SINTESI INCONTRO DI STUDI Cortona 2013
Abitare la storia: Sintesi dei contenuti Potremmo sintetizzare con un interrogativo l’esigenza da cui nasce l’incontro di Studi 2013: Come possiamo abitare il nostro tempo? Quale tipo di presenza ci è chiesta? Il tempo non è neutro o astratto, ma è un tempo calato in una storia ben precisa e delineata, che oggi presenta due grandi sfide, la crisi economico-culturale e la (conseguente) crescita delle disuguaglianze. Le nostre società democratiche si sono sempre distinte (ma ora non più) per la forza della partecipazione con le opportunità da essa create, e per la ricchezza dei diritti di cittadinanza con il loro bagaglio di potenzialità per lo sviluppo integrale della persona. Questo tempo, dunque, tocca le corde della fedeltà alla democrazia che è una caratteristica genetica delle Acli: appartiene al loro DNA e si declina nell’attenzione alla dimensione popolare e nella proiezione verso un ideale di giustizia. Confermare la nostra fedeltà lungo la storia acquista nuovi significati da esplorare per gettare le basi di una cultura politica capace di costruire un nuovo modello di convivenza civile, che consideri la dignità della persona umana nella vita e nelle sue relazioni. Proporci la questione di come abitare la storia significa anche per noi, riscoprire un compito, una vocazione: quali Acli vogliamo per abitare il nostro tempo? Quale missione? Dentro questa cornice inquadriamo i contenuti proposti a Cortona, provenienti dai relatori, dagli interlocutori politici, dal confronto delle esperienze nei laboratori tematici. Contesto: quale mondo viviamo? Il politologo Filippo Andreatta ci introduce nel contesto mondiale. Sono segnalati due elementi: da un lato la riduzione della quota di umanità che versa in stato di povertà: se negli anni Settanta del Novecento la metà delle persone viveva con meno di un dollaro al giorno, oggi si trova nella stessa situazione un settimo della popolazione globale. Dall’altro lato abbiamo assistito alla separazione della coppia capitaledemocrazia: se nel recente passato la crescita economica era legata a doppio filo con la sorte della democrazia di un Paese, oggi i destini si separano: anzi, assistiamo a un “blocco” delle democrazie. In Cina la crescita economica non è affiancata dalla maturazione di una società garante del pluralismo democratico; così come nei paesi europei la difesa dell’economia ha ampliato le disuguaglianze sociali e solo alcuni hanno beneficiato degli effetti della globalizzazione. Quando Filippo Andreatta concentra la sua analisi sull’Italia, emergono due indicatori di crisi: il primo riguarda l’autoreferenzialità politica, che è emersa in tutta la sua forza nelle ultime elezioni, dove l’astensionismo è stato imponente e il Movimento 5 Stelle ha catalizzato il consenso delle categorie più deboli (giovani, autonomi, disoccupati). Il secondo indicatore riguarda la frattura generazionale: l’Italia è un paese dove chi lavora controllano meno della metà della ricchezza complessiva, dove i giovani sono poco valorizzati e l’investimento nell’istruzione è scarso: se pensiamo che sono quasi solo i figli dei laureati a laurearsi, prendiamo atto che alle nuove generazioni sono offerte scarse opportunità di lavoro e scarsi investimenti per il loro futuro. E allora, ecco il problema politico: quali sono le domande di futuro su cui costruire la storia del nostro Paese? Quali forze politiche e civili avranno il coraggio di sceglierle? L’economista Leonardo Becchetti aggiunge alla cornice altre tre coordinate: la crisi di senso, la crisi ambientale e la crisi finanziaria. Dentro di esse si origina la decrescita italiana. Bisogna prendere atto che la delocalizzazione industriale non si può fermare, finché non sarà colmato il divario Nord-Sud del mondo. 1