to origine la struttura concettuale delle lezioni oxfordiane, come Aratra Pentelici, Val d’Arno, Ariadne Florentina e The Aesthetic and Mathematic Schools of Art in Florence1. È oltremodo noto, come pure ben testimoniato dalla rilevante presenza di disegni sulla natura nell’ultima e recentissima mostra dedicata all’inglese2, quanto abbiano significato per la sua formazione le passeggiate in campagna, che solitamente avvenivano lungo i percorsi per raggiungere le grandi città: nei luoghi della Val d’Arno, Val di Nievole, Val d’Orcia e Val di Chiana, il contatto con la semplicità della civiltà contadina e con la natura si rivelò fonte di armonia e benessere3. Il diario e i disegni elaborati tra il 1840 e il 1841 mostrano un diversificato interesse nei confronti di scorci naturali. Il diario, in particolare, descrive i paesaggi visti con entusiasmo ‘impressionista’4, rivelando per l’Italia una forte curiosità di analisi e la spiccata attrattiva per le bellezze naturali, riconducibile alla pittura di Turner5, alla poesia di John Keats, Lord Byron e Percy Bysshe Shelley. Delle campagne racconta l’armoniosità delle forme e le particolari atmosfere: Attilio Brilli, ha definito il suo diario un «réportage turneriano»6, che con il «trascolorare da un’impressione coloristica all’altra»7 supera perfino l’uniformità che si può riscontrare nella sua produzione grafica coeva. Le narrazioni, infatti, comprendono umanità, paesaggi e dettagli della Toscana agreste. Molti e diversi tra loro sono i luoghi che menziona, mettendone in evidenza natura e architettura considerati integrati e fortemente interrelate tra loro. Lungo la strada «acquitrinosa e dall’aspetto disgustoso», percorsa lentamente con i buoi tra Carrara e Massa, Ruskin rileva la maestosità delle montagne che ha di fronte (Fig. 1), oltre alle cave di calcare, che descrive come «grigiastro […], ricoperto da splendide formazioni di manganese arborescente»8. Nel tragitto da Lucca a Firenze, invece, osserva la semplicità di alcune pannocchie di un «autentico giallo aranciato, […] intenso e caldo», che ricoprono per uno spessore di trenta centimetri i muri di alcune case9. Lì vicino, durante una passeggiata ai piedi del Monte Pisano, raccoglie con cura alcune pietre10, apprezzando la vista del golfo di La Spezia, poi Pisa e Lucca, le montagne di Carrara e gli Appennini, fino a Firenze11. Il paesaggio della Val d’Orcia, come quello di Siena e di Radicofani, viene definito «collinoso» e «ondulato», con linee tendenti all’orizzontalità e dotato, in contrasto, di architetture fortificate che gli ricordano quelle del Galles. La descrizione rileva la compartecipazione e la particolare percezione, tutta ruskiniana: «Sulla destra la grigia massa di un monte luccicava di ardesia – o di neve – o di qualcosa che brillava: […] era bello l’effetto di quegli improvvisi sprazzi di luce. […] Tutto il resto di un fiammeggiante color cremisi»12. Le sue impressioni sulla Val di Chiana, invece, si deducono dalle parole dedicate alla città di fondazione etrusca di Cortona. Nella piana cortonese, che si estende a nord-ovest del Trasimeno, Ruskin incontra un «bel tratto di coltivazione all’italiana» con gelsi e viti illuminati dal sole; pernotta in una locanda di Camucia13, di cui apprezza l’operosità della famiglia proprietaria, rivelando la curiosità anche per la componente umana dei luoghi. A tal proposito, è interessante il suo incontro, e la relativa corrispondenza, con l’artista statunitense Francesca Alexander14. Conosciuta nel 1882 a Firenze, comprò per il Guild of St George Museum due suoi manoscritti, The Story of Ida e Roadside Songs of Tuscany. Questi avevano come soggetto la società contadina, con illustrazioni bucoliche,
1985, fa riferimento ad annotazioni e testimonianze “impressionistiche” nel diario di Ruskin. 5 Illuminante fu il libro ricevuto in regalo Italy di Samuel Rogers, con illustrazioni di Turner. Nutriva per quest’ultimo una profonda ammirazione, ritenendolo «l’unico uomo che ci abbia restituito l’immagine di un intero sistema naturale, e sotto questo profilo l’unico perfetto paesaggista che il mondo abbia ammirato». J. Ruskin, Diario italiano… cit., p. 6 (Firenze, 29 aprile 1841). 6 J. Ruskin, Viaggi in Italia… cit., pp. 9-10. 7 Ibidem. 8 Ivi, pp. 25-26 (Lucca, 8 novembre 1840). 9 J. Ruskin, Diario italiano... cit., p. 27 (Lucca, 8 novembre 1840). 10 Le pietre raccolte in quell’occasione sono elencate nel diario sotto il titolo “Pietre della serie toscana”. Lo studio sui materiali naturali lo induce a fare alcune riflessioni sulla scelta e la qualità dei materiali in architettura, tra cui, nell’AFORISMA 14 della “Lampada della verità” così scrive: «I colori propri dell’Architettura sono quelli della pietra naturale». R. Di Stefano, John Ruskin. Un interprete dell’architettura e del restauro, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane 1983, pp. 134-136; J. Ruskin, Le sette lampade dell’architettura, settima ristampa (London, 1849), Milano, Jaka Book 2016. 11 In Ruskin e la Toscana… cit., pp. 120-121, è riportato il testo della lettera indirizzata al padre (27 ottobre 1882). 12 J. Ruskin, Diario italiano… cit., p. 36 (Radicofani, 25 novembre 1840). 13 Camucia, «Camuccio» nel diario, è una frazione che si trova ai piedi della collina sulla quale sorge il centro storico di Cortona. J. Ruskin, Diario italiano… cit., p. 119 (Firenze, 24 aprile 1840).
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