Vetrina Italiano 5

Page 97

“ Solo nella foresta” ( prova d’ingresso) Un ragazzo si sta recando a trovare il padre e viaggia su un piccolo aereo. È l’unico passeggero. Il pilota sta male, ma il ragazzo riesce a far atterrare l’aereo in una foresta del Nord America. Doveva sopravvivere. Ma doveva anche darsi da fare. Era nella foresta. C’erano i lupi, pensò, e gli orsi, e chissà che altro. Con il buio sarebbe stato una facile preda. Lì seduto alla base di un albero. Sentì un brivido percorrergli la schiena. Aveva il viso pieno di tagli, di graffi, di macchie rosse. Aveva gli occhi gonfi, i capelli arruffati e sporchi. Era affamato, tormentato dagli insetti, ferito, solo, impaurito e così sventurato che era come se si trovasse in un pozzo, in un pozzo buio e profondo, senza possibilità di uscita. S’inoltrò nel bosco e si trovò in una radura lunga e stretta, come in una specie di sentiero in cui gli alberi erano stati abbattuti, spezzati, sradicati e ora giacevano al suolo come cataste di comoda legna da ardere. Ancora una volta Brian, mentre pensava a cosa poteva aver compiuto quella strage di piante ( il vento? Allora dovevano essere state raffiche fortissime) si rammaricò di non avere fiammiferi. Ma non ebbe tempo di dolersi a lungo, perché notò che tra i tronchi distesi crescevano piccoli cespugli spinosi punteggiati di frutti rosa intenso. Lamponi! Erano grossi e maturi. Ne assaggiò uno. Era dolcissimo. E ce n’erano tanti. Brian sorrise e si chinò, quasi incredulo di poter cominciare una raccolta tanto facile. Mangiò, e mentre mangiava pensava di non aver mai assaggiato niente di così buono, quando udì un rumore dietro di sé, un rumore leggero, discreto. Si girò. Davanti a lui, a una decina di metri c’era un orso. Non riuscì a fare né a pensare nulla. Aveva la lingua incollata al palato. Fissò l’animale, era gigantesco. Era una montagna di pelliccia nera. Una volta ne aveva visto uno allo zoo, un orso bruno, ma veniva dall’India o da chissà dove. Questo era più grosso e non era in gabbia. Ce l’aveva proprio di fronte. Il sole fece scintillare il pelo del dorso della bestia. L’orso si levò sulle zampe posteriori, studiò Brian, lo studiò soltanto, poi si riabbassò e si mosse lentamente verso sinistra. Mangiò qualche lampone, staccandolo delicatamente con la bocca dalla pianta, e di lì a un attimo scomparve. Brian non si era mosso. Aveva gli occhi spalancati, le mani bloccate nell’atto di cogliere un lampone. Poi accadde qualcosa che Brian non riuscì a controllare: le sue gambe si mossero in direzione opposta rispetto a quella presa dall’orso. Quella sera, quando calò il buio, slacciò l’accetta dalla cintura, se la mise vicino alla testa, appoggiò la mano sul manico e si addormentò. All’inizio pensò che fosse un ruggito. L’aveva svegliato. Era notte fonda e, nell’oscurità silenziosa, aprì gli occhi e stette in ascolto. Si sedette, a quel punto lo colpì un odore nauseabondo. Poi sentì strisciare. Era uno strofinio, era qualcosa che raschiava vicino ai suoi piedi. Scalciò pù forte che potè e sentì di aver colpito qualcosa. La creatura, o quel che era, era finita più in là. Fu allora che Brian sentì un dolore lancinante alla gamba, come se vi fosssero penetrati centinaia di aghi. Urlò per il dolore e la paura. Si palpò con cautela: si trattava di aghi! Il misterioso aggressore era un porcospino. Afferrò un aculeo, trattenne il respiro e lo estrasse con forza. Una fitta lo paralizzò per un attimo, ma Brian si riprese, si fece coraggio e proseguì l’operazione. Strappò e strappò altre tre quattro volte, poi si stese nell’oscurità. Era solo nel buio, la gamba gli faceva male da impazzire. Iniziò a piangere. Era troppo. Troppo. Non ce la faceva più. Gary Paulsen, Al limite estremo, Mondadori

97


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.