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Casa Balla, di Isabella Michela Affinito, pag

Dalla casa all’universo e ritorno” a cura del MAXXI-Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, in occasione dei 150 anni (nel 2021) dalla nascita dell’artista torinese e vissuto a Roma, Giacomo Balla (18711958), fino al 31 dicembre 2022 CASA BALLA

di Isabella Michela Affinito

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NEGLIanni Novanta del secolo scorso vennero a mancare definitivamente le due figlie signorine-eredi del pittore, scenografo, arredatore e quant’altro lo vide indaffarato nell’arte decorativa in genere, Giacomo Balla, anch’esse pittrici: Luce, chiamata in un primo momento Lucia (1904-1994) ed Elica (1914-1992), ambedue nomi di chiara derivazione futurista, brave divulgatrici del credo artistico paterno sia attraverso le sue memorie scritte, sia nel ricostruire l’evoluzione professionale con le opere paterne in ordine cronologico.

In quel momento la casa del maestro Balla, dove aveva vissuto creando fino all’ultimo, in via Oslavia 39B nel quartiere Della Vittoria a Roma, fu chiusa e solo più tardi nel 2004 è stata oggetto dell’attenzione del Ministero della Cultura e non soltanto, cosicché nell’odierno è stata finalmente resa visitabile, grazie alla cura prestata dal MAXXI-Museo Nazionale delle arti del XXI secolo della capitale, come appartamento-officina personalizzato fino all’inverosimile dall’allora artista-padrone di casa Giacomo Balla: dalle avveniristiche pareti dipinte delle varie stanze agli abiti maschili e femminili, agli oggetti, agli utensili da cucina, alle mattonelle del bagno e via dicendo.

Dopo la morte accidentale, per una caduta da cavallo a soli trentaquattro anni, di Umberto Boccioni, braccio destro del teorico del movimento Futurista, il poeta Filippo Tommaso Marinetti, il testimone passò a Giacomo Balla divenuto faro di riferimento del gruppo degli artisti, tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, dediti a portare avanti i propositi sottoscritti nel primo Manifesto del Futurismo del febbraio 1909, abbracciante i motivi e i ritmi aleggianti nell’aria del nuovo secolo nonché messaggeri dei tempi innovatori. «[…] il Futurismo – la cui stessa denomina-

zione si contrappone esplicitamente a “Passatismo” – stabilì un’intransigente difesa della modernità, difesa che si identificava con le più spettacolari manifestazioni della società moderna, cioè la macchina, la velocità, il movimento, l’energia, la violenza. Il primo manifesto si esprimeva già con spirito esaltato: “Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.» (Dal 9° volume Grande Enciclopedia De Agostini – Storia Universale dell’Arte, Il XX Secolo, Istituto Geografico De Agostini S.p.A. di Novara, Anno 1997, pag. 398).

La preparazione culturale e artistica di Giacomo Balla originò in territorio piemontese, ove nacque il 18 luglio 1871, sotto il Segno zodiacale del Cancro con l’Ascendente in Bilancia – abbinamento Acqua-Aria per una personalità segnata da grande senso estetico, dall’armonia innata, dalla predilezione per le simmetrie, la raffinatezza, la genialità; i suoi genitori facevano parte della normalità sociale senza pretese, col padre, Giovanni Balla, chimico industriale con l’hobby della fotografia che infuse nel figlio l’amore per il violino. Ma perduto il padre prima dei dieci anni, al posto del violino scelse di seguire gli studi artistici più tardi presso l’Accademia Albertina. Fece conoscenze importanti e determinanti come quelle con lo scrittore Edmondo De Amicis autore del libro Cuore e Giuseppe Pellizza da Volpedo, il pittore divisionista e del celeberrimo Il quarto stato del 1901.

Avendo appreso dal padre le nozioni di fotografia per Balla rappresentarono le fondamenta della successiva sua ricerca pittorica in seno al Futurismo, soprattutto quando si trattò d’immettere nei suoi lavori artistici il senso della dinamicità e di trasferire il valore univoco del pigmento colorato dal divisionismo al geometrismo astratto nel realizzare le varie Compenetrazioni iridescenti, poi, opere articolate da linee e forme eloquenti d’ampio respiro cosmico, come Mercurio passa davanti al Sole (in ricordo dell’esperienza dell’ecclissi solare parziale realmente accaduta nel novembre 1914), Linee spaziali + luce del 1919, Scienza contro oscurantismo del 1920.

A proposito di cosmicità Giacomo Balla –anche appassionato d’astronomia – ha beneficiato per l’intera sua esistenza di un importante stellium (raggruppamento di pianeti) costituito dal Sole (indipendenza raggiunta e appoggi di persone influenti), insieme alla Luna (frequenti cambiamenti di residenza), a Mercurio (professione legata ai viaggi) e a Urano (creatività unita alla tecnica, alle sperimentazioni, alle idee improvvise) in Casa Decima, tra il Segno del Cancro (grande importanza per la famiglia) e quello del Leone (protagonismo e dovizia), che gli valse l’accreditata riuscita professionale artistica oltre i confini nazionali talché la Casa Decima nel cerchio dello zodiaco rappresenta «[…] in teoria il massimo punto raggiungibile e questa sua ubicazione di eminenza è filtrata nelle varie falde interpretative della tradizione traducendosi in successo.» (Dal libro Lezioni di astrologia – La natura delle Case, di L. Morpurgo, I Manuali Longanesi & C. di Milano, Anno 1983, pag. 215).

Una personalità la sua cosiddetta “baciata dalla favorevole combinazione astrale”, per cui fattosi apprezzare come pittore futurista –arrivò a firmarsi FuturBalla – dapprima con Umberto Boccioni suo ex-allievo, con Carlo Carrà, Gino Severini, Mario Sironi, Luigi Russolo, Enrico Prampolini, Fortunato Depero, in seguito il suo lavoro concomitante verso altre forme d’arte lo portò a ideare capi d’abbigliamento, oggetti, mobili, ispirati sempre alla dinamica corrente cui faceva parte: i fiori futuristi nel giardino taorminese di Casa Cuseni; giocattoli, arredi, mobili, oggetti e le scenografie per il balletto Feu d’artifice di Igor Stravinskij dell’aprile 1917, andato in scena al Teatro Costanzi di Roma. S’impegnò a decorare la casa della marchesa Luisa Casati e una sala della Casa d’arte Bragaglia di Roma.

Addirittura collaborò alla realizzazione della pellicola cinematografica Vita futurista del regista Arnaldo Ginna, perché oramai la corrente del futurismo aveva avviluppato, tramite la divulgazione di anno in anno dei numerosi Manifesti specifici, tutti i settori sociali: dalla

scultura all’architettura, al cinema, alla moda, alla danza, alla letteratura, alla grafica, alla cucina, alla politica, etc.

Prima di giungere in Via Oslavia, Giacomo Balla visse fino al 1926 in una casa-studio (ex-convento) all’angolo formato da via Porpora e Via Paisiello a Roma, e faceva lezioni sulla tecnica del Divisionismo (dipingere con pennellate di colori puri accostati insieme senza mescolarli) prima del furore futurista.

Uno scherzo del destino volle che nel 1926 venisse sfrattato dalla casa-studio di via Porpora e che per ben tre anni rimase ospite del mecenate Aldo Ambron a Valle Giulia. Fu un periodo di lievi stacchi dalla vena futurista, probabilmente il maestro Balla, per il quale il nido domestico doveva necessariamente appartenergli in riferimento al suo Segno natio del Cancro dall’indissolubile legame materno e protezione familiare, nel suo caso occupato da importanti pianeti come Giove e Urano, ebbene, si sentiva smarrito ed estraneo dove si ritrovò a stare e scivolò spontaneamente nella pittura figurativa del suo precedente periodo d’esordio.

Ecco perché quando nel 1929 prese possesso dell’appartamento, non propriamente grande, di Via Oslavia a Roma, non ci volle molto, grazie anche all’ottima collaborazione delle figlie, a farlo “a sua immagine e somiglianza” decorandolo da cima a fondo e nelle differenti declinazioni dell’arte applicata, rendendolo così scrigno vivente della sua lunga militanza artistica e palpitante d’elementi innovativi e sorprendenti, dai colori anche forti audacemente accostati insieme con gusto sopraffino se si considerano quei tempi a ridosso della Seconda guerra mondiale. In un suo quadro del 1945, Noi quattro allo specchio, compaiono lui, che è già un uomo attempato sorridente coi molti pennelli fra le mani e i pantaloni a grandi quadri, le due figlie giovani disinvolte nell’atto di darsi da fare nel medesimo studio e la moglie, l’ex sarta Elisa Marcucci (sposata nel 1904) sorella del pittore arredatore Alessandro Marcucci che fu amico in gioventù di Balla, quale signora discreta e ammiratrice del bellissimo ‘trambusto’ familiare attorno.

Giacomo Balla fu attivo fino al marzo 1958, quando morì a ottantasette anni nel ‘chiasso’ cromaticamente accogliente della sua amatissima casa di via Oslavia, ch’è stata il suo vestito migliore da lui ritoccato giorno dopo giorno e indossato amorosamente per quasi trent’anni!

Isabella Michela Affinito

“La mano del violinista”

(Omaggio al quadro, olio su tela, La mano del violinista del 1912, di Giacomo Balla)

La musica non c’è ma di mani molte, le stesse che escono dalla posa statica per continuare a strofinare le corde del violino. In fondo è solo una mano sinistra sciolta, vibratile, disposta a non rimanere inerme che dialoga nell’ambito d’una tela italiana, la realtà della scienza tra Futurismo e scomposizione dei colori. Una mano che interpreta la sua parte e molte altre ancora, che sale che scende invertendo le clausole delle note: una mano elegante da uomo contornata dal polsino

bianco che trasmette rigore sulla bilancia acustica. Anatomia irrisoria che inizia e termina con la mano sinistra di cui non si conosce la vera dimensione né oggettiva, né umana!

Isabella Michela Affinito

N.B.: La summenzionata poesia appartiene alla silloge “Una Raccolta di Stili 16° volume”, Carta e Penna Editore di Torino, Prima edizione Settembre 2016, Prima ristampa Luglio 2017, Edizione fuori commercio, pagg. 80.

PROCESSIONE (Tsunami)

Tutti i giorni la stessa processione: un trenino di granchi velocissimo sgamba all’indietro parallelo al mare. Solo oggi - Pasquetta - scomparsi; avranno stramangiato anch’essi, ieri. Mi piace da sempre, da ragazzo, venire al mare la mattina presto quando, spente le stelle, c’è nell’aria un momento di strana sospensione.

Anche stamani si rinnova il rito: potrebbe forse non levarsi il sole? Qualche volta lo sogno, come sogno una luna gigante, vicinissima. Poi l’alba reifica i miraggi e il mare stende fino all’orizzonte la sua liquida coltre sopra gli incubi.

Il mare, insonnolito, si stiracchia. Che pace aprire gli occhi a un nuovo giorno galleggiando su un’isola sperduta... anche se stamani ho avuto un lieve capogiro, alzandomi.

Il cielo è terso ma il mare è imbronciato. Eh, cosa c’è? Una sgrullata per i tiratardi... le conchiglie si scrollano la sabbia granchi isolati corrono in disordine. In lontananza il mare si rincalza come per impazienza su se stesso. Qui sottocosta l’acqua risente nella pancia tesa d’una sorta di grande piattonata che ammutolisce gli occhi ai nativi.

No, è passato, è stato come un sogno, solo un forte rifiato dell’oceano. Ho un lieve capogiro da stamani; o forse è solo la testa pesante - ieri sera abbiamo fatto tardi e stento un po’ a tenere gli occhi aperti. Una nave ch’era sullo sfondo ora è vicina come per miraggio.

Ma cosa accade, cosa sta accadendo? L’onda si ritrae come il Mar Rosso scodellando l’isola in plateau. ...e l’orizzonte sembra più vicino... Noi siamo come un’onda che trascorre: una riga tracciata nel nulla. Ehi, quel rimbocco, quell’increspatura quell’onda che s’arriccia - eeh! - quel surf sì quella, quello sembra... - o Dio! quello è proprio l’oceano che tracima... Sulla spiaggia non c’è un solo appiglio le barche sfarfalleggiano stupite oh, oh sì! quello che sormonta alto quanto una casa di otto piani è l’ORIZZONTE che ci corre incontro alla velocità d’un aeroplano... I nativi sgambano a ritroso... Aah! Un sipario sigilla mare e cielo l’avvento precorre la distanza come l’inghiottitoio la cascata... adesso e qui - sì, ora ora lo sento lo spazio tempo è ridotto a un solo evento!

Da cinque giorni rivolto cadaveri. Mi guardano con facce conosciute ignari di questo contrattempo: sì, a nostra e forse a loro insaputa, i morti - se non sogno ci somigliano tutti.

Corrado Calabrò

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