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Riflessioni sulla poesia di Gianni Antonio Palumbo, di Giusy Carminucci, pag

Riflessioni sulla silloge

POESIA IN CINQUE MOVIMENTI E DUE CONGEDI del poeta

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GIANNI ANTONIO PALUMBO

di Giusy Carminucci

PROPRIO come accade in musica, i “Cinque Movimenti” hanno un Preludio, cioè l’indicazione di andamento, di movimento dell’intera composizione: in riferimento al tempo di esecuzione, un preludio musicale è generalmente un brano piuttosto breve, di solito senza una forma codificata, collocato all’inizio dell’esecuzione di un’opera o di una sua parte. Originariamente, era proprio un breve brano suonato in maniera estemporanea, prima dell’esecuzione del pezzo vero e proprio. Si pensa che sia nato, probabilmente, dalla naturale tendenza di ciascun musicista di “scaldare” il proprio strumento suonando alcune note, prima di iniziare. E così, magistralmente, il Poeta, Gianni Antonio Palumbo, affida ad un Preludio forma e sostanza di quello che sarà, nel suo svolgersi, l’intera silloge.

L’incipit del libro “Poesia in cinque movimenti e due congedi” di Gianni Antonio Palumbo è, quindi, affidato ad un poemetto con cui il Nostro apre ad una rappresentazione in sé conclusa, delineata più che dalla solennità, da una ricerca di eleganza e finezza, dettata dal gusto del particolare. I toni dell’epillio sono quelli del Cantico, che, nella sua peculiarità, rammentano certe composizioni di De André. E, in un quasi monologo, si svela come poesia/denuncia d’apertura. (Lo chiama, infatti, Preludio) “Dove sono le donne di Auschwitz?(…) E dove siamo noi che non morimmo/ e siamo vivi a stento/ per la vergogna che coprì le nostre case?”

L'incarnato della parola è l’essenza dello sguardo del poeta che, con mani d’argilla e sangue d’inchiostro, impasta versi, accenti e arcani, lasciandoli, poi, germogliare lungo le tracce profonde del comporre.

Il divenire poetico del Palumbo trascorre, variegandosi diversamente, e così la voce passa dall’accogliere arcaismi all’abbraccio significativo di espressioni straniere, che impastano suoni dal retrogusto antico, come rafforzativo di una accusa, che sembra trasformarsi in preghiera, rivolta ad una natura “matrigna”, che trasporta con sé l’etica di una vita. “Mare, che dissolvi e scorri,/ rendici l’anima che non abbiamo, / dacci la vergogna della nostra indifferenza, / culla quel silenzio inerte / a lacerarci il cuore./”

I versi suggeriscono un diverso modularsi del pensiero, che si fa voce in una codificazione musicale complessa che, da un lato, può sembrare un'operazione a freddo, quel tanto richiesto dal lavoro poetico che non è solo un fatto di sentimento, come appare in certi componimenti più tecnicamente “ostinati”, in cui il testo sembra concentrarsi più sul significante che sul significato, in una

dimensione quasi ludica, in cui l’atto della scrittura non è mai puramente gratuito; dall’altra, però, lascia che la voce si faccia più emotivamente coinvolta, liricamente espressiva, e più immediatamente comunicativa.

Vi sono versi di una tristezza infinita “Relitti di un cielo reietto/ Stame di stagioni morte/ Senza storia né memoria. Non domandateci che cancerosa insania/ ci sconvolse ci tradì.”, versi che l’alchimia poetica, esuberante di energia, tinge di una improbabile vitalità.

Poi… si congeda, abbracciato al silenzio dell’Universo, dominato dalla voce di Dio.

Affidando “al respiro di un sasso”, storia sedimentata, la sentenza.

Per aprirsi, subito dopo, alla musicalità di tre Movimenti, intervallati da liriche, di cui è consigliata la lettura a chi ama perdersi e ritrovarsi nella realtà della mente e dei sentimenti.

Il primo movimento è dedicato alle “Variazioni Selenitiche”, dove descrizioni dettagliate di scenari terrestri si intrecciano a sensazioni lunari, analizzando, con soave durezza, la struttura tecnica di alcuni quadri di quotidiana realtà, lasciando sempre al lettore l’ultima parola. Così “ …sulle labbra di una notte” l’Autore mette a nudo un sentire interiore che, ispirato a fatti di cronaca ( la vicenda di Alan Berg) “(…) Io ho visto il Sole e uomini morire/ come muore un cane / sul ciglio di una strada” o di vita quotidiana “(…) Che ogni alba nuova è un nuovo amore”; o, ancora, legati a descrizioni poetiche di intime relazioni con la natura “Percepisco il richiamo del mare.” pare voler cercare, ma poi quasi negare quelli che Kant definiva i postulati della ragion Pratica:  L'immortalità dell’anima, come, nella lirica “Sul ciglio della strada”, “… E non c’è Dio/ e non c’è uomo/ che ci salvi”  L’esistenza di Dio, “ in Radio Talk “Ed ero e sono disperato/ come questo dolore che implode, Barry, nelle dita/ e non ha storia”  Il libero arbitrio, in “A Proserpina” “E m’illudo che sia eterna/ questa brezza della Notte/ tra i nostri pensieri.” O, in “Sul ciglio della strada” “E sono stata io stessa cane/ sul ciglio delle vostre strade”.

E la cangiante luna, qui, la fa da padrona, con i suoi moti e le sue influenze.

Nel Secondo Movimento: il “Nido Notturno”, il poeta include versi dedicati, più o meno velatamente, alla luce: a volte intesa come mero fenomeno fisico, a volte come impulso di vita, “A rubarmi i libri/ e insegnarmi la domenica/ tra le maglie disfatte/ di un giorno di noia.”; altre ancora come donna, capace di dare vita alla sua stessa vita “Luce è maternità/ di un pensiero sbocciato di sera”. Ritroviamo nelle liriche del secondo movimento tracce di stilnovistica pregnanza, dove a tratti l’anafora ne determina il senso “Tu fruga, bambina mia,/ fruga pure nel tuo paniere(…)/ Ma tu fruga ancora/(…) / Fruga a passo di danza(…)”, per sottolineare, quasi in forma di preghiera, la richiesta del Poeta a Lia.

Di meravigliosa bellezza la “Nenia Decembrina (A Maddalena)”,che culla le notti insonni di Maddalena, con delicate parole di rassicurante condivisione “( …) Conosco il segreto/ che non ti fa dormire. (…) Ora so/ perché tu temi il buio/ (…) Io ti dirò quali reami/ di luce il sonno schiuda/ che lame di smeraldo fulgano tra fiabe d’oro./(…)” e poi l’elegia connota gli ultimi versi della lirica, colorando di serenità il sonno della donna inquieta “Dormi serena./ L’alba nuova/ ti insegnerà il sentiero/ del ritorno a casa.”

Qui, certi componimenti sembrano tecnicamente più “ostinati”: il testo pare concentrarsi sia sul significato sia sul significante, lì dove per significante si contempla la struttura stilistica, che dona al testo la quintessenza della vita.

Il terzo movimento è intitolato Geistliche Lieder, come la raccolta di 15 componimenti poetici di Novalis, pubblicata postuma. Il richiamo alla silloge è voluto. Per indicare la natura delle liriche presenti in questa sezione, il poeta ci offre delle preghiere, che hanno la forma dei salmi, che per loro natura, non sono

altro che dei canti: erano, infatti, in origine inni cantati, nei luoghi sacri, con l'accompagnamento di strumenti musicali.

Il Poeta esordisce nel Terzo Movimento con il richiamo ad un versetto del salmo 27(28), che poi il Nostro riprende, trasformando in inno, quello che nasce come canto. E chiude con una meravigliosa, accorata supplica, che il poeta chiama “Invocazione” ed è proprio una richiesta intonata alla commossa solennità propria della preghiera alla “Vergine delle rocce, (...) Vergine del martirio fuori moda (…) Vergine delle campane a lutto (…), Vergine del lutto che non ci riguarda (…), Vergine dei nostri odi inveterati(…), Madre delle stagioni”. E la preghiera si fa rifugio sotto la protezione della Madonna, non a caso invocata come Vergine, per sottolineare la sua purezza, il suo essere senza macchia e per questo al di sopra del tempo, dei lutti, dei peccati quotidiani, dei cuori incapaci di amare e di amore, di chi svende il proprio candore ad un soffio di vento…

La grandezza di Gianni Palumbo è nella sua immensa e poliedrica cultura, che lo rende compositore originale di versi dal sapore classico, ma dai confini legati ad una speciale contemporaneità.

Nelle “Conclusioni”, i versi del poemetto suggeriscono un modularsi del pensiero, che si fa voce in una codificazione musicale complessa. “Rosa semper rosa est, etiamsi in stercore dormiat”. Codificazione che, da un lato può risultare solo un’operazione richiesta dal lavoro poetico, in cui l’atto della scrittura non è mai “gratuito”; dall’altro, lascia spazio e tempo ad una voce che si fa più emotivamente coinvolta, liricamente espressiva e più immediatamente comunicativa, rendendo il testo perenne.

Anche se alcuni versi non sono facili e non è facile cogliere il loro ritmo e il loro impasto musicale, questa silloge risulta essere una “chicca” per chi ama la letteratura, gli stili narrativi, la bellezza delle molteplici possibilità e capacità di espressione.

Giusy Carminucci

Da DODICI MESI

CON LA RAGAZZA

di Domenico DEFELICE Traduzione in inglese di Aida Pedrina

SOTTO IL SOLE D’ESTATE

Vieni qui. Ascolta. Vorrei che il vento volasse tra le siepi addormentate e ricamarti sulle sue ali una canzone, una canzone di gemiti e sospiri per farti innamorare.

Non sfogliare le rose indifferente: lo sciupio dei petali è lo sciupio dei sogni.

Vieni qui. E mentre tu, con l’ago nelle mani fatate, trasformerai quei petali in corone, io col pennello, a sprazzi rossi, sotto il sole d’estate, fermerò sulla tela il sogno e il tempo.

UNDER THE SUMMER'S SUN

Come here. Listen. I would like the wind to fly through the sleeping edges and embroider for you on its wings a song, a song of sighs and whispers to make you fall in love.

Don't tear the roses uncaring: the waste of petals is the waste of dreams.

Come here. And while you, with a needle in your fairy-like hands, will change those petals into crowns, I with the brush, with red splashes, under the summer's sun, will stop on canvas time and dream.

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