Italia Ornitologica numero 8/9 2021

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVII numero 8/9 2021

Canarini di Colore

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Ondulati ed altri Psittaciformi

Didattica & Cultura

Standard del Satiné Ossidato

Il Cardellino ieri, oggi e domani (1ª parte)

Esperienze con l’ondulato Dal colore di forma e posizione alla forma



ANNO XLVII NUMERO 8 9 2021

sommario Editoriale Gennaro Iannuccilli

Standard del Satiné Ossidato C.T.N. Canarini di Colore

Il Cardellino ieri, oggi e domani (1ª parte) Piercarlo Rossi

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Recensioni - novità editoriali Gennaro Iannuccilli

Capire il Canarino, il fenotipo, il genotipo Ezio Lingua

Apelle Dei Roberto Basso e Martina Lando

OrniFlash News al volo dal web e non solo

11 luglio 2021, data storica Alberto De Vita

Il New York Colorbred Canary Club Amitt Ramgattee

Razza o varietà?

Canarini di Colore

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Estrildidi Fringillidi Ibridi

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Sergio Palma

Dal colore alla forma Federico Vinattieri

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Le mie esperienze con l’ondulato di forma e posizione

15 Lucherino testa nera, nuovo fenotipo! Demetrio Pitasi 19 Espansibilità canora stimolata e diretta Francesco Di Giorgio 22 Rusticità Giovanni Canali 25 Il collezionismo ornitologico (8ª parte) Francesco Badalamenti 29 Photo Show Le foto scattate dagli allevatori 33 Domenico Maione

Il Crespigno: una pianta erbacea buona e salutare Pierluigi Mengacci AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it

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Ondulati ed altri Psittaciformi

Didattica & Cultura

L’origine e l’evoluzione degli estrildidi G. J. Huisman

Lettere in Redazione Attività F.O.I. - Verbale Consiglio Direttivo del 21 maggio 2021

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 0391-254X (International Standard Serial Number) Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 4396 del 12-3-1975

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Coadiutore Editoriale: Lorenza Cattalani

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25 61 63 64

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Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 8/9 - 2021 è stato licenziato per la stampa il 29/7/2021



Editoriale D

opo un (altro) anno in cui l’emergenza sanitaria ci ha costretti a non poter organizzare, partecipare e presenziare ai nostri usuali e anelati eventi espositivi ornitologici, abbiamo avuto modo di incontrarci a Chianciano Terme in occasione della “due giorni” F.O.I. dedicata all’annuale Assemblea delle Associazioni, all’Assemblea dei Giudici e a quella dei Club affiliati. Si è trattato di appuntamenti di importante rilevanza, visti gli appuntamenti elettivi in seno all’Ordine dei Giudici e dei Club, svolti nella giornata di Sabato 19 Giugno, culminati con l’evento assembleare di tutte le Associazioni federate, che ha avuto luogo Domenica 20 Giugno 2021.

Anche quest’anno, la percezione che abbiamo avuto grazie alla presenza di tutti i partecipanti e i tanti ospiti invitati, è stata senza dubbio “positiva”, nella migliore accezione del termine. Senza dilungarci nella cronaca degli eventi, già nota, lasciamo ancora una volta alle immagini la funzione di trasmettere e documentare gli stati d’animo espressi da tutti i presenti, con l’auspicio che ci si possa finalmente (e presto) incontrare presso le mostre ornitologiche italiane e internazionali, di cui sentiamo tanto la mancanza in quanto motore del nostro movimento amatoriale e sportivo.


Editoriale


CANARINI DI COLORE

Standard del Satiné Ossidato a cura della C.T.N. CANARINI DI COLORE, foto CLAUDE ROUSSEL

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e sperimentazioni avviate dal collega Peppino Vitti 25 anni fa, hanno stimolato la selezione di un particolare fenotipo interessato dalla mutazione Satiné comunemente denominato “Satiné Bruno”, in quanto frutto della selezione della mutazione in ceppi di Bruni di ottima tipicità. Riteniamo più appropriata, tuttavia, la denominazione “Satiné Ossidato”, meno impegnativa e idonea alla distinzione rispetto al Satiné classico che è un diluito per eccellenza.

Questo canarino presenta caratteristiche tipiche e originali, oltre a un’oggettiva bellezza

Oggi prendiamo atto dell’interesse mostrato da un nutrito gruppo di allevatori italiani e stranieri verso questo canarino che presenta caratteristiche tipiche e originali, oltre a un’oggettiva bellezza. La CTN, pertanto, non può ignorare questa realtà e, come da programma deliberato sin dal suo insediamento e successivamente realizzato, ha ritenuto opportuno intervenire con la predisposizione di uno standard da applicare nel giudizio dei soggetti a concorso nella categoria "Nuove mu-

Satiné Ossidato Bianco, foto e all. C. Roussel

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tazioni, nuovi tipi in studio e nuove linee selettive", in occasione dei campionati italiani e regionali ed eventualmente in mostre federali di particolare rilevanza nazionale per numero di ingabbi da individuare, secondo criteri condivisi con i competenti organi federali. Pertanto, a partire dalla stagione mostre 2021, i Canarini Satiné Ossidati saranno regolarmente giudicati da componenti della stessa CTN, ovvero da giudici successivamente individuati e che vogliano rendersi disponibili, in apposita categoria a concorso e secondo i criteri sopra indicati. La stessa previsione, peraltro, riguarda i Canarini Bruno Perla, Agata Perla, Nero Perla Striato, All Black e Nero Conix.

Dalla prossima stagione mostre i Canarini Satiné Ossidati saranno regolarmente giudicati

Standard del Canarino Satiné Ossidato Questo canarino è caratterizzato da un disegno lungo e largo di tonalità bruna ossidata mentre l’interstria è interessata da melanina bruna ridotta che evidenzia un netto contrasto con il disegno eumelaminico. L’occhio è evidentemente rosso. Indicazione a supporto del giudizio Sono stati individuati soggetti selezionati con Bruni monomelanici con disegno tendente al grigiastro e tonalità complessiva che ricorda il Bruno Opale. L’occhio permane rosso anche se non in maniera evidente. Tali soggetti vanno valutati insufficienti. Rispetto al Bruno Eumo tipico, è molto diversa la tonalità della melanina mentre il contrasto tra disegno eumelaninico e interstria è meno marcato.

Satiné Ossidato Mosaico Rosso Maschio, foto e all. C. Roussel

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Satiné Ossidato Intenso Rosso, foto e all. C. Roussel


Valutazioni

Descrizione

punti

OTTIMO

Disegno lungo e largo, con conformazione tipica del tipo base Bruno, completo su testa dorso e fianchi, di tonalità carica bruno rossastra che forma un netto contrasto con l’interstria interessata da lieve presenza di melanina bruna ridotta chiaramente visibile nei mosaici e negli apigmentati e che, negli intensi e nei brinati, interagisce con il lipocromo di fondo. L’estensione del disegno al petto va considerato come caratteristica di pregio. L’occhio deve essere evidentemente rosso.

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BUONO

Rispetto alla valutazione “ottimo” sarà buono il canarino che se ne discosta leggermente per la conformazione del disegno o per la melanina dell’interstria meno percettibile o, al contrario, leggermente superiore a quella 28-27 ottimale attenuando di poco il contrasto. L’occhio deve essere evidentemente rosso.

SUFFICIENTE

Le caratteristiche che determinano la valutazione sufficiente sono la conformazione del disegno che potrà essere 26-24 confuso o sottile e discontinuo con interstria eccessivamente melanizzata o, al contrario, troppo ridotta. Va considerato insufficiente il canarino che evidenzia una tonalità del bruno non corrispondente a quella prevista dallo standard, o che si confonde con uno scadente Satiné classico.

INSUFFICIENTE

Anche il soggetto che si confonde con un Bruno Eumo andrà valutato insufficiente.

23-18

Contribuisce, altresì, alla valutazione “insufficiente” l’insieme di difetti che si discostano dalle caratteristiche dello standard (es. soggetto con disegno sottile e spezzato, con interstria non melanizzata o eccessivamente melanizzata, contrasto non evidente tra disegno e interstria e occhio non evidentemente rosso)

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il Cardellino ieri, oggi e domani testo di PIERCARLO ROSSI, foto AUTORI VARI

Prima parte

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asseggiando in primavera tra le colline del Monferrato, il canto del cardellino spesso mi faceva compagnia. Scorgere l’autore di tale melodia era facile; infatti, come un fiero alpino, baciato dal sole, mostrava tutti i suoi sgargianti colori sulla punta di una tuia o su un ramo di un albicocco. Il suo ritornello melodioso riempiva l’aria, nella conquista di una compagnia o per segnalare a quest’ultima la sua presenza, mentre lei era intenta alla cova. Nella pianura alessandrina il cardellino è sempre stato uno degli uccelli più comuni, anche se negli ultimi decenni il numero dei soggetti è diminuito notevolmente a causa dell’elevata presenza di predatori, in primis la famigerata gazza che ne falcidia intere nidiate, ed a causa dell’agricoltura intensiva che anno dopo anno ha limitato drasticamente il numero di appezzamenti incolti, dove la crescita di erbe spontanee creava delle zone di approvvigionamento di cibo. Ho sempre pensato al cardellino come ad un “uccello del sole”; infatti, in quelle giornate i suoi colori, colpiti dai raggi solari, davano il meglio di sé, ed ogni volta ammirarlo, appeso a testa in giù intento ad estrarre preziosi semini da una “pallina” di acero o a terra su un’infiorescenza di tarassaco, era un vero piacere.

Cardellino mutato (pastello ala grigia), foto Aviario Cenit Granada

Moltissimo è stato scritto su questa specie, tanto da attribuirle l’appellativo di “principe dei fringillidi”; un ti-

Moltissimo è stato scritto su questa specie, tanto da attribuirle l’appellativo di “principe dei fringillidi”

tolo più che meritato, vista la grande attrazione che il cardellino crea in tutti gli appassionati e la sua presenza massiccia negli allevamenti domestici ne è la conferma. Io penso che il tutto sia da attribuire in primo luogo alla bellezza dei suoi colori: una mascherina rosso vermiglio in contrasto con banda alare gialla, dote rara nei fringillidi, condivisa solo con il Verzellino fronterossa, le uniche due specie che presentano entrambi i colori nel piumaggio; il

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Anche il grande compositore Antonio Vivaldi gli ha dedicato un concerto per flauto e una battuta in una delle Quattro Stagioni: l’Estate, naturalmente. Andando indietro nel tempo, io credo che il cardellino non ci mise molto a diventare un “uccello da compagnia”: appena gli uomini appresero le nozioni basilari dell’allevamento, una gabbia rudimentale ed una miscela molto spartana, diedero inizio a questa magica avventura. La detenzione in cattività permise di scoprire un’altra dote di questa splendida specie, quella del canto composto da note metalliche, a volte molto vario, altre chiuso in una sola passata; questo creò nel tempo un vero culto, una tradizione che è giunta fino ai giorni nostri, molto sentita soprattutto nell’Italia meridionale e, in generale, nei Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo.

Cardellini in varie mutazioni, foto: Bruno Zamagni, all. Silvio Budellacci

nero intenso e vellutato, che contrasta nettamente con le perle bianche delle ali; un atteggiamento fiero ed uno spirito sempre combattivo hanno fatto di questo uccello uno dei soggetti più ambiti dalla notte dei tempi. Un interesse ulteriormente amplificato dalle credenze popolari. Infatti, secondo la mitologia greca, il cardellino sarebbe in realtà una delle Pieridi, trasformata in uccello da Atena; il mito è raccontato da Ovidio nelle Metamorfosi. In generale, nella antica cultura pagana il cardellino rappresentava l’anima dell’uomo che, al momento del trapasso, vola via; tale significato è stato mantenuto anche in ambito cristiano, dove il cardellino diviene inoltre simbolo della passione di Cristo e per tale motivo è raffigurato in numerosi dipinti rinascimentali.

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Una leggenda cristiana narra che un cardellino si fosse messo ad estrarre le spine della corona che trafiggeva il Cristo crocifisso e che si fosse trafitto a sua volta, macchiandosi con il sangue di Gesù: l’uccellino così sarebbe rimasto per sempre segnato, con la macchia rossa sul capo.

Una leggenda cristiana narra che un cardellino si fosse messo ad estrarre le spine della corona che trafiggeva il Cristo crocifisso e che si fosse trafitto a sua volta

Il canto del Cardellino Gli uccelli utilizzano il loro canto per la conquista di una compagna o per difendere un determinato territorio; la stessa pratica è utilizzata anche dal cardellino. Inoltre, il canto degli uccelli è molto importante per il loro successo riproduttivo, questo grazie ad un organo molto particolare chiamato siringe. La conformazione di quest’ultima cambia a seconda della specie ed a questo si devono canti e suoni tanto diversi. Nelle anatre, nei polli, nei pappagalli e in altre specie relativamente ataviche la siringe arriva solo fino alla diramazione della trachea nei bronchi, mentre in specie con capacità canore più evolute, come i Passeriformi (usignolo, capinera, allodola o cardellino) si compone di due parti, ciascuna delle quali si inserisce all’interno di uno dei due bronchi. La siringe è costituita da un insieme di cartilagini a forma di anello entro cui si trovano due pieghe della mucosa. Queste membrane, che vibrano come le nostre corde vocali, sono collegate a muscoli (da 3 a 7 paia) che possono modificare l’ampiezza della siringe e quindi i suoni emessi dall’uccello.


Il cardellino può cantare con diverse modulazioni: le sequenze principali sono tre... e ogni maschio ha la sua pronuncia

Nel mondo degli uccelli ne sono privi gli struzzi, le cicogne e pochi altri, particolare alquanto strano. Tornando al nostro cardellino, le sottospecie presenti nel bacino del Mediterraneo (parva tschusii e lo stesso Carduelis carduelis), essendo di taglia ridotta hanno una siringe più piccola rispetto a quella del C. frigoris: questa gli permette di ottenere vocalismi più acuti, molto apprezzati dai cultori di quest’arte. Il cardellino può cantare con diverse modulazioni: le sequenze principali sono tre - in Campania, che conta moltissimi appassionati, le vocalizzazioni principali vengono dette Zipè, Ble ble e Ziò - e ogni maschio ha la sua pronuncia. Zipè è la melodia principale di un cardellino. Nella sua forma canonica consiste nella ripetizione per almeno 4 volte di due sillabe (che appunto si rendono con zi e pe, da una breve interruzione di una frazione di secondo, e da un’altra ripetizione delle stesse due sillabe qualche semitono più in basso). Una buona zipè è tanto rara quanto piacevole da ascoltare e ciò spiega perché essa sia uno dei canti più ricercati. Gli errori consistono nell’esecuzione troppo veloce, nella ripetizione delle sillabe per meno di quattro volte, nella mancata ripetizione nel registro più basso e infine, come per tutte le altre melodie, nell’esecuzione interrotta. Ble ble: questa melodia è particolarmente semplice, ma molto apprezzata. È formata dalla duplice ripetizione della stessa sillaba, che appunto può rendersi con ble o anche con ueo, pronunciati seccamente, e

con netta e brevissima cesura intermedia. La ble ble compare spesso all’inizio di un fraseggio, sovente preceduta da una vocalizzazione di difficile descrizione chiamata pliò, e non è presente nel canto di ogni cardellino, cosa che ne accresce l’importanza. Gli errori consistono nella mancata doppia ripetizione della sillaba, che può essere ripetuta per una sola volta o anche per tre; la mancanza completa della ble ble nel canto costituisce difetto. Ziò: contrariamente alla precedente, questa vocalizzazione è emessa quasi sempre al termine di un discorso; essa è resa benissimo dal termine scelto per indicarla. Tutti i cardellini la sanno eseguire, ma una buona ziò dev’essere non troppo breve, molto distesa, con pronuncia uniforme e, come detto, tassativamente messa alla fine della frase. L’errore più frequente consiste nell’esecuzione eccessivamente contratta. Il complesso di pliò, ble ble, zipè, ziò in quest’ordine, se correttamente eseguito, si considera il massimo ri-

Cardellino su acero (Acer platanoides), foto: R. Poggio

Cardellino satinè x Canarino satinè, foto: Domenico Cautillo

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sultato canoro raggiungibile, ma è estremamente difficile da ottenere; ciò spiega le quotazioni di mercato a livelli astronomici di un soggetto dal canto ideale (si veda anche, a questo proposito, il mio articolo “Napoli e i cardellini). Rullo: questa vocalizzazione ricorda non il rullato degli Harzer ma i suoni d’acqua dei canarini Malinois; è però di durata più breve, meno gorgheggiata e variata, e spesso passa inosservata, avendo i cardellini la tendenza ad inserirla velocemente nel corpo di un fraseggio. Per cui non si accorda grande importanza al rullo e non esistono precisazioni riguardo la sua esecuzione ideale, anche perché molti cardellini lo eseguono allo stesso modo. Zick: è più che altro un breve suono di richiamo. Se un cardellino è tenuto all’esterno, spesso alcuni soggetti emettono un verso caratteristico, lo zick, appunto (il termine è onomatopeico), se un altro uccello, cardellino o no, vola o si ferma nelle sue vicinanze. I soggetti che lo eseguono con

Cardellina Aminet in cova, foto e all. Alex Valentini

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Con il diffondersi dell’allevamento dei canarini di colore si fece strada una nuova prospettiva, quella dell’ibridazione

frequenza erano dunque utilizzati un tempo come richiamo per l’uccellagione. Ringrazio l’amico Riccardo Rigato per avermi aiutato in quest’ultima parte. I primi ibridi con il Canarino Con il diffondersi dell’allevamento dei canarini di colore si fece strada una nuova prospettiva, quella dell’ibridazione; questa unione dava vita a dei soggetti robusti, grandi cantori, che una volta svezzati venivano messi “a scuola di canto” sotto un abile maestro cardellino, così da poter apprenderne la melodia, ma con una

lunghezza ed una potenza vocale diversa, donata loro dal Serinus canaria. Deve essere stato sicuramente così per secoli; basti pensare che il primo caso documentato di ibridazione con la canarina risale al XVII secolo, cardellino per canarino, abilmente ritratto su tela nel 1610 dal pittore Lazarus Roting. Il prelievo in natura, la detenzione, il canto e l’ibridazione, tutto questo rimase immutato fino a pochi decenni or sono, quando si decise di tentarne la riproduzione in cattività, pratica che fino ad allora si riteneva non possibile per una “specie selvatica”. Questo fu un passo obbligato, visto che a partire dal 1978 la legge 812 del 24 novembre aveva imposto l’allevamento in ambiente domestico, come unica possibilità di detenzione ufficiale del cardellino e di tutti gli indigeni in generale. Penso che agli inizi fu un vero colpo al cuore vedere la femmina girovagare tutta impettita per la gabbia con degli sfilacci nel becco, alla ricerca di un luogo sicuro dove poter metter su famiglia. Ricordo ancora con piacere una delle visite all’amico Giuseppe Bosio di Robbio Lomellina, grande allevatore di esotici, alla fine degli anni ‘80, che con grande orgoglio mi mostrò una femmina di cardellino che covava tranquillamente in una volieretta da 120 cm. Il buon Giuseppe, anche se affermato allevatore di estrildidi, non aveva saputo resistere al fascino di questa splendida specie. Tornando per un attimo all’ibridazione con il canarino, negli anni sono state tracciate due strade: quella del canto, ed in questo caso la canarina utilizzata poco importa, e quella della ricerca di una pezzatura, la più ampia possibile, un’arte che mi ha sempre affascinato, la più praticata nella piana alessandrina. Con il passare degli anni, le varie teorie per ottenere questa tipologia di ibridi si sono susseguite; ad oggi io ritengo che la casistica voglia che i soggetti con pezzature sempre più estese nascano da un determinato cardellino, unito logicamente ad una canarina lipocromica gialla o rossa.


Negli ultimi anni la comparsa dei cardellini acianici o favati ha aggiunto un’ulteriore opportunità a questo tipo di ibridazione. Con l’apparire delle mutazioni che hanno interessato il nostro Carduelis, ad oggi è possibile ammirare, nelle principali mostre, soggetti ibridi mutati di sesso maschile, ma con la memoria voglio tornare ai primi soggetti di sesso femminile mutati. Infatti, alla fine degli anni ‘80, femmine di cardellino unite a canarini affetti da mutazioni sessolegate, come la pastello, l’isabella, ma soprattutto la satiné, davano vita a femmine di rara bellezza che in quegli anni primeggiavano in tutte le manifestazioni ornitologiche e portavano la nostra mente a fantasticare su soggetti puri affetti da tale mutazione… alcuni anni dopo tali sogni diventarono realtà. Continua sul prossimo numero

Cardellino agata, copertina I.O. Giugno-Luglio 2018, foto: Mario Vetere

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ONDULATI ED ALTRI PSITTACIFORMI

Le mie esperienze con l’ondulato di forma e posizione testo e foto di Domenico Maione

C

on alti e bassi, da ormai quarant’anni, allevo l’ondulato di forma e posizione; ho attraversato dei periodi bui durante i quali la tentazione di smettere è stata forte, ma poi la mia passione e il mio amore per questi esserini eleganti, non presenti in natura ma frutto delle capacità selettive dell’uomo, mi hanno spinto a ricominciare con sempre maggiore determinazione. Non ho la presunzione, con queste poche righe, di insegnare nulla a nessuno; vorrei semplicemente far trasparire il mio amore per questo pappagallino, farlo conoscere ai più e condividere le mie esperienze di allevamento. I miei esordi con questa specie risalgono alla fine degli anni Settanta, quando vidi per la prima volta un ondulato inglese (all’epoca l’unico termine per indicare gli ondulati di forma e posizione) che faceva bella mostra di sé all’interno di un negozio di animali: fu amore a prima vista! Nei primi anni Ottanta ho conseguito dei discreti risultati espositivi, anche in mostre blasonate, dovuti però all’esiguo numero di soggetti presenti piuttosto che al raggiungimento di importanti obiettivi selettivi. A quei tempi era assai difficile creare, in Italia, un buon ceppo, sia per la difficoltà di approvvigio-

narsi di soggetti di buona qualità (che, peraltro, avevano dei prezzi proibitivi) sia per le scarse nozioni delle quali si disponeva riguardo la genetica, la riproduzione e il mantenimento. Gli anni Novanta sono trascorsi senza passi avanti significativi e, anzi, con un acquisto sciagurato, ho introdotto nel mio allevamento il poliomavirus aviare, con un conseguente altissimo tasso di mortalità. Ho accusato duramente il colpo e quella è stata la volta in cui, più prepotente che mai, è emersa la volontà di mollare tutto. L’incontro con un nuovo socio della mia Associazione ornitologica, anch’egli appassionato come me di ondulati, mi ha dato però nuova linfa: insieme abbiamo cominciato a visitare diversi allevamenti, abbiamo conosciuto altri allevatori, alcuni dei quali oggi mi onoro di chiamare amici e, sempre insieme, abbiamo cominciato a frequentare, grazie all’ausilio di internet, dei gruppi specifici sull’ondulato. Se l’incontro appena descritto ha rappresentato la mia ripartenza, il punto di svolta l’ho avuto con l’ingresso nel gruppo virtuale “Ondulati Inglesi Italia 2008”, dove ho potuto conoscere esperti appassionati che mi hanno consigliato e indirizzato, consentendomi di maturare come allevatore e conoscitore della razza.

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Ma entriamo ora nel mio allevamento e cominciamo con l’analizzare gli errori più gravi che ho commesso. Primo errore: acquistare da allevatori diversi. Quando si comincia l’allevamento di una nuova specie è buona norma acquistare i soggetti di partenza tutti da uno stesso allevatore, dopo averne individuato uno competente, disponibile e magari non troppo distante da noi. Questo perché, quando si acquista da un allevatore, non si sta acquistando soltanto quello che possiamo facilmente vedere del soggetto (fenotipo), stiamo prelevando la “linea di sangue” di quell’allevamento, ciò che

non vediamo ma che è scritto nel patrimonio genetico del pappagallino (genotipo) e che è frutto del lavoro di selezione dell’allevatore. Partire mescolando linee di sangue diverse ha un’altissima percentuale di fallimento, dato che molto probabilmente andremo a rimescolare e scombinare caratteristiche genetiche che altri allevatori avevano fissato con tempo e fatica prima di noi. Ovviamente, una volta consolidato il proprio ceppo, questo andrà di tanto in tanto “innestato” con sangue nuovo, ma, appunto, ciò dovrà avvenire solo dopo aver fissato determinate caratteristiche.

Secondo errore: non visitare gli allevamenti. Questo è un errore comune a molti di noi allevatori che, per mancanza di tempo o a causa delle distanze, spesso identifichiamo l’allevatore che ci appare migliore e prenotiamo i suoi soggetti che ritireremo in questa o quella mostra. Tale pratica, però, ci impedisce di valutare da vicino la genealogia dei soggetti che stiamo per portare nel nostro aviario, di verificare l’ambiente nel quale sono abituati a vivere, ciò con cui sono soliti alimentarsi e, più in generale, ci impedisce quell’interscambio culturale e quella condivisione che dovrebbero rappresentare

Prima di immettere nuovi soggetti nel nostro aviario, è buona norma far trascorrere loro il giusto periodo di quarantena

uno degli obiettivi di ciascuno di noi. Terzo errore: la quarantena. Prima di immettere nuovi soggetti nel nostro aviario, è buona norma far trascorrere loro il giusto periodo di quarantena in un locale in qualche modo collegato a quello di stazionamento del resto dei nostri pappagallini; questo per evitare di introdurre malattie nel proprio ambiente e anche per permettere ai nuovi arrivati di acclimatarsi al diverso microclima (ricordiamoci che, da allevamento ad allevamento, variano la carica batterica, la temperatura, l’umidità, etc.). Un fattore importantissimo all’interno di un aviario è la disinfezione. Io la pratico regolarmente con varechina e/o sali quaternari di ammonio per contrastare i batteri, e con prodotti più specifici per i virus. Parliamo ora dei nidi. Per quanto mi riguarda li uso in legno, con l’interno, estraibile, in plastica. I “cassettini” interni in plastica sono di facile disinfezione e possono essere sostituiti all’occorrenza senza problemi; inoltre, garantiscono una buona areazione, essendo sollevati dal fondo del nido. È importante assicurarsi che i fondi siano

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dotati di una conca dove le madri effettueranno comodamente la deposizione. In questi cassettini dispongo trucioli di legno o canapa, insieme a farina di diatomee (utile contro i parassiti) che sostituisco, generalmente, ogni due o tre giorni. Durante il periodo di deposizione sono solito marcare le uova con un pennarello indelebile, in maniera da riconoscerne immediatamente provenienza e tempo di incubazione anche nel caso abbia dovuto spostarle da un nido a un altro. Può capitare, infatti, di dover spostare le uova per diversi motivi, tra i quali il fatto che i nascituri saranno troppi da accudire per una sola femmina, oppure che la madre, sciagurata, abbandoni la covata. Ispeziono i nidi giornalmente: oltre a osservare con attenzione il comportamento dei riproduttori, questo mi permette, generalmente, di accorgermi subito di eventuali problemi così da intervenire tempestivamente per arginarli. Tra i problemi riscontrabili abbiamo: - Madre che non alimenta i piccoli. Una possibile soluzione è quella di spostare i novelli in un altro nido, sostituendoli con piccoli più avanti di età che, essendo più grandi, chiameranno più forte l’imbeccata, invogliando la madre ad alimentarli. Con questo sistema si raggiungerà il duplice scopo di portare a svezzamento i piccoli e insegnare alle madri i tempi dell’imbeccata. - Pica. Si tratta della pratica di spiumare i propri pulli, a volte fino a farli sanguinare e arrivando a causarne addirittura la morte. In queste situazioni non ho trovato altra soluzione che spostare i piccoli in altri nidi, affidandoli cioè alle cure di altri “genitori”. Ho preso l’abitudine di non mettere in riproduzione femmine al di sotto dei 14 mesi, perché ho notato che, in linea di massima, i problemi summenzionati si hanno con madri troppo giovani. Altro problema riscontrabile potrebbe essere quello che i genitori becchino i piccoli usciti da poco dal nido. In questi casi risolvo posizionando, all’interno della gabbia, un rifugio dove i piccoli possano sfuggire alle ire dei genitori, oppure una gabbietta esterna, collegata a quella dei riproduttori, attra-

verso la quale i novelli possano essere alimentati, ma non feriti; nei casi più gravi bisogna allontanare il genitore colpevole degli attacchi (l’altro riuscirà tranquillamente ad alimentare da solo i propri figli). Per quanto riguarda l’alimentazione, io utilizzo una miscela composta al 50% di miglio (giapponese, bianco e giallo) e per il restante 50% di scagliola, integrati con panico in spighe. A parte, somministro semi germinati (grano, misto per piccioni e avena), emulsionati con olii (evo, semi di girasole, fegato di merluzzo) e mescolati a pastone secco all’uovo addizionato con

probiotici, prebiotici e un mix di erbe e spezie (origano, rosmarino, peperoncino, paprika, ortica, basilico, erba medica, menta, timo, etc.). Questa l’alimentazione di base che, in alcuni periodi dell’anno (preparazione cove, riproduzione), viene ulteriormente integrata da uova sode, sali minerali, verdure e ortaggi tritati. Ebbene sì, l’allevamento dell’ondulato di forma e posizione non è certo economico, né si può portare avanti senza attenzioni o sacrifici, ma vi assicuro che questi splendidi pappagallini ripagano ogni sforzo, lasciandosi ammirare in tutta la loro eleganza e maestosità!

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Lucherino testa nera, nuovo fenotipo! Spinus magellanicus testo e foto di DEMETRIO PITASI

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ra gli spinus americani maggiormente allevati in ambiente domestico, oltre al frenetico Cardinalino del Venezuela, troviamo anche il Lucherino Testa Nera che, negli anni, ha avuto una crescita esponenziale sia sul campo espositivo e sia sul campo selettivo, dovuta soprattutto al sopraggiungere di nuove mutazioni che esperti allevatori della specie hanno saputo selezionare o introdurre tramite ibridazioni interspecifiche.

Il Lucherino Testa Nera negli anni ha avuto una crescita esponenziale sia sul campo espositivo e sia sul campo selettivo

Attualmente, le mutazioni presenti che modificano il fenotipo classico del Lucherino T.N. sono: - Standardizzate FOI – Topazio (autosomica recessiva), Diluito Singolo e Doppio Fattore (autosomica a dominanza incompleta). - Non standardizzate FOI – Albino impropriamente chiamato lutino (autosomica recessiva), la Bruno e la Pastello (entrambe recessive legate al sesso). Vi sono pure mutazioni combinate come la pastello-

Foto gruppo 1

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Foto gruppo 2. (particolari del soggetto a fenotipo chiaro prima della muta) maschio

bruna non esponibili nelle mostre ornitologiche nazionali, in quanto lo standard ufficiale esclude la sovrapposizione di mutazioni di melanine con l’unica eccezione di po-

terle abbinare con una sola mutazione che riguarda il lipocromo (es. avorio, giallo…). Ulteriori mutazioni sono in fase di studio o di traslazione quali: la silice, la satiné,

Foto gruppo 3 (particolari del fenotipo “scuro” prima della muta) femmina

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l’avorio, la “citrino”. Ma ora veniamo al dunque: alba di nuovo fenotipo? Se la mente non mi inganna, nella stagione riproduttiva del 2018, durante una consueta discussione ornitolo-


gica domenicale tra amici estimatori della specie, Antonio esclamò :«da una coppia di lucherini testa nera classici è nato un diluito». Io e Vincenzo, sbalorditi dalle parole pronunciate dall’amico esperto, ribattemmo: «avrai fatto confusione con le uova». Ma Antonio, mostrandoci delle foto del soggetto, continuò a descriverci sul come aveva faticato a far svezzare quel soggetto e che nelle precedenti covate aveva notato dei soggetti palesemente chiari rispetto al resto dei fratelli, non riuscendo a farli arrivare allo svezzamento. Al termine della muta, l’unico soggetto svezzato risultò maschio e venne esposto al Salone dei Fringillidi di Paola (CS) ove non attirò grande interesse. Sia il soggetto “mutato” che il padre non arrivarono alla stagione riproduttiva successiva. Sconfortato da quanto accaduto, Antonio iniziò negli anni successivi a testare la discen-

Antonio mi inviò delle foto di due soggetti con due fenotipi particolari e differenti tra di loro

denza della coppia iniziale senza ottenere alcun soggetto “mutato”. Poi ad aprile c.a. Antonio mi inviò delle foto di due soggetti appartenenti alla stessa nidiata, pronti allo svezzamento, con due fenotipi particolari e differenti tra di loro, ma entrambi con evidente melanizzazione del becco e delle zampe (foto gruppo 1). Come per incanto, era riapparsa la presunta “mutazione”, ma un nuovo dilemma ci assalì: perché due fenotipi differenti? Sarà dovuto alla struttura delle melanine che ne determina il dimorfismo sessuale presente nella

specie? (foto gruppo 2 e 3) Nonostante l’entusiasmo, Antonio, per motivi lavorativi e personali, non riuscendo a gestire più l’allevamento, a fine maggio mi cedette gran parte dei suoi soggetti, inclusi i “mutati”. Or dunque, tocca a me proseguire il lavoro svolto da Antonio, accertare il tipo di trasmissione che attualmente si presume essere autosomica recessiva ed eseguire dei test di complementazione con la mutazione fenotipicamente assimilabile: l’opale. Vedremo cosa accadrà nella prossima stagione riproduttiva. Con queste poche righe volevo far conoscere il lavoro svolto da Antonio Gatto e il supporto di Vincenzo Gattuso, due grandi amici con i quali ho condiviso tanti percorsi ornitologici, sperando in un loro celere ritorno in campo. Grazie ragazzi! Questo è per me il vero motore del nostro Hobby.

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CANARINI DA CANTO

Espansibilità canora stimolata e diretta di FRANCESCO DI GIORGIO, foto di G. MARSON

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n tempo si riteneva che lo sviluppo del repertorio di Malinois, Harzer e Timbrado procedesse autonomamente e che non bisognasse “disturbare” questa fase particolare della vita. In seguito quest’atteggiamento è drasticamente cambiato: si è scoperto, infatti, che cervello e siringe non maturano automaticamente, ma risentono soprattutto l’effetto degli stimoli e delle esperienze che il canarino sperimenta in prima persona. La loro mancanza o presenza può, infatti, modificare le

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caratteristiche delle cellule nervose (può per esempio renderle più ricche di terminazioni e quindi potenziare la presenza di un maggior numero di “punti d’aggancio” con altre cellule) e la struttura stessa del cervello e degli organi vocali. Gli stimoli visivi, i canti di consimili alati, i giochetti che si apprendono in voliera e via dicendo contribuiscono a far maturare la corteccia cerebrale e a potenziare sviluppo e capacità dei novelli. Centinaia di osservazioni effettuate su diverse razze di uccelli ci ricordano

che un giusto livello di stimolazione è essenziale per promuovere l’attenzione, la memoria e ogni altra abilità delle bestiole. In qualche modo è, quindi, cambiata la filosofia della crescita canora della prima età, anche perché, vivendo in un mondo ben più ricco di stimoli rispetto al passato, i canarini risentono di questa nuova condizione, al punto che si afferma che oggi sono diversi rispetto al passato, sono “accelerati”, il loro sviluppo espressivo è più rapido, le loro capacità sono indubbiamente superiori.


Un’altra scoperta che ha rivoluzionato principi ritenuti stabili fino a qualche anno fa, riguarda la vita psichica del piccolo alato. È straordinario pensare che, fin dalla nascita esso comunica, riferisce e chiede, ed ha bisogno di qualcuno che gli risponda. È importante che l’esserino sia curato, ma anche che si imbatta in piccole difficoltà e che impari fin dai primi mesi a cavarsela da solo adoperando la sua capacità di adattamento e la forza dell’io. La personalità debole cerca mezzi di difesa e si indebolisce sempre di più; la personalità forte cerca invece di ampliarsi. Quando inizia l’apprendimento programmato del canto, non tutti i canarini l’affrontano con la stessa facilità; anche se hanno la medesima età, mostrano un diverso grado di prontezza nei nuovi impegni scolastici.

Il fattore più importante per comprendere e facilitare il ritmo di sviluppo canoro dovrebbe essere il grado di maturità di ciascuno di essi e non l’età cronologica

Per questa ragione, il fattore più importante per comprendere e facilitare il ritmo di sviluppo canoro dovrebbe essere il grado di maturità di ciascuno di essi e non l’età cronologica. È auspicabile l’incoraggiamento senza

pressioni eccessive. L’incoraggiamento implica che l’ornicoltore accetti il cantore in erba com’è e gli accordi fiducia. Incoraggiamento significa anche fornire al piccolo un’ampia varietà di esperienze canore che siano adatte alle sue capacità e gli diano la possibilità di riuscire bene. Sebbene l’operatore non possa cambiare le qualità ereditarie di chicchessia ed è certo che il livello generale dello sviluppo canoro è determinato in parte da fattori ereditari, egli può tuttavia modificare le condizioni ambientali e in questo modo influenzare lo sviluppo delle naturali attitudini. C’è differenza di bravura tra un gruppo di canarini che venga staccato dal maestro canarino eccellente ed un altro gruppo cui il formatore alato rimanga affiancato a lungo. Questo per dire di non rinunciare ad esso prima di dicembre.

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DIDATTICA & CULTURA

Rusticità di GIOVANNI CANALI, foto F.O.I.

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l significato di rustico e quindi di rusticità, stando al vocabolario, ha a che fare con la campagna e per estensione alla rozzezza o alla scarsa socievolezza e simili. Nel linguaggio degli allevatori, invece, sta a significare robustezza, vitalità, magari riferito anche a qualcosa di poco raffinato. Ebbene, io mi attengo al significato di rusticità attribuito dagli allevatori, esteso anche alle ottime attitudini alle cure parentali. Le selezioni spinte, in tutti gli animali allevati, comportano di regola problemi, come l’indebolimento in senso generale, la maggiore frequenza di patologie, specialmente ereditarie, difetti che ricorrono ed altro. Tutto ciò favorito anche dalla consanguineità, specialmente stretta e se non ben gestita.

Le selezioni spinte, in tutti gli animali allevati, comportano di regola problemi, come l’indebolimento in senso generale Per contro, in ceppi allevati in modo diciamo spartano, o comunque in modo non spinto selettivamente, ove magari si premiano i soggetti più robusti ed appunto detti rustici, si ha una notevole vitalità. Certo la vitalità a volte, diciamo anche spesso, non si associa a buone qualità particolari. Gli esempi sono numerosi, come per le bovine da latte che hanno carriera

breve o galline altamente ovaiole che pure durano poco, anche se, quando funzionano, danno risultati eccezionalmente interessanti economicamente. Le razze ornamentali o d’affezione, ma con ambizioni da mostra, non fanno eccezione. Noi allevatori di uccelli domestici, sappiamo tutti che razze a selezione spinta, specialmente quelle giganti, spesso sono cagionevoli come salute e spesso non allevano bene. Si sente anche dire che i più belli sono i più problematici, e questo fa pensare non solo alla sfortuna ma anche ad una condizione molto omozigote. Del resto, studi scientifici dimostrano che una condizione molto omozigote, anche per una serie di alleli e non solo in generale, crea problemi di vitalità.

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Secondo Lerner occorre una condizione eterozigote di almeno un quarto per avere compatibilità con la sopravvivenza: è la questione dell’omeostasi genetica, sostanzialmente dell’equilibrio. Appare quindi abbastanza chiaro che parlare di accoppiamenti misti non serve solo per avere tipicità maggiori (è nota l’utilità dei portatori), ma probabilmente serve anche a favorire situazioni non troppo omozigoti, anche se questo aspetto lo ritengo secondario rispetto alla condizione generale.

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Questo è un punto cruciale, bisogna selezionare non solo per la bellezza ma anche per la rusticità

Chi alleva per esporre deve certo considerare la ricerca della massima tipi-

cità, che comporta selezioni accurate; tuttavia è bene tener presente che non si può arrivare mai alla perfezione, che non è cosa di questo mondo. Non è quindi il caso di essere assillati per ogni piccolo difetto, ma semmai cercare la presenza delle caratteristiche peculiari di ogni selezione. Importante negli accoppiamenti cercare la compensazione, cioè accoppiare soggetti con difetti diversi, non gravi, e poi scegliere nella prole chi ha raccolto le caratteristiche migliori. Sempre tenendo conto che un soggetto perfetto non lo avremo mai e neppure una prole tutta ottima, non essendo possibile una condizione del tutto omozigote. Inoltre, e questo è un punto cruciale, bisogna selezionare non solo per la bellezza ma anche per la rusticità. Certo, questa scelta può far perdere un poco di tempo all’inizio, ma alla fine si avrà un ceppo non solo bello ma anche abbastanza robusto e prolifico. Penso in particolare all’attitudine alle cure parentali. Il giochino di spostare le uova da un nido di campioni cattivi allevatori a quello di soggetti non di particolare pregio ma ottimi allevatori, a breve può anche dare buoni risultati, ma poi ci si ritrova spesso con un ceppo di soggetti che dipende dalle “balie” e questo non è affatto bello, né utile. Si tenga presente che i soggetti di pregio diventano meno numerosi, quando si deve dedicare parte dell’allevamento alle balie. Chi ha tempo e spazio, per esempio diciamo per 50 coppie, con ceppi non autonomi (quelli che io chiamo “ceppi cuculo”), dovrà tenere almeno 30 coppie di balie, mentre quando i ceppi sono autonomi tutte le coppie potranno essere di pregio. La presenza di qualche coppia di balie per casi particolari, come aiuto per nidiate molto numerose, è altra cosa e ci può stare. Inoltre, lasciatemelo dire, ma vedere dei pulcini invocare cibo invano è spettacolo davvero triste, mentre vedere nidi traboccanti di pulcini con gozzi ricolmi è gratificante. Il nostro dovrebbe essere solo un hobby e quindi foriero di soddisfazioni e non


di tristezze. Certo le tristezze non sono eliminabili, ma possiamo ben ridurle al minimo con una buona gestione e con selezioni adeguate. Per selezionare ceppi con ottima attitudine alle cure parentali, bisogna preferire riproduttori molto dotati in tal senso. Si badi bene che non basta tenere le femmine che allevano e le loro figlie, ma tutta la loro prole; infatti bisogna considerare anche i maschi. Ci sono maschi che imbeccano e le loro figlie di norma imbeccano, ma se il maschio non imbecca, le sue figlie spesso non imbeccano o imbeccano poco. Quindi, la selezione dei soggetti che nutrono bene deve essere completa, riguardando maschi e femmine. La frase che si sente dire: “tengo le figlie delle femmine che imbeccano” è parziale e non basta. Si consideri che l’attitudine alle cure parentali è strettamente genetica. A volte si sente dire che quando un canarino è sano alleva; purtroppo non è affatto vero, un soggetto può anche “scoppiare di salute”, ma se non ha la programmazione genetica giusta non alleva. Per contro, soggetti in difficoltà quando hanno attitudine alle cure parentali, allevano o tentano di allevare fino allo sfinimento, anche se la loro prole ben difficilmente sarà sana o sopravvivente, per ovvi motivi.

Soggetti allevati benissimo da ottime balie possono rivelarsi pessimi nell’allevamento, quando lo erano i loro genitori biologici

Non esiste neppure un imprinting; infatti, soggetti allevati benissimo da ottime balie possono rivelarsi pessimi nell’allevamento, quando lo erano i loro genitori biologici. L’imprinting incide in alcune specie, ma non parimenti in tutte, per il senso di appartenenza appunto come specie (si verifica molto negli Anseriformi, celeberrima l’oca Martina di Konrad Lorenz), riconoscendo come madre il primo soggetto in movimento che vedono, ma non per le qualità delle cure parentali. A livello di attitudine alle cure parentali, il soggetto dipende dalla genetica dei genitori, non altro. Questo almeno per le specie comunemente allevate ed in particolare per il Canarino. Aggiungo che l’indebolimento nelle selezioni spinte non si ripercuote necessariamente sull’attitudine alle cure parentali, ma accade spesso,

magari non per un collegamento stretto ma per circostanze contingenti. Circostanza contingente può essere la volontà di avere prole da un soggetto molto bello, indipendentemente dalla sua attitudine alle cure parentali. La frequenza del problema è evidente; ricordo che un allevatore di passeri del Giappone molto selezionati mi disse che usava anche balie della stessa specie. Praticamente le balie delle balie, visto che il passero del Giappone è una specie usatissima come balia, per specie affini di altri Estrildidi, causa la sua efficienza notevolissima nell’allevamento della prole. Tuttavia, anche in quest’ultimo caso, più d’uno segnala che quando allevano i genitori le cose vanno meglio a livello di vitalità; in tal senso si parla spesso dei diamanti della signora Gould. In questo caso c’è anche l’aspetto di specie diverse; se la specie fosse la stessa, ci sarebbero meno problemi, semmai quelli già indicati. Indipendentemente dall’attitudine alle cure parentali, è bene non sacrificare troppo la robustezza alla bellezza. Soggetti deboli o addirittura tarati devono essere esclusi dalla riproduzione. È bene non farsi illusioni: è molto più facile perdere un pregio che eliminare un difetto,

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non dimentichiamo che soggetti rustici, sani e ottimi allevatori, ci trasmettono un senso di soddisfazione che non possono certo darci soggetti problematici, anzi potrebbero finire con lo scoraggiarci. Per quanto mi riguarda, sono un allevatore che, pur apprezzando le raffinatezze, ama avere soggetti rustici; inoltre, sono anche abbastanza rustico io stesso e nel senso più tipico della parola! Quando avevo gli uccelli nella casa avita, ricordo che tornavo dai campi con fasci di erbe selvatiche con semi immaturi destinate ai miei beniamini, nel tentativo di avere un’alimentazione il più possibile vicina a quella naturale. Un gran bene per loro e gratificante per me, che amo tanti aspetti della natura.

specialmente quando il difetto è una tara. Ho visto tenere soggetti con i lumps per poi tirarseli dietro all’infinito, magari illudendosi che basti inserire l’intenso per eliminarli. Inserendo l’intenso si fanno gli intensi con i lumps, serve proprio a poco. Certo l’intenso è utile per l’equilibrio del piumaggio, ma non per combattere una tara ereditaria con un suo comportamento genetico specifico. C’è poi l’aspetto degli allevamenti intensivi che rendono necessarie le medicine più del normale. Questa circostanza riguarda soprattutto gli allevamenti intensivi da reddito, tuttavia anche noi allevatori amatoriali dobbiamo ben sapere quanto dannoso sia l’affollamento. Quando c’è affollamento si ha un aumento esponenziale delle malattie, anche in presenza di buone norme igieniche. Pertanto è bene non dimenticare la natura amatoriale del nostro allevare, di conseguenza non dobbiamo cercare di strafare. Per noi allevatori amatoriali, allevare deve essere un piacere e non dobbiamo rinunciare a fornire ai nostri amici pennuti tutte le migliori condizioni di vita. Deve essere un bene per loro ed un piacere per noi. Dover combattere con le patologie non è certo divertente. Ed in conclusione

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Quando c’è affollamento si ha un aumento esponenziale delle malattie, anche in presenza di buone norme igieniche

RICONOSCIMENTI

Giovanni Nisticò - Società Ornitologica Genovese

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iconoscimento con targa ricordo offerta dai soci della Società Ornitologica Genovese all’attuale Presidente del Raggruppamento Liguria Giovanni Nisticò quale ex Segretario dal 1990 al 2015 dell’Associazione che per oltre 25 anni ha saputo distinguersi per la scrupolosità e la grandissima passione dimostrata alla S.O.G. e ai Soci. La targa è stata consegnata dal socio anziano Giorgio Foglia. il Direttivo ed i Soci della Società Ornitologica Genovese


DIDATTICA & CULTURA

Il collezionismo ornitologico

Ottava parte

Le medaglie testo e foto di FRANCESCO BADALAMENTI

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onete e medaglie sono state da sempre oggetto di collezionismo, suscitano interesse per il loro valore artistico, culturale e, a volte, anche economico; quest’ultimo aspetto riguarda soprattutto le monete, la cui raccolta viene spesso considerata anche come forma di investimento. Il comparto del collezionismo di medaglie e monete viene denominato numismatica. Medaglia e moneta si somigliano sia per aspetto, sia per forma, ma mentre per la medaglia vige la sovranità monetaria e quindi può essere emessa esclusivamente dagli Stati, ha un valore facciale ed è utilizzata come mezzo di pagamento, la medaglia in-

Rara medaglia della Crystal Palace National Cage birds show del 1939

Mostra ornitologica Asti 1956 (fronte e retro) Antiche medaglie britanniche

Il comparto del collezionismo di medaglie e monete viene denominato numismatica

vece è, in genere, coniata ed emessa da privati per scopi commemorativi, celebrativi e per premiazioni; inoltre le medaglie non sono soggette all’usura tipica delle monete in circolazione. Tradizionalmente le medaglie rappresentano un particolare merito in campo militare, vengono conferite per le alte onorifi-

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Medaglie F.O.I. anni ’60 (oro, argento e bronzo + medagliette di partecipazione)

Medaglie spagnole - varie epoche

cenze civili, sono diffuse per le più svariate celebrazioni da parte di istituzioni, di aziende, di associazioni o di club. Coniazioni speciali, serie limitate, sono dedicate e riservate ai soli collezionisti, talvolta coinvolgendo incisori e artisti anche di fama internazionale. La medaglia si compone di due parti

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(ovviamente viene subito in mente la celebre frase “ogni medaglia ha il suo rovescio”): - il diritto è il lato della medaglia su cui compare l’immagine principale, incisa o in rilievo; - il rovescio è il lato su cui compare, di norma, un’immagine meno vistosa rispetto al diritto, generalmente una scritta incisa o stampata. Le medaglie, realizzate in oro, argento, bronzo, leghe varie o altri metalli non pregiati, sono il classico premio per le competizioni sportive. Un tempo nelle esposizioni ornitologiche la premiazione standard era costituita da coccarda e medaglia; talvolta, una medaglia veniva perfino consegnata come ricordo, per testimoniare l’avvenuta partecipazione a una determinata manifestazione. Intorno agli anni ’90 le Associazioni Ornitologiche, con l’obiettivo di incrementare il numero di soggetti esposti, proponevano premiazioni sempre più ricche e accattivanti, con medaglie in oro e argento dal peso sempre più consistente; in alcuni casi si giunse sino a mettere in palio il canarino

d’oro. Si decise allora di intervenire con delibere assembleari per limitare il valore delle premiazioni e arginare la c.d. “corsa all’oro”, poiché il rendiconto economico di parecchie Associazioni ornitologiche rischiava di essere prossimo al collasso finanziario. Si abolì così la premiazione in oro e argento per le singole categorie a concorso, incrementando però le premia-

Una vecchia medaglia francese della II Esposizione Ornitologia Internazionale di Parigi


31° Campionato Mondiale di Ornitologia – Piacenza 1983 (fronte e retro)

Isole Canarie 1992 40° Campionato Mondiale C.O.M.

In alto a destra e sotto, medaglie dei Campionati Italiani F.O.I. dall’alto: 2003 Follonica, 2006 Forlì, 2007 Pesaro, 2009 Ercolano

Medaglione del Raggruppamento Ornicoltori Siciliani

zioni speciali (gruppi vari, maggior numero di stamm, espositore proveniente da più lontano e così via…). L’allargamento esponenziale delle categorie a concorso dell’ultimo decennio ha generato, come conseguenza, un consistente incremento del numero di premi da assegnare e, quindi, le premia-

zioni sono diventate per le Associazioni sempre più costose. I premi in palio sono quindi diventati sempre più alternativi: vini, prodotti tipici locali, buoni acquisto, ecc., anche se, a mio modo di vedere, la medaglia è sempre il riconoscimento personale più ambito, specialmente per chi è alle prime esperienze espositive.

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Associazione Ornicoltori Salernitani (medaglia a cui sono particolarmente legato e con la quale ho iniziato la mia collezione) un regalo di Don Vincenzino Nicastro, che negli anni ’80 veniva spesso a giudicare a Palermo

Le medaglie poste in premiazioni sono adesso, prevalentemente in vermeil o lavorate con altri svariati trattamenti galvanici, smaltate o incise con diverse

finiture, con decorazioni più o meno elaborate, legate con un classico cordoncino, riportanti sul fronte la denominazione della manifestazione e la posizione in classifica raggiunta, la data e il luogo della manifestazione. Un collezionista avrà ovviamente buona parte della sua raccolta costituita da medaglie vinte personalmente, che rappresentano il proprio percorso espositivo, di allevamento e di selezione. Altra parte della collezione sarà dedicata ai pezzi storici, rare medaglie d’epoca che consentono di ripercorrere a ritroso la storia dell’ornitofilia amatoriale internazionale. In genere, la collezione di medaglie può esser esposta in apposti quadri/medaglieri, o per le medaglie dotate di cordoncino, appese in sequenza, oppure ancora collocate nei contenitori a scomparti, comunemente utilizzati dai collezionisti di monete.

Allegata alla presente nota, una piccola rassegna fotografica di medaglie, in parte tratte dal web, in parte della mia personale collezione. Aggiungo infine, solo provocatoriamente, che se fate parte di quei “grandi” allevatori che amano dire ai quattro venti che tengono le medaglie vinte gettate via in un cassetto, allora sicuramente non avrete letto sino alla fine questo mio breve articolo.

Sopra: Varie A sinistra: 1992 Campione Razza CFPL - Medaglia d’oro da 6 gr

I NOSTRI LUTTI

In ricordo di Giovanni Accinelli

In memoria di Renato Rissone

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icordare in poche righe un Uomo che se ne è andato, un fraterno Amico da sempre, non è per me cosa semplice; tuttavia, provo a farlo usando concetti scarni come sarebbe piaciuto a Lui. È mancato alla Società Ornitologica Genovese il suo Presidente, Giovanni (Gianni) Accinelli, apprezzato Giudice O.M.J. Sezione I.E.I. ora E.F.I. Egli l’ha guidata per anni con sapienza, pacatezza e maestria; sapeva mettere tutti d’accordo con le sue sempre ponderate considerazioni. Un doveroso grazie da tutti i Soci S.O.G. e da tutti gli amici, come testimoniano i tantissimi messaggi di cordoglio ricevuti dai suoi figli in tutte le modalità possibili. Difficile, davvero, dimenticarti. Andrea Spadarotto

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n grave lutto ha colpito l’Associazione Ornitologica Astigiana: il 24/03/2021 ci ha lasciati il socio ed allevatore Renato Rissone. Ha dedicato tanto tempo e passione all’ornitologia. È sempre stato presente in ogni occasione ed il suo supporto è sempre stato fondamentale. Mancheranno molto la sua allegria, la sua compagnia e la sua amicizia. Porgiamo le nostre più sentite condoglianze alla famiglia. Ciao Renato, resterai sempre vivo nei nostri ricordi. Il Direttivo Associazione Ornitofila Astigiana


Questo mese, il protagonista di Photo Show è: FRANCO DEL TOSO - RNA 27ND con la fotografia che ritrae i soggetti “Tordi citrini” Complimenti dalla Redazione!

(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.



ALIMENTAZIONE

Il Crespigno: una pianta erbacea buona e salutare “Ogni erba che guarda in su ha la sua virtù” (proverbio cinese) testo e foto di PIERLUIGI MENGACCI

Premessa Siamo a fine febbraio, sto perlustrando il campo confinante con il mio giardino in cerca di erbe commestibili da raccogliere. È una bella mattinata. Alcuni fiori gialli su steli che sovrastano tutte le altre erbe attirano la mia attenzione: - “il giallo è il primo colore che risveglia la natura… non saranno mica crespigni?!” - Mi avvicino: - “Toh! sono proprio “scarpégn”, (Sonchus oleraceus) proprio quelli che cercavo!” - Li raccolgo e, lavati e asciugati, come ogni anno prima delle cove, li porto alle femmine dei miei canarini, memore di una vecchia tradizione contadina che mia nonna Ersilia praticava con le sue galline: “perchè i crespigni fanno fare più uova” - mi disse, fin dal primo “incontro” che ho avuto con questa pianta erbacea mangereccia. Fra tutte le piante erbacee mangerecce di cui ho già descritto proprietà ed utilizzo in miei precedenti articoli, il crespigno è la prima pianta che ho imparato a riconoscere e raccogliere con sicurezza, grazie alla nonna Ersilia. Era un pomeriggio di maggio, avevo circa 10 anni, e stavo giocando a “nascondino” per le vie del paese. Ad un certo punto compare nonna Ersilia e con la sua voce autoritaria, che non ammetteva un rifiuto, chiamò me e mio cugino Walter: - “Gigi, Walter nit sa me, a gein a coia le magiòl da non Saptel. (Gigi e Walter venite con me,

andiamo a raccogliere le ciliegie maggiole dal nonno Saptel”); – così era soprannominato il bisnonno Stefano Montanari –. Molliamo tutto e di corsa raggiungiamo la nonna che si era già incamminata. Strada facendo non ve-

Dai miei appunti orto-ornitofili e non solo

Crespigni in fiore nel giardino dell’autore

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devamo l’ora di salire sulla pianta e fare una scorpacciata di ciliegie… invece, arrivati sotto la pianta, abbiamo dovuto dire come la volpe con l’uva nella favola di Esopo: ”non sono ancora mature!” - La nonna nel frattempo si era messa a raccogliere erbe di campagna lungo il filare di viti dove c’è anche il ciliegio ed io, mentre mio cugino Walter si allontana per cercare il bisnonno, mi avvicino alla nonna e incuriosito le chiedo che erbe fossero. Lei: - “Gigén mia l’è i scarpégn, maché c’è sol questi” (Gigino mio sono i crespigni, qui ci sono solo questi).

Sonchus asper

Sonchus oleraceus

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Mi dà una pianticella nelle mani e mi dice (lo scrivo in italiano): “Prendi, guardala bene, questo è un crespigno, fa un fiorellino giallo e le foglioline sono frastagliate. Adesso guarda bene questo, lo tagli col coltello alla base e, quando lo prendi in mano, stai attento perché è un crespigno con le foglioline ruvide e spinose - e mentre lo “concia” (pulisce) prosegue: - “Un domani non si sa mai, forse anche tu andrai a raccogliere le erbe, così il crespigno lo potrai riconoscere - e chiude dicendomi: - “impara l’arte e mettila da parte.” Mentre seguita a raccogliere le chiedo: - “Ma sono buoni da mangiare o sono per i conigli?” – Lei: - “Si, sono buoni; sono erbe dolciastre, buone sia in insalata che cotte assieme ad altre erbe. Oggi li raccolgo anche per i conigli e le galline, così si ingrassano e le galline fanno più uova.” Nel frattempo mi raggiunge Walter e mi dice che “non Saptel” ci aspetta nella stanza dei bachi da seta. Se vogliamo vederli, dobbiamo raggiungerlo. Non mi sembra vero e, con l’immagine del crespigno fissata nella memoria e un po’ di prurito nelle mani, si va nella stanza dei bachi. Uno spettacolo indescrivibile, rastrelliere piene di bruchi bianchi-avorio che si mescolano al verde delle foglie di gelso. E non vi dico che meraviglia i telaietti pieni di bruchi giallastri che, indisturbati, stanno tessendo i loro

I fusti di colore verde o rossiccio sono cavi e quando si spezzano o vengono tagliati fuoriesce un latice bianco

bozzoli bianchi... Bei ricordi che rimangono impressi nella memoria per sempre, come il prurito del crespigno spinoso! Con questo episodio voglio dire che la mia conoscenza visiva e tattiva di alcune erbe selvatiche mangerecce, crespigno in primis, viene da molto lontano. L’interesse per la botanica, per le proprietà medicinali e culinarie è iniziato, invece, a fine anni 60 del secolo scorso con la frequentazione di un allevatore di canarini. Era un erborista più che convinto e mi decantava ad ogni visita le virtù delle varie erbe di campagna che raccoglieva, delle tisane che realizzava e del loro utilizzo nell’alimentazione dei canarini nelle varie fasi della loro vita. - “Ricordati questo vecchio proverbio – mi diceva quando andrai a raccogliere erbe di campagna: “Ogni erba che guarda in su ha la sua virtù!” Grazie ai suoi consigli e qualcosa che carpivo dai suoi “omissis” e sbirciando fra le gabbie, ho appreso i primi rudimenti sull’allevamento e sull’uso di erbe e tisane per i canarini. Per il suo tramite, mi sono iscritto alla FOI nel 1971, ed è da quella data che iniziai la mia seria hobbistica avventura con la conoscenza dei canarini e delle erbe di campagna. Trasferitomi a Monteciccardo, nel 1995, oltre ai canarini e le erbe di campagna, è iniziata l’altra mia avventura con l’impianto di un piccolo frutteto di piante antiche e di un orticello biologico, seguendo i preziosi consigli dell’amico agronomo Massimo. E così, nel corso degli anni, si è maturata la mia modesta cultura di “orto-ornitofilo”. Dopo questa digressione, ritorno al tema iniziale: il crespigno.


I fiori sono riuniti in capolini sulle estremità degli steli ed hanno la corolla composta da numerosi petali di colore giallo chiaro

Alcuni cenni botanici e storici Alla famiglia delle Asteraceae, appartengono le due varietà di crespigno conosciute nella mia zona e precisamente: - Crespigno Comune (nome scientifico Sonchus oleraceus) con fusti eretti ramosi e fogliosi fino in alto. Gli steli, come le foglie, sono più teneri e dolci dello spinoso. Le foglie si presentano di un verde opaco (verde lucido a piena maturazione), sono molli e lisce e non sono spinose; quelle basali sono picciolate e formano una folta rosetta a livello del terreno. - Crespigno Spinoso (nome scientifico Sonchus asper). I fusti sono poco ramosi con foglie coriacee e spinose, leggermente amarognole, di colore verde lucido nella pagina superiore, bluastre nella pagina inferiore. Anche qui abbiamo una folta rosetta pari al terreno. Entrambe le specie sono commestibili e molto apprezzate per il sapore dolciastro delle foglie e degli steli e attenuano in misticanze l’amarognolo di altre erbe come la cicoria selvatica. I fusti di colore verde o rossiccio sono cavi e quando si spezzano o vengono tagliati fuoriesce un latice bianco (lattarolo) leggermente appiccicoso ma assolutamente innocuo. Possono raggiungere un’altezza oltre il metro ed hanno una radice a fittone che si infissa nel terreno per 20/30 cm. I fiori, simili a margherite, sono riuniti in capolini sulle estremità degli steli ed hanno la corolla composta da numerosi petali di colore giallo chiaro alle estremità e giallo oro al centro; sbocciano nelle ore più fresche del mattino per poi chiudersi non appena

i raggi del sole diventano più caldi. La fioritura inizia da fine febbraio fino a tutto novembre e, con miti temperature, anche oltre. I frutti sono acheni con pappo, oblunghi e spinosi. Il pappo è sessile ed è formato da setole semplici. Habitat: sono comuni in tutto il territorio italiano, in alcune regioni sono presenti anche tutto l’anno, ad esclusione dei mesi più freddi. Li troviamo indifferentemente in terreni coltivati o negli incolti, negli uliveti, nelle vigne, lungo i cigli delle strade di campagna, in mezzo alle aiuole spartitraffico, nei parchi cittadini, lungo i marciapiedi ecc. N.B.: raccogliamo solamente quelli lontani da fonti inquinanti o in campi privi di diserbanti o dove ci sono colture biologiche. Etimologia: il nome del genere deriva dal greco sonchus = molle, spugnoso, per la caratteristica del fusto lungo, cavo e debole; mentre il nome delle specie oleraceus di origine latina, (oler = verdura e aceus= simile), cioè simile a verdure da ortaggio. Il nome asper, significa ruvido, aspro, rugoso, scabro. A tal proposito un detto del mio paese recita così: “Tsi drostic com un scarpèign”, riferito ad una persona, rustica e poco socievole! Storicamente troviamo menzionato il crespigno fin dall’antichità e il suo

nome risale a Teofrasto (III e II secolo avanti Cristo). Plinio il Vecchio descrive il crespigno come pianta commestibile e riporta che Teseo prima di inoltrarsi nel labirinto per uccidere il Minotauro si nutrì con un bel piatto di crespigno. Nel medioevo il crespigno veniva coltivato soprattutto negli orti dei monasteri non solo come erba mangereccia, ma veniva anche utilizzato, secondo la medicina popolare, come trattamento per contrastare vari disturbi associati a fegato, ai polmoni e ai reni.

Crespigno in fiore nel giardino dell’autore

Crespigni comuni pronti per le femmine dei canarini dell’autore

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Lo scarpigno, o crespigno (scarpégn in dialetto) è altresì riconosciuto come il principe delle erbe di campagna pesaresi e romagnole. Era, ed è, una parte fondamentale del “companatico” della piadina. In campagna, dai contadini, oltre agli usi suddetti in cucina, veniva anche utilizzato come foraggio per gli animali, (bovini, conigli e pollame) perché ritenuto ottimo per la produzione di latte, carni e uova. Altra usanza era anche quella di adoperarne le radici, estratte nei mesi estivi, tostate e macinate, come sostituto del caffè.

Nido di agata con 7 uova

L'autore nella raccolta invernale di erbe mangerecce

Proprietà ed utilizzo (vedi anche mio articolo su I.O. n.8-9 del 2015 p.59-60) Il crespigno, pianta spontanea mangereccia, oltre a vitamine e fibre, contiene elevate quantità di sali minerali (ferro, calcio e fosforo) ed omega 3. Studi recenti, oltre a confermare quanto asserito nella tradizione della medicina popolare, hanno dimostrato che può essere anche un alimento, per l’alto contenuto di omega 3,

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adatto a combattere i radicali liberi, le malattie cardiovascolari e per i vegetariani essere un valido sostituto del pesce. Anche l’Erboristeria e la Fitoterapia hanno preso in considerazione questa pianta erbacea e ne consigliano gli estratti per proteggere i reni e alleviare lo stress ossidativo indotto. Inoltre, viene consigliato come un ottimo rimineralizzante in quanto fornisce tutti i sali minerali (macro e microelementi) indispensabili per l’accrescimento e utilissimi per la regolazione delle attività biologiche dell’organismo umano. Uso culinario L’uso del crespigno, nella mia zona, è sempre stato presente soprattutto come erba mangereccia, sia cotto che in insalata assieme ad altre erbe selvatiche. Nella mia cucina, come penso in quella di molti ornicoltori italiani, il crespigno viene utilizzato sia crudo nelle misticanze di insala, per attenuare l’amarognolo delle altre erbe di campagna, sia cotto come ripieno di tortellini o ravioli, in sostituzione delle bietole. Alcune volte con i fusti cavi più grossi, dopo la lessatura, mia moglie prepara delle squisite frittatine; oppure tagliati alla Julienne, sostituiscono le “puntarelle” in misticanze di insalata.

Uso ornitologico Nell’alimentazione dei volatili, il crespigno lo troviamo in tutta la letteratura riguardante l’avifauna selvatica. Soprattutto le infiorescenze sono appetite da cardellini, verzellini, lucherini, verdoni, ecc. sia nel periodo riproduttivo che in quello di riposo. Anche nell’allevamento amatoriale di canarini e soprattutto di I.E.I., ho riscontrato l’utilizzo sia della pianta intera che delle rosette basali, a partire dalla primavera e oltre, fin quando la natura dà la possibilità di raccoglierle. Nel mio piccolo allevamento di canarini di colore, memore di quanto diceva mia nonna, a conferma della tradizione contadina (il crespigno dato

Fiori di Crespigno


alle galline fa aumentare la produzione di uova), a partire dai primi di marzo faccio un trattamento alle femmine a giorni alterni con il pastoncino inumidito dalle rosette basali del crespigno sminuzzate e frullate, o con le pianticelle, messe a disposizione fino alle prime deposizioni. Non posso dire se effettivamente c’è un aumento di uova deposte, ma mediamente i nidi contengono circa 5 o 6 uova, il che è un ben sperare! Chiudo ribadendo che le erbe spontanee, e fra queste anche il crespigno, sono molto ricche di vitamine, sali minerali e principi attivi, perché crescono spontaneamente senza che intervenga la mano dell’uomo. Infatti, il luogo, il tempo giusto, i nutrienti del terreno, l’umidità, le temperature, l’irraggiamento solare, la lontananza da fonti inquinanti, sono le condizioni naturali e ottimali per la crescita, lo sviluppo e per dotare ogni specie di proprietà utili per il nostro

Cespuglio di crespigno comune nel giardino dell’autore

organismo. Dai primi di marzo fino ai primi freddi ed oltre, abbiamo a disposizione una pianticella, il crespigno, che apporta all’organismo vitamine e sali minerali indispensabili per l’accrescimento e utilissimi per la regolazione delle attività biologiche, senza dimenticare che contiene una buona dose di antiossidanti, utili a mantenere i tessuti sani e prevenire l’invecchiamento. Chi ha la possibilità di andare in campagna, oltre a fare una sana passeggiata, in luoghi lontani dallo smog e inquinanti vari, si munisca di un coltello ed una sporta e cerchi di reperire tra le varie erbe mangerecce anche il crespigno; approfitti per raccoglierlo in abbondanza e, oltre al proprio consumo, lo dia volentieri ai propri volatili in tutte le stagioni; e… (il contadino insegna) “foraggiamo” bene le nostre femmine per una stagione cove prosperosa!!! Ad maiora semper

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R ecensioni Canarini di Colore - fotolibro Autore: Enzo del Pozzo - 135 pagine, 223 fotografie - Edizioni Amazon di GENNARO IANNUCCILLI

Novità editoriali

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nzo del Pozzo è un esperto allevatore di canarini di colore, specializzazione per la quale è stato anche giudice. Ma Enzo del Pozzo, nel nostro mondo ornitologico, è conosciuto soprattutto per la sua passione fotografica indirizzata al mondo degli uccelli da esposizione. Le sue pregevoli foto scattate ai soggetti presenti nelle più importanti mostre ornitologiche, sono ormai note a tutti i frequentatori dei social network a tema; questi nuovi mezzi di comunicazione hanno, in effetti, consentito a molti utenti interessati di scoprire e visualizzare le immagini dei canarini di colore ritratti da del Pozzo. Inoltre, molto spesso le sue foto sono utilizzate a corredo degli articoli pubblicati su Italia Ornitologica, facendo diventare i soggetti raffigurati come i veri protagonisti della nostra rivista federale. Contando su un nutrito archivio fotografico, arricchito di nuovi scatti anno dopo anno, l’autore ha ora deciso di pubblicare un “fotolibro” che consigliamo ai lettori per la sua completezza di immagini e non solo. Nel libro, che racchiude il meglio della produzione fotografica di Enzo del Pozzo, sono infatti presenti anche delle note alquanto esaurienti che riguardano la descrizione e la classificazione dei canarini di colore nonché delle indicazioni sulla tipicità delle varie mutazioni, dai lipocromici fino agli ultimi tipi riconosciuti. Il fotolibro “Canarini di Colore”, che contiene ben 223 immagini di soggetti premiati in importanti manifestazioni ornitologiche, può essere facilmente acquistato attraverso la piattaforma “amazon.it” ed è disponibile anche in inglese e francese. Cogliamo l’occasione per ingraziare Enzo del Pozzo che, nonostante si definisca fotografo non professionista, ha espresso e continua a coniugare al meglio la sua “arte” fotografica con la passione per i canarini di colore. Potete seguire l’autore su www.enzodelpozzo.it e www.ornidelpozzo.it


CRONACA

Capire il Canarino, il fenotipo, il genotipo Corso di Specializzazione per allevatori di canarini di colore promosso ed organizzato dall’Associazione ornitologica cuneese testo e foto di EZIO LINGUA

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n data Sabato 3 Luglio 2021, presso il salone polivalente della pro loco di Farigliano (CN), si è svolto il corso “Capire il canarino, il fenotipo, il genotipo”. Il corso, richiesto da alcuni allevatori iscritti all’Associazione Ornitologica Cuneese, è stato promosso dalla stessa, convintamente sostenuto ed organizzato dal suo presidente Ivo Cappellino, giudice internazionale

Farigliano 3 Luglio 2021

COM OMJ canarini di colore e membro della commissione tecnica, del quale ne è stato relatore. Le adesioni sono pervenute da alle-

vatori iscritti alla nostra associazione e da allevatori iscritti ad altre associazioni limitrofe, consueti partecipanti della mostra delle Alpi Occidentali che ha sede negli stessi locali nei quali si è tenuto il corso. Il corso è stato realizzato a scopo divulgativo con la finalità di far capire all’allevatore già esperto, ma anche e soprattutto al neofita, il fenotipo del canarino nelle sue varie espres-

I partecipanti al Corso debitamente distanziati

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sioni, imparando a distinguere il tipo, la categoria e la varietà, e come vengano trasmesse alla prole le varie espressioni cromatiche che si sono generate nell’allevamento domestico del Serinus canaria. La partecipazione è stata numerosa; presenti vari allevatori di canarini di colore ed anche alcuni allevatori di forma e posizione ed EFI, che volevano approfondire le loro conoscenze nell’ambito della trasmissione dei caratteri.

piamenti con in evidenza i vari fattori, dominanti, recessivi, legati al sesso. La prima parte del corso ha trattato l’evoluzione del canarino partendo dalla forma ancestrale, analizzata nella sua espressione cromatica, disegno nero bruno, colore giallo, nella categoria brinato; il relatore ha quindi illustrato in modo semplice e chiaro, pur non tralasciando gli aspetti più tecnici, la differenza tra melanine e lipocromi, cos’è il tipo

sesso; si è quindi proceduto alla visione dei disegni che illustravano il posizionamento delle melanine nei quattro tipi base, al fine di comprendere meglio come devono essere i soggetti considerati ottimi. Agli allevatori è stato poi richiesto di colorare i disegni dei canarini inseriti nella brochure, evidenziando sia la categoria intenso (colorazione completa), sia la categoria mosaico (colorazione delle zone di elezione lipocromica). Dopo numerosi interventi e domande relative alla trasmissione dei caratteri ed alle loro espressioni, è stata analizzata la scheda di giudizio nei suoi vari considerando (tipo, varietà e categoria) già ampiamente trattati durante la giornata, e le restanti voci inerenti la morfologia del canarino.

A tutti i partecipanti è stata consegnata una brochure con gli argomenti trattati, corredata da numerose fotografie e disegni

Consegna del materiale didattico da parte del relatore

A tutti i partecipanti è stata consegnata una brochure con gli argomenti trattati, corredata da numerose fotografie e disegni che rendevano di facile interpretazione le differenze nei vari fenotipi dei canarini; la stessa comprendeva, oltre alle informazioni di genetica di base e le varie mutazioni avvenute nel canarino, anche alcune tabelle molto interessanti con la descrizione delle espressioni fenotipiche delle varie mutazioni e dei risultati degli accop-

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nel canarino, le varietà attualmente riconosciute e le categorie. Il relatore, avvalendosi di una lavagna con alcuni disegni delle penne, ha poi illustrato il posizionamento delle melanine e dei lipocromi sulla struttura della penna, evidenziando la differenza fra i tipi dei canarini. Nela seconda parte si sono approfonditi i risultati dei vari accoppiamenti, evidenziando le differenze di risultato degli accoppiamenti tra fattori dominanti, recessivi e legati al

Senz’altro l’iniziativa si è rivelata molto utile ai partecipanti, sia per migliorare le proprie conoscenze nella trasmissione dei caratteri nel canarino ai fini del miglioramento selettivo nel proprio allevamento, sia per la giusta interpretazione del giudizio in mostra. Tra le due sessioni, in una sala attigua ai locali ove si è svolto il corso, grazie all’ottima organizzazione della Pro Loco di Farigliano, sono stati vissuti dei momenti conviviali con un ottimo pranzo. Dovuti ringraziamenti vanno al fautore principale dell’iniziativa Sig. Ivo Cappellino ed al nostro socio Sig. Fiorenzo Stralla del consiglio direttivo dell’Associazione Pro Loco di Farigliano, per l’organizzazione e l’ottima accoglienza.


DIDATTICA & CULTURA

I Padri dell’Ornitologia italiana

Apelle Dei (Siena 1819 - 1903) di ROBERTO BASSO E MARTINA LANDO, foto ARCHIVIO CIVICO MUSEO DI STORIA NATURALE DI JESOLO

A

pelle Dei nacque il 17 dicembre 1819 a Siena, figlio del pittore Vincenzo Dei e Giuseppina Barbi. Da giovane si dedicò allo studio delle discipline umanistiche con un’inclinazione verso le arti e le scienze, tra le quali preferiva la pittura, come il padre. Nel 1847, dopo l’uccisione dello studente e suo caro amico Ludovico Petronici, il Dei prese parte attivamente alle rivolte popolari di Siena. Circa vent’anni dopo decise poi di ri-

Rara prima edizione del 1862 di pagine 53 dell’opera “Catalogo degli Uccelli che si trovano nella provincia senese”, Tipografia Moschini (Siena)

La sua più grande passione però erano le scienze naturali, tant’è che si dedicò per anni al loro studio, in particolare all’entomologia e all’ornitologia

portare e descrivere questi avvenimenti nella pubblicazione intitolata “Movimenti popolari in Siena nell’estate del 1847” (Siena, 1871). La sua più grande passione però erano le scienze naturali, tant’è che si dedicò per anni al loro studio e approfondimento, in particolare all’entomologia e all’ornitologia. Il Dei applicò parte delle proprie ricerche entomologiche anche in ambito agricolo ed è grazie anche alle sue conoscenze ed esperienze sul campo che pubblicò diverse monografie in materia; dal 1971 stampò e ideò un suo giornale agrario intitolato “Il Possidente in città e in campagna”. Tra le opere pubblicate si ricordano ad esempio: “Insecta Senarum in agro suburbano atque in ipsa civitate lecta et in Musaeo Physiocriticorum Academiae servatae”, rigoroso catalogo entomologico in lingua latina pubblicato nel 1862; seguì la pubblicazione del 1865 intitolata “Sulla caccia smoderata che

tutto l’anno si fa agli uccelli, e sui danni che gli insetti hanno recato e recano all’agricoltura”. Il suo impegno nell’ambito agricolo lo portò inoltre a diventare prima segretario e poi consigliere del Comizio agrario del circondario di Siena, istituito nel 1863. Il primo incarico in ambito naturalistico arrivò nel luglio 1857 quando il Museo dell’Accademia dei Fisiocritici di Siena gli affidò il ruolo di coadiutore e conservatore scientifico. Il Dei,

Composizione ottocentesca di A. Dei di diverse specie di colibrì

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Non comune serie di merli con piumaggio anomalo

quando iniziò a lavorare per il Museo dei Fisiocritici, non ebbe nessun mentore al proprio fianco per imparare il mestiere e ciò fu a causa dell’unificazione dell’Università di Siena con quella di Pisa, che comportò di conseguenza il trasferimento della maggior parte dei professori. Egli però non si arrese e cercò di fare esperienza come autodidatta, non dedicandosi unica-

mente al restauro delle già ricche e storiche collezioni zoologiche, ma anche alla preparazione di nuovi uccelli e insetti, arricchendo così ulteriormente le collezioni museali. Fu poi nel 1860 che l’Università senese fu ristabilita e con essa anche la cattedra di anatomia comparata e il gabinetto zoologico. Il Dei ottenne così la carica di professore e preparatore

Serie di preparazioni di storno roseo, tutte catture italiane risalenti alla seconda metà dell’Ottocento

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di anatomia comparata non solo per l’Accademia ma anche per l’Università di Siena e mantenne questi incarichi sino alla pensione. È grazie a questi ultimi che egli poté approfondire i suoi studi in ambito avifaunistico, in particolare sull’avifauna locale. Nel 1862 iniziò a pubblicare così i suoi primi lavori ornitologici, tra cui “Catalogo degli Uccelli che si trovano nella provincia senese”, che risulta ancor oggi una delle opere più importanti e rare dal punto di vista scientifico. All’interno di questo lavoro, il Dei catalogò e descrisse in maniera dettagliata alcune specie che risultarono nuove per la fauna locale; ciò sicuramente conferma come egli dedicasse molto tempo all’osservazione diretta sul campo dell’avifauna della sua regione. Per accrescere le proprie conoscenze ornitologiche, il Dei si recava frequentemente al mercato di Siena per esaminare le ceste di uccelli, facendo così amicizia con i commercianti avicoli e di selvaggina. Costoro furono importanti fornitori per le collezioni scientifiche dell’epoca pubbliche e private. Tra l’altro, Apelle Dei effettuò diverse spedizioni scientifiche in varie località italiane, tra cui l’Isola del Giglio, sul

Foto di insieme di rigogoli in diverse classi d’età, preparazioni A. Dei


Monte Argentario e nella Maremma laziale e toscana. Abbiamo notizia che si dedicò all’osservazione e studio particolareggiato sul Capovaccaio, il Nibbio reale, il Rondone maggiore e la Rondine montana. Il Dei, grazie all’esperienza accumulata negli anni, pubblicò numerose opere sia in ambito ornitologico che entomologico: si ricorda, ad esempio, il suo trattato più importante, ovvero “Entomologia senese” (1816), che risultò estremamente rivoluzionario in quanto non solo propose un nuovo metodo di classificazione, ma anche perché l’entomofauna locale non era ancora stata studiata. Quest’opera, ad oggi, rimane l’unico trattato sugli Ortotteri italiani sinora pubblicato. Apelle Dei, dal 1862, costituì presso la propria abitazione, in due ampi vani, una ricca collezione ornitologica che decise poi di donare al Museo dei Fisiocritici nel 1886, collezione che egli

Foto d’insieme di vetrine espositive ottocentesche presso il Museo dell’Accademia dei Fisiocritici

stesso preparò sia con esemplari montati che in pelle da studio. Negli anni, la sua collezione fu visitata dai più grandi ornitologi dell’epoca, tra i quali lo stesso Enrico H. Giglioli, con cui il Dei collaborò in diverse occasioni. Egli infatti contribuì, con i dati raccolti dalle sue ricerche sull’avifauna senese, all’opera “’Inchiesta Ornitologica” (1889) di Giglioli. Dopo il suo pensionamento, Apelle Dei non cessò la propria attività di tassidermista e le sue ulteriori preparazioni furono acquisite dallo stesso Museo dei Fisiocritici. La sua collezione contava inizialmente 350 esemplari d’uccelli, tutti corredati dai dati morfologici; di questi, oggi, se ne contano 327. Mentre decise di donare la sua ricca biblioteca tematiconaturalistica alla Civica Biblioteca di Siena, biblioteca particolarmente ricca di testi di entomologia, botanica ed ornitologia. Apelle Dei morì a Siena il 2 gennaio 1903, all’età di 83 anni.

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O rniFlash Uccelli con ali più scure sono più efficienti in volo

News al volo dal web e non solo

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n nuovo studio conferma che quegli uccelli che hanno sviluppato ali più scure lo hanno fatto per un particolare motivo evolutivo che aumenta l’efficienza del volo. Lo studio, pubblicato sul Journal of the Royal Society Interface, oltre a spiegare questo conferma anche che le ali più scure sono più presenti negli uccelli marini. Lo studio è stato realizzato da ricercatori dell’Università di Gent, dell’Istituto per la fluidodinamica von Karman (VKI), della Katholieke Universiteit Leuven, dell’Istituto reale belga di scienze naturali e della Northwestern University. Si tratta di uno dei primi studi che mostra che il colore delle piume delle ali di un uccello può influenzare, anche fortemente, l’evoluzione per quanto riguarda le prestazioni in volo. I ricercatori hanno fatto esperimenti anche nelle gallerie del vento del VKI scoprendo che il riscaldamento più massiccio delle ali più scure permetteva un’efficienza in volo effettiva, in alcuni casi anche fino al 20%. Ciò che rende le piume delle ali più scure, la melanina, inoltre, sembra seguire una traiettoria evolutiva che è paragonabile a quelle di altre caratteristiche che permettono una maggiore efficienza del volo da parte degli uccelli. Ciò vuol dire che quegli uccelli più efficienti in volo, come gli albatri e in generale gli uccelli marini, avranno quasi sicuramente ali più scure rispetto a quegli uccelli meno efficienti. Si tratta di adattamenti che rendono il volo meno faticoso e dunque meno soggetto a sprechi di energia. Fonte: https://notiziescientifiche.it/uccelli-con-ali-piu-scure-sono-piu-efficienti-in-volo/

Centinaia di pulcini si sono lanciati dai nidi a causa del caldo estremo

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ei centri di recupero della fauna selvatica della British Columbia (Canada) e dello Stato di Washington (Stati Uniti) sono stati soccorsi centinaia di piccoli uccelli che, per sfuggire alla catastrofica ondata di calore dei giorni scorsi, si sono lanciati dai nidi ancora incapaci di volare. Molti sono morti per le fratture riportate dopo la caduta. Sono stati coinvolti soprattutto i rapaci. L’OWL Orphaned Wildlife Rehabilitation Society di Delta, nella British Columbia, ha comunicato di aver recuperato oltre 140 piccoli rapaci, a un ritmo di 12-20 esemplari al giorno durante il periodo critico. Principalmente si tratta di falchi di diverse specie e di aquile di mare testabianca o aquile calve (Haliaeetus leucocephalus), l’animale simbolo degli Stati Uniti d’America. Purtroppo molti di quelli salvati avevano fratelli trovati morti ai piedi dei nidi, spesso deceduti per le gravi fratture riportate nella caduta. Anche il centro di recupero della fauna selvatica Blue Mountain Wildlife ha avuto a che fare con un numero insolitamente elevato di piccoli rapaci da soccorrere. Purtroppo 13 dei rapaci giunti al Blue Mountain Wildlife avevano ferite talmente gravi che i veterinari sono stati costretti a sopprimerli. Quelli salvati, si legge in un comunicato stampa del centro, “stanno bene e mangiano una quantità incredibile di cibo”. L’obiettivo è liberarli tutti nel proprio habitat naturale non appena saranno cresciuti abbastanza da poter essere indipendenti. Non è andato meglio a una colonia di sterne maggiori (Hydroprogne caspia), la più grande sterna al mondo, con dimensioni paragonabili a quelle di un gabbiano. A causa del caldo estremo decine di pulcini si sono gettati dai nidi come i piccoli di falco; i soccorritori di Seattle purtroppo li hanno trovati tutti morti. Questi eventi drammatici saranno destinati a ripetersi con maggiore frequenza e con effetti sempre più disastrosi, se non faremo nulla per contenere l’aumento delle temperature legato ai cambiamenti climatici. Fonte: https://scienze.fanpage.it/centinaia-di-pulcini-si-sonolanciati-dai-nidi-a-causa-del-caldo-estremo-molti-morti-e-soppressi/


O rniFlash Non è vero che le casette col cibo artificiale creano problemi agli uccelli uella delle mangiatoie per uccelli è diventata una vera e propria industria negli ultimi anni: solo negli Stati Uniti ci sono circa 50 milioni di famiglie che offrono cibo agli uccelli che frequentano il loro giardino, e il giro d’affari (delle mangiatoie vere e proprie, ma anche del cibo che ci si mette dentro) è di circa 4 miliardi di dollari l’anno. Sempre negli ultimi anni, però, si sono moltiplicate le preoccupazioni a riguardo di questa abitudine: avere del cibo buono e facilmente raggiungibile, soprattutto durante l’inverno quando per un uccello è difficile trovare da mangiare, rischia di rendere gli animali dipendenti dalla nostra generosità, ma anche di facilitare la trasmissione di malattie tra esemplari diversi e di modificare i percorsi migratori di alcune specie. Per scoprire se davvero sta succedendo tutto questo, il team dell’università dell’Oregon ha preso in considerazione uno degli uccelli più diffusi in America, la cincia dal cappello nero (Poecile atricapillus), e… l’ha costretta a fare più fatica. D’inverno, quando fa più freddo, gli uccelli spendono più energia per mantenere la propria temperatura corporea, e hanno quindi bisogno di più cibo – che però scarseggia durante la stagione fredda. Per simulare queste condizioni, il team ha preso un gruppo di cince e ha rimosso le loro remiganti, cioè le penne più importanti per un animale volatore: senza remiganti, le cince fanno più fatica a volare, e hanno quindi più bisogno di cibo. L’ipotesi era che, messi in questa condizione, gli animali si sarebbero catapultati sulle mangiatoie, una fonte di cibo facile e sicura; in realtà è successo il contrario: le cince “con handicap” hanno ridotto le loro visite, probabilmente perché nutrirsi a una mangiatoia aumenta il rischio di predazione (soprattutto se un essere umano ti ha tolto delle piume per farti volare peggio). Almeno per quanto riguarda questi uccelli, insomma, niente paura: dar loro da mangiare non li rende dipendenti dalla nostra generosità. Fonte: https://www.focus.it/ambiente/animali/ forse-non-e-vero-che-le-mangiatoie-creano-problemi-agli-uccelli

Malattia ignota stermina gli uccelli in Colorado: gli scienziati sono allarmati

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funzionari del Colorado Park and Wildlife hanno affermato che finora non ci sono stati casi confermati di una malattia nota, ma che sono alla ricerca di uccelli malati o morti con segni patognomonici quali occhi gonfi, cecità e danni neurologici. La causa della presunta malattia è tuttora sconosciuta. La maggior parte degli uccelli colpiti nelle regioni medio-atlantiche sono ghiandaie azzurre, gracchi, storni europei e pettirossi americani. In Colorado, di solito, i fringuelli domestici possono essere infettati da un batterio che causa una patologia con sintomi simili, chiamata congiuntivite da fringuello. Tuttavia, questa malattia non è stata segnalata in altri tipi di volatili, quindi è impossibile che abbia colpito altre specie. I funzionari del parco hanno notato come la malattia si diffonda comunemente attraverso le mangiatoie per uccelli o l’acqua stagnante dei bagni, per questo motivo è stata aumentata la frequenza delle pulizie e delle sanificazioni degli ambienti dei volatili con una soluzione di candeggina al 10%, facendo poi particolare attenzione nel risciacquare con acqua, rimuovendo tutti i detriti dagli oggetti. La comunità scientifica continua ad essere perplessa per non aver ancora identificato la causa di questa moria. Fonte: https://tech.everyeye.it/notizie/cosa-uccidendo-uccelli-colorado-malattia-ignota-530380.html

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CRONACA

11 luglio 2021 Data storica testo e foto di ALBERTO DE VITA

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luglio 2021: una data divenuta storica per i tifosi Azzurri che hanno visto vincere dalla nazionale Italiana il 2° Campionato Europeo della storia del nostro calcio. Nel primo pomeriggio, un bravissimo Matteo Berrettini ci ha fatto sognare dando filo da torcere al numero uno Novak Đoković nella culla erbosa del Torneo di Wimbledon. Per un italiano è stata una giornata indimenticabile. Ma noi, ornicoltori del Centro Italia, abbiamo iniziato prima questa indimenticabile giornata d’estate, incontrandoci alle ore 10:00 a Pizzoli (AQ) ospiti della Famiglia D’Alessandro, per gettare le basi della ripresa del settore ornitologico dopo questi mesi di chiusure obbligate dalla pandemia.

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Effettivamente, questo lavoro è frutto di incontri e collaborazione tra tante Associazioni dei nostri territori del centro Italia. Da tre anni, infatti, un gruppo affiatato di Presidenti e alcuni appassionati volenterosi dedicano il loro tempo, le loro idee, unendosi con la loro esperienza nei progetti atti a costruire degli appuntamenti che abbiano un unico fine: far sviluppare nel centro del territorio nazionale delle attività sempre più interessanti e avvincenti per tutti i nostri appassionati e tutti gli allevatori FOI. Tutto ebbe inizio ad una cena d’estate nel luglio del 2018, quando alcuni appassionati di vari territori si incontrarono a Rieti per una cena, sognando di creare nel nostro territorio una

forza di coesione tra Associazioni atta a costruire nel futuro un’“Ornitologia del Centro”, sviluppando una serie di eventi che ci portassero anno dopo anno ad una grande manifestazione per tutti gli allevatori. Filippo Morrone da Pescara con la sua squadra di giovani collaboratori: Manuel Squartecchia, Sara Cilli e Federico Marcone, Gianfranco D’Alessandro da L’Aquila, Sandro Maestà e Sandro Muggia da Rieti, Domenico Lattanzi, Alberto De Vita e Gennaro Iannuccilli da Roma, gettarono insieme le basi per un progetto che sembrava un’utopia ma nel quale tutti credevano. Quella sera, tra l’altro, Filippo rappresentava Vittorio Olivieri da Teramo e Marino Cecchi da Macerata.


Da quel giorno, assieme, abbiamo fatto molta strada cementando la nostra forza con il rispetto reciproco e la passione comune, fino ad arrivare a questa nuova data, momento di RIPARTENZA per tutti noi, per la nostra patria e ovviamente per l’ornitologia italiana, dopo questa pandemia che ci ha tolto un anno di gioie, di mostre e di aggregazione. Presenti all’appuntamento dell’11 Luglio 2021 ben 15 Associazioni dei Raggruppamenti del Lazio, Abruzzo e Molise, Marche e Umbria, rappresentati dai rispettivi Presidenti. Inoltre, presenti per delega altre quattro Associazioni, per un totale di 19 su 21 aderenti al progetto: AOA di Ancona; AOM di Macerata; AOP di Perugia (per delega); AOP di Ascoli Piceno; AOS di San Benedetto (per delega); AONdA il Nido di Abruzzo (per delega); AOA di L’Aquila; APO di Pescara; AOS di Sulmona; AOT

Presenti all’appuntamento ben 15 Associazioni

di Teramo; APoO di Aprilia; AO La Fenice di Piedimonte San Germano, AOFlumens di Fiumicino; AOVA di Roma; ATOL di Ladispoli; AOPBF di Pontecorvo; RAO di Rieti; ARO di Roma; ACO di Civitavecchia (per delega). Durante l’incontro sono stati presentati i programmi di lavoro delle due mostre, partendo, per ordine di tempo, dalla Mostra Nazionale “Volare”. Filippo Morrone e Vittorio Olivieri, in qualità di referenti locali dell’evento, hanno presentato all’Assemblea il progetto che si terrà a fine Ottobre, dal 27 al 31, presso il centro commerciale di Val Vibrata (TE). Con tutti i presenti, Presidenti d’Associazione e loro delegati si sono

analizzati tutti i punti del regolamento e si sono valutati gli aspetti logistici ed i premi da offrire ai partecipanti. Successivamente, si è analizzato il regolamento per il 2° Campionato Interregionale “Cuore d’Italia”, presentato dai referenti locali Giancarlo Mattioli e Pasquale De Maio; anche qui, insieme agli altri presidenti, si sono condivisi i punti del Regolamento mostra e si sono discussi gli aspetti logistici e valutate le premiazioni da offrire. Finito il lavoro tecnico organizzativo, la famiglia D’Alessandro ha coccolato tutti i suoi ospiti con un pranzo degno delle migliori trattorie del nostro territorio. Alle ore 16.00 ci siamo raccolti in questa foto ricordo, dandoci appuntamento al prossimo incontro dove continueremo a lavorare per creare una ornitologia di qualità, di spessore e di unione per il nostro vasto e storicamente indiscusso territorio del centro Italia. Grazie a tutti.

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CRONACA

Il New York Colorbred Canary Club testo e foto di AMITT RAMGATTEE

I

n qualità di socio del NYCCC, considerata la vicinanza con alcuni allevatori italiani e la conoscenza diretta con alcuni dei migliori giudici della Federazione Ornicoltori Italiani, è mio desiderio far conoscere le attività del mio Club di appartenenza al fine di estendere i rapporti e gli scambi di informazioni sulle tematiche che riguardano la nostra passione comune. Mi presento, mi chiamo Amitt Ramgattee. Sono un grande appassionato di canarini di colore. Sono molto desideroso di imparare le tecniche di selezione e di riproduzione di questa branca dell’ornitologia espositiva, così come sono molto desideroso di apprendere tutti gli aspetti tecnici che riguardano le esposizioni.

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Per raggiungere questi obiettivi, mi sono iscritto al New York Colorbred Canary Club, al cui interno si condivide la propria passione unitamente ad altri. Qui in America i club hanno come obiettivo principale quello di organizzare l’evento competitivo annuale. In quell’occasione sono svolte anche delle attività collaterali, come la compravendita di uccelli, l’acquisto di alimenti ed accessori per i nostri uccelli. Il New York Colorbred Canary Club è relativamente giovane, essendo stato fondato nel 2000. Gli artefici di questa iniziativa furono José Zelada (l’attuale presidente), Octavio Barrios, Pat Tassitore, Gianfranco Dallago, Giuseppe Mannino, Daniel Martinez

e Raphael Vallejo. La prima riunione di club si ebbe ad Astoria nel gennaio 2000 e nel dicembre dello stesso anno si svolse la prima mostra nei locali del Wyndham Hotel Queens di New York. I giudici presenti erano Kees Mandaag (che giudicò i lipocromici), Robert Van Dorpe (che giudicò i Melaninici) e Massimo Camerata (che giudicò i canarini di postura). All’epoca non esisteva la sezione dei fringillidi che fu introdotta nel 2005. Il 21 aprile 2010 il NYCCC è stato riconosciuto dallo stato di New York ed è attualmente attivo con José Zelada come legale rappresentante del club. L’introduzione della sezione “ibridi” è avvenuta nel 2017, arricchendo la gamma delle specie e delle razze presenti in esposizione. Tutti gli standard utilizzati provenivano dall’AOB-Belgio, secondo i noti “Criteri dei canarini di colore del Belgio”. Successivamente, con la creazione della C.O.M. America, sono stati


introdotti ed usati i criteri di giudizio dell’O.M.J. con le relative schede. Il NYCCC fa anche parte del National Cage Bird Show e della National Colorbred Association, entrambi entità che vengono supportate al fine di dare vita a competizioni di livello nazionale sempre più prestigiose e con il maggior numero di espositori provenienti da ogni parte degli Stati Uniti d’America. Il mio club è anche conosciuto come il gruppo de “Los Caballeros” per il lavoro e lo sforzo che i suoi componenti pongono in essere per lo sviluppo della nostra passione ornitologica e per i rapporti di amicizia e collaborazione che vengono intessuti sia sul territorio americano, ma anche con tutte le altre nazioni con cui si viene in contatto. Non è un caso, infatti, che questo club sia accreditato come uno dei migliori degli Stati Uniti, e che annoveri al suo interno anche altri membri residenti fuori dallo Stato di New York. Tra le caratteristiche che contraddistinguono il New York Colorbred Canary Club dagli altri club vi è sicuramente la scelta dei giudici che vengono invitati a giudicare all’annuale show organizzato dal Club. Per avere un giudizio professionale, qualificato e tecnico, il mio Club ha scelto di invitare ogni anno i migliori giudici provenienti da tutto il mondo. A tal proposito, a titolo di esempio, grazie all’interessamento del socio Gianfranco Dallago, il 20° show annuale del club, svoltosi nell’ottobre 2019, ha avuto l’onore di avere 2 dei mi-

gliori giudici di fama mondiale: Andrea Benagiano per la Divisione “”Lipochrome” e Diego Crovace per la Divisione “Melanin”. Entrambi provengono dall’Italia e appartengono all’OMJ-COM. Il loro lavoro è stato molto apprezzato da tutti gli espositori e sono stati raccolti i loro

Il New York Colorbred Canary Club è relativamente giovane, essendo stato fondato nel 2000

insegnamenti. La famiglia degli allevatori aderenti al NYCCC si sta allargando sempre più. Ci sono alcuni membri che allevano canarini di forma e posizione, sia lisci che arricciati. Tra le razze più diffuse ci sono gli Scotch Fancy e gli Spagnoli. Questo club non è solo dedicato agli allevatori esperti, ma anche ai principianti. Abbiamo creato una famiglia, organizzando pranzi ed eventi di diversa natura, con lo scopo di stare insieme, di crescere insieme e di conoscere altre realtà, perché attraverso gli scambi di cultura, non solo quella legata alla nostra passione, aumentiamo le nostre conoscenze e le nostre amicizie.

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DIDATTICA & CULTURA

Sul pianeta Terra sono state individuate circa 1.500.000 specie animali

Razza o varietà? di SERGIO PALMA, foto F.O.I., E. DEL POZZO E S. GIANNETTI

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urante lo studio per il corso da Allievo Giudice per i Canarini di Colore, per la prima volta mi sono confrontato con principali concetti di genetica: Famiglie, Specie, Razze, Selezione, Trasmissibilità dei Caratteri ed altro. Credo che il mondo della Canaricoltura sia pervaso da terminologia impropria. Mi piace ricordare, a questo proposito, come il termine “APIGMENTATO”, segnalato in varie occasioni e del quale si è dibattuto anche sulla nostra rivista federale, è stato poi modificato dalla attuale Commissione Tecnica Nazionale di Forma e Posizione dei Canarini Lisci. La lunga introduzione

Canarino selvatico

che segue, e della quale mi scuso, mi aiuterà a meglio delineare il contenuto di questo articolo. Sul pianeta Terra sono state individuate circa 1.500.000 specie animali; molti sistematici suppongono che ce ne siano circa altrettante da individuare. Gli Animali o Regno animale vanno dal phylum dei Poriferi o Spugne, al phylum dei Cordati con il subphylum dei Vertebrati al quale appartengono le Classi degli Uccelli e dei Mammiferi tra le altre. L’origine della vita lo possiamo definire il primo evento di SPECIAZIONE. Tutti gli esseri viventi parlano la stessa lingua (il DNA) con le stesse

Molte delle Specie presenti inizialmente, oggi sono estinte. (es. Dinosauri)

regole (il Codice Genetico) che si sono definite e caratterizzate in tempi lunghi. Molte delle Specie presenti inizialmente, oggi sono estinte. (es. Dinosauri) Le estinzioni possono essere di due tipi: estinzioni di massa ed estinzioni di specie. Come è intuibile, la estinzione finale, la estinzione di massa, elimina fino al 90% delle specie. La estinzione per speciazione, la estinzione di specie, fa scomparire quella specie che talora può dare luogo ad un’altra specie. In questo ambito, possiamo avere due tipi di speciazioni. Partendo da una Specie originale si può avere la speciazione per ANAGENESI, quando cioè la Specie originaria si estingue lasciando il posto alla nuova. Oppure la speciazione per CLADOGENESI, quando la Specie originaria produce una seconda specie pur continuando ad esistere. Questo può avvenire per innumerevoli casi ma molte volte sono le situazioni ambientali a forzare il processo. Possiamo qui affermare che, se tutte le speciazioni fossero anagenetiche, le nuove specie avrebbero fatto sparire le vecchie ed avremmo una sola specie. Invece con la cladogenesi il numero delle specie aumenta e la vita si diversifica.

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Intenso giallo ali bianche, foto: E. del Pozzo

Charles Darwin, pur intitolando un suo lavoro “L’Origine delle Specie”, non si è mai espresso sul significato di Specie. Ancora oggi non esiste nel mondo scientifico una definizione univoca della parola Specie. Infatti, si può parlare di specie Tipologica (1), specie Nominalista (2), specie Fenetica o fenotipica (3), specie Biologica, specie Evolutiva, specie Percettiva, specie Biologica+percettiva. (1) Specie Tipologica: La definizione e descrizione di un olotipo, un esemplare da depositare in una collezione museale che servirà da riferimento per la individuazione di una specie; (2) Specie Nominalista: la specie non esiste, è solo un nome che usiamo per indicare un gruppo di organismi riuniti da certe caratteristiche morfologiche comuni. (3) Specie Fenetica o Fenotipica: le specie sono gruppi di individui riuniti in base alle loro caratteristiche

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osservabili. In questo tipo di speciazione, non si fa alcun riferimento alla filogenesi, ossia alla storia evolutiva degli organismi. I taxa (caratteri tassonomici) sono definiti in base al numero di caratteri comuni che forniscono una misura di similarità. E qui ci fermiamo perché è questo tipo di speciazione della quale ci serviremo per questo lavoro. Possiamo dire che una popolazione

La Zootecnia è l’applicazione delle conoscenze zoologiche per una determinata specie animale con il fine di allevarla in un contesto artificiale o semi artificiale

si dice in equilibrio quando le frequenze alleliche tendono a mantenersi inalterate generazione dopo generazione. Ma se questo succedesse in assoluto, non avremmo alcuna evoluzione delle Specie. La Zootecnia è l’applicazione delle conoscenze zoologiche per una determinata specie animale con il fine di allevarla in un contesto artificiale o semi artificiale. Un insieme di soggetti facenti parte della stessa popolazione ed aventi somiglianza fisica tra la progenie e genitori, e le progenie tra di loro, viene definita razza. Tutti gli animali appartenenti alla classe AVES sono un gruppo tassonomico estremamente ricco ed eterogeneo. Il termine “razza”, che è di uso zootecnico, identifica un gruppo di animali creato artificialmente dall’uomo e appartenente agli animali domestici. Viene selezionato con metodologie diverse per le caratteristiche comuni che lo identificano come un sottoinsieme differenziato, spesso anche in modo marcato, da eventuali altri gruppi conspecifici. Oppure possiamo definire razza un gruppo di individui di una data specie, contraddistinti da caratteri comuni ed ereditari. Uno dei settori della Zoologia applicata è la Zootecnia, lo studio di tutto quanto riguarda il sistema riproduttivo. Ricordiamo che individui dello stesso genere ma di specie diversa possono dare prole, ma questa è sterile. Spesso gli allevatori che lavorano con specie “rare” o meno, corrono il rischio che i loro animali non si riproducano. Ci troviamo di fronte ad una “resistenza Ambientale”, cioè la capacità riproduttiva si arresta per una inabilità nell’accoppiamento; nel nostro caso, questo molte volte succede quando si tenta di riprodurre uccelli silvani in allevamento. Allora qui interviene la Zootecnia, cioè gli allevatori usano le tecniche di inseminazione strumentale, dove il liquido seminale del maschio viene inserito all’interno del dotto ovarico in cui si trova l’ovocita ovulato dalla femmina, sperando che fecondi; tecnica poco usata negli uccelli da gabbia e da voliera, anche se negli ultimi anni qual-


cosa comincia a muoversi in questo senso, tanto che una ditta degli Stati Uniti d’America pubblicizza su internet un kit per tale scopo. Potremmo fare ancora centinaia di esempi di Zootecnia, per esempio capire lo spazio che occupa un animale in ambiente naturale e cercare di riprodurlo artificialmente, attraverso le voliere o la schermatura delle gabbie più o meno grandi. Negli uomini, ogni aggruppamento di persone differenziate tra loro per caratteri somatici o colore della pelle, su basi empiriche hanno determinato nei secoli passati la classificazione, da parte di molti politici e scienziati, in razze. Con effetti deleteri per l’umanità, ricordiamo la Shoah. Per fortuna oggi si usa la parola etnia, cioè: l’Umanità appartiene ad una sola specie vivente Homo sapiens che eventualmente può, per comodità lessica, dividersi in etnie. Veniamo ora al motivo di questo articolo per il quale questa lunga introduzione, come già detto, mi è sembrata necessaria. Nello specifico, il Canarino appartiene alla classe AVES, ordine PASSERIFORMES, famiglia FRINGILLIDAE, genere SERINUS e specie Serinus canarius. Il Serinus canarius, in natura, non ha sottospecie e sottolineo in natura (la sottolineatura la capiremo più avanti). Questi uccelli, anche se ibridati con altri Serinus, potrebbero dare prole fertile. In biologia, l’ibrido è un individuo animale o vegetale proveniente da un incrocio di genitori appartenenti a specie diverse (i. interspecifico), a sottospecie diverse (i.intraspecifico), a generi diversi (i. intergenerico). Voglio aggiungere che la classificazione tassonomica dei vari Serinus è stata fatta con una metodologia empirica e non con uno studio del suo genoma. Hanno cioè usato il metodo di speciazione Fenetica o fenotipica. In realtà, il Serinus canarius potrebbe essere una selezione naturale, “speciazione per CLADOGENESI”, durata qualche migliaio di anni. La specie che potrebbe aver generato il Serinus canarius potrebbe essere un altro Serinus approdato in qualche modo sulle isole Canarie. Potremmo cioè trovarci, per esempio,

La prima mutazione del Canarino della quale si ha notizia, avvenne durante il secolo 16°

di fronte ad una sottospecie del nostro Verzellino (Serinus serinus). L’areale del Verzellino, infatti, comprende l’intera Europa ed il nord Africa, ed arriva fino al Marocco meridionale. Ritorniamo alla storia del Canarino domestico che cominciò con la occupazione, nel 1402, da parte del Regno di Spagna, delle Isole Canarie. La prima mutazione del Canarino della quale si ha notizia, avvenne durante il secolo 16°, quando cioè si è avuta la prima apparizione del giallo. Nel 18° secolo si contano circa 29 nuovi, diversi colori. Da qui si è partiti con le tantissime mutazioni cromatiche che ai giorni nostri abbiamo. I vari naturalisti, ornitologi, biologi che nei

secoli si sono susseguiti, hanno affibbiato agli animali, da loro scoperti, i nomi secondo una classificazione in uso a quei tempi. La smentita della esistenza delle razze tra gli uomini si è avuta con la lettura del genoma umano; questo ha stabilito che se si prendono ad esempio due svedesi, entrambi biondi e con gli occhi azzurri, e un coreano con capelli neri e occhi a mandorla, è possibile che geneticamente il coreano sia più vicino ad un europeo che gli svedesi stessi. Ora, prendendo ad esempio questa ricerca sul genoma umano, è possibile che tra due Lizard ci sia un genoma differente tanto da avvicinarsi più a quello di un Gibber che ad un Lizard blu. In natura, ciò può essere determinato dal clima o dall’ambiente o dalla alimentazione a disposizione nell’areale. La tendenza per alcuni gruppi di animali ad allontanarsi definitivamente dalla specie originale, attraverso un vero e proprio processo generativo-degenerante da forme che le hanno precedute, provoca una evoluzione-involuzione continua. Questo processo generativo-

Lizard dorato calotta netta

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Razza o varietà: importanti precisazioni di GIOVANNI CANALI, FOTO F.O.I.

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Gibber Italicus, foto: S. Giannetti

degenerante (processo graduale di perfezionamento) in natura avviene in migliaia di anni, sempre che nessun soggetto originario torni a richiamare e riconsolidare la genetica di partenza. Gli allevatori odierni e del passato prossimo si potrebbero definire degli aves-neontologi (studiano forme aviarie viventi) capaci di captare le microevoluzioni nelle “varietà” allevate. In questo caso, le microevoluzioni non sono naturali ma indotte dall’uomo. Ora sarebbe bello conoscere il pensiero dei vari scienziati che per primi hanno classificato alcune specie del genere Serinus. Se, per esempio, qualcuno di questi avesse dovuto classificare un Gibboso piuttosto che un AGI o un Lizard, li avrebbero inseriti tutti come Serinus canarius o avrebbero modificato qualcosa? A questo punto, credo che si possa ipotizzare che in Canaricoltura non esistono razze ma VARIETÀ, se per varietà si intende in senso descrittivo la diversità delle caratteristiche all’interno di una specie biologica. Quindi andrebbero considerate VARIETÀ tutti gli ospiti dei nostri allevamenti con le stesse caratteristiche, capaci di ereditarle dai genitori e di trasmetterle alla progenie.

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remetto che pur non essendo un docente universitario ed essendo un dilettante, ho studiato testi universitari ed ho parlato con più di un docente universitario, ma poiché non tutti gli scienziati hanno la stessa opinione su vari temi, posso non concordare su alcuni punti opinabili. Tanto per cominciare la classificazione del Canarino come Serinus canarius non corrisponde alla classificazione ufficiale che è Serinus canaria, certo errata ed anche cacofonica, ma è questa. In effetti (come ho già spiegato I. O. Nomi errati n°6/7 2018) Linneo era molto bravo ma non infallibile e chiamò errando il Canarino Fringilla canaria, come latino concordava, ma il genere era gravemente errato poiché il Canarino è poco affine al Fringuello (Fringilla coelebs) o alla Peppola (Fringilla montifringilla), mentre è uno dei Serinus più tipici; inoltre, anche il termine canaria era errato poiché voleva far riferimento alle Canarie, quindi avrebbe dovuto essere canariensis, delle Canarie; in effetti le altre specie e sottospecie originarie di tali isole si chiamano canariensis. Di conseguenza, rilevato l’errore, il nome venne cambiato in Serinus canaria. Venne lasciato il termine canaria poiché non si potrebbe correggere la specie ma solo il genere, anche se talvolta non accade. Alcuni ornitologi hanno arbitrariamente chiamato il Canarino Serinus canarius, il che concorda come latino, ma non significa delle canarie ma “di cane” come canaria significa “di cagna”. Insomma il nostro amico come nome scientifico non poteva essere più sfortunato; nessuno, tranne me, che nulla conto in campo scientifico, ha mai pensato di chiamarlo Serinus canariensis come sarebbe giusto.

Per quanto riguarda le razze o etnie umane, trattasi di argomenti delicatissimi non adatti alla nostra rivista, quindi non mi soffermo. Parliamo di razze animali: ebbene, i vari scienziati zootecnici hanno dato diverse definizioni, ma non ve ne è neanche una, dico una, che non si attagli alle razze di Canarino. Inoltre, il termine varietà è ben poco usato in ambito scientifico e con significati talora diversi. Nel nostro ambiente, il termine varietà è usato, del tutto correttamente, per indicare qualcosa di preciso: la situazione dei carotenoidi. Abbiamo quindi diverse varietà: giallo, rosso, bianco dominante, bianco recessivo, giallo avorio ecc. Non vedo la necessità di modificare questo termine o usarlo al posto di razza, tantomeno. Il concetto di razza riguarda popolazioni appartenenti alla stessa specie che differiscano per almeno una caratteristica propria. Personalmente ne vorrei almeno 2 (come la C.O.M.) e di un certo rilievo. In effetti, io come orientamento di base sono poco portato ad attribuire il rango di razza o sottospecie per una o poco significative differenze; in questi casi preferisco parlare di morfismi o sottorazze. Questa è però solo mia opinione del tutto trascurabile. Non sono invece trascurabili, tutt’altro, le varie definizioni date in campo zootecnico, come quelle di Zwaenepoel e Pirocchi, nonché quella di Giuliani ed altri. Non sto a descriverle ampiamente, mi limito a dire che partono dal presupposto dell’appartenenza ad una stessa specie e che si distinguano per caratteristiche trasmissibili alla prole. Giuliani parla anche di condizione omozigote per uno o più caratteri, inoltre considera l’aspetto genetico come quello zootecnico. Traggo queste nozioni dal testo


“Zootecnia generale” di A. Falaschini e A. Vivarelli, Edizioni Agricole Bologna 1977, ove sono trattate ampiamente. Il fatto che vi siano razze di canarino molto diverse non comporta nulla a livello sistematico; non vi è dubbio alcuno che derivino tutte dal Canarino selvatico. Anche fra i cani vi sono grandi differenze ma derivano tutti dal Lupo (Canis lupus), compresi bassotti ed alani. A nessuno è venuto in mente di considerare le singole razze canine come specie, lo stesso per le varie razze equine o feline. Mi piace ricordare che il pesce rosso (Carassius auratus auratus), pur molto diversificato allo stato domestico, se messo in libertà regredisce rapidamente verso la forma selvatica. Confesso solo una cosa: il Lizard è talmente diverso dalle altre razze di canarino che qualche volta stavo per aver un lapsus molto freudiano e rischiavo di dire specie, ma mi sono subito corretto. Anche lui è una razza, senza dubbio. Ricordo che gli ibridi si ottengono al di fuori della specie, i meticci all’interno della specie fra razze diverse. Per avere ibridi è necessario che le due specie appartengano alla stessa famiglia (famiglia, non genere). Quando appartengono allo stesso genere, di solito l’ibridazione è meno difficile e la fecondità è più elevata, stante una maggiore affinità fra le specie che si sono accoppiate. Anche fra ibridi fuori dal genere è possibile avere fecondità, ancorché parziale; ad esempio il Cardinalino del Venezuela (Spinus cucullatus) unito alla Canarina (Serinus canaria) produce ibridi sterili nelle femmine, ma con elevata fecondità maschile. Secondo vari autori si aggirerebbe, fra totale e parziale, attorno al 50%. Eppure Spinus e Serinus sono ge-

neri diversi, della stessa famiglia Fringillidi. Se così non fosse, non avremmo i canarini a fattori rossi. All’interno del genere abbiamo dati in letteratura che ci dicono che l’ibrido fra il Verzellino (Serinus serinus) ed il Canarino (Serinus canaria) sia fecondo totalmente nel sesso maschile e sterile in quello femminile, anche se alcuni parlano di rare femmine feconde. Non dimentichiamo la regola di Haldane che ci dice che la fecondità degli ibridi è presente nel sesso omogametico, vale a dire quello maschile negli Uccelli (ZZ o XX), invece quello femminile nei mammiferi (XX). Nei mammiferi, Cavallo (Equus ferus caballus) ed Asino (Equus africanus asinus) producono ibridi (bardotto e mulo) che, pur essendo le due specie ascritte allo stesso genere, sono

Arricciato Gigante Italiano lipocromico

sterili quasi totalmente; i rarissimi casi di fecondità sono stati segnalati solo in mule (femmine), invece gli ibridi fra Toro (Bos taurus) e Yack (Bos grunniensis), sempre specie dello stesso genere, sono totalmente fecondi fra le femmine e sterili nei maschi. Come si vede, non vi sono regole fisse. Il fatto poi che il Canarino possa essere sottospecie del Verzellino non corrisponde al vero. Trattasi palesemente di buone specie; infatti, non vi è illimitata fecondità e questo basta e avanza. Non tutti ritengono che la fecondità illimitata degli incroci sia sufficiente ad escludere una buona specie, tuttavia non mi risulta l’inverso, e cioè che qualcuno abbia escluso la differenza di specie in presenza di fecondità non illimitata. Inoltre, ad abundantiam, il Canarino ed il Verzellino non differiscono solo per la morfologia: più piccolo, più arrotondato, più brinato, più dimorfico, con timoniere esterne arcuate e qualche piccolo particolare ancora, il Verzellino, ma anche per altri motivi meno evidenti all’osservazione, ma non meno importanti. Penso al colore delle uova che sono si entrambe picchiettate di bruno, ma bluastre nel Canarino e biancastre nel Verzellino; inoltre, quella che io ritengo la differenza più importante è il canto, molto diverso e meno pregiato nel Verzellino. Oltre a leggere testi universitari, sarebbe bene consultare anche la nostra letteratura e non parlo solo di “Canaricoltura” di Zingoni edito dalla F. O. I. ma anche di altri testi come: “Ibridologia” di Giorgio de Baseggio 1993 presso Mondo degli Uccelli, Camugnano (BO) o “Gli Ibridi” di Massimo Natale e Leone Giuliano Pidalà, 2012 edizioni Alcedo s. r. l. e tanti altri, tra i quali anche il mio testo (“I colori nel Canarino”, edizione FOI).

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CULTURA & DIDATTICA

Dal colore alla forma testo e foto di FEDERICO VINATTIERI

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iù volte ho trattato in passato i vari aspetti che determinano le fasi della “messa in opera” di un allevamento e di una selezione. Svariati aspetti, alcuni dei quali programmati, altri puramente casuali. In passato ho anche affermato che la fretta è sicuramente il peggior nemico di un allevatore, e quella frenesia iniziale di chi da poco si cimenta nella selezione è comprensibile ma, al contempo, va saputa domare. Ma vi è un altro elemento da tenere a freno, un fattore che può determinare tutto il futuro di un giovane allevatore, ossia la fase del “voglio un po’ di tutto”, quel momento in cui si ha l’imbarazzo della scelta ed in cui non è ancora chiara la giusta strada da percorrere. La fase iniziale per un allevatore esordiente è una di quelle più critiche, poiché il novizio deve, gioco forza, passare per quello stadio iniziale, mosso da prorompente passione, che talvolta comporta anche alcuni sbagli o battute d’arresto causate dalla propria giustificata inesperienza.

Un fattore che può determinare tutto il futuro di un giovane allevatore, ossia la fase del “voglio un po’ di tutto”

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L’autore all’interno del suo allevamento

Ciò rientra nella norma, e fa parte di quel doveroso “tirocinio” che tutti più o meno dobbiamo affrontare quando ci si addentra in una nuova attività o in un nuovo settore. Proprio in questa fase fa la sua comparsa la bramosia del neofita, quella di inizio passione, la voglia di coprire più campi, di possedere più soggetti, di allevare più razze, così da poter saziare la propria voglia di detenere e di approcciarsi a nuove frontiere. Io l’ho sempre chiamata goliardicamente la “fase del fritto misto”, in cui l’aspirante allevatore o l’ornicoltore

ancora inesperto, incerto di quale possa essere la sua “razza della vita”, brancola un po’ in quell’intercapedine che accomuna tutti i principianti di ogni settore, ossia cade nel calderone del “provo un po’ tutto”, del “devo provare quella razza, ma anche quell’altra”. Del resto, in lingua italiana la definizione esatta di neofita è: “militante sorretto dall’ardore della recente adesione a un’ideologia o a un nuovo ambito”. Dunque, non deve sorprenderci che sia proprio quell’ardore ad indicarci il percorso da perseguire, che


La quasi totalità degli allevatori di canarini, iniziano la loro “avventura ornitofila” con una o più varietà di canarini di colore

talvolta si rivela arduo e tortuoso, solo in rarissimi casi rettilineo e azzeccato. Ed è così che, nella stragrande maggioranza dei casi, si inizia sempre con uno o più coppie di diverse razze, oppure, in alternativa, si cambia diverse razze nel giro di qualche anno. Sono sempre rari i casi in cui l’allevatore inizi con una razza e la porti avanti per tutta la sua carriera; questo può succedere, ma solitamente accade laddove si eredita già una selezione avviata. Questo fenomeno di bramosia iniziale è, come già detto, assolutamente normale. Ma da cosa è dovuto? Probabilmente da una mera questione di appagamento personale, come quando andando in pasticceria si provano un po’ tutte le brioche prima di iniziare a chiedere sempre la stessa. Ma d’altronde si sa, il nuovo è una grande attrazione, un qualcosa a cui il neofita non può resistere. “Piace soltanto quel che è nuovo!” (*cit. Johann W. Goethe, Faust I, 4113, Mefistofele). Essendo io iscritto alla F.O.I. ormai da più di 25 anni, ho notato più volte, vivendo in prima persona l’ambiente, osservando e seguendo i percorsi di molti miei amici e colleghi allevatori, anche un altro aspetto molto interessante: la quasi totalità degli allevatori di canarini, iniziano la loro “avventura ornitofila” con una o più varietà di canarini di colore, difficilmente la prima

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scelta ricade nella forma e posizione. Questo fenomeno è dovuto forse ad un insieme di fattori, il primo dei quali è indubbiamente la reperibilità e la grande disponibilità di soggetti appartenenti a tale tipologia; un secondo motivo è sicuramente l’impatto visivo che il novizio percepisce dal canarino, poiché il “colore” incanta chiaramente per bellezza e per eleganza, differenziandosi a colpo d’occhio rispetto a tutte le altre razze e varietà di canarino. Altro fattore

più ad aumentare negli ultimi anni, con nuove mutazioni recentemente riconosciute; d’altro canto, c’è un detto latino che calza a pennello in questi casi: “Naturale est magis nova quam magna mirari”, ossia “È naturale ammirare più le cose nuove che le grandi” (*cit. Seneca, Questioni naturali). Pertanto, considerando i suddetti fattori, è assolutamente giustificabile che il debuttante ricerchi il colore, prima di addentrarsi eventualmente

ed i Lizard, e infine arrivando a quella che io definisco la mia “destinazione”, ossia i canarini Arricciati. Quando è detonato in me l’interesse progressivo nei confronti di quest’ultimi, non son più tornato indietro. Ho attraversato dunque anch’io, in prima persona, tutta una serie di passaggi quasi obbligati, oserei dire, che gran parte dei neofiti compie. Detto ciò, non voglio asserire che chiunque voglia allevare canarini di forma e posizione debba forzatamente compiere i suddetti passaggi. Ovvio che un percorso di un allevatore non è mai uguale ad un altro; ho voluto solo condividere ciò che da molti anni ho sovente rilevato in questo nostro “mondo alato”. Selezionare i canarini di colore non è certo più semplice che allevare la forma e posizione, anzi, in certi casi è anche

Il settore ornitofilo, per nostra fortuna, resta un ambito ricco di variabili

Alcuni nidi durante la stagione riproduttiva

per cui il neofita viene colpito dal canarino di colore è che, nell’immaginario collettivo, i canarini gialli, rossi e bianchi, sono i canarini per antonomasia, quelli più conosciuti, i più popolari, quelli che si vedono più spesso nei film o nei cartoni animati, insomma, quello che la gente al di fuori del nostro “mondo ornitofilo” crede essere “Il Canarino”. Altro possibile fattore è la grande gamma di varietà di colore tra cui poter scegliere, che è andata sempre

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nella forma. Io stesso, quando ero un “novellino” in questo settore, negli anni ‘90, iniziai con i Gialli lipocromici ed i Rosso mosaico, dopo di che son passato ai melaninici, con i Nero Pastello a fattore giallo, oggi tra l’altro diventati piuttosto rari senza ala grigia come li avevo io; solo dopo questa chiamiamola “gavetta” di alcuni anni, ho avuto una nuova attrazione verso la forma e posizione, passando prima per i “lisci”, con i Gloster, Fife fancy

più difficoltoso, vista la grandissima competizione che c’è nell’ambito delle mostre ornitologiche in quella specializzazione; ma statisticamente è difficile che la F. e P. sia la prima scelta per colui che affronta per la prima volta l’allevamento dei canarini. Il settore ornitofilo, per nostra fortuna, resta un ambito ricco di variabili che offre migliaia di scelte e di possibili opzioni per chi vuole allevare. Tra i canarini vi è un tale assortimento di razze e varietà in grado di accontentare e concedere a chiunque quello stato di completezza dei propri desideri. Ognuno è assertore del proprio “cammino”, e la meta, in definitiva, sarà sempre la razza o le razze che concedono compiacimento all’allevatore e che più appagano la propria frenetica passione.


DIDATTICA & CULTURA

L’origine e l’evoluzione degli estrildidi di G. J. HUISMAN

C

i sono molte specie di estrildidi all’interno della famiglia degli Estrildidae. Circa 23 milioni di anni fa, i loro antenati si trasferirono dall’Australia alla Nuova Guinea quando si trattava di un’unica massa continentale, nota come “Sahul”. (In un contesto tecnico, il nome Sahul, si riferisce al continente che comprende l’Australia continentale, la Tasmania, la Nuova Guinea, Seram e le isole vicine.) È interessante notare che il Casuarius casuarius meridionale, dall’aspetto preistorico, vive su entrambi i lati dello Stretto di Torres. Questo uccello non volatore (44 kg) dimostra che le masse continentali erano collegate. La colonizzazione degli estrildidi continuò verso ovest attraverso le isole indonesiane. L’attuale Sud-Est asiatico era allora più grande in termini di superficie terrestre, perché anche lì il livello del mare era più basso. Questa terra è indicata in letteratura come “Sonda”, da non confondere con le Isole della Sonda che si trovano più a sud. Quindi la strada era chiara per gli uccelli dei Paesi del sud per colonizzare l’Asia continentale. Questi antenati degli odierni estrildidi continuarono a spostarsi più a ovest e alla fine raggiunsero l’Africa attraverso il Medio Oriente. Quando gli estrildidi raggiunsero il Madagascar, esso era ancora attaccato alla terraferma dell’Africa, e ciò è evidenziato dalla presenza della munia Lepidopygia nana del Madagascar. Milioni di anni dopo, tuttavia, il livello del mare si innalzò isolando il

Circa 23 milioni di anni fa, i loro antenati si trasferirono dall’Australia alla Nuova Guinea quando si trattava di un’unica massa continentale

Madagascar dal resto dell’Africa e creando distanze così grandi che gli uccelli oggi non sono in grado di superarle volando. Il livello dell’acqua del mare era aumentato anche nell’arcipelago indonesiano, rendendo impossibile agli estrildidi la migrazione dal Borneo a Sulawesi, nonché tra Bali e Lombok. È stata creata una linea immaginaria che separa le regioni zoogeografiche

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dell’Asia e dell’Australasia, che chiamiamo Wallace Line. A ovest e a nord della linea si trovano organismi legati a specie asiatiche, a est e a sud di essa, principalmente organismi legati a specie australiane. La linea corre tra le isole indonesiane di Bali e Lombok, a nord tra Borneo e Sulawesi e, da lì, verso est tra le Filippine e Sulawesi. Ad esempio, i marsupiali si trovano sulle Sulawesi e sulle isole a est, ma non sul Borneo. La Wallace Line prende il nome da Alfred Russel Wallace, che notò la linea di confine durante i suoi viaggi attraverso le Indie Orientali nel diciannovesimo secolo. In particolare notò che alcune specie di uccelli erano completamente diverse a Bali, che si trova a ovest della linea, rispetto alle specie di uccelli che vivono a Lombok, un’isola a soli trentacinque chilometri a est di Bali, ma a est della linea. Le specie di uccelli a Bali erano prevalentemente di origine asiatica e quelle di Lombok prevalentemente australiane. A causa di questa barriera naturale, le specie di uccelli che non possono volare per lunghe distanze non migrano più lungo questa rotta. Pertanto, diverse specie di estrildidi si sono evolute indipendentemente l’una dall’altra a est e ad

ovest della linea di Wallace. 145 estrildidi sono descritti nella letteratura disponibile, sebbene gli ornitologi non siano d’accordo su alcuni di essi. A volte il test del DNA è in grado di rivelare se specie strettamente imparentate appartengono a una “superspecie” o se dovrebbero essere considerate sottospecie. Attraverso la selezione naturale, gli estrildidi si sono adattati ai diversi habitat e alle fonti di cibo disponibili. Le specie che mangiano semi hanno un becco conico mentre le specie insettivore e frugivore ne hanno uno più sottile e appuntito. Il becco di ogni specie si adatta al cibo disponibile. Gli esemplari con un becco più adatto hanno maggiori possibilità di riprodursi, perché possono sfruttare al meglio l’approvvigionamento alimentare locale. In Australia, ad esempio, la maggior parte delle specie di estrildidi si è concentrata sul consumo di semi di erba, a volte integrati con piccoli insetti. Il loro becco corto e conico è caratteristico dei granivori. La maggior parte dei membri del genere Lonchura, le donacole e i cappuccini, fanno un ulteriore passo avanti identificandosi ulteriormente come granivori. Anche gli estrildidi africani, come il Genere Lagonosticta, Granatina e il cordon-bleu Uraeginthus, si sono concentrati sul consumo di semi di erba, ma lo fanno sui semi più fini in combinazione con piccoli insetti. Hanno quindi un becco leggermente più appuntito rispetto ai loro parenti principalmente erbivori. I membri del genere Pytilia sono ancora più insettivori dei suddetti estrildidi africani.

In Australia, ad esempio, la maggior parte delle specie di estrildidi si è concentrata sul consumo di semi di erba

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Successivamente, gli appartenenti al Genere Parmoptila (cosiddetti Beccaformiche) e Nigrita sono passati quasi completamente a una dieta senza semi. I Beccaformiche, come suggerisce il nome, sono principalmente insettivori e i Nigrita sono insettivori e frugivori. Hanno sviluppato becchi sottili e appuntiti per questo. I “rompitori” di semi Spermophaga si sono concentrati sui semi duri, che possono essere attaccati dai loro becchi forti e conici. Questi becchi differiscono per dimensioni all’interno della specie, il che potrebbe rappresentare la prova fisica che nuove specie si stanno evolvendo. Charles Darwin ha basato la sua teoria dell’evoluzione sulle differenze di becco dei fringuelli di Darwin (Geospiza). Egli ha sviluppato la sua teoria dopo aver visitato le Isole Galapagos dell’Ecuador nel 1835, durante il suo viaggio alla scoperta del mondo sulla HMS Beagle (1831-1836). L’evoluzione non si ferma mai, poiché gli animali devono adattarsi per sopravvivere! Nota:

Le fonti di questo articolo si basano su quanto pubblicato nel libro “Estrildid Finches of the World” di G.J. Huisman, recensito su I.O. n° 4/2021


Magie di Mostre

U

n saluto speciale da parte mia a organizzatori e fornitori di manifestazioni ornitologiche. Convinti e fiduciosi di essere prossimamente fuori dal periodo a rischio di infezioni, contiamo di rivederci – con spirito lucido e rinnovato - a partire dall’anno successivo a questo in corso. In segno augurale e di prossimità virtuale con i tanti amici, ridisegniamoli, dunque, i nostri tradizionali appuntamenti annuali, in cui fanno bella mostra di sé soggetti altamente competitivi perché sapientemente selezionati e addestrati. Ricordiamo gli attestati di stima e simpatia riscossi grazie ad importanti successi anche in esposizioni internazionali, con la conquista di vari titoli ed una presenza costante. Magnifichiamo dunque il nostro sport come amicizia, come festa ma non per questo trascuriamo la valenza tecnica, perfezionistica di esso. Lo spettacolo di eleganza, bellezza, gaiezza di canti fa parte della storia di ciascuno di noi. Funge da catalizzatore, misura il nostro tempo, i nostri ricordi, i nostri gusti. Noi amiamo il popolo alato e non rimpiangiamo le ore che ci prende. L’allevamento in ambiente controllato, poi, contribuisce alla salvaguardia di molte specie di uccelli, soprattutto di quelle in via di estinzione. Ancora vivi nei nostri ricordi i momenti emozionanti in cui numerosi volatili selvatici, recuperati e riabilitati al volo, furono restituiti alla libertà. Vittorie, sconfitte, tanti fatti e sentimenti: l’importante è che gli uccelli non vengano mai considerati privi di sensibilità e capacità di soffrire, ma siano trattati secondo le loro esigenze e rispettati, com’è diritto di ogni essere vivente. La grandezza dell’ornicoltura, il suo potere d’attrazione sono rappresentati dal far coincidere la meritocrazia con il rispetto delle norme. Quello che caratterizza un buon ornicoltore è la preparazione tecnico – scientifica unita all’intuizione, al colpo d’occhio, nonché ad una buona dose di fortuna che, naturalmente, non guasta mai. Occuparsi degli amabili pennuti con costanza, pazienza, attenzione e tempo infinito è uno stimolo per un’età biologica positiva. Il circo delle mostre ornitologiche ogni anno suscita polemiche ma cattura ugualmente l’interesse di migliaia di visitatori. E questo a prescindere dalla qualità degli uccelli

partecipanti e da quella dello spettacolo nel suo complesso. Qual è allora il segreto di tanto successo? Dette manifestazioni sono entrate nel DNA degli italiani, come la pizza. Fanno parte della storia dell’ornitofilia e del costume, ma fanno anche parte della storia di ciascuno di noi. Misurano il nostro tempo, il nostro lavoro, i nostri gusti. Ma attenzione a non fare degli “alati” un fenomeno da baraccone. Obbligati a comportamenti stereotipati, a esibizioni, diventano dei piccoli prigionieri. Davanti ai pannelli, o in ascolto dei virtuosi delle razze canterine, oltre che gli uccelli in bell’ordine mi piace guardare il pubblico e vedere come il gioco del coinvolgimento nasca subito. Se vi capita di vedere un padre e un figlio in muto raccoglimento davanti ad un volatile, vi accorgerete che in quel momento hanno la stessa età. Sia che la vostra passione per gli uccelli risulti di nuova data, oppure che li alleviate da anni, l’augurio è che non vi vengano meno la costanza e l’affetto. E che quel tanto di serenità, che viene così raramente dagli uomini, continui ad entrare in casa vostra ad opera di questi messaggeri alati. Per portare proseliti nel nostro sport bisogna partire “dal basso”, dai bambini, radici della società; devono impegnarsi la scuola, gli insegnanti, i massmedia, la F.O.I. e tanti altri affinché cresca nel nostro Paese la cultura naturalistica e in favore degli animali. L’allevamento simultaneo di più razze non permette né la perfetta selezione né un’igiene puntuale e radicale. Ricordiamo che la partecipazione, anche in veste di semplice visitatore, alle mostre è sempre consigliabile a qualsiasi allevatore, perché dà modo di fare utili esperienze e di allacciare rapporti con altri allevatori, rapporti suscettibili di ulteriori sviluppi. Agli allevatori/espositori di qualsiasi specializzazione dico: “Non pensate di vincere, né da subito né mai, la guerra della vita. La platea, tutta Vip e addetti ai lavori, è sicuramente difficile. Accontentatevi di vincere una battaglia. Anche piccola, piccolissima, ma portata fino in fondo”. Buone cose a tutti.

Lettere in Redazione

di F RANCESCO DI G IORGIO

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Attività F.O.I. Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 21 maggio 2021 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Costituzione Comitato Organizzatore del Campionato Italiano Piacenza 2021; Il CDF delibera la costituzione del Comitato Organizzatore del Campionato Italiano FOI Piacenza 2021. Il su menzionato Comitato avrà sede in Piacenza alla Via Caorsana 94, Località Le Mose, presso la Federazione Ornicoltori Italiani – Onlus ed i componenti del medesimo vengono individuati nelle persone di Sposito Antonio (Presidente), Crovace Diego (Vice-Presidente), Nunziata Giovanni (Segretario), Iannuccilli Gennaro, Soncini Davide, Badalamenti Francesco, Spadarotto Andrea Germano, Sciacca Ignazio e Benagiano Andrea (Componenti). Il Consiglio Direttivo della FOI-Onlus conferisce al Comitato, come innanzi costituito, ogni più ampio mandato, espressamente autorizzando il suo Presidente, in nome proprio e per conto della FOI-Onlus, a stipulare contratti (ed eventualmente a risolverli) con Ditte appaltatrici e/o fornitori, curare l’organizzazione generale presso i locali Fiera di Piacenza S.p.A. siti in Piacenza, Via Tirotti 11 – Loc. Le Mose, tenere rapporti con gli Enti e le Associazioni federate, accettare le iscrizioni ed i relativi pagamenti, rilasciare ricevute e quietanze, provvedere alle ordinazioni del materiale occorrente, stabilire contatti con i mezzi di comunicazione a carattere locale, nazionale ed internazionale, promuovendo tutte le iniziative utili a pubblicizzare l’evento. Il Comitato, nella persona del suo Presidente, viene altresì espressamente autorizzato all’apertura di uno o più conti correnti bancari presso Istituti di Credito di sua fiducia ed in particolare il Presidente avrà la facoltà di estendere la firma per ogni tipologia di operatività ad altro componente del Comitato medesimo. Il Comitato dovrà osservare e far osservare i regolamenti della FOI e, in accordo con quest’ultima, stipulare l’assicurazione sanitaria obbligatoria. Il Comitato avrà durata sino al 31/12/2022 e comunque fino a compimento di tutte le operazioni contabili conclusive della manifestazione e si considererà automaticamente sciolto con l’approvazione del rendiconto finale. Il Comitato è tenuto a far pervenire rendicontazione mensile delle attività svolte e delle spese sostenute alla FOI-Onlus. Il Consiglio Direttivo Federale stabilisce che ogni sopravvenienza attiva e/o passiva afferente l’attività gestionale del Comitato verrà imputata alla FOI-Onlus che, pertanto, si accollerà le eventuali perdite, così come percepirà gli eventuali utili, liberando i membri del Comitato dalle responsabilità di cui l’art. 41 del Codice Civile. Qualora si rendesse necessario sostituire uno o più membri del Comitato o modificare i patti associativi, la relativa delibera dovrà essere assunta dal CDF della FOI-Onlus. Il CDF delibera lo stanziamento a favore del Comitato Organizzatore del Campionato Italiano Piacenza 2021 la somma di euro 30.000,00 (trentamila/00) quale fondo per il sostenimento delle spese iniziali. - Il CDF, con riferimento al verbale dell’Ordine dei Giudici del 20 gennaio 2021, delibera quanto segue: - ratifica la decadenza del giudice Giuseppe Cariati in quanto non ha rinnovato l’iscrizione entro il 31 dicembre alla FOI per l’anno 2020; - ratifica la delibera 2/2021 relativa ai corsi Allievi Giudici della Federazione Albanese; - ratifica la delibera 3/2021 relativa alla modifica dell’anello per il Padda (Lonchura oryzivora), attribuendo allo stesso il diametro di 3,6 mm. e l’altezza 4,2 mm.. - Il CDF, con riferimento al verbale dell’Ordine dei Giudici del 07 febbraio 2021, delibera quanto segue: - ratifica le categorie a concorso per la stagione mostre 2021 (punto 3 all’ordine del giorno). - Il CDF, con riferimento al verbale dell’Ordine dei Giudici del 24 febbraio

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2021 (punto 2 all’ordine del giorno, delibera 7/2021 - Delibere CCTTNN – parere) delibera quanto segue: ratifica l’adozione degli standard di seguito indicati: * Standard Satiné ossidato; * Standard Isabella Jaspe singolo fattore; * Standard Nero Perla; ratifica la non giudicabilità di canarini con riflessi bluastri o incrostazioni grigiastre residui di lavaggi con detergenti azzurranti o riflessanti. ratifica, in considerazione che la positività alla lampada di Wood non costituisce più infrazione dolosa suscettibile di provvedimento disciplinare, la riformulazione del punto 13 dell’elenco dei motivi di non giudicabilità nel modo seguente: (Motivi di astensione dal giudizio particolareggiato) (…) “13. Canarini, ancorché negativi alla lampada di Wood, che presentano evidenti riflessi azzurrognoli o grigiastri ovvero evidenti tracce di colorazione azzurra residui di lavaggio con additivi azzurranti o riflessanti.”. Varie ed eventuali Il CDF, dopo aver esaminato la richiesta pervenuta via mail in data 11 aprile 2021, acquisito il parere favorevole del Direttivo dei Club di Specializzazione, delibera il riconoscimento del Club “Parrot Finches European Club”. Il CDF, acquisito il parere consultivo del Presidente di Raggruppamento Puglia/Basilicata, esaminata la documentazione a suffragio della richiesta pervenuta, verificato l’assolvimento degli oneri amministrativi, delibera l’affiliazione dell’Associazione di Promozione Sociale avente la denominazione “Associazione Ornicoltori Porta D’Oriente” con sede legale in Brindisi al Viale Francia 19/21. La Segreteria Federale provvederà all’assegnazione del codice di affiliazione nonché ad inviare alla stessa le credenziali di accesso ai sistemi informatici e l’indirizzo PEC con la relativa password. Il Club Amici dell’Ondulato e la W.B.O., con mail del 18 aprile 2021 comunicano che lo svolgimento del Campionato Mondiale W.B.O., previsto nei giorni 10-12 settembre 2021, presso Chianciano Terme, su autorizzazione della World Budgerigar Organisation, viene posticipato al 5-11 settembre 2022. Il CDF, a seguito della richiesta pervenuta in data 21 maggio 2021, delibera l’erogazione di un contributo straordinario a favore del Raggruppamento Toscana di euro 2.000,00, per la realizzazione del progetto denominato “Cresciamo insieme” con il Gruppo “I talenti autistici”. Detto Gruppo, con sede a Pisa, comprende 25 ragazzi di età compresa tra i 5 ed i 14 anni, ha ottenuto dalla Regione Toscana un’area all’interno del parco naturale denominato Tre Pini, dove sono presenti strutture immerse nel verde e dove sono stati organizzati specifici percorsi educativi per far crescere i ragazzi utilizzando le risorse ambientali ed in particolare gli animali domestici come elementi di condivisione ed integrazione. Il progetto è sostenuto anche dalla Regione Toscana. Il CDF delibera di revocare l’incarico professionale a scadenza naturale al Rag. Marco Fontanella relativamente alla consulenza contabile, fiscale e tributaria della Federazione, nel contempo affidando il predetto incarico al dott. Alberto Ferrara con studio in Pescara. Quanto innanzi senza avanzare lamentele o doglianze in ordine all’operato del Rag. Fontanella ma unicamente perché il CDF ha inteso affidare la cura del settore ad un professionista maggiormente addentrato nell’ambito del terzo settore. Il Presidente provvederà ad inoltrare formali comunicazioni ad entrambi i professionisti.




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