OPLA' 2015

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Capitolo 2 Gli strumenti

Open Session on Landscape 3 Marzo 2015 Palazzo Vegni

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particolarmente degradata. Di fronte ad alcune soluzioni che proponevano la realizzazione di un boulevard unitario che percorresse tutto il territorio periferico, ha prevalso l’ipotesi di qualificare la strada a partire dalle strutture insediative esistenti: piccoli borghi, insediamenti artigianali, strutture commerciali, parchi urbani, aree residenziali. L'ipotesi del nostro gruppo consisteva nel considerare la strada non uno spazio unitario ma, una sequenza di luoghi che facevano riferimento ai sistemi territoriali matrice, e proporre la loro riqualificazione nel rapporto specifico con la via Emilia. La qualità estetica della strada era da ritrovare nella qualità formale del boulevard bensì nella morfologia delle relazioni che i diversi spazi stabilivano fra di loro. Vorrei aggiungere qualche considerazione su due temi introdotti da Scheerlinck. Il problema della insicurezza degli spazi pubblici nella città. Possiamo dire che per quanto riguarda la sicurezza dobbiamo combattere qualsiasi tendenza che affronta il problema dal punto di vista di Newman, proponendosi di realizzare spazi difendibili. Sono modi che inevitabilmente separano lo spazio della città e portano alla realizzazione delle gate community o al frazionamento dello spazio pubblico sulla base degli usi funzionali o sociali. Si invalida così il ruolo della città come insediamento dove i diversi possano integrarsi e dove lo spazio pubblico assuma il ruolo di luogo aperto a tutte le componenti della città. Non è la separazione che genera sicurezza bensì la massima interazione: la strada più sicura è la «strada popolata di sguardi» ricordata da Jane Jacobs. Occorre poi precisare che dal nostro punto di vista, quando parliamo di insicurezza parliamo di senso di insicurezza. Il senso di insicurezza è una situazione collettiva che non deriva direttamente da una

condizione di pericolo, ma è uno stato d’animo generato soprattutto dalle relazioni che si stabiliscono tra l’organizzazione dello spazio e il modo con il quale lo spazio è usato. Come l'uso determina i significati dello spazio, così nei cittadini determina anche uno stato d'animo, una sensazione in relazione allo spazio percorso. L'ipotesi che ho sviluppato in una ricerca di alcuni anni fa è che, questo senso di insicurezza nasce nelle relazioni che si stabiliscono nello spazio urbano, realizzato in Europa nel secondo dopoguerra e la domanda di città e i modi di abitarla che si manifestano a partire dagli anni '60 '70 del secolo scorso. Il frazionamento funzionalista dello spazio non è in grado di raccogliere una domanda di autonomia ma, al tempo stesso di integrazione quale quella che oggi ci propongono i diversi strati della popolazione. L’altro tema riguarda l’importanza che hanno gli usi spontanei degli spazi comuni; sono quegli usi che sono stati definiti “usi dal basso” e che vedono come protagonisti diversi gruppi che si appropriano dello spazio per avviare pratiche e proposte nuove rispetto agli usi tradizionali. In questi usi possiamo ritrovare nuovi significati per ambiti urbani tralasciati o non frequentati. Vorrei ricordare a questo proposito i casi illustrati nella mostra Post it city tenuta a Barcellona nel 2008 e nel padiglione degli Stati Uniti d’America alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2012. Sono convinto che attraverso le pratiche spontanee dello spazio possiamo tracciare nuovi valori e usi per la città contemporanea.


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