Leonardo Sciascia - Le Parrocchie di Regalpetra

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LEONARDO SCIASCIA LE PARROCCHIE DI REGALPETRA Nel 1944, sul finire dell'anno scolastico, mentre compilavo quell’atto di ufficio che è, nel registro di classe, la cronaca (appena una colonna per tutto un mese: ed è, come tutti gli atti di ufficio, un banale resoconto improntato al tutto va bene), mi venne l'idea di scrivere una più vera cronaca dell'anno di scuola che stava per finire. E la scrissi in pochi giorni, e qual che pagina a scuola, mentre i ragazzi disegnavano o risolvevano qualche esercizio di aritmetica. Avevo una quinta, e di ragazzi che mi portavo dietro f n dalla seconda: molto affezionati, dunque; e io a loro. Mi capita, quando vado al mio paese, di incontrarne qualcuno: hanno già fatto il soldato, c'è chi si è sposato; ma i più sono emigrati, vengono soltanto a Natale o nell'estate. Uno mi ha scritto dal Canada, che aveva letto un mio libra Nell'autunno, portai il manoscritto a Calvino. Lo lesse,li piacque; ma troppo breve per farne un "gettone', e lo passò Alla rivista "Nuovi Argomenti" Nel numero 12, gennaio-febbraio 1955, e Cronache scolastiche furono pubblicate. Trovandomi a Bari quando appena il numero di "Nuovi Argomenti" era uscito, Vito Laterza mi chiese di scrivere tutto un libro sulla vita di un paese siciliano. Tommaso e Vittore Fiore mi incoraggiarono a provarmici. Qualche mese dopo, mandai a Vito Laterza alcune pagine Me l restituì con buoni consigli. E così, prima che l'anno finisse, il libro era pronto. Mancava il titolo: e lo trovò, molto felicemente, l'editore. Questa, in breve, la storia delle Parrocchie di Regalpetra Debbo aggiungere che il nome del paese, Regalpetra, contiene due ragioni: la prima, che nelle antiche carte Racalmuto (cuin parte le cronache del libro si nfenscono) è segnata come Regal muto; la seconda, che volevo in qualche modo rendere omaggio a Nino Savarese, autore dei Fatti di Petra. Di questa seconda ragione molti, forse, si meraviglieranno: ma a parte l'affezione che ho sempre avuto per l'opera di Savarese, e specialmente là dove tocca i mih e le storie della terra siciliana, debbo confessare che proprio sugli scrittori "rondisti" - Savarese,ecchi, Barilli - ho imparato a scrivere. E per quanto i miei intendimenti siano maturati in tutt'altra direzione, anche intimamente restano in me tracce di un tale esercizio. E appunto parlando delle Parrocchie, Pasolini acutamente notava che "la ricerca documentana e addirittura la denuncia si concretano in forme ipotattiche, sia pure semplici e lucide: forme che non soltanto ordinano il conosc~b~le razionalmente (e fino a questo punto la richiesta marxista del nazionale-popolare è osservata) ma anche squisitamente: sopravvivendo in tale saggismo il tipo stilistico della prosa d'arte, del capitolo". Il che, forse a maggior ragione, si potrebbe ripetere per un libro come Il consiglio d'Egitto. Tengo però a dichiarare che avendo cominciato a pubblicare dopo i trent'anni, cioè dopo aver scontato in privato tutti i possibili latinucci che si imponevano a quelli della mia generazione, da allora non ho mai avuto problemi di espressione, di forma, se non subordinati all'esigenza di ordinare razionalmente il conosciuto più che il conoscibile e di documentare e raccontare con buona tecnica (per cui, ad esempio, mi importa più seguire l'evoluzione del romanzo poliziesco che il corso delle teorie estetiche). E stato detto che nelle Parrocchie di Regalpetra sono contenuti tutti i temi che ho poi, in altri libri, variamente svolto. E l'ho detto anch'io. In questo senso, quel critico che dalle Parroc-


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