LEONARDO SCIASCIA IL CONTESTO
Il contesto (I97I) è il terzo libro, per cosí dire giallo, di Leonardo Sciascia. Viene, infatti, dopo Il giorno della civetta 196I) e A ciascuno il suo (I966). Ma, in realtà, si collega strettamente al primo. A ciascuno il suo è ancora una va~lante sulla vecchia mafia in via di trasformazione. Con la indifferenza che, mentre ne Il giorno della civetta veniva adot~to il punto di vista di un investigatore, il capitano dei ca~abinieri Bellodi, arrivato in Sicilia dalla lontana Emilia e, per di piú, esemplarmente, quasi esageratamente antifascista, in A ciascuno il suo veniva adottato il punto di vista di i lin siciliano troppo ingenuo, il professor Laurana che, nonostante la sua nascita nell'isola, si ostinava a indagare sulla misteriosa morte di un farmacista e si dilettava di una ricerca che non gli competeva e che lo poteva portare solo alla rovina. Tanto piú che si lasciava presto irretire d'amore proprio per chi gli era, naturalmente, piú nemico. Non a caso il professor Laurana non era affatto rispettato dai suoi avversari, contrariamente a quanto accadeva, invece, al capitano Bellodi, apprezzato come «un uomo» anche nella sconfitta. Anzi, veniva addirittura dileggiato piú volte con la qualifica di «cretino». La sostanza, però, era la stessa de Il giorno della civetta: la mafia non era piú vista come un fenomeno meramente siciliano. Sempre piú la collusione con Roma era proclamata da ogni indagine in grado di andare appena oltre la superficie di un delitto. Era a Roma che si decideva la vita e la morte di chi stava in Sicilia, e non il contrario. Leonardo Sciascia non poteva appagarsi di questo approccio al problema.
« Giusto dieci anni fa, per una nota messa in coda al racconto Il giorno della civetta, mi sono data, come si suol dire la zappa sui piedi. L'avevo messa come una specie di morale della favola: fingendo, poiché avevo scritto contro la mafia di aver paura della legge; quella paura che invece i mafiosi non avevano. Ma fu presa, dai piú, alla lettera; e qualcuno ancora me la rimprovera. Ora spero che questa nota sia intesa come quella non doveva invece essere intesa: e cioè a]la lettera... », scrive con la solita educata e feroce ironia Leonardo Sciascia nella nota messa in coda a questo racconto Il contesto. Il contesto ha un sottotitolo che recita: Una parodia. L'autore ammette di esser partito da un fatto di cronaca. Un errore giudiziario che ha mandato in prigione per tentato uxoricidio un marito considerato scomodo da una moglie furba e disonesta. Al ritorno in libertà dell'uomo si verifica l'inizio di una serie di assassini di giudici che induce le competenti, chissà perché, autorità a sospettare una congiura rivoluzionaria dell'opposizione, mentre l'opposizione è spaventata dall'idea di dover fare la rivoluzione. Un divertimento, assicura Leonardo Sciascia, che a un certo punto ha smesso di divertirlo, via via che il poliziotto Rogas, di buone letture e di buona coscienza, quindi di coscienza consapevolmente inquieta, diventava l'alter ego del suo presunto uccisore di magistrati. Il paese in cui tutto si svolge è immaginario. Ma, dato che non vi hanno piú corso le idee e i principi pur proclamati vengono irrisi ogni giorno e le ideologie si riducono in politica a pure denominazioni del giuoco delle parti che si contendono il potere, Leonardo Sciascia si lascia alla fine strappare l'ammissione che «si può anche pensare all'Italia, si può anche pensare alla Sicilia». Su una sola cosa l'autore si mantiene intransigente: non si è ispirato all'omicidio del procuratore della Repubblica Scaglione a Palermo. Prima che quel delitto avvenisse, la ~tc iniziale di questa parodia era stata già pubblicata sul E~ero I, gennaio-febbraio I97I, della rivista siciliana ~estioni