Le radici del bianco nell’opera di Richard Meier Massimo Zammerini
Fig. 4 Casa di Old Westbury, New York, 1969-71 (da Richard Meier... cit., 1997). Fig. 5 Casa Shamberg a Chappaqua, New York, 1972-74. Spaccato assonometrico (da Richard Meier… cit., 1981).
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necessità di esprimere due funzioni ben distinte, la vita privata e la vita sociale, e di realizzare per quest’ultima spazi che necessitano anche di luci strutturali maggiori e soprattutto connotare tale spazio di una rappresentatività diversa. L’uso del pilastro non ha più il significato programmatico del pilotis lecorbusieriano, ma recupera il senso della colonna neoclassica. Osservando questa casa risulta evidente che essa non può che essere bianca. Il bianco appare non tanto come una scelta quanto come una connotazione intrinseca in questo tipo di composizione plastica, anche per il carico di memorie di cui è portatrice e che induce al bianco come necessario e inevitabile atto di sintesi. Tutto questo appare ancora più evidente nella casa non realizzata di Pound Ridge, New York, del 1969. Ancora il forte contrasto tra i volumi chiusi della zona notte, da oltrepassare per accedere alla teca vetrata a tutta altezza nella quale galleggia la camera padronale, accessibile da una scala privata che ‘sfonda’ la grande membrana trasparente della vetrata, una soluzione che verrà ripresa in altre opere successive, come nella casa Douglas. Nella casa di
Pound Ridge compare un nuovo modo di compenetrare volumi ‘galleggianti’ a varie altezze, trattenuti dal telaio strutturale verticale del soggiorno che si sviluppa per tutta l’altezza dell’edificio. In questo progetto si legge con chiarezza una particolare idea di Meier sullo spazio domestico, dove la parte comune del soggiorno si indirizza verso la dimensione di uno spazio quasi esterno, una sorta di ‘piazza’ animata da una varietà di volumi che ne definiscono le quinte, aperta grazie ad una trasparenza totale. Meier ha dimostrato la possibilità di realizzare un’idea di spazio architettonico di tipo universale. Sarà interessante notare, affrontando i progetti dei musei, come essi tendano ad assumere un carattere domestico, con soluzioni spaziali che derivano dalle prime esperienze sull’abitazione, in particolare nel museo di Francoforte. Il fatto che questa idea di spazio tenda ad una dimensione apparentemente transtipologica, ‘universale’, riporta nella dimensione dell’interpretazione data proprio in epoca neoclassica dal Neopalladianesimo, ma apre anche una riflessione sul rapporto tra l’opera di architettura e l’opera d’arte. Una dimensione ideale che non cade mai in una forma di compiacimento