Italia Ornitologica, numero 6/7 2022

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVIII numero 6/7 2022

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Ondulati ed altri Psittaciformi

Il Diamante di Tanimbar

Giallo e Bianco Americano

Canarini di Forma e Posizione Lisci

Il Crest

Canarini di Colore

Il disegno del Canarino



ANNO XLVIII NUMERO 6 7 2022

sommario 3

Commissioni tecniche Giovanni Canali

Il Diamante di Tanimbar Erythrura tricolor (Vieillot, 1817)

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Ivano Mortaruolo

Meeting F.O.I. a Palermo Gennaro Iannuccilli

Allium ursinum: l’aglio selvatico commestibile Pierluigi Mengacci

Lezioni dal vivo di ornitologia Rosa Meola

Assemblea dei Soci della Maceratese Massimo Sabba

Piccola storia del vaccino contro il vaiolo in Italia Giancarlo Fraschetti e Francesco Badalamenti

Ondulati ed altri Psittaciformi

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15

39 43 48 50 51

Canarini di Forma e Posizione Lisci

9 15

Giallo e Bianco Americano Orazio Curci e Maurizio Manzoni

Il Crest Sergio Palma

Esperienze di allevamento: il Venturone sardo/corso Piercarlo Rossi

Il disegno del Canarino Giovanni Canali

Photo Show Le foto scattate dagli allevatori

I faccia gialla tipo 2 Giovanni Fogliati

Canaricoltura malinoista, tappe selettive Francesco Di Giorgio

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Estrildidi Fringillidi Ibridi

Canarini di Colore

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54 Emanuele Imparati Roberto Basso e Manuel Pavanello 55 Pensieri in libertà Alberto De Vita 58 Il collezionismo ornitologico (16ª parte) Francesco Badalamenti 60 Attività F.O.I. - Sintesi verbali C.D.F. del 18/19 marzo e 12 maggio 2022 64 Volontariato - progetti ed eventi Giuseppe Albergo

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Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 6/7 - 2022 è stato licenziato per la stampa il 30/6/2022



Editoriale

Commissioni tecniche di G IOVANNI CANALI

A

vevo da tempo preparato un articolo sulle CTN, ma ho atteso a proporlo poiché essendo vicini alle elezioni non volevo che fosse frainteso o che costituisse una sorta di interferenza inopportuna. Ora in fase più tranquilla lo porto avanti. Le commissioni tecniche sono importanti, anzi francamente necessarie. Tuttavia non sempre hanno fatto il loro dovere. Talora sono state anche commissariate. Ci sono stati anche errori che mi sono apparsi gravi. In particolare quelli commessi in passato da certe commissioni tecniche canarini di colore. Un aspetto che francamente faccio fatica a sopportare sono i compromessi, specialmente con l’estero, non a caso ne parlo spesso. A suo tempo ho duramente contestato la scelta di preferire i nero-bruni con poca feomelanina, per poi chiamarli solo neri, come se la natura si facesse prendere in giro. Poi l’errore per me inaccettabile di “bersi” gli isabella opale con il disegno, il che comporta la selezione di soggetti gravemente difettosi come tipo base. Poi c’è stato l’errore di invertire la varietà con la categoria, purtroppo più italiano che straniero. Per fortuna non mancano anche le scelte corrette come la separazione degli avorio da gialli e rossi. Il problema delle CTN, secondo me, è anche legato al fatto che sono elette e non nominate. A livello di elezioni mi è capitato in tante occasioni, anche lontane nel tempo, di sentire di tutto, sul tipo: “lo devo votare perché è un amico, lo devo votare perché è mio conterraneo, non lo voto perché è del sud oppure del nord e ce ne sono troppi ecc.…” Non parlo dei boicottaggi subiti da me poiché sarei di parte. Tuttavia capita che persone “troppo brave” vengano discriminate, come che solo “presunti super maestri” vengano mitizzati con pessime conseguenze, come pure che si apprezzino coloro che si adeguano senza problemi. Le amicizie vanno benissimo per i rapporti umani, ma per gli organi tecnico scientifici non ci si dovrebbe dimenticare che ciò che conta è la preparazione; tanto per capirci, vorreste andare (fatti adeguati scongiuri) da un dentista o da un chirurgo amico ma mediocre o da uno sconosciuto ottimo?

Quanto al collocamento geografico, bisognerebbe considerare che una certa importanza può esserci nelle scelte amministrative per rappresentare più o meno tutto il territorio, ma per gli incarichi tecnico scientifici non conta un bottone! Al limite se i membri di una commissione tecnica fossero tutti di una stessa città, ma si badi bene, i più adatti, avremmo un vantaggio per le minori spese. Un altro argomento è: se i membri delle CTN debbano essere solo giudici o anche allevatori competenti, che possano avere a loro merito ottime pubblicazioni e successi espositivi. Oggi si decide per i soli giudici. In effetti ci possono essere pro e contro. Personalmente ammetterei i non giudici, anche se non più di un membro, quando veramente altamente qualificati. Secondo me, sarebbe molto meglio che le CTN fossero nominate dalla FOI e non elette, per avere scelte più ponderate. Anche per mie esperienze personali, fuori dall’ambiente ornitologico, posso dire che di solito gli organi (tipo: commissioni, consigli di amministrazione ecc..) nominati, sono migliori di quelli eletti. Nominare un mediocre o uno scadente può comportare una evidente responsabilità, che non sussiste votando nel segreto dell’urna, se non sul piano morale. Eventualmente si potrebbe considerare una situazione mista, con un eletto dai giudici e gli altri nominati, tuttavia preferirei tutti nominati. Inoltre non si dimentichi che le CTN sono organi tecnico consultivi della federazione e non hanno capacità decisionale indipendente. Non a caso le loro proposte possono essere respinte. Poiché le CTN devono redigere gli standard, cosa tutt’altro che facile, i loro membri dovrebbero avere anche capacità di espressione sintetica e scritta, per cui sarebbe bene, se possibile, che i considerati per le CTN fossero stati, in anticipo, autori di almeno 4 o 5 pubblicazioni, non pretendo proprio ottime, ma almeno buone o discrete. Un aspetto importante è che le commissioni tecniche devono essere aperte ai contributi esterni. La chiusura certo non paga. Non tutti i bravi tecnici fanno parte delle commissioni e neppure a maggior ragione tutti gli ornitologi. Consultarsi non è un modo per perdere autorevolezza; l’autorevolezza si perde commettendo errori, specialmente se evitabili previa consultazione.

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Editoriale I diversi pareri sono importanti specie se autorevoli. Nel campo del diritto spesso sui testi si apprende che una certa norma viene interpretata in modi diversi, talora si dice che un certo autore sostiene una tesi ed un altro un’altra, in alcuni casi si dice che la giurisprudenza (le sentenze) è orientata in un certo modo e la dottrina in un altro (la dottrina sono i dotti, cioè i giuristi più illustri), oppure ancora che ci sono contrasti giurisprudenziali. Anche in campo scientifico e tecnico, quando una cosa non è accertata ci possono essere opinioni diverse e contrasti fra i vari scienziati e tecnici. Semmai in campo scientifico c’è il vantaggio che se un fatto è dimostrato non vi è più spazio per l’opinione. Di conseguenza le scoperte sono tali, punto e basta, mentre le teorie, per quanto autorevoli, sono opinabili, certo su basi logiche e non fantasiose. L’importante è che le dimostrazioni siano veramente tali ed inoppugnabili. A volte accade che dati sperimentali vengano confutati con altri dati più puntuali. Insomma prima di esprimersi è bene valutare ogni aspetto e consultare non solo la letteratura ma anche gli studiosi del settore. Per quanto mi riguarda, non perdo tempo con la modestia, che troppo spesso è falsa modestia e può anche infastidire, ma pratico l’umiltà e la prudenza, quindi prima di esprimermi uso consultare tutta la letteratura di cui dispongo

Sessione esami giudici, foto Archivio F.O.I.

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sull’argomento che intendo trattare, valuto ogni aspetto reale, ponendomi anche le valutazioni conseguenziali (spesso noto che mancano), non solo ma mi consulto con ornitologi e tecnici che stimo. C’è in effetti un piccolo gruppo di persone molto preparate alle quali mi rivolgo per un parere e non mi vergogno affatto, se del caso, di correggere o migliorare qualcosa, mi vergognerei se commettessi un errore evitabile. Per quanto concerne gli errori, che fanno parte della natura umana, non si può pretendere di eliminarli del tutto. Lo dico pur essendo un perfezionista tremendo; certo bisogna cercare di ridurli il più possibile, ma poiché possono capitare, non bisogna commettere un ulteriore errore imperdonabile, difendendo l’indifendibile. L’errore va riconosciuto e corretto. Si tenga anche presente che se un errore venisse corretto da chi lo ha commesso, senza che altri lo abbiano rilevato, praticamente cesserebbe di essere tale. Di conseguenza l’autocritica è utilissima. Questo discorso vale sia per i singoli che per i gruppi, vale a dire anche per le commissioni tecniche. I membri di tali commissioni non devono mai dimenticare che uno standard errato induce a selezioni errate, con le conseguenze pessime che ben possiamo immaginare e vedere. In conclusione auguro alle CTN un ottimo lavoro e come sempre mi metto volentieri a disposizione.


ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il Diamante di Tanimbar Erythrura tricolor (Vieillot, 1817) Brevi considerazioni nomenclaturali e tassonomiche testo di IVANO MORTARUOLO, FOTO I. MORTARUOLO, V. FERRARA e AUTORI VARI

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e si ripercorre l’iter della storia tassonomica del Diamante di Tanimbar Erythrura tricolor, nel tratto iniziale si incontra l’ornitologo francese Louis Jean Pierre Vieillot (1748-1831). Questi, grazie ai suoi studi e osservazioni ( per buona parte dal vivo) effettuati durante vari viaggi, fu in grado di scrivere un rile-

Louis Jean Pierre Vieillot fu in grado di scrivere un rilevante numero di opere sull’avifauna europea, africana, americana e dei Caraibi

vante numero di opere sull’avifauna europea, africana, americana e dei Caraibi, caratterizzandosi anche per l’istituzione di cinquantasette famiglie e di duecentosettantatre generi ( ventisei dei quali tuttora adottati) e per aver descritto trecentoottantasette nuove specie ( trentadue delle quali ancora oggi ritenute valide).

Maschio di Diamante di Tanimbar. Foto e allevamento di Ivano Mortaruolo

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ginario dell’isola di Timor e che in Europa non sono ancora giunti soggetti vivi. Nella descrizione del fenotipo viene rilevato che solo il groppone è interessato dal rosso (caratteristica questa presente anche nell’ornitografia), mentre in realtà questa cromia coinvolge anche la coda e il sopracoda. Lo scritto termina con la frase Communiqué par M. Bécoeur , e ciò lascia supporre che costui abbia fornito le necessarie informazioni per la presentazione del volatile. Riportando il discorso al Nouveau Dictionnaire d’Histoire Naturelle, va rilevato che al Diamante di Tanimbar viene attribuito il nome scientifico di Fringilla tricolor, ma l’autore fornisce nuovamente l’inesatta informazione Femmina di Diamante di Tanimbar (mutazione avorio). Foto e allevamento di Vittorio Ferrara sulla cromia del volatile, errore che ripeterà anche in una successiva pubblicazione. Tuttavia, come evidenzia Tommaso Salvadori (1835-1923) nella Purtroppo, a tale impegno non fece Nel 1805 venne infatti dato alle sua pubblicazione “Aggiunte alla Orseguito un adeguato riconoscimento stampe Histoire Naturelle des plus benitologia della Papuasia e delle Moda parte del mondo scientifico di alaux Oiseaux Chanteur de la Zone Torlucche” (1889, I parte), le inesattezze lora, e in Georges Cuvier (1769-1832) ride, per i tipi di J.E. Dufour (Parigi). Il non finirono qui. Difatti, Henrich Gote Coenraad Jacob Temminck (1778maschio dell’uccello chiamato L’Azutlieb Ludwig Reichenbach (17931858) conobbe i suoi detrattori. vert viene descritto a pagina 43 e raf1879), prendendo per buona la deQuest’ ultimo fu particolarmente figurato nella tavola numero XX. Il scrizione proposta dal Vieillot, ebbe acerrimo, accusando il nostro di ignoVieillot evidenzia che il volatile è oriparole di disapprovazione quando rare i risultati ottenuti dagli studi illustri ornitologi come Carlo Luornitologici in lingua tedesca e di ciano Bonapate (1803-1857) e Guattribuirsi nomenclature pressostav Hartlaub (1814-1900) indicaché simili a quelle esistenti (effetrono giustamente che anche la tuando anche lievi cambiamenti di coda del pennuto era rossa. lettere) o, addirittura, di utilizzare Di ulteriore interesse tassonomico termini scientifici senza evidensi rivela la suddetta denominaziarne l’altrui paternità. zione di Fringilla tricolor, perché Ma al di là di queste “sventure orgià adottata ottantasei anni prima nitologiche”, che peraltro furono dal naturalista inglese Mark Caminori di quelle famigliari e pertesby (1683-1749) che, nella sua sonali ( sua moglie e le tre figlie opera bilingue ( inglese e franmorirono di febbre gialla durante cese) The Natural History of Cail viaggio da Santo Domingo a Borrolina, Florida and Bahama Isdeaux e, come se non bastasse, lands (1731, volume I, visse i suoi ultimi anni in povertà ornitografia e pagina 44), dee morì cieco), Vieillot ebbe anche scrisse il Papa della Luisiana (l’atil merito di aver descritto per la tuale denominazione scientifico è prima volta il Diamante di TanimPasserina ciris) come, appunto, bar. Fringilla tricolor e utilizzò i nomi In verità, molto prima della pubvolgari di Painted Finch e Pinçon blicazione dell’opera presa in conde trois couleurs. siderazione dai tassonomisti, vale La descrizione del Catesby fu suca dire il Nouveau Dictionnaire d’- Ornitografia riproducente il Diamante di Tanimbar, tratta dall’opera cessivamente utilizzata da Carlo Histoire Naturelle (1817, volume Histoire Naturelle des plus beaux Oiseaux Chanteur de la Zone Torride Linneo (1707-1778) nel 1766 (SyXII, pag. 233), l’autore aveva già (1805) di Louis Jean Pierre Vieillot (1748-1831). Fonte iconografica: stema Naturae, ed. XII, vol.I, pag. segnalato il volatile in questione. Biodiversity Heritage Library

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323), quando ascrisse questo splendido passeriforme americano al genere Emberiza e conferendogli, così, il nome scientifico di Emberiza ciris. Dunque, il Viellot verosimilmente sapeva che la denominazione da lui proposta per il Diamante di Tanimbar era già stata utilizzata...e pertanto sorge il sospetto che le accuse del Temminck potrebbero contenere un frammento di verità. Sta di fatto che, si dovette arrivare al 1850 e agli anni immediatamente successivi per ottenere un diffuso orientamento tassonimico che approdasse all’attuale nome scientifico di Erythrura tricolor. A titolo di esempio, segnalo tre illustri ornitologi e le opere in cui è espressa tale posizione classificatoria: Carlo Luciano Bonaparte (1803-1857)- Conspectus generum avium, 1850, pag. 457;Gustavo Hartlaub (1814-1900) - Proceedings of the Zoological Society of London , 1858, parte XXVI, pag. 461; Wallace Alfred Russel (1823-1913)- Proceeding of the scientfic meeting of the Zoological Society of London, 1863, pag.486). Vi furono, naturalmente, anche altre iniziative nomenclaturali e/o tassonomiche, che però non ebbero un convinto accoglimento da parte del mondo scientifico. Una proposta tuttavia trovò particolare seguito e, quindi, merita un approfondimento. Il protagonista è il biologo e zoologo Richard Bowdler Sharpe (18471909),che per trentasette anni lavorò al British Museum di Londra, occupandosi sempre di uccelli e ricoprendo per lungo tempo l’incarico di direttore della collezione ornitologica. Ebbe il merito di scrivere undici dei ventisette volumi (dati alle stampe dal 1874 al 1898) del Catalogue of Birds in the British Museum, e fu anche autore di oltre quattrocento pubblicazioni e della descrizione di duecento nuove specie. Non trascurabile è poi l’incremento che la suddetta col-

Pagina 44 dell’opera The Natural History of Carolina, Florida and Bahama Islands (volume I, 1731), scritta dal naturalista inglese Mark Catesby (16831749). L’autore, nel descrivere il volatile, attualmente noto in lingua italiana come il Papa della Luisiana (Passerina ciris), gli attribuì la denominazione scientifica di Fringilla tricolor. Fonte iconografica: Biodiversity Heritage Library

Richard Bowdler Sharpe (1847-1909). Nel 1890 propose per il Diamante di Tanimbar il nome scientifico di Erythrura forbesi. Fu un personaggio molto fecondo sia scientificamente sia “dal punto di vista riproduttivo” (ebbe dieci figlie, gran parte delle quali si specializzò nella raffigurazione degli uccelli). Fonte iconografica: Wikipedia.

lezione ebbe durante la sua gestione: dagli iniziali trentacinquemila specimens si arrivò a ben mezzo milione! Per quanto riguarda l’iniziativa che interessa questa trattazione, Sharpe credette di aver scoperto una nuova specie ascrivibile al genere Erythrura. Fu così che descrisse sul Catalogue of Birds in the British Museum (1890, vol. XIII, pag. 387) l’Erythrura forbesi: un taxon che, secondo l’autore, era molto simile all’ Erythrura tricolor, ma che da questa si differenziava per la parte posteriore della testa, interamente verde come il dorso, senza però alcuna sfumatura di blu sulla testa, dorso e ali. Sono incline a credere che Sharpe, nel consegnare alla storia dell’ornitologia tale volatile, sia stato influenzato, ovviamente, dall’esame visivo del sogetto tassidermizzato che costituisce il tipus (un maschio adulto), ma che determinante sia stata la notizia della relativa cattura avvenuta a Loetoer, località delle Isole di Tanimbar ( locus typicus). Per molto tempo si era infatti creduto che il volatile in questione fosse endemico dell’isola Timor; e si deve all’esploratore e ornitologo Henry Ogg Forbes (1851-1932) la segnalazione di questa specie anche nelle Isole di Tanimbar (località Loetoer), a cui attribuì l’errato nome scientifico di Erythrura trichroa ( Proceeding of the scientfic meeting of the Zoological Society of London, 1884, pag.433). Tuttavia, successive esplorazioni di altri zoologi rivelarono la presenza del volatile pure in altre isole di tale arcipelago e in prossimità di Timor. Detto diversamente, Sharpe ha proposto una classificazione basata in buona parte sulle aree di distribuzione: l’Erythrura tricolor nell’isola di Timor e l’Erythrura forbesi nell’arcipelago di Tanimbar. In realtà si tratta di un’ unica specie, peraltro monotipica, le cui espressioni cromatiche non sempre sono riconducibili all’una o all’altra delle due prefate unità geografiche.

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Nonostante ciò, l’autorevolezza dello Sharpe è stata in grado di condizionare, all’inizio del secolo scorso, l’orientamento tassonomico di due pregevoli ornitologi, che nei loro scritti adottarono in vario modo la nomenclatura di Erythrura forbesi: Carl Eduard Hellmayr (18781944) – Zoologie von Timor, 1914, pag.62; Ernest Hartert (1859-1933) – Novitates Zoologicae,1904, vol. XI, pag. 217. Colgo l’occasione per rilevare che lo Sharpe ha indirettamente influenzato anche la lingua inglese: questo uccello viene infatti chiamato pure Forbes Parrot Finch. Giova anche evidenziare che l’epiteto forbesi sta a significare “del signor Forbes”, vale a dire il nome del suddetto esploratore-ornitologo che fornì lo specimen e le relative sommarie informazioni. Tra quest’ultimo e Sharpe sorse un rapporto di colla-

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L’epiteto forbesi sta a significare “del signor Forbes”, vale a dire il nome del suddetto esploratore-ornitologo che fornì lo specimen

borazione e stima, che spinse il nostro a descrivere col nome di Rallina forbesi(1) anche un Rallide delle foreste della Nuova Guinea. Concludo questa breve nota segnalando gli altri sinonimi attribuiti al Diamante di Tanimbar: Fringilla sylvestris, Coenraad Jacob Temminck (1778-1858); Diacmura (2) tricolor, Heinrich Gottlieb Ludwig Reichenbach ( 17931879);

Amadina tricolor, Wallace Alfred Russel (1823-1913). Ricerca effettuata per conto del Parrot Finches European Club

NOTE (1) Il nome specifico (o sottospecifico) forbesi è stato più volte utilizzato, ma riferito a diversi studiosi con eguale cognome. Propongo alcuni esempi: il Fringuello occhiali neri Atlapetes forbesi è stato dedicato a Victor Courternay Walter Forbes (18891958); l’Amaranto becconero Lagonosticta rara forbesi è stato dedicato a William Alexander Forbes (1855-1883); il Cappuccino della Nuova Irlanda Lonchura forbesi è stato dedicato a Henry Ogg Forbes (18511932). (2) Diacmura. Questo nome generico ha un’etimologia di derivazione greca: dis= doppia, akmē=punta e oura=coda. Proprio per evidenziare la presenza nel Diamante di Tanimbar di due timoniere centrali che emergono leggermente rispetto alle altre.


ONDULATI ED ALTRI PSITTACIFORMI

Forpus coelestis

Giallo e Bianco Americano

Delle sette specie appartenenti al genere Forpus è senz’altro il più apprezzato ed allevato dagli ornicoltori di tutto il mondo, grazie ai bellissimi ed eleganti colori che lo contraddistinguono

testo di ORAZIO CURCI e MAURIZIO MANZONI, foto ROMOLO SCREPANTI e DAVIDE TORNATORE

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l Forpus coelestis, scoperto e descritto nel 1847 dal naturalista francese René Primevère Lesson nelle zone comprese tra la Cordigliera delle Ande e l’Oceano Pacifico dell’Ecuador e del Perù, con i suoi 1213 centimetri di lunghezza è uno dei più piccoli pappagalli esistenti. Delle sette specie appartenenti al genere Forpus è senz’altro il più apprezzato ed allevato dagli ornicoltori di tutto il mondo, grazie ai bellissimi ed eleganti colori che lo contraddistinguono: dorso e copritrici alari di un grigio-verde pieno, maschera di un bel verde chiaro e luminoso con banda blu dietro l’occhio, parte posteriore della testa e del collo grigioblu, petto e addome verde leggermente velato di grigio, remiganti primarie verdi, secondarie blu violaceo come anche il codrione, timoniere verde acquamarina; nella femmina il blu è del tutto assente. Questa sua diffusione è probabilmente dovuta anche alla taglia minuta, alla grande prolificità ed al chiaro dimorfismo sessuale. L’allevamento in ambiente protetto, da ormai diversi decenni, ha consentito di creare e selezionare un gran numero di mutazioni di colore, alcune delle quali spettacolari. Tra queste spicca senz’altro quella conosciuta con il nome di “Giallo Americano” e, per analogia, il “Bianco Americano” quando in combinazione con la mutazione Blu.

Maschio tipo selvatico

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minarle in base alle loro caratteristiche genetiche. Ma probabilmente il vero motivo per cui gli è stato dato il nome di Giallo Americano fu quello di distinguerlo dal cosiddetto Giallo Europeo (European Yellow), una mutazione già presente negli allevamenti europei, di fatto un Pastello con una riduzione dell’eumelanina del piumaggio di circa il 50%, totalmente diverso dalla nuova mutazione apparsa nel Midwest. Vale la pena precisare che le varie specie di pappagalli condividono oltre il 90% del loro DNA, questo comporta che tra le diverse specie spesso compaiono le stesse mutazioni. L’esperienza di allevamento ha dimostrato inoltre che alcune mutazioni alleliche fra loro (alleli alternativi dello stesso locus) restano tali anche in specie diverse. Così, ad esempio, in quelle specie ove è presente la mutazione Ino non sesso legata questa è sempre allelica al pastello, come sono sempre alleliche la mutazione

Femmina tipo selvatico

L’enigma “AMERICANO” Sul finire degli anni ‘80 del secolo scorso (fonti attendibili fissano la data al 1989) in un non meglio identificato allevamento del Midwest (regione centro settentrionale degli Stati Uniti, comprendente 12 stati, incluso la regione dei Grandi Laghi e confinante a Nord con il Canada) comparvero i primi Forpus coelestis Gialli, generati da una coppia di tipo selvatico, non mutata. La mutazione fu subito molto apprezzata dagli allevatori per la sua colorazione appariscente ma dai gradevoli contrasti di colore. Grazie ad un allevatore esperto, che acquistò alcuni di questi soggetti, fu possibile determinare in breve tempo che ereditariamente si trattava di una mutazione autosomico recessivo. Consuetudine dell’epoca era quella di denominare le mutazioni in base alla loro origine geografica e pertanto fu chiamata Giallo Americano (“American Yellow” e come detto, quando in combinazione con il Blu, Bianco Americano). Oggi, anche a livello internazionale, si cerca di deno-

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Maschio giallo americano


Blu con le mutazioni para-Blu (avorio o acqua e turchese). Negli anni a seguire sono stati fatti molteplici tentativi per cercare di dare una precisa collocazione genetica alla nuova mutazione e quindi denominarla più correttamente che non quella del luogo di origine, ma a tutt’oggi non sembra che ci siano analogie con mutazioni conosciute. Naturalmente la prima ad essere scartata fu l’Ino in quanto i nuovi fenotipi hanno tutti gli occhi neri e non rossi tipici delle forme di albinismo. Non è neanche una forma di Pastello che, come abbiamo detto, riduce l’eumelanina di circa il 50%, in quanto il Pastello è allelico all’Ino autosomico (non sesso legato). Infatti dagli accoppiamenti con quest’ultima sono nati solo soggetti di colore del tipo selvatico, che non presentavano la tipica co-dominanza dei soggetti eterozigoti per i due alleli alternativi del medesimo locus. Per lo stesso motivo è stato escluso il DEC (acronimo dell’inglese Dark Eyed Clear ovvero Chiaro dagli occhi scuri) che, quando non è una combinazione di mutazioni tra Pezzato recessivo e Pezzato dominante, come avviene ad esempio per il Melopsittacus undulatus o l’Agapornis roseicollis, ma una singola specifica mutazione come è negli Agapornis del cosiddetto gruppo degli “Occhi cerchiati” (fischeri, personatus, lilianae, nigrigenis) la stessa è allelica all’Ino autosomico presente nel gruppo. Non sembrerebbe neanche un Diluito tipico che, nel gruppo degli Agapornis ad occhi cerchiati, riduce uniformemente su tutto il piumaggio l’eumelanina di circa l’85-90% ed occupa un locus a sé stante. Infatti, nel Forpus coelestis, la riduzione non è la stessa per le parti blu, tipiche del maschio, che sono ridotte solo del 30-40%. Tuttavia, quest’ultima mutazione, sembra fenotipicamente la più somigliante, sia pure con l’anomalia della riduzione di eumelanina del maschio nelle aree blu che restano poco o quasi del tutto non diluite. Al fine di evitare alla mutazione il nome del luogo di origine, alcune organizzazioni internazionali hanno

proposto di denominarla “Yellam”, che peraltro non cambia nulla rispetto ad “American Yellow”. Infatti, Yellam è privo di significato in inglese (in un inglese americanizzato potrebbe essere tradotto con il termine “Urlo” che nulla ha a che vedere con le caratteristiche genetiche della mutazione), ma è semplicemente l’associazione delle iniziali delle parole Yellow e american. In attesa quindi di trovargli una collocazione genetica appropriata, anche se riteniamo che possa essere un Diluito “sui generis”, continueremo a chiamarlo Giallo Americano e Bianco Americano quando combinato con il Blu.

Descrizione del fenotipo “GIALLO” (Giallo americano) MASCHIO – Fronte, guance e calotta gialle velate di verde molto chiaro; dietro l’occhio parte una linea ben demarcata di colore blu tenue che sfuma ai lati delle guance. L’occipite ed il collo sono gialli sfumati di blu. Il dorso e le scapole sono gialli velati di verde molto chiaro e con evidente velatura grigia più scura che nel petto. Il petto, il ventre ed i fianchi sono gialli velati di verde tenue di una tonalità più chiara del dorso con leggerissime soffusioni grigie. Groppone, codrione e sotto ala, nella parte ascellare sono cobalto viola tenue. Sottocoda giallo intenso velato di

Maschio giallo americano

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verde. Grandi copritrici e copritrici primarie cobalto viola. Remiganti primarie giallo pallido con vessillo esterno velato di bianco crema, interno crema con leggera velatura grigia, le secondarie sono completamente cobalto viola. Timoniere centrali e laterali gialle con riflessi verdi. Becco corneo. Iride marrone scuro con pupilla nera. Zampe e dita carnicine, unghie color corno chiaro. FEMMINA – Differisce dal maschio per il colore del dorso giallo brillante con mancanza delle soffusioni grigie. Il petto, il ventre e l’addome sono gialli. Tutte le zone a colorazione cobalto viola sono sostituite da un acceso giallo brillante.

Maschio bianco americano

Femmina giallo americano

La Femmina del giallo americano differisce dal maschio per il colore del dorso giallo brillante con mancanza delle soffusioni grigie

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“BIANCO” (Giallo americano in combinazione con il Blu) MASCHIO – Fronte, guance, gola e calotta azzurro molto chiaro; dietro l’occhio parte una linea ben demarcata di colore blu tenue che sfuma ai lati delle guance. L’occipite ed il collo bianchi velati di grigioblu. Il dorso e le scapole sono bianchi con velatura grigioblu. Il petto, il ventre ed i fianchi sono bianchi con leggerissima soffusione grigioblu di una tonalità più chiara del dorso. Groppone, codrione e sotto ala, nella parte ascellare sono blu cobalto tenue. Grandi copritrici e copritrici primarie blu cobalto scuro tenue. Sottocoda bianco con velatura blu cobalto leggera. Remiganti primarie bianche velate di grigio tenue, le secondarie blu cobalto chiaro. Timoniere centrali e laterali bianche con riflessi azzurro tenue. Becco corneo. Iride marrone scuro con pupilla nera. Zampe e dita carnicine, unghie color corno chiaro. FEMMINA – Dorso, petto, ventre e addome bianchi con mancanza delle soffusioni grigie. Fronte, guance, gola

e calotta bianchi velati di un celeste molto pallido. Tutte le zone a colorazione blu e cobalto sono sostituite dal bianco.

Femmina Bianco Americano


Accoppiamenti possibili Essendo una mutazione autosomica le aspettative degli accoppiamenti non dipendono dal sesso dei riproduttori,

invertendo il genotipo tra maschio e femmina i risultati non cambiano.

MASCHIO

FEMMINA

PROLE

Verde

Giallo Americano

100% VERDE / giallo americano

Verde

VERDE / giallo americano

50% VERDE 50% VERDE / giallo americano 25% VERDE VERDE / giallo americano

VERDE / giallo americano

50% VERDE / giallo americano 25% GIALLO AMERICANO 50% VERDE / giallo americano

VERDE / giallo americano

Giallo Americano 50% GIALLO AMERICANO

Giallo Americano

Giallo Americano

100% GIALLO AMERICANO

Naturalmente tutte le risultanze di cui sopra sono perfettamente valide anche per il BIANCO AMERICANO, trattandosi di un GIALLO AMERICANO in combinazione con il BLU, che va quindi a sostituire il VERDE nello schema.

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CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI

Il Crest testo di SERGIO PALMA, foto S. GIANNETTI, Volume CANARY STANDARDS IN COLOUR e MURAY ILGAZ

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l Crest – Crest Bred è una razza molto antica e un tempo molto allevata. Originariamente era conosciuta dagli appassionati come Turn-crown (Corona tonda) o Turn-crest (Cresta intorno). L’ornamento della testa che tanto caratterizza questa Razza dovrebbe essere apparso durante il XVIII secolo, presumibilmente tra il 1713 ed il 1793; questo si deduce da un testo pubblicato appunto in prima edizione nel 1713, quando non venne menzionato nell’elenco delle Razze di Canarini di Hervieux, mentre nel 1793 fu aggiunto a tale elenco nella Histoire Naturelle di Georges-Louis Leclerc de Buffon, nel quale testo la razza ebbe la prima men-

Crested, foto: S. Giannetti

zione. Buffon, matematico e naturalista oltre che biologo, collezionò piante ed animali per poterli catalogare introducendo un nuovo metodo di classificazione detto bi-nominale, successivamente migliorato da Carl Linnaeus. Tale caratteristica, all’epoca insolita, fece chiaramente breccia negli allevatori di quel tempo tanto che entro la metà del diciannovesimo secolo il ciuffo fu inserito in altre razze, all’epoca molto popolari, come il Norwich, il Lancashire ed i comuni canarini (sassoni), ma anche nei Rollers tedeschi dai quali si presuppone derivino gli attuali Ciuffati Tedeschi. In alcuni di questi è persistito come una caratteristica consoli-

data fino ai giorni nostri, in altri invece è scomparso, come nel Norwich. In Gran Bretagna il Crest aveva ottenuto un grande seguito a metà del periodo Vittoriano, quando un gran numero di allevatori che allevavano l’allora famosissimo canarino di Norwich passò ad allevare i Crest o, per meglio dire, ad inserire il ciuffo nel proprio ceppo di Norwich. Quindi, per molti anni esistettero il Norwich Plainhead e il Norwich Crested, che nelle illustrazioni dei vecchi libri di canarini erano raffigurati identici, tranne che per la presenza o l’assenza del ciuffo. Come tutti gli esseri viventi anche le razze di canarini, nel bene o nel male, subiscono delle

Crest Bred, foto: S. Giannetti

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Immagine tratta da: Canary Standards in coulor

evoluzioni e negli sforzi fatti per migliorare la taglia e lo sviluppo del ciuffo furono fortemente limitanti relegando la selezione all’interno della stessa razza del Norwich dove, fino a quel momento, grande enfasi era posta soprattutto sulla qualità del colore e del piumaggio. Nuovo sangue fu quindi immesso meticciandolo con il Lancashire Coppy

Immagine tratta da: Canary Standards in coulor

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(ciuffato) che era un uccello molto grande, lungo circa 20 centimetri, piuttosto grossolano nella qualità del piumaggio, ma con una lunghezza notevolmente migliore e con il ciuffo che si irradiava bene sopra il becco e gli occhi. Il primo esempio di questo meticciamento fu esibito nel 1879 a Norwich. Tuttavia, era chiaro a molti che il ciuffo fosse stato sostanzialmente migliorato in questi uccelli, sebbene la conformazione corporea fosse del tutto diversa da quella approvata dagli allevatori di Norwich. Non passò molto tempo prima che molti altri uccelli del nuovo tipo venissero esposti, e così arrivò la definitiva separazione dal Norwich, poiché il vecchio canarino Norwich Ciuffato era stato superato. I “nuovi” canarini, infatti, cambiarono nome e a loro fu assegnato quello di Crested Canaries, anche se le vecchie abitudini sono dure a morire, specialmente nei popoli conservatori, e molte persone continuarono ancora a chiamarli Crested Norwich per molti anni. Nel suo periodo di massimo splendore, il Crest ha avuto un enorme seguito ed è diventata una delle principali razze esposte nelle mostre. Allora come ora, la mania per questi canarini fa lievitare i prezzi, che sono ancora tra i più alti

tra tutti i canarini, anche quando la qualità degli uccelli non è eccezionale. Sfortunatamente, questo ha avuto un effetto negativo, costringendo molti appassionati meno abbienti ad abbandonare l’hobby e, nel corso degli anni, il Crest ha iniziato a perdere di popolarità. Questo declino è continuato fino ai giorni nostri, tanto che il Canarino Crest è ora solo una razza minoritaria nelle mani di relativamente pochi allevatori. Fortunatamente, ci sono sempre alcuni allevatori che sono pronti a perseverare ed allevare le razze minoritarie; tuttavia, al momento credo che ci siano chiari segni di ripresa in quanto, dopo il momento più basso del suo declino, stanno ricomparendo nelle mostre ornitologiche anche grazie al lavoro che il Club del Crest sta facendo. In tutte le razze ciuffate esistono anche i partner senza ciuffo; la nomenclatura varia da razza a razza, ma in questo caso gli uccelli ciuffati sono abbastanza razionalmente chiamati “crested” e i testa liscia sono conosciuti come “crestbred”. A parte l’evidente differenza nelle proprietà della testa, la conformazione corporea, o diciamo tipo di base, è esattamente la stessa che, in apparenza generale, dovrebbe essere qualcosa di simile a quella di un Norwich allungato. Gli uccelli dovrebbero avere una testa larga, con una profondità dalla base del becco alla base del cranio capace di far intravedere una piattaforma leggermente arrotondata, il collo ben piantato e pieno anche se visibile e un corpo potente e vigoroso che evidenzia un largo e profondo dorso attraverso il petto. Si posiziona ad un angolo abbastanza basso (circa 40°) sul posatoio ed ha zampe corte, ben arretrate e forti. La lunghezza generale del piumaggio che possiedono i Crest ciuffati tende a produrre ali e coda anch’esse lunghe, sebbene lo standard li incoraggi a mantenersi il più compatti possibile e, come la maggior parte delle altre razze, dovrebbero essere tenuti in modo ordinato. In questa razza, ovviamente, è il ciuffo la caratteristica primaria e si dice spesso che un giudice non debba guardare nient’altro! In linea di massima questo è vero; infatti, gli sono stati attribuiti ben 45 punti ed è solo quando


ci sono due soggetti di valore assolutamente uguale per quanto riguarda il loro ciuffo che si passa alla scelta secondo le altre voci; si precisa che un buon ciuffo, formato da piume larghe e abbastanza lunghe da essere cadenti, è anche sinonimo di buon piumaggio. Bisogna precisare che il ciuffo, anche se grande, non può essere di esagerate dimensioni e deve essere di forma circolare se visto dall’alto. Come dicevo sopra, il ciuffo è composto da un cerchio di piume che si irradia da un piccolo centro posto sulla sommità della testa e dovrebbe essere composto da una profusione di piume larghe e lunghe che ricadono ordinatamente sul becco, sugli occhi e sulla nuca. I vecchi Maestri dicevano, circa questo particolare, che il ciuffo del Crest deve ricordare una margherita. Se le piume sono troppo corte, tendono a produrre un ciuffo piatto che, sebbene tollerato, sarà sempre inferiore alla forma più grande e cadente. In quella caratteristica spettacolare come il ciuffo, i difetti tendono naturalmente ad essere numerosi ed in primo luogo difetti di forma, come quando il ciuffo, invece di essere circolare, è allungato e di forma ovale o con piume corte che si reggono dritte senza adagiarsi, oppure se stringe sulla parte del becco, tanto da sembrare uno scudo e, nei casi più gravi, addirittura quasi triangolare, oppure con un centro che invece di essere un puntino traccia una piccola linea parallela al becco. Inutile dire che tali deviazioni dalla forma ideale circolare sono in partenza perdenti in eventuali competizioni; può anche essere difettosa la frangia del ciuffo, che dovrebbe essere ben riempita e irradiarsi uniformemente tutt’intorno da un centro piccolo e netto ed invece risulta sfrangiata. Il centro del ciuffo dovrebbe essere chiaramente distinguibile, ma non dovrebbe lasciare intravedere la pelle, chiaro segno di spiumatura manuale. Le piume del ciuffo dovrebbero quindi giacere ordinatamente e in modo regolare tutt’intorno come i raggi di una ruota, senza spaccature né rotture in alcun punto del cerchio. Altri difetti possono presentarsi sotto forma di ciuffi indisciplinati, o “cornetti” di penne sporgenti e fuori posto che chiaramente spezzano

Cret bred, foto: M. Ilgaz

Il primo esempio di questo meticciamento fu esibito nel 1879 a Norwich

le volute uniformità del contorno. Infine, le piume devono essere sempre larghe e di forma frondosa, mai sottili e a forma di pelo; a tal proposito, mi meraviglio di come alcuni allevatori, specialmente stranieri, esibiscano le teste dei loro beniamini con delle piume filiformi pensando che questo sia un pregio. Passando all’altra metà della razza, cioè i Crest-bred, anch’essi dovrebbero avere la testa ricoperta da abbondanti frange lunghe e larghe in cui, partendo dalla base della parte superiore del becco, le piume passeranno sulla sommità del capo nel modo consueto ma, essendo di tale lunghezza, se capovolte con una matita, raggiungeranno la punta del becco, o addirittura andranno oltre questo. A causa di questa lunghezza, le piume della testa del Crest-bred tendono a pendere ai lati, sugli occhi, spesso coprendoli e producendo un aspetto un po’ accigliato, o imbronciato, un buon punto di partenza

per un canarino da esporre. Oggi, a causa della tendenza a selezionare la grandezza del canarino, si opta per l’allevamento di soggetti melanici nel tentativo di sostenere le lunghe piume ed evitare l’insorgere di lumps. È difficile vedere canarini ciuffati dal corpo chiaro con un ciuffo scuro, che è forse anche più attraente; uccelli dal corpo chiaro che possiedono non solo un ciuffo scuro ma anche ali uniformemente composte sono una chimera. Si deve affermare, tuttavia, che le pezzature, di per sé, per quanto attraenti, non hanno alcun vantaggio particolare e un uccello molto variegato o verde dal buon tipo si preferisce sempre ad un esemplare perfettamente pezzato ma carente nei fondamentali della razza; d’altronde, sono Canarini di forma e posizione e non di colore. C’è da sottolineare l’importanza delle cosiddette piume di gallo che denotano un buon piumaggio; sono le piume che dalla zona caudale fuoriescono pendendo da entrambi i lati e che altro non sono che le copritrici primarie della coda, generalmente in misura di tre per lato. Concludendo, e dando a Cesare quel che è suo, devo dire che di Crested lipocromici o con la maggior parte del corpo chiaro, da quando il Club Italiano Crested è in attività, se ne vedono di più.

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Esperienze di allevamento: il Venturone sardo/corso testo PIERCARLO ROSSI ed ALESSIO PINTUS foto AUTORI VARI

I

l Venturone corso (Carduelis corsicana) è un passeriforme di piccole dimensioni; infatti, la lunghezza è circa di 12-13 cm, con un’apertura alare di 24 cm. Il piumaggio nuziale del maschio, in estate, presenta la testa grigiastra con riflessi azzurrognoli ed una mascherina gialla discretamente estesa; le guance sono anch’esse di colore giallo infiltrate di verde ed il collo è grigio-blu con delle sfumature bianche. Il becco è conico con una colorazione marrone scuro e la punta nera, discretamente robusto. La gola e il mento sono giallo dorati. Il dorso ha una colorazione marrone rossiccio, con delle strie longitudinali più scure; il ventre e la zona sottocaudale è di colore giallo/verdastro. Le ali lunghe, segno di grande volatore, presentano due bande gialle, su base nera, la coda è lunga e biforcuta di colore bruno/nerastra. Le zampe sono scure. Il piumaggio eclissale ha una colorazione meno accesa, con tinte color pastello e striature poco evidenti. La femmina adulta ha una colorazione più brunastra e meno brillante rispetto al maschio. Ha la testa grigia leggermente striata di bruno; inoltre, la mascherina, gialla, risulta essere meno estesa; il mantello è bruno-rossiccio con

La femmina adulta ha una colorazione più brunastra e meno brillante rispetto al maschio

Dipinto di Venturone sardo corso

sfumature verdi e striature scure. Le parti inferiori sono meno brillanti sfumate di grigio e marrone. Gli individui giovani hanno il dorso bruno con striature nere mentre quelle inferiori sono identiche a quelle degli adulti con sfumature fulve. Dopo la

prima muta raggiungono la livrea adulta. La specie sardo-corsa (Carduelis corsicana) è distribuita principalmente in Corsica e Sardegna, anche se nuclei nidificanti sono stati osservati presso la Gorgona e l’isola d’Elba ed altre isole

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Femmina di Venturone sardo corso, foto P. Rossi

minori dell’arcipelago toscano. Le differenze tra le due specie, il Venturone corso (Carduelis corsicana - un tempo considerata sottospecie di C. citrinelloide) e il Venturone alpino (Carduelis citrinella) sono molto evidenti; infatti, nella specie corsicana il colore del dorso è bruno-rossiccio, mentre nella specie citrinella è verde oliva sfumato di giallo; inoltre, il colore generale nella specie alpina è tendente al giallo verdastro, mentre in quella insulare è giallo oro e quest’ultima è di mezzo centimetro più corta e si attesta sui 1213 cm, appunto. In Sardegna è presente sui rilievi intorno ai 700/1000 m di altitudine, mentre nello specifico nella provincia di Nuoro è presente fino al livello del mare. Il suo habitat preferito è la macchia medio-bassa costituita in prevalenza da terreni rocciosi con cespugli e arbusti, brughiere, ginestreti e da radure ricche di erbe infestanti dove trova il suo nutrimento, basato principalmente sui semi immaturi di varie erbe officinali quali centocchio, ortiche, borsa del pastore, centonodi, portulaca, cardi, senecio, tarassaco, camomilla, cicoria, crespigno comune e spinoso, barba di becco ed in generale la maggior parte delle composite, bacche di biancospino, pyracantha, rosa canina e corbezzolo; afidi e piccoli insetti (soprattutto nel periodo riproduttivo) completano la sua dieta. Durante l’inverno compie spostamenti verso rilievi più bassi e se la stagione è

particolarmente rigida arriva fino alla costa; in questo periodo è possibile osservarlo in piccoli gruppi, sempre in contatto tra loro con un verso di richiamo caratteristico (pe-pe-pe), spesso in compagnia di altri fringillidi quali cardellini o fanelli. Al sopraggiungere della primavera i gruppi si dividono e vengono a formarsi le coppie; il maschio inizierà la sua parata nuziale sfarfallando alla conquista della compagna. Il canto ricorda molto quello del cardellino anche se più delicato e melodioso. Il nido è posto generalmente ad un’altezza medio bassa, solitamente sopra un arbusto della macchia mediterranea o ad un ginepro. La stagione riproduttiva inizia generalmente ai primi di aprile per i soggetti posti a livello del mare mentre per quelli presenti nelle montagne si protrae fino agli inizi di maggio. Il nido del Venturone è molto simile a quello del Verzellino anche se un po’ più profondo e corposo, viene posto solitamente vicino al tronco della pianta così da essere poco visibile dal basso. In generale vengono portate a termine due covate ed in caso di predazione anche tre. Questa specie nel corso degli anni ha subito diverse variazioni di appartenenza del genere; per anni grazie al biologo svedese Linneo era stata inserita nel genere Serinus come S. citrinella ed infatti ricorda il verzellino nel volo a farfalla eseguito durante le fasi di corteggiamento primaverile unito ad un canto

Novello di Venturone

Novello di Venturone

Nido effettuato in voliera, foto e allevamento Maurizio Fresu

Maschio di Venturone sardo corso, foto P. Rossi

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melodioso, mentre per quanto riguarda il cibo ricorda molto il cardellino, perché come quest’ultimo lo si può osservare mentre estrae i preziosi semini dalle infiorescenze del cardo. Moderni studi sul DNA del mitocondrio cellulare sviluppati dall’Università di Madrid, con campioni di sangue prelevati da entrambe le specie rivelano invece che i venturoni sono geneticamente più affini al genere Carduelis che non a quello dei Serinus (lo dimostrano anche i test ibridologici di cui parlerò in seguito). Grazie a queste scoperte ora le specie sono state inserite nel genere Carduelis come C. citrinella e C. corsicana. Detenzione In Italia, come tutte le specie di uccelli appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, è protetto con il divieto di detenzione e vendita dei soggetti sprovvisti di regolare anello inamovibile e di certificato che ne attesti la nascita in allevamenti autorizzati. Essendo specie endemica della Sardegna molti sono i nomi dialettali che lo contraddistinguono, tra cui canàriu arèste, canàriu de monti, canarièddhu de montagna. Allevamento in ambiente controllato Grazie agli amici della Sardegna, che mi hanno fatto dono di due splendide coppie, da un paio di anni mi sto dedicando all’allevamento di questa splendida specie.

Pullus di Venturone, foto e allevamento P. Rossi

Venturone a nido, foto e allevamento Alessio Pintus

In allevamento ha un’indole molto docile e si adatta perfettamente alla vita in ambiente controllato, facendoci dono del suo ottimo canto. È poco esigente anche per quanto riguarda il cibo: io utilizzo una miscela da me realizzata con un’alta percentuale di scagliola ed un 20% di miscela per Spinus (la percentuale varia in base alla stagione) ed un quantitativo minimo di perilla, oltre alle immancabili erbe prative che variano di mese in mese; tutto questo gli permette di rimanere in ottima salute. Io adoro poter osservare con quanta minuzia gli splendidi venturoni estrag-

gono i preziosi semini dalle erbe officinali offerte loro; questo mi ricorda un vecchio motto, che avevo fatto mio: “Aprire la porta dell’allevamento trasmette la sensazione di entrare nell’ambiente naturale delle specie allevate e di recuperare il nostro legame con la natura”. Fornisco inoltre una volta alla settimana una linguetta di chia ed alcune foglie di catalogna o lattuga spigata, anche queste molto apprezzate. Allevando sul mare, in Puglia, le temperature invernali restano sempre molto miti e gli uccelli superano l’inverno senza alcun problema, posti su di una veranda esterna.

Novello di Venturone, foto e allevamento P. Rossi

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Cardellino x Venturone, foto P. Rossi

Il primo anno alla fine di aprile la coppia decise di mettere su famiglia; fornii loro il classico nido in vimini posto sulla parte retrostante della gabbia da 60 cm, mentre sulla parte frontale avevo messo una striscia di rivestimento di verde sintetico, per rendere la zona più “riservata” soprattutto durante i lavori giornalieri di gestione. Decisi di non disturbare la femmina e di non togliere le uova deposte giornalmente; essa alla deposizione del terzo iniziò la cova. Alla sera del tredicesimo giorno schiusero soltanto tre delle quattro uova deposte. Dopo alcuni giorni uno dei piccoli morì, mentre gli altri due furono allevati egregiamente dalla madre, grazie al pastone che fornivo giornalmente con l’aggiunta di niger germinato, perle morbide, piselli e qualche erba prativa, merce sempre più rara con l’innalzamento delle temperature all’approssimarsi della stagione estiva. Al pastone non ho mai aggiunto insetti. La femmina è molto meticolosa e tiene sempre pulito il nido; il vero problema subentra quando si tratta di anellare i piccoli: io ho fatto ricorso al cerotto color carne, con cui ho ricoperto gli anelli, e non ho avuto problemi. La seconda covata è andata persa a causa di un raptus del maschio, che non avevo separato e che di punto in bianco ha deciso di ribaltare il nido e distruggere le uova. Il caldo dell’estate 2020 non ha permesso una terza deposizione. Nella stagione riproduttiva successiva la coppia, dopo aver effettuato un’ottima muta ed aver trascorso un periodo invernale in ottima forma, in primavera

ha deposto 4 uova alla prima covata (ne ho salvate 3) e visto che la femmina non mi sembrava troppo concentrata sulla cova ho deciso di affidarle ad un’ottima canarina, che ha portato a svezzamento due piccoli dei 3 schiusi. La coppia di venturoni, dopo un breve periodo di pausa, ha deposto nuovamente ed anche questa volta ho salvato 3 uova, di cui solo 2 si sono rivelate feconde. Ho messo a balia anche queste uova sotto una canarina Jaspe che ha svezzato i piccoli, anche se nati a distanza di 2 giorni. Nel complesso questa esperienza di allevamento mi ha molto gratificato e mi ha permesso di conoscere meglio questa splendida specie, purtroppo poco allevata. Proprio questa è la nota dolente; infatti, i miei soggetti hanno una consanguineità molto stretta e mi spiacerebbe moltissimo abbandonare questo progetto, perché si tratta di una specie molto bella cromaticamente, che potrei definire “pulita” per quanto riguarda l’approcciarsi al cibo ed il vivere quotidiano, ma di soggetti “veramente” nati in allevamento ve ne sono pochi. Nel corso di questi tre anni hanno manifestato un unico problema, quello di una specie di “rogna delle zampe” che li affligge molto e ne vincola di molto la motricità; ho risolto il problema aggiungendo alcune gocce di un farmaco a base di ivermectina ad una pomata per le zampe. Questo unguento, applicato direttamente sulle zampe, in due dosi ad una distanza di 15 giorni una dall’altra ha risolto completamente il problema.

Canarino x venturone, foto e allevamento A. Pintus

Femmina mutata di canarino x Venturone, foto e allevamento A. Pintus

Femmina mutata di canarino x Venturone, foto e allevamento A. Pintus

Verzellino x venturone, foto Roberto Ghidini

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Sono molto contento che la CTN EFI abbia deciso, nell’anno 2020, di riportare l’anello del Venturone al diametro K, un diametro sicuramente più congruo rispetto al precedente A, con la speranza di tarpare le ali a molti “furbetti del settore”. Ibridazione Vorrei terminare questa mia nota con un argomento a me molto caro, quello dell’ibridazione. Come accennato già in precedenza, questa specie è veramente poco allevata e di conseguenza fino ad oggi gli ibridi esposti sono stati veramente pochi, ma sempre di grande impatto. Un isolano “doc” come Alessio Pintus ci aiuterà a scoprire qualcosa in più di questa splendida specie e dei vari tentativi ibridologici: “Anche se preferisco allevare in purezza, qualche coppia ibrida è sempre stata presente nelle mie voliere. Amo ed allevo il venturone sardo/corso da sempre, e nel corso degli anni ho allestito alcune coppie ibride che mi hanno dato la possibilità di primeggiare in diverse mostre sul territorio nazionale. Mi sono sempre considerato un purista e per diversi anni non ho mai utilizzato balie. Questo ha causato la perdita di ibridi importanti, come quello con il verdone dell’Himalaya che ad alcuni giorni dalla schiusa la verdona decise di non allevare più. Ma nel corso degli anni sono riuscito a produrre prole ibrida con il cardellino, il verdone testa nera, il fanello, il verzellino ed il crociere dell’Himalaya, e ho ammirato da altri allevatori, sempre dell’isola, quello con il flavivertex, il lucherino e l’organetto in entrambe le direzioni, soggetti veramente molto interessanti. Ricordo inoltre di aver visto una bellissima foto, scattata in Spagna, di un soggetto in natura di un ibrido con il fanello. A parere mio il più bello è quello con il cardellino, dove i soggetti migliori nascono dall’incrocio CARDELLINO X VENTURONE; questi soggetti sono sempre molto apprezzati anche in fase di giudizio. Tra le due specie vi è inoltre una grande affinità genetica e tutto questo è dimostrato dall’elevato numero di uova embrionate; lo stesso di-

scorso vale anche per il crociere, dato che la coppia in mio possesso ha prodotto tutte uova feconde. Anche il soggetto ottenuto dall’incrocio appena citato è veramente interessante, dove il venturone è molto ben visibile ed i colori di entrambe le specie si fondono in maniera perfetta. Per quanto riguarda il verzellino, invece, gli Ibridi realizzati sono veramente pochi ed anche in questa ibridazione i soggetti migliori, espositivamente parlando, si ottengono utilizzando il maschio di venturone e la femmina di verzellino… tutto questo fa supporre che le due specie non siano troppo affini. Io credo anche che un buon legame di coppia sia alla base di ogni successo nell’affascinante mondo degli ibridi; ricordo infatti che al primo tentativo con la fanella, in un anno realizzai un numero importante di ibridi, purtroppo persi per varie disavventure; nel corso della muta persi il maschio di venturone e decisi allora di regalare un altro maschio alla fanella, ma ci vollero anni prima di poter ottenere nuovamente uova fecondate. Un discorso a parte meritano gli ibridi con il canarino. Anche se potrebbe sembrare l’unione più semplice da realizzare, in realtà non è proprio così, un numero veramente basso di uova embrionate giunge con successo alla schiusa e, per un motivo ancora non chiaro, queste ultime interrompono lo sviluppo a varie fasi di crescita. Posso affermare, senza possibilità di smentita, di essere uno dei primi allevatori di una specie molto in voga negli ultimi anni, quella del canarino selvatico; dopo aver selezionato negli anni un ceppo moto robusto e tipico, ho deciso di creare un ceppo anche di canarini che utilizzo da balie, meticciando il “selvatico” con canarini sassoni, e proprio un maschio di questo ceppo unito ad una femmina di venturone quest’anno, per la prima volta, mi ha regalato un numero veramente importante di ibridi bellissimi, come si può ben vedere dalle foto, nonché alcune femmine mutate che avrei voluto esporre al Mondiale di Piacenza. Sinceramente non so se è per via del sangue selvatico, se parte del merito è

Lucherino Testa nera x Venturone, foto ed allevamento Massimo Natale

Venturone x crociere dell'Himalaya, foto P. Rossi

da attribuire a fortuna o alla femmina di venturone, utilizzata per la prima volta in questa ibridazione: sta di fatto che il tanto ricercato ibrido è arrivato in modo importante, tutto in una volta. Mi auguro che negli anni a venire i ceppi di corsicana aumentino di numero e che si possa osservare, nelle varie mostre, un numero maggiore di ibridi con quella bellissima specie”. Ad onor del vero, il dott. Massimo Natale era riuscito ad ottenere un bellissimo ibrido con il lucherino tristis, a cui era stato dedicato un articolo sulla rivista Alcedo, e lo scorso anno con il lucherino testa nera (osservabile nella foto allegata).

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CANARINI DI COLORE

Il disegno del Canarino di GIOVANNI CANALI, foto F.O.I. e E. DEL POZZO

L

e melanine nel canarino hanno una posizione particolare, sia riguardo alla penna in quanto tale, sia di conseguenza, nella morfologia generale. Trattasi di fatti, peraltro tipici di quasi tutte le specie. Queste circostanze generano un disegno. Nel canarino selvatico sono presenti: eumelanina nera, feomelanina bruna, ed anche eumelanina bruna non visibile ad occhio nudo. Prima di parlare delle melanine un brevissimo cenno alla loro genetica. Le melanine sono poligeniche o multifattoriali che dir si voglia. Il numero dei geni coinvolti è elevatissimo, ve ne sono di più o meno importanti ed anche diversi geni complementari o modificatori. Alcuni sono specializzati, ma la maggior parte agiscono su tutte le melanine, magari in modo diverso come rilevanza, cioè più su di una che non sulle altre. La capacità di agire su diverse melanine è da ritenere un fenomeno di pleiotropia. Nel gergo degli allevatori le melanine sono indicate come “tipo”. Il tipo del canarino selvatico (selvatico, non ancestrale, visto che per fortuna non è estinto) potrebbe essere definito come nero-bruno ed in effetti è stato a lungo così, poi almeno nel canarino di colore, si è cambiata definizione in nero, semplicemente. Questo perché si è voluto seguire un errore commesso all’estero ove si considera difetto il bruno. Nelle

Il tipo del canarino selvatico potrebbe essere definito come nero-bruno

Nero intenso giallo

sedi opportune ho stigmatizzato adeguatamente questo gravissimo errore, qui non mi soffermo, tuttavia parlerò anche di nero-bruno visto che devo considerare il selvatico, da cui si deve partire, e quindi da tutte le melanine, senza concessioni alle mode.

Le posizioni che le melanine vanno ad occupare nella penna, sono dette: CENTRI DI CONVERGENZA. I centri di convergenza delle melanine, non vanno confusi con le “zone di elezione”, che riguardano la categoria ed attengono a zone nelle quali il pig-

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Bruno bianco

mento carotenoide satura la penna sia nella forma selvatica brinato, che nella forma mutata mosaico. Il centro di convergenza dell’eume-

Agata intenso giallo

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lanina nera (dico nera e non solo eumelanina poiché parto dal selvatico non mutato) e dato dalla pars plumacea o vaporosa, il cosiddetto “sottopiuma”

nel nostro gergo (errato), che è interamente saturato di eumelanina nera, mentre nella pars pennacea (cioè quella superiore, visibile senza bisogno di soffiare) è dato dalla parte centrale, poiché l’eumelanina nera si localizza principalmente nella rachide e nella zona vicina alla rachide stessa, cioè al centro della penna. Ho detto che si, localizza principalmente, poiché non è escluso, anzi sembra certo, che tracce di eumelanina nera si trovino anche fuori dalla zona suddetta, quindi anche fuori dal centro di convergenza tipico. Ho parlato di eumelanina nera e non solo di eumelanina poiché, come dicevo, faccio riferimento a ciò che si vede nella livrea selvatica. Tuttavia esiste anche un’eumelanina bruna non visibile all’osservazione normale. Inoltre anche in presenza di mutazioni, l’eumelanina che vediamo, pure quando non è più nera, ma bruna o grigia segue sempre la sua direzione; eccezioni parziali sono le mutazioni onice e cobalto di cui parlerò in seguito, ma sottolineo eccezioni parziali. Il centro di convergenza della feomelanina bruna è la zona periferica della penna. La localizzazione della feomelanina può avere parziali variazioni, non tanto per la diversa quantità della stessa, ma per eventuali carenze dell’eumelanina. Quando l’eumelanina è molto scarsa e quindi l’espressione centrale è debole, specialmente se molto debole, la feomelanina si estende, specialmente nelle penne tettrici. Appare cioè meno localizzata alla periferia e tende a formare una patina. Patina che può essere evidente, specialmente quando la quantità di feomelanina è molto elevata e l’eumelanina molto scarsa. Si nota rilevante patina quando l’eumelanina è bruna in seguito a mutazione ed inoltre debolissima, ed in presenza di tanta feomelanina. Sia comunque ben chiaro che la patina di feomelanina è soprattutto un fatto di carenza di eumelanina; infatti quando l’eumelanina centrale è elevata, la feomelanina si colloca in periferia a prescindere dalla sua quantità. In questo caso avremo orli molto marcati. Dicevo che tracce di eumelanina si possono trovare nella pars pennacea, fuori dalla parte centrale, questo perché si


sono fatte osservazioni in tal senso; cito l’osservazione fatta sui canarini a lipocromi inibiti, un tempo detti ardesia oggi nero bianchi. Ebbene si rilevano riflessi metallico bluastri, più o meno evidenti. Forse più apprezzabili negli intensi, con molto nero. Poiché il blu, come l’azzurro ed il violetto sono colori strutturali a base di eumelanina, è del tutto logico ritenere che i suddetti riflessi metallico bluastri, possano dipendere da granuli di eumelanina in dispersione. Fra l’altro, se non vado errato, i suddetti colori richiedono granuli non troppo consistenti e non troppo accorpati. Semmai è bene non equivocare, questi riflessi sono sempre presenti e non hanno nulla a che vedere con il cosiddetto fantomatico “fattore ottico”. Va anzi precisato che un fattore “ottico di rifrazione” che trasformerebbe il bruno in nero, di cui talora si è parlato, semplicemente non esiste. E non solo non esiste, ma non è neppure prospettabile! La maggiore o minore presenza di nero e di bruno dipendono dalla condizione poligenica (o multifattoriale) del tipo, cioè delle melanine. La struttura della penna può modificare la percezione dei colori a seconda della base di pigmento, ma non può trasformare i pigmenti a livello chimico. Questo può farlo solo una mutazione genetica. I granuli di eumelanina e di feomelanina, sono diversi sia come struttura che come chimica; infatti la feomelanina contiene l’aminoacido cisteina. Non dico oltre sulla gravità di certi discorsi infondati. Semmai vorrei ricordare un caso avvenuto nel mio allevamento. Molti anni or sono allevai un canarino di colore verde, come si diceva un tempo, oggi nero giallo. Ebbene era bello, non a caso lo esposi e vinsi un campionato regionale. Questo soggetto presentava tracce, modeste ma visibili, di granuli di eumelanina nera fuori dalla parte centrale della penna. Certamente non era un cobalto, ma a posteriori direi che aveva una leggera somiglianza. Purtroppo si rivelò sterile. Cito il caso a sostegno ulteriore della considerazione che vi possano essere tracce di eumelanina fuori dal luogo tipico. La localizzazione delle melanine nel

Il centro di convergenza della feomelanina bruna è la zona periferica della penna modo indicato è estremamente stabile. Nessuna mutazione ha davvero sovvertito quest’ordine. Solo 2 mutazioni hanno leggermente intaccato la normale localizzazione. Si tratta dell’onice e del cobalto. In queste due mutazioni l’eumelanina appare presente in modo ben visibile fuori dalla parte centrale, ma il disegno centrale che come vedremo è determinato dalla eumelanina, non è alterato e fa comunque la

parte del leone. L’eumelanina si mantiene, anche in onice e cobalto, in misura di gran lunga maggiore al centro. Fuori dalla parte centrale, centro di convergenza, vi è solo una soffusione, anche se ben visibile nei soggetti migliori. Non mi soffermo su queste mutazioni, dico solo che il meccanismo di base è diverso. Sulla ragione di tanta stabilità della localizzazione delle melanine, non ci sono certezze, personalmente ho sempre sospettato l’intervento di plasma geni. Del resto le mutazioni sono state tante ma mai sono stati sovvertenti i centri di convergenza. Certo la mia ipotesi di eredità citoplasmatica, almeno parziale, trasmessa solo dalla femmina, è molto generica ed opinabile. A modesto sostegno, si nota però che mai le ibridazioni con altre specie, anche reiterate

Nero pastello ali grigie intenso rosso

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come quella con il cardinalino, pure in presenza di disegni diversi, non hanno neppure minimamente alterato quello del canarino, del quale si usa la femmina. La presenza dell’eumelanina al centro della penna viene a costituire il disegno, che è dato dall’insieme delle espressioni di eumelanina presenti in ogni penna. Le manifestazioni di eumelanina prendono diversi nomi, marcature nelle penne forti, vale a dire: remiganti, timoniere, grandi copritrici, alula, e pure direi copritrici della coda, anche se non sono sempre citate. Poi vergature

Agata intenso rosso, foto: E. del Pozzo

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nelle medie copritrici. Infine striature nelle penne tettrici, in gergo chiamate erroneamente piume. Di solito non si parla delle piccole copritrici, marginali comprese, ebbene ritengo che, anche le espressioni delle piccole copritrici debbano essere considerate striature. In verità le prime due file come forma riecheggiano un poco le vergature, ma sono meno evidenti, inoltre poi nelle successive si allineano come forma alle striature, specialmente quelle delle copritrici marginali, che sono davvero modeste. Le marcature sono più grandi, non solo perché collocate su penne in gran parte

grandi, ma anche in proporzione rispetto alle dimensioni della penna. La ragione ritengo sia da ricercare nella maggiore robustezza che l’eumelanina conferisce alla penna, e le penne che hanno marcature, sono spesso molto impegnate e sollecitate nel volo, in particolare: remiganti, alula e timoniere. Le vergature sono spesso indicate come della spalla, ma ciò non corrisponde al vero. Come detto attengono alle medie copritrici che sono sull’ala. L’equivoco nasce dal fatto che ad ala chiusa sembrano della spalla, è lo stesso equivoco che si verifica con le cosiddette spalline intense del mosaico (già presenti nel brinato) che attengono in realtà all’ala, poiché riguardano principalmente le copritrici piccole e marginali. La forma delle vergature è spesso descritta come di una virgola, ma è descrizione opinabile. Direi che appaiono quasi come un pallino con una breve codina. Tuttavia la virgola non è del tutto fuori luogo come descrizione. Un ulteriore equivoco, sulle vergature, c’è stato quando si è detto che mancassero nell’agata. Un errore sconcertante, visto che ci sono e direi perfino evidenziate dalla diluizione periferica dell’agata stessa. Forse qualcuno ha sbagliato ed altri lo hanno seguito in modo acritico. Purtroppo perfino in un vecchio criterio di giudizio. Da qui il monito ad andare sempre in verifica. Le striature dette anche strie, attengono principalmente alle penne tettrici e vanno a costituire la parte più importante del disegno. Si trovano quasi su tutto il corpo, rimane immune o quasi il centro del petto e spesso il codione, come pure la zona ventrale, anche la fronte specialmente nei maschi può essere priva di strie. Le striature danno indicazioni sul dimorfismo o meglio dicromatismo sessuale, anche se nel domestico possono talora essere ingannevoli, poiché le differenze sono meno evidenti rispetto al selvatico per via di varie selezioni. Nelle femmine le strie sono maggiori su: testa, petto, fianchi e fra i mustacchi, nei maschi sono maggiori i mustacchi, la fronte è indicativa, meno segnata o per nulla nei maschi, anche le femmine tuttavia talora non hanno


strie o ne hanno poche sulla fronte, che comunque è in generale più bassa. I mustacchi sono striature particolari che scendono dai lati del becco, verso il basso, direi caratteristica abbastanza tipica del genere Serinus come di altri generi specialmente se affini come il Crithagra. A titolo di precisione ricordo che le femmine hanno più feomelanina ed i maschi più eumelanina. Si presti attenzione al fatto che anni or sono un tecnico molto seguito affermava che i mustacchi fossero marcature. Un’affermazione del tutto priva di logica. Le penne sulle quali si manifestano i mustacchi non sono certo grandi, tutt’altro. Non so da cosa derivasse tale errore, forse da espressioni equivocate, usate dagli inglesi sui loro canarini e non solo, ove dicono di marchi tecnici; talora per indicare macchie come altri aspetti. Anche qui la necessità di andare in verifica; talora il carisma non è giustificato e comunque non esime dal controllo. La parte più significativa per il disegno è il dorso. La situazione delle strie del dorso è la più indicativa sulla genetica del soggetto. Nei canarini selvatici vi è una serie di strie, mentre nel canarino di colore selezionato, abbiamo situazioni diverse a seconda dei tipi. Nel nero classico che in un certo qual modo dovrebbe corrispondere al selvatico, in quanto immune da mutazioni, in seguito a selezioni a favore del nero, le strie sono allargate e nei soggetti migliori vanno a formare i cosiddetti “rigoni” o “binari”. Vale a dire una serie di strie continue tanto da creare tale effetto di disegno. Segnalo che per avere il disegno continuo e largo come richiesto dagli standard è necessario un piumaggio composto. Altrimenti il disegno si scompone non apparendo più continuo, magari largo ma non continuo. Lo stesso discorso vale per i bruni e comunque gli ossidati, di cui il nero o meglio il nero-bruno è la base. Questo, tranne che in alcuni tipi i quali non hanno più un vero disegno, come: il bruno pastello che riduce moltissimo il disegno o il phaeo che inibendo in gran parte l’eumelanina ha semmai un disegno al negativo. Forse si potrebbe parlare, nel phaeo, anche di un disegno

Canarino selvatico

Nelle femmine le strie sono maggiori su: testa, petto, fianchi e fra i mustacchi, nei maschi sono maggiori i mustacchi

di feomelanina alludendo alla sua presenza periferica. La situazione del dorso dovrebbe estendersi anche alla testa ed ai fianchi, tuttavia non sempre accade in soggetti carenti in tali zone. Nei diluiti di cui l’agata è la base, il disegno è spezzato e stretto, con un alone ridotto in periferia, detto a volte “mandorla”. Questo si ripercuote sui derivati dell’agata, isabella compreso. Possono esserci situazioni particolari

in presenza di mutazioni ulteriormente riduttive. Il disegno di eumelanina nell’agata rimane di un nero lucido nei migliori soggetti. Carenze di nero sono difetto. Non a caso si parla di concentrazione del nero e di massima riduzione del bruno. Per capirci, un’agata ottimo, non corrisponde ad un pessimo nero, ma bensì ad un ottimo nero molto modificato. Anche nei diluiti il disegno deve essere completo per essere ottimo e carenze localizzate sono difetto, come negli ossidati. Pur non continuo, il disegno dei diluiti deve essere allineato e non confuso. La confusione è data come negli ossidati da difetto del piumaggio. Per approfondimenti sulla morfologia ricordo l’articolo che ho scritto con Giuliano Ferrari “Occhio alla penna” I. O. 8/9 del 2016, con i suoi ottimi disegni.

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Questo mese, il protagonista di Photo Show è: GIORGIO CAPUTO R.N.A 98SL con la fotografia che ritrae il soggetto: “Ibrido di Carpodaco messicano x Ciuffolotto europeo” Complimenti dalla Redazione!

• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.

(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione


ONDULATI ED ALTRI PSITTACIFORMI

FORMA & POSIZIONE PARTIAMO DALLE BASI

I faccia gialla tipo 2 testo e disegno di GIOVANNI FOGLIATI, foto G. FOGLIATI e M. MANZONI

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ebbene non sia stato accertato con sicurezza, è molto probabile che i primi uccelli Faccia Gialla inglese di Tipo II, segnalati ovviamente nel Regno Unito, siano stati allevati da Jack Long di Gorleston on Sea nel 1935. Gli uccelli di Long furono generati da un maschio Verde scuro con una leggera soffusione olivastra e da una femmina che sembrava essere Verde, ma presentava una insolita colorazione Turchese sul petto. La prima covata produsse tre novelli Cobalto con Maschera Gialla e un novello VerdeBlu come la madre. La seconda covata produsse esattamente lo stesso risultato. La descrizione suggerisce che i soggetti del signor Long fossero tre Cobalto Faccia Gialla II doppio fattore e un Cobalto Faccia Gialla II a singolo fattore.

Il singolo fattore Azzurro Faccia Gialla II è simile a un Normale Verde Chiaro, ma presenta una livrea molto brillante a metà strada tra il blu e il verde; una tonalità spesso chiamata Acquamarina o Turchese Ondulato di Forma e Posizione. Opalino Azzurro Faccia Gialla inglese tipo II eterozigote, All. Giovanni Fogliati

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rietà Tipo I, mentre la Tipo II è spesso indicata come Faccia Oro. Nulla di più errato in quanto il vero faccia oro è il maschera gialla australiano nella sua forma a doppio fattore. L’ereditarietà La genetica delle diverse mutazioni Faccia Gialla e la loro relazione con la mutazione Blu non sono ancora completamente e definitivamente comprese. Queste mutazioni non generano una

faccia gialla, come potrebbero suggerire i nomi: piuttosto, l’azione di tutte queste mutazioni è di ridurre la pigmentazione gialla, interamente o in una certa misura, in alcune aree del piumaggio, rispetto a soggetti a fondo Giallo. Sebbene alcuni allevatori non siano d’accordo, è ormai accertato che tutte le varietà di Faccia Gialla siano, insieme al Blu, alleli alternativi del medesimo locus, costituendo quindi una serie allelica.

Disegno schematico mutazione

Descrizione Il singolo fattore Azzurro Faccia Gialla II è simile a un Normale Verde Chiaro, ma presenta una livrea molto brillante a metà strada tra il blu e il verde; una tonalità spesso chiamata Acquamarina o Turchese. Le piume del corpo del Cobalto Faccia Gialla II singolo fattore, sono Verde bottiglia bluastro, mentre nel Malva Faccia Gialla II singolo fattore sono un misto tra Malva e Oliva. La varietà Azzurro Faccia Gialla II doppio fattore è molto simile all’Azzurro Faccia Gialla I a singolo fattore, ma la pigmentazione Gialla è più luminosa e tende a penetrare maggiormente nel piumaggio. Nel piumaggio giovanile la tinta gialla è vivace e ben visibile, specialmente sul capo e raramente deborda oltre la maschera. Questa varietà è conosciuta anche con il nome di Faccia Gialla Inglese Tipo II. In Italia si rileva una certa confusione tra le varietà di Faccia Gialla. Di fatto è riconosciuta come “Inglese” la va-

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Ondulato di Colore. Azzurro Faccia Gialla inglese tipo II omozigote. All. Maurizio Manzoni


Da solo, l’allele Faccia Gialla di Tipo II è autosomico recessivo rispetto al tipo selvatico, ma dominante sul Blu, come peraltro tutte le altre forme di Faccia Gialla. Visibilmente, la sua azione sembra essere simile a quella della mutazione Blu. Il portatore di Faccia gialla II, VERDE/Faccia Gialla II, è indistinguibile da un Verde puro; mentre l’omozigote con due alleli Faccia Gialla II è come un Azzurro con una leggerissima e appena percettibile soffusione Verdastra che può estendersi sull’intero corpo, ma naturalmente con la maschera gialla. La varietà Azzurro Faccia Gialla II singolo fattore, descritta sopra, è un eterozigote tra le mutazioni Blu e Faccia Gialla II, con un allele di ciascuna. Esperienze personali Secondo i canoni estetici previsti dalla combinazione di mutazioni

Questa varietà è conosciuta anche con il nome di Faccia Gialla Inglese Tipo II. In Italia si rileva una certa confusione tra le varietà di Faccia Gialla. Di fatto è riconosciuta come “Inglese” la varietà Tipo I, mentre la Tipo II è spesso indicata come Faccia Oro

chiamata Rainbow (Arcobaleno), che è un Ala Chiara Opalino a Faccia Gialla, la psittacofulvina gialla dovrebbe essere ben evidenziata; quindi, è legittimo considerare il Maschera Gialla tipo II come buona base di partenza nella creazione di questa affascinante varietà. Purtroppo, nel nostro Paese si è creata negli anni una certa confusione che ha portato ad una serie di meticciamenti selettivi indesiderati. Così possiamo trovare dei soggetti che pur presentando un buon colore Giallo sono di fatto geneticamente Faccia Gialla inglesi di tipo I eterozigoti. Altro difetto molto comune riscontrabile in questa combinazione di mutazioni è quello di osservare degli Ala Grigia FBC (eterozigote Ala Grigia / Ala Chiara) al posto della mutazione pura Ala Chiara (omozigote).

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CANARINI DA CANTO

Canaricoltura malinoista, tappe selettive di FRANCESCO DI GIORGIO, foto G. MARSON

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ll’inizio della selezione del canarino da canto Malinois–Waterslager gli allevatori fiamminghi ebbero da subito un’idea fissa: far imitare dai loro volatili il canto dell’Usignolo (o Rossignolo nell’italiano arcaico). Questo, Re dei Silvani, era d’altronde – e lo è tuttora – il miglior cantore per via del suo ricco repertorio incomparabile nelle forti note metalliche e ugualmente fascinoso in quelle d’acqua in movimento. Ho sentito sin da ragazzino le sue me-

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Sovra ogni altro augellin Vago e gentile, spiega leggiadro canto la sirena dei boschi, il rosignuolo, in mille fogge il suo cantar distingue, e trasforma una lingua in mille lingue.

lodie quando mi recavo con un amico, appassionatissimo di nostrani, in una località a noi vicina attraversata dal fiume, quindi ricca di vegetazione e tranquillità dove potevamo ascoltare, raccolti in religioso silenzio, il canto dell’ugola d’oro. Tutt’oggi mi domando come possa un essere così piccolo e fragile come l’usignolo o lo stesso cantore di Malines emettere con tanta facilità un canto così vasto e trapunto di differenti note e melodie. Proseguendo, dopo questa piccola


mia divagazione emotiva, pare che i primi allevatori cercavano di procurarsi Usignoli di cattura per imporli come maestri cantori ai loro canarini. Ma il volatile in questione inizia il suo canto in primavera mentre il canarino lo fa dal mese di settembre in poi, quindi bisognava far coincidere i tempi del loro canto procurando al silvano una muta forzata affinché riprendesse le sue melodie a fine estate. Seguendo questo stratagemma i due canti avrebbero dovuto combaciare grazie alla scuola impartita dall’Usignolo. Qui, però, vennero fuori degli inghippi! Quando ai nostri cantori diamo un maestro d’altro ceppo e indirizzo (figuriamoci se è d’altra specie!), perdiamo il canto esistente ed otteniamo novelli dequalificati (per impossibilità loro di rinnegare il substrato genetico).

Infatti il “Re dei boschi”, che possiede un timbro più forte e metallico, come avrebbe potuto istruire il Malinois, che ha nella struttura siringea altre attitudini? Da questo si evince che con l’imitazione quelle creature abbiano potuto apprendere ben poco e che abbiano appreso più di quanto sono stati addestrati facendo sentir loro dal vivo le melodie di movimenti d’acqua in ambienti particolari e adatti ad una buona ricezione. I suoni metallici, poi, li avranno tramandati quei canarini di minatori belgi che per compagnia e per sicurezza della propria vita (fughe di grisù) li tenevano nelle gallerie delle miniere. Qui i rumori più frequenti erano quelli dei picconi che si schiantavano con forza sulla roccia e quelli dei carrelli che trasportavano i minerali ai lavatori.

Così gli Staaltonen, i Tjonks, i Tjoks e in parte il suono della Rollende sono stati incorporati dal vivo. Quindi gli allevatori più che usare l’Usignolo come maestro, hanno osservato le sue caratteristiche e poi con la selezione e la cura dei particolari canori hanno sempre più avvicinato il canto dell’alato fiammingo a quello del più celebre e conosciuto volatile che “trasforma una lingua in mille lingue”. In tempi moderni, poi, senz’altro hanno fatto il resto i sonigrammi creati in laboratorio, dove hanno impostato le canzoni con in primo piano le melodie più importanti. Oggi, nel sentire un Waterslager ben addestrato, ci si domanda: è veramente secondo all’Usignolo? Per questo i veri appassionati impostano nel migliore dei modi la selezione per ottenere sempre di più e ripartire con nuova lena se dovessero incappare in qualche delusione.

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O rniFlash Due piccole civette salvate dai vigili del fuoco

News al volo dal web e non solo

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i è trattato di un intervento piuttosto insolito quello che hanno portato a termine i vigili del fuoco di Bardolino a Sant’Ambrogio di Valpolicella. Tre piccole civette erano finite nel pozzo per il riciclo delle acque piovane di un’abitazione profondo circa 5 metri. I proprietari della villetta allertati dallo squittio che proveniva dal pozzetto, collegato al tetto dell’abitazione attraverso il canale di gronda, hanno dato l’allarme al 115. Una volta arrivati i pompieri hanno individuato i tre piccoli uccelli che erano finiti nel pozzetto dopo che il loro nido dal tetto era finito nel canale di gronda. Non potendosi calare, essendo il tombino troppo stretto, i vigili del fuoco hanno creato una sorta di retino da pesca e sono riusciti a recuperare così i tre rapaci, di cui uno, purtroppo, senza vita. Dopo oltre 2 ore di intervento i due uccelli ancora vivi sono stati consegnati al proprietario della villetta che, essendo un volontario faunistico, ha poi provveduto a portarli al centro di recupero animali selvatici di Lazise per le cure del caso per poi farle tornare in libertà. Fonte: https://www.ildolomiti.it/cronaca/2022/tre-piccole-civettefiniscono-nel-pozzetto-di-una-casa-due-vengono-salvate-dai-vigili-del-fuoco

Le ondate di calore possono modificare il DNA degli uccelli

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l caldo eccezionale fa sviluppare agli uccelli di pochi giorni dei telomeri più brevi. Le ondate di calore infatti modificano il DNA dei pulcini dello scricciolo splendente coronato, una popolazione di uccelli dell’Australia settentrionale. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Pnas che spiega come il caldo estremo provoca delle alterazioni nei telomeri. Si tratta di una sorta di “cappuccio” di DNA, collocato alle estremità dei cromosomi che regola l’invecchiamento cellulare. Più sono gli episodi di caldo nei primi giorni di vita, più è precoce l’invecchiamento. E quindi minore la probabilità di avere una progenie numerosa. Fonte: https://www.ragusanews.com/attualita-le-ondate-di-calorepossono-modificare-il-dna-degli-uccelli-158544/

L’invasione di pappagalli e altri uccelli tropicali a Londra è una conferma del cambiamento climatico

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appagalli selvatici e altri uccellini tipici di latitudini più calde si vedono sempre più spesso nei parchi delle città inglesi, così come nei boschi di tutto il Paese. Il fenomeno è “un segno inconfondibile” degli effetti del cambiamento climatico, affermano naturalisti ed esperti dell’ambiente sul Guardian di Londra.I visitatori alati arrivano dall’Europa meridionale e dall’Africa. Fra le località in cui sono stati avvistati i volatili figurano la contea di Durham, l’Herefordshire, l’isola di Wight, la Cumbria, il Nottinghamshire e anche la capitale. Fra i più notati dagli appassionati di birdwatching sono stati notati vari esemplari di meropidi, uccellini dalle penne colorate appartenenti all’ordine dei Coraciiformi. Perfino nei giardini pubblici e nelle strade di Londra capita con crescente frequenza di vedere volatili che siamo abituati a considerare di casa molto più a Sud: come è successo a chi scrive queste righe, guardando dalla finestra nei giorni scorsi sugli alberi sotto casa. Quei pappagalli verdi che fanno il nido vicino agli scoiattoli non sono scappati da qualche gabbietta, bensì vengono da molto lontano. Perché il clima è cambiato, nel Sud del mondo hanno troppo caldo e nel Nord non fa più freddo come una volta. Fonte: https://www.repubblica.it/green-and-blue/2022/06/17/news/ pappagalli_londra_cambiamento_climatico-354330459/


O rniFlash Centinaia di pinguini blu stanno morendo in Nuova Zelanda elle ultime settimane centinaia di pinguini blu minori sono stati trovati morti lungo le coste settentrionali della Nuova Zelanda. Una vera e propria strage iniziata diversi mesi fa e che sembra non volersi arrestare. Ricercatori e conservazionisti stanno cercando di stimarne l’entità, ma è molto difficile considerando che la maggior parte dei corpi non viene ritrovata. Secondo il Department of Conservation il numero di uccelli morti, a partire solamente da maggio, potrebbe però aggirarsi tra i 500 o addirittura 1000 esemplari. Dall’inizio dell’anno sono state infatti effettuate numerose necroscopie, soprattutto per scongiurare l’eventuale diffusione di pericolosi nuovi virus e malattie, ma la conclusione è stata piuttosto inequivocabile: i pinguini stanno morendo di fame. La maggior parte degli uccelli erano denutriti e magri, completamente privi o quasi di tessuto adiposo addominale. La causa della morte che li ha portati poi a spiaggiarsi è perciò chiara, non riescono più a trovare cibo. Di solito i piccoli pinguini blu (Eudyptula minor) cacciano acciughe e sardine tuffandosi anche fino a 30 metri di profondità ma un’ondata di caldo anomalo, unito al fenomeno climatico conosciuto come La Niña, ha reso molto più complicato per i pinguini riuscire a trovare da mangiare. Secondo gli esperti, l’aumento della temperatura dell’acqua sta spingendo i pesci verso acque più fredde e profonde, dove i pinguini non riescono ad arrivare. Considerando che gli effetti della crisi climatica non si arresteranno di certo nel breve periodo, per il pinguino più piccolo del mondo riuscire a sopravvivere sarà davvero dura. Fonte: https://www.kodami.it/centinaia-di-pinguini-blu-stanno-morendo-in-nuova-zelanda-e-lacolpa-potrebbe-essere-dei-cambiamenti-climatici/

Uccelli fulminati dai fili di linee elettriche possono scatenare gravi incendi

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li uccelli che si appollaiano sui fili delle linee elettriche e che rimangono fulminati possono scatenare anche gravi incendi come rileva un nuovo articolo di Science. Secondo l’articolo, sarebbero più di tre dozzine gli incendi gravi scoppiati tramite queste modalità solo negli Stati Uniti dal 2014 al 2018. Un team di ricercatori ha realizzato un nuovo studio, apparso su Wildlife Society Bulletin, in cui esamina l’impatto degli uccelli che restano fulminati dalle linee elettriche sugli incendi negli Stati Uniti. Su 44 segnalazioni che hanno preso in esame hanno scoperto che 12 di esse si erano verificate in un’importante regione ecologica che va dall’Oregon meridionale e che attraversa tutta la California fino ad arrivare alle aree settentrionali del Messico. Quello degli uccelli che vengono fulminati sui cavi elettrici è un problema emergente che sta diventando molto grave tanto che si sta già pensando di modificare le infrastrutture elettriche, in particolare in quelle aree che sono caratterizzate da inverni umidi e da estati molto calde e secche. I cavi, per esempio, potrebbero essere isolati oppure installati in modo da scoraggiare l’appollaiamento degli uccelli. Naturalmente queste infrastrutture risulterebbero più costose rispetto a quelle normali ma considerando che molti incendi possono poi svilupparsi su scale molto ampie forse, in alcuni casi e in alcune zone, l’idea è da prendere seriamente in considerazione. Fonte: https://notiziescientifiche.it/uccelli-fulminati-dai-fili-di-linee-elettriche-possono-scatenaregravi-incendi/ (Foto: schauhi, Pixabay, ID: 4703111)

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CRONACA

Meeting F.O.I. a Palermo Incontro con il Senatore Luca Briziarelli testo e foto di GENNARO IANNUCCILLI

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o scorso 31 Maggio abbiamo avuto occasione e piacere di incontrarci a Palermo, presso la Sala Congressi dell’Hotel Astoria Palace, nell’ambito di un meeting organizzato dalla FOI con il Raggruppamento Ornitologico Siciliano e la collaborazione e la partecipazione delle Associazioni territoriali. L’occasione ci è stata data dalla disponibilità del Senatore della Repubblica Luca Briziarelli, invitato per presentare e raccontare la nascita e i futuri programmi del Coordinamento da lui ideato e denominato “Esotici ma Familiari”, il quale sarà sempre più il punto di riferimento di tutti coloro che sono coinvolti nel mondo degli animali esotici domestici, definiti anche non convenzionali sebbene presenti in migliaia di unità nelle case degli italiani. Hanno partecipato al meeting con i loro Presidenti e delegati le Associazioni di Palermo e provincia (A. O. Trinacria, A.O. Bagherese, A. O. dei Castelli, A. O. Meridionale) nonché Associazioni provenienti da altre province (A. O. Agrigentina, A. O. N. Drepanum, A. O. Nissena, A. O. La Fenice), la cui presenza ha dato importante rilevanza al-

Organizzato dalla FOI con il Raggruppamento Ornitologico Siciliano e la collaborazione e la partecipazione delle Associazioni territoriali

I relatori del meeting

l’evento. L’incontro è stato inaugurato dal “padrone di casa” Francesco Badalamenti (Consigliere FOI di base a Palermo) che, dopo aver portato i saluti del Presidente FOI Antonio Sposito e del Presidente del Raggruppamento Ornitologico Siciliano Ignazio Sciacca, entrambi assenti per impegni professionali, ha introdotto gli argomenti del meeting, accennando anche alla storia della FOI e alla necessità di percepire il senso di appartenenza, ora più che mai importante per fare fronte alle tante sfide che ci aspettano nel prossimo futuro. La Sicilia è stata, è e sarà sempre una delle principali Regioni dal

punto di vista ornitologico, grazie alle ferventi attività delle sue Associazioni territoriali e alla passione profusa dai suoi Soci; la stagione espositiva di quest’anno vedrà nascere nuove collaborazioni, nella speranza che si possa giungere in futuro a organizzare un grande evento, magari un Campionato Italiano, grazie alla possibilità di ottenere auspicabilmente l’assegnazione di spazi espositivi adatti all’occasione. La parola è stata poi data al sottoscritto (Gennaro Iannuccilli, NdR) che – in qualità di Consigliere in rappresentanza della Presidenza federale - ha avuto modo di ribadire la ferma adesione della FOI al progetto “Esotici ma

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Sarà costituito un Comitato tecnico/scientifico e un Comitato legislativo, per mirare alla formulazione di una legge quadro che tuteli l’intero settore

Dirigenti dell'ornitologia siciliana con il Senatore Briziarelli

Familiari”, grazie al quale abbiamo avuto modo di esprimere le nostre ragioni in occasione delle Conferenze Stampa organizzate dal Senatore Briziarelli presso la sala Caduti di Nassirya del Senato della Repubblica, soprattutto per prevenire eventuali errate applicazioni della legge di delegazione europea 53/2021. Ci sarà molto da lavorare per poter fronteggiare futuri tentativi di limitare (parzialmente o totalmente) l’allevamento ornitologico amatoriale e sportivo; ciò potrà essere fatto efficacemente soprattutto se si agirà di concerto con il Coordinamento “Esotici ma Familiari”, facendo fronte comune in contrapposizione a errate posizioni ideologiche prive di fondamento scientifico. Il delegato FOI Dario Loreti, intervenuto di seguito, ha avuto modo di raccontare ai presenti la nascita della collaborazione con il Senatore Briziarelli, il quale sin dall’inizio ha dimostrato interesse alla nostra causa, ascoltandoci e informandosi sulle attività da noi sostenute per dare subito un apporto politico alle istanze degli allevatori e possessori di uccelli e altri animali esotici. La FOI dovrà essere unita nel sostenere il Coordinamento “Esotici ma Familiari” per poter essere sempre più incisiva e considerata come riferimento princi-

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pale nelle tematiche che ci riguardano direttamente e che riguarderanno l’ornitologia amatoriale più in generale, a cominciare dall’allevamento ma tenendo ben presente anche le mostre espositive, migliorabili nella gestione delle varie fasi organizzative. La fase centrale del meeting è stata dedicata all’intervento principale del Senatore Luca Briziarelli, il quale ha relazionato i presenti in maniera precisa ed esaustiva, chiarendo le varie fasi dei procedimenti legislativi, il cui iter porterà anche all’applicazione

Consegna libri FOI al Senatore Briziarelli

della legge di delegazione europea 53/2021. In merito a questa legge, ci si sta battendo efficacemente per eliminare quanto proposto inizialmente in quel famigerato punto Q che va ben oltre quanto previsto dalla regolamentazione europea. Il Senatore ha inoltre illustrato nel dettaglio la costituenda Associazione cha fa capo al Coordinamento “Esotici ma Familiari”, alla quale potranno aderire a vari livelli i semplici Soci, le Federazioni e Associazioni di categoria, le Associazioni dei Medici Veterinari e quanti si occupano a vario titolo e finalità del comparto relativo agli animali esotici familiari, per l’appunto, distinguendo questi dai selvatici, dalle specie pericolose per l’uomo e dagli animali possibili portatori di zoonosi. In seno all’Associazione, sarà costituito un Comitato tecnico/scientifico e un Comitato legislativo, per mirare in prospettiva futura alla formulazione di una legge quadro che tuteli l’intero


L'allevatore FOI Michele Stassi con Luca Briziarelli (a dx)

settore, ma altresì alla costruzione di una “rete” per sostenerla nelle varie sedi, anche comunali. Per tale motivo, è stato preannunciato un programma di incontri da tenersi in tutte le Regioni, con lo scopo di sensibilizzare

maggiormente persone ed esponenti delle forze politiche sulle tematiche inerenti gli animali esotici. Al termine del suo intervento, il Senatore ha ascoltato e risposto con piacere ad alcune domande e osservazioni poste dai partecipanti su vari temi e problematiche sorte a carico di alcuni Soci siciliani, prendendo nota di quanto accaduto per acquisire altri elementi che saranno di certo utili per meglio delineare le proposte normative da formulare. Al Senatore sono stati donati due volumi editi recentemente dalla FOI, il cui autore Gianni Matranga -presente in sala - ha avuto modo di illustrarne i contenuti. Il meeting è stato preceduto nel pomeriggio dalla visita dei relatori e del Senatore Briziarelli all’allevamento del Socio FOI Michele Stassi, il quale ha trasmesso ai suoi ospiti il vero concetto di passione ornitologica, attraverso la dimostrazione della cura e delle pratiche di allevamento applicate alle sue bellissime creature piumate, tra le quali i presenti hanno potuto ammirare canarini, cardellini e pappagalli. La serata si è conclusa con un aperitivo di commiato, con la certezza che presto ci saranno nuove occasioni per incon-

trarsi e per costruire insieme i progetti destinati a garantire e tutelare l’ornitologia amatoriale al cospetto di malcelati tentativi di vietare o limitare le nostre attività, sebbene lecite, legittime e rispettose del benessere di tutte le specie di uccelli da noi allevate.

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ALIMENTAZIONE

Allium ursinum: l’aglio selvatico commestibile

L’aglio orsino è comune in tutta Italia fino a 1.500 metri di altitudine, ad eccezione della Sardegna, dove sono presenti altre varietà di aglio selvatico

testo di PIERLUIGI MENGACCI, FOTO P. MENGACCI e WWW.ACCADEMIAERBECAMPAGNOLE.IT

Premessa A fine Marzo, come ogni anno, le prime foglioline di quei piccoli bulbi che mia moglie ebbe in regalo da una sua amica, fanno nuovamente capolino. Dopo una ventina di giorni, eccoti lo spettacolo di fiori bianchi che tappezzano una piccola zona del mio giardino e creano un bellissimo contrasto tra il bianco candido

La bellezza dei fiori di aglio orsino in primo piano

Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo e il verde acceso delle foglie. Non sapevamo che piante fossero… Ma, dalle

prime foglie calpestate, il mio olfatto ha subito percepito un profumo inconfondibile, confermato dai primi fiori che ho reciso: era sicuramente l’aroma dell’aglio! Eppure… i piccoli bulbi non avevano alcuna caratteristica dell’aglio, e la signora che li regalò non fece minimamente cenno a fiori di aglio! La conferma che erano pianticelle di aglio sel-

Aglio orsino in fiore nel giardino dell’autore

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vatico (aglio orsino) me la diede l’amico agronomo Massimo, un giorno che mi trovò a carponi mentre estirpavo quell’erba puzzolente. Anzi, mi assicurò che era commestibile ed ottima, in ogni sua parte, per aromatizzare varie pietanze. Per me fu una vera sorpresa! Mi mostrai

Bulbi di aglio orsino

Bulbo con stelo foglia e fiore di aglio orsino

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scettico e dubbioso… Massimo, per rassicurami e mettermi in guardia da piante similari, mi fece osservare un paio di foglie che prese in mano dicendomi: - “Tu che vai in cerca di erbe di campagna mangerecce guarda queste foglie: sono tenere e sulla parte superiore sono lucide, mentre la parte inferiore è opaca e leggermente più chiara. Quelle di altre piante con cui si può confondere l’aglio orsino, tipo “mughetto e colchico” (velenose), invece, sono decisamente più rigide e meno opache sul lato inferiore, inoltre i fiori sono completamente diversi (fiorellini bianchi a forma di campanula quelli del mughetto, mentre sono con petali di color rosa-violetto quelli del colchico). Poi…. Se hai buone narici, il profumo non t’inganna! Utilizzalo tranquillamente, prima che sfiorisca…. Di all’ Angela che con foglie e fiori ti faccia una bella e ottima frittatina e che può tranquillamente usarne i bulbi per le sue pietanze e avrà un aroma meno deciso dell’aglio comune! Un consiglio per il tuo orto biologico: è un ottimo repellente per molti insetti dannosi. Inoltre le sue proprietà medicinali non si discostano da quelle arcinote dell’aglio che usiamo comunemente…. Ah, un’altra cosa, fra tutte le erbe che “rifili” ai tuoi canarini…. ci vedo bene anche l’aglio orsino…”- Con una risatina, mi saluta e se ne va. Le spiegazioni e i consigli di Massimo mi hanno invogliato a “provare” subito questa pianta bulbosa. Raccolte alcune foglioline giovani e qualche fiore, mi presento a mia moglie per farne una frittatina…. Ma… alcune riserve espresse da Angela e la sua ritrosia a volerle cucinare mi hanno convinto per il momento a soprassedere. Però…. l’idea di utilizzarla per i canarini mi è parsa geniale, ma anche qui ho avuto qualche remora. Allora, sospinto dal desiderio di questa nuova sperimentazione, faccio ricorso ai miei testi sulle erbe di campagna e su internet, non per sfiducia nei confronti dell’amico agronomo-naturalista, ma per avere più precise e dettagliate notizie non solo botanico-storiche ma soprattutto sulle proprietà medicinali-culinarie che rassicurassero definitivamente me e la mia signora sulla commestibilità di quest’aglio selvatico. Oltre agli elogi per bellezza dei suoi fiori, di cui si era innamorata mia moglie,

ho trovato che questo “allium ursinum”, contiene, in tutte le sue parti, tali e tante qualità da farsi preferire al suo cugino “sativum” sia in tavola che in campo fitoterapico! Cenni botanico-storici L’allium ursinum appartiene alla famiglia delle Liliaceae; è la versione selvatica del comune allium sativum, ed è un bulbo da cui, ogni anno, nascono foglie e fiori. Ne vengono segnalate due varianti o meglio sottospecie: l’aglio orsino “ursinum” presente in Italia centronord e l’aglio orsino “ucrainicum” nel sud Italia. Le differenze sono solo estetiche, mentre usi, proprietà e sapori sono identici. Nomi Locali: Aglio orsino, Strozzagallin, Ai de can, Cipudda di serpi, ecc. L’aglio orsino è originario delle regioni temperate dell’Europa e dell’Asia settentrionale, compreso l’arcipelago britannico e la sua coltivazione viene fatta risalire a circa 3.000 anni a. C.. È comune in tutta Italia fino a 1.500 metri di altitudine, ad eccezione della Sardegna, dove sono presenti altre varietà di aglio selvatico. La denominazione del genere Allium viene fatta risalire alla parola celtica “all” (caldo, acre, bruciante), e tale termine era usato anche dalle popolazioni romane. Anche i Greci conoscevano questa pianta “bruciante” a causa del suo forte odore e con “allis” si riferivano probabilmente alla spata (brattea) che copre l’infiorescenza. Il nome della specie “ursinum” deriva da una leggenda popolare che vuole gli orsi nutrirsi di questa pianta dopo il risveglio dal lungo letargo invernale, per depurarsi dalle tossine accumulate e ritornare in forza. È una pianta erbacea spontanea perenne e non ha un fusto vero e proprio. Foglie e fiori partono direttamente da un bulbo oblungo di colore biancastro al livello del terreno con un lungo peduncolo, semicilindrico o trigono, e raggiunge un’altezza massima di 25 – 40 cm. Le foglie sono tutte basali e poche di numero; sono “tenere, e sulla parte superiore sono lucide, mentre la parte inferiore è opaca e leggermente più chiara”. La forma è lanceolata con un’altezza massima di cm.30 e larghezza di cm.3-6.


Frutti di Aglio orsino o capsule a tre lobi contenenti i semini

L’infiorescenza è un’ombrella con pochi fiori a forma di stella dal colore bianco candido con sei petali. La fioritura avviene a partire dal mese di Aprile fino a tutto Giugno (a seconda della zona e temperatura); i fiori sono ermafroditi e l’impollinazione avviene tramite api e altri insetti. I frutti sono delle capsule suddivise in tre piccole parti che contengono semini di forma sub-rotonda. Anche l’aglio orsino ha una storia antica e leggendaria che parte dal Giardino dell’Eden. Come credenza cristiana, la leggenda racconta che piante di aglio fossero nate ovunque il diavolo, fuoruscito dall’Eden, poggiasse il piede destro. Nell’Odissea, Ulisse diede Allium moly da mangiare ai suoi compagni trasformati in porci dalla maga Circe affinché riacquistassero le sembianze umane. Le legioni romane lo usavano come vermifugo, ed era dedicato a Marte. A partire dal tempo dei Celti e dei Germani veniva utilizzato come una pianta che aveva la capacità di ripulire il corpo dalle tossine accumulate e fino al Medioevo veniva usata anche come pianta medicinale (Herba salutaris). Inoltre le venivano attribuite proprietà magiche tali da proteggere le donne in-

Steli con frutti di aglio orsino

cinte ed i loro bambini. Altre leggende accompagnano nel tempo questo bulbo, mentre la medicina popolare gli attribuisce svariate proprietà benefiche, avvalorate anche dalla medicina attuale. Per chi volesse coltivarlo va tenuto presente che predilige terreni soffici e ben drenati e possibilmente ombreggiati. Invece chi ama fare una camminata nei boschi sia in pianura che in montagna, generalmente può trovarlo nelle zone umide e ombrose, vicino a fossi, corsi di acqua, fino ad una altezza di circa 1500 ml. Unica precauzione: si confonde facilmente con il mughetto e il colchico autunnale, entrambi tossici, per cui, attenersi a quanto detto dall’amico Massimo nella premessa, oppure, le prime volte, accompagnarsi a qualcuno che abbia competenza di piante selvatiche. Altra possibilità per chi vuole unire l’utile al dilettevole, senza inconvenienti: coltivarlo in vaso nel balcone, possibilmente in penombra, e potrà godere della bellezza dei suoi fiori, un po’ meno l’aroma, ma soprattutto potrà beneficiare delle sue proprietà officinali! Componenti principali I principi attivi dell’aglio orsino, ven-

gono assimilati a quelli dell’aglio comune, ma sono unanimemente riconosciuti molto più concentrati e più efficaci. A puro titolo informativo riporto la sottostante tabella in cui sono riportati i componenti principali dell’Allium sativum. Calorie e valori nutrizionali dell’aglio calcolati per 100 g di parte edibile - tabella INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) Acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .80 g, Proteine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .0,9 Lipidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .0,6 g Carboidrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .8,4 g Amido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .0 g Zuccheri Solubili . . . . . . . . . . . . . . . . .8,4 g Fibra totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3,1 g Energia Kcal 41- kj 171 Sodio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .3 mg Potassio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .600 mg Ferro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1,5 mg Calcio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .14 mg Fosforo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .63 mg Tiamina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1,4 mg Riboflavina . . . . . . . . . . . . . . . . . . .0,02 mg Niacina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1,2 mg Vit. A ret. eq. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5 ng Vit.C . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5 mg.

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Mughetto-orsino-colchico da: www.accademiaerbecampagnole.euaglio.eu

Tutte le parti dell’aglio orsino posseggono importanti proprietà benefiche per l’intero organismo; sono tutte commestibili e a differenza dell’aglio comune hanno un sapore più delicato e prelibato. Ciò che distingue l’aglio orsino dall’aglio comune è il maggior contenuto di vitamine, soprattutto la vitamina C e la tiamina (o vitamina B1) nonché alcuni principi attivi come l’allisina e l’allinasi (che insieme formano l’allicina), composti solforati responsabili di molte proprietà benefiche di questa pianta. Proprietà ed utilizzo I principi attivi responsabili delle molteplici proprietà dell’aglio orsino sono vari: oltre ai composti solforati come l’allisina che, per mezzo dell’enzima allinasi si trasforma in allicina; troviamo i composti fenolici, polifenoli, flavonoidi e fitosteroli; e come detto in precedenza, la vitamina C e vitamina B1. Dai suddetti principi attivi derivano le proprietà che vengono ascritte a questa pianta bulbosa che sono: depuranti, antimicotica, antifungina, antisettiche, purifica l’organismo, protegge dalle malattie del cuore, contribuisce a mantenere equilibrati i livelli di colesterolo, ecc. Uso terapeutico In fitoterapia e nella medicina tradizionale l’aglio orsino è raccomandato in diverse situazioni e disturbi sia consumato fresco oppure in decotti per uso interno

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ed esterno ed anche con integratori (puri o miscelati). Tra i vari usi farmacologici consigliati troviamo il suo utilizzo: - come antimicrobico e antibatterico, per la presenza dell’allicina efficace con tro microrganismi spesso resistenti ad alcuni antibiotici; - come vermifugo capace di eliminare i vermi parassiti dell’intestino; - come antisettico - come efficace diuretico - come aiuto per ridurre i livelli di colesterolo e proteggere le arterie dalla formazione di aterosclerosi; - come antiossidante data l’alta quantità di vitamine e minerali. - per l’abbassamento della pressione arteriosa; - come purificatore del sangue dai metalli pesanti - come lenitivo e depurativo per ogni tipo di pelle Va inoltre rilevato che l’aglio orsino, oggigiorno, ha avuto una grande rivalutazione anche a livello industriale e viene utilizzato per la produzione di disinfettanti e repellenti. Viene altresì usato come integratore alimentare e, nel settore erboristico/farmaceutico, lo troviamo in una vasta gamma di prodotti (puro o miscelato) quali compresse, polveri, capsule, oli, pomate, tinture, sciroppi, ecc. per uso interno ed esterno. Utilizzo in cucina Come detto in precedenza, tutte le parti della pianta sono edibili. Personalmente

posso affermare che, effettivamente, l’aglio orsino ha un sapore più delicato ed è più digeribile rispetto all’aglio tradizionale. Con le foglie fresche possiamo insaporire le patate lesse, le misticanze di insalata, alcuni piatti di pesce e rendere più appetitosi formaggi freschi e primo sale. Con le foglie ed i fiori si possono fare anche delle ottime frittatine, preparare gustose salse e pesti. I bulbi generalmente si usano come l’aglio comune. Nonostante l’aroma e il sapore dell’aglio orsino ricordano quelli dell’aglio tradizionale, in realtà la sua influenza sull’alito è molto meno efficace. In ogni caso è possibile abbinare l’aglio orsino con timo, salvia, prezzemolo e rosmarino che aiutano a neutralizzarne l’odore ed il sapore. Voglio consigliare un pesto all’aglio orsino veramente gustoso che abbiamo realizzato e utilizzato in un piatto con gnocchi di patate e spek. Ecco la ricetta: 50 gr. di foglie giovani e piccole di aglio orsino (quelle grandi sono un po’ legnose) e qualche fiore; 10 noci di Romagna; 20 gr. di parmigiano; 10 gr. di pecorino sardo; 60-70 gr. di olio EVO; un pizzico di sale. Se non avete il mortaio va bene anche un buon frullatore o mixer. Ottimo nella versione con gnocchi, ma va bene con qualsiasi tipo di pasta ed un profumo ed un sapore delicato allieteranno il vostro olfatto e palato. Se volete utilizzarlo per i crostini basta aggiungere un pò di pepe. Uso per i canarini Anche per i l’aglio orsino non ho trovato alcun riscontro scritto del suo utilizzo in campo ornitologico. Date le sue proprietà assimilabili a quelle dell’aglio comune, chi ha la possibilità di reperirlo può tranquillamente utilizzarlo al posto di quest’ultimo, tenendo in considerazione che è più potente. Per i miei canarini in mancanza o in alternativa allo scalogno, avendone disponibilità certa e sicura nel mio giardino, adopero sia foglie e fiori, che i piccoli bulbi dell’aglio orsino frullati, come prevenzione per tutte quelle patologie che potrebbero minare l’organismo dei riproduttori e dei pullus, miscelati al couscous e al pastoncino di allevamento. Procedimento e proporzioni: rimando alla mia ricetta pubblicata nell’articolo sullo


Allium ursinum, fonte: Wikipedia

scalogno sul n 5 di Italia Ornitologica del 2022 pag 45. Per concludere, riferendomi sempre alla stagionalità degli alimenti, più volte richiamata nei miei scritti, anche l’aglio orsino ha il suo periodo di raccolta ed utilizzo. Da fine Marzo e per tutto il periodo Aprile - Maggio, possiamo usufruire delle prime foglioline tenere e dei bellissimi fiori, mentre per i bulbi il periodo più propizio per la raccolta sono i mesi che vanno da fine Giugno, a tutto Agosto. Infine riporto un aforismo ed un proverbio inglese che si adattano all’argomento e recitano così: - I medici non si stancano mai di ripetere: un grammo di prevenzione vale più di un chilo di cura. La forza della natura è un potente alleato. - Eat leeks in Lide and ramsons in May / And all the year after the physicians may play (mangia porri a marzo, aglio orsino a maggio, e i medici non avranno nulla da fare per tutto l’anno). Ad maiora semper

Alcune fonti: - Erbe di campo - Marta Micheletti - MKLibri - https://it.wikipedia.org/wiki/Allium_ursinum - http://www.viedelgusto.it/aglio-orsino/ - https://www.viversano.net/alimentazione/mangiare-sano/aglio-orsino-proprieta

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CRONACA

Lezioni dal vivo di Ornitologia

Bambini e canarini, un binomio tutto da scoprire e valorizzare

Iniziativa dell’Associazione Ornitologica San Severese testo e foto di ROSA MEOLA

B

ambini e canarini, un binomio tutto da scoprire e valorizzare per accrescere nei piccoli il rispetto per la natura e l’ambiente. In un periodo di stasi di Mostre Ornitologiche causata dal Covid, dall’influenza aviaria ecc. mi è sovvenuto un ricordo di infanzia. Mio padre mi portò ad una Mostra Ornitologica che si era tenuta ad una scuola media inferiore, se ricordo bene; in quel periodo (questo lo seppi solo molti anni dopo) il Presidente Dell’Associazione Ornicoltori Dauni era il Sig. Camillo Mancino. Ero rimasta estasiata nel vedere tutti quegli uccellini di vari colori e caratterizzati da canti diversi. Dunque, una volta adulta, ho pensato se potessimo fare qualcosa come associazione. Alla Sezione Primaria dell’Ic Zannotti Frac-

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cacreta di via Mazzini l’approccio alla vita ed alle caratteristiche degli uccelli diventa argomento di studio per capire la Natura, comprendere i fenomeni naturali e coltivare il rispetto per l’ambiente. Questa iniziativa è stata subito accolta dall’insegnante Rachele Pisone e in men che non si dica, come associazione, ci siamo subito attivati per trasferire presso i due plessi scolastici gabbie, canarini, uova appena deposte per far vedere ai piccoli alunni il ciclo vitale di questi meravigliosi volatili. La mia paura era l’approccio con i bambini: non sapevo da dove iniziare, invece loro hanno fatto mille domande, hanno chiesto tante spiegazioni sulle caratteristiche e sulla vita dei canarini in allevamento. I loro sguardi, la loro dolcezza e delicatezza


La dolcezza e delicatezza nell’accarezzare quei piccoli canarini mi hanno commossa

nell’accarezzare quei piccoli canarini mi hanno commossa. Voglio ringraziare di vero cuore Antonio Di Rita, Socio Fondatore della nostra amata Associazione Ornitologica San Severese, che nel suo intervento ha voluto comunicare ai bambini l’amore e la dedizione necessari per portare avanti tale passione (che non conosce ferie né fine settimana liberi). Mi chiedo se tra quei bambini ci sarà qualcuno che si innamorerà di questa passione, alleverà e magari diventerà anche lui, a sua volta, Presidente di associazione proprio come è capitato a me.

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CRONACA

Assemblea dei Soci della Maceratese Con la riunione in presenza tornano i momenti di festa testo di MASSIMO SABBA, foto GIANCARLO STOPPONI

S

i è svolta domenica 22 maggio l’assemblea dei soci della Associazione Ornitologica Maceratese. Presso la sede sociale nel borgo di Villa Potenza di Macerata i soci AOM, convocati dal Presidente Maurizio Giorgini, si sono finalmente potuti riunire in presenza, dopo oltre un biennio di soli collegamenti in videoconferenza a causa della pandemia. I lavori dell’assemblea si sono svolti con rinnovato entusiasmo e forte desiderio di partecipazione al programma di iniziative che il Consiglio Direttivo ha presentato agli intervenuti, tra le quali spicca l’organizzazione, insieme all’Associazione di Pescara, del Campionato Nazionale di Specializzazione che si svolgerà a Montesilvano nel prossimo di-

cembre. Inoltre, l’AOM ha confermato la partecipazione al comitato organizzativo del Campionato Interregionale di Aprilia del prossimo 23 ottobre, che coinvolgerà i tre raggruppamenti di Lazio, Abruzzo/Molise e Marche/Umbria e ufficializzato le collaborazioni con l’Associazione Recanatese-Valmusone per la mostra del 16 ottobre e con la mostra di Morciano di Romagna, quest’ultima organizzata dalle Associazioni di Rimini e Pesaro nel weekend del 5/6 novembre. Man mano che si avviava alla conclusione, l’assemblea si è progressivamente trasformata in un evento celebrativo per i soci della Maceratese, grazie soprattutto all’abile regia di Mario Cecchi, il quale sa sempre cogliere l’occasione per trasformare ogni incontro in una festa.

Da sx. Maurizio Giorgini, Massimo Sabba, Diego Crovace e Marino Cecchi

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Era presente Diego Crovace, il quale, oltre ad essere socio AOM e Vicepresidente federale, è stato festeggiato per la recente elezione alla Presidenza dell’Ordine Mondiale dei Giudici. Era presente anche Massimo Sabba, Presidente del raggruppamento Marche/Umbria, il quale per l’occasione ha donato un quadro raffigurante San Francesco durante la predica agli uccelli. Presenti inoltre, in qualità di ospiti, i Presidenti delle associazioni di Rimini e Pesaro, ovvero Marco Migani ed Emanuele Mazzanti. La festa si è conclusa con un pranzo sociale organizzato dall’inossidabile Mario Cecchi e offerto dal socio onorario, nonché socio fondatore, Nazzareno Cappella.

Tra i presenti anche Nazzareno Cappella (primo da dx.) socio onorario e fondatore della A.O.M.


CRONACA

Piccola storia del vaccino contro il vaiolo in Italia testo e foto di GIANCARLO FRASCHETTI e FRANCESCO BADALAMENTI

L

e prime informazioni circa il vaccino contro il vaiolo del canarino in Italia riportano indietro nel tempo sino all’anno 1971, in particolare alle iniziative intraprese dall’Associazione Pavese Ornicoltori fondata nel 1953 e affiliata alla F.O.I. (cod. 370), prima Associazione Ornitologica italiana a distribuire tra i propri iscritti il suddetto vaccino anti vaiolo. Correva l’anno 1970 quando il compianto Dott. Giampiero Ragazzi, Vicepresidente F.O.I., fondatore e Presidente Onorario dell’Associazione Pavese Ornicoltori, venne nominato Giudice O.M.J. della sezione Colore. L’anno successivo venne convocato in Germania a giudicare in una Mostra internazionale C.O.M. e in quell’occa-

sione venne a conoscenza che in questa nazione era disponibile il vaccino contro il vaiolo, comunemente usato con successo da parecchi allevatori tedeschi. Negli anni ‘70, in Italia, numerosi allevamenti erano stati decimati dal terribile virus, si tentò quindi di combattere il vaiolo, senza tuttavia ottenere positivi risultati, eseguendo le vaccinazioni utilizzando i vaccini per polli e per piccioni. Tramite sue personali conoscenze il Dott. Ragazzi riuscì a reperire un certo quantitativo del vaccino per i canarini comunemente utilizzato in Germania. Arrivato a Pavia, presentò ai soci dell’A.P.O. il medicamento, assicuran-

doli della sua efficacia. Alcuni soci erano scettici alle novità, mentre altri si dimostrarono abbastanza interessati e quindi si iniziò a vaccinare. Negli allevamenti che avevano praticato la vaccinazione, non fu riscontrato alcun caso di vaiolo. La vaccinazione fu eseguita tramite puntura alare nella plica cutanea, praticando due fori con un ago n. 16, intinto per due volte nella soluzione vaccinale. Al termine di ogni vaccinazione l’ago veniva passato alla fiamma per la sterilizzazione. L’efficacia della vaccinazione si evidenzia dopo 7 - 8 giorni, manifestando due piccole pustole ai punti dell’inoculazione.

Vecchie scatole vaccini anni del 1983 e del 1987

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Le dosi di vaccino non utilizzate furono consegnate al Prof. Rinaldi, all’epoca Direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Pavia, il quale, sorpreso dalla novità, le fece pervenire al Dott. Nardelli, Direttore dell’Istituto Zooprofilattico di Brescia alla sezione di virologia, per poter effettuare la moltiplicazione del vaccino. Occorre rammentare che proprio in quel periodo la sede della Federazione Ornicoltori Italiani si trovava proprio a Brescia, in Via Bezzecca n. 10. Il costante interessamento del Segretario F.O.I. Dott. Giuseppe Guarneri, medico, Giudice F.O.I. e residente in Bedizzole a pochi Scatola del vaccino Kanapox prodotto in Francia negli anni ‘80 chilometri da Brescia, giovò molto alla riuscita del progetto, Toulousiane d’Ornithologie e tramite tanto che già a partire dal 1972 qualgli amici francesi è stato possibile siasi tesserato della Federazione pousufruire anche del vaccino Kanapox teva usufruire del vaccino per canarini, prodotto in Francia (vedi Foto). per quell’anno distribuito gratuitaA partire dal 1988 il vaccino non venne mente, richiedendolo direttamente alpiù prodotto in Italia, e molti allevatori l’Istituto Zooprofilattico di Brescia. si organizzarono tra loro per procuNel 1983 l’Associazione Pavese Ornirarsi vaccini di provenienza estera. Accoltori si è gemellata con l’Entente

Foglietto illustrativo dell’epoca

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quistando, purtroppo, spesso prodotti non certificati o non trattati correttamente (es. trasporto a determinata temperatura costante). Da qualche anno, per la necessaria profilassi, per la prevenzione e per contenere la diffusione del vaiolo nei canarini, è disponibile il vaccino Poulvac acquistabile in farmacia con prescrizione veterinaria. La produzione è certificata e autorizzata a livello internazionale dall’Azienda Farmaceutica Zoetis. La Federazione Ornicoltori Italiani si è dichiarata disponibile a collaborare con la Zoetis al fine di monitorare la situazione epidemiologica del vaiolo aviare negli uccelli da gabbia e da voliera, con il fine di agevolare tutti i suoi allevatori federati nel reperimento e nella somministrazione del vaccino ai soggetti presenti nei rispettivi allevamenti, operando possibilmente anche per un contenimento dei costi delle singole confezioni nonché per limitare ulteriori aumenti tariffari.


Da alcuni anni grazie all’accordo raggiunto dalla Federazione Ornicoltori Italiani con l’azienda produttrice (Zoetis) e il distributore (Demas), il vaccino Poulvac Canary Pox FOI (anti-vaiolo per canarini n. 50 dosi per confezione) è disponibile su scala nazionale a costo scontato. Tutti gli allevatori tesserati F.O.I. possono quindi prenotare il vaccino a un prezzo notevolmente inferiore rispetto a quello di listino. La confezione è composta da una fiala di vaccino liofilizzato, da una fiala di solvente, una siringa per l’aspirazione del solvente, da un ago a due punte per la vaccinazione e da un foglietto illustrativo. Per poter usufruire di questa convenzione, tutti gli allevatori F.O.I. interessati possono ordinare le confezioni di vaccino rivolgendosi alle proprie Associazioni di appartenenza, le quali si faranno carico di trasmettere gli ordini e i rispet-

Scheda informativa del vaccino Poulvac Canary Pox FOI

tivi pagamenti ai Raggruppamenti. Questi ultimi, dopo aver raccolto ed evaso le richieste al distributore, comunicheranno alle rispettive Associazioni territoriali il luogo, la data e l’orario indicativo della consegna delle confezioni di vaccino, che verrà effettuata tramite furgone a temperatura controllata, così

La prima piattaforma di annunci on-line per lo scambio di uccelli da gabbia e da voliera, di attrezzature e accessori ornitologici OrniScambio è raggiungibile cliccando il banner sul sito

www.foi.it

La consultazione è abilitata a tutti, anche se non registrati

da poter concordare il ritiro. La vaccinazione ha la durata di dodici mesi e annualmente deve essere ripetuta. Per ogni ulteriore informazione, circa vaccino è possibile contattare la Federazione utilizzando esclusivamente la seguente e-mail: ordini@foi.it

L’accesso per pubblicare gratuitamente le inserzioni è riservato in esclusiva agli allevatori in regola con l’iscrizione alla F.O.I. o accedendo dall’area INTRANET FOI

Registrati subito, è semplicissimo!

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V olontariato La meraviglia di un incontro

Progetti ed eventi

M

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i piacerebbe continuare a raccontarvi delle esperienze che in questi ultimi mesi ho avuto nelle varie strutture che mi hanno ospitato e che mi hanno piacevolmente ricontattato, perché contenti del precedente incontro con i nostri amici canarini. L’emozione più bella e gratificante che ho colto nei volti dei bambini e dei ragazzi che ho incontrato è stata la meraviglia di ritrovarsi tra le mani un esserino così tenero, apparentemente fragile, e tanto docile. Questo stupore porta inevitabilmente alla voglia di prendersi cura di lui, di dedicarsi ai suoi bisogni. Qui vorrei tranquillizzare tutti coloro che mi hanno chiesto se i canarini in questo modo subiscono stress: vi dico che ciò non accade, perché i miei piccoli piumati sono già da tempo abituati e affezionati alla presenza di esseri umani. È proprio questo il percorso di sensibilizzazione che continuerò a seguire, certo che la compagnia di uno o più canarini non può che portare benefici, migliorando l’umore, diminuendo il senso di solitudine, aiutando i bambini e i ragazzi nelle loro abilità emotive e sociali. Allora, ci vediamo alla prossima esperienza! Parola di Giuseppe Albergo


DIDATTICA & CULTURA

I Padri dell’Ornitologia italiana

Edoardo Imparati (Piacenza 27 gennaio 1872 - 30 luglio 1945) di ROBERTO BASSO E MANUEL PAVANELLO, foto ARCHIVIO CIVICO MUSEO DI STORIA NATURALE DI JESOLO

N

asce a Piacenza il 27 gennaio 1872, da padre medico e di nobile discendenza napoletana, mentre la madre è piacentina. Sin da giovane mostra una spiccata passione e interesse per le Scienze Naturali, in modo particolare per la Zoologia, che già dalle scuole medie andò progressivamente crescendo verso le ultime classi, tant’è che dopo il diploma si iscrisse alla facoltà di Scienze Naturali della Regia Università di Pavia. Qui ebbe la fortuna di avere come professore l’esimio Pietro Pavesi e con lui si laureò brillantemente nel 1896, ma già nel ‘95 fu nominato Conservatore del Museo di Storia Naturale annesso al “R. Istituto Tecnico G. D. Romagnosi” di Piacenza, nel quale ben presto di-

Fotoritratto di quando Imparati aveva 71 anni

Copertina della 1ª edizione del 1934 “Avifauna Ravennate”

Copertina della ristampa anastatica 1981 edita da Forni Editore

venne insegnante di Storia Naturale. Svolse questa professione dal 1895 al 1901 e fu proprio in quel periodo che con entusiastico fervore giovanile profuse molte energie nello studio e catalogazione della fauna locale, pubblicando anche le prime tre note zoologiche: una sui coleotteri e le altre due sugli uccelli. Proseguì poi dal 1901 al 1922 come insegnante presso la Scuola Normale di Ravenna, frequentando contemporaneamente la facoltà di medicina della R. Facoltà di Bologna, presso la quale fu allievo del

prof. Domenico Majocchi. E fu così che nel 1906 conseguì la seconda laurea e nella città di Ravenna esercitò la professione di medico specialista in dermosifilopatica dal 1906 al 1944. Alcuni problemi di salute lo costrinsero ad abbandonare l’insegnamento, con il riconoscimento di “collocazione in pensione”, limitandosi ad esercitare soltanto la professione di medico. Uomo di nota bontà d’animo, dal carattere gioviale e umanitario, la sua vasta cultura e interessi lo portarono anche ad interessarsi di arte e musica.

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Uomo di nota bontà d’animo, dal carattere gioviale e umanitario, la sua vasta cultura e interessi lo portarono anche ad interessarsi di arte e musica

Ben presto fu conosciuto e apprezzato in diversi ambienti culturali del Ravennate; egli sapeva fraternizzare con grande spontaneità con tutti. Col trascorrere degli anni si sentì sempre più legato alla città di Ravenna e al suo territorio, che considerava una seconda patria. Ciò gli costò molto perché durante il periodo bellico della Seconda Guerra Mondiale, ed in particolare durante la pericolosa estate del 1944, Ravenna fu oggetto

di intensi bombardamenti, tant’è che nella notte del 25 agosto rimase sepolto tra le macerie della sua casa semidistrutta, in cui però perì la sua fedele domestica, che da oltre 40 anni lo aveva amorevolmente assistito. Estratto miracolosamente illeso, fu ricoverato presso una casa rurale di campagna di parenti della sua domestica, casale poco lontano dalla città, in cui poté rientrare solo nella primavera successiva, alloggiando in una

stanza di fortuna. Successivamente un suo nipote, il Dott. Mariano, lo trasferì presso di lui a Piacenza ove parve inizialmente riaversi, ma solo per breve tempo. Dopo circa due mesi, il 30 luglio del 1945 si spegneva all’età di 73 anni nella città di Piacenza, dopo quasi un anno di sofferenze dovute all’essere rimasto sepolto a lungo sotto le macerie della propria casa. Ma ciò che lo tormentava maggiormente era il pensiero della distruzione e dispersione di tutte le sue immani collezioni, di materiale zoologico di studio: le centinaia-migliaia di pelli di uccelli europei, ma anche esotici; la collezione entomologica; nidi e uova di uccelli; la sua biblioteca tematica molto impor-

Esemplare adulto di Gracula religiosa, collezione Imparati

Upupa della collezione del Museo di Storia Naturale di Piacenza

Svasso maggiore del Museo di Storia Naturale di Piacenza

Ingresso del Museo di Storia Naturale di Piacenza

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tante, da cui traeva notizie storico-biografiche fondamentali per le sue ricerche di approfondimento. Egli seppe, nell’intero territorio della provincia di Ravenna e della Romagna, creare contatti sia nell’ambiente degli allevatori amatoriali che dei cacciatori e tutti si prodigavano ad aiutarlo con l’offerta di materiale utile ai suoi studi. Di questo parlò e si sfogò con un suo affezionatissimo amico, il Prof. Vincenzo Bregoli del R. Liceo Classico di Ravenna, il quale cercò sempre di rasserenarlo e dargli nuove speranze per il prosieguo e l’ultimazione dei suoi lavori. L’opera di quasi 500 pagine dal titolo “Uccelli Esotici da Gabbia e da Uccelliera”, ancor oggi conservata in stato di manoscritto nella Biblioteca Classense di Ravenna, è rimasta incompleta e inedita. Il volume ornitologico che maggiormente lo rese famoso fu “Avifauna

Parrocchetto dal collare, collezione Imparati

Ravennate”, a cura della Commissione Provinciale Venatoria, un trattato di 315 pagine con 283 illustrazioni intercalate nel testo, contenente un elenco ragionato di 233 specie osservate in Romagna, opera comprensiva di classificazione, nomi scientifici, dialettali o popolari, distribuzione geografica, frequenza, nidificazione, migrazioni, rapporti con l’agricoltura, luoghi di cattura e di caccia, a cui sono aggiunte diverse interessanti informazioni generali sulle caratteristiche degli habitat naturali dell’Agro Ravennate. Di quest’opera nel 1981 fu edita una ristampa anastatica, che è stata curata da Arnaldo Forni Editore. Ciò che si poté salvare dal bombardamento della sua casa è oggi conservato al nascente Museo di Storia Naturale di Piacenza. A lui si deve una trentina di pubblicazioni e articoli sicuramente di elevato interesse inedito e sperimentale.

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P ensieri in libertà A ricordo di un grande Amico dell’ornitologia: Lillo

I nostri ricordi

I

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l mondo ornitologico ha perso un grande animatore, il mondo commerciale ha perso un grande imprenditore, il mondo della quotidianità ha perso una bella figura, il mio mondo ha perso un grande amico. Il giorno 14 giugno, in tarda serata, il cuore di Domenico “Lillo” Lattanzi ha smesso di battere. Un cuore forte che dal 5 dicembre, giorno in cui fu ricoverato, lo aiutava a superare tutte le fatiche e le sfortune che lo hanno perseguitato in questi mesi di degenza. Non avrei mai voluto scrivere questa lettera di saluto, in tutti questi mesi ho sempre pensato ad una sua ripresa a un suo ritorno alla vita normale. Avevamo tanti progetti da portare avanti insieme e come gli dicevo in questi ultimi mesi: “rimettiti presto perché ho trovato una trattoria dove fanno gli spaghetti alla amatriciana eccezionali”. Ma invece mi, anzi, ci ha lasciato e oggi provo a scrivere un pensiero per sintetizzare quanto ho potuto ricevere da lui in un ricordo dedicato ad una persona bellissima che ho avuto la fortuna di conoscere e vivere con tanta amicizia. Lillo, dopo anni trascorsi a guidare grandi camion in giro per l’Italia e l’Europa, spinto da una mente sempre attiva e sempre alla ricerca di idee per costruire, investì sull’attività commerciale dedicata agli animali. Con l’aiuto della moglie Vera, ha per anni fatto impresa nel settore diventando tra l’altro punto di riferimento nel mondo ornitologico. La loro azienda nacque nel centro storico di Monterotondo (Roma); giorno dopo giorno con impegno, energie e tante capacità, si è ampliata e da questa Lillo ha creato due grandi punti vendita: “La Casa di Snoopy di Monterotondo” affidata alle cure della figlia Stefania e del marito Daniele e “La Casa di Snoopy2 di Mentana” affidata alla figlia Lorenza e al marito Massimiliano. In entrambe gli esercizi commerciali si vive l’impegno di portare avanti i sogni del Lillo papà.

Era il dicembre del 2010 quando in una cena ci conoscemmo, era seduto al posto difronte a me. Ci incontrammo con altri appassionati per progettare la ripresa della nostra Associazione. Un’Associazione che stava vivendo un momento economico difficile. Molti soci in quel momento di difficoltà preferirono confluire in una nuova associazione e in pochi ci incontrammo per progettare la ripresa della nostra vecchia Associazione A.R.O. In quel tavolo c’era un bel signore, alto, carismatico e con il sorriso sempre pronto. In quei momenti venni a sapere che lui non era un vero e proprio allevatore, ma si presentava come “Allevatore degli allevatori”: questo era e divenne il suo motto. Lillo, malgrado avesse interessi commerciali, non era lì per vendere prodotti ma


era a quel tavolo per coinvolgere noi in un progetto basato sul “credere” e “agire”. Secondo lui, dovevamo credere e fare, perché con questa mentalità avremmo risollevato non solo le sorti della nostra Associazione ma anche quelle dell’ornitologia della nostra città e del nostro territorio. Aveva ragione lui. Quella sera, avendo una cultura ragionieristica di esperto di paghe e contributi dove i conti si devono far quadrare già nel budget, mi spaventò quell’atteggiamento e diffidai di quelle parole, ma lui con la sua capacità espressiva mi coinvolse e mi fece vedere che nelle sue idee non c’era incoscienza ma coraggio e nei suoi pensieri non c’erano parole ma progetti. Da quella sera nacque una reciproca fiducia: due modi di vedere le cose diametralmente opposte, la mia da dipendente con il posto fisso, la sua da imprenditore che per costruire pensava e agiva rimboccandosi le maniche e portando avanti i suoi sogni. Da allora sono passati più di undici anni, dove non c’era giorno o al massimo settimana senza sentirci o incontrarci. In questi anni, siamo andati spesso insieme e con l’amico Gennaro a visitare mostre e fiere con un unico intento: raccogliere idee per migliorare. Lillo è stato astuto, scaltro, geniale e alla nostra passione ha saputo portare molti progetti e molte idee. Lui si documentava sempre sui bisogni dei suoi clienti. Entrava in negozio un allevatore che domandava di un prodotto “X” e lui, il mattino dopo, si metteva a studiare quel prodotto e, se era un buon prodotto, lo ordinava e lo faceva arrivare al suo negozio con il pensiero che se un allevatore portava a lui una richiesta, lui gli doveva andare incontro fornendo quanto cercava. Lui, quando si trovava al cospetto di “dotti, medici e sapienti”, diceva sempre questa frase: “io sono ignorante perché non ho studiato, ma vorrei dirvi …” e come sempre le sue parole erano piene di saggezza e tanta intelligenza. In undici anni di vita associativa, non è mai stato assente ad un appuntamento, cene sociali, riu-

nioni ordinarie o straordinarie, lui era sempre presente, era sempre pronto ad aprire una finestra di luce con un pensiero limpido, sereno e spesso costruttivo e MAI critico. Lui, pur non essendo propriamente un allevatore, in una associazione di allevatori, è stato più “allevatore” di tutti gli altri. Nel 2013, ad Hasselt in Belgio ci fu il mondiale di ornitologia; Lillo e Gennaro decisero di andare e mi chiesero di unirmi a loro. Lillo era come un bambino nel negozio di giocattoli, instancabile girava tra uno stand ed un altro a guardare i prodotti, i mangimi e i pastoni e a prendere contatti con tutte le aziende interessate al mercato italiano. Furono due giorni stressanti ma divertenti con lui che si barcamenava nell’improvvisare lingue e scambi di idee con personaggi di varie nazioni. Come il migliore degli italiani all’estero, riusciva a farsi capire tra gesti e sorrisi e, quando proprio serviva, sfruttando al meglio l’aiuto e le conoscenze linguistiche di Gennaro. Lillo è stato per molti di noi un sorriso, un abbraccio, una parola di conforto, una strizzata d’occhio e una stretta di mano. Lillo aveva carisma, aveva il cuore e la mente ricchi di esperienze belle ma anche brutte che gli avevano insegnato ad apprezzare la vita, le brave persone e le persone volenterose nel fare. Lillo amava le persone buone e sincere, ma diffidava (e non dico odiava) delle persone poco trasparenti, delle persone venditrici di fumo e di chiacchiere: sapeva però trattare anche con queste persone per cercare di tirare fuori il meglio anche da loro. Nella scorsa estate andammo insieme a Chianciano alla riunione delle Associazioni FOI e durante il viaggio parlammo molto di noi, delle nostre vite e del mondo dell’ornitologia. Dalle sue parole tanti insegnamenti, tanta saggezza e tanta intelligenza. Ascoltarlo era per me un immenso piacere, che ho perduto per sempre. Addio Lillo, mi hai insegnato e hai insegnato molto con la tua meravigliosa vita. Alberto De Vita

I nostri ricordi

P ensieri in libertà

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DIDATTICA & CULTURA

Il collezionismo ornitologico

Sedicesima parte

Le collezioni naturalistiche testo e foto di FRANCESCO BADALAMENTI

C

irca una ventina di anni fa, durante il primo dei mie mandati alla presidenza del Raggruppamento Ornicoltori Siciliani (in precedenza il Raggruppamento era Interregionale e si chiamava Calabro/Siculo), avevamo avviato una collaborazione con l’Amministrazione Regionale, finalizzata al coinvolgimento dei giovani, in svariate attività e iniziative legate al mondo dell’ornitologia, didattiche, culturali, sociali e ricreative, tra queste vi era anche l’opportunità di effettuare visite guidate presso il Museo Regionale di Storia

Museo Universitario di Zoologia di Palermo dedicato al Prof. Pietro Doderlain (foto dal web)

Il Museo Ornitologico di Piacenza - sede della Federazione Ornicoltori Italiani E.T.S.

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Naturale di Palazzo D’Aumale, sito sul lungomare di Terrasini in provincia di Palermo (sul tema invito, chi fosse interessato, a rivedere un articolo a mia firma, pubblicato su Italia Ornitologica nel n. 1 del mese di gennaio 2003, avente per titolo “Le collezioni naturalistiche siciliane”). Proprio prendendo spunto dal suddetto articolo ho ritenuto di scrivere questa nota, tenendo ben presente che gli articoli sul collezionismo ornitologico, sin qui pubblicati, sono sempre stati di semplice fruibilità ed

esposti con grande leggerezza, il tema odierno, invece, impone un maggior rigore, anche se il testo non potrà tuttavia avere un approccio di tipo scientifico.

Si tratta di un collezionismo che ha coinvolto ricercatori e studiosi di grande fama


e di catalogazione svolto, oltre che con innata passione, con particolare perizia tecnica, artistica e grande conoscenza naturalistica. Collezioni ornitologiche, rappresentative dell’avifauna italiana ed europea, nonché di uccelli esotici provenienti da tutto il mondo, che consistono in esemplari impagliati, in pelli, in scheletri e crani, ai quali si aggiungono, i preparati osteologici, i preparati anatomici, le collezioni di penne, di uova, di nidi, i reperti bibliografici e i cataloghi contenenti dati e tutti i riferimenti, storici, scientifici e le indicazioni geografiche dei soggetti appartenenti alle rispettive collezioni ornitologiche. Tra le eccellenze delle collezioni museali degne di nota, vi sono quelle che includono esemplari ormai sempre più difficili da avvistare in natura, a causa della progressiva distruzione

Museo Ornitologico Comunale di Mazara del Vallo (foto dal web)

Si tratta di un collezionismo museale, che ha coinvolto, in epoche diverse, ricercatori, studiosi di grande fama, naturalisti, ornitologi, docenti universitari, biologi, tassidermisti, che attraverso le loro ricerche e le loro collezioni naturalistiche, hanno lasciato una testimonianza preziosa della

fauna ornitica italiana e mondiale. Questo tipo di collezionismo, che coinvolge i musei di ornitologia, i musei di zoologia, le facoltà di Scienze Naturali delle Università, i musei Civici di Storia Naturale degli Enti Locali, le grandi collezioni private, testimonia un lungo lavoro di ricerca, di raccolta

Locandina dell’inaugurazione del Museo Ornitologico Faunistico di Modica

Questo collezionismo, coinvolge musei ornitologici, zoologici, Università, Musei Civici ed Enti Locali

della biodiversità, di specie estremamente rare, di specie accidentali su determinati territori, di specie a grave rischio di estinzione o già considerate estinte dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. Particolarmente apprezzabili sono i diorami, nei quali vengono riprodotte scene di vario genere rappresentanti l’habitat naturale di provenienza dei soggetti o raffiguranti gruppi di uccelli, montati ed esposti insieme ai loro nidi, con ricostruzioni idonee a fornire un’idea precisa dell’ambiente ideale di vita del volatile. I musei Naturalistici e Ornitologici sono abbastanza diffusi in tutto il territorio nazionale e più numerosi di quanti si possa ipotizzare. In ogni Regione d’Italia è possibile visitare, in gran numero, spazi dedicati alla esposizione di collezioni naturalistiche. Restando nel territorio che mi è più fa-

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miliare, in Sicilia vi sono, ad esempio, oltre al già citato Museo Regionale di Storia Naturale di Palazzo D’Aumale di Terrasini, il Museo Universitario di Zoologia di Palermo dedicato al Prof. Pietro Doderlein, il Museo Ornitologico di Chiaramonte Gulfi (RG), il Museo Naturalistico Francesco Minà Palumbo di Castelbuono (PA), il piccolo Museo Ornitologico Comunale di Mazara del Vallo (TP), il Museo della Fauna del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università degli Studi di Messina, il Museo Ornitologico Faunistico di Modica (RG), inaugurato il 5 marzo 2022 e molti altri. In questa sede, non può ovviamente mancare, un particolare riferimento al Museo Ornitologico della F.O.I. Così è riportato sulla brochure predisposta in occasione della presentazione del Museo: il 6 ottobre del 2010

La collezione ornitologica consta attualmente in migliaia di uccelli

è una data che rimarrà impressa nella storia della Federazione Ornicoltori Italiani poiché è la data dell’inaugurazione del Museo Ornitologico F.O.I. (……posso con orgoglio affermare: quel giorno c’ero anch’io). Un’importante giornata di festa per la Federazione, in cui il Presidente Salvatore Cirmi condivideva con le autorità, con gli amici, con i soci, e con i collaboratori e l’apertura del Museo, ubicato a Piacenza in Via Caorsana n.94, in località Le Mose - ospitato in un edificio comunale dall’architettura tipica del primo novecento, con esposti più di mille soggetti di rara bellezza, accuratamente conservati a scopo scientifico. Nelle vetrine del Museo è conservata ed esposta la collezione di uccelli europei, una selezione di uccelli esotici e un’ampia collezione di uccelli allevati in ambiente amatoriale domestico.

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Vetrine del Museo F.O.I. Piacenza

La catalogazione e l’allestimento delle opere in un percorso di visita organizzato e coerente - così come la predisposizione dei cartellini illustrativi e del materiale informativo - è opera degli istruttori di ornitologia che periodicamente si dedicano, volontariamente, al Museo.

Vetrine del Museo F.O.I. Piacenza

La collezione ornitologica consta attualmente in migliaia di uccelli, un primo blocco proveniente dalla collezione privata del tassidermista Vanni Bianchi, successivamente arricchito dai soggetti donati dagli allevatori (ricordo che Salvatore aveva una particolare attenzione per gli ibridi rari o di difficile riproduzione).


Il Museo Ornitologico F.O.I. conserva, studia ed espone gli uccelli che vivono in natura, ma ciò che lo rende unico, nel panorama museale internazionale, rispetto ad altre strutture analoghe è l’esposizione di uccelli, esposti rigorosamente per ordine , nati in allevamenti amatoriali dei soci della Federazione Ornicoltori Italiani e della Confederazione Ornitologica Mondiale. Si possono ammirare soggetti domestici di rara bellezza, come canarini, indigeni, pappagalli, esotici e loro ibridi. Grazie alle tecniche di conservazione, qui può essere tracciata e studiata nel tempo la sequenza evolutiva delle diverse razze, delle loro mutazioni, dei differenti colori e varietà Il Museo F.O.I. non è soltanto un luogo fisico da visitare ma rappresenta un moltiplicatore di operatività, un vo-

Logo del Museo FOI

Attività didattiche all’interno del Museo F.O.I.

Il Museo F.O.I. non è solo un luogo fisico da visitare ma rappresenta un moltiplicatore di operatività

lano che consente alla Federazione di diventare un centro propulsivo di nuove attività in ambito faunistico e di tutela della natura. Esso nasce dal desiderio di divulgare la cultura ornitologica attraverso la conoscenza, anche visiva, degli uccelli e l’attenzione per quelle caratteristiche che li rendono così particolari tra gli esseri viventi. La collezione permanente oltre a costituire un’ottima occasione didattico – culturale, consente di effettuare una piccola piacevole passeggiata nella natura, anche attraverso la visione delle voliere esterne, alla scoperta delle sue straordinarie creature alate, nonché di allestire in accordo con gli istituti comprensivi e di istruzione superiore, mostre temporanee di pittura, di fotografia e ricerche sull’avifauna, sull’ambiente e sulla natura.

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Attività F.O.I. Sintesi verbali del Consiglio Direttivo Federale del 18 e 19 Marzo e 12 Maggio 2022 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Campionato Nazionale di Specializzazione (chiusura 18 dicembre 2022): determinazioni; Le Associazioni Ornitologiche Rocchese “Il Castello”, Campania Felix, A. Ghigi e U.N.O. Campania, costituenti il Consorzio Ornicampania organizzatore del Meeting Ornitologico Campano, hanno comunicato l’accettazione della proposta inviata dal CDF per l’organizzazione dell’evento per i canarini F.P. Lisci - Canarini F.P. Arricciati. Le Associazioni Pescarese e Maceratese hanno comunicato l’accettazione della proposta inviata dal CDF per l’organizzazione dell’evento relativamente alle Specializzazioni EFI ed Ondulati e altri Psittaciformi. La sede individuata per i canarini F.P. Lisci - Canarini F.P. Arricciati è Nocera Inferiore mentre quella per EFI ed Ondulati e altri Psittaciformi è Montesilvano (PE). Il CDF, pur rimanendo in attesa di valutare ipotesi al momento ancora ricorrenti circa l’organizzazione dell’evento per il settore Colore, recepisce la disponibilità delle Associazioni Pescarese e Maceratese ad ospitare anche tale ultima Specializzazione. Si rimane in attesa di valutare sviluppi per la sezione Canto. Il CDF comunica che per le iniziative di cui innanzi viene previsto un contributo sui costi dei convogliamenti (la cui attivazione rimane a carico dei Comitati Organizzatori) e si valuteranno ipotesi di riconoscere contributi anche relativamente agli altri settori organizzativi. Si precisa che, per quanto all’evento sia privilegiata la presenza dei Club di Specializzazione, lo stesso è aperto alla partecipazione di tutti i tesserati FOI, indipendentemente dalla loro iscrizione ai Club medesimi. Il CDF prevede che le Mostre di cui innanzi siano occasione di partecipazione e di aggiornamento per i Giudici che ne avessero interesse, favorendo, di concerto con i Presidenti di Collegio nell’Ordine dei Giudici, con le CTN e con i Club, la loro presenza nelle località prescelte. In tale ottica il CDF valuterà altresì di esentare gli organizzatori dal pagamento della quota dei Giudici italiani convocati. I Comitati Organizzatori sono tenuti a mettere a disposizione spazi dedicati agli incontri convegnistici fra giudici ed allevatori nei pressi delle strutture ospitanti i soggetti in esposizione per singola razza e/o mutazione. Ai fini della premiazione il CDF ritiene che venga data massima valenza al Titolo di Campione Nazionale di Specializzazione ed ai successivi piazzamenti (fino al terzo posto) mediante il riconoscimento di pergamena e coccarda, queste ultime da intendersi standardizzate per tutti i Comitati Organizzatori che di concerto tra loro ne decideranno le tipologie. I Club presenti hanno titolo di prevedere premiazioni speciali dedicate ai loro iscritti. Le Mostre relative alla tenuta del Campionato Nazionale di Specializzazione dovranno comunque essere inserite a calendario esclusivamente dalle associazioni organizzatrici. La partecipazione dei Club al Campionato Nazionale di Specializzazione non verrà considerata come una delle quattro mostre da ciascuno inseribili a calendario ai sensi dell’art. 13, ultimo comma, del Regolamento Club di Specializzazione. Sarebbe auspicabile che, in concomitanza con il Campionato Nazionale di Specializzazione, non fossero inserite a calendario altre Mostre. - Il CDF delibera la concessione del contributo di euro 1.000,00 all’Associazione Ornitologica Basso Piave per la tenuta dell’Oasi Naturale di Trepalade di Quarto d’Altino (VE).

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- Il CDF delibera l’invio di euro 1.000,00 per l’acquisto di materiali ornitologici da destinare alla COM Ucraina. - Il CDF ritiene di non poter accogliere la richiesta di rimborso delle spese postali avanzata dall’Associazione Bellator Frusino di Frosinone in quanto la consegna degli anellini è franco sede associazione, non rilevando le successive spedizioni verso le residenze dei tesserati. - Il CDF autorizza espressamente la modifica ed integrazione dell’atto costitutivo del Comitato Organizzatore del 70° Campionato Mondiale di Ornitologia Piacenza 2022, registrato presso l’Agenzia delle Entrate, Ufficio Territoriale di Piacenza in data 03/06/2021 al n. 1479, Serie 3, per modo da renderlo funzionale a tutte le attività organizzative del 70° Campionato Mondiale di Ornitologia Napoli 2023, con particolare riferimento alla modifica della denominazione nonché alla modifica ed all’integrazione del patto sociale. Nel contempo si autorizza l’apertura di un conto corrente bancario intestato al Comitato Organizzatore del Campionato Mondiale di Ornitologia Napoli 2023. Il CDF delibera di corrispondere a quest’ultimo Comitato l’importo di euro 80.000,00 a titolo di anticipazione per far fronte agli iniziali impegni economici del Campionato Mondiale di Ornitologia Napoli 2023. - Il CDF delibera l’adesione della FOI quale membro costituente dell’associazione “Esotici ma Familiari” espressamente autorizzando il Presidente a sottoscrivere l’atto di costituzione ed a versare il contributo economico relativo alla partecipazione. Tale associazione avrà lo scopo di rappresentare tutti i partecipanti e gli aderenti nelle sedi competenti alla formazione di testi normativi in grado di incidere sull’attività di allevamento amatoriale nonché nelle competenti sedi scientifiche di riferimento. La FOI sarà chiamata ad indicare uno dei vicepresidenti nonché tre membri del Consiglio Direttivo. - Il Presidente dispone che i dipendenti F.O.I. e ognuno di essi per quanto di rispettiva competenza, predispongano le bozze del Bilancio Consuntivo e del Bilancio Preventivo da sottoporre all’esame ed approvazione del Consiglio Direttivo Federale improrogabilmente entro il 31 gennaio. Il Consiglio Direttivo Federale sarà all’uopo convocato non oltre il primo fine settimana di febbraio. Quanto innanzi a motivo di specifica indicazione pervenuta dall’Assemblea Generale delle Associazioni tenutasi a Chianciano Terme (SI) il 24 aprile 2022. - Il CDF delibera la concessione di un contributo straordinario di euro 2.183,80 IVA compresa all’Associazione Passione Pappagalli Free Flight per l’acquisto di un gazebo necessario per le attività nelle scuole e per gli eventi di beneficenza con bambini diversamente abili, accettando il preventivo di spesa n. 76/2022 Lucky di Francesco Garulli di Sant’Angelo in Vado (PU). Sul telo di copertura del gazebo andrà fatto apporre in piena visibilità il logo della FOI. - Il CDF delibera la concessione di un contributo straordinario di euro 2.580,00 per la realizzazione e l’apposizione di un cancello carraio scorrevole necessario per il controllo dell’accesso all’Oasi di Trepalade (VE). Preventivo di spesa n. 068/22 OMFP di San Donà di Piave (VE). Sullo scudo in ferro del cancello andrà fatto imprimere il logo della FOI.




Articles inside

Alberto De Vita

6min
pages 60-61

Francesco Badalamenti

6min
pages 62-65

Attività F.O.I. - Sintesi verbali C.D.F. del 18/19 marzo e 12 maggio 2022

5min
pages 66-68

Pierluigi Mengacci

14min
pages 45-49

Giancarlo Fraschetti e Francesco Badalamenti

4min
pages 53-55

Rosa Meola

2min
pages 50-51

Massimo Sabba

1min
page 52

Gennaro Iannuccilli

6min
pages 41-44

Giovanni Canali

12min
pages 27-31

Giovanni Canali

5min
pages 5-6

Le foto scattate dagli allevatori

1min
pages 32-33

Ivano Mortaruolo

8min
pages 7-10

Giovanni Fogliati

3min
pages 34-35

Piercarlo Rossi

13min
pages 21-26

Francesco Di Giorgio

3min
pages 36-37
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