alle idiosincrasie di qualcuno. Vale la pena ricordare com’è nato il gruppo Buone Prassi. Il primo passo è stato un processo formativo di costruzione di un gruppo di persone. Alcune si conoscevano meglio, altre non si conoscevano per niente, altre avevano solo sentito parlare degli altri componenti. Costruire un gruppo che abbia solidità relazionale, fiducia e stima reciproca ha bisogno di tempo, di sedimentazione delle relazioni, di tentativi ed errori che consentono di mettere a punto strategie comunicative interpersonali adeguate. I giochi relazionali inizialmente sono stati percepiti da qualcuno come superficiali e poco coerenti con le necessità di acquisire le nuove tecniche mediali. In realtà, se prima non costruisci un gruppo coeso, pieno di fiducia e con la voglia collettiva di crescere, non ci sono tecniche mediali capaci
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di risolvere problemi di incomprensione, di assenza di supporto, di sopraffazione, di voglia di protagonismo spesso deleterio. E, infatti, la comunità di pratiche ha iniziato piano piano a consolidarsi. Questo grazie anche a momenti residenziali d’incontro (a Brescia, Firenze, Milano e più recentemente Padova) che hanno consentito a tutti, attraverso l’informalità, di farsi conoscere e di essere valorizzati. Il secondo passo è stato quello di conoscere le competenze e le conoscenze di ciascun componente del gruppo e, più in generale, di chi è presente in Avis. Il risultato è stato sorprendente: i componenti del gruppo coprivano molti degli ambiti in cui si sviluppa la comunicazione contemporanea. Un grande punto di partenza per poter mettere a sistema una modalità di lavoro collettivo che consentisse di affrontare sia il lavoro quotidiano sulla comunicazione sia la programmazione a medio e lungo termine, sia le crisi come questa odierna. Dopo mesi di guida da parte mia, coadiuvato da Marco Serra, il 9 febbraio a Padova sono state democraticamente elette, all’interno del gruppo, le coordinatrici Elena Sodini e Beba Gabanelli. La “tempesta” coronavirus, scoppiata neanche due settimane dopo, ha messo a dura prova subito, sul campo, la comunità di buone pratiche sulla comunicazione che, però, sta reagendo bene. Dopo un primo momento di smarrimento che ha coinvolto tutti, il gruppo ha iniziato a costruire una strategia comunicativa che supportasse le Avis e i donatori, che cercasse di fare chiarezza sulle molte fake news in circolazione e, allo stesso tempo, di promuovere la donazione del sangue in modo responsabile e programmato. Giorno dopo giorno, a mano a mano che il virus allargava i suoi confini, il gruppo ha allargato i propri, cercando i comunicatori delle regioni ancora assenti nel gruppo, ai quali dare una mano. Mentre scrivo, siamo nel bel mezzo di una crisi di cui ancora non vediamo ancora la fine. Una cosa è ormai certa: la comunità di pratiche sulla comunicazione di Avis è ormai diventata adulta! * Direttore del Master in Comunicazione Sociale, Università Tor Vergata di Roma.
Covid-19: il vero “battesimo di fuoco” che ha saldato il gruppo di / Beba Gabanelli e Beppe Castellano /
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i eravamo lasciati, domenica 9 febbraio, all’indomani del “battesimo” di Padova Capitale del Volontariato (vedi pagine 28 e 29) con tanti progetti da elaborare assieme, come Gruppo nazionale Buone Prassi Comunicazione (che comprende tre veneti). Si andava dal Giro d’Italia di ciclismo con Avis alla Giornata Mondiale del Donatore di Sangue che doveva svolgersi a giugno in Italia, dai tanti eventi ad essa collegata sul territorio da diffondere, ai format per Corsi di aggiornamento per giornalisti su sangue, plasma e Avis, a progetti di comunicazione condivisa su tutto il territorio “avisino”. E invece... Invece è arrivato lo tsunami! Come una tempesta si annuncia con nuvole nere all’orizzonte, ma che solo pochi marinai esperti sanno prevedere, è arrivato - lento ma inesorabile - il Covid-19. Ha travolto le nostre vite, come quelle di tutti, costringendoci a ripensare ogni cosa: strategie comunicative, rapporti coi colleghi, gerarchie associative. Ci siamo trovati all’improvviso davanti a una crisi (e che crisi!) da gestire. Certo, ne avevamo simulate tante, nel corso dei due anni di Buone Prassi. Ma quello che è capitato è al di là di qualunque simulazione e immaginazione. Forse siamo stati bravi a mantenere la calma quando intorno era solo incertezza. Sui decreti, le zone rosse, sulle risposte da dare ai donatori che volevano rendersi utili, ma erano spaventati. Abbiamo tenuto a bada le fake news (facendo pure i “turni” di notte e festivi) che cominciavano a circolare e mettevano in difficoltà i volontari e le strutture: erano fin troppo impegnati, sul territorio, con le nuove regole di sicurezza da applicare e per scongiurare il calo nelle scorte di sangue. Cosa che è puntualmente accaduta a metà marzo. Febbrilmente anche noi della Comunicazione già da giorni cercavamo di mettere assieme qualche dato che confermasse il calo di donazioni che si preannunciava per il “tuttiacasa”. Insieme, nelle stesse ore, abbiamo diffuso messaggi univoci sui social inventando #ioescosoloperdonare”. E stimolando l’afflusso, addirittura al di là di ogni ragionevole previsione,
dei donatori vecchi e nuovi. Dalle Alpi alle... Colonne dei templi greci. Forse siamo stati bravi a fare tutto questo e tutti assieme, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. O forse siamo stati in qualche modo costretti dagli eventi a colmare i nostri digital gap, a coordinare i messaggi capendo che la geografia sul web è tutta diversa da quella fisica, a negoziare tra noi messaggi, immagini, pensieri che ci rappresentassero davvero tutti. E a diffonderli, il più delle volte, perfino coordinati sullo stesso minuto. E non molliamo. L’Italia avisina della comunicazione e informazione, in caso di ulteriori crisi è sempre “a rete” e “in rete”. Sempre confrontandoci anche online, ogni giorno, insieme. Com’è o dovrebbe essere Avis. E se ci siamo riusciti, se al netto di incertezze o avventatezze abbiamo fatto buona informazione per non far mancare il sangue e il plasma ai malati; ai tempi del coronavirus, nonostante il coronavirus, dopo (speriamo presto) il coronavirus... allora questo tempo di crisi non sarà stato inutile. E lasciateci fare un applauso. Non a noi, ma a tutti voi donatori, vera “sostanza” di Avis.
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ATTUALITÀ TRASFUSIONALE
I dati del 2019: le donazioni calano, l’uso del sangue cresce di / Giovanni Lenzo / Direttore sanitario Avis Veneto
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l 2019 si è chiuso con una leggera flessione per quanto riguarda la raccolta totale di sangue intero nella nostra regione. Siamo passati da 256.594 a 256.091 sacche, con una flessione dello 0.2%. Per gli iscritti all’Avis siamo passati dalle 175.439 sacche raccolte nel 2018 alle 174.728 raccolte nel 2019, con una flessione dello 0.38%. La situazione è diversa nei vari dipartimenti, con tre in crescita e quattro in flessione.Passando ad esaminare la raccolta da donatori Avis, nel dipartimento di Padova è da cinque anni in continua e costante crescita e in quello di Treviso è salita dopo la flessione del 2018 sul 2017. Per quanto concerne gli altri dipartimenti, c’è stata una flessione che varia dallo 0.21% di Vicenza al 2.56 di Venezia. Il dato della raccolta è stato più volte analiz-
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zato e le situazioni che hanno portato al calo di 661 procedure è imputabile a vari fattori, alcuni dei quali sicuramente modificabili. C’è la carenza di personale più volte segnalata da noi e dai capo dipartimento e c’è la mancanza di una scuola di specialità in medicina trasfusionale che aggrava la situazione: trovare medici che vogliano svolgere la loro attività in ambito trasfusionale, provenendo da altra formazione, è difficile. In merito alla flessibilità oraria, più volte abbiamo chiesto che gli orari di apertura siano modificati in funzione delle esigenze dei donatori, promuovendo aperture più lunghe di venerdì e sabato e aperture domenicali dove esse non sono previste. Sempre ci siamo trovati difronte ad un muro di gomma: per mantenere posizioni costruite nel tempo, non si rendono disponibili ad alcun cambiamento. Serve anche una miglior organizzazione della chiamata, visto e considerato che dove la chiamata è gestita totalmente dalle associazioni che conoscono donatori, la risposta è vincente. La formazione del personale addetto alla chiamata è fondamentale per fornire informazioni precise: evita perdite di tempo e garantisce maggior efficienza. Gli indici di trasfuso e raccolta nazionali, de-
sunti dal “Programma annuale di autosufficienza nazionale del sangue e dei suoi prodotti per l’anno 2019”, evidenziano che la nostra regione Veneto si colloca, in termini di utilizzo di emazie, ai livelli più alti tra le regioni del nord (come si vede dalla tabella di confronto 2018/19). Nel corso del 2019, a più riprese, siamo stati costretti a richiedere un supporto extraregionale e a fine anno sono arrivate in Veneto 353 unità di emazie, a fronte delle sole 2 di cui avevamo avuto bisogno nel 2018. Questo è un problema che dovremo affrontare nel 2020 e che si lega all’efficienza della programmazione. Raccolte complessivamente 256.091 unità, trasfuse 243.653, necessitiamo lo stesso di 353 sacche, ciò a significare che in alcuni momenti l’offerta è stata inferiore alla richiesta almeno o totalmente o per alcuni gruppi ematici. Solo con un’attenta analisi dei flussi e con un efficiente servizio di chiamata e prenotazione, potremo evitare che ci sia dispersione delle risorse e che si riprenda ad avere l’autosufficienza durante tutto l’anno. Se la raccolta del sangue intero è in calo, quella del plasma nel cor-
so del 2019 ha sofferto maggiormente. In tutti i dipartimenti, tranne Belluno e Treviso, il segno è negativo con variazioni da -0.72 a -6.84. Le dinamiche e le spiegazioni sono più complesse e sicuramente ha giocato un ruolo negativo la chiusura per parecchie giornate di attività della raccolta in vari dipartimenti. Spesso, a richiesta di spiegazioni sulla chiusura, senza risposte adeguate. Il Veneto ha conferito all’industria farmaceutica circa 710 kg in meno rispetto al 2018, raggiungendo in ogni caso l’obiettivo programmato. Nella prima tabella qua sotto il calo ininterrotto dal 2015 delle plasmaferesi.
I dati definitivi della raccolta del Veneto nel 2019, in particolare per quanto riguarda le plasmaferesi, destano parecchia preoccupazione alla luce delle prossime “sfide” (vedi inchiesta plasma da pagina 6) proprio nel settore del “nuovo oro giallo”.
PLASMA PER FRAZIONAMENTO Monitoraggio del plasma inviato alle aziende convenzionate per la produzione di medicinali plasmaderivati 2019
1. Variazioni percentuali 2019 vs 2018
ITALIA +1,4%
PA TRENTO
+1,1
PA BOLZANO
+0,1%
FRIULI-V. GIULIA
VALLE D’AOSTA
+6,3
-
-0,7%
-0,8% EMILIA-ROMAGNA
+2,3
+5%
MARCHE
- ,6%
LIGURIA
+0,2%
UMBRIA
+4,1%
+1,8%
ABRUZZO
+2,5% +8,3%
MOLISE LAZIO
PUGLIA
+1,4%
+0,7%
CAMPANIA
SARDEGNA
+7,5%
+2,3%
BASILICATA
CALABRIA
+3,3%
SICILIA
-1,3%
MIN. DIFESA
+26%
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+1,7%
VOLONTARIAT0
Padova capitale del Volontariato Il convegno di apertura di Avis di / Emiliano Magistri /
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utelare la salute di tutti attraverso un modello efficiente di inclusione sociale. Con questo obiettivo, l’8 febbraio Avis nazionale, in collaborazione con le Avis regionale Veneto, provinciale e comunale di Padova, ha organizzato il convegno “Senza confini. Il dono tra etica, inclusione e accoglienza”. L’appuntamento, che rientrava nell’ambito delle iniziative per le celebrazioni di Padova capitale europea del volontariato per il 2020, ha rappresentato un momento importante di confronto e dibattito, oltre che all’interno del mondo Avis, anche tra varie realtà associative, medici, rappresentanti delle istituzioni, docenti e pazienti che, proprio grazie all’attività volontaria dei donatori, possono curarsi e vivere. Moderato dalla giornalista Paola Severini Melograni, l’incontro è servito, come ha sottolineato il presidente di Avis nazionale, Gianpietro Briola “a costruire insieme una comunità sempre più unita e solidale. Il nostro ruolo di volontari ci impegna a diffondere la cultura del dono: essere volontari significa guardare all’umanità e per questo vogliamo essere un modello per le persone che hanno bisogno”. Significativo è stato il saluto inviato da Bruxelles, dov’è eurodeputato, di Pietro Bartolo, il medico simbolo dell’accoglienza per aver assistito e curato i migranti sbarcati a Lampedusa: “Aiutare gli altri significa abbattere le barriere. Come ab-
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DONO&VITA
biamo fatto in occasione dei soccorsi in mare, così dobbiamo agire nella vita di tutti i giorni per aiutare chi è più in difficoltà”. Un tema sentito nel corso della giornata di Padova è stato quello riguardante il completamento della riforma del Terzo Settore, questione su cui è intervenuto il Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le Politiche Sociali, Stanislao Di Piazza: “Padova mi ha insegnato che qui esiste un modo diverso di unire il lavoro e l’impegno senza scopo di lucro. Il nostro impegno, come Governo, per ultimare la riforma del Terzo Settore, deve proseguire proprio in questa direzione, tutelando l’attività di chi, come Avis, quotidianamente si dedica agli altri”. L’importanza del volontariato, inteso come “volontariato del sangue”, è stata ribadita anche dal presidente di Avis provinciale Padova, Luca Marcon: “Il dovere che ciascuno di noi deve perseguire è quello di far capire al legislatore cosa c’è dietro l’attività dei donatori e qual è l’esigenza di chi dona e riceve il sangue”. Un sentimento di accoglienza e inclusione che, come ha spiegato il presidente di Avis comunale Padova, Enrico Van De Castel, “vede in questa città il proprio simbolo. Donne e uomini hanno capito quanto aggregante sia il volontariato e la stessa cosa riguarda gli studenti”. Chi ha definito la scelta dei donatori un vero e proprio “pezzo d’Italia”, è stato il presidente dell’Avis regionale Veneto, Giorgio Brunello: “Noi costruiamo ponti, valo-
rizziamo le differenze e uniamo la società in un periodo in cui invece c’è chi è più impegnato ad alzare muri, evidenziare le differenze e dividere”. Xenofobia, razzismo, pregiudizio e paura dell’altro sono invece le “malattie” che, secondo il presidente dell’associazione Migranti della Venezia Orientale, Roberto Soncin, “è possibile curare
attraverso la scelta di regalare il proprio sangue agli altri”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia delle Migrazione all’università di Milano, che ha spie-
gato come ci sia una “percezione distorta dell’immigrazione. Paure e odio sono sentimenti che vengono rivolti a coloro che, invece, in molte situazioni, contribuiscono alla crescita economia e sociale del nostro Paese”. Alle parole del dottore, sempre in tema migranti e integrazione, hanno fatto eco quelle di Andi Nganso, medico camerunense e referente Public Health della Croce Rossa Italiana: “In una civiltà multietnica c’è sempre più bisogno anche di donatori che vengano da aree diverse del mondo. Il razzismo è l’effetto di un Paese e di una società che è ancora alle prese con i problemi di una mancata propria identità”. Il convegno è poi diventato il palcoscenico anche per parlare dell’impegno di Avis al fianco delle persone con disabilità. La responsabile dei progetti comunicativi di Avis nazionale, Claudia Firenze, ha introdotto in anteprima il video progetto di sensibilizzazione realizzato con le ginnaste paralimpiche della Fisdir. La firma di un protocollo d’intesa tra i presidenti nazionali di Avis e Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare), Briola e Marco Rasconi, ha chiuso il convegno impegnando le due realtà a promuovere e diffondere le rispettive attività.
E la nostra Agathe Wakunga emoziona tutt’Italia con la sua testimonianza
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a portato la sua testimonianza di ricevente. “Innamorata” della vita e dei donatori che da vent’anni sono la sua “benzina”. Agathe Wakunga, con il suo splendido sorriso che è un inno alla vita, è stata tra le ospiti del convegno di Padova. Malata di drepanocitosi (anemia falciforme) che le provoca dolori atroci in particolare alle articolazioni, riceve 3/4 sacche di sangue al mese all’ospedale di Treviso. “La trasfusione è l’unica terapia per me - ha raccontato chiamando a presentarla il direttore del nostro periodico Beppe Castellano - e l’ospedale la mia seconda casa. Ogni volta che ricevo una sacca di sangue mi sento rinascere, passo dalla sensazione di non farcela e quasi di non riuscire più a respirare… alla vita! Sento che il sangue entra e circola, riattivando ogni singola parte del mio corpo. È un miracolo. Il miracolo dei donatori”. Arrivò in Italia dal Congo a 21 anni (oggi ne ha 40), e da allora ha ricevuto più di 850 sacche di sangue che le hanno permesso di vivere, studiare, lavorare (in una farmacia trevigiana), innamorarsi, sposarsi e diventare mamma. “Oggi
sono qui per ringraziare tutti i donatori, perché fanno qualcosa di straordinario - ha detto - al personale sanitario, ai volontari e a quanti stanno vicini ai malati come me. È giusto che chi riceve faccia sapere a tutti che cosa fate per chi soffre”. Già ospite del nostro periodico nel numero di settembre 2019, la storia di Agathe è stata ripresa dalla stampa e, su invito di alcune Avis del Veneto, anche nelle scuole. Altre Avis d’Italia l’hanno già “prenotata” per assemblee e iniziative, non appena finirà l’emergenza coronavirus. Una video-intervista ad Agathe, realizzata dalla Redazione, è a disposizione delle Avis tramite richiesta all’email redazione.dono-vita@ avis.it e/o con messaggio sulla pagina Fb del nostro periodico. M.R.
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VOLONTARIATO/SOLIDARIETÀ
Arquata: il nuovo ambulatorio che è anche un po’ “avisino” / Michela Rossato /
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rquata del Tronto. E mozione. Commozione. Entusiasmo. Ma anche rabbia, amarezza, senso di impotenza. Non è facile raccontare a parole il mix di sentimenti vissuto in una giornata particolare come quella del 24 gennaio ad Arquata del Tronto (Ap), nelle Marche.
alla folta delegazione Avis e alle altre realtà che hanno contribuito a realizzare il poliambulatorio – In quattro anni abbiamo avuto quattro commissari diversi per la ricostruzione e la nostra situazione non è rosea”. Le tante abitazioni danneggiate restano inagibili e inavvicinabili, si vive in minuscole casette
Una giornata di festa e speranza per l’inaugurazione del nuovo poliambulatorio, in uno scenario di rovine e desolazione. Impossibile non sentirsi addosso le “ferite” di una popolazione e di un territorio così duramente colpiti dal terremoto del 2016. “L’emergenza non è mai finita e basta vedere come viviamo per capirlo – ha esordito il sindaco di Arquata, Aleandro Petrucci, rivolgendosi
prefabbricate dove trovano posto anche mini market e bar. Difficile opporsi alla tentazione di andarsene a cercare altrove una vita migliore. “Ci riesce la solidarietà, quella vera – ha continuato il sindaco – che nel 2019 ci ha regalato con gli Alpini una struttura ricreativa e oggi questo poliambulatorio per rispondere alle necessità sanitarie dei cittadini”. Realizzata in meno di due anni, la struttura è stata costruita grazie ad una raccolta fondi di Avis nazionale, ad altre realtà di volontariato e privati, con un grande apporto veneto. Una parte della cifra messa insieme viene, infatti, dalle Avis del Veneto e un altro importante contributo
DONO&VITA
Antisismica, in legno e materiali naturali, progettata dallo studio Archdoc Orsini-Calvelli, è composta da quattro ambulatori per visite ed esami cardiologici, ginecologici e pediatrici. Una particolare finestra all’ingresso punta verso l’alto, aprendosi sulla Rocca di Arquata dove un tempo soggiornava la Regina del Regno di Napoli. Oggi è gravemente danneggiata, ma rimane il simbolo storico di questo territorio e della sua voglia di rinascita. Al taglio del nastro era presente anche una delegazione dell’Avis regionale Veneto, con alcune sue Provinciali e Comunali, e della Casa di cura Giovanni XXIII di Monastier che hanno stretto un forte legame con gli amici di Arquata e con il medico di base del luogo Italo Paolini.
da proventi di mammografie ed esami diagnostici effettuati durante i mesi della prevenzione del tumore al seno alla Casa di cura Giovanni XXIII di Monastier (Tv) che è stata partner di Avis regionale Veneto nella raccolta fondi anche grazie a un’idea del nostro periodico “Dono&Vita”. Il nuovo servizio sorge sui resti dell’ex “casa dei dottori” con il nome “Centro socio sanitario Assieme”, a dimostrare la forza della solidarietà laddove non arriva lo Stato. Un servizio essenziale per la popolazione e per i turisti che, a poco a poco, stanno tornando nei parchi naturali della zona, rimettendo in moto l’economia.
Tante le Avis, molte dal Veneto, all’inaugurazione del Poliambulatorio di Arquata del Tronto (AP). Fu finanziato in parte grazie ai fondi raccolti assieme fra Avis e Casa di Cura Giovanni XXIII 1/2020
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VOLONTARIATO/SOLIDARIETÀ
Continua con ottimi risultati la collaborazione Admo-Avis / Manuela Fossa /
Bilancio 2019 anche per un’Admo provinciale, quella di Venezia, che ha organizzato tante iniziative in sinergia e collaborazione con le Avis
Mestre: Due iniziative in cui ambedue le associazioni si “esponevano” insieme.
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enezia. Per Admo Venezia il 2019 è stato un anno di intenso lavoro e di qualche sacrificio, ma soprattutto di grande gioia per il numero 585. Non un semplice numero, ma la somma di tanti ragazzi che hanno deciso, nel corso dell’anno,
associazioni giovanili e del territorio. Il grazie più grande deve andare al gruppo di volontari che ha tenuto duro in anni davvero bui e che poi si è rinnovato cercando di sfruttare al meglio le proprie potenzialità. Una parte di questo risultato si deve alla collaborazione con Avis, è quello che si
di iscriversi al Registro dei donatori di midollo. 585 speranze in più per i tanti, troppi malati, ancora in attesa di trapianto, di trovare un donatore compatibile per poter riprendere in mano la propria vita. Tanto lavoro è stato fatto nelle scuole, nelle piazze, cercando i contatti con le
riesce ad ottenere quando si collabora davvero, fianco a fianco, a volte con confronti accesi, ma senza egocentrismo o campanilismo. I malati che trovano un donatore compatibile, per poter superare le terapie e il successivo trapianto hanno bisogno di tantissime sacche di sangue, plasma e piastrine, quindi della generosità dei donatori. Le due associazioni lavorando insieme possono fare davvero molto di più che non lavorando singolarmente, così come avviene anche con le altre associazioni del dono, Aido in primis. Basti pensare alle meravigliose ragazze che si occupano dell’accoglienza dei donatori Avis nei Centri trasfusionali della nostra provincia. In quelle sale di attesa i donatori trovano un sorriso, la competenza nelle informazioni e anche la possibilità di conoscere Admo. Grazie a voi ragazze e un grazie sincero a tutti coloro che in Avis sanno di averci dato una mano.
DONO&VITA
MEDICINA E RICERCA
Consegnati i fondi Campagna 2019 a Fondazione Tes e Ape
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l Direttivo di Avis regionale Veneto ha consegnato il 16 dicembre 2019 a Tes (Fondazione per la biologia e la medicina della rigenerazione) e ad Ape (Avis per il progresso ematologico) quanto raccolto su tutto il territorio nella prima “Giornata della ricerca” a sostegno dei progetti di ricerca sull’utilizzo delle cellule staminali nel campo dell’emofilia A, dell’infarto del miocardio e della degenerazione della cartilagine articolare. Progetti che da alcuni anni, grazie al contributo di tanti cittadini e di Avis comunali e provinciali, stanno facendo importanti passi in avanti, come vediamo nell’ampio servizio in queste tre pagine. Nella stessa occasione è stato consegnato a Tes anche quanto raccolto tramite il 5 per mille che, ricordiamo, Avis Veneto desti-
na interamente alla ricerca. A ricevere l’assegno dal presidente di Avis regionale Giorgio Brunello è stato il nuovo presidente di Tes, dott. Alberto Argentoni. Direttore scientifico è il prof. Pierpaolo Parnigotto.
Quello che metteremo in campo per il 2020
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opo la positiva esperienza della “Giornata Avis per la Ricerca” del 2019, nel 2020 i rafforza il sostengo di Avis a Tes. L’obiettivo è offrire alle realtà comunali e provinciali diverse proposte per l’attivazione di raccolte fondi, cogliendo le specifiche opportunità di ogni territorio. - il 5X1000 a Tes, che vedete pubblicato nella nostra seconda di copertina, è la prima modalità di raccolta fondi: attraverso le Avis provinciali sono in distribuzione locandine e cartoline; - l’organizzazione della “Giornata Avis per la Ricerca”, una manifestazione simbolica che metteva insieme tutte le Avis in una data comune. L’invito era ripetere l’esperienza all’interno degli eventi e nei contesti più interessanti di ogni territorio. Proprio per adattarsi a situazioni e pubblici anche diversi, insieme alle confezioni di olio Evo extravergine d’oliva stavamo pensando ad altri gadget solidali, insieme a materiali di comunicazione specifici, ma tutto è saltato; - grazie alla partnership con TreCuori, ognuno potrà raccogliere fondi a favore di Tes anche
con un gesto quotidiano come fare la spesa, fare benzina o andare in pizzeria. Scegliendo infatti i numerosi esercizi TreCuori sarà possibile raccogliere punti, e quindi corrispettivi in denaro, in modo del tutto semplice e gratuito (maggiori dettagli nel box a pag. 35); - per l’inizio del nuovo anno scolastico saranno attivi alcuni laboratori didattici ludico-scientifici da proporre come attività formativa a scuole elementari, musei e ludoteche per bambini a fronte di una donazione a favore di Fondazione Tes: un’occasione anche per avvicinare i bambini ai temi della scienza e raggiungere indirettamente le loro famiglie; Infine Vi invitiamo tutti a seguire la pagina Facebook https://www.facebook.com/fondazioneTES/ per restare aggiornati e a scrivere a info@fondazionetes.it per ogni suggerimento o idea di attivazione.
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Fondazione TES per la Biologia e la Medicina della Rigenerazione -
Consegna assegno: L’ideale consegna dei fondi raccolti dalle Avis con la campagna “Senza ricerca non c’è futuro” del 2019.
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MEDICINA E RICERCA
Tes, il punto della situazione sulle ricerche scientifiche a cura di / Michela Saviane /
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es, Fondazione per la Biologia e la Medicina della Rigenerazione, studia le cellule staminali e i meccanismi che ne regolano la produzione e il funzionamento. Le applicazioni dei risultati di queste ricerche possono essere utilizzati in tutte le branche della medicina fino all’ingegneria dei tessuti. Grazie al generoso impegno dei tanti sostenitori e volontari Avis, che si dedicano ad attività di raccolta fondi sul territorio, attualmente Tes è impegnata in 7 progetti di ricerca e son in fase di avvio altri 5 progetti. Facciamo il punto.
Progetti in corso 1) Siamo in fase applicativa di un progetto per lo studio e la realizzazione di un materiale sintetico per la ricostruzione dei tessuti danneggiati permettendo l’applicazione di cellule staminali. È già stato depositato un brevetto presso l’Università degli Studi di Padova e i dati sperimentali ottenuti dallo studio sono stati pubblicati in una prestigiosa rivista scientifica. 2) In collaborazione con l’università di Padova e l’Ulss 2 e, in particolare, con il Centro per l’Emofilia dell’Ospedale di Castelfranco Veneto (TV) stiamo studiando l’utilizzo di cellule isolate dalla cartilagine di pazienti emofilici per costruire delle protesi autologhe utili per ripararne i danni. I dati sperimentali ottenuti dallo studio sono già stati pubblicati in una rivista scientifica. Il progetto di ricerca è in corso; 3) Sempre in collaborazione con l’Università di Padova e il Centro per l’Emofilia dell’Ospedale di Castelfranco Veneto, si sta sviluppando un secondo progetto che prevede lo studio di una terapia con cellule staminali come alternativa alle strategie attuali per il trattamento dell’emofilia, una grave malattia emorragica ereditaria. Il
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progetto di ricerca è in corso; 4) In collaborazione con l’Università di Padova e il Servizio Trasfusionale dell’Ulss 1 di Belluno, è stato avviato lo studio su un materiale prodotto dalla separazione del sangue dello stesso ammalato: le membrane leuco-fibrino-piastriniche. I risultati di questo studio sono già stati presentati ad un Congresso Internazionale a Dublino. Lo sviluppo della ricerca è in corso ma le membrane sono già utilizzate in ortopedia; 5) In collaborazione con l’Istituto di Anatomia Umana e con la Chirurgia Pediatrica dell’Università degli Studi di Padova, partecipiamo alla ricerca per la realizzazione di un sostituto tessutale potenzialmente utile nel trattamento della Sindrome dell’intestino corto, una forma di malassorbimento. La ricerca è in corso e a breve sarà possibile avviare la sperimentazione sugli animali; 6) In collaborazione con l’Istituto di Anatomia Umana dell’Università degli Studi di Padova, sono state realizzate delle protesi ingegnerizzate per la rigenerazione di nervi periferici lesionati a causa di patologie o traumi. La ricerca è in via di conclusione con la prospettiva di brevettare le protesi realizzate; 7) Continua la ricerca per caratterizzare e trovare nel sangue periferico delle popolazioni di cellule staminali multipotenti. I nostri ricercatori dell’Università di Padova hanno già pubblicato sulla prestigiosa rivista Nanomedicine uno studio sulla possibilità di ottenere cellule nervose mature a partire da cellule staminali circolanti nel sangue periferico umano. Un dato non scontato raggiunto dopo 13 anni dalla prima intuizione.
Progetti in fase di avvio 1) Si avvierà a breve una ricerca su modello animale (topi) per il trattamento della emofilia A tramite il trapianto nel fegato del malato di cellule staminali, isolate da sangue periferico e da preparati ematici. La ricerca si svolgerà presso l’Università degli Studi di Padova e il SIT di Castelfranco Veneto; 2) Studiare strategie terapeutiche per rimpiazzare le cellule del cuore morte a causa di ische-
MEDICINA E RICERCA
mia con cellule staminali in grado di rigenerare il tessuto cardiaco: la ricerca si svolgerà presso l’Istituto di Anatomia generale e la Clinica Cardiologica dell’Università degli Studi di Padova; 3) Sviluppare il design e la produzione in laboratorio di una innovativa bioprotesi “intelligente” per la riparazione di danni cartilaginei focali (i più comuni al ginocchio): la ricerca si svolgerà in collaborazione con il Servizio trasfusionale di Belluno; 4) Mettere a punto un confronto tra cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale (CSC) che hanno superato i 18 anni di crioconservazione e cellule staminali circolanti (CSP) provenienti dallo stesso donatore adulto: la ricerca si svolgerà presso il Servizio trasfusionale e la Banca del sangue cordonale di Treviso per una durata prevista di 5 anni; 5) Stiamo infine predisponendo una ricerca sulla Malattia Minima Residua (MMR) in pazienti che sono stati sottoposti ad autotrapianto per
malattie tumorali del sangue. Si baserà su una modalità innovativa: l’approccio multiomico. Verrà realizzata presso il Servizio trasfusionale di Treviso, durata prevista 3 anni.
TreCuori, una Ricerca. Sosteniamo i progetti con le scelte d’acquisto di ogni giorno
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l TreCuori è una piattaforma di marketing sociale: mette cioè in relazione persone, imprese e no-profit creando un circuito virtuoso con benefici per tutti. Come funziona TreCuori? Migliaia di erogatori di beni e servizi in tutta Italia (ristoranti, pizzerie, alberghi, negozi, distributori di benzina, palestre…) hanno aderito al circuito, decidendo di effettuare per ogni acquisto superiore ad un certo valore una donazione alla no-profit scelta dal proprio cliente. Gli esercizi sono davvero tantissimi e approfittarne è davvero semplice. Come si fa? - Ci si iscrive una volta sola alla piattaforma TreCuori,attraverso il link diretto bit.ly/tes_trecuori, seguendo il QR code a fianco oppure alla pagina https://www. trecuori.org/family/ - Si individuano gli esercizi convenzionati più vicini sul sito (https://www.trecuori. org/searchp.php) o sull’App gratuita scaricabile sul proprio cellulare. - Al momento dell’acquisto nel negozio convenzionato, si richiede al negoziante
il buono TreCuori (un voucher cartaceo con un codice corrispondente all’importo da poter donare). - tramite l’app o il sito (https://www.trecuori.org/family/) si registra il voucher, scegliendo di destinarlo a Fondazione Tes. Per chi non ha dimestichezza con il web è ancora più semplice: è sufficiente ritirare il buono in negozio e portarlo alla propria Avis Comunale che provvederà a consegnarlo a Fondazione Tes entro 15 giorni. Inoltre, nel caso un volontario Avis conoscesse un’attività commerciale interessata ad a entrare nella piattaforma TreCuori, e quindi a godere di questa opportunità di promozione che non comporta alcun costo fisso, ma solo costi variabili stabiliti da lui stesso, i vantaggi per Tes sono ancora maggiori. Per maggiori informazioni su questa ulteriore opportunità scrivete a info@fondazionetes.it
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GIOVANI, SCUOLA
Best entra nel vivo dell’azione: diecimila studenti coinvolti / Michela Rossato /
Dieci le scuole superiori coinvolte nel Veneto, 70 complessivamente in 12 Regioni italiane. Per il Veneto: Iis “Levi-Ponte” (Mirano) e Isis G. Luzzatto” (Portogruaro) per la provincia di Venezia; il Liceo “ G. Cotta”, l’Enaip Veneto e l’Istituto professionale “G. Medici” (Legnago) per il veronese; l’Iis “E. Scarpa” (Montebelluna) e l’Isis “F. Nightingale” (Castelfranco) per Treviso; l’Ipsia “E. Bari” (Badia Polesine) per la provincia di Rovigo e le due scuole Iss “G. Valle” di Padova e Ite “Calvi” di Belluno.
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iprenderà alla riapertura delle scuole, in Veneto e in altre 11 regioni, il progetto “Best Choice: Benessere, educazione e salute nel territorio” di Avis, finanziato dal Ministero del Lavoro e Politiche sociali. Volontari ed esperti della salute sono entrati in 70 istituti superiori per parlare di tutela del benessere e della salute, di volontariato e altruismo. Cosa che in Veneto Avis già fa da anni con il suo progetto scuola regionale, ma con una sostanziale differenza. Best raggiunge ragazzi delle superiori, ma più piccoli (tra i 15 e i 16/17 anni) e affronta i temi da loro suggeriti. Vale a dire i corretti stili di vita, i comportamenti sessuali a rischio, i fenomeni di bullismo e cyberbullismo, il rapporto con il cibo e con il proprio corpo, l’abuso di alcool, fumo e droghe. A decretare questa rosa di temi è stata un’indagine che ne ha coinvolti
Anche l’ABVS punta su stili di vita e alimentazione BELLUNO. Da quattro anni, l’Abvs ha intrapreso nel bellunese un percorso promozionale incentrato sui temi relativi ai corretti stili di vita e alla sana alimentazione. Nel 2019 il ciclo di incontri ha visto come protagoniste alcune realtà sportive del territorio. La dr.ssa Annarita Gambalonga ha potuto presentare
DONO&VITA
ai tanti ragazzi presenti i principi di uno stile di vita sano, sfatando i tanti miti che da anni aleggiano in materia di dietologia e alimentazione. Un seme di buone abitudini e corretti stili di vita piantato nelle giovani leve del domani, anche in prospettiva di un loro avvicinamento alla donazione. B.I.
migliaia. Un numero più ristretto di ragazzi, su base volontaria, elaborerà alla fine alcune campagne di sensibilizzazione attraverso un contest. “Saranno coinvolti direttamente nell’ideazione di percorsi di promozione della salute e di prevenzione tramite video o altre produzioni – spiega il coordinatore nazionale di Best, Stefano Iezzi – diventandone loro stessi portavoce”. Due giurie (una tecnica e una popolare) decreteranno l’idea progettuale più valida e significativa che diventerà a tutti gli effetti una campagna di comunicazione a diffusione nazionale. A livello regionale e locale sarà possibile ideare anche uno dei progetti non vincitori. Dodici le Avis regionali coinvolte, con quella del Veneto capofila. “Il progetto ha richiesto un grande impegno e un gran lavoro di rete – sottolinea il presidente di Avis Veneto, Giorgio Brunello - ma ci crediamo tanto, come crediamo nei giovani e nella scuola quale luogo formativo anche in fatto di salute”. Le altre Avis regionali coinvolte sono Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Piemonte, Sicilia, Toscana, Trentino, Umbria, Valle d’Aosta. Partner sono Avis nazionale, Aido di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Piemonte,
Admo Liguria e Medici per la Pace. Collaborano, inoltre, Aido e Admo Marche, Regione Veneto (assessorato ai servizi sociali), Università di Genova, Segretariato Italiano Studenti Medicina, Centro Servizi Volontariato di Genova, Savona e Imperia, Azienda Sanitaria Liguria, Azienda Sanitaria 4 Veneto Orientale, Ufficio Scolastico Liguria, Anci Veneto, Simti e Cittadinanzattiva.
Sempre più porte aperte ai giovani in Avis Venezia
aveva organizzato un seminario sulla donazione di sangue, doveva essere il primo di una lunga serie. Aperto a tutti gli studenti, l’evento è inserito nella programmazione sociale dell’Ateneo con relatori il rettore prof. Michele Bugliesi, il primario dott. Gianluca Gessoni e la presidente dell’Avis comunale Venezia Patrizia Springolo.
Conferenza stampa: la presentazione del Progetto BEST in sede Avis regionale
A donare: Alcuni nuovi aspiranti donatori in laguna
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ENEZIA È iniziato con un valzer di appuntamenti destinati ai giovani il 2020 dell’Avis di Venezia. A febbraio una ventina di studenti dell’Istituto Navale Militare Morosini e dell’Istituto Fermi si sono recati al Centro trasfusionale dell’ospedale civile per la visita di idoneità. A marzo, invece, per il secondo anno consecutivo, il centro doveva aprire le porte per due pomeriggi alle idoneità di oltre 30 studenti e del personale docente ed amministrativo dell’Università Ca’ Foscari. Si svolgerà a data da destinarsi.nAi giovani soci meritevoli, Avis Venezia ha voluto destinare anche delle borse di studio: cinque a cafoscarini e sedici ai migliori studenti delle quinte superiori delle scuole del centro storico di Venezia. Verranno premiati, come consueto, durante la giornata del donatore a settembre. Con l’Università di Ca’ Foscari, a marzo Avis
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GIOVANI, SCUOLA
Servizio Civile “azzoppato” dal Covid-19, ma riprenderà / Laura Cendron /
Sono arrivati i giovani che svolgeranno il Servizio civile nelle nostre Avis. Dal 20 febbraio hanno preso servizio, ma la loro attuvità è stata purtroppo stoppata dall’emergenza Coronavirus. Riprenderanno appena si sarà stabilizzata la situazione, probabilmente assieme ad altri disponibili.
Asmae Bibaouen in foto nel primo giorno di servizio: qua sotto con il direttore, a lato con Mauro Favret e Laura Cendron.
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opo le selezioni tenutesi a novembre, lo scorso 20 febbraio hanno presso avvio i progetti di servizio civile in Avis. Al momento i volontari in servizio sono 8 (Asmae in sede regionale, Nicolò all’Avis comunale di Chioggia, Hind Comunale di Verona, Irene e Linda presso l’Avis provinciale di Padova, Alessandro per la Provinciale di Rovigo, Micol e Giuliana alla Provinciale di Venezia). Almeno altri 3 volontari sono in attesa di poter iniziare; purtroppo la situazione di emergenza sanitaria causata dal Coronavirus ha avuto non poche ripercussioni sul servizio civile: il 10 marzo il Dipartimento per
In Avis Regionale è arrivata Asmae
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smae Bibaouen, 28 anni, viene dal Marocco. È in Italia da più di 17 anni, assieme alla famiglia ha raggiunto il padre che era già in Italia da anni. Diplomata in scienze sociali, è studentessa all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Studia lingue e civiltà e scienze del linguaggio, e tra le lingue anche quella dei segni, la lis. Nel prendere servizio in Avis regionale, il 20 febbraio, è stata accolta dal segretario Mauro Favret e dal Direttore responsabile del nostro periodico Beppe Castellano. Qua sotto la sua prima impressione sull’Avis.
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are la volontaria in Avis non è stata una scelta a caso. È dovuta al ruolo che svolge l’associazione nel nostro territorio. Grazie all’associazione e ai suoi donatori periodici che donano il sangue regolarmente, tanti ammalati possono salvare la propria vita o ritrovarne una normale. I donatori offrono il loro sangue senza sapere a chi va, senza chiedersi se si tratterà di una persona italiana o straniera, cristiana o di altra religione. Sanno soltanto che il loro sangue andrà sicuramente a qualcuno che ne ha reale bisogno, persone che danno, senza ricevere nulla in cambio se non la soddisfazione
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le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale ha sospeso con una circolare tutti i progetti e i subentri sino ad aprile. Bisognerà attendere quella data e le successive disposizioni del governo per capire come si evolverà la situazione. In diverse sedi ci sono posti vacanti (1 in Regionale, 1 a San Donà di Piave, 1 in Avis provinciale Rovigo, 2 presso l’Avis provinciale di Treviso, 1 presso la Provinciale di Verona): i ragazzi risultati idonei, ma non selezionati nelle graduatorie di altri progetti, possono richiedere di subentrare. Per maggiori informazioni, contattate la segreteria regionale: 0422405088 - avis.veneto@avis.it.
DONO&VITA
che provano dopo questo grande gesto. È stato questo il motivo principale che mi ha spinto a chiedere di svolgere il Servizio Civile in Avis. Appena iniziato, il 20 febbraio, ho avuto modo di scoprire anche tutte le altre attività svolte dall’associazione. In particolare la sensibilizzazione nelle varie scuole del territorio, l’organizzazione dei vari eventi per promuovere il dono e altro ancora. L’obiettivo è sempre lo stesso, quello di garantire la quantità di sangue e plasmaderivati necessaria per gli ammalati e di conservare questo valore in futuro. Sono convinta che sarà un anno molto interessante e stimolante. A.B.
Semplificare, per... convincere di / Manuela Fossa /
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estre. Poco ricambio dei volontari e costante calo, negli ultimi anni, delle donazioni… come se ne esce? Nessuno ha la soluzione in tasca, ma da qualche parte bisogna pur iniziare. E così l’Avis comunale di Mestre Marghera, come già fanno egregiamente altre Avis nel territorio veneziano, ha deciso di potenziare, con energie e risorse economiche, il bellissimo lavoro degli operatori scuola nelle classi quarte e quinte di quasi tutti gli istituti scolastici superiori mestrini. Le attività del progetto scuola di Avis provinciale e regionale hanno, infatti, un impatto molto forte sui ragazzi e quest’anno abbiamo provato ad aggiungervi la testimonianza di un giovanissimo ragazzo che ha superato la dura lotta con la malattia anche grazie alle sacche di tanti generosi e sconosciuti donatori. La seconda novità riguarda il dopo
attività. Molti tra gli studenti delle classi coinvolte lasciano i loro contatti sul modulo “primi passi” di Avis, ma parecchi li perdiamo. Perché? Per pigrizia, timore o perché una vita piena di impegni prende il sopravvento? Per capirlo e venire incontro ai ragazzi, la nostra Comunale ha semplificato la procedura e organizzato delle mattinate dedicate alle visite di idoneità, con successiva prima donazione di chi risulta idoneo, presso il centro raccolta dell’ospedale dell’Angelo a Mestre. Una novità che trova l’indispensabile collaborazione di tutto il personale di Avis SRC e, dall’altra parte, degli insegnanti dell’Istituto Berna, dei Licei Bruno, Franchetti e Morin che hanno accolto favorevolmente l’iniziativa. Impegno non da poco per Avis, perché va dal trasporto all’accoglienza, al sostegno economico, ma siamo convinti che sia una delle strade da percorrere per iniziare la risalita.
Murale “giovane” per Sommacampagna
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erona. Un murale nella sede Avis Sommacampagna. È stato inaugurato il 1° dicembre, presenti i donatori, il presidente Marco Manara, la vice Anna Rosa Martini, il segretario Riccardo Bovo, il tesoriere Giorgio Zenatti e i consiglieri Matteo Accordini, Fabio Bernuzzi, Camilla Ferrari e Fabio Marangoni. Il murale è un’opera di “Progetto Mula”, laboratorio murale, dove un gruppo di ragazze e ragazzi tra i 16 e i 20 anni con educatore Giovanni Leso ha intrapreso un bellissimo percorso di coscienza di gruppo. Un progetto partito dall’ex assessore Alessandra Truncali. Significativa la frase scelta: “Sparirà con me ciò che trattengo, ma ciò che dono resterà nelle mani di tutti”, frase del poeta, prosatore, drammaturgo e filosofo bengalese Rabindranath Tagore. Il murale è stato curato dalle giovani Asia, Chiara, Sara e Vittorina. Alla base dell’albero gocce di sangue, linfa per la crescita della pianta e ravviva una parte dell’ampliata sede.
Sono intervenuti per l’occasione anche il sindaco Fabrizio Bertolaso, il suo vice Giandomenico Allegri, il consigliere Maurizio Cassano, il parroco don Alessandro Martini e una rappresentanza della locale Protezione civile. La sede è aperta ogni prima domenica del mese sino alle 12, con cell. 3755875164 (dopo le 19.00) mail: sommacampagna.comunale@avis.it e pagina Fb Avis Giovani Sommacampagna.
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FORUM 7 - TREVISO/VERONA
Le sfide del 2020 nella Marca da / Avis Provinciale Treviso /
T Uniformi nel Donare: La giornata dedicata alla donazione delle forze dell’Ordine e della Sicurezza al Centro trasfusionale di Treviso. Ormai una tradizione da molti anni.
reviso. Bilancio 2019 e sfide per il 2020 per la presidente dell’Avis provinciale Vanda Pradal. Cari amici e care amiche, l’anno che abbiamo da poco lasciato alle nostre spalle è stato sicuramente impegnativo, ma ricco di soddisfazioni. Abbiamo registrato, rispetto all’anno precedente, un +1% nella raccolta di sangue, con circa 49.000 sacche e un dato ancora più positivo nella raccolta del plasma, che ha segnato un +2%. Se questo risultato così importante è stato possibile, è solo grazie al costante e tenace contributo di tutte le Avis comunali. Viviamo un tempo di fermenti, ma anche di difficoltà sociali, in che modo sta cambiando la figura del donatore?
Mestre: attività della Indubbiamente, insieme alla società muta anComunale nelle Scuole che l’approccio alla donazione. Lo schema delle superiori della città.
quattro donazioni all’anno non vale più come un tempo e per questo dobbiamo aumentare il numero dei nostri donatori. Da anni stiamo investendo nei giovani, perché crediamo in loro e nel contributo decisivo che possono dare all’Avis. Quali migliorie sono state introdotte nel 2019 per facilitare le procedure per la donazione? Il nostro ufficio di chiamata provinciale è stato rafforzato con l’assunzione di una persona dedicata a tempo determinato. Notevole è stato anche l’impegno con i Centri trasfusionali per garantire la continuità dei servizi e il mantenimento del consueto calendario di raccolta, vista l’annosa mancanza di medici che attanaglia la sani-
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tà pubblica. In questo difficile quadro generale, ribadiamo il nostro ruolo di partner della sanità. Che cosa avete messo in campo per i volontari? Numerose iniziative provinciali per incrementare la raccolta di sangue, ma anche per formare i volontari. A questo proposito vorrei ricordare il grande successo della due giorni di Nebbiù con le altre Avis provinciali, dove i tavoli di lavoro hanno portato a confrontarsi, a rafforzare la consapevolezza e la preparazione di chi partecipa attivamente al mondo del volontariato basato su tre capisaldi: accoglienza, competenza e il fare squadra. In che modo l’Avis provinciale di Treviso parla ai giovani? Con semplicità, in modo autentico, andando con i nostri volontari nelle scuole elementari, medie e superiori per avvicinare ragazzi e ragazze alla donazione come gesto che li veda protagonisti nella maggiore età. Il nostro impegno in questo senso è stato ancor più valorizzato grazie al Forum Giovani e ribadito alla cittadinanza attraverso le giornate di donazione delle forze dell’ordine, “Uniformi nel donare” e dei giornalisti. Il 2019 è stato anche l’anno di un’impresa, quale il bilancio? Il viaggio del donatore Marco Toppan che ha attraversato l’Italia in bicicletta in qualità di ambasciatore del Tempio del Donatore, è stato molto positivo. Ringrazio Marco per aver portato un’ondata di trevigianità in tutto il nostro Paese. Con gioia e serietà ha creduto nella causa fino in fondo, è un vero eroe del nostro Tempio, emblema del dono, che dobbiamo sostenere con convinzione, affinché si arrivi presto ai lavori di sistemazione e quindi alla riapertura. Il Tempio vuole ricordare quanti hanno creduto, con il proprio dono, alla solidarietà verso il più debole e a quanti ci credono, e vuole essere un faro per le nuove generazioni. Quali sfide per il 2020? Lavoreremo tutti insieme per incentivare la donazione e per ringiovanire la nostra squadra con l’ingresso di tanti giovani, ma dovrà scaturire anche un’attenzione alla formazione dei dirigenti Avis del domani, chiamati a dare visibilità al dono.
Altissima media, ma non basta di / Michela Maggiolo, presidente Avis Provinciale Verona /
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erona. Nella nostra provincia lo scorso anno le donazioni hanno avuto una contrazione del 2%, a fronte di un aumento della domanda di oltre il 3%. Molte sono le motivazioni che potremmo esporre a fronte di questa flessione di donazioni note all’associazione, come il cambiamento di stili di vita, il minor numero di donazioni pro capite, ecc., ma da un paio di anni dobbiamo far fronte a una nuova realtà: la mancanza di medici trasfusionisti. Questo in particolare ha causato, dopo aver sopportato la diminuzione di un centinaio di giornate di apertura dei centri di raccolta da inizio 2019, dallo scorso aprile se ne sono aggiunte altre cento: la chiusura delle Unità di Raccolta di Caprino Veronese, Isola della Scala, Villafranca, Malcesine e dimezzato la raccolta di sangue del sabato e della domenica presso il Centro trasfusionale di Bussolengo per la presenza di un solo medico. Tutto questo ha creato notevoli disagi ai donatori di quelle aree, costretti a spostarsi ad altre ben più lontane unità di raccolta della provincia per donare e purtroppo molti hanno, per vari motivi, diradato la normale frequenza. Nel frattempo, per superare questa problematica situazione, sono stati stipulati alcuni contratti libero-professionali per andare a coprire parzialmente le carenze nelle sedi di raccolta sopracitate, in attesa di un Concorso regionale per dirigenti medici trasfusionisti per 18 posti in tutto il Veneto di cui 4 per l’Aoui di Verona e 3 per l’Ulss9 Scaligera. Il nuovo anno, quindi, inizia con soddisfacenti auspici per molti donatori di sangue della nostra provincia. Riaprono, ma con aperture però dimezzate rispetto gli anni precedenti, le unità di raccolta di Caprino Veronese e Isola della Scala, Villafranca e Malcesine: il 1° e 3° giovedì per Caprino, il 2° e 4° giovedì per Isola della Scala di ogni mese e tutti i mercoledì e il 2° sabato del mese a Villafranca. Per quanto riguarda invece Malcesine dove i prelievi erano trimestrali, diventano bimestrali, il secondo martedì dei mesi dispari. In molte occasioni abbiamo denunciato queste criticità, sia a livello regionale sia ai direttori dell’Ulss 9, ci auguriamo che questo sia un inizio per tornare al più presto alla normalità. I dona-
tori fanno la loro parte, ma devono trovare percorsi agevolati, in particolare con più aperture di sabato e di domenica, per poter, con continuità e entusiasmo, tornare a donare con regolarità. Nella nostra provincia si dona
molto: 57 donazioni per 1000 abitanti! La media nazionale è di circa 40 donazioni. Però non bastano. Nel 2020 per garantire l’autosufficienza di sangue in tutti gli ospedali della provincia, il Dipartimento Provinciale di medicina trasfusionale dovrà ricevere 6500 unità di sangue, 2000 da Vicenza e 4500 da Treviso.
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Pensiline: anche di notte l’invito sorridente a donare sangue è per le strade di Verona e provincia. Un modo per riflettere, nell’attesa del bus. In alto: Michela Maggiolo
FORUM 7 - ROVIGO/VICENZA
Dalla Consulta dei presidenti... da / Redazione Provinciale Rovigo /
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ovigo. L’Auditorium dell’ospedale “S. Maria della Misericordia” di Rovigo ha ospitato il 14 dicembre la consulta dei presidenti, degli amministratori e dei segretari delle Avis comunali del Polesine. L’incontro è stato coordinato dalla presidente provinciale Barbara Garbellini, assieme a Maurizio Besola, Sara Scarabello e Michele Maghini. Erano presenti la dott.ssa Cinzia Scipioni primario facennte funzioni del Dimt e la direttrice sanitaria dell’Ulss5 dott. Barbara Cavallaro. In primo piano il trend donazioni che, nonostante le oscillazioni, ha permesso di garantire l’autosufficienza nei tre ospedali del territorio, di rispettare gli invii in Sardegna e di sostenere i centri trapianti di Verona e Padova. La dott.ssa Scipioni ha illustrato l’attività di
Donne per Donare: Barbara Garbellini (a sinistra) e Sara Scarabello nel “grazie” rivolto a nome di tutta l’Avis alla dottoressa Franca Gavioli, al centro della foto.
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raccolta dei Centri trasfusionali di Rovigo, Trecenta e Adria, i disagi dovuti alle nuove disposizioni di legge e ha affermato come il calo donazionale non sia dovuto a una cattiva gestione sulla chiamata dei donatori, bensì all’avvio di nuove tecniche chirurgiche inserite nel progetto Cobus (Comitato Buon uso del sangue) che permettono l’utilizzo di un numero minore di sacche di emazie. Attraverso la sinergia con l’associazione dei donatori si sta facendo in modo che il sangue sia ben utilizzato. C’è poi stato il “grazie” della Provinciale alla dott. ssa Franca Gavioli, che, dopo tanta dedizione al Centro Trasfusionale di Trecenta, è andata in quiescienza. La Gavioli, dal 1992 al trasfusionale a servizio dei donatori dell’Alto Polesine, ha a sua volta ringraziato le Avis comunali per quanto fanno per avvicinare i cittadini alla donazione, favorire relazioni e scambi di informazioni e creare la rete della solidarietà. Nel tempo ha visto una crescita, merito di uno stimolante dialogo rispettoso, e la creazione di un ponte fra la parte tecnica del trasfusionale e la parte umana dell’associazione. I lavori sono poi proseguiti con la presentazione del libro “Quando le storie diventano doni” scritto da Sandra Trambaioli ed illustrato da Sofia Boccato, frutto della co-progettazione associativa con il supporto del CSV. Il testo è dedicato ai bambini di età prescolare e delle prime classi delle scuole primarie ed è uno strumento per prevenire e contrastare il fenomeno del bullismo, che negli ultimi tempi sta diventando dilagante, attraverso la centralità dei valori base nel rapporto fra persone: perdono, condivisione ed amicizia. “È un libro che aiuta i bambini a crescere, creando relazioni positive - ha sottolineato Paolo Antonini, per il CSV di Rovigo “Polesine Solidale”. L’autrice Trambaioli ha voluto condividere il significato della parola “stupore” e dell’importanza di questa emozione perché, a tutte le età, permette di essere creativi e soprattutto di essere se stessi, mentre la tecnologia, che ci sta sempre assillando, crea un mondo di finzioni. In supporto alle Avis comunali, sarà il Gruppo Giovani provinciale, coordinato da Matteo Celeghin, a portare la novità nelle scuole. Modulistica e tempistica per gli adempimenti statutari delle Avis comunali hanno chiuso la Consulta.
Un 2019 “rinforzato” nelle scuole di / Giovanni Vantin, presidente Avis provinciale Vicenza
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icenza. Osare, mettendo in campo quanto più possibile per tenere questa generazione agganciata alla cultura del dono. Osare di più nel fare rete, condividere le buone prassi, unire forze e iniziative che diano risalto all’attività Avis, cogliere tutte le occasioni per veicolare il nostro messaggio, farci riconoscere per il valore insostituibile della donazione del sangue. Dopo un primo anno di mandato dedicato all’ascolto, alla conoscenza e al funzionamento del nostro sistema organizzativo, il bilancio è di un 2019 sicuramente più intenso e operativo per la nostra provinciale. Tra le iniziative forti c’è stata l’organizzazione, con l’Avis comunale di Bassano del Grappa, dell’assemblea regionale ad aprile, la raccolta fondi per la Fondazione Tes con la distribuzione dell’olio d’oliva, il riconoscimento di Bassano e Valdagno come “Città del Dono”, l’incontro formativo di attività trasfusionale a Vicenza con il dott. Corrado Sardella a settembre, la partecipazione alla festa della Rua a Vicenza, la premiazione del donatore Mariano Pasquai arrivato alle 200 donazioni, la partecipazione al convegno formativo interprovinciale “Aver cura della vita” a Nebbiù ad ottobre e al corso di primo soccorso della dott. ssa Dolores Volpato presso le Avis comunali, il sostegno a iniziative e manifestazioni di promozione di interesse sovracomunale. Anche il 2020 è iniziato con delle belle iniziative dall’altopiano a Schio, a Bassano… che potete leggere in questo numero del periodico. Mi preme, in particolare, sottolineare che in questo anno scolastico 2019/20 siamo molto più presenti nelle scuole, grazie al Progetto scuola Avis regionale, alla disponibilità di Sabina Parlato dell’Avis comunale di Malo e, di recente, delle due nuove operatrici nel gruppo di Avis Veneto, Linda Dotto di Schio e Alessandra Fin di Castelgomberto. I nostri numeri di scuole e alunni raggiunti cominciano ad essere molto importanti: Comunale di Valdagno 10 scuole e 918 alunni, Schio 10 e 1312
alunni, Lupia-Poianella 2 complessi scolastici e 54 alunni, Cornedo Vicentino 1 e 226 alunni, Castelgomberto-Trissino 2 e 136, San Pietro di Rosà 1 complesso e 38 alunni, Brogliano 1 e 33 alunni, Velo d’Astico 1 complesso e 20 alunni, Malo e Monte di Malo 2 scuole con 151 alunni, per un totale di 2 mila 888 alunni coinvolti contro i 970 dell’anno scorso, più del doppio degli interventi. A questi si aggiungono i ragazzi raggiunti dalla Comunale di Bassano che interviene nelle
I giovani, le scuole: particolarmente intensa l’attività di Avis provinciale Vicenza con le scuole. A sinistra il presidente Vantin in una manifestazione sportiva scolastica. In alto: primo piano di Vantin
scuole con il progetto “Città del Dono”, in collaborazione con Comune, Ulss e le altre associazioni del dono. Schio aderisce per il primo anno a tale progetto. Avis entra poi nelle realtà sportive. Meno entusiasmante, ma regge, la raccolta. Il 2019 si è chiuso con una sensibile diminuzione delle donazioni complessive, pur mantenendo nella nostra Provinciale un andamento migliore rispetto alla media regionale e nazionale. Le donazioni di sangue intero sono state 13030, le plasmaferesi 2232 e le piastrinoaferesi 22. I soci donatori al 31 dicembre del 2019 erano 9370 e i nuovi iscritti con prima donazione 623. 165 i soci che hanno ripreso a donare o provenienti da altra Avis. Tutti si sono impegnati, e continuano a farlo. Un grazie ai dirigenti, a tutti i volontari e ai donatori che ogni giorno si mettono in gioco per il bene del prossimo.
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VOLONTARIATO
Ciao Ozino, fratello nel Dono di / Beppe Castellano /
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oma. Ci ha lasciati il 28 febbraio scorso Aldo Ozino Caligaris, presidente nazionale della Fidas-Federazione italiana associazioni donatori di sangue. Era nato a Roma il 16 febbraio 1959, in pratica aveva la stessa età della sua Associazione. La Fidas nacque infatti da una costola dell’Avis di Torino, di Udine, della Liguria nello stesso anno 1959. Aldo Ozino, medico, subentrò come presidente allo “storico” senatore Dario Cravero (classe 1929), che lo era stato per 18 anni, durante il congresso di Cuneo del 2003. Collaborò quindi subito alla stesura della legge di riforma del Servizio trasfusionale, la n.209/2005, con
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l’allora presidente nazionale Avis Andrea Tieghi. Insieme operarono per il Civis, affinché le Associazioni-federazioni di volontari del sangue parlassero a una sola voce con le Istituzioni. Nel 2007 finalmente nacque il Centro nazionale sangue, fortemente voluto nella 209 proprio dalle Associazioni. Aldo Ozino Caligaris è ricordato da tutti i successivi presidenti nazionali (Saturni, Argentoni, Briola) per il suo continuo impegno per migliorare il Sistema sangue nazionale in chiave “unitaria”, pur con le specificità associative. “…Sono diventato uno dei 1800 pazienti che quotidianamente vengono trasfusi nel nostro Paese. Intanto altre gocce di sangue scendono dall’unità di concentrato B positivo, mezz’ora prima sentivo la forza della vita sfuggirmi tra le dita, ora incredibilmente avverto un’energia potente diffondersi in tutto il corpo… accomunato nella sorte a tanti pazienti ricoverati, sento dentro di me la stessa emozione della mia prima donazione, vedo tornare nelle vene il sangue donato da tanti donatori responsabili e anonimi, avverto, mentre trascorre il tempo, la forza di qualcuno che mi incita a combattere e reagire…” Sono alcune delle parole scritte da Aldo Ozino nel suo ultimo editoriale sul periodico nazionale Fidas di dicembre. Noi di Dono&Vita, da queste pagine tanto apprezzate anche da lui, lo salutiamo così. Con il suo “testamento” editoriale che invitiamo tutti a leggere per intero. Lo ricordiamo anche con una immagine di una delle tante occasioni in cui ci si incontrava fra “redazioni”: è all’assemblea nazionale Avis di Riccione 2019. Pensiamo avrebbe apprezzato parecchio. Ciao Aldo e grazie: per l’impegno verso gli ammalati, la tua amicizia “senza confini”, la tua vita.
TEMPIO DEL DONATORE
Il Tempio comincia a rinascere dopo il Covid-19 i primi lavori di / Laura Cendron e Michela Rossato
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aldobbiadene. Ci si avvicina alla ristrutturazione del Tempio internazionale del donatore, bisognoso di profonde opere strutturali di risanamento e rifacimento. Come vi abbiamo raccontato negli ultimi numeri, il tempio è sorto nel 1962 a Pianezze di Valdobbiadene (Tv) per volontà di alcuni donatori di sangue che volevano cancellare lo sdegno del sangue inutilmente versato durante le guerre da molti giovani, italiani e non, nel territorio delle Prealpi venete. L’idea era di costruire una struttura, un Tempio, dedicato al dono del sangue, anonimo e gratuito. Un simbolo di pace, fratellanza e amore per il prossimo che per oltre cinquant’anni è stato meta di raduni, feste, gite e incontri di donatori di tutte le sigle, e non solo. Nel 2017, però, a causa dei gravi problemi strutturali, la sofferta decisione di chiuderlo. Per questo motivo quasi un anno fa, nel 2019, è nata l’OdV Tempio internazionale del donatore, guidata dall’avisino (ed ex presidente di Avis regionale) Gino Foffano, a sostituzione del vecchio comitato di gestione del Tempio. Quattro le associazioni fondatrici: Avis, Fidas, Fratres e Aido. Dopo mesi di adempimenti burocratici e ricerca dei fondi necessari al risanamento del Tempio, è stata indetta una gara per l’individuazione della ditta che si occuperà dei primi lavori. Il 20 dicembre 2019, presso lo studio dell’architetto Mauro Gugel a Valdobbiadene, si è riunita una commissione esaminatrice per la valutazione delle offerte pervenute. I componenti della commissione sono stati nominati dai livelli nazionali dalle associazioni socie dell’OdV Tempio, più un componente nominato dall’OdV stessa. Sono l’ing. Marco Fioravante incaricato per Avis nazionale, l’avv. Giovanni Musso per Fidas, l’ing. Daniele Merico per Fratres, la dott.ssa Fla-
via Petrin per Aido e il geometra Stefano Pontello incaricato da OdV. Erano presenti all’apertura delle buste contenenti le offerte, anche i componenti del Consiglio Direttivo dell’OdV Tempio, a titolo di uditori. Dopo aver esaminato le offerte è emersa la ditta cui affidare i lavori. Al momento di chiudere il numero
Il Tempio del Donatore: Nelle foto di Graziano Piovesan, l’attuale stato del Tempio di Pianezze.
dettagli del contratto erano in via di definizione. “Tutto avviene nella massima trasparenza e ve ne rendiamo conto a mano a mano che procediamo - spiega il presidente Foffano - Speriamo di poter iniziare presto i lavori con i fondi sin qui raccolti, anche se la delicata situazione di emergenza sanitaria in cui ci troviamo ha causato una battuta d’arresto nelle attività dell’OdV”. A marzo, infatti, si sarebbe dovuta svolgere l’assemblea dell’OdV Tempio, rinviata a data da destinarsi, date le disposizioni emanate dal Governo per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Probabile l’ingresso nell’OdV di una quinta associazione, non appena sarà possibile riprendere la regolare attività. Per il momento ricordiamo il sito www.tempiodonatore.it, la seguitissima pagina Facebook OdVTempio del donatore e per continuare la raccolta fondi IBAN IT96 Z030 6962 1561 0000 0006851.
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EVENTI
Da “Linea bianca” a “FilRouge” Avis, Abvs e Polizia... in Rai a cura di / Michela Rossato /
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alle Dolomiti, patrimonio mondiale dell’Unesco, l’invito alla donazione di sangue. L’ha lanciato il 21 marzo, da Cortina, la trasmissione di Rai Uno “Linea Bianca” dedicata alle meraviglie della montagna e condotta dal volto noto Massimiliano Ossini. Un viaggio tra quanto di speciale offre il parco naturale delle Dolomiti d’Ampezzo, con la sua gastronomia, la sua tradizione, i suoi personaggi… E tra le bellezze della terra veneta, la produzione Rai ha voluto inserire nell’occasione anche il volontariato del dono, dedicandovi l’apertura di puntata. Ospite d’eccezione è stata l’asso-
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ciazione “DonatoriNati -donatori della Polizia di Stato”, che ha a sua volta coinvolto Avis regionale e Abvs. Allestito il set con il camper Avis e il roll up “Senza sangue non possiamo salvare nessuno: neanche te”, Ossini ha aperto la trasmissione spiegando quanto sia importante donare. Un gesto che il presentatore, grande sportivo, sente in modo particolare e che compie in prima persona da un paio d’anni. Con lui, il presidente di DonatoriNati, dott. Claudio Saltari, il dott. Alessandro Spigariol del Centro trasfusionale del Ca’ Foncello di Treviso e direttore sanitario di Avis provinciale Treviso, il presidente di Avis regionale Veneto Giorgio Brunello e il vice presidente dell’Abvs Pierangelo Da Gioz. Pochi minuti, a costo zero per le nostre associazioni (grazie RaiUno), per arrivare al cuore dei milioni di telespettatori che ogni sabato pomeriggio seguono appassionati la trasmissione. Un’esperienza nuova ed entusiasmante anche per chi ha seguito la registrazione da dietro le quinte, in un clima di grande stima per i donatori da parte dell’intera produzione. Massimiliano Ossini è grande sostenitore della donazione anche a “UnoMattina”, per la Giornata mondiale del donatore e in ogni trasmissione possibile, Gli abbiamo rivolto alcune domande. Da quanto tempo sei donatore di sangue? Come ti sei avvicinato alla donazione? Dal 24 luglio 2018. Ho iniziato a donare grazie all’amico dr. Claudio Saltari, presidente di Donatorinati della Polizia di Stato. In occasione di una puntata di Linea Bianca, abbiamo affrontato il tema delle donazioni di sangue, per sensibilizzare le persone su questo delicato quanto importante argomento. Mi fece riflettere! Non avevo mai donato il sangue fino d allora. Il giorno dopo richiamai Saltari per la mia prima donazione. È semplice da fare ma, nella frenesia della vita, si tende sempre a rimandare. Rallentare per un momento ci permetterà di fare un grande gesto.
L’INTERVISTA
Com’è stata la prima volta con il braccio steso? Quali pensieri accompagnano, ogni volta, questo tuo gesto? Il “braccio steso” non mi ha mai dato alcun pensiero, se non quello che mi riporta ogni volta ai tempi della gioventù, quando associavo il momento delle analisi del sangue con l’entrare a scuola un po’ più tardi e fare la colazione al bar! Oggi lego ancora emozioni positive, perché è la consapevolezza di dedicare un po’ di sé stessi per aiutare gli altri. È sempre un momento emozionante. Perché pensare che quel piccolo gesto, donare un po’ del mio sangue, può essere al contrario un grande contributo per tutti coloro che ne hanno bisogno mi regala, in cambio, una forte energia e forza interiore. Cosa ti senti di dire a chi ti segue da casa, ai giovani che magari tentennano, per timore o perché vedono la donazione come una cosa lontana? Quello che dico sempre ai ragazzi, ai più giovani, è che il regalo più grande che possiamo farci, soprattutto quando compiamo 18 anni, è quello di andare a donare. Fare qualche cosa di veramente importante per qualcuno. E continuare a farlo nella vita di adulti.
Con questo tuo gesto hai già “convinto” qualcuno in famiglia, tra gli amici, nello staff di lavoro? Sono riuscito a convincere (lo ammetto, a volte anche costringendoli…) persone a me vicine, amici a donare il sangue e a diventare dei donatori periodici. E mai come in questi giorni si rivela l’importanza di tutto ciò. Consiglio a tutti di rivolgersi al centro Avis più vicino per avere tutte le informazioni e iniziare a donare!
DonatoriNati, oltre 10mila i poliziotti impegnati anche a donare sangue DonatoriNati, l’Associazione donatori e volontari personale Polizia di Stato (ADVPS) è nata nel 2003 per iniziativa di un gruppo di appartenenti alla Polizia di stato per promuovere la cultura della donazione di sangue e perseguire fini di solidarietà sociale. Senza fine di lucro, l’associazione conta ad oggi 10.500 volontari e 7.800 donazioni di sangue dai propri soci, un proprio sito www. donatorinati.it ed è presente sui social. Il 16 febbraio del 2019 DonatoriNati ha firmato a Roma un protocollo d’intesa con Avis nazionale che “ha rafforzato l’amicizia e la collaborazione dell’associazione con la polizia – spiega il presidente di Avis nazionale Gianpietro Briola. “La firma rappresenta un passo concreto, e allo stesso tempo straordinario, nel comune impegno in favore di chi ha più bisogno – sottolinea il presidente di DonatoriNati, dott. Claudio Saltari - Quando è nata la nostra associazione, ormai 15 anni fa, si è posta l’obiettivo di aggiungersi alle altre
che già si occupavano della donazione di sangue. Essendo poliziotti, abbiamo interpretato questa missione come un ulteriore dovere, oltre a quelli cui ci impone la nostra professione, verso la collettività”. L’accordo con Avis permette ai tanti donatori poliziotti di poter dare il proprio contributo anche in quelle regioni dove l’associazione non è formalmente presente. “Lo spirito che anima Donatorinati è quello di sostenere con la forza e la credibilità delle istituzioni una battaglia, troppo spesso sottovalutata, che riguarda la carenza di sangue specie in particolari periodi dell’anno – continua Saltari - cercando di conquistare nuovi e giovani donatori periodici, secondo il motto della polizia #esserci sempre”.
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CRONACHE ASSOCIATIVE
Caprino: defibrillatore a scuola e riaperta Unità di raccolta di / Francesco Gondola /
Caprino Veronese: la riapertura dell’Unità di raccolta a gennaio, una boccata d’ossigeno per la carenza di sangue in provincia (sotto). A destra la consegna del defibrillatore alla Scuola elementare di Pazzon.
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erona. Il presidente dell’Avis di Caprino, con alcuni membri del Consiglio direttivo, hanno donato un defibrillatore alle scuole elementari della frazione di Pazzon. La richiesta era giunta mesi fa da parte dell’Amministrazione comunale, per riuscire a dotare tutti gli istituti del dispositivo salvavita. Il nostro Direttivo ha deciso di accogliere tale richiesta, dato che tra i suoi scopi ha, oltre a promuovere il dono del sangue, la sensibilizzazione e la salvaguardia della salute della popolazione. La consegna si è svolta in occasione della rappresentazione di Natale che i ragazzi hanno preparato per i propri genitori, presenti il sindaco, la dirigente scolastica e numerose famiglie che hanno ringraziato l’Avis per il prezioso dono.
Con la riapertura dell’Unità di raccolta presso l’ospedale di Caprino, il 2020 è iniziato poi nel migliore dei modi, sia per i donatori di Caprino, sia per quelli delle Avis che gravitano nei comuni vicini. Dal 2 gennaio si è ritornati a donare, dopo otto mesi di chiusura per la mancanza di medici, con notevoli ripercussioni sul numero delle donazioni. Un grazie va alla dottoressa Loredana Martinelli che si è resa disponibile, malgrado fosse già in pensione da alcuni mesi, a gestire la raccolta il primo e terzo giovedì di ogni mese dalle 8 alle 10.30. I donatori hanno subito dimostrato di apprezzare questa riapertura. Nel primo giorno si sono prenotati in 19! Un “tutto esaurito” che fa ben sperare per tutto l’anno.
Rinviata la mostra fotografica alla Scuola Grande di San Marco VENEZIA. Doveva essere inaugurata a marzo, al piano terra della Scuola Grande di San Marco, la mostra fotografica allestita dall’Avis Venezia. Organizzata dall’infaticabile Anna Palazzi doveva esporre 55 le immagini della città in bianco e nero, pervenute alla Comunale nell’ambito del concorso fotografico “Roberto Cecchini”. È stata rinviata a data da destinarsi, causa emergenza COVID-19 ve ne daremo notizia in futuro. Grazie ad Avis Venezia e ad Anna Palazzi, vi anticipiamo un paio di immagini.
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DONO&VITA
CRONACHE ASSOCIATIVE
Intenso dicembre a Chioggia di / Andrea Boscolo Cappon /
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enezia. Intensa attività per i volontari dell’Avis di Chioggia. Hanno cominciato facendo visita agli amici dell’Associazione Anffas, portando regali e tanti sorrisi. La mattina della Vigilia, invece, è stata la volta del Centro anziani dove Avis ha portando la magica atmosfera delle feste cantando le tradizionali
canzoni con un folto gruppo di ospiti. Ricordando l’importanza di “donare” non solo beni materiali, ma soprattutto sorrisi, calore e momenti di vita, perché il dono è vita! Al pomeriggio si sono trasferiti nell’ospedale chioggiotto per far visita a chi, purtroppo, si trova a dover affrontare il difficile momento della malattia.
A Rosà premiate Associazioni del Dono con un Consiglio Comunale speciale
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icenza. Consiglio comunale straordinario, il 18 gennaio a Rosà, per il premio “Città di Rosà” anno 2020 alle associazioni Avis, Aido e Rds. Il sindaco Paolo Bordignon, nell’assegnare alle tre realtà associative una targa ricordo, ha sottolineato che sono un esempio per i giovani per l’impegno e la costanza nel diffondere e promuovere la cultura del dono attraverso la solidarietà, l’altruismo e la donazione volontaria che salva vite umane. L’assessore regionale alle politiche sanitarie Manuela Lanzarin, presente alla premiazione, ha a sua volta ribadito con forza che donare è un gesto che arricchisce chi lo riceve, ma anche chi lo fa. Le tre associazioni rosatesi del dono hanno devoluto l’equivalente in denaro del premio di 1.500 euro alla Fondazione “Città della speranza” che sostiene lo studio, l’attività didattica, la ricerca scientifica e l’assistenza nel campo di tutte le patologie infantili, in particolare di quel-
le onco-ematologiche pediatriche. Un grazie all’Amministrazione comunale di Rosà per aver pensato a queste tre belle realtà del territorio come esempio per la cittadinanza.
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CRONACHE ASSOCIATIVE
Avis e “mascherine”: consegna o utilizzo per far donare
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reviso. Volontari avisini in prima linea anche nella preparazione e distribuzione delle mascherine in varie zone del Veneto. Sono venuti in aiuto ai Comuni, alla Protezione civile, agli Alpini e ad altre associazioni di volontariato. Avis si è resa disponibile a dare una mano da subito, nell’impegnativa fase di imbustamento e distribuzione alla popolazione delle protezioni contro il coronavirus. Una solidarietà oltre la donazione, com’è nel dna dei donatori e dei loro dirigenti. Ecco due istantanee dalle Avis di Vedelago con tutti i volontari in felpa e di Villorba con tuta e cappellino Avis nella distribuzione casa per casa. Accanto invece i ragazzi di Asolo, durante la raccolta domenicale. Tre foto per ringraziare tutti i volontari impegnati.
Un 50° in crescita per Godega S. Urbano
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reviso. L’Avis comunale di Godega Sant’Urbano corona il suo 50° anno di attività con un record: il numero massimo di donazioni di sempre. Nel 2019 sono state infatti ben 788, delle quali 661 di sangue intero e 127 plasmaferesi. L’andamento positivo degli ultimi anni è stato decisivo per il raggiungimento di questo gratificante traguardo, anche grazie alla crescita delle donne donatrici.
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DONO&VITA
Il gruppo di giovani consiglieri, che affianca quelli più anziani, si è dimostrato una componente vincente, capace di parlare il linguaggio dei social network e di sviluppare nuove forme di comunicazione con video, striscioni, locandine, sito web, messaggistica. I risultati si sono visti e si sono aggiunti ad altre novità: lo stand all’Antica Fiera di Godega, striscioni alle principali manifestazioni, l’introduzione del sistema delle prenotazioni sia per le donazioni sia per le nuove iscrizioni, la partecipazione al Progetto Scuola strategic, alla marcia e torneo memorial de Gennaro-festa dello sport, alla marcia di San Nicolò e, infine, l’organizzazione della conferenza “Farmaci e alimentazione: alleati o nemici?”. Il 2019, inoltre, ha visto svolgersi l’audit della Regione Veneto per il rinnovo di autorizzazione e accreditamento dell’Unità di raccolta, che è risultata rispondere a tutti i requisiti di qualità e sicurezza richiesti. Ci prefiggiamo nel 2020 di raggiungere risultati sempre più positivi nella raccolta del sangue, grazie all’impegno costante e alla generosità dei nostri donatori, supportati e stimolati dal Consiglio Direttivo.
TESTIMONIANZE
I pensieri di un volontario: “Quando donare è un piacere” di / Giovanni Scarpa / donatore di Chioggia
Giovanni Scarpa è un “semplice” donatore volontario di sangue dell’Avis comunale di Chioggia (VE). Tramite la sua Avis ci è giunto questo suo scritto/ riflessione. In questo momento è giusto condividerlo, anche per “nonna Avis”
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e associazioni di volontariato assomigliano ai nonni. Quando ne diventiamo simpatizzanti attivi, si stabilisce un rapporto partecipativo così importante da non capire più se esse hanno adottato noi oppure noi abbiamo adottato loro. Essere un donatore Avis permette di mettere in buona pratica uno dei concetti più diffusi nel linguaggio e nella cultura moderni: condividere. Esiste condivisione quando più persone sono mosse da motivazioni differenti verso un unico obiettivo. Il dono disinteressato, anonimo e gratuito del sangue ne è una chiara manifestazione. I donatori hanno convinzioni politiche opposte, credo religioso diverso: ho conosciuto Pacifico e Guerrino. Hanno la pelle bianca, nera o gialla; qualcuno è di sangue blu, ma quando il prezioso fluido sgorga dalla vena alla sacca il colore è uno solo. Il rosso. Scegliere di offrire il proprio sangue significa voler condividere la ricerca di una motivazione. Qualcuno trova la giustificazione nella fede, altri nell’atteggiamento spontaneo della solidarietà. Volendo adottare la rigidità della logica, penso che un malato, pur avendo diritto a tutta l’assistenza necessaria, non possa piangere per la mancanza di disponibilità se, quando è stato sano, nulla ha fatto. Dal punto di vista personale ho iniziato perché ritengo sia un atto di civiltà, una manifestazione di progresso come differenziare i rifiuti oppure ridurre il consumo di energia. Poi, perché volevo lanciare una sfida a me stesso per comprendere i limiti della mia buona volontà. Nel tempo è subentrato un terzo fattore stimolante: la ricerca del... piacere. Sicuramente non un appagamento di tipo “masochistico” derivante dall’ago, ma concretizzato dall’ambizione di poter fare qualcosa di utile e sano, senza chiedere alcuna ricompensa in cambio.
Un piacere che non termina una volta uscito dalla sala prelievi, ma continua nell’attesa di tornare per l’appuntamento successivo. Mi incuriosisce osservare la moderna arte del tatuaggio sui corpi scoperti. Non ho mai avuto il pensiero né il coraggio di farmene disegnare uno, forse perché ne ho già tanti: ogni nuova puntura dell’ago lascia sulla mia pelle la stampa indelebile di un nome, di un volto che mai conoscerò, ma che porterà per sempre con sé la mia vicinanza. Invito i potenziali donatori a non avere dubbi o ripensamenti. Non abbiate il timore che il vostro sangue venga trasfuso ad uno sconosciuto che un domani, in mancanza di riconoscenza, vi potrà fare del male oppure ve lo ha già fatto. Cestinate i luoghi comuni e i pregiudizi legati alla paura di sentirsi deboli o di contrarre malattie. A volte, durante alcune amabili conversazioni, qualcuno mi chiede, con tono tra il serio ed il faceto, se oltre al sangue distribuisco anche... benzina! Beh, rispondo che a gentile richiesta prima o poi ci proverò. Vorrei rivolgermi in particolare ai giovani: avvicinarsi alla cultura del Dono è come frequentare una palestra nella quale allenare la propria personalità all’impegno e al raggiungimento degli obbiettivi. Credete sempre in voi stessi e vedrete che i risultati arriveranno da soli. Una sacca di sangue, plasma o piastrine non sarà mai un mero pensiero di benevolenza destinato ad esaurirsi nell’astrazione, bensì un segno tangibile di una modernità che sfida le ingiurie dell’indifferenza.
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SPORT/TEMPO LIBERO
Avis Mestre, Admo, Vogaveneta una collaborazione che continua
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estre. La collaborazione tra Avis Mestre Marghera e le belle realtà che popolano il polo nautico presso Punta San Giuliano a Mestre continua! Domenica 26 gennaio, per tutta la mattinata, i volontari avisini e gli amici di Admo Venezia hanno presenziato, con uno stand in riva a San Giuliano, alle tre regate organizzate dalla Voga Veneta. Con Venezia avvolta dalla nebbia sullo sfondo, i regatanti si sono sfidati con forza ed entusiasmo, nonostante il freddo pungente. Alle premiazioni sono stati accolti con calore dalla presidente della Voga Veneta Daniela e dai volontari che hanno cercato di trasmettere, assieme ai meritati applausi, anche l’importanza del dono e della capillare presenza delle due associazioni alle manifestazioni sportive sul territorio della provincia veneziana. Forza coi remi: In alto a destra le “fiamme” rosse e blu di Admo e Avis alla manifestazione di Voga Veneta. In basso: la squadra dei vogatori rodigini con le tute Avis.
Il prossimo appuntamento al polo nautico sarà a maggio, questa volta con la Canottieri Mestre, per la seconda edizione della regata Avis con le scuole! M. F.
E Cannottieri Villamarzana porterà il logo Avis in tutta Italia
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ovigo. Consegna delle tute di rappresentanza alla squadra canottieri di Villamarzana, guidata da Andrea Pareschi, lo scorso dicembre. Le tute donate portano i simboli di Avis e Aido e saranno utilizzate dagli atleti durante le molteplici gare che si svolgeranno in tutta Italia. Una grande soddisfazione per il dono delle nuove divise è stata espressa dal presidente della Canottieri, Amedeo Dessanti. I presidenti di Avis Michele Maghini e Aido Gaetano Peci, sottolineando la vicinanza delle due associazioni al mondo dello sport, hanno spiegato che “Con questo semplice gesto abbiamo aiutato una società sana, composta da giovani atleti talentuosi e vincenti, perché possa avere materiale necessario per le proprie attività e, nello stesso tempo, divulgare il messaggio del dono attraverso i nostri loghi a tutti i livelli”.
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DONO&VITA
Tre giorni di ciclocross a Schio con tutte le Avis vicentine
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icenza. A Schio Avis schierata al gran completo nella zona di gara di tre giornate di sport dedicate al ciclocross. Per incentivare il dono del sangue, l’Avis ha puntato decisa sui giovani, fermamente convinta nelle capacità dello sport e della scuola di produrre cultura e benessere, ma soprattutto di portare avanti il suo messaggio di vita e di solidarietà. Tanti i volontari di tutte le Avis comunali della provincia di Vicenza che, dal 10 al 12 gennaio,
si sono alternati allo stand vicino al grande arco gonfiabile all’entrata del campo di gara. Una posizione strategica per diffondere un messaggio di vita e di solidarietà e per raccogliere eventuali nuovi iscritti. A rappresentare l’Avis Schio Altovicentino c’era il presidente Giulio Fabbri, per l’Avis di Valdagno Cesare Meggiolaro e il presidente della Provinciale Giovanni Vantin.
Schio Ciclocross: Due immagini della tre giorni sportiva in cui si sono alternati i volontari delle Avis vicentine.
Ponte di Piave: fai la tua donazione e poi... pedalare!
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reviso. Sfida di ciclocross tra donatori il 5 gennaio a Ponte di Piave. Dieci categorie si sono messe in gioco per una sana competizione e per sensibilizzare sulla donazione del sangue. “Ci sono moltissimi ciclisti sani che per pigrizia non vanno a donare – è stato detto - bisogna far capire che donare, oltre a far del bene agli altri, è un bene per se stessi”.
Da Ponte di Piave, a Casion e Sedico: I partecipanti alla sfida di ciclocross di Ponte di Piave (a sinistra) e sotto la consegna delle maglie alle squadre giovanili di Castion e Sedico (BL)
Abvs: calcio giovanile, una maglia per donare
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elluno. Il calcio, si sa, è lo sport nazionale. E sono tanti i ragazzi dei nostri territori che si avvicinano e praticano questa disciplina. Quale veicolo migliore, quindi, per far conoscere tra i giovani i valori della solidarietà e del dono? Lo sanno bene le sezioni dell’Abvs di Castion e Sedico che, in collaborazione con le locali compagini, hanno voluto sponsorizzare le divise di due team. Sono la squadra degli juniores regionali del Calcio Castion, e gli allievi dell’Union San Giorgio Sedico. Auguriamo che ad entrambe le squadre, nei rispettivi campionati, il logo Abvs porti fortuna!
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Avis e Finp “Uniti per vincere”, gran bel convegno a Bibione di / Tiziano Graziottin / Convegno con 200 studenti: con un moderatoreintervistatore d’eccezione, Tiziano Graziottin caporedattore de Il Gazzettino di Venezia (a destra nella foto grande), sì è svolto a fine 2019 un interessante convegno Avis-Finp (Federazione italiana nuoto paralimpico). Direttamente dalla “penna” dell’amico e collega una breve cronaca.
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ibione. “Uniti per vincere”: gran bel concetto che, però, rischia di suonare simile a uno slogan pubblicitario se dietro non ci fossero un’anima, una idealità, una motivazione etica condivisa. Un sentire comune che a Bibione si è realizzato compiutamente il 14 dicembre scorso, con la netta sensazione che tutti i convenuti all’incontro al Savoy avessero ben chiaro cosa c’era “dietro” il titolo del convegno. Sì, Avis e Federazione nuoto paralimpico concretamente “uniti per vincere”, deter-
È già una vittoria, a prescindere dai risultati. Donatori Avis e atleti Finp insieme in una squadra ideale che riconosce in prima istanza il valore dell’aiuto reciproco e che nell’essere uniti trova la base per il superamento di una difficoltà, sia essa personale o di chi ti sta accanto. Sentirsi parte di un gruppo, legati da un’amicizia, consapevoli di poter contare sempre l’uno sull’altro: ecco cosa significa “uniti per vincere”. I nuotatori diversamente abili hanno evidenziato nelle loro testimonianze di aver avuto un contributo fon-
minati a fare squadra per lanciare a oltre duecento studenti e alle loro famiglie il messaggio sul valore della donazione e della condivisione. Donare il sangue è vincere, così come impegnarsi nello sport anche quando hai perso l’uso delle gambe o la tua vista è ridotta al lumicino.
damentale nel loro percorso da familiari, amici, accompagnatori e tecnici e il loro incontro con Avis è anche un’espressione della volontà di ricambiare affetto e sostegno altrui. Come sempre, riconoscere ciò che si è ricevuto è il primo passo verso la donazione.
DONO&VITA
MotorbikeExpo: AvisVillage delle provinciali di Verona e Modena da / Redazione provinciale Verona /
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erona. Per gli avisini amanti del mondo delle due ruote, il mese di gennaio è associato al Motorbikexpo di Verona, la più importante fiera del settore dedicata alle moto “customizzate”, cioè personalizzate. Oltre 170mila persone partecipano annualmente, tante le novità proposte anche in questa edizione 2020. Quattro giorni di spettacoli, presentazioni ed esibizioni, sette padiglioni e cinque aree dedicate letteralmente invase da una immensa folla di “bikers” tutti uguali ma, libertà del vero centauro, tutti “diversi”. Alla grande kermesse, Avis non poteva mancare. La Provinciale di Verona ha fatto gli onori di casa assieme a una rete associativa composta da Avis provinciale Modena, gruppo motociclistico avisino Motopinguino e parecchi volontari provenienti da Comunali veneto-emiliane, con partner Avis nazionale e Regionale Veneto. Gli oltre 200 mq a disposizione dell’Avis Village, occupati da un palco per musica dal vivo, un’autoemoteca, arco e gazebo associativi, sono stati un punto di riferimento per chi aveva
la curiosità di conoscere l’Avis, per gli avisini che volevano esprimere il proprio senso di appartenenza e anche per chi voleva portarsi a casa un gadget associativo. Insomma, uno spazio libero e aperto a tutti coloro che cercavano risposte, saluti o un semplice ristoro, con la volontà di offrire sicuri riscontri ispirati ai valori sociali e all’impegno etico. Essere Associazione è anche questo. L’agenda Motorbikexpo 2021 è già in cantiere, così come lo spazio a disposizione per le Avis che vorranno aderirvi. Noi ci saremo.
Da Verona ad Asolo “gocce” Avis quasi gemellate
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l Coronavirus ha fatto “saltare” molte iniziative per il Carnevale. Ma qualche Avis aveva “già fatto”, come Verona e Asolo (TV). Ecco una breve cronaca veronese e due fotoTante gocce rosse in sfilata per le vie del paese. Il 26 gennaio, alla consueta sfilata di carnevale del quartiere, per il secondo anno il gruppo Avis Madonna di Campagna - San Michele Extra ed
il gruppo Avis Polizia Penitenziaria Verona sono stati tra i protagonisti con il loro carro allegorico e la distribuzione di caramelle e palloncini colorati. La finalità dei due gruppi Avis non è solo attirare nuovi donatori, ma far capire ai ragazzi che un piccolo gesto, la donazione di sangue, può generare tanti sorrisi e soddisfazioni, come quando si rendono felici i bambini a carnevale. Numerosi i volontari di entrambi i gruppi nel realizzare questi eventi, a tutti un grande grazie.
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5X 1000 X TES X TE
La solidarietà è la prima cura Sostenere la ricerca sulle cellule staminali fa bene agli altri e anche a te. Dona il tuo 5x1000 per trovare nuove cure a gravi patologie e traumi.
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