Per arginare il dilagare degli approcci “distruttivi” Ruskin formula la sua proposta: L’unico principio è, che dopo ogni processo di operazione […] necessario alla sicurezza di un monumento, ogni pietra esterna dovrebbe essere rimessa a suo luogo; se ci fossero da fare aggiunte per sostenere i muri, le nuove pietre, invece di somigliare alle antiche, dovrebbero essere lasciate senza scultura, solamente avendo una iscrizione della data del loro collocamento. Di questa maniera gli archeologi futuri sarebbero sempre in stato di studiare la storia dell’Architettura sugli edifici autentici. Nei miei studi adopero la metà del tempo, che ho per analizzare un edificio, a trovare quali sono le parti originali8.
In questo brano il teorico inglese affronta con determinatezza una questione nodale, in seguito più volte ripresa: l’importanza, ai fini della tutela, dello studio della storia architettonica degli edifici e della loro “autenticità” cui consegue il principio della “integrità” contrapposto a quello di “falsificazione” che pongono al centro delle discussioni la “riconoscibilità” degli interventi attuati. L’evoluzione
Fig. 3 Tempio di Nettuno, Paestum, fotografia di Mimmo Jodice (in Paestum, a cura di Fausto Zevi; fotografie di Mimmo Jodice, Napoli, Banco di Napoli 1990). Fig. 4 Tempio della Concordia, Agrigento, fotografia di Mimmo Jodice (in Mimmo Jodice attesa/dal 1960, Milano, Electa 2018).
dall’idea astratta di monumento-opera d’arte, a quella di monumento storico-costruttivo, […] a quella di documento materiale stratificato […] si accompagna […] [al] mutare dell’atteggiamento nei confronti della storia, che da scienza si trasforma in condizione esistenziale, con conseguenze misurabili in termini di certezza conoscitiva, giudizio di valore e legittimazione operativa9.
Pittore, critico d’arte, narratore d’eccezione John Ruskin ha attraversato con i suoi scritti il XX secolo incidendo in modo sensibile sull’interpretazione del patrimonio architettonico come “materia viva” da preservare, custodire, tramandare. Fautore di una interpretazione “biologica” del ciclo di vita dei monumenti anticipò finanche, per l’importanza attribuita alla patina degli edifici come deposito della memoria del tempo, la poetica della quarta dimensione che di lì a poco cubisti e futuristi avrebbero ritratto nelle proprie tele come immanenza di una concezione “cinematica” dell’opera d’arte, soggetta a un tempo diverso da quello “puro” della sua iniziale ideazione e crea-
J. Ruskin, Presentazione... cit., pp. 32-33. 9 A. Squassina, Tempo che distrugge… cit., p. 36. 8
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