Italia Ornitologica numero 2 2022

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Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

ANNO XLVIII numero 2 2022

Canarini di Colore

Estrildidi Fringillidi Ibridi

Canarini di Forma e Posizione Lisci

Veterinario

Piumaggio dei Canarini di Colore

Il Tico Tico o Passero dal collare rossiccio

Il Border canary

Polmonite erpetica nel Parrocchetto dal collare



ANNO XLVIII NUMERO 2 2022

sommario 3 5

Giudici Giovanni Canali

Piumaggio dei Canarini di colore Roberto Bernardini

Il Nero opale in Italia e nel mondo (2ª parte) Amedeo Passafiume

Il collezionismo ornitologico (12ª parte) Francesco Badalamenti

C’è camola e camola Luca Gorreri

Recensioni - novità editoriali Gennaro Iannuccilli

Canarini di Colore

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Estrildidi Fringillidi Ibridi

Il Tico Tico o Passero dal collare rossiccio (1ª parte) Pier Carlo Rossi e Adriano De Sousa Santo

Il Border canary Sergio Palma

Polmonite erpetica nel Parrocchetto dal collare Stefania Leone

Si può fare Filippo Morrone

Photo Show Le foto scattate dagli allevatori

La necrofilia negli uccelli (1ª parte) Ivano Mortaruolo

AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: Segreteria F.O.I.-Onlus Via Caorsana, 94 - Località Le Mose 29122 Piacenza Tel. 0523.593403 - Fax 0523.571613 Web: www.foi.it - E-mail: redazione@foi.it

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OrniFlash News al volo dal web e non solo

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Giuseppe Nastasi

Specie e Razza (3ª parte) Umberto Zingoni

Pagina aperta Argomenti a tema

Attività F.O.I. - Verbale Consiglio Direttivo del 16 gennaio 2022

Direttore Responsabile: Antonio Sposito Caporedattore: Gennaro Iannuccilli Collaboratori di Redazione: Giovanni Canali, Maurizio Manzoni, Francesco Rossini

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Canarini di Forma e Posizione Arricciati

Canarini di Forma e Posizione Lisci

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Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 2 - 2022 è stato licenziato per la stampa il 28/2/2022



Editoriale

Giudici di G IOVANNI CANALI

È

ben noto che i giudici sono indispensabili alle mostre, come lo sono gli arbitri per le partite. Va da sé che sia i giudici che gli arbitri sono al centro di infinite polemiche. Ai giudici va anche peggio, poiché sono loro che determinano l’esito. L’arbitro non decide chi vince, dirige soltanto, anche se suoi errori gravi possono condizionare una partita. Pensate cosa succederebbe se l’arbitro di calcio fosse anche giudice e decidesse chi è il vincitore, anche indipendentemente dal numero delle reti segnate... Gli “arbitri giudici” dovrebbero essere anonimi e mascherati, dovrebbero essere portati via con un elicottero e dovrebbero lanciare il verdetto dall’elicottero in volo. Non mi soffermo sull’aspetto delle polemiche che si fanno sui giudizi, poiché sono temi oltremodo sfruttati e si è detto di tutto e si continuerà a dire di tutto. Per diventare giudici, possibilmente bravi, è necessario avere diverse condizioni: prima di tutto un talento naturale, il colpo d’occhio non si impara, poi una preparazione almeno buona sotto tutti gli aspetti e naturalmente la passione, senza la quale non ci si pensa nemmeno ad intraprendere una via così ardua. Del resto è così in tutti i campi. Non si diventa cantanti di successo senza la voce fornita dalla natura, ma non basta; occorrono anche studio ed impegno. È così in tutte le attività che richiedono talento e studio.

Dal canto mio posso dire che come giudice ho certo commesso qualche errore, ma sempre in buona fede. Inoltre ho dato un contributo all’ordine dei giudici tenendo diversi corsi allievi giudici, spesso molto ben ricordati. Aggiungo che facendo il giudice, oltre a rendere un servizio indispensabile, ci si potenzia sul piano tecnico. Trovarsi a dover giudicare aiuta a migliorare l’occhio preesistente ed a renderlo particolarmente raffinato, aumentando anche l’esperienza. Spesso si insiste per avere un giudizio omogeneo. Ci si sforza in tal senso, ma la gamma delle categorie a concorso è molto ampia e l’occhio delle diverse persone non è uguale. Oggi si tenta di avere un risultato sempre migliore con super specializzazioni: i master. Si spera di avere buoni risultati, ma la pienezza dell’esito sarà sempre impossibile da raggiungere. Comunque sempre meglio impegnarsi per avere un risultato il migliore possibile, anche se non perfetto. Del resto la natura umana è imperfetta. Ci possono essere opinioni diverse su vari temi; tuttavia, quando si giudica, il giudice deve applicare gli standard anche quando non li condivide. Ho già citato il caso del crampo allo stomaco che ho avuto quando, interpellato da un giovane collega, dovetti indicargli come migliore il nero con meno feomelanina, rispetto ad un altro che ne aveva di più: secondo natura, ma non secondo lo standard. Chi non se la sentisse dovrebbe dimettersi, ma non potrebbe giudicare diversamente dagli standard anche quando gli standard sono errati o non condivisi. Però i giudici potrebbero e dovrebbero lamentarsi di fronte a certi errori, specialmente se gravi. Qui devo dispiacermi; sono stato quasi solo ad evidenziare certi errori, in forma ufficiale e scritta. Certo, a tu per tu ottenevo ampio consenso, ma ufficialmente un silenzio quasi perfetto, dando ad alcuni l’impressione che fossi io un eterno scontento ed un pignolo. Bisogna entrare nell’ordine di idee che tacere è un atteggiamento rinunciatario che fa quasi condividere la responsabilità sull’errore taciuto.

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Editoriale Situazione ben diversa è data dagli andazzi, cioè la tendenza a non seguire gli standard anche se esatti, per seguire tendenze non ufficiali ma alla moda. È il caso dell’agata opale ove si privilegiano i soggetti con il disegno meno diluito e quindi pesante, per avere più azzurro. Questo aspetto favorisce l’appariscente sul tipico e denota la necessità di approfondire l’espressione delle melanine e di educare il gusto alla vera tipicità e non alla superficiale prima impressione. Le CTN non sono responsabili di questi ultimi tipi di errore, a meno che non diventino partecipi, cioè seguendo pure loro l’andazzo. Una responsabilità di alcuni giudici si è manifestata recentemente con il non recepire bene la ragione della saggia decisione della CTN “Colore” di separare i gialli avorio dai gialli, come pure analogamente nei fattori rossi, almeno nei classici, come minimo nei campionati italiani. Purtroppo ho dovuto notare che in alcuni casi non è stato neppure assegnato il titolo. Questo perché evidentemente non si è recepito il fatto che l’avorio mette in evidenza la feomelanina come del resto il bianco, poiché sono colori di fondo più chiari rispetto al giallo ed al rosso. È indispensabile che questo concetto, peraltro da me più volte evidenziato, venga recepito, anche per evitare che magari vincano solo i portatori di satiné. Comunque sia, i giudici come del resto tutti i professionisti devono aggiornarsi costantemente. Nessuno di noi andrebbe da un commercialista che applicasse leggi di 10 anni fa, non a caso gli ordini professionali organizzano corsi obbligatori per i loro aderenti, pena l’esclusione dall’albo. Per aggiornarsi, non basta tenere conto delle delibere approvate dal direttivo FOI e quindi vincolanti, ma occorre approfondire la preparazione su testi e riviste. Si badi, non solo del nostro ambiente, che è il minimo sindacale, ma possibilmente anche in campo scientifico ornitologico. Per quanto concerne la specializzazione, ne ho già parlato precedentemente; aggiungo che non dovrebbe essere troppo precoce, per non diventare settaria. Ricordo la frase di un medico specialista, molto apprezzato, che disse ad un giovane medico che voleva specializzarsi come lui: “le specializzazioni sono una gran bella cosa, ma ricordati che prima devi imparare a fare il medico”. Credo che un discorso del genere vada bene anche nel nostro ambiente. Se non altro dovremmo pretendere, come priorità, l’ottima conoscenza dei 4 tipi base, senza la quale, l’uscita di strada è solo una questione di tempo. Inoltre, personalmente amo molto gli studi comparati. Non a caso ci tengo a dire che non sono un Tizio che al-

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leva canarini di colore, ma un ornitologo dilettante che alleva canarini di colore. Gli studi comparati sono molto utili, poiché spesso certe caratteristiche sono comuni a diverse specie ed esistono tendenze generali che è bene conoscere. Esemplificando possiamo dire che: l’eumelanina è maggiore nei maschi e la feomelanina nelle femmine, fatte salve poche eccezioni, oppure che la brinatura è maggiore nelle femmine e le zone di elezione maggiori nei maschi; magari questa conoscenza avrebbe potuto evitare l’equivoco sull’origine del mosaico. C’è poi l’aspetto dell’allevamento. Il giudice deve essere allevatore. Non a caso si è sempre definito come: “un allevatore di provata esperienza”. Per gli specialisti, certo allevatore dei tipi sui quali verte la specializzazione. Si badi però che allevare non basta, bisogna anche capire e quindi approfondire. Mi è toccato di sentire frasi invereconde, da parte di allevatori, sostenute dall’argomento: “ma io li allevo...” non basta, bisogna anche capire le ragioni profonde. Quindi certamente allevare ma anche approfondire, senza fare di risultati particolari regole generali o altre amenità del genere. Il rapporto di causa effetto deve essere reale, non solo apparente. Altrimenti c’è il rischio di dare la fecola di patate ai mosaico per farli diventare più bianchi, e poi è inutile dire: “però li allevo ed ho anche vinto”. In conclusione, l’augurio che i giovani, quei pochi che abbiamo, considerino la possibilità di diventare giudici, con la determinazione e la serietà che la qualifica richiede. Avranno problemi e contestazioni, ma soprattutto renderanno un servizio indispensabile all’allevamento e avranno una crescita culturale personale, il più prezioso dei premi.


CANARINI DI COLORE

Piumaggio dei Canarini di Colore testo di Roberto Bernardini, foto fornite da R. Bernardini

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l piumaggio è la parte più attrattiva degli uccelli, che spinge l’interesse di chi vuole intraprendere la strada di allevatore teso a valorizzare la loro colorazione; inoltre, stimola il piacere visivo per la loro bellezza cromatica, affiancata dal canto, soddisfacendo il gusto più raffinato di qualunque neoallevatore. Col piumaggio, nei canarini di colore si determina tecnicamente l’appartenenza specifica del soggetto per tipo, varietà e categoria. Immediatamente siamo attratti dal piumaggio di tutti i canarini di colore per vedere l’espressione massima del lipocromo e soprattutto quando va a creare disegni e sfumature nei diversi tipi melanici. In base alla distribuzione delle melanine si determina il tipo. Per il piumaggio, secondo l’espressione dei lipocromi si hanno le varietà giallo, rosso, avorio e bianco. Una particolare attenzione va prestata soprattutto ai canarini lipocromici, che si esprimono solo con il colore, per valutare la qualità della varietà del piumaggio così da selezionare i soggetti migliori. Dedizione e successiva concentrazione vanno rivolte per la selezione dei canarini di colore bianco, per i quali, non avendo

Col piumaggio, nei canarini di colore si determina tecnicamente l’appartenenza specifica del soggetto per tipo, varietà e categoria Figura standard Canarino di colore lipocromico, si vede il giusto allineamento dell'ala, fonte: Criteri di Giudizio Canarini di Colore ed. F.O.I. 2002

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espressione di colore, dobbiamo porre l’attenzione prevalentemente sul piumaggio e, io dico, anche sulla forma che è condizionata dal piumaggio: i due elementi comunque si integrano. Durante tutte le fasi di studio e selezione dei soggetti per programmare l’allevamento, per tutti i tipi e varietà, il piumaggio diviene oggetto di attenta valutazione che porta alla selezione. Determinante per i lipocromici il fattore intenso che, accorciando il piumaggio, crea un’impressione di maggior compattezza del soggetto e dà l’impressione di maggior lucentezza di tutte le varietà. Ad esempio: l’intenso rosso figura come maggior espressione della varietà rispetto al brinato e così per le altre varietà compreso il bianco. Ovvio che l’intenso, pur favorendo quanto detto, non sempre è indice di piumaggio corto e compatto; ci sono degli intensi con piumaggio relativamente lungo o meno composto. Approfondendo visualmente la disposizione e distribuzione del piumaggio, che completa la struttura del soggetto, in base alla distribuzione del lipocromo si hanno le categorie intenso, brinato, mosaico. In ultimo, va considerato se ci siano eventuali difetti di piumaggio che compaiono in molti canarini di colore.

Ci sono moltissimi soggetti, nei canarini di colore che ho visto in tutti i tipi e varietà, che hanno difetti di piumaggio; nessuno è perfetto, ma vedo sovente canarini che hanno specificatamente un DIFETTO DI PIUMAGGIO NELLE REMIGANTI, dove ci sono delle penne secondarie dell’ala che non si sviluppano regolarmente rispetto alla scala decrescente naturale che forma il piumaggio corretto dell’ala. Si nota una specie di scalino in confronto delle penne primarie, specialmente dopo le prime tre o quattro, e altre che crescono in modo irregolare, cosicché si vede un difetto di piumaggio - penne secondarie irregolari, direi - da interpretare come espressione della doppia ala. Tale difetto è prodotto dal fatto che le remiganti secondarie sono fuori assetto e vanno a coprire le remiganti primarie e, andando oltre, creano appunto una doppia punta (in pratica, una sovrapposizione). Tutte le penne secondarie dell’ala si sono formate ma non sono cresciute correttamente in modo da essere in scala decrescente e coprirsi una con l’altra, così da formare il corretto disegno dell’ala e una copertura regolare - si dica: sovrapponendosi come tegole. Questa attenzione, concentrata sulle penne dell’ala, mi è nata da molto

Figura standard canarino, disposizione penne ala, detto a tegole, fonte: Criteri di Giudizio Canarini di Colore ed. F.O.I. 2002

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Buon soggetto con difetto penne ala, foto fornita da R. Bernardini

tempo, leggendo il libro “I Colori nel Canarino” di Canali al capitolo “Il Piumaggio”: sottolineai, subito, la riga che descriveva il difetto. Nel tempo ho visto e selezionato soggetti con tale difetto, che per mia esperienza è divenuto riproduttivo o quantomeno i genitori riportano nei nascituri il difetto del piumaggio delle ali; i soggetti nati da genitori con tale anomalia si ripresentano tali e in giro ne ho visti molti, anzi moltissimi, che si possono dire soggetti con remiganti difettose o quantomeno non conformi alla figura standard del piumaggio dell’ala del canarino di colore. Non ho fatto riprodurre soggetti con tale difetto riscontrando la diminuzione di questa anomalia di piumaggio generalmente nel totale dei soggetti allevati, segno di latitanza. In quei soggetti che nascono con le penne dell’ala difformi, le stesse ricrescono uguali anche nel secondo anno di vita, dopo la muta; divenendo colorate si vedono di più, lo spazio che lasciano fa intravedere il piumaggio del dorso. Non è nemmeno un difetto di carenza di alimentazione durante lo sviluppo dei nascituri, perché si conferma


Evidente difetto penne dell'ala, foto fornita da R. Bernardini

il ripetersi dell’anomalia anche dopo la muta, di norma periodo di alimentazione più accurata e più ricca, anche di grassi utili al piumaggio. Prendendo come esempio un qualsiasi canarino esposto a giudizio che per tipicità o varietà, comprese tutte le altre valutazioni, raggiunge un punteggio di 90 punti, e può andare a premio, se esposto con l’anomalia del piumaggio dell’ala viene valutato in base alla visione di un ulteriore difetto: ciò comporterà l’assegnazione di un punteggio inferiore, diciamo, di 89 punti, perdendo i 90 punti e la possibilità di andare a premio. Tutti gli allevatori che espongono e, penso, che selezionano i loro soggetti migliori da mettere a concorso, fiduciosi che siano probabili vincitori nella loro categoria, devono controllare e valutare se il soggetto sia veramente il campione destinato alla vittoria partendo dalla figura standard del canarino di colore, riportata in tutti i testi e nel libro dei criteri di giudizio: osservando la conformazione

Soggetto con ala aperta, si nota la tacca piumaggio, foto fornita da R. Bernardini

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del piumaggio e in particolare le penne delle ali, che abbiano una forma scalata, partendo dalle primarie più lunghe e decrescenti verso le secondarie che formano il disegno perfetto del piumaggio dell’ala, controllando inoltre le penne dell’ala aperta tra le mani, che lo certifica. Oppure siano coscienti che l’ala del proprio canarino da esposizione si è formata a scalino, prima le penne lunghe, poi le successive tozze, a formare una differenza netta di lunghezze delle penne, su- Buon soggetto con difetto penne ala, foto fornita da R. Bernardini bendo una valutazione del difetto. ticciamenti; molti altri di corporatura Ho visto anche diverse fotografie in inpiù compatta, taglia piccola, o per meternet di canarini che a mio parere glio dire più aggraziati - più serici - che hanno tale difetto descritti come sogrichiamavano la nostra attenzione. Nel getto espositivo o riproduttore. Ringraparlare, vidi che il Sig. Mario condivideva zio chi ha pubblicato foto che mi hanno il mio pensiero: forse condizionato dalla dato lo spunto e che mi hanno portato taglia del diamante mandarino, mi piaca scrivere questa riflessione fornendo quero di più i piccoletti. Grazie, Sig. Mala possibilità di esporre il mio pensiero. rio, di avermi mostrato quei canarini che Nelle foto, prese da internet, qualcuno mi portarono a cercare dei canarini potrebbe riconoscere un proprio sogbianco, forse non migliori dei suoi. In getto, di corredo al mio scritto; non è quei tempi, chi allevava i canarini non per additare nessuno, ma un contributo era visto come un allevatore comune: a richiamare l’attenzione di tutti su queera interesse di pochi e indicava una sta anomalia. certa distinzione... il Sig. Tal dei tali si può permettere di “perdere tempo” ad Il piumaggio dei canarini di colore allevare quegli uccelletti, scelta non cobianco ha bisogno mune, però con tanta passione, ricerca di una particolare osservazione di migliorarsi, senza competizione e Prima di terminare, vi faccio partecipi senza nessun reddito. di un’esperienza che mi ha segnato nel Ritornando ai canarini bianco, posso mio primo periodo come allevatore. Era confondere il lettore nel descrivere il il 1975, allevavo diamanti mandarini piumaggio con la forma del canarino; a bianchi. Il Sig. Antonio Di Piero, mio comio parere si compensano. Quindi il canoscente, mi invitò a vedere l’allevanarino bianco lo guardo dal becco alla mento del Sig. Mario Cristofani, diretpunta della coda, cercando un soggetto tore dell’INAM, che abitava all’ultimo compatto, con occhio vivace, becco piano del palazzo sede dello stesso Isticorto, piumaggio della testa ben adetuto. In soffitta, sotto un abbaino semrente, senza rialzi sulla nuca: una testa pre aperto, unico punto luce, in una voben impiumata, rotonda e fiera che dia liera di mt. 3x3 alta 2,50, c’erano una un aspetto iniziale di un buon soggetto; miriade di canarini bianco, più di 100, di seguito, il dorso con piume che lo rinati tutti da una coppia di bianco per coprono bene, il petto liscio e l’addome giallo in molti anni di allevamento (oltre con piumaggio il più corto possibile, 10). Voleva farmi vivere tale bellezza e compresi i fianchi che sono il punto di poi anche parlarne tra noi, però la mia maggior attenzione, poi la coda che, esperienza nei canarini era solo nei libri. composta, non troppo lunga, fa risultare Comunque, al primo impatto si notaun soggetto compatto. Poco osservate, vano dei canarini più lunghi e piumosi, ma parte dell’insieme del canarino, sono che forse ripetevano espressioni di me-

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le zampe (anche queste bisognano del piumaggio giusto) e il piede. Soffiando in più parti, si valuta se la piuma sia intensa o brinata, la quantità e la qualità delle penne aiuta ad avere un’idea di intenso o brinato. Un ultimo soffio nel sopraccoda, zona uropigio, è determinante per la valutazione del piumaggio: troppo lungo contribuisce all’effetto ricadente. Non mi sono dimenticato assolutamente delle ali e delle penne delle stesse: mentre l’osservazione dei canarini con lipocromo colorato - giallo, rosso e anche avorio - è evidente e salta all’occhio, nei canarini bianco va cercato con un attimo di attenzione; non è difficile trovare subito il piumaggio delle ali con difetto di penne non allineate e decrescenti regolari, con conseguente tacca e di norma con penne più corte nelle prime secondarie, più lunghe le ultime. Il canarino bianco, se non viene osservato bene, può confondere o far apparire il difetto più leggero e la valutazione più benevola, ma se si è parlato di difetto presentato alle esposizioni è valutato per quello che si vede. Quanto detto vale anche nei bianco soffuso (bianco dominante), che comunque rientrano nei canarini lipocromici bianco con parziale espressione del giallo; in questi soggetti è facile trovare piumaggio abbondante nel corpo e nei fianchi occorre sempre restare vigili per le remiganti. Soffusi ne ho visti meno e la selezione è supportata dal lipocromo delle remiganti. A tutti gli effetti, sembra che abbia descritto solo i canarini di colore lipocromici, effettivamente perché è più evidente per osservare le remiganti non omogenee; c’è lo stesso difetto anche nei melanici che non si diversifica e in tanti tipi e varietà è evidente. Anche questi lasciano intravedere maggiormente il lipocromo del dorso, quindi è necessario controllare attentamente tutti i soggetti in tutti gli allevamenti e riportare nel registro le osservazioni anche delle remiganti, per evitare un difetto di conseguenza, se si ripete, continuativo. Buon allevamento a tutti!


ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI

Il Tico Tico o Passero dal collare rossiccio testo di PIERCARLO ROSSI ed ADRIANO DE SOUSA SANTO, FOTO A. DE SOUSA SANTO

L

a Zonotrichia capensis (Müller, 1766) è un uccello passeriforme ascritto alla famiglia Passerellidi del genere Zonotrichia, distribuito su un areale del continente sudamericano, molto ampio, che si estende dal Messico sudorientale fino alla punta più a sud della Terra del Fuoco; inoltre, è specie endemica nell’isola di Hispaniola. Nei paesi d’origine è conosciuto con diversi nomignoli come Tico Tico, copetón, comemaíz (che tradotto letteralmente significa mangiatore di mais) e chingolo. Un areale così ampio fa sì che siano state descritte ed identificate ben 25 sottospecie, che si differenziano per colori e disegni molto marcati e diversi tra loro; ad esempio, nei soggetti presenti nelle Ande meridionali

e nei paesi sudamericani posti al di sotto del Tropico del Capricorno il colore della testa risulta essere più grigio e meno striato, mentre quelli che si trovano nell’altopiano della Guayana hanno una colorazione del capo di un grigio molto più scuro. Ma una peculiarità di questa specie è il canto, che lo fa apprezzare molto come uccello da gabbia; in Brasile ed in Argentina vengono organizzati ogni anno dei veri e propri concorsi canori e da quasi mezzo secolo i ricercatori di mezzo mondo stanno studiando l’estrema varietà dei suoi suoni.

Nido di Tico Tico

Mutazione da denominare

Prima parte

Habitat Essendo questa specie distribuita su un areale molto vasto, il suo habitat è molto diversificato e lo si può trovare nelle zone costiere ma anche ad altitudini molto elevate: è stato segnalato infatti a 4.600 mt circa sulla catena andina, i soggetti che vivono a queste altitudini hanno sviluppato parametri fisiologici che si adattano perfettamente all’ambiente circostante. Il suo habitat varia dalle praterie del Sudamerica orientale agli altipiani della catena montuosa delle Ande a ovest, comprese zone rurali ed urbane. Un’unica eccezione: non predilige i terreni boschivi, con una vegetazione molto chiusa. Lo si può osservare ai margini del bosco, soprattutto nelle zone adiacenti alle

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Camera calda per lo svezzamento dei pulli

strade, ad un corso d’acqua o ad una radura. La sua grande adattabilità gli permette di sopravvivere sia in ambienti tropicali che temperati. Descrizione La specie nominale presenta un cappuccio grigio solcato da tre strie nere, una delle quali attraversa l’occhio; quest’ultimo è bordato da un cerchio perioculare di colore più chiaro. La gola è di colore bianco candido, delimita perfettamente la parte alta del petto, dove sono presenti due macchie nere a forma di triangolo rovesciato. Alla base del collo sono ben visibili due macchie bruno rossicce che formano un collarino e che danno il nome alla specie; il disegno sul dorso risulta essere confuso anche se ben marcato e va a sfumare nella zona del codione, di colore bruno. Il petto e la zona ventrale sono di colore grigio chiaro e diventano bruno sui fianchi. Le penne copritrici sulle ali formano due righe bianche, mentre le remiganti sono nere bordate di bruno rossiccio; dello stesso colore sono le timoniere. Le due valve del becco sono di colore grigio piombo, le zampe sono di color carnicino. Gli uccelli giovani hanno una versione

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Nidiata di Zonotrichia c. Mut. bruno

del piumaggio opaco dell’adulto e hanno le parti inferiori striate di scuro, il collare rossiccio non è presente. Distribuzione e sottospecie La specie nominale è presente nella Guyana francese, mentre nella Repubblica Domenicana troveremo la sottospecie Z. capensis antillarum, la sottospecie Z. capensis septentrionalis è presente nella regione messicana del Chiapas, in Honduras e El Salvador; nelle nazioni del Centramerica del Costa Rica, Panama (dove crea una zona di confine con Z. capensis

Femmina bruna in cova

orestera), Colombia, Venezuela ed Ecuador è possibile osservare lo Z. capensis costaricensis, mentre nelle isole di Curaçao e Aruba troviamo lo Z. capensis insularis; nelle regioni del nord del Venezuela è presente la sottospecie Z. capensis venezuelae, mentre in quelle del sud e più precisamente nello stato di Amazonas la S.Z. capensis inaccessibilis; sempre nella regione meridionale è presente la S.Z. capensis roraimae con un territorio di distribuzione che comprende anche la Colombia, la Guyana ed il Brasile. La S.Z. capensis macconnelli è individuabile nello stato confederato di Bolívar. Nella nazione brasiliana sono presenti ben 3 sottospecie: nel nord la Z. capensis tocantinsi, oltre alla Z. capensis matutina, presente anche in Bolivia, e la Z. capensis subtorquata che estende il proprio areale anche in Argentina e Uruguay, mentre la sottospecie Z. capensis mellea occupa il Paraguay e l’Argentina; in quest’ultima nazione vive anche la S.Z. capensis hypoleuca, oltre che in Bolivia. Sempre in Argentina è possibile osservare la S.Z. capensis choraules. Il Perù vanta ben quattro sottospecie: la Z. capensis illescaensis, la Z. capensis huancabambae, la Z. capensis peruviensis e la Z. capensis carabayae, que-


st’ultima osservabile anche in Bolivia e, sempre in Bolivia, vi è anche la S.Z. capensis pulacayensis. Due sottospecie dividono il loro areale tra Cile e Argentina e più precisamente la Z. capensis chilensis e la Z. capensis sanborni; mentre la S.Z. capensis antofagastae è presente solo in Cile, la sottospecie Z. capensis australis, una delle più comuni, è diffusa in Bolivia, Argentina e Cile. I soggetti presenti nell’isola di Hispaniola, unica isola caraibica occupata da questa specie, possono essere considerati una sottospecie a sé stante; si calcola infatti che il progenitore del Passero dal collare rossiccio occupasse tutta la regione durante l’ultimo periodo glaciale, ma a seguito dell’aumento delle temperature scelsero come loro habitat le alte montagne di Hispaniola. Riproduzione Con un areale così ampio la stagione riproduttiva può variare da regione a regione, anche se è sempre molto legata alla disponibilità di cibo ed avviene solitamente dopo la stagione delle piogge. Per la maggior parte delle sottospecie il periodo riproduttivo si estende da settembre-ottobre a dicembre; le popolazioni centroamericane, tuttavia, possono iniziare la stagione a maggio, mentre per quelle presenti nell’estremo sud del continente il periodo può prolungarsi fino a febbraio. I passeri dal collare rosso nelle regioni tropicali non hanno una stagione o un tempo in cui si riprodu-

Giovane pullus mutazione pastello

cono. Non esiste un buon indicatore di quando un individuo o gruppi di individui si riprodurranno. Nuovi nidi e giovani individui sono stati osservati in ogni momento dell’anno e in tutti i tipi di habitat. Questi uccelli tropicali si riproducono solo una volta all’anno e non nidificano nuovamente se la covata fallisce. Hanno un sistema di accoppiamento poligamo; infatti, i maschi si accoppiano con più femmine durante la stagione riproduttiva, anche se nella delicata fase dello svezzamento entrambi i genitori si prendono cura della prole. La dimensione tipica della covata della Zonotrichia capensis tropicale è

di 2-3 uova, mentre i soggetti presenti nelle regioni temperate hanno un programma di riproduzione più stagionale. Di solito si riproducono durante i mesi estivi (da novembre a gennaio) quando il cibo è più facilmente disponibile. Le dimensioni della covata sono normalmente da 4 a 5 uova. Se si perde una covata, gli individui delle popolazioni temperate nidificano immediatamente. Il tempo per la riproduzione sessuale è sconosciuto nei passeri dal collare rosso, ma altre specie di Zonotrichia raggiungono la maturità sessuale nell’anno successivo alla schiusa. I maschi sono territoriali sia prima che dopo la schiusa. L’approvvigiona-

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mento maschile dei giovani è variabile; se è più vantaggioso per l’idoneità del maschio essere territoriale o riprodursi con un’altra femmina, lo farà invece di aiutare a fornire cibo alla prole. Questi comportamenti variano tra le popolazioni temperate e tropicali e possono dipendere dalla disponibilità delle risorse. Le femmine provvedono e proteggono i loro piccoli fino a quando non sono indipendenti. (Classe e Moore, 2010). Il nido è solitamente a forma di una coppa e formato da una base di erba, steli e radici e rivestito all’interno da materiali più soffice come lanugine, piume o piccole radichette. Viene costruito nel fitto della vegetazione, ben mimetizzato, su alberi o arbusti, solo raramente in piccoli anfratti dei muri con un’altezza che può variare dai 50 cm ai 2 metri dal suolo. Le uova deposte, in numero variabile come già visto in precedenza, sono di colore verde-azzurro con macchie bruno-rossastre. Le uova possono misurare 15–16 mm in larghezza e 19– 21 mm in lunghezza e pesano ognuna 2,6-2,8 g. Vengono incubate dalla sola femmina per un periodo che può variare dai 12 ai 14 giorni, spesso assistita dal maschio che la sfama nel nido; questa pratica non sempre avviene, soprattutto se il maschio è impegnato a difendere il territorio o a conquistare un’altra femmina.

Zonotrichia c. mut."opale"

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I piccoli crescono abbastanza velocemente, grazie alle imbeccate molto proteiche fornite loro da entrambi i genitori. Questa specie può subire il cosiddetto parassitismo di cova da parte del Vaccaro splendente (Molothrus bonariensis); essendo in generale le femmine di questa famiglia più numerose dei maschi, la poligamia è ampiamente diffusa e solo in pochi generi si verificano casi di rapporti monogamici. Le specie parassite sono in prevalenza prive di rapporti duraturi. Le uova del Vaccaro hanno un breve periodo di incubazione, circa 10/11 giorni. Molti degli ospiti del parassita hanno uova che incubano più a lungo: nel nostro caso il periodo di incubazione è di 12/13 giorni. Il Vaccaro a volte depone anche un uovo prima che la specie ospite inizi a deporre. Deporre le uova prima del loro ospite, oltre ad avere un periodo di incubazione più breve, consente la schiusa del pulcino parassita prima che le uova dell’ospite si schiudano. Quando le uova dei Vaccari si schiudono prima dei Passeri, i pulcini di quest’ultimi di solito si sviluppano molto lentamente e muoiono entro tre giorni circa. In uno studio è stato rilevato che la mortalità dei nidiacei è quasi raddoppiata, nei nidi parassitati, rispetto a quelli non parassitati.

Nidiata di "opale"

I fenomeni di parassitismo assumono a volte un ruolo rilevante nel limitare l’accrescimento delle popolazioni. La durata della vita di Zonotrichia capensis, in natura, varia da 10 a 13 anni. Comportamento ed abitudini alimentari I passeri dal collare rosso hanno abitudini altamente variabili, anche se il loro comportamento muta di poco nelle oltre 20 sottospecie presenti. Alcune di queste migrano annualmente, altre sono presenti per tutto il corso dell’anno. I passeri dal collare rosso cambiano il proprio comportamento alimentare in base alla fonte di cibo disponibile nei vari periodi dell’anno. La fonte di cibo più consistente sono i semi, ma quando le popolazioni di insetti aumentano, soprattutto alla fine del periodo delle piogge, questi ultimi diventano la principale fonte alimentare. Le diete dei passeri dal collare rosso consistono per l’80% di semi e per il 20% di insetti. La loro dieta cambia all’inizio della primavera o dell’estate, quando le popolazioni di insetti aumentano. A quel tempo (da novembre a gennaio) gli insetti possono rappresentare fino al 40-60% della loro dieta. I passeri dal collare rosso compensano le diverse diete in base alla quantità di energie che consumano. Inoltre, sono in grado di variare il quantitativo di materiale all’interno


sminuzzare gli insetti. Una territorialità più marcata viene registrata quando hanno i piccoli, ma il territorio varia di dimensione a seconda della disponibilità delle risorse alimentari. È noto che i passeri dal collare rosso mangino semi agricoli dai campi coltivati, sebbene non arrechino grandi danni al raccolto complessivo.

Femmina bruna al nido

del loro ventriglio: quando gli alimenti predominanti sono i semi, il ventriglio è molto più attivo rispetto a quando gli insetti costituiscono il 50% della dieta. Il materiale trituratore è necessario per sminuzzare i semi più di quanto sia necessario per

Comunicazione e Percezione del canto I passeri dal collare rosso usano canti a frequenza più bassa, che possono viaggiare più lontano, in aree aperte rispetto alle aree boschive, dove vengono utilizzati suoni a frequenza più alta. La lunghezza del trillo è più veloce nelle sottospecie più piccole rispetto alle sottospecie più grandi. Si pensa che questi trilli siano appresi subito dopo lo svezzamento piuttosto che determinati dalle dimensioni dei vari soggetti (molti sono stati gli

Nidiata mista composta da soggetti "bianco dominante e opale"

studi fino ad oggi effettuati sul campo inerenti al canto di questi uccelli). Risultano essere uccelli molto apprezzati in tutto il Sudamerica grazie alle loro doti canore. Continua sul prossimo numero

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CANARINI DI FORMA E POSIZIONE LISCI

Il Border canary di SERGIO PALMA, foto S. GIANNETTI

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uesta Razza di canarino, un tempo molto più popolare rispetto ad altre esistenti ai giorni d’oggi, non è particolarmente antica. Infatti, nella grande opera di R.L. Wallace “The Canary Book” nella quale nel 1893 si descrivevano alcuni standard dei canarini già allevati in quell’epoca, non era menzionata. Anche se nell’introduzione di quell’edizione, la terza, l’autore dichiarava di aver rivisto e aggiornato il suo lavoro con l’inclusione di “particolari di una varietà ancora poco nota e chiamata Border Fancy”. Però, già allo scoppio della prima guerra mondiale, l’allevamento del “Border” si era ben consolidato tra i cultori dell’ornitologia inglese. I primi libri su questa Razza furono pubblicati proprio nel primo decennio del ventesimo secolo, compreso un trattato completo sulla razza ed altre più antiche. L’origine del Border risiede nel canarino comune (attuale canarino di colore), il quale era ampiamente allevato su entrambi i lati del confine angloscozzese, da cui trae il nome, appunto: il “Border”. Fu in quella zona che i Canarini vennero gradualmente migliorati nella tipologia, poi standardizzati come forma e posizione; lì nacque il primo Club: correva l’anno 1890 quando fu adottato l’attuale nome della razza. L’epiteto “fancy” appare anche nei nomi di molte altre razze britanniche: la connotazione è quella di un tipo di canarino da esposizione ed appositamente allevato rispetto alla varietà comune dalla quale proviene. Potremmo definire la parola “fancy” usata in questo contesto come “creato per particolari punti di bellezza, basati su specifiche fantasiose e/o arbitrarie”.

Il Border in quei tempi era un uccellino piccolo, ordinato e attivo che, in apparenza, non era diverso dal Fife Fancy di oggi; così rimase per quasi mezzo secolo, affettuosamente conosciuto nell’immaginario degli allevatori come la “piccola gemma”. Negli anni dell’immediato dopoguerra della seconda guerra mondiale, i Border cominciarono ad aumentare di dimensioni, chiaramente con l’aiuto di “sangue” esterno (probabilmente Norwich) e quel canarino, più grande, iniziò presto a trovare il favore degli allevatori e, successivamente, dei

Giudici. Sebbene una certa reazione a questo aumento di taglia si sia successivamente verificata, i Border moderni sono di una taglia maggiore dei loro antenati (molti di loro troppo grandi, direbbero alcuni critici; infatti, ben oltre i 16 cm... non voglio entrare in questa spirale e disquisire su Size, Taglia, Lunghezza etc.) e differiscono anche in alcuni dettagli rispetto alla concezione originale della razza, sebbene la maggior parte degli ideali primari siano ancora di grande importanza. È stato spesso detto, ma non si dice più, che il

Border lipocromico pezzato, foto: S. Giannetti

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Border è un uccello ideale per i principianti... io rettificherei in “facoltosi principianti”. Nel caso in cui dovesse esserci un’implicazione del fatto che siano “facili” da allevare, va precisato che esemplari di prima qualità sono altrettanto difficili da ottenere, come in qualsiasi altra razza di canarino. Ciò che si intende è che i Border non sono più disponibili presso negozi di animali, rivenditori o piccoli allevatori; questi animali, una volta resistenti e vigorosi, da qualche decennio, probabilmente per una spinta selettiva messa

pisce anche canarini di varie razze in cui, oltre a implicare il tratto gastroenterico superiore, può interessare i tessuti neurali con manifestazioni di barcollamento, rotolamento e difficoltà a salire sui posatoi; da qui anche una incapacità a riprodursi, perché come detto il virus, oltre ad attaccare la parte superiore del tratto gastroenterico, si annida nei tessuti neurali. Fin dagli inizi, il Border ha vissuto un altalenante up-and-down della sua popolarità e ora non ha più tanti allevatori a lui devoti come una volta; questo ca-

Border lipocromico, foto: S. Giannetti

in atto da alcuni allevatori specialmente d’Oltremanica, hanno visto svilupparsi come problema primario una riduzione della capacità riproduttiva ed una spiccata sensibilità a malattie parassitarie, batteriche e virali. Alcuni ceppi hanno manifestato sintomi riconducibili ad infezioni virali da Bornavirus con manifestazioni cliniche sia nei pulli che negli adulti; in questi ultimi il virus si manifesta con sintomi neurologici dai quali deriva una incapacità a riprodursi. Secondo le riviste “Journal of Virology” e “National Library of Medicine”, il virus è diffuso nei pappagalli ma col-

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narino oggi rimane relegato nelle mani di pochi facoltosi allevatori. In alcune delle nostre razze di canarino, certe caratteristiche sono state sviluppate ad un livello molto alto; in effetti, agli occhi di alcuni presenta limiti irragionevoli, ma “la bellezza è negli occhi di chi guarda”. Vale a dire che il Border Fancy non ha particolarità accattivanti come può essere un ciuffo, o le arricciature o una posizione strana ma è un uccello semplice, pulito, dritto sulle zampe, uniformemente equilibrato in cui nessuna caratteristica particolare predomina se non l’eleganza. In termini

generali, un buon Border dovrebbe immediatamente creare un’impressione di completa simmetria con proporzioni perfette in tutte le sue parti. Anticamente per il Border era permessa anche la colorazione ma poi, a seguito di un referendum tra gli allevatori, questa pratica fu bandita nel 1901. In effetti, alle esposizioni di qualsiasi livello la competizione può essere piuttosto severa, con classi che includono molte categorie affollate, fino a 40 o 50 uccelli negli eventi principali; quindi, chiaramente l’allevatore non dovrebbe lasciare nulla al caso per assicurarsi che i suoi canarini siano sulla cavalla esprimendo tutto la loro bellezza, in modo che compaiano davanti al giudice al culmine della loro forma. Occorre una scrupolosa attenzione ai dettagli nelle questioni attinenti alla gabbia ed al suo allestimento, secondo quanto stabilito dallo standard del Border. Tutto l’addestramento preliminare dei canarini novelli è lo stesso di quello consigliato per le altre razze. Nelle fasi successive, tuttavia, devono essere allenati non solo a stare dritti sulle zampe e a mantenere una posizione tipica della razza anche quando non è richiesto da stimoli esterni, ma anche a muoversi con un’azione libera e spensierata da un posatoio all’altro. Un ottimo Border dovrebbe saltare da una bacchetta all’altra abbastanza facilmente e con un perfetto equilibrio, che non prevede l’uso delle ali né l’instabilità alla fine. Il Border dovrebbe essere addestrato a rimanere sui posatoi e non a tuffarsi continuamente sul fondo della gabbia, né attaccarsi ai fili della stessa, azione che potrebbe portare il giudice ad escluderlo immediatamente dalla competizione. Il tipo di gabbia in cui sono esposti i Border è noto come “dewar show cage”. È fondamentalmente una gabbia metallica aperta interamente dipinta di nero, di forma rettangolare, con misure di circa 31 cm lunghezza per 11,50 cm di larghezza ed ha una parte superiore arcuata che è alta 23 cm ai lati e raggiunge i 29 cm all’apice. A sinistra c’è una porta scorrevole e sul lato opposto, sul pavimento, c’è una mangiatoia parzialmente coperta ma con una fessura per consentire l’accesso al cibo


da parte dell’uccello. I posatoi della gabbia da esposizione hanno un diametro di circa 12 mm, con dei tagli a spirale sulle superfici. Hanno un bordo smussato che deve essere posizionato con la parte smussata rivolta verso il basso. I posatoi devono essere posti nella gabbia equidistanti da entrambe le estremità e con sei sbarre libere tra loro. Si usano i beverini esterni aperti a bicchiere che possono essere in plastica, anche se i più conservatori li usano ancora in vetro retti da un anello di filo posto all’altezza del posatoio di sinistra. Sulla base della gabbia, per non far sporcare le zampe e/o la coda, conviene porre del tutolo o faggiolino. È nell’interesse dell’espositore assicurarsi che tutti i dettagli siano rigorosamente rispettati, altrimenti per certo il suo beniamino partirà svantaggiato rispetto ad altri che alloggiano una gabbia pulita e ben allestita.

Border melaninico pezzato, foto: S. Giannetti

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VETERINARIO

Polmonite erpetica nel Parrocchetto dal collare Quando il nuovo acquisto riserva delle amare sorprese di STEFANIA LEONE (*), foto F. MONTESI (**) e P. ROCHER

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el mondo della globalizzazione, bastano poche ore per passare da un emisfero all’altro e raggiungere anche gli angoli più remoti del pianeta con una facilità fino a qualche tempo fa impensabile. Lo sviluppo dei trasporti e la maggiore accessibilità ad essi ha fatto sì che anche lo scambio di beni e servizi sia diventato sempre più semplice e che i rapporti commerciali, anche a lunga distanza, possano essere intrattenuti con relativa facilità. Purtroppo, di tale facilità di movimento possono trarre beneficio anche gli agenti patogeni e la pandemia da SARS-CoV-2 che abbiamo affrontato ne è la prova. Alla base del sistema di controllo delle malattie infettive vi è il concetto della early detection, ovvero la rilevazione precoce della problematica sanitaria e la sua conseguente circoscrizione, al fine di contenerne la diffusione nella popolazione e prevenire i danni ad essa correlati. Per consentire il funzionamento di tale sistema è fondamentale il ruolo di ‘’sentinella’’, che nel settore degli uccelli ornamentali viene ricoperto dal proprietario/allevatore. Questi dispone di poche ma efficaci armi, che consistono nella conoscenza

(*) Medico veterinario presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, laboratorio di medicina aviare, Verona (**) Laboratorio di Virologia Speciale e Sperimentazione, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie

Psittacid alphaherpesvirus-5. Fotografia in microscopia elettronica con colorazione negativa di particelle di herpesvirus. Nucleo di materiale genetico DNA (D); Capside (C); Tegumento (T); Pericapside (E). Si ringrazia il Dott. Montesi Francesco, Laboratorio di Virologia Speciale e Sperimentazione, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie

della specie e della sua fisiologia, nella tempestiva individuazione della problematica sanitaria e nella sua segnalazione con richiesta di supporto al medico veterinario. Pertanto, è facile comprendere che nei casi in cui a protezione dell’aviario ci sia qualcuno inesperto o poco attento al contenimento delle malattie e ai cambiamenti nella salute dei volatili, eventuali patogeni potrebbero diffondersi e, sfruttando le connessioni con il settore degli uccelli ornamentali, provocare danni alla sua ed altrui collezione. Inoltre, quando l’aviario è di grosse dimensioni, i primi sin-

tomi di malattia possono passare inosservati anche a un allevatore esperto, che può non notare il problema prima che sia troppo tardi. Per questo motivo, tra i compiti del medico veterinario vi è quello di informare e formare gli operatori del settore, nell’ottica di una fruttuosa collaborazione reciproca volta alla prevenzione delle malattie infettive. Ed è proprio a fini preventivi che prima dell’introduzione di un nuovo animale nella propria collezione è sempre bene effettuare un periodo di quarantena e, per lo stesso motivo, prima di cedere un animale sarebbe opportuno since-

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rarsi che questo goda di buona salute. Esistono, però, dei patogeni subdoli, in grado di rimanere latenti e non dar segni apparenti di malattia, che possono attivarsi a seguito di eventi stressanti per l’animale (come lo spostamento per le fiere/la cessione ed il cambio di struttura) provocando la disseminazione periodica di particelle infettanti nell’ambiente, con il rischio di contagiare altri soggetti ed eventualmente causarne la morte. È questo ciò che accade in caso d’infezione da Herpesvirus aviari, in grado di provocare alcune tra le patologie più insidiose tra quelle che possono affliggere il mondo avicolo. Di recente, presso i laboratori dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, in soggetti allevati sul territorio nazionale, è stato riscontrato lo Psittacid Alphaherpesvirus-5. Questa risulta essere la prima evidenza di tale virus a livello europeo. Le indagini che ne hanno resa possibile la diagnosi hanno fatto seguito a due focolai verificatisi in regioni italiane geograficamente distanti, successivamente all’introduzione di nuovi soggetti. Nel primo caso, un giorno dopo l’acquisto in blocco di dieci parrocchetti dal collare, il proprietario ha notato una crescente difficoltà respiratoria in alcuni animali, che si presentavano arruffati, respiravano con le ali aperte e muovevano la coda ad ogni respiro (il cosiddetto ‘’tail bobbing’’). Tutti i soggetti che presentavano sintomi sono giunti a morte. Nel secondo caso la sintomatologia è iniziata venti giorni dopo l’introduzione di sette parrocchetti dal collare e di un parrocchetto alessandrino in una collezione privata. Oltre ai sintomi respiratori già descritti, il proprietario ha segnalato anoressia e depressione. In questo secondo caso, alcuni dei soggetti sintomatici sono sopravvissuti alla patologia. Tre parrocchetti dal collare provenienti dai due differenti allevamenti sono stati sottoposti ad esame necroscopico presso i laboratori dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, dove sono state osservate lesioni anatomopatologiche principalmente a ca-

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Parrocchetto dal collare (Psittacula krameri), foto: P. Rocher

rico del sistema respiratorio. I polmoni si presentavano gravemente consolidati, edematosi e congesti e si rilevava, in un caso, la presenza di schiuma a livello dei sacchi aerei, in un altro caso la presenza di fibrina; tali lesioni erano in tutti i casi accompagnate da lieve aumento di volume del fegato. Inoltre, in due dei tre casi osservati, si notava congestione a livello cardiaco e, in un caso, una lieve enterite. Stando alle lesioni osservate, si è proceduto ad approfondimenti di tipo istopatologico. Da questi è emersa, a livello polmonare, la presenza di cellule sinciziali multinucleate con corpi inclusi intranucleari eosinofili, un reperto tipicamente riscontrato in corso d’infezione da Herpesvirus. Grazie all’utilizzo della microscopia elettronica, inoltre, è stato possibile visua-

lizzare le particelle virali e apprezzarne la tipica morfologia degli Herpesvirus. Successivamente il sequenziamento del genoma virale non ha lasciato spazio a dubbi e l’identità del virus è stata svelata: si trattava dello Psittacid Alphaherpesvirus-5, precedentemente segnalato solo in Australia. Si conosce ancora poco su questo virus, sia per quanto riguarda l’epidemiologia che lo spettro d’ospite. Nonostante i pochi casi segnalati, è lecito presumere che a livello mondiale ce ne siano molti altri di cui non abbiamo contezza. Non esistono test specifici per la ricerca di questo patogeno, per cui, ogniqualvolta se ne sospetti la presenza, è importante comportarsi come segue: - porre in quarantena gli animali sintomatici; - porre in osservazione gli animali che sono stati a loro stretto contatto (compagni di voliera); - rivolgersi a medici veterinari esperti di volatili ornamentali e pertanto aggiornati sulla situazione epidemiologica attuale e, per il supporto diagnostico, avvalersi di laboratori specializzati in patologia aviare; - evitare di affidarsi al passaparola e ad inutili quanto dannosi trattamenti “fai da te”. Per scongiurare la diffusione della polmonite erpetica da Psittacid Alphaherpesvirus-5 ed in generale di tutte le malattie infettive, si rende necessaria, pertanto, la collaborazione tra allevatori e medici veterinari così da permetterne la diagnosi precoce (early detection) e la messa in atto di adeguate misure di profilassi. Nella lotta contro le malattie infettive, una corretta comunicazione tra tutte le figure professionali interessate è la chiave di volta nel contenimento di nuove sfide epidemiche. Per saperne di più… Bottinelli M, Fortin A, Zanardello C, Budai J, Gobbo F, Antonazzo G, Leone S, Merenda M, Terregino C, Catania S. Herpetic Pneumonia in Indian Ringneck Parrots (Psittacula krameri): First Report of Novel Psittacid Alphaherpesvirus-5 Infection in Europe. Animals. 2022; 12(2):188. https://doi.org/10.3390/ani12020188


CRONACA

Si può fare! (Sulla modifica della L.R. Abruzzo riguardante la detenzione della fauna esotica) testo e foto di FILIPPO MORRONE

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l 27 dicembre 2021 è una data che entrerà a buon diritto negli annali dell’ornitologia abruzzese e, assai probabilmente, di quella italiana in generale. In tale data, il Consiglio Regionale Abruzzo ha discusso e approvato, all’unanimità dei presenti, un emendamento dell’articolo 6 Legge Regionale 10/2004, che tratta di allevamenti di fauna autoctona ed esotica. “All’art. 6 della L.R. 10/2004 sono apportate le seguenti modifiche: a) Al comma 3 le parole “Il Presidente della Provincia, sentito l’OFR, emana con proprio decreto l’elenco della fauna esotica per la quale può essere ammesso l’allevamento ed i requisiti minimi di benessere animale necessari per l’allevamento” sono sostituite dalle seguenti: “Il Presidente della Provincia, sentito l’OFR, può emanare con proprio decreto l’elenco della fauna esotica e dell’avifauna esotica di specie selvatica così come definita dalla Legge 7 febbraio 1992, n. 150 all’art. 8 sexies lettera g, per le quali può essere ammesso l’allevamento ed i requisiti minimi di benessere animale necessari per l’allevamento. b) Dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: 3-bis. Sono soggetti a richiesta di autorizzazione gli allevamenti a scopo amatoriale e ornamentale di avifauna autoctona, anche domestica, esclusivamente a fenotipo selvatico. Non sono soggetti a richiesta di autorizzazione gli allevamenti di avifauna autoctona, domestica, a fenotipo mutato e/o di ibridi;

In coda al comma 6 è aggiunto il seguente: Dal predetto obbligo sono esentati gli allevatori di uccelli regolarmente iscritti alla Federazione Ornicoltori Italiani (F.O.I.), i quali sono però tenuti a comunicare alla Provincia il proprio codice R.N.A. (registro nazionale allevatori), rilasciato dalla suddetta Federazione.” Presentato dal Consigliere Regionale Antonio Blasioli allo scopo di esplicitare chiaramente l’ambito di applicazione della Legge, l’emendamento introduce una netta distinzione tra avifauna selvatica e domestica. Alla luce del fatto che gli allevamenti amatoriali di uccelli da affezione sono disciplinati da normative chiaramente emanate avendo a oggetto specifico la pratica della caccia, appare evidente come un tale distinguo sia in qualche modo “rivoluzionario” e possa rappresentare la punta di lancia di un progetto atto a scindere definitivamente e inequivocabilmente (anche dal punto di vista della normativa) il concetto di “allevamento amatoriale” da quello di “caccia”. Se anche un tale, effettivamente ambizioso, progetto non dovesse essere realizzabile, comunque quanto ottenuto rappresenterà un traguardo eccezionale in considerazione del fatto che introduce un fondamentale distinguo direttamente nell’ambito di una legge che disciplina espressamente gli allevamenti amatoriali di avifauna. Assolutamente degno di nota è altresì l’inserimento del concetto di “fenotipo”, con particolare riferimento a quello selvatico, ben diverso da quello mutato. Non sfuggirà che questo ul-

L’avvocato Clara De Rosi

teriore distinguo ridurrà notevolmente la possibilità di errori da parte della Pubblica Amministrazione, chiaramente esplicitando il campo di applicazione delle norme e ben delineandone i confini attuativi, così, peraltro, da rendere più semplici eventuali contestazioni in caso di abbagli interpretativi. In ultimo, il riconoscimento della Federazione Ornicoltori Italiani quale interlocutore privilegiato (tanto che i suoi iscritti sono esentati da alcuni obblighi invece previsti per tutti gli altri allevatori) della Regione Abruzzo è la conseguenza del prestigio e dell’onorabilità che la F.O.I. ha meritato

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negli anni in tutta la Penisola, ma anche e soprattutto il dolcissimo frutto del radicamento sul territorio e degli ottimi rapporti con le Istituzioni che alcune Associazioni Ornitologiche Abruzzesi hanno, con impegno, saputo costruire. Allo scopo di meglio far comprendere come si sia arrivati a un tale risultato, è necessario presentare una breve cronistoria degli accadimenti che, concatenandosi e intersecandosi tra loro, hanno innescato tutta una serie di reazioni aventi quale risultante il concepimento e la presentazione dell’emendamento di modifica prima e la sua approvazione e dunque attuazione in ultima istanza. A gennaio 2021, in Abruzzo, diventa operativo l’Osservatorio Faunistico Regionale (O.F.R.), al quale le Province delegano diverse competenze, come quelle legate all’avifauna (in particolare controlli e concessioni di autorizzazioni inerenti la fauna autoctona). Già in passato le lungaggini burocratiche avevano reso la vita difficile agli allevatori abruzzesi di “nostrani”, le limitazioni circa il numero di soggetti da allevare rendevano ardua la selezione e, di tanto in tanto, capitava di imbattersi anche in qualche grossolano errore di applicazione della Legge. Ciononostante si era instaurata una prassi consolidata e relazioni tra Pubblica Amministrazione e allevatori basate, se non su rapporti amicali, quantomeno sul rispetto reciproco e la tolleranza. L’avvento dell’OFR ha però stravolto tutto: la Dirigenza del nuovo Ufficio ha ritenuto di dover ricomprendere nel proprio ambito di competenza non più e non solo l’avifauna autoctona (cardellini, verdoni et similia), ma anche quella esotica. Operando sulla base di questo convincimento, l’OFR ha addirittura emesso alcune diffide, contestando agli allevatori (pur riconoscendogli il rispetto di tutte le norme vigenti, comprese quelle inerenti al benessere animale) il numero di canarini di colore allevati che, a suo avviso, non doveva superare gli 8 esemplari! La notizia ha ben presto varcato i confini regionali. Acclarato che una delle diffide aveva colpito un iscritto FOI, la macchina fe-

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derale si è messa in moto: il Vice-Presidente Diego Crovace ha contattato il Presidente del Raggruppamento Ornitologico Abruzzo/Molise Domenico Maione, affidandogli l’incarico di andare a fondo alla questione, innanzitutto interfacciandosi con l’OFR; insieme poi, Crovace e Maione, hanno individuato nel Presidente dell’Associazione Pescarese Ornicoltori Filippo Morrone (chi vi scrive) il referente zonale al quale affidare materialmente la questione. Passa ancora qualche tempo, in quanto il primo iscritto interessato da diffida rifiuta di farsi tutelare e rappresentare, seppur gratuitamente, dalla Federazione; arriviamo a maggio del 2021, quando un secondo iscritto diviene oggetto di diffida sempre per lo stesso motivo: più di otto canarini di colore in allevamento. Questa volta l’allevatore richiede la tutela del proprio Raggruppamento, la Federazione può dunque scendere ufficialmente in campo. Il primo incontro con l’OFR non fa certo ben sperare: Maione e Morrone vengono ricevuti non già in un ufficio, bensì su un marciapiede, si, proprio un marciapiede! Oltre a ciò il Responsabile dell’Osservatorio si mostra irremovibile: i canarini rientrano nel suo ambito di competenza, sono dunque soggetti alle limitazioni che, sino all’anno precedente, erano state imposte esclusivamente alla fauna autoc-

Il consigliere Regionale Abruzzo Antonio Blasioli

tona (richiesta di autorizzazione all’allevamento, con espletamento di numerose pratiche burocratiche, superati i 4 soggetti per specie; limite massimo di 8 soggetti per specie). Si comprende immediatamente che la questione non potrà essere risolta con una chiacchierata informale e bonaria; si individua quindi, nella figura dell’Avvocato Clara De Rosi, il legale che, a nome del Raggruppamento e dunque per conto della Federazione, tutelerà gratuitamente l’iscritto FOI oggetto di diffida; si interessa anche la classe Politica locale per comprendere se la questione riguardi soltanto la burocrazia o se invece la problematica non abbia radici più profonde e, ovviamente, anche per cercare di favorire una mediazione tra le parti in causa. Trascorrono ancora pochissimi giorni utili all’Avvocato per la ricerca delle fonti, parte quindi la contro-diffida a tutela del singolo, accompagnata da un memorandum esplicativo atto a prevenire altre diffide. Ancora una quindicina di giorni e la Pubblica Amministrazione risponde: l’OFR sostiene che, sulla base delle normative vigenti non può agire diversamente da come ha fatto, asserisce anzi di aver concesso una sorta di “favore” nel permettere sul territorio abruzzese l’allevamento di uccelli esotici in assenza di una precisa lista delle specie allevabili; riconosce però che tali normative sono lacunose e poco chiare, invitando la FOI al tavolo delle trattative con l’obiettivo di riformulare il Regolamento Regionale che disciplina l’allevamento dell’avifauna a scopo amatoriale e ornamentale; in attesa della riformulazione sospende la diffida in atto e congela eventuali altri procedimenti sanzionatori. Nel frattempo, il Consigliere Regionale Antonio Blasioli promuove un incontro tra la FOI e l’OFR; in quest’occasione i funzionari pubblici risultano decisamente più disposti all’ascolto e al confronto, consegnano una propria bozza di modifica del Regolamento Regionale inerente l’avifauna e ricevono le contro-deduzioni dell’Avvocato De Rosi in merito alla precedente risposta. Trascorrono alcuni mesi durante i quali tutto tace, ma si tratta soltanto di una calma ap-


parente, in realtà i “nostri” stanno lavorando alacremente: non solo si riformula (in bozza) il Regolamento Regionale riguardante l’avifauna, ma si opera, in maniera sempre più stringente, per arrivare a modificare la Legge Regionale 10/2004 della quale il Regolamento è attuativo. Il 2021 sta per concludersi, siamo ormai al 22 di dicembre, quando tutto il lavoro fatto si concretizza in un emendamento di modifica depositato in Regione Abruzzo dal Consigliere Regionale Antonio Blasioli. Il 27 l’emendamento viene dibattuto in Consiglio e, dopo una serrata quanto incisiva opera di persuasione del Consigliere Blasioli, finalmente approvato all’unanimità! La vicenda si conclude il 15 gennaio 2022, quando le modifiche apportate alla Legge Regionale 10/2004 entrano in vigore. L’Avvocato Clara De Rosi illustra l’ambito giuridico all’interno del quale si è operato e gli elementi di diritto che hanno motivato e legittimato l’emendamento. “Cominciamo col precisare che l’emendamento è una proposta di modifica a un testo legislativo al fine di correggerlo o specificarlo. Nel caso di specie, le modifiche da noi formulate e proposte si sono rese necessarie per salvaguardare, chiarificandolo ed esplicitandolo, quello che in realtà già era lo spirito della Legge, purtroppo vittima, sin dalla promulgazione, di interpretazione inesatta e conseguente errata applicazione. È importante rilevare infatti che: · Il Regolamento Regionale 26 AGOSTO 1997, N. 4 che titola “Regolamento regionale per la disciplina degli allevamenti di fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale e amatoriale”, all’art 1 delle sue proprie disposizioni generali parla di: “allevamenti di fauna selvatica” · Il Regolamento suddetto è stato emanato ai sensi della Legge Regionale 31 maggio 1994, n. 30 che titolava: “Norme per l’attività venatoria e per la tutela della fauna selvatica”; legge abrogata dalla L.R. 28 gennaio 2004, n. 10: “Normativa organica per l’esercizio dell’attività venatoria, la protezione della fauna selvatica omeoterma e la tutela dell’ambiente”.

Presentazione emendamento uccelli

· Le Leggi Regionali 30/94 e 10/04 sono attuative per la Regione Abruzzo della Legge (Nazionale) 11 febbraio 1992, n.157: “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” · La Legge 157/1992 recepisce inoltre le direttive europee in materia di conservazione degli uccelli selvatici [le Direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979 (successivamente abrogata e sostituita integralmente dalla versione codificata della Direttiva 2009/147/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009) 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985

e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991] Dal suesposto excursus si evince chiaramente come l’intero impianto legislativo abbia a oggetto la fauna selvatica. Acclarato questo, va rilevato come la normativa italiana definisca espressamente cosa debba intendersi per fauna selvatica: - La Legge 7 febbraio 1992, n. 150 recita all’art. 8 sexies “g): esemplare di specie selvatica: esemplare, così come definito nel presente articolo, di origine selvatica o esemplare animale proveniente da nascita in cattività limitata alla prima generazione.” - La Corte di Cassazione Sez III Penale

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26 gennaio 2004, con sentenza n. 2598, così si pronuncia: “…Sotto il profilo giuridico lo stato di libertà naturale coincide con una condizione di vita indipendente dall’uomo per quanto attiene alla riproduzione, alla alimentazione e al ricovero…” - E ancora il Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4639, dell’11 settembre 2014: “… nel caso di fauna assimilabile a quella selvatica per condizioni di vita bisogna far prevalere la tutela dell’animale nello stato a cui è abituato…” Alla luce di quanto sopra la specificità della distinzione da noi introdotta tra avifauna selvatica e avifauna domestica, applicabile tanto agli uccelli autoctoni quanto a quelli esotici, risulta al tempo stesso ovvia e “rivoluzionaria”. Gli allevatori iscritti alla Federazione Ornicoltori Italiani non possiedono animali selvatici (se così non fosse verrebbero infatti a configurarsi fattispecie giuridiche con un ben determinato regime sanzionatorio); i soggetti da loro detenuti, essendo domestici, non appartengono quindi al “patrimonio indisponibile dello Stato”, ma sono invece “proprietà privata” e in quanto tali tutelati dalla Costituzione Italiana (art. 42). Altrettanto innovativa e determinante è stata l’introduzione del concetto di “fenotipo” (con netta differenza tra fenotipo selvatico e mutato) che supporterà la corretta applicazione delle Leggi, delineandone ancor più chiaramente l’ambito di competenza e limitando significativamente travisamenti ed errori.” Sull’argomento il Presidente del Raggruppamento Ornitologico Abruzzo e Molise, Domenico Maione, ha dichiarato: “Comincio col dire che sono estremamente soddisfatto e fiero di quanto siamo riusciti a ottenere, per il riconoscimento e la difesa dei diritti degli allevatori, sul territorio abruzzese. Si tratta infatti di un risultato straordinario che, credo di poter affermare senza tema di smentite, non ha precedenti nella storia dell’ornitologia nazionale. Credetemi quando vi dico che la risoluzione di un problema che si trascinava da più di un ventennio non soltanto in Abruzzo, bensì su tutta la Penisola, non sia frutto di un caso, piuttosto di un la-

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Il Presidente del RR. Ornitologico Abruzzo Molise D. Maione

voro lungo, certosino e ottimamente strutturato che ha richiesto l’individuazione e l’interazione di diverse eccellenze professionali. A tutti i protagonisti di questo strepitoso successo vanno i miei più sinceri ringraziamenti; al Presidente FOI Antonio Sposito, per aver supervisionato tutta la parte attinente alle normative; al Vice-Presidente Federale Diego Crovace, per essere stato presente e aver supportato il progetto in ogni momento, anche coadiuvandomi a individuare i “giocatori” da mettere in campo per la vittoria; agli Avvocati Claudia Aurisicchio e Alberto Amori, per aver messo a disposizione le proprie competenze professionali; e infine ai tre veri artefici di questo successo: l’Avvocato Clara De Rosi, senza il cui attentissimo lavoro di ricerca delle fonti del diritto, la profonda conoscenza della giurisprudenza non solo nazionale, ma anche internazionale e le squisite disponibilità e generosità, non avremmo potuto tutelare così efficacemente i diritti di tutti gli allevatori abruzzesi; il Consigliere Regionale Antonio Blasioli, per la sensibilità che, da sempre, dimostra nei confronti delle nostre istanze, per essersi battuto in prima persona e con coraggio al nostro fianco, per aver infine saputo concretizzare tutti i nostri sforzi e tutte le nostre speranze con una efficacissima opera di sintesi, presentazione e mediazione; il Presidente del-

l’Associazione Pescarese Ornicoltori Filippo Morrone, il regista che ha saputo orchestrare tutto alla perfezione, mettendo a disposizione della collettività le sue indiscutibili capacità, contattando, coinvolgendo, coordinando con l’efficienza e la risolutezza che lo contraddistinguono. A tutte le persone citate e anche a quanti, seppur marginalmente, hanno contribuito in qualsiasi modo al conseguimento di questo fantastico risultato, a nome mio e degli allevatori abruzzesi che mi onoro di rappresentare, dico GRAZIE!” A margine della dichiarazione del Presidente Maione, va rilevato il contributo che egli stesso ha apportato al progetto prendendolo in carico anni fa senza mai accantonarlo, continuando invece indefessamente a cercare, novello Diogene, tra gli associati abruzzesi collaboratori propedeutici alla risoluzione della criticità e interlocutori sensibili alla problematica all’interno delle Istituzioni regionali. Infine la sua caparbietà e il suo spirito di servizio sono stati ripagati! “Ho ritenuto di dover supportare e perorare le istanze avanzate dagli allevatori abruzzesi appartenenti alla Federazione Ornicoltori Italiani perché sinceramente convinto della validità delle loro ragioni. Garantire il diritto all’allevamento amatoriale e sportivo equivale infatti a garantire e tutelare il benessere animale, l’armoniosa interazione tra esseri viventi e lo stesso sviluppo scientifico. Molto spesso si ignora che la nobile pratica di tale allevamento, non soltanto non ha alcuna finalità alimentare, ma anzi rappresenta il mezzo per la preservazione di molte specie, per la creazione e il miglioramento di altre, nonché strumento per lo studio di comportamenti e patologie determinanti per lo sviluppo della medicina veterinaria e ancora, se si pensa alla bird-therapy, ausilio alla medicina umana. Tutelare questi allevatori, lungi dall’arrecare danno a degli esseri viventi, significa invece aiutare persone che più di altre hanno a cuore il rispetto degli animali nel loro ambiente naturale, persone che studiano a fondo le razze allevate, che si prendono cura con amore dei loro compagni animali, documentano le proprie esperienze e dif-


fondono la passione e il rispetto per il loro hobby e per la natura. Non posso comunque tralasciare quanto la mia scelta sia stata ulteriormente avvalorata dal rapporto di collaborazione, amicizia, fiducia e mutuo rispetto che si è instaurato tra me e la Dirigenza dell’Associazione Pescarese Ornicoltori; rapporto che è andato intensificandosi anno dopo anno e che ha portato alla realizzazione di numerose e benemerite iniziative volte sempre al benessere sociale, all’attenzione alle nuove generazioni e alla ricerca di punti di incontro tra l’uomo e la natura. Forte di queste certezze ho lavorato per trasmetterle al resto del Consiglio Regionale, sottolineando il prestigio che gli allevatori sportivi e le associazioni ornitologiche abruzzesi hanno garantito alla Regione, anche arrivando a organizzare, nel novembre 2021, la terza mostra ornitologica più grande d’Italia, inviando così un forte segnale di speranza e fiducia a un territorio e a un settore pesantemente colpiti dalla pandemia in atto. Il risultato di tutto questo è stato laborioso, ma estremamente soddisfacente: l’emendamento è stato approvato all’unanimità e, dal 15 gennaio di questo stesso anno, è Legge regionale.” Queste le dichiarazioni del Consigliere Regionale Antonio Blasioli, firmatario dell’emendamento. Concludendo possiamo tutti auspicare che il “modello abruzzese”, frutto di una sinergia di intenti e competenze, possa essere ripreso e riproposto nelle diverse regioni italiane e ancora che, magari implementato e migliorato dall’innesto di ulteriori eccellenze, possa essere strumento atto a incidere in maniera significativa sull’impianto normativo nazionale inerente l’allevamento amatoriale e sportivo dell’avifauna. La Federazione Ornicoltori Italiani ha già compiuto un ulteriore e significativo passo in tale direzione, a testimonianza del fatto che… si può fare!

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Questo mese, il protagonista di Photo Show è: PAOLO MAGNANI - RNA 851H con la fotografia che ritrae il soggetto “giovani di Crocieri fasciati (Loxia leucoptera)” Complimenti dalla Redazione!

• Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

• All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.

(*) Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione


DIDATTICA & CULTURA

La necrofilia negli uccelli Considerazioni generali e rappresentazione di alcuni casi segnalati nella letteratura scientifica di IVANO MORTARUOLO, foto AUTORI VARI

Prima parte

L

a parola necrofilia venne proposta, intorno alla metà del secolo XIX, dallo psichiatra belga Joseph Guislain (1797-1860) nelle sue Leçons sur les phrénopathies. Tale nome ha radici greche: nekros = morto e filia = amore. La connessione fra i due termini appare evidente, ma per la definizione del fenomeno preferisco affidarmi alle parole di Erich Fromm (1900-1980), che nella sua opera “Anatomia della distruttività umana” dedica ampio spazio a questa perversione: “Il termine necrofilia, amore per i morti, è stato applicato generalmente soltanto a due tipi di fenomeni: (1) la necrofilia sessuale, il desiderio maschile di avere un rapporto sessuale o qualsiasi altro tipo di contatto sessuale con il cadavere femminile, e (2) la necrofilia non sessuale, il desiderio di toccare cadaveri, di starvi vicino, di guardarli e, particolarmente, di smembrarli”. Questa realtà, che induce gli uomini a essere “dominati dalla più sfrenata delle pulsioni” (Sigmund Freud, 1856-1939), era nota sin dall’antichità. Una testimonianza ce la propone lo storico e reporter ante litteram Erodoto (ca. 485 a.C.- ca. 425 a.C.). Sembra infatti che il processo d’imbalsamazione di giovani e belle donne avvenisse dopo diversi giorni dal decesso, al fine di scoraggiare, dato l’incipiente stato di decomposizione, eventuali tentazioni da

Germani reali. “Copula forzata”. Fonte iconografica: Maurizio Bonora

parte degli addetti a tale compito (1). Va tuttavia evidenziato che questo comportamento, seppur nei suoi

Questo comportamento, seppur nei suoi aspetti esteriori, non è circoscritto al solo Homo sapiens, bensì interessa vari esponenti di eterogenee classi animali

aspetti esteriori, non è circoscritto al solo Homo sapiens, bensì interessa vari esponenti di eterogenee classi animali: Mammiferi, Rettili, Anfibi, Insetti e, naturalmente, Uccelli. Prima di proporre un succinto elenco degli animali ascritti alle prime quattro categorie tassonomiche e, successivamente, una rappresentazione con sufficienti dettagli su alcune specie ornitiche interessate dal fenomeno, desidero fare qualche considerazione sul neologismo inglese davian (davian behaviour), che costituisce un sinonimo del termine necrofilia (anche detta tanatofilia). A coniare questo nuovo nome è stato lo zoologo Robert Dickerman (1926-2015), dopo

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dalle zampe rosse della California Rana draytonii, Rana zampe gialle Rana boylii, Rana amazzonica Rhinella proboscidea, Rospo comune asiatico Duttaphrynus melanostictus. Insetti: una cicala del sud-est asiatico dal nome scientifico Criptotympana atrata (2). Ciò posto, passo a proporre una rassegna di casi osservati nel mondo degli uccelli.

decemlineatus), Scoiattolo di terra di Richardson Spermophilus richardsoni, Lontra marina meridionale Enhydra lutris nereis, Tasso comune Meles meles, Canguro grigio occidentale Macropus fuliginusus, Leone marino della Nuova Zelanda (o di Hooker) Phocarctos hookeri, Tursiope Tursiops truncatus, Megattera Megaptera novaeangliae. Rettili e Anfibi: Tegu gigante argentino Salvator merianae, Lucertola leopardo Ameiva ameiva, Lucertola senza orecchie Holbrookia maculata, Lucertola spinosa Sceloporus zosteromus, Cobra d’acqua Helicops carinicaudus, Serpente giarrettiera Thamnophis sirtalis parietalis, Serpente a sonagli della prateria Crotalus viridis, Rana comune Rana temporaria, Rana

Germani reali Mentre era noto da tempo (1988) un caso di necrofilia eterosessuale nei Germani reali Anas platyrhynchos, la prima e finora unica segnalazione di un episodio che ha per protagonisti due maschi è avvenuta nel 2001. L’autore di questa originale osservazione è Cornelis Moeliker, managing director del Natuurhistorisch Musuem di Rotterdam, e l’accaduto si è svolto il 5 giugno del 1995 all’esterno del Museo stesso. Questi i fatti. Moeliker, sentendo un gran botto proveniente dalla vetrata del piano inferiore dell’edificio, accorse per accertare l’entità dei danni. Fu così che vide un Germano reale maschio a terra, deceduto a seguito della violenta collisione e in posizione prona. Accanto al palmipede vi era un altro maschio conspecifico (in pieno piumaggio riproduttivo, mentre l’altro palesava una muta post-riproduttiva), il quale poco dopo iniziò una vigorosa attività copulatoria protrattasi per ben settantacinque minuti, interrotta solo da due brevissime pause (la prima durata tre minuti e la seconda di un sol minuto). La “crudele scena” (così è scritto nell’articolo) cessò con l’avvi-

Tortore lamentose americane. Il maschio è colto in fase precopulatoria nella quale dà varie beccate al conspecifico morto. Fonte iconografica: Ralph e Yancey, 2008

Tortora lamentosa americana. La foto costituisce, insieme a quella precedente, la prima documentazione di necrofilia in questa specie. Fonte iconografica: Ralph e Yancey, 2008

Germani reali. Questa seconda foto evidenzia una situazione ancor più pericolosa per la femmina. Infatti, non sono rari i casi in cui la vittima riporti gravi danni o, addirittura, soccomba per annegamento. Fonte iconografica: Maurizio Bonora

aver scorto un cadavere di Scoiattolo di terra a tredici strisce (Ictidomys tridecemlineatus) sul quale un conspecifico si sdraiò ed eseguì un apparente accoppiamento. Peculiare appare la fonte che ha ispirato lo studioso, poiché si tratta di una breve filastrocca nella quale un vecchio minatore di nome Davi teneva nella sua grotta il cadavere di una prostituta, risparmiando, così, i soldi delle prestazioni. Ma al di là dei singolari aspetti etimologici, Dickerman ha avuto il merito di forgiare un termine alternativo, che va ben oltre la sua valenza lessicografica e crea una sorta di sbarramento fra la necrofilia nell’uomo e quella negli animali, evidenziando così la diversità anche eziologica dei due fenomeni. Non a caso nella letteratura scientifica di lingua inglese con la parola davian (davian behaviour) s’intende la necrofilia negli animali. Presento ora, come dianzi accennato, un sommario elenco delle specie che sono state coinvolte dal fenomeno in esame, tratto sia da varie pubblicazioni sia da filmati visibili sul Web. Mammiferi: Gatto domestico Felis silvestris catus, Cane domestico Canis lupus familiaris, Topo comune Mus domesticus, Coniglio domestico Oryctolagus cuniculus domesticus, Scoiattolo di terra a tredici strisce (Ictidomys tri-

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cinarsi dell’autore, ma il pennuto non fuggì, bensì si allontanò di qualche metro. Argutamente Moeliker ritiene che l’episodio non sia frutto di una mera casualità, in quanto l’arco temporale in cui è avvenuta la morte e l’accoppiamento è brevissimo. Molto verosimilmente il Germano deceduto era vittima di un inseguimento a scopo di “stupro” (3) e, nel tentativo di sottrarsi all’aggressione, non è stato in grado di evitare la collisione con la vetrata del Museo. Del resto tali comportamenti, definiti pursuit behaviour o anche attempted rape flight, non sono rari in questa specie. Si sono verificati anche episodi abnormi in cui una dozzina di esemplari maschi hanno inseguito in volo una sola femmina. Va evidenziato che tali manifestazioni aggressive interessano pure i soggetti accoppiati, fenomeno questo che gli etologi di lingua inglese definiscono forced extra-pair copulation (FEPC) e che noi potremmo tradurre come “rapporti coercitivi esterni alla coppia”. In altre parole, si tratta di un’ulteriore strategia riproduttiva che consente ai maschi di ottenere maggiori fitness, peraltro adottata da cinquantacinque specie di uccelli acquatici. A favorire la diffusione di tale comportamento ha senz’altro contribuito la presenza, ovviamente nel maschio, del pene o organo intromettente, che permette accoppiamenti sia in acqua sia senza la collaborazione della femmina (McKinney e Evarts, 1997) e, nel contempo, consente di depositare lo sperma più vicino al sito di raccolta, ottenendo così maggiori possibilità di fecondazione. Non vanno però sottovalutate le strategie difensive attuate dalle femmine, che sono in grado di circoscrivere le nascite dei “figli indesiderati” al solo 2-5%, risultato questo considerevole, se si pensa che il 40% degli accoppiamenti è imposto. Nella specie in esame vi è anche un evidente rapporto fra morfologia del pene e attività sessuale coercitiva, poiché a una rilevante lunghezza dell’organo fanno riscontro numerose espressioni di tale violenza (Brennan et alii, 2007).

Sterne dalle redini. L’immagine si riferisce al momento successivo all’accoppiamento. Fonte iconografica: Fulton, 2016

Per quanto attiene all’omosessualità, si ritiene che nei Germani reali sia valutabile fra il 2 e il 19% (Bagemihl in Moeliker, 2001). Del resto questo fenomeno è comune a gran parte degli Anseriformi, anche se, come più volte ha argomentato Konrad Lorenz, in alcune specie il legame è spesso esente da rapporti sessuali. Piccioni selvatici Un singolare episodio, occorso il 27 giugno 1983 sulla strada statale A65 nel centro di Settle (Yorkshire settentrionale), viene segnalato da Evelyn Slavid e Julia Taylor (1987). Un Piccione selvatico Columba livia fu investito da un’auto e giaceva sull’asfalto privo della testa con le ali leggermente spiegate, il busto inclinato in avanti e con lo sterno che poggiava sul suolo. Appena il traffico si diradò, un secondo Piccione si posò accanto al cadavere esibendo il display di corteggiamento, al quale seguirono vigorosi movimenti copulatori, nonostante si fosse formata una fila di macchine. A una successiva ispezione emerse che il volatile morto aveva un anellino metallico sulla zampa. Molto verosimilmente, ipotizzano gli autori, si trattava di un Piccione da competizione che, esausto, era atterrato sulla strada per essere poi travolto da

un’auto. Sull’inconsueto comportamento necrofilo non viene fornita alcuna valutazione, ma in calce alla nota è riportata un’osservazione di Derek Goodwin effettuata su Cordon blu Uraeginthus angolensis. Secondo questo ornitologo, i maschi durante la fase riproduttiva possono attivare patterns copulatori ogni qualvolta percepiscano sia un’incapacità di resistere da parte di una femmina in estro (quindi disponibile all’accoppiamento), sia in presenza di soggetti malati. Quest’ultimo aspetto l’ho riscontrato anche fra gli “umili e miti” Passeri del Giappone immettendo in una gabbia, che da tempo ospita vari soggetti, un esemplare giovane e intimorito oppure un adulto agonizzante. Dopo un iniziale disorientamento, cui fa seguito un allarme diffuso, si viene a creare una situazione parossistica che spinge i maschi ad abusare della vittima. Talvolta lo sventurato intruso soccombe, ma il “furore erotico” sembra non cessare immediatamente per qualche esemplare. Tortore lamentose americane In un ranch nei pressi della città di Raymond (Sierra Nevada, California centrale) fu trovato un cadavere di Tortora lamentosa americana Zenaida

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macroura (non viene indicato il sesso, ma si può presumere che fosse una femmina). Il corpo giaceva sotto a una mangiatoia contenente semi di cartamo e intorno vi erano alcune Tortore e uccelli di altre specie. Il rinvenimento avvenne l’otto luglio del 2017 intorno alle ore 9, mentre solo alle 15,10 un maschio conspecifico si avvicinava al cadavere beccando ripetutamente intorno all’area toracica, dopodiché saltava sul corpo ed effettuava movimenti copulatori sostanzialmente sulla zona interessata dalle beccate. Gli autori della segnalazione, Bill Ralf e Franklin Yancey (2017), evidenziano che tali colpi di becco sono paragonabili a quelli che costituiscono gli schemi fissi di corteggiamento attuati dai maschi quando le femmine diventano consenzienti (e pertanto non fuggono alle avances ricevute). Un altro elemento di un certo rilievo potrebbe essere costituito dalla temperatura del corpo, forse simile a quella di un’esemplare in vita, poiché esposto al sole (alle ore 17 i valori ambientali erano pari a 42,5°). Nella nota di segnalazione non viene aggiunto altro. Sterne dalle redini Nell’Isola dei Pinguini (Penguin Island), a sud-ovest dell’Australia, il biologo Graham R. Fulton (2016) ha osservato e documentato fotograficamente un caso di necrofilia nella Sterna dalle redini Onychoprion anaethetus verificatosi il giorno 31 dicembre 2010. L’au-

tore riferisce di essere stato particolarmente colpito dalla non comune durata dell’unione, poiché si è protratta per meno di trenta secondi, peraltro interrotta improvvisamente dall’avvicinarsi dell’uomo. Fulton ha infatti rilevato che, in precedenti osservazioni su questi uccelli, d’ordinario le copule hanno una durata più circoscritta, realizzandosi nell’arco di tre-dieci secondi. Molto verosimilmente l’insolito protrarsi del rapporto potrebbe essere stato favorito dalla mancanza di resistenza da parte del “soggetto passivo”, così ipotizza l’autore. Vengono altresì proposte stringate informazioni sulla densità delle Sterne dalle redini nell’isola (cito un dato: il 4 dicembre 2010 vi erano 102 esemplari e nel 31 dello stesso mese e anno il numero era salito a 3892), sulla simultaneità della nidificazione nella colonia e una breve rassegna di casi di necrofilia segnalati nella stampa specialistica. Pinguini di adelia Nell’immaginario collettivo questi uccelli sono depositari di caratteristiche positive come la fedeltà coniugale, le buone maniere, la capacità di accettare e risolvere gli eventi avversi, ecc. I pinguini, rispetto agli altri uccelli, godono inoltre di un particolare favore da parte dei bambini. Questa realtà è emersa anche da un’indagine svolta su un campionario di 12.000 giovani inglesi di età compresa fra i quattro e i quattordici anni (Desmond

Gruppo di Pinguini di Adelia. Fonte iconografica: Scott Ableman/Flickr/Lifegate

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Morris, 1981). Tutto ciò non fa che confermare la simpatia e l’attrazione che suscitano questi strani uccelli. Indubbiamente la loro andatura un po’ goffa, le zampe corte e il corpo di forma ovale sono caratteristiche che costituiscono dei potenti “segnali infantili”, i quali, come è noto, evocano sensazioni di tenerezza o di protezione. Non trascurabile è poi la posizione verticale del loro corpo, particolarità questa tipica dell’uomo e riscontrabile solo in pochi animali, la quale può favorire spinte antropomorfiche (vale a dire, in estrema sintesi, la tendenza ad attribuire agli animali capacità psichiche simili a quelle umane). Sottolineo questi aspetti di spiccato segno positivo per evidenziare, di converso, le “imbarazzanti” scoperte del medico inglese George Murray Levick (1876-1956), che trascorse in Antartide vari periodi, tra il 1910 e il 1913, al seguito della spedizione scientifica “Terra Nova” comandata da Robert Falcon Scott. Levick ebbe modo di osservare quattro colonie di Pinguini di Adelia Pygoscelis adeliae, in prevalenza presso Capo Adare, e, contrariamente alle sue aspettative, fu testimone di eventi che confliggevano con la sua rigorosa morale di retaggio “vittoriano”. Vide così maschi che facevano sesso fra loro (colgo l’occasione per segnalare che, a quel tempo, in Inghilterra l’omosessualità era considerata reato), altri praticavano l’onanismo, gruppi di giovani maschi che violentavano femmine e piccoli (non a caso lo studioso li definiva hooligans) ed ebbe modo di osservare anche un accoppiamento con una femmina morta l’anno precedente. Questi peculiari aspetti della sessualità turbarono fortemente Levick, spingendolo a raccogliere le sue osservazioni in appunti intitolati Sexual life of Adelaide penguin e parzialmente scritti in greco antico, con l’evidente scopo di celarne i contenuti ai più. Terminata la missione antartica, fece ritorno a Londra dove l’anno successivo (1914) pubblicò la monografia di orientamento divulgativo dal titolo Antartic penguin, a study of their social habits. Nel 1915 diede alle stampe il libro


Natural history of Adélin penguin, che costituiva il testo ufficiale della suddetta spedizione antartica. Ed è proprio per questa sua caratteristica che si ritenne di escludere dal volume i prefati appunti sui costumi sessuali, al fine di non ingenerare imbarazzo e sdegno fra i lettori (peraltro, dato il taglio tecnico e scientifico degli argomenti, i destinatari del volume erano per lo più personaggi del mondo accademico). Tuttavia, si decise di utilizzare tali appunti per una ristretta cerchia di studiosi e se ne stamparono cento copie, delle quali però la quasi totalità andò perduta nel tempo. Fortunatamente nel 2012 Douglas Russell, curatore della Sezione di Oologia del Museo di Storia Naturale di Londra, ha rinvenuto fra le carte dell’istituto una copia del Sexual life of Adelaide penguin, proponendone successivamente un resoconto dei contenuti sulla rivista Polar Record (Russell et alii, 2012). Levick ha avuto l’indubbio merito di essere stato il primo studioso della biologia dei Pinguini di Adelia, evidenziandone particolari aspetti della vita sessuale e diventando così una sorta di “apripista” per un gruppo di zoologici che, dalle sue osservazioni, hanno preso l’abbrivio per interessanti, ulteriori indagini. Così, per citare un esempio, David Ainley (uno dei coautori della pubblicazione appena citata) ha effettuato esperimenti di un certo interesse che propongo in rapidissima sintesi. L’autore ha posto su vari nidi un modello in posizione prona, tipica delle femmine in estro, ed è così emerso che i maschi riproduttori (non ancora accoppiatisi) e non riproduttori anziani coprivano l’oggetto per poi scacciarlo dal nido stesso. La potenza di tali pulsioni copulatorie era tale che anche la sola testa di uno zimbello, ancorché provvista degli adesivi che fungevano da occhi e poggiata su una roccia che poteva ricordare vagamente la forma corporea di un Pinguino, ha indotto un maschio all’unione. Prima di lasciarsi andare a facili antropomorfismi, che potrebbero influenzare negativamente la valutazione dei suddetti avvenimenti, va considerato

Una delle pagine degli appunti presi da Levick sui costumi sessuali dei Pinguini di Adelia. L’autore fu talmente turbato dalle osservazioni fatte, che fu spinto a descrivere in greco antico gli aspetti più “imbarazzanti”, in modo da non essere letto dai più. Fonte iconografica: Russel et alii, 2012

sia che il rapporto fra i sessi (sex ratio) è a sfavore dei maschi (pertanto buona parte non può godere dei “benefici coniugali”) sia che il ciclo riproduttivo è circoscritto a poche settimane, spesso in affollatissime aree (si è sostenuto anche che, a causa di tale ristretto arco temporale, i gio-

Copertina del secondo libro di Levick sulla biologia dei Pinguini di Adelia che, peraltro, costituiva una sorta di testo ufficiale della spedizione antartica alla quale aveva partecipato l’autore. Fonte iconografica: https://www.antipodean.com/pages/books/16897/gmurray-levick/natural-history-of-the-adelie-penguin

vani maschi non avrebbero occasione di maturare un’esperienza atta a rispondere adeguatamente ai vari stimoli di natura sessuale). Sta di fatto che, a mio giudizio, le suddette due condizioni generano forti tensioni e creano i presupposti per stati di frustrazione, che possono sfociare in azioni apparentemente abnormi e forse inquietanti (ulteriori dettagli a seguire, nella parte dedicata alle considerazioni generali). Note (1) Evidenzio che questa narrazione di Erodoto non è stata supinamente accolta da tutti. Benedetta Colella, infatti, ritiene che probabilmente si tratti di una diceria dei Greci poiché, a causa della gran mole di lavoro cui erano sottoposti gli imbalsamatori, i cadaveri delle donne venivano trattati successivamente. (2) La segnalazione di questa peculiare necrofilia è stata effettuata da Ji-Shen Wane e Victor Benno Meyer-Rochow (First report of necrophilia in the form of necrocoitus among insects, involving two male Cryptotympara atrata...2020). In seno al loro scritto è anche evidenziato che il secondo autore ha osservato un maschio di Guppy Lebistes reticulatus (un piccolo pesce molto noto agli acquariofili) intento a corteggiare una femmina morta e tentando di penetrarla con il suo organo copulatore (gonopodio). (3) Alcuni autori preferiscono omettere la parola “stupro” e sostituirla con “copula forzata” quando si tratta del fenomeno che attiene agli animali.

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CANARINI DI COLORE

Il Nero opale in Italia e nel mondo testo e foto di AMEDEO PASSAFIUME

E

cco un breve confronto “internazionale”, come anticipato nella prefazione (I.O. n° 1/2022), con allevatori di varie nazioni:

Carlos Jorge Conde Lopes PORTOGALLO 1. Come ti chiami, da dove vieni e da quanti anni allevi? Mi chiamo Carlos Jorge Conde Lopes, ho 48 anni e vivo a Barrô- Resende, Portugal.

Seconda parte

bene tutte le caratteristiche secondo il tuo modo di vedere questo tipo. Penso che lo standard sia ben elaborato in quanto le caratteristiche base sono ben descritte, cioè la massima manifestazione di eumelanina nera con

2. Quando hai iniziato ad allevare il Nero opale? Quante coppie programmi annualmente? Che categorie e varietà di Nero opale allevi? Bene, ho iniziato ad allevare il Nero opale nel 2013 e nel 2014 ho vinto il mio primo campionato nazionale con il Nero opale bianco, poi ho ottenuto qualche altro premio nel corso degli anni. Questi uccelli provenivano da un amico molto speciale, João Gama, che ha lasciato la canaricoltura dopo avermi offerto i suoi migliori soggetti. Per la selezione del Nero opale tengo 25 coppie suddivise in varie categorie. Nero opale bianco, Nero opale giallo, Nero opale giallo mosaico e mosaico rosso. 3. In riferimento ai tuoi canarini e allo standard espositivo redatto dalle commissioni tecniche, secondo te come deve essere un Nero opale? Spiega

un tono grigio bluastro scuro, un disegno identico a quello classico che non ha feomelanina visibile e un becco chiaro, zampe e unghie, le più nere possibili. 4. Quali difficoltà e criticità riscontri nella selezione del Nero opale? Beh, dal mio punto di vista non è facile avere il tipo perfetto nel Nero opale, perché a volte, lavorando su una cosa, perdiamo altre caratteristiche, è una lotta continua che ci appassiona. Per me la cosa più difficile sarà avere un bel disegno sul petto come i tipi classici. 5. Cosa pensi dell’uso dei portatori? Sei d’accordo sull’utilizzo oppure accoppi per compensazione? Raccontami un po’ le tue esperienze. Io sono favorevole all’utilizzo dei portatori; li ho sempre usati per vari motivi, come per rinnovare il sangue o per non perdere le caratteristiche dell’opale, poiché sappiamo che lavorando solamente coi puri perdiamo il tono del disegno e iniziano a comparire le cisti. Cerco sempre di acquisire neri classici di ottima qualità per far migliorare i miei uccelli.

Nero opale mosaico rosso femmina, All. Fuentes

6. Che accoppiamenti preferisci fare? Dipende dal lavoro che intendo fare: di solito cerco di fare un po’

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Nero opale mosaico rosso, all. Uwe Poweleit

di tutto, anche per tentare di non sbagliare le mie conclusioni, ma i più usuali sono Nero opale bianco con Nero opale bianco, Nero opale bianco con Nero opale giallo e Nero opale giallo intenso con Nero opale giallo brinato. 7. Con i geni di incremento melanico che stanno venendo fuori nei neri tipo base, pensi che si potrebbe introdurre una evoluzione “migliorativa” sull’opale oppure bisogna lavorare con i neri tipo classico? Penso che si inizi a uscire dagli standard, poiché appaiono uccelli che hanno la stessa tonalità nella parte superiore delle remiganti e i disegni più scuri; sono degli intermedi tra l’opale e il mogano e non possiamo dire che siano dei buoni soggetti. 8. A livello espositivo nelle varie mostre nazionali e mondiali, se hai mai partecipato, credi che il giudizio sia in linea con il tuo pensiero selettivo oppure da nazione a nazione cogli diversità di veduta su questa mutazione? Una domanda difficile, ma penso si stia migliorando; con l’emergere del mogano c’è un po’ di confusione e alcuni

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Nero opale mosaico rosso, all. Uwe Poweleit

dicono che il Nero opale sia la stessa mutazione del mogano, valutando i soggetti come dei Nero opale più ossidati, almeno nel mio paese. Con alcuni video fatti dai giudici e supportati dalla FONP credo si stia cercando di rendere ben distinte le caratteristiche del mogano e del prestigioso Nero opale. Sérgio Nicolau - BRASILE 1. Come ti chiami, da dove vieni e da quanti anni allevi? Mi chiamo Sérgio Nicolau, Brasile, ho 31 anni e da 18 anni allevo canarini. 2. Quando hai iniziato ad allevare il Nero opale? Quante coppie programmi annualmente? Che categorie e varietà di Nero opale allevi? Allevo Opali da quando ho iniziato, ma sin da subito utilizzavo solo il mogano, che era la tendenza. Dopo che il mogano è stato approvato nel 2017, ho continuato a selezionarlo e sono tornato ad allevare i veri Opali. Attualmente allevo Nero opale, Agata opale e Bruno opale portatori e puri. Ho circa 15 coppie di Nero opale tra portatori e puri, intenso, brinato, bianco, mosaico e avorio.

3. In riferimento ai tuoi canarini e allo standard espositivo redatto dalle commissioni tecniche, secondo te come deve essere un Nero opale? Spiega bene tutte le caratteristiche secondo il tuo modo di vedere questo tipo. Credo che la mutazione opale presenti un cambiamento nella penna a livello strutturale, che aumenta la distanza della regione melanica con la cheratina esterna della penna. Questa distanza si traduce in un effetto chiamato Tyndall Blue; negli studi di fisica ottica, è molto dettagliato e spiega perché il cielo è blu e anche i nuclei blu negli uccelli come ad esempio i parrocchetti. Da questa importante informazione, dobbiamo selezionare gli uccelli che mostrano meglio l’effetto melanina bluastro. Questo non ha nulla a che vedere con la quantità di melanina: esistono uccelli scuri con un buon blu e uccelli chiari con poco blu, tendenti al grigio o al marrone. Molti credono che l’opalescenza debba essere chiara e dimenticano la cosa principale, che è l’effetto bluastro. 4. Quali difficoltà e criticità riscontri nella selezione del Nero opale?


Come ho detto sopra, per me l’effetto blu è la caratteristica principale e in alcuni casi ci si dimentica di questo. 5. Cosa pensi dell’uso dei portatori? Sei d’accordo sull’utilizzo oppure accoppi per compensazione? Raccontami un po’ le tue esperienze. L’uso dei portatori è un percorso a doppio senso, può essere vantaggioso o dannoso se non si ha una buona pianificazione. Quando si utilizzano i portatori, cerchiamo di portare le caratteristiche dei classici come disegno, continuo, melanico ecc. Del portatore, invece, non possiamo valutare la quantità di blu che trasmette. Il gene opale è un gene autosomico recessivo, ma l’effetto blu causato dall’opale è provocato da geni modificatori quantitativi; l’accoppiamento con il classico può ridurre una buona selezione quantitativa. 6. Che accoppiamenti preferisci fare? Mi piace fare puro per puro! Ma non è sempre possibile, perché abbiamo dei difetti che non possono essere eliminati. Quindi facciamo l’accoppiamento compensatorio. 7. Con i geni di incremento melanico che stanno venendo fuori nei neri tipo base, pensi che si potrebbe introdurre una evoluzione “migliorativa” sull’opale oppure bisogna lavorare con i neri tipo classico? Con l’evoluzione del classico, si possono portare benefici in qualsiasi modo, ma purtroppo il lavoro non è così semplice. I geni quantitativi prevedono un lavoro scrupoloso e ponderato. I geni qualitativi con cui lavorare sono piuttosto semplici. 8. A livello espositivo nelle varie mostre nazionali e mondiali, se hai mai partecipato, credi che il giudizio sia in linea con il tuo pensiero selettivo oppure da nazione a nazione vedi diversità di veduta su questa mutazione? In effetti sì, al giorno di oggi i parametri sono meglio definiti! Ma alcuni anni fa ho visto molti uccelli influenzati dal mogno, posizionati sia nell’emisfero meridionale che in quello settentrionale.

Uwe Poweleit - GERMANIA 1. Come ti chiami, da dove vieni e da quanti anni allevi? Uwe Poweleit, ho 60 anni e vengo da Coblenza, Germania. 2. Quando hai iniziato ad allevare il Nero opale? Quante coppie programmi annualmente? Che categorie e varietà di Nero opale allevi? Allevo Nero opale rosso mosaico da circa 20 anni; ne ho circa 15 coppie in allevamento, tutti puri Nero opale rosso mosaico. 3. In riferimento ai tuoi canarini e allo standard espositivo redatto dalle commissioni tecniche, secondo te come deve essere un Nero opale? Spiega bene tutte le caratteristiche secondo il tuo modo di vedere questo tipo. ll piumaggio deve essere come quello del tipo base e la melanina bluastra. La parte inferiore della penna è nera. Le parti cornee e le zampe devono essere il più possibile nere, il piumaggio liscio e aderente, il disegno melanico non deve essere interrotto e deve arrivare sopra la testa fino a chiudere nel becco. La forma e le dimensioni sono da equiparare ad altre razze di canarino. 4. Quali difficoltà e criticità riscontri nella selezione del Nero opale?

Le difficoltà per me risiedono nella differenziazione dal mogno, non c’è una demarcazione chiara, il passaggio non è chiaro: quando è ancora opale e quando è già mogno? Anche il piumaggio dei Nero opale non è facile da mantenere e deve essere aderente ed attillato. 5. Cosa pensi dell’uso dei portatori? Sei d’accordo sull’utilizzo oppure accoppi per compensazione? Raccontami un po’ le tue esperienze. Uso sia portatori che accoppiamenti in compensazione. Penso che coi portatori si stimoli meglio la produzione melanica. 6. Che accoppiamenti preferisci fare? Seleziono con 12 coppie di Nero opale rosso mosaico X Nero opale rosso mosaico, 2 coppie di Nero rosso mosaico portatore di opale X Nero opale rosso mosaico e una coppia di esperimento di Nero rosso mosaico. Dato che in realtà allevo nelle categorie mosaico rosso Nero e Nero opale, ho solo 15 coppie per fare opali. 7. Con i geni di incremento melanico che stanno venendo fuori nei neri tipo base, pensi che si potrebbe introdurre una evoluzione “migliorativa” sull’opale oppure bisogna lavorare con i neri tipo classico?

Nero opale brinato rosso, all. Alexandre Saint Germain

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Sì, uso neri portatori e anche i Bruni portatori sono molto utili per bilanciare la mutazione come per trasmettere striature più grandi e ossidazioni (dipende se scegli i tuoi neri o bruni). 6. Che accoppiamenti preferisci fare? Uso molto spesso i portatori di opale nel mio allevamento per fare i Nero opale e persino Bruni opale sul Nero opale. Cerco di far girare questi accoppiamenti.

Nero opale mosaico rosso, all .Alexandre Saint Germain

Dato che ho entrambi i tipi, ho incrociato Nero rosso mosaico e Nero opale rosso mosaico; questo mi aiuta a mantenere l’effetto opale e a non tendere troppo verso il mogno. Credo che far funzionare i geni che stimolano la melanina sia utile. 8. A livello espositivo nelle varie mostre nazionali e mondiali, se hai mai partecipato, credi che il giudizio sia in linea con il tuo pensiero selettivo oppure da nazione a nazione vedi diversità di veduta su questa mutazione? Lo standard COM dovrebbe effettivamente regolamentarlo, quindi penso che per ora dovrebbe essere sufficiente per il buon giudizio in mostra. Alexandre Saint Germain – FRANCIA 1. Come ti chiami, da dove vieni e da quanti anni allevi? Mi presento: Alexandre Saint Germain, vengo da Saint Martin du Bois (Gironde) dove sono cresciuto da quando sono nato, il 16 novembre 1983. 2. Quando hai iniziato ad allevare il Nero opale? Quante coppie programmi annualmente? Che categorie e varietà di Nero opale allevi? Ho iniziato ad allevare Nero opale dal 2017 con 3 maschi Nero opale rosso mosaico con 4 femmine nere rosso in-

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tenso e 4 femmine nere rosso mosaico. Ogni anno dispongo 8 coppie di Nero opale rosso mosaico e 8 coppie di Nero rosso mosaico; nel 2022 incrementerò con i Nero opale giallo e i bruno opale rosso mosaico. 3. In riferimento ai tuoi canarini e allo standard espositivo redatto dalle commissioni tecniche, secondo te come deve essere un Nero opale? Spiega bene tutte le caratteristiche secondo il tuo modo di vedere questo tipo. Per me il Nero opale deve avere una bella ossidazione sulle parti cornee (becco e zampe), piumaggio bluastro sulle interstrie e blu brillante più pronunciato sulle striature, il soggetto deve avere una bella forma e stare fiero su un trespolo.

7. Con i geni di incremento melanico che stanno venendo fuori nei neri tipo base, pensi che si potrebbe introdurre una evoluzione “migliorativa” sull’opale oppure bisogna lavorare con i neri tipo classico? Sì e no, dipende dai soggetti neri portatori; alcuni soggetti possono migliorare in maniera evidente il Nero opale in ossidazione, forma, striature più pronunciate e persino evitare la consanguineità. Anche i Bruni e Bruno opale portano in luminosità nel Nero opale. 8. A livello espositivo nelle varie mostre nazionali e mondiali, se hai mai partecipato, credi che il giudizio sia in linea con il tuo pensiero selettivo oppure da nazione a nazione vedi diversità di veduta su questa mutazione?

4. Quali difficoltà e criticità riscontri nella selezione del Nero opale? Il Nero opale è un tipo piuttosto delicato; per selezionare bene i suoi riproduttori, alcuni soggetti tendono ad essere troppo chiari ed altri troppo scuri al limite del mogno; bisogna saper bilanciare i fondi per ottenere un bell’ opale. 5. Cosa pensi dell’uso dei portatori? Sei d’accordo sull’utilizzo oppure accoppi per compensazione? Raccontami un po’ le tue esperienze.

Nero opale mosaico rosso, all .Fuentes


Personalmente ho notato che alcuni giudici di diversa nazionalità hanno la loro preferenza per opali più chiari e altri al limite del mogno, quindi più scuri. Il problema è che hanno difficoltà a distinguerli e questo causa un grosso problema a livello di giudizio, ahimè; per me il mogno è solo un pessimo opale troppo melanizzato che doveva essere bandito in considerazione di tutti questi problemi di giudizi e confusione. Rafael David Beltrán Fuentes SPAGNA 1. Come ti chiami, da dove vieni e da quanti anni allevi? Mi chiamo Rafael David Beltrán Fuentes C.N: 3H / 64 e vengo dalla capitale dell’Andalusia, Cordoba. Fin da piccolo ho sempre avuto uccelli ma sono tesserato dal 2009. Attualmente sono un aspirante giudice di colore. 2. Quando hai iniziato ad allevare il Nero opale? Quante coppie programmi annualmente? Che categorie e varietà di Nero opale allevi? Ho iniziato ad allevare Nero opale rosso mosaico intorno al 2012. Attualmente allevo con 12 coppie di Nero opale rosso mosaicoe 6 coppie di bruno opale rosso mosaico. In prece-

denza allevavo Nero opale rosso intenso e brinato, Nero opale bianco dominante. 3. In riferimento ai tuoi canarini e allo standard espositivo redatto dalle commissioni tecniche, secondo te come deve essere un Nero opale? Spiega bene tutte le caratteristiche secondo il tuo modo di vedere questo tipo. L’eumelanina deve avere una tonalità grigio acciaio bluastra, il disegno deve essere ampio e continuo su fondo grigio perla, le parti cornee (becco e zampe) nere. Il disegno eumelanico come nei classici rimane completamente intatto e completo in tutte le sue forme (disegno dorsale, sulla testa, sui fianchi, ali... ecc.) ma in un colore grigio acciaio. 4. Quali difficoltà e criticità riscontri nella selezione del Nero opale? La piuma dell’opale è molto rigida, fragile e di scarsa elasticità, soprattutto negli esemplari del tipo Nero, nei quali solitamente causa molti problemi di cisti della piuma. Questi difetti sono da tenere in considerazione nella selezione delle coppie. 5. Cosa pensi dell’uso dei portatori? Sei d’accordo sull’utilizzo oppure accoppi per compensazione? Raccontami un po’ le tue esperienze. In generale fanno un ottimo lavoro.

L’opale, come tutte le mutazioni, si evolve nel tempo; è chiaro che servono i tipi base, ma questi devono essere di alta qualità, altrimenti possono fornirci più difetti che pregi, non vale la pena utilizzare un qualsiasi tipo base. Con l’opale bisogna cercare la massima ossidazione ma bisogna sempre tenere conto dell’opalescenza; se l’eccessiva ossidazione ci impedisce di apprezzarla allora perdiamo la base della mutazione. 8. A livello espositivo nelle varie mostre nazionali e mondiali, se hai mai partecipato, credi che il giudizio sia in linea con il tuo pensiero selettivo oppure da nazione a nazione vedi diversità di veduta su questa mutazione? Ovviamente ho partecipato a mostre Nazionali e Mondiali; dalla mia esperienza ho potuto verificare che il fattore del gusto personale del giudice entra molto in scena ma cerco di adeguarmi allo standard sempre secondo il mio punto di vista. Fabio Sottoriva, Luciano Rui - ITALIA 1. Come ti chiami, da dove vieni e da quanti anni allevi? Siamo Fabio Sottoriva di Treviso e Luciano Rui della provincia di Venezia, due allevatori di Nero opale. Fabio inizia ad

6. Che accoppiamenti preferisci fare? Di solito accoppio opale per opale. Di tanto in tanto uso i portatori classici ma devo realizzarli nel mio allevamento. Cerco un portatore classico di qualità e a sua volta faccio i portatori perché mi piace sapere e vedere cosa nascondono. Per questo il modo migliore per utilizzare i portatori è farseli da soli ed inserirli successivamente nel proprio allevamento.

Nero opale mosaico rosso,all. Uwe Poweleit

7. Con i geni di incremento melanico che stanno venendo fuori nei neri tipo base, pensi che si potrebbe introdurre una evoluzione “migliorativa” sull’opale oppure bisogna lavorare con i neri tipo classico?

Nero opale mosaico giallo, all. Luciano Rui e Fabio Sottoriva

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allevare nel 1980, Luciano nel 1992. Io (Luciano Rui) ho conosciuto nel 2000 quello che ritengo in assoluto il mio Maestro in fatto di opale, Fabio Sottoriva, dal quale ho imparato come fare per avere dei buoni opale. 2. Quando hai iniziato ad allevare il Nero opale? Quante coppie programmi annualmente? Che categorie e varietà di Nero opale allevi? Attualmente alleviamo dal Nero opale al bruno opale al Nero ancestrale al mogano a Isabella opale giallo mosaico, Nero opale bianco dominante e diverse altre categorie. 3. In riferimento ai tuoi canarini e allo standard espositivo redatto dalle commissioni tecniche, secondo te come deve essere un Nero opale? Spiega bene tutte le caratteristiche secondo il tuo modo di vedere questo tipo. Del Nero opale ormai si è detto di tutto e di più, dal 2005 a oggi sono state svariate le interpretazioni di giudizio di questa razza: facevano vincere i più neri, ora gli intermedi e qualche volta quelli che veramente erano opale. L’opale è grigio a prescindere da tutto (vedi Padda, Fringuello, Cardinalino,

Carpodaco, Tortora, addirittura le Anatre); quando si ha una riduzione del Nero del 70% dell’eumomelanina una struttura nera diventa per forza grigia, più scura o meno scura, ma grigia. 4. Quali difficoltà e criticità riscontri nella selezione del Nero opale? Noi che facciamo il Nero opale oramai da tanti anni non riscontriamo molte difficoltà nell’allevarlo, tutto sta nella selezione dei soggetti e nell’accortezza dei più piccoli e importanti particolari. 5. Cosa pensi dell’uso dei portatori? Sei d’accordo sull’utilizzo oppure accoppi per compensazione? Raccontami un po’ le tue esperienze. L’uso poi dei portatori secondo noi è basilare, anche qui bisogna saper scegliere i migliori perché non tutti sono idonei da inserire; certo, così facendo avrai un grande quantitativo di “scarto”... come si sa, i portatori non li vuole neanche l’ uccellaio però, se vuoi ottenere dei buoni opale, il portatore a nostro parere è essenziale. 6. Che accoppiamenti preferisci fare? Come accoppiamenti, come dicevamo prima, portatore per puro come fanno tutti, senza dimenticare la genetica che

gli stessi hanno traslato negli anni, in modo tale da non avvicinarsi troppo al mogano. 7. Con i geni di incremento melanico che stanno venendo fuori nei neri tipo base, pensi che si potrebbe introdurre una evoluzione “migliorativa” sull’opale oppure bisogna lavorare con i neri tipo classico? Per quanto riguarda gli incrementi di Nero melanico sui tipi base non crediamo sia cosa buona inserirli nell’opale; cerchiamo di ricordare che il fattore Nero melaninico lo abbiamo usato in svariate maniere nell’opale (vedi Nero monomelanico, vedi Nero, quarzo Nero, polimelaninico) e si è fatta solo ulteriore confusione, dando inizio a svariate mutazioni creando solo confusione su quello che si definisce “opale”. 8. A livello espositivo nelle varie mostre nazionali e mondiali, se hai mai partecipato, credi che il giudizio sia in linea con il tuo pensiero selettivo oppure da nazione a nazione vedi diversità di veduta su questa mutazione? Come ben sappiamo, il criterio di giudizio CTN e COM è praticamente identico, ma continua a succedere che in molte regioni europee si giudichino opale canarini mogano (storia infinita): io (Luciano) sinceramente mi sono stancato di dire e spiegare sempre le stesse cose parlando al vento, al contrario di Fabio, che continua imperterrito a spiegare cos’è l’ opale. Non scordiamoci che in Italia abbiamo i migliori giudici al mondo di questa razza, eccellenti periti che hanno imparato a leggere la parte superiore della piuma chiara e la parte inferiore più scura, capendo così come avviene la rifrazione (azzurrino). Perdonaci se siamo stati un po’ troppo concisi, per parlare di opale non basterebbe una settimana secondo noi! Sperando di aver fatto cosa gradita per gli allevatori del tipo e per gli appassionati lettori, auguro una buona stagione espositiva a tutti! Alcune foto contenute nell’articolo raffigurano soggetti probabili intermedi - NdR

Nero opale intenso giallo, all. Luciano Rui e Fabio Sottoriva

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DIDATTICA & CULTURA

Il collezionismo ornitologico

Dodicesima parte

Stampe e illustrazioni testo e foto di FRANCESCO BADALAMENTI

Q

uesto dodicesimo capitolo è dedicato alle vecchie incisioni, a disegni, quadri, acqueforti e litografie; più che un articolo si tratta di una piccola rassegna fotografica di alcune illustrazioni, ovviamente aventi temi ornitologici. La parte scritta sarà, pertanto, sintetica e dettata prevalentemente dalle esigenze editoriali. In queste antiche stampe artistiche si trovano frequentemente raffigurazioni di fasianidi, palmipedi, rapaci, scolopacidi, ecc., anche se il nostro interesse sarà, ovviamente, più rivolto verso le illustrazioni di fringillidi e dei volatili di

più comune allevamento. I soggetti sono solitamente mostrati singoli o in coppia, spesso con una piccola ambientazione di sfondo, curata in modo che sia bene focalizzata l’attenzione sul soggetto posto in primo piano. Si tratta, in sintesi, di quello che, nella parte prima di questi articoli sul collezionismo, avevo definito come collezionismo raffinato o “d’élite” (cfr. Italia Ornitologica n. 8/9 2020). Trattasi, infatti, di un collezionismo per pochi eletti, sia in relazione all’ingente quotazione che frequentemente possono raggiungere le stampe più belle e rare e pregiate,

Stampa dal libro: “The illustrated book of canaries and cage-birds, British and foreign” by W. A. Blakston (1878)

Stampe e disegni presso gli uffici della sede Federale

numerate e firmate dall’autore, sia per le esigenze di spazio che una simile collezione comporta. L’argomento lo avevo già marginalmente proposto, nella parte terza dedicata al “collezionismo cartaceo”, ma sono stato - da più parti- sollecitato a tornare sul tema, poiché collezionare vecchie incisioni rappresenta un modo originale e di grande fascino, per tutti coloro che hanno voglia di arredare i propri ambienti in modo elegante e attuale, ivi comprese le sedi sociali delle Associazioni Ornitologiche territoriali; ad esempio, numerosi quadri si trovano presso la sede Fe-

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Lizard e Lancashire, stampe dal libro: ”Our canaries - thoroughly practical and comprehensive guide to the successful keeping, breeding and exhibiting of every known variety of the domesticated canary” by C. St. John (1911)

derale di Piacenza, a corredare e decorare stanze e corridoi degli uffici e delle sale riunioni della F.O.I. Preliminarmente occorre distinguere se trattasi di opera d’arte fine a se stessa oppure di un’opera pensata come illustrazione di un libro. Infatti, le litografie artistiche sono spesso separate dal libro, cui sono legate, per essere vendute come pezzo unico a un prezzo più alto. I rigattieri di libri e litografie vintage sono soliti “depredare” e smembrare gli antichi testi, per rivendere singolarmente le stampe artistiche che accompagnano il testo, sia perché più remunerativo, sia perché è più semplice

Crociere: incisione di Francis Orpen Morris, seconda metà dell’800

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vendere singolarmente le stampe, piuttosto che un intero volume. Per questa ragione, molti antichi libri oltre che a essere diventati pressoché introvabili, nella veste integrale, raggiungono ormai quotazioni economiche elevatissime. Fra questi, uno tra i più noti nel nostro settore è un testo inglese del 1878 Published by Cassell & Company Limited, London, avente per titolo: “The Illustrated Book of Canaries and CageBird British and Foreign” by W. A. Blakston, le cui immagini delle stampe contenute al suo interno sono state più volte utilizzate a corredo di articoli pubblicati su Italia Ornitologica o sono state

London Fancy e Lizard: illustrazioni di fine ‘800

utilizzate per raffigurare locandine e poster di esposizioni ornitologiche. Da una recente ricerca web, ho appreso i nomi di alcuni tra i più abili incisori britannici della seconda metà del secolo ‘800, tra questi Mr. Benjamin Fawcett, il quale instaurò un connubio cinquantennale con Beverly Robinson Morris, collaborando alla parte grafica di tutte le sue opere scritte. Morris è stato, insieme al fratello maggiore, il reverendo Francis Orpen Morris, uno tra i più apprezzati esperti di storia naturale, con particolare riferimento all’ornitologia. La sua opera più importante è il “British Game Birds and Wildfowl”, il cui suc-


Integrazione alla parte 11 pubblicata sul numero 1/2022

Q

Piccoli esotici, stampe da: Cassell’s Canaries and Cage Birds 1871

cesso, probabilmente, va attribuito in massima parte alle bellissime stampe antiche da cui è arricchito, tutte disegnate e incise da Fawcett, che fece un sapientissimo uso dei colori, assolutamente non usuale per l’epoca. La meticolosa attenzione posta nell’uso dei colori, nella consapevolezza che avrebbe differenziato quelle incisioni da ogni altro lavoro coevo, permise, unitamente al buon formato delle stampe, un dettaglio del piumaggio che, ancora oggi, sorprende e rende vivo ogni volatile ivi raffigurato. Altro noto botanico e dell’800 è stato Prideaux John Selby (1788-1867), artista conosciuto soprattutto per le sue “Illustrations of British Ornithology” (1821-1834), la prima raccolta di illustrazioni a grandezza naturale degli uccelli britannici. Scrisse inoltre diversi libri di ornitologia, tra i quali “Natural history of parrots” (1936), “Illustrations of Ornithology” in collaborazione con William Jardine e ancora “A History of British Forest-trees” nel 1842. Molte delle illustrazioni nelle sue opere furono realizzate sulla base di esemplari della sua collezione. La percezione di molti non addetti ai lavori è che con il termine stampa si indica una riproduzione, mentre il termine incisione implica l’originale. Occorre, quindi, puntualizzare che cosa si intende per stampe antiche, posto che spesso si confonde la stampa con

ueste gabbie da me raccolte occasionalmente girando per i mercatini sono rappresentative di una passione innata che non muore col passare del tempo. Ricordo molto bene a Messina il mio vicino di casa (70 anni fa.....) in uno spazio molto angusto (la cucina) aveva impiantato un allevamento di canarini. Nello stesso spazio costruiva bellissime gabbie in legno. Avevo pochi anni e forse con quella esperienza si rafforzava in me la passione verso quel mondo. In queste gabbie non ci sono canarini ma in ognuna vive un pezzettino di anima che non riesce a liberarsi. Sarebbe bello nelle mostre ornitologiche dedicare uno spazio alla storia della passione che ci accomuna e quindi anche all’oggettistica che la rappresenta. Chiudo invitando tutti gli appassionati, qualora già non lo facessero, ad avere il massimo rispetto per gli animaletti che occupano gli spazi del nostro tempo libero. FEDERICO VACCARO

Lorichetto multicolore, disegno dal libro “Natural history of parrots” by Prideaux John Selby (1836)

una riproduzione. Al riguardo occorre precisare che fino a tutto il XVIII secolo era necessario un procedimento manuale nella creazione di un supporto, in legno o in metallo, da cui sarebbe stata poi tirata una stampa. Nel secolo successivo sono stati introdotti i nuovi concetti di “stampe d’invenzione” e

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“stampe di traduzione”. Nel primo caso è l’artista incisore che inventa il soggetto, nel secondo caso, invece viene in-

ciso un tema che è stato ideato da altri. Con l’invenzione della fotografia nascono le riproduzioni fotomeccaniche,

cioè quelle stampe che non abbisognano dell’intervento dell’uomo, né in fase di ideazione né in fase di creazione.

Il Dodo - Raphus cucullatus (Linneaus, 1758)

Moneta delle Isole Mauritius 1936

L’

immagine del Dodo (o Dronte) è stata consegnata alla storia grazie ai disegni e alle antiche stampe, diventando uno degli uccelli estinti più iconici e famosi; la sua immagine è, infatti, presente in numerose opere tra cui film, fumetti, cartoni animati, videogiochi, e persino in logo e marchi di abbigliamento, di gioielli e molto altro ancora. Grazie alle numerose illustrazioni e ai racconti, la sua popolarità, è continuata a crescere, trasformando questo strano uccello in una sorta di animale mitologico, tanto che qualcuno ha persino dubitato della sua reale esistenza. Conosciamo, solo in parte, la sua storia soprattutto grazie alle illustrazioni, alle descrizioni e ai racconti, di marinai ed esploratori che lo videro con i propri occhi. Esistono pochi e frammentati resti di questo animale, rigorosamente conservati in musei di storia naturale; non esistono scheletri completi, quindi anche le ricostruzioni dell’animale fanno affidamento principalmente a queste descrizioni e alle illustrazioni, che però non sempre sono attendibili. La maggior parte delle rappresentazioni artistiche dipingono il Dodo come un animale grasso e tozzo ma quasi certamente queste illustrazioni erano esagerate, poiché basate non su animali in vita, ma su racconti, pelli ed esemplari impagliati, con le tecniche dell’epoca. Molto probabilmente il dodo era un animale molto più snello e agile di quanto si pensi e il suo piumaggio era quasi certamente più vivo e colorato. Era un uccello endemico delle Mauritius che ambientatosi in quelle isole, non avendo predatori naturali, aveva, nel corso dell’evoluzione, perso ogni abilità al volo. Poco si sa sul suo comportamento ma essendo una specie terricola, molto probabilmente si cibava soprattutto di frutta, semi, bacche e bulbi che raccoglieva tra i boschi delle Isole Mauritius. Quando nel 1598 i navigatori olandesi sbarcarono alle Mauritius, si trovarono di fronte questo insolito uccello, mai visto prima. Nei diari di bordo degli ammiragli che approdarono in quelle isole, il Dodo viene descritto come un ani-

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Antica stampa male dall’aspetto simile al cigno, ma più grosso, con la testa enorme ricoperta solo per metà dalle piume e privo di ali, sostituite da ciuffi composti da tre o quattro penne nerastre, possedeva un piumaggio grigiastro, zampe gialle, un grosso becco ricurvo, in parte scuro e in parte giallastro, un ciuffo di penne corte e ricciute sulle coda. Venne chiamato Walghvogel, che in olandese significa uccello insipido, probabilmente poiché le sue carni non erano poi cosi buone da mangiare. Fu proprio a causa dell’arrivo dell’uomo su quelle isole che il Dodo iniziò a sparire rapidamente fino alla sua completa estinzione. L’ultimo avvistamento accertato sembrerebbe risalire al 1662, appena 64 anni dopo l’arrivo dell’uomo su quelle isole. Secondo quanto riportato nei diari di viaggio, il Dodo veniva di tanto in tanto cacciato, le sue uova mangiate, ma le sue carni non erano particolarmente appetibili e comunque non fu questa la causa dell’estinzione. Con l’arrivo dell’uomo le Mauritius iniziarono a popolarsi anche di cani, gatti, maiali, ratti e topi, animali che si nutrirono con facilità sia delle uova di Dodo sia dei loro pulcini. Infine, con l’arrivo degli animali domestici erbivori, questi entrarono in competizione alimentare con il Dodo per la frutta, i semi e con tutte le altre risorse alimentari. L’arrivo di tutte queste specie alloctone fu la causa principale del declino dei Dodo che, insieme alla deforestazione e alla caccia, ne decretò rapidamente l’estinzione; con lui sparirono dalle Isole Mauritius molte altre specie di uccelli, rettili e piccoli mammiferi che abitavano quelle isole. L’estinzione del Dodo è diventata, nel corso degli anni, l’icona e il simbolo della capacità dell’uomo di distruggere, con i suoi comportamenti, gli altri esseri viventi. La sua scomparsa rappresenta oggi un monito per l’umanità, un avvertimento che però l’uomo sembra ancora non aver saputo cogliere, posto che, con ritmi crescenti, continuano a scomparire innumerevoli altri i tasselli della biodiversità.


ALIMENTAZIONE

C’è camola e camola testo e foto di Luca Gorreri

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olte specie di uccelli si nutrono di insetti tutto l’anno mentre altre li utilizzano solo nel periodo riproduttivo ed altri ancora se ne cibano in diverse fasi della loro vita. Logico che in spazi controllati come quelli predisposti dagli allevatori (voliere, gabbie) è l’allevatore che li gestisce nella fornitura di alimenti e quindi anche di insetti. Insetti vivi, insetti surgelati e poi scongelati ed insetti essiccati (questi ultimi soprattutto all’interno di pastoni, prodotti da aziende). Pertanto, l’allevatore è sempre alla ricerca anche di insetti e si impegna per offrirli al meglio, in ottime condizioni e i migliori, cioè di alta qualità. Del resto, l’indole dell’allevatore assiduo e professionalmente ben preparato è quella di garantire il maggior benessere ai propri amici alati e quindi è sempre alla ricerca dell’eccellenza, del top. Ed è proprio con questo spirito che mi addentro ad illustrarvi il dettaglio di un insetto allevato nel modo migliore per essere offerto ai nostri uccelli. L’insetto (lepidottero) è la simpatica camola del miele o della cera, scientificamente denominata Galleria mellonella, che tutti noi conosciamo ma sulla quale occorre fare attenzione. Chi alleva lucherini, organetti, fringuelli, peppole, ciuffolotti, fanelli, cardellini, turdidi ancestrali (merli, t. bottacci e t. sasselli, cesene, tordele etc.) ed esotici spesso utilizza la camola del miele poiché è un insetto che presenta un elevato tenore proteico grazie alla presenza di aminoacidi essenziali di origine, appunto, animale. Le proteine sono presenti anche negli alimenti vegetali ma in questi non ar-

Tordo dorso castano con una nutrita inbeccata

rivano ad eguagliare quelle di origine animale, per il valore biologico delle stesse e perché quelle animali presentano microelementi che sono assenti nelle vegetali. Le camole del miele (così come altri tipi di insetti) sono molto utili soprattutto nel periodo dei nidiacei e possono rappresentare un fondamentale supporto

alimentare per la crescita degli stessi. La camola è una larva (bruco) che raggiunge una taglia massima di circa 34 cm di lunghezza alla sua maturità, cioè prima di chiudersi nel bozzolo e poi diventare crisalide e quindi farfalla. La farfalla adulta misura circa 10-15 mm, è di colore grigiastro e alle temperature intorno ai 20-22 gradi

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Camole a confronto

prende il volo e si accoppia per poi deporre più di un migliaio di uova e dare inizio alle nuove generazioni. Le falene vivono mediamente da 10 a 15 giorni e depongono uova fertili per circa una settimana. Negli allevamenti di camole (per la vendita ad uso pesca, per rettili, anfibi, pesci) fino a pochi anni fa venivano alimentate esclusivamente con materiale disidratato o surgelato. A seguito di vari studi fatti eseguire dalle aziende produttrici di camole, è stato appurato come l’apporto alimentare per allevare le camole debba essere garantito con cibo idoneo, al fine di poter fornire elementi fondamentali (vitamine, lipidi, proteine, oligoelementi) per un’ottima crescita. È stato ad esempio riscontrato che l’alimentazione delle camole con i prodotti surgelati non apporti le giuste quantità di elementi fondamentali. Il sapore della camola è dolciastro grazie alla giusta presenza di carboidrati e di grassi che conferiscono tale sapore e quindi appetibilità per gli uccelli, anche se dobbiamo ricordare che negli amici alati il senso del gusto non è così sviluppato, ma è chiaro che un insetto appetibile è sempre ricercato. Fondamentale per i nostri uccelli che le camole non siano state allevate utilizzando soprattutto ormoni o antibiotici e che non presentino cariche batteriche elevate o presenza di

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Varie pezzature delle camole

spore fungine pericolose. Spesso molte aziende che producono camole per la vendita ai pescatori utilizzano prodotti a base ormonale affinché le larve non producano il bozzolo, in quanto i pescatori, diversamente, troverebbero nelle scatoline anche camole rinchiuse nel bozzolo, con relative perdite di tempo soprattutto nelle competizioni. Quindi, meglio non acquistare questi insetti in quanto poi non conosciamo come tali sostanze si potrebbero comportare nel corpo dei pulli o dei genitori. È bene scegliere (mi raccomando) camole che producono il filo sericeo e quindi il bozzolo. Da scartare ovviamente le camole colorate (anche queste ad uso pesca). Ma veniamo ad un altro aspetto importante nella scelta delle camole da utilizzare: a parer mio, è consigliabile scegliere camole di piccola taglia, cioè camole che non si accrescono molto in quanto le camole adulte e grosse contengono poi elevata quantità di grassi a scapito del contenuto proteico che invece è fondamentale per l’accrescimento dei pulli. Infatti, in questa fase di vita del piccolo uccellino in cui le proteine di origine animale sono importanti, occorre fornire camole piccole, che sono anche più facilmente utilizzabili dai genitori verso i nidiacei. Le camole grosse, i genitori, dovrebbero sbatterle in terra (e si inquinerebbero per via di

batteri e funghi) e dovrebbero magari spezzarle al fine di poterle imbeccare nella gola dei piccoli. Con lo scopo di dimostrare alcune precedenti affermazioni tecniche, ho svolto insieme ad un altro allevatore della Toscana (Fezzana di Montespertoli) una sperimentazione sulle camole nei diversi stadi di accrescimento per comprendere, anche con analisi di laboratorio, alcuni aspetti importanti relativi alla composizione delle stesse a alla carica batterica presente. Con la collaborazione di un’azienda produttrice emiliana di Bagnocavallo, che ci ha fornito camole di diverse dimensione e piccoli panetti inoculati di uova, abbiamo iniziato ad utilizzarle su un gruppo di turdidi in riproduzione: io con la luce naturale in voliere all’aperto e l’altro allevatore utilizzando la luce artificiale; io avevo le cove da aprile e lui da febbraio, io con tordi mutati (bruno, satiné) ed esotici (citrino, dorso castano, petto nero etc.), lui con tordi ancestrali e mutati e sasselli mutati sempre in voliere all’aperto ma riparate da teli antizanzare (verdi, ad uso agricolo).Tali prove sono state eseguite al fine di avere alcune diversificazioni, utili per i confronti sperimentali. Abbiamo iniziato infatti a verificare i panetti (tondi in scatoline tonde, come appare in foto) che alle temperature di circa 20-22 gradi iniziavano a produrre camoline (usci-


vano dal panetto) di dimensioni di circa 5-8 mm di lunghezza, che abbiamo appunto fatto analizzare da un Istituto Zooprofilattico Regionale e sono emersi i seguenti risultati: su 100gr - lipidi 12gr., proteine 17,5gr., carboidrati 12gr., ceneri 1,4gr. ed umidità 60gr. Abbiamo fatto eseguire le analisi anche su camole adulte, cioè di dimensioni di circa 25-30 mm ed i risultati sono stati i seguenti: lipidi 25gr., proteine 15gr., carboidrati 2gr., ceneri 1gr. ed umidita 60gr. Quindi, come si può constatare da una prima valutazione, possiamo osservare che il contenuto in grassi dalla piccola camola (12gr.) rispetto alla grande (25gr.) cambia notevolmente, così come il contenuto in proteine (17,5gr nelle piccole e 15gr nelle grandi) e anche dei carboidrati (12gr. nelle piccole e 2,5gr. nelle grandi). Nell’allevamento dei pulli, quindi, tali

Prediligete camole di piccole dimensioni (5-8mm.) che presentano minori lipidi, maggiori proteine e minori cariche batteriche

aspetti sono fondamentali, cioè la differenza analitica tra le piccole camole (di 5-8 mm) e quelle grandi di 2,5-4 cm è abissale (per il nostro comparto relativo alla tecnica alimentare di allevamento). Infatti, la componente lipidica che raddoppia (e anche di più) nella

grande camola, cioè un quarto della grammatura rispetto al peso totale (appunto pesato sui 100 grammi) non è idonea per i pulli da 1 a 8 -9 giorni, così come i carboidrati, che nelle grandi camole sono scarsi (2gr.) mentre nelle piccole sono razionali (12gr.): ecco quindi spiegati i risultati ottenuti con le differenti camole durante la riproduzione di diversi turdidi ancestrali, mutati ed esotici. Ad un gruppo di riproduttori sono state fornite le piccole camoline (il panetto) durante il periodo riproduttivo, cioè nella fase di imbecco dei pulli dal giorno seguente alla schiusa (sebbene la coppia fosse già abituata alle camole in quanto fornite saltuariamente in precedenza), anche se in tale giorno il nidiaceo si nutre esclusivamente delle sostanze giallastre del sacco vitellino ed inizia a ricevere cibo dai genitori dal secondo giorno di vita.

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Venivano forniti due panetti al giorno se la nidiata era di 3 pulli e anche 3 panetti se composta da 4 o 5 piccoli fino all’ottavo-nono giorno di vita, cioè quando si toglievano dai genitori per allevarli allo stecco (o meglio, con la siringa), utilizzando quindi pappe proteiche che sostituivano la dieta a base di insetti dei primi 8-9 giorni. Logico che da tale età fosse possibile fornire saltuariamente qualche camola grossa (2,53 cm) o altro insetto (tarma della farina, grillo etc). Ma il nostro esperimento terminava al momento dell’allevamento a mano da parte dell’allevatore, in quanto il periodo critico era quello tra un giorno e i cinque giorni di vita, sia per l’accrescimento (buono sviluppo) sia per eventuali patologie che potevano insorgere anche per l’errata alimentazione con insetti contaminati. Era infatti molto improbabile o raro che i soggetti morissero una volta superati i 6-7 giorni di età, tanto meno dopo gli 8-9. Fondamentale l’esperimento con l’utilizzo delle piccole camole che presentavano quelle giuste caratteristiche e proprietà, cioè buon apporto proteico, contenuto in lipidi non eccessivo, razionale contenuto in carboidrati e giusta dimensione per

Panetto rotondo con numerose camoline

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È fondamentale che le camole non siano state allevate utilizzando ormoni o antibiotici

l’imbecco, assenza o poca presenza di batteri o ormoni o altre sostanze nocive alla loro salute e al loro buono e veloce accrescimento nei primi giorni (7-8) di vita. Abbiamo fatto eseguire sulle camole piccole anche analisi di laboratorio per indagare sulla presenza di Salmonelle spp. e di Listeria, che sono risultate assenti; sugli Stafilococchi coagulasi-positivi che risultavano < di 10 u.f.c/g, su Bacillus cereus assenti, su Clostridi anaerobi solfito riduttori che risultavano <10 u.f-c,/g e su Clostridium perfrigens che risultava <10 u.f.c./g, cioè in definitiva i risultati hanno evidenziato la ridotta presenza di organismi nocivi, come appunto diversi batteri. Durante la riproduzione, non appena visivamente notavamo che i pulli cresciuti con tali camoline crescevano

meglio e maggiormente in taglia rispetto a quelli allevati con lombrichi o camole grosse o acquistate in negozi di pesca, abbiamo iniziato a pesarli. Abbiamo utilizzato bilance elettroniche (portate vicino ai nidi per effettuare velocemente tali operazioni senza nuocere ai piccoli e ai genitori) dal terzo giorno fino al nono ed infatti i dati ci hanno confermato che quelli alimentati con le piccole e sane camole crescevano maggiormente degli altri, a conferma di quanto osservato visivamente. Del resto, un esperto allevatore, già ad occhio, riesce a captare tali differenze, ma occorreva averne riscontro oggettivo applicando un metodo preciso, cioè le pesate giornaliere. È fondamentale, per ottenere camoline così, che le aziende produttrici forniscano loro alimenti utilizzando prodotti di qualità, quindi ben selezionati e preventivamente provati che conferiscano all’insetto elementi ad alto valore biologico ed anche buona digeribilità; in particolare, contenuto in proteine termostabili che non portano alla perdita delle proprietà fisiologiche. Ancora due consigli: quando togliamo dal frigorifero le scatoline con le camole, dovendone prelevare alcune, occorre fare tale operazione in fretta in quanto, se ci tratteniamo troppo, appena riposizionato il contenitore nel frigo si formerà una condensa sotto il tappo della scatolina che sarà letale per le camole. Il frigo risulta utile in quanto occorre mantenerle al fresco (3-4 gradi) soprattutto per rallentarne l’attività alimentare e quindi l’accrescimento, anche se alcune aziende hanno individuato sistemi di allevamento finalizzati a mantenere per un lungo periodo le camoline piccole. Nel caso si allevino le camole, non dobbiamo mai prenderle con le dita, in quanto toglieremmo alle larve lo strato protettivo che le avvolge, causandone poi il decesso (diventano nere), quindi semmai occorre usare una pinzetta onde evitare, appunto, il contatto con le nostre mani. Buon allevamento… scegliendo le camole giuste.


R ecensioni “Genetica di base nel Canarino di Colore” Autore: Antonio Vilasi Pagine: 72 Edizioni: Amazon Fulfillment Prezzo: € 26,00 di GENNARO IANNUCCILLI ntonio Vilasi è un appassionato ed esperto allevatore di canarini di colore, giunto a conquistare sin da giovane titoli in mostre ornitologiche nazionali e internazionali. La sua pubblicazione “Genetica di base nel Canarino di Colore”, come recita nel titolo, rappresenta un excursus nelle varie possibilità di accoppiamento dei canarini, in base alle interazioni tra le mutazioni attualmente riconosciute. L’autore, volutamente, non fa riferimento agli standard di giudizio, poiché mutevoli nel tempo e soggetti a divergenze interpretative, ma si concentra sulle espressioni fenotipiche che possono essere generate dalla corretta comprensione delle nozioni di genetica applicata alla canaricoltura di colore. Il libro contiene, oltre a una breve descrizione dei tipi riconosciuti e relative espressioni di varietà e categorie, molti schemi di accoppiamento utili a chiarire al lettore – soprattutto se neofita – il meccanismo genetico in base al quale operano le mutazioni che provocano le varie espressioni del fenotipo dei canarini, con specifico riferimento all’allevamento a scopo ornamentale ed espositivo. Sono presenti anche degli interessanti cenni relativi al significato e agli effetti derivanti dalla selezione naturale e dalla selezione artificiale nonché delle considerazioni sulla selezione fenotipica finalizzata al miglioramento espressivo, in particolare relazione alla canaricoltura. Dobbiamo evidenziare la presenza di qualche refuso che auspichiamo potrà essere rimosso in fase di nuova e successiva riedizione. Il libro è impreziosito dalle immagini concesse da Enzo del Pozzo, del cui volume fotografico abbiamo pubblicato una recensione nel n° 89/2021 di Italia Ornitologica.

Novità editoriali

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O rniFlash Alcuni pappagalli hanno imparato giocare a golf

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a specie che continua a sorprendere in positivo è quella dei cacatua, ingegnosi e dalle doti non molto diverse da quelle dei primati. A condurre il singolare esperimento è stato un team di ricercatori che fanno capo all’Università di Medicina Veterinaria di Vienna. L’obiettivo era quello di approfondire le capacità di manipolazione dei cacatua di Goffin. I pappagalli appena menzionati sono originari della zona del Pacifico e nel caso di specie la loro intelligenza è stata messa alla prova con il cosiddetto Golf Club Task. Non è altro che una scatola-puzzle che presenta un pavimento realizzato in erba sintetica. Il traguardo da raggiungere consiste nell’inserire una piccola sfera e un bastoncino che funge da piccola mazza da golf. I pennuti coinvolti nell’esperimento si sono appunto cimentati con la scatola e per ogni lavoro terminato con successo è stata messa a disposizione una ricompensa. In pratica, i pappagalli che hanno preso parte al test sono stati 11 e cinque di loro sono riusciti a venire a capo del dilemma. Il lavoro è stato dunque portato a termine con successo dal 50% degli esemplari, tenendo anche conto del fatto che il tempo totale è migliorato ogni volta che veniva ripetuto l’esperimento. I pappagalli hanno ideato delle vere e proprie tecniche personali, una diversa dall’altra, per il giochino legato al golf, dimostrandosi spontanei e pieni di spirito di iniziativa. Un comportamento simile, come già anticipato, è stato notato nei primati che si approcciano con la stessa capacità cognitiva in molti gesti. Ora c’è da capire come facciano i volatili a sviluppare queste abilità. Per il momento ci si può limitare a un fatto: i cacatua osservano parecchio e vogliono replicare in fretta quello che hanno appena visto. Fonte: https://tecnologia.libero.it/pappagalli-imparato-giocare-golf-53804

Farmaci e pesticidi in piume di uccelli marini

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a diffusione in ambiente di farmaci e pesticidi ha raggiunto livelli tali da determinarne la presenza anche negli uccelli marini. Lo rivela una ricerca condotta da Marco Picone, ricercatore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, su due specie che nidificano nella Laguna di Venezia, la sterna ‘beccapesci’ e il gabbiano corallino. Come predatori apicali nella rete trofica acquatica, sono ‘sentinelle’ del loro habitat e forniscono indicazioni indirette sulla presenza dei farmaci nei tessuti delle loro prede e nell’ambiente. L’analisi sulle piume prelevate dai pulli di questi uccelli marini non ha lasciato spazio a dubbi: l’87% dei 47 campioni analizzati conteneva il principio attivo diclofenac, un antinfiammatorio non-steroideo, ma sono stati rilevati anche ibuprofene, nimesulide, naprossene e gli antidepressivi citalopram, fluvoxamina e sertralina. Inoltre, il 91% dei campioni contenevano tracce quantificabili di neonicotinoidi, una classe di pesticidi chimicamente simili alla nicotina. Finora si ritenevano esposti ai neonicotinoidi solo gli uccelli che si nutrono di semi e nettare, ed indirettamente i rapaci. Questo studio dimostra come nella catena della contaminazione possano finire anche specie apparentemente più lontane dal contesto agricolo. Fonte: https://www.ansa.it/veneto/notizie/2022/02/21/ambiente-farmaci-e-pesticidi-in-piume-uccelli-marini_fcad44c5-f563-42ad-989b-3e370fb9bbc1.html


O rniFlash Due fratelli curano i rapaci in un garage n un seminterrato umido e disordinato, due fratelli indiani da vent’anni fanno qualcosa di unico: Mohammad Saud e Nadeem Shehzad salvano rapaci che cadono dal cielo e li curano ridando loro una speranza di sopravvivenza. Questo gesto d’amore è al centro di All That Breathes, film recentemente premiato al Sundance Film Festival 2022 come miglior documentario internazionale. È una storia di speranza, di rispetto per la natura, che racconta sia come l’uomo può influenzare la vita degli animali, ma anche il dramma dell’inquinata realtà dell’India, gli aspetti della crisi climatica e molto altro. I due fratelli si prendono cura di quei rapaci, come il nibbio bruno, che soffrono per più ragioni, dagli impatti con gli edifici in una città dal cielo grigio e l’aria irrespirabile, sino a quelli feriti a causa dei cavi elettrici, oppure per i fili degli aquiloni che volano nei cieli densi di smog. Ogni giorno a Delhi tantissimi uccelli cadono così a terra con poche aspirazioni di riuscire a tornare a volare. Li curano, fasciano le ferite, steccano le ali tagliate rimediando alle ossa rotte. “Secondo la superstizione indiana i rapaci sono uccelli sfortunati e in molti li odiano”, ha spiegato Shehzad, 44 anni, all’Afp. “Non possiamo abbandonarli” raccontano nel film da poco premiato che Hollywood Reporter ha definito come una “piccola meraviglia di documentario”. Fonte: https://roccarainola.net/due-fratelli-di-nuova-delhicurano-i-rapaci-in-un-garage-il-docufilm-premiato/

In Svezia i corvi diventano spazzini

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n Svezia, a Södertälje, vicino a Stoccolma, i corvi raccoglieranno i mozziconi di sigaretta. Gli uccelli in questione sono stati addestrati a depositare i mozziconi in una macchina che poi li smaltirà. Ad ogni mozzicone depositato, gli uccelli riceveranno del cibo. “Sono uccelli selvatici che partecipano su base volontaria“, ha assicurato Christian Günther-Hanssen, founder di Corvid Cleaning, la start-up a capo dell’iniziativa. Secondo gli ideatori del progetto, dunque, non si tratta di una costrizione in quanto i corvi parteciperebbero allettati dal ”premio”. Per il progetto sono stati addestrati i corvi della Nuova Caledonia (Corvus moneduloides). Secondo alcune ricerche, citate dal Guardian, questi volatili mostrano capacità di ragionamento che sono pari a quelle di un bambino di 7 anni. “Sono i più facili da addestrare e c’è anche maggiore possibilità che imparino gli uni dagli altri. Allo stesso tempo, c’è un minor rischio che mangino erroneamente immondizia” ha spiegato sempre Christian Günther-Hassen. Rimane da capire se ci siano complicazioni per la salute dei corvi, esponendoli costantemente alle tossine dei mozziconi di sigaretta. Senza contare il fatto che si è dovuti addirittura arrivare ad addestrare gli animali per rimediare a quella che è una cattiva condotta umana. Fonte: https://www.ehabitat.it/2022/02/18/sveziacorvi-raccoglieranno-sigaretta/

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CANARINI DI FORMA E POSIZIONE ARRICCIATI

Tra Benacus e Giraldillo sevillano di GIUSEPPE NASTASI, foto FERNANDO ZAMORA (per gentile concessione della rivista “NUESTROS PÁJAROS”) e P. PELUSO

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ei canarini Arricciati, l’Italia vanta un ruolo di assoluto rilievo sia per la lunga tradizione nell’allevamento delle razze che appartengono a questa specializzazione, sia per aver avuto l’onore di farne riconoscere ben sei e cioè: il Gibber Italicus, il Padovano, Il Fiorino, l’AGI, il Rogetto e in ultimo il Benacus. In questo scritto vorrei parlare appunto dell’ultima razza appena riconosciuta, il Benacus. La razza è stata riconosciuta in Italia il 7/2/2016 e le è stato dato il nome di Benacus in quanto la zona di creazione è stata quella del lago di Garda, anticamente denominato “Benacus” dai Latini, e che in latino significa “cornuto”, per la forma delle montagne che lo circondano e che hanno, appunto, la forma delle corna. Il canarino rientra tra le razze arricciate di posizione per il suo tipico portamento del tutto unico fra gli Arricciati. L’origine della razza si deve all’allevatore Pietro Peluso che iniziò accoppiando un Gibboso piccolo di taglia ad un Bossu’ di piccola taglia e, successivamente, pensò di inserire il ciuffo accoppiando ancora un Fiorino ciuffato. Con accoppiamenti mirati ebbe inizio la creazione di una nuova razza che, selezionata meticolosamente da alcuni allevatori, ha assunto i connotati caratteristici previsti dal creatore e cioè un canarino di media taglia (16 cm), con una posizione a sette, con collo lungo, liscio e proteso in oriz-

Giraldillo sevillano, foto: F. Zamora

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zontale a livello dei carpi, zampe lunghe ma leggermente flesse al calcagno e deplumate al ginocchio, la coda perpendicolare al posatoio e, nella varietà ciuffata, con la testa che deve presentare una forma a nocciola. Il ciuffo deve essere regolare dipartendosi da un punto centrale e coprendo tutta la testa lasciando scoperte la radice del becco e gli occhi. Nei testa liscia la testa deve avere sempre una

dono e i soggetti che riescono a nascere con il ciuffo omozigote presentano zone del ciuffo con vistose pustole che secernono del siero purulento. Di questo ne parla ampiamente nelle sue pubblicazioni, che riguardano la selezione del Fiorino, il grande professore Zingoni. La gabbia da adottare è la stessa di tutte le altre razze Arricciate di posizione e cioè quella a cupola da York,

Benacus testa liscia, foto: P. Peluso

forma a nocciola senza sopracciglia e perfettamente liscia. In questa razza, come del resto per tutte le razze ciuffate, è stato sin da subito approvato il soggetto con testa liscia perché si sa che non è possibile accoppiare tra loro due soggetti ciuffati dal momento che il fattore ciuffo è un carattere “subletale”. Infatti, da questo tipo di accoppiamento si ottengono molte uova che non si schiu-

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con posatoi del diametro di 12 millimetri, uno posto in alto e l’altro posto al centro, in basso, alla quinta gretola. In realtà questa nuova razza non è molto diffusa, ma c’è da anche dire che ormai, in Italia, ad allevare Arricciati siamo rimasti ben pochi. Parlando del Benacus viene spontaneo trattare un’altra recente razza a lei molto simile, appunto la razza spagnola del Giraldillo Sevillano.

Pare che la creazione del Giraldillo Sevillano sia parallela a quella del Giboso Spagnolo perchè quest’ultimo è stato creato da alcuni allevatori spagnoli hanno creato un canarino arricciato a forma di “uno” e di grossa taglia, mentre il Giraldillo è stato creato in seguito da altri allevatori hanno selezionato un canarino a forma di “uno” più piccolo, con le stesse identiche caratteristiche del cugino Giboso e con l’aggiunta del ciuffo. La zona di creazione di ambedue le razze è Tenerife, ma mentre per il Giboso i creatori iniziarono da subito l’iter per il riconoscimento della razza, nel caso del Giraldillo i suoi estimatori lo allevarono per molti anni senza pensare a farlo riconoscere ufficialmente. Soltanto nei primi anni di questo secolo si pensò di far riconoscere la nuova razza e di dargli un nome molto caratteristico appunto Giraldillo Sevillano che deriva dalla banderuola che incorona la torre Giralda della cattedrale di Siviglia. Le due razze sono molto simili e si distinguono solo per alcune caratteristiche che li differenziano. Il Giraldillo è anch’esso un canarino di posizione, come dicevo molto simile al Benacus, dal quale si differenzia per alcuni particolari. In primis la posizione, che nel Giraldillo deve essere a forma di uno mentre nel Benacus deve essere a forma di sette. La taglia, che nel Benacus è di 16 centimetri, nel Giraldillo deve essere di 15 centimetri ma è preferibile se sia ancora più piccola. Altra differenza sostanziale sono gli arti inferiori che nel Giraldillo devono essere totalmente estesi, mentre nel Benacus devono essere leggermente flessi al calcagno. In ultimo il jabot che nel Giraldillo è costituito da piume che devono convergere verso il centro lasciando intravedere lo sterno, mentre nel Benacus le due arricciature devono coprire completamente il giugolo. Dalla descrizione delle caratteristiche si vede subito che il Giraldillo è la miniatura del Giboso. Infatti, se escludiamo il ciuffo, che è una peculiarità del Giraldillo, tra le due razze le uniche differenze sono rappresentate


dalla taglia, più piccola nel Giraldillo (15 cm) e più grande nel Giboso (18 cm). Per quanto riguarda il Giraldillo è assai singolare che sia stata riconosciuta solo la varietà ciuffato quando si sa bene che, allevando ciuffati, non si può fare a meno dei soggetti a testa liscia. Magari, con il tempo si arriverà a riconoscere ufficialmente anche la varietà a testa liscia ma, per ora, è prevista solo quella ciuffata Al mondiale in Olanda del 2018 ebbi l’onore e l’onere di presentare il Benacus per la prima volta ad un Campionato Mondiale. L’esperienza fu bellissima, la C.T.N. mi aveva dato questo delicato incarico e sono orgoglioso di aver contribuito al superamento della prima delle tre prove valide per il riconoscimento ufficiale a livello C.O.M. Ricordo che molti dei giudici che dovevano giudicare la nuova razza mi dicevano: “Ma questi sono dei Giraldilli!” ed io gli spiegavo quali erano le differenze tra le due razze puntando soprattutto su quattro soggetti perfettamente conformi allo standard. Alla fine riuscii a convincerli tutti e ciò fu un importante successo che sancì nel migliore dei modi l’inizio del percorso utile al riconoscimento della razza, oltre che rappresentare, anche per me, una grande soddisfazione. In ultimo passo alla descrizione dettagliata dei due standard delle razze trattate: Il Benacus Testa e collo punti 20 – testa a forma di nocciola , collo lungo e liscio. Varietà ciuffata: ciuffo completo, composto conforme alla testa che diparte da un punto centrale coprendola interamente lasciando scoperti la radice del becco e gli occhi. Nei testa liscia a forma di nocciola con assenza di sopracciglia. Collo lungo e proteso in avanti. Portamento punti 15 – a forma di sette, collo proteso in orizzontale a livello dei carpi corpo verticale

Giraldillo sevillano, foto: F. Zamora

Giraldillo sevillano, foto: F. Zamora

con coda perpendicolare al posatoio. Taglia punti 10 – lunghezza 16 centimetri . Jabot punti 10 – composto da due arricciature che dai lati del collo convergono verso il centro per coprire completamente il giugolo. Fianchi punti 10 – corti leggermente folti, simmetrici, rivolti verso l’alto senza coprire le ali o raggiungere le spalline. Arti inferiori punti 10 – lunghi deplumati al ginocchio, leggermente flessi al calcagno. Spalline punti 5 – netta demarcazione centrale, simmetriche incuneate fra i carpi. Piumaggio punti 5 composto, brillante poco voluminoso. Addome liscio, tutti i colori ammessi. Ali punti 5 – lunghe, uniformi, ben aderenti al corpo. Coda punti 5 – lunghezza proporzionata al corpo, stretta lievemente biforcuta all’estremità. Condizioni generali punti 5 – stato di salute buono, vivace, curato igienicamente. Il Giraldillo sevillano Taglia punti 20 – massimo 15 cm, meglio se più piccolo. Portamento punti 20 – a forma di 1. Testa e ciuffo punti 15 – testa piccola e ciuffo ovale come la testa. Collo punti 10 – molto lungo, sottile e senza ricci. Zampe punti 10 – molto lunghe, rette senza piegare a gomito, cosce senza piume dalla parte anteriore. Jabot punti 5 – stretto con sterno visibile evidenziando le virgole. Spalline punti 5 – regolari ben spartite. Fianchi punti 5 – simmetrici in volume ed altezza, piccoli e aderenti al corpo. Coda punti 5 – stretta, chiusa e rasente al posatoio termina a forma di M. Piumaggio e colore punti 5 – fine statico, con piumaggio aderente il corpo, in buona salute e pulito, tutti i colori ammessi.

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Dall’archivio storico F.O.I.

Specie e razza (3ª parte) di U. ZINGONI (ITALIA ORNITOLOGICA in più parti annate 1986-1987)

Razze recenti In base a quanto abbiamo detto finora ci chiediamo: il Fiorino e il Giboso sono da considerarsi Razze definite? Border e Fife da una parte e Malinois e Hartz dall’altra, sono da considerarsi Razze distinte? La nostra risposta è affermativa in ogni caso per i motivi che adesso esponiamo, prendendo come esempio le differenze fra Fife e Border. Queste due Razze sono molto simili fra loro (checché ne dica qualcuno) per essere la prima derivata dalla seconda, ma discretamente differenti per il carattere “lunghezza” (quantitativo!), nell’uno sugli 11-12 cm, nell’altro attualmente sui 15 cm; e secondo noi non è poco. Su quello che cominciamo a dire col prossimo capoverso il Lettore è pregato di fare la seguente sostanziale riflessione. Nel considerare la differenza di taglia fra Fife e Border di cui noi parleremo, Egli non deve andare con la mente ai soggetti presenti nelle mostre, poiché in queste manifestazioni vengono esposti i soggetti più tipici, cioè i Border più “robusti” e i Fife più piccoli. Deve far riferimento, invece, al complesso dei soggetti che nascono in un allevamento di queste due Razze, complesso comprendente accanto ai soggetti di taglia tipica anche i cosiddetti “soggetti di scarto”, perché di taglia insufficiente nel Border o eccessiva nel Fife. Gli interessati sanno bene che fino a pochi anni fa comparivano alle mostre certi soggetti esposti come Fife difficilmente distinguibili da altri esposti come Border. Oggi questo “equivoco” è praticamente scomparso, grazie alla severa selezione perseguita, ma, ripetiamo, noi ci riferiamo non ai soggetti di prima scelta, ma a tutti quelli costituenti la popolazione dei Border e dei Fife, nessuno escluso;

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altrimenti le curve della variabilità risulterebbero falsate.

Figura 10

Ciò premesso, consideriamo la figura 10 che ci mostra che la media delle due Razze (popolazioni) è ben distinta, nonostante compaiano in ognuna delle due, soggetti di lunghezza più prossima a quella prevista dall’altra. È molto importante mettere in evidenza che quei pochi soggetti F più


lunghi e quei pochi B più corti (compresi nel tratto pieno, esteso dai 12,5 ai 13 cm poco più) che hanno uguale lunghezza (ci sono addirittura alcuni F più lunghi di alcuni B) spettano tuttavia a Razze distinte, perché posseggono certamente frequenze geniche differenti. Lo dimostrano i seguenti fatti. Accoppiando i soggetti F di 13 cm fra loro e i B di 13 cm fra loro (cioè grossi Fife fra loro e piccoli Border fra loro, tutti lunghi 13 cm) le due figliolanze non hanno per niente lunghezza media uguale, poiché la prole inizialmente continuerà ad essere distribuita in due curve distinte, se pure più vicine fra loro (cioè un poco meno differenti). Ripetendo questa “selezione a rovescio” (sempre con soggetti di 13 cm) per alcuni anni, le differenze di lunghezza finiscono per scomparire e si otterrà una sola popolazione, cioè una unica Razza (grafici 2, 3 e 4) di lunghezza media di 13 cm. Invece, escludendo tassativamente dalla riproduzione tali soggetti intermedi di 13 cm forse anche di 14), queste due Razze, almeno per quanto riguarda la taglia, si differenzieranno sempre di più, acquistando una maggiore “tipicità” e, in questo particolare caso, con tutte le riserve da fare per l’ambigua espressione, potremo anche dire “una maggiore purezza”. Quindi maggiore o minore “purezza” o tipicità, mai purezza assoluta, perché la variabilità comune ad ogni popolazione di animali non potrà mai essere soppressa, anche se usassimo la più stretta consanguineità, stante che questa pratica è l’unica capace di accrescere l’omogeneità di una popolazione: e gli inglesi ne conoscono tutta la enorme efficacia. Noi avremmo sulla punta della penna molti altri esempi del genere da portare, sia in campo ornitologico che in altri campi del Mondo animale e vegetale. Il Lettore ci permetta solo un accenno alle Razze canine che sotto vari aspetti sono analoghe alle Razze dei Canarini. Esiste il Volpino di Pornerania, distinto in due Razze, “taglia grande” e “taglia piccola”, in ogni altro connotato identiche fra loro.

Accanto al Greyhound (Levriere inglese) esiste il Whippet (Piccolo levriere inglese) che è né più né meno che un Greyhound in miniatura. Lo Shetiand Sheepdog è un Collie in miniatura riconosciuto dalla Federazione inglese nel 1908, dopo che era stato esposto per la prima volta alla “Cruft” dei 1906. Esiste anche il Collie a pelo raso, ma come semplice varietà; un po’ come, fra i Canarini, l’intenso e il brinato. Gli Schnauzer sono addirittura 3: piccola, media e grande taglia. “Quel meraviglioso cane che va sotto il nome di Schnauzer esiste in due “versioni” identiche in tutto meno che nella taglia. La “versione” con altezza di 40-50 cm al garrese costituisce la Razza Schnauzer-pinscher (taglia media), la “versione” con altezza di 55-65 cm costituisce la Razza Riesenschnauzer (taglia gigante). Da una coppia di Pinscher nascono Schnauzer inferiori ai 50 cm, da una coppia di Riesen nascono Schnauzer superiori ai 55. Ciò è sufficiente per sancire inequivocabilmente l’esistenza di due Razze distinte”. “La taglia è un carattere genetico additivo. Se da una coppia di Schnauzer giganti nasce un figlio troppo basso (come talvolta accade), niente di male, rientra nel giuoco dei geni; tale soggetto lo si esclude dalla riproduzione e tutto finisce lì; non lo si accoppia con un “Medio”, altrimenti si creerebbero soggetti di taglia intermedia, ciò che sarebbe il maggior dispetto che si potrebbe fare ai cultori di queste due vecchie e meravigliose Razze“. Questo discorso ci fa venire alla mente una delle varie cause di quel certo regresso che appare oggi coinvolgere la Razza Arricciato di Parigi, nel senso che quei superbi soggetti che frequentemente si incontravano un tempo per l’Italia, oggi appaiono alquanto più rari. Chi non poteva a quei tempi spendere certe cifre, acquistava un ottimo maschio da accoppiare con le sue modeste femmine, talvolta addirittura del tipo dei Picards. È vero che le successive pratiche di allevamento (selezione, acquisto di altri validi soggetti, ecc.) miglioravano sempre più quelle primitive popola-

zioni di “bastardi”, ma sta di fatto che tutt’oggi i soggetti a “testina stretta”, a “coda modesta”, ecc., sono alquanto diffusi. Tutti questi esempi ci dicono che, essendo i caratteri distintivi di una Razza sostanzialmente quantitativi, una palese variabilità è inevitabile; e non si dimentichi che in più vi è la variabilità fenotipica spettante alle influenze ambientali, impossibili da eliminare! Le differenze fra il Malinols e l’Hartz sono tali da ammettere una loro netta differenza di Razza, piuttosto che di Sottorazza? Certamente sì, perché, a parte la taglia maggiore dei Malinois e il suo tipico colore giallo, che sarebbero già fattori di discreta differenziazione, l’attitudine al canto è ancor più differenziata, nel senso che un Malinois di grande lignaggio, anche se trasportato in un allevamento di Hartz fin dalla nascita, non diventerà mai un buon Hartz e viceversa. Ciò perché le due Razze hanno un patrimonio ereditario effettivamente differente, frutto di molte e molte decine di generazioni di selezione dei soggetti con taglia e soprattutto con attitudini al canto, più prossimi al rispettivo Standard. Dunque due patrimoni ereditari ben distinti, anche se le differenze complessive fra un Malinois e un Hartz sono certamente inferiori a quelle fra un Malinois ed una qualunque altra Razza a lui somigliante, come può essere un bel Border giallo. L’origine parzialmente comune delle due Razze da canto ne è conferma. Se noi rappresentassimo le differenze esistenti fra i due Cantori con un grafico analogo a quello già riportato per il Border-Fife, troveremmo una assoluta sovrapponibilità dei margini estremi delle due curve, nel senso che fra i rappresentanti della popolazione degli Hartz certamente nasce qualche soggetto giallo con buona disposizione al canto tipico dei Malinois e con taglia al limite superiore, così come fra i Malinois si può trovare qualche soggetto più “Hartz” dei confratelli. Ma anche se, al limite, questi due soggetti atipici, per il giuoco dei fattori recessivi, fossero

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fenotipicamente identici, resterebbero sempre ben distinti genotipicamente, perché ciascuno recante una prevalenza di geni (frequenza genica) spettanti alla propria Razza. È intuitivo che come è il caso dello Schnauzer “intermedio”, tali soggetti debbono essere tassativamente esclusi dalla riproduzione, onde mantenere sempre ben distinti quei pochi geni che caratterizzano ciascuna delle due Razze. Dicendo “quel pochi geni” intendiamo riferirci al fatto che in soggetti della stessa Specie e di recente differenziazione, quali sono i due Cantori, i geni differenti non possono essere che pochi, così come certamente sono pochi e riguardanti più o meno solo la mole, quelli che differenziano il Fife dal Border. Pochi, ma mai uno soltanto, trattandosi chiaramente per tutte queste Razze di differenze genetiche quantitative. Nel Canarino differenze di Razza attribuibili ad un solo gene non crediamo che ne esistano. Differenze di un solo gene possono tutt’al più essere invocate per le varietà di colore ad eredità prettamente mendeliana, come il bianco, il bruno, ecc. Tuttavia esistono anche differenze di Razza dovute con tutta probabilità ad un solo gene, come il caso riguardante le Pecore nane. Adesso il Giboso. Noi abbiamo già avuto modo di osservare varie decine di Gibosi esistenti in Italia e, in accordo con quanto hanno riferito i Giudici delle Razze Arricciate che hanno visitato gli allevamenti spagnoli continentali e insulari (l.O., agosto 1981, pag. 7; giugno 1985, pag. 15) la nostra opinione è che si tratti dì una popolazione di Canarini la cui omogeneità è ancora migliorabile, poiché la variabilità è ancora troppo ampia, ma che ha un patrimonio genetico sufficientemente differenziato per gíustificare una Razza a sé. Tale eterogeneità dipende anche dal fatto che questi Canarini in Spagna sono in mano a moltissimì allevatori ed ognuno di loro se li fa un po’ a modo suo. Perciò, adesso che è stato sancito un preciso Standard, la rigida selezione riuscirà sicuramente ìn pochi anni

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a fugare le resìdue incertezze tuttora esistenti. Tale selezione, secondo il parere altre volte già espresso, dovrà essere rivolta a differenziare il più possibile il Giboso dal Gibber, perché anche per queste due Razze potremmo ripetere le argomentazioni della sovrapponibilità degli estremi della curva di variabilità delle due Razze che abbiamo puntualizzato a proposito dei Border e dei Fife. Ed eccoci infine al Fiorino. Per questa nuova Razza il discorso è diverso per due fondamentali ragioni. la prima è che il Fiorino non deriva dalla selezione di soggetti atipici dì un’altra Razza, ma dall’incrocio di due Razze già ben fissate e molto dissimili fra foro, con l’intento di crearne una terza che ereditasse alcuni connotati dell’una (arricciature dell’Arricciato dei Nord) ed altri dell’altra (taglia piccola e ciuffo dei Gloster). La seconda ragione è che un Fiorino appena appena tipico non lo si può confondere con nessuna altra Razza. Certamente non con l’Arricciato del Nord suo progenitore, del quale è più corto dai 3 ai 5 centimetri (fra Border e Fife la differenza di lunghezza è forse minore), anche se il soggetto non ciuffato lo si potrebbe definire quasi un Arricciato dei Nord in miniatura. La somiglianza con il Padovano è ancora minore, perché, oltre alla grande differenza di taglia, sono differenti il collo (liscio nel Fiorino, con collarino nel Padovano), l’addome (liscio nel Fiorino e tipicamente piumoso nel Padovano) e il jabot. Con il Gloster, ovviamente, il problema delle affinità non si pone nemmeno. La “purezza” delle Razze La variabilità, anche cospicua, esistente in ogni popolazione di animali costituente Razza non vuol minimamente dire che questa non sia pura. Solo che nel definire compiutamente i caratteri di una Razza bisogna descrivere anche la sua variabilità e, come già abbiamo detto, non è infrequente che in due Razze diverse i soggetti più atipici dell’una e dell’altra si assomiglino fra loro così

tanto da lasciare perplessi sulla “purezza” di entrambe. Quei soggetti che stanno agli estremi della curva di variabilità di una Razza non sono “impuri”, sono solo meno tipici della maggioranza e, a parte le influenze ambientali, tale atipicità spetta a deviazioni geniche maggiori della media. Quando il tassonomo studiando una Specie trova differenze dovute a isolamento crea delle Sottospecie (Razze) e tutto finisce lì. L’allevatore sfrutta al massimo la variabilità sussistente nell’ambito di una Specie e per selezione crea tante Razze quante questa variabilità gli consente. Si può dire che a lungo andare crea delle Razze pure? Si può e non si può, perché il concetto di Razza pura è un concetto essenzialmente astratto se non tiene conto della variabilità. Per questa ragione non ha gran senso parlare di Genetica di una Razza intesa come Genetica di un suo rappresentante. Approfondiamo un po’ l’argomento. I cromosomi sono lunghi filamenti contenenti ciascuno in successione un altissimo numero di unità chimiche che prendono il nome di geni, ciascuno dei quali occupa stabilmente un certo locus, per cui qualche volta si dice “locus” per intendere il “gene” che vi è localizzato. Un tempo si diceva che un cromosoma è come una lunga collana di perle e le perle rappresentano i geni. Oggi si sa che si tratta di “triplette” di nucleotidi; se n’è fatta di strada! La conoscenza degli effetti fenotipici di ciascun gene non è ovviamente facile, ma per alcune piante ed alcuni animali se ne hanno delle discrete conoscenze, almeno per quanto concerne le mutazioni. In altre parole, se il genetista accerta che ad una certa mutazione sì accompagna l’alterazione di un certo “locus”, conclude che il gene corrispondente è in qualche modo (da solo, con altri, con dominanza o senza, ecc.) responsabile di quel carattere. L’animale più studiato per il basso numero (2N=8) e la grossezza dei cromosomi è, come è noto, la Dro-


sophila, un moscerino assai comune. Se, ad esempio, un individuo nasce senza ali e dai preparati citologici dei suoi organi si vede che un certo cromosoma ha un locus differente dal normale, si conclude che il gene che lo occupa ha subito la mutazione “assenza di ali”. Con ciò si arriva a stabilire la mappa cromosomica relativa a molti caratteri. La fig.11 ne è un esempio. Conoscendo il cariotipo e la mappa cromosomica di un esemplare di un animale verrebbe fatto di concludere che la Specie a cui appartiene ha un corredo cromosomico fatto in quel tale modo. Sarebbe giusta questa conclusione? Più no che sì. Quel certo corredo cromosomico è quello di un particolare individuo studiato e certamente è assai simile a quelli di tutti gli animali appartenenti alla stessa Specie o alla stessa Razza, ma non è quello di nessun altro individuo di quella stessa popolazione, proprio perché non esistono due individui perfettamente uguali fra loro. Per conoscere esattamente il corredo cromosomico di una certa popolazione (Specie o Razza che sia) bisognerebbe conoscere tutto l’arco di variazioni che in quel certo periodo di tempo sono suscettibili di manifestarsi, la loro percentuale o la loro distribuzione, la loro dominanza o recettività, ecc. Tutto ciò, desumibile naturalmente dall’osservazione dei fenotipi, fa parte della Genetica di popolazione e permette di valutare nel modo migliore possibile la variabilità di una Specie o di una Razza per ogni suo connotato. Indirettamente questo dato spiega perché nella pratica selettiva la riproduzione protratta in stretta consanguineità è l’unica che può far diminuire la variabilità e può far ottenere genealogie di animali molto uniformi, sui figli dei quali l’allevatore può contare assai di più che se permettesse quegli incroci indiscriminati che sono caratteristici dei grandi greggi e delle popolazioni selvagge, in entrambi i quali i “partners”, non avendo preferenze, si incrociano praticamente a caso e

mantengono alto e costante il numero degli individui eterozigoti. Sono proprio questi incroci “a caso” che mantengono stabili nelle grandi popolazioni di animali liberi i caratteri di Specie e l’entità della loro variabilità, nel senso che le frequenze percentuali dei vari alleli tendono a mantenersi costanti di

generazione in generazione (legge di Hardy e Weinberg). Quando, invece, una popolazione è “confinata”, questa legge non ha più valore e ogni minima mutazione concorre verso una nuova Sottospecie (Razza) e nei secoli successivi verso una nuova Specie. Limitandoci a prendere in conside-

Figura 11

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razione la Razza, è quindi evidente che il concetto di Razza pura è per lo meno improprio, a meno che si specifichi il valore che vogliamo dare a tale espressione. È proprio per questo che la Genetica preferisce spesso usare i termini “stirpe” o “ceppo”. In termini di purezza genealogica una Razza è pura se può dimostrare di essere formata solo da individui che discendono tutti da quei primi pochi esemplari che hanno contribuito a crearla, il che implica una stretta consanguineità. Ma per dare tale dimostrazione occorre un albero genealogico veritiero che, se esiste per certi animali (il Purosangue Inglese, per esempio), non esiste certo per il Canarino. Ma poi, si potrebbe dire che una Razza ha perduto la sua purezza genealogica perché in qualche momento del suo lungo cammino vi fu immesso qualche esemplare con gli stessi caratteri esteriori, ma estraneo? Tanto più che tale immissione può esser servita al miglioramento di qualche prestazione che la “Razza pura” non riusciva a conseguire da sé. Noi crediamo che i nostalgici della “Razza pura ad ogni costo” sono destinati prima o poi ad arrendersi alla concorrenza delle “Razze migliorate”. La Razza di Canarino forse più antica e più “pura” è la Razza Lizard, eppure non è facile trovare due Lizard identici fra loro. E fra gli abitanti autoctoni di uno stesso paese o città ne esistono forse due uguali fra loro? Se un allevatore ha immesso 20 anni fa nel suo ceppo di Lizard un Sassone nell’intento di migliorare le condizioni di salute intestinale (punto debole di molti Lizard) e poi ha selezionato saggiamente riportando il suo ceppo nelle originarie condizioni, si può dire che lo ha “imbastardito”? Allora cosa dovremmo dire dei Canarini di Colore a fattore rosso che si sono presi questo carattere dal Cardinalino: che questi Canarini non sono più puri? Ma scherziamo?! Alcuni preferiscono al termine “purezza” quello meno impegnativo di “tipicità” o anche “omogeneità”, poiché un soggetto genealogica-

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mente puro quanto si voglia non sempre è tipico, cioè come lo vuole lo Standard, proprio per quella variabilità che qualunque popolazione di esseri viventi si porta con sé e che fa comparire con una certa frequenza qualche deviazione che, nella pratica selettiva, va eliminata. In termini di purezza genetica dovremmo dire che la purezza assoluta la troviamo solo nei cloni di Paramecio, o nei Cultivar e in qualche altro raro caso, per la unicità del foro patrimonio, genetico. In tutti gli altri casi, che sono praticamente tutti quelli che interessano un qualsiasi allevatore, possiamo certamente parlare di Razze pure, ma soltanto alla condizione di accettare tutte le differenze che sussistono fra i vari soggetti, cioè la loro variabilità. Se queste differenze sono limitate, diremo che la Razza si presenta molto omogenea, se sono più ampie diremo che la Razza si presenta poco omogenea. Ma sarebbe giusto dire che la prima è una Razza più pura della seconda? Prima di rispondere il Lettore consideri l’esempio che facciamo adesso. Un tale ha un allevamento di ottimi Parigini che ogni anno vincono alle Mostre. Un altro ha un allevamento di ottimi Canarini di Colore lipocromici rosso arancio che ogni anno vincono alle Mostre. Visitando l’allevamento di ciascuno e osservandoli con attenzione constateremo che non vi sono due Parigini identici fra loro, anche se, ugualmente “belli”. Uno ha la spallina più lunga dell’altra, uno le ha uguali, uno ha la testa arricciata in un modo, l’altro in un altro modo, uno ha una pezzatura in una regione, l’altro in un’altra e così via. I Canarini di Colore, invece, sembrano tutti uguali. Conclusione: quei Parigini sono meno puri di quei Canarini di Colore. Il Lettore sì immagini cosa farebbe e direbbe quell’allevatore di Parigi a sentire un giudizio del genere. A parte il turpiloquio, le parole “incompetente” e “analfabeta” si sprecherebbero. Ed avrebbe tutte le sue sante ragioni. Ed allora?

Allora il fatto è che il Parigino possiede un numero di caratteri esteriori molto maggiore dei Canarino di Colore e, per di più, molto suscettibili di variare, perché dovuti alla differente posizione che assumono le piume arricciate di certe regioni, ciò che è pienamente previsto dallo Standard. Pertanto la Razza Arricciato di Parigi ha una variabilità maggiore di quella dei Canarino di Colore, ma ciò non ha nulla a che vedere con la purezza della Razza. Sarebbe diverso il discorso se confrontassimo due allevamenti della stessa Razza? Se in uno vi fosse più omogeneità che nell’altro, potremmo dire che il ceppo dell’uno è più puro di quello dell’altro? No. Potremmo soltanto dire che è più omogeneo, e basta. Facciamo al proposito un altro esempio. Un allevamento di Parigini è composto da soggetti di pregio modesto ma assai omogeneo nella loro “modestia”. Un altro allevamento è composto da qualche soggetto di pari modestia, ma anche da molti di pregio maggiore con qualche vero “Campione”, ciò che comporta una maggiore variabilità. Qual è più puro dei due ceppi? Secondo noi non è facile dare una risposta, proprio perché vogliamo usare il benedetto termine di “purezza”. Perciò noi preferiamo dire: “Il primo è più omogeneo, ma il secondo è migliore; noi sceglieremmo il secondo”. Che ne dice il Lettore? Per carità, amico Lettore, non direi che, così stando le cose, si potrebbe tentare di farne due Razze distinte, e confidiamo che le ragioni siano facilmente intuibili. Noi speriamo che tu ci dica che se continuiamo a fare esempi finirai coi capirci sempre meno e ci pregherai di concludere, ciò che facciamo. La Razza è una popolazione di animali il cui patrimonio genetico è statisticamente differenziabile da quello di un’altra o da quello della Specie di origine. La precisazione “statisticamente” è fondamentale, perché nel caso di Razze affini prevede che qualche soggetto dell’una sia uguale a qualcuno dell’altra. Questi soggetti, come


già dicemmo a proposito dei Border-Fife, sono da considerare “atipici”, non impuri, perché troppo distanti dalla media della Razza. Entrambi debbono essere eliminati inesorabilmente per mantenere quanto più è possibile evidenti le differenze fra le due popolazioni e, se possibile, aumentarle. Questa è la base principale della selezione. Le Sottorazze Una ulteriore complicazione è quella delle Sottorazze. Circa due secoli fa comparvero i primi Canarini Arricciati che pian piano furono selezionati col criterio di fissare le sole 5 arricciature tuttora vigenti. Si parlò di una Razza Arricciata. Poi da questi primi Arricciati, diciamo così, “indifferenziati” si andarono differenziando il Parigino, l’Arricciato del Nord e l’Arricciato del Sud. Cosa sono questi Canarini? Delle Sottorazze o delle Razze? Se sono Sottorazze allora il carattere che le accomuna, cioè l’arricciatura del piumaggio deve essere considerata come il carattere che contraddistingue la Razza. Razza Arricciata; Sottorazze: Arricciato di Parigi, Arricciato del Nord, ecc. Però non avrebbe certamente torto chi facesse notare che le differenze fra un Gibber e un Parigino sono così grandi che sarebbe più “logico” considerarle due Razze distinte. In tal caso il connotato “arricciatura” che distingue questi Canarini da tutti gli altri Canarini domestici, come va considerato? Un carattere di Specie? No davvero, ed allora?

Secondo logica un secolo fa era più corretta la prima interpretazione, oggi lo è la seconda che considera gli “Arricciati” Razze distinte che hanno fra loro a comune il piumaggio arricciato e, per questo, costituiscono il generico gruppo dei “Canarini Arricciati”. Esempi del genere ce ne sono in abbondanza fra gli animali domestici. Ne citeremo uno soltanto. Alcuni secoli fa in Gran Bretagna si cacciavano le Pernici (Grouses) con eccellenti Cani da ferma dal pelame lungo e fine che erano detti genericamente Setters, ma che erano assai differenti fra loro per conformazione ossea, colore, attitudini. Ciò perché ogni nobile casata aveva una propria “Razza” che allevava in stretta consanguineità. Si parlava perciò di tante Razze quante erano le varie “popolazioni” in mano a questi nobili: la Razza dei Conte tal dei tali, la Razza di Lord tal dei tali, del Duca tal dei tali, e così via. Erano vere Razze? Sì, perché ognuna di quelle “popolazioni” aveva un proprio patrimonio genetico che si tramandava tal quale di generazione in generazione. Di queste “Razze” ne sopravvivono praticamente tre, attualmente definite: Setter Inglese (discendente soprattutto dalla Razza Laverack-Llewellin), Setter Scozzese (dei Duchi di Gordon) e Setter Irlandese. Analogamente ai nostri Canarini Arricciati, sono tre Razze distinte appartenenti al gruppo dei Setters, il che vuoi dire che non esiste la “Razza Setter”, esistono le Razze:

Setter Inglese, Setter Scozzese e Setter Irlandese. Poiché lo scrivente è un acceso fautore dell’allevamento in stretta consanguineità, mi scusi ancora una volta il paziente Lettore se gli dico che questi stupendi Cani sono tali perché allevati per centinaia di generazioni in strettissima consanguineità. Il grande Laverack nel suo celebre libro così termina volutamente il capitolo dedicato ai suoi Setters illustrando le gesta di uno dei suoi cani più bravi: “Questo straordinario animale era un prodotto dell’unione di fratello e sorella”. Specie, Razza, Sottorazza, tre popolazioni che solo un patrimonio genetico ben definito, variabilità individuale a parte, può avallare come tali. La selezione selvatica in tempi lunghi, la selezione domestica in tempi brevi, attingendo alla variabilità individuale di ogni popolazione di esseri viventi, può dar vita a Razze differenti. In tempi geologici la consanguineità può trasformare differenze di Razza in differenze di Specie. Come si vede, è una continua evoluzione (talvolta “involuzione”) di forme animali nella quale l’Uomo è costretto nei suoi studi a individuare certe “tappe” legate alla situazione genetica di quel particolare periodo di tempo. Pertanto sarà bene concludere dicendo che il concetto di Razza è un concetto molto “sfumato” che richiede sempre qualche precisazione... come il corollario di certi teoremi.

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P agina aperta Opale, alleli ed altro

Argomenti a tema

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o letto con la doverosa attenzione l’articolo di Gian Maria Bertarini “Onice e opale” su I. O. n°1 del 2022, sugli studi fatti effettuare a livello universitario su opale, onice ed altro. Dopo una lunga cronistoria, l’autore ammette che opale ed onice siano 2 mutazioni alleliche fra di loro codominanti ed io aggiungo recessive verso la forma selvatica, circostanza da me, e non solo, anticipata come certa. Mi compiaccio del fatto che Bertarini ammetta correttamente un suo errore, indubbiamente grave, commesso affermando che l’opale non avesse alleli. Mi piacerebbe vedere la relazione originale, nel frattempo dico che mi spiace che non venga spiegato il funzionamento dell’onice, perché se l’allelicità con l’opale è certa, e per me e molti altri non da oggi, avrei gradito avere notizie sul meccanismo di azione di tale mutazione, ma forse non possibile con il tipo di studi effettuato. In altri termini: c’è la sostituzione feomelanina con eumelanina oppure c’è un altro meccanismo? Questo è un dubbio che sarebbe bene chiarire, se possibile. Aggiungo che l’onice può essere considerato mutazione meno severa dell’opale, ma non è certo una piccola mutazione, basta confrontare con la forma selvatica, bensì una mutazione di notevole interesse, visto che è una delle pochissime che intacca leggermente i centri di convergenza delle melanine; l’altra è la cobalto. Le due mutazioni hanno certo un meccanismo diverso e anche questo aspetto è degno d’attenzione. Tuttavia entrambe mandano in diffusione l’eumelanina, anche se in direzioni in parte diverse. Non credo che negli onice da esposizione vi siano fattori melanizzatori, ritengo più probabile che sia una questione di tipo base, come in tutte le altre mutazioni, nei confronti di tipi aggiunti. Anche nei classici ci sono diverse espressioni melaniche e non bisogna mai dimenticare la condizione fortemente poligenica del tipo, vale a dire delle melanine, non esclusi nel contesto fattori melanizzatori. Il problema a questo punto è il mogano; infatti non si precisa come agisca, si dice non essere una mutazione del gene opale, ma una variante; allora ci si chiede: cosa è esattamente? È bene ricordare che l’opale è l’unica mutazione che abbassa in misura notevole l’eumelanina nella pagina inferiore della penna e questo è un fatto estremamente pregnante. Inoltre, l’opale riduce l’eumelanina creando in certe condizioni effetto azzurrino, la feomelanina è ridotta. Nel mogano l’eumelanina è ridotta ma meno rispetto all’opale, inoltre rimane in normale misura nella pagina superiore della penna, luogo naturale, quindi senza alcun abbassamento. Non si ha mai effetto azzurrino e la feomelanina è inibita: direi proprio una notevolissima differenza fra i due tipi. Pensare ad una selezione non pare possibile; infatti non si può ridurre selettivamente una melanina, la feomelanina, fino ad annullarla ed ancor più improbo risollevare l’eumelanina dalla pagina inferiore della penna a quella superiore e non solo, nel contempo aumentandola. Si potrebbe pensare all’interazione con un carattere “melanizzatore”? Intanto appare strano che un carattere del genere inibisca la feomelanina, ed ancor più strano che risollevi l’eumelanina dalla pagina inferiore della penna aumentandola. In effetti, nelle interazioni che si sono verificate con l’opale, l’eumelanina non è mai stata risollevata dalla pagina inferiore a quella superiore. Inoltre, un eventuale carattere non allelico interagente dovrebbe agire anche sul tipo classico, di conseguenza i portatori di mogano dovrebbero essere più scuri degli omozigoti, il che non accade. Per conciliare questo aspetto, bisognerebbe altresì ipotizzare che il gene melanizzatore fosse vicinissimo al gene opale in linkage e geneticamente recessivo, altrimenti agirebbe anche sui classici. Quindi si dovrebbe ipotizzare una mutazione in soggetto opale ed in un gene vicinissimo. Mi pare che le circostanze siano davvero difficilissime. Per dirla in termini semplici, senza ipotesi improbabili, considerando la tesi dei melanizzatori, i portatori di opale dovrebbero essere di normale ossidazione, come sono in effetti, mentre i portatori di mogano dovrebbero essere più ossidati, vale a dire più scuri, mentre ciò non accade, visto che non sono distinguibili da portatori di opale o da omozigoti.


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Nero mogno mosaico giallo maschio, foto: A. J. Sanz

Bruno onice intenso rosso, foto: A. J. Sanz

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Poiché Bertarini parla di variante espressiva, non posso non ricordare che l’espressività variabile ha diverse ampie gradazioni, mentre fra opale e mogano vi sono solo 3 espressioni: opale, mogano, ed intermedio. Le variazioni sono soltanto riconducibili al tipo base. Non solo ma anche i rapporti degli accoppiamenti fra opale e mogano, per quello che ne so, corrispondono a quelli che ci sono fra opale e onice. L’apparenza è nettamente di un rapporto allelico, che tuttavia non dovremmo considerare. Altri meccanismi faccio veramente fatica ad ipotizzarli; anche l’intervento di enzimi riparatori non mi pare probabile, visto che dovrebbero intervenire regolarmente nell’opale e non improvvisamente ed una tantum, come sarebbe accaduto per il tipo mogano. Quanto all’espressività variabile, diventa impossibile da ipotizzare come causa del mogano, poiché nell’opale è molto particolare, visto che dipende strettamente dall’accoppiamento; infatti si ha una perdita di tipicità quasi esclusivamente nei neri opale accoppiando in purezza, mentre con l’accoppiamento con portatori l’espressione è costante. Accoppiando fra di loro due neri opale (quelli veri) il danno al piumaggio si verifica sempre ed è ben noto, oltre alla perdita di azzurro. Le variazioni ulteriori sono solo riconducibili al tipo base. Da considerare che la perdita di azzurro per minore riduzione della melanina si collega al danno al piumaggio che, nei neri opale, si arriccia per aumento del peso dell’eumelanina nella pagina inferiore della penna. Nei normali casi di espressività variabile, il fenomeno non è controllabile ed abbastanza imprevedibile, inoltre con diverse ampie variazioni. Insomma, certo occorrerebbero degli approfondimenti. Per ora ciò che appare è riconducibile solo ad un rapporto allelico di due mutazioni; se non fosse così, come si afferma, bisognerebbe considerare altre vie, come ho fatto, ma direi con scarsissimi risultati. GIOVANNI CANALI

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Attività F.O.I. Sintesi verbale del Consiglio Direttivo Federale del 16 gennaio 2022 (La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali) - Verbale n. 1 del 14 gennaio 2022 del Consiglio dell’Ordine dei Giudici; Il CDF ratifica la delibera n. 2 del verbale dell’Ordine dei Giudici del 14 gennaio 2022. Il CDF, su sollecitazione del Consiglio dell’Ordine dei Giudici, delibera la modifica dell’art. 5 del Regolamento delle Commissioni Tecniche Nazionali come segue: - il primo comma è sostituito dal seguente: “Chi intende candidarsi alla Presidenza di CTN della propria specializzazione o nella lista ad esso collegata deve essere Giudice Effettivo iscritto nel ruolo da almeno cinque anni. …omissis… - Le liste collegate ai candidati Presidenti devono essere composte, pena non ammissibilità, come di seguito riportato: CTN Canto numero quattro nominativi, due per ogni sezione diversa da quella del candidato Presidente; CTN Colore numero otto nominativi; CTN CFPA numero quattro nominativi; CTN CFPL numero cinque nominativi; CTN EFI numero sei nominativi, tre per la sezione Estrildidi-Ibridi-Affini (FH) e tre per la sezione Fringillidi-Ibridi-Affini (GH); CTN O&aP numero quattro nominativi, due per la sezione Ondulati (I) e due per la sezione altri Psittaciformi (JKLMN)”.

Il CDF delibera in ogni caso di derogare l’art. 5 del Regolamento delle Commissioni Tecniche Nazionali come appena innanzi modificato con riferimento alla sezione Timbrado della Specializzazione Canto, essendo presente nei ruoli effettivi un solo Giudice di tale sezione. La modifica come deliberata ha efficacia immediatamente esecutiva e potrà essere applicata già nella procedura elettorale in corso i cui termini scadranno il 31 gennaio p.v.. Varie ed eventuali - Il Consiglio Direttivo Federale, al fine di consentire gli interscambi di soggetti già programmati dagli Allevatori FOI per il Campionato Mondiale di Piacenza, annullato dalle autorità per motivi sanitari, delibera lo stanziamento di euro 3.000,00 a titolo di rimborsi per le attività di convogliamento nazionali ed internazionali istituendo un convoglionavetta, su base volontaria ed a titolo totalmente gratuito, che consentirà la consegna ed il ritiro degli uccelli presso i punti di raccolta predeterminati. Il rischio del trasporto rimane, in ogni caso, a carico dell’Allevatore che, in caso di decesso di uno o più soggetti durante il trasporto, non potrà ritenere di ciò responsabile la FOI ed i convogliatori referenti. - Il CDF delibera a titolo di contributo per la gestione del Campionato Mondiale di Ornitologia Piacenza 2022, poi annullato, la cifra di euro 128.500,00.

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