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pietro meloni
della complessa contrattazione e negoziazione tra oggetto e soggetto; ossia è divenuto ordinario nel momento in cui è stato posizionato dentro il nostro mondo sociale e naturalizzato. Questo significa prendere in considerazione due aspetti: il primo è che gli oggetti esistono dentro una complessa contrattazione che possiamo ricondurre alla teoria dell’oggettivazione di Daniel Miller; il secondo è che gli oggetti del nostro mondo sociale, sono a tutti gli effetti delle cose progettate. La teoria dell’oggettivazione A Daniel Miller, antropologo dello University College London, dobbiamo un importante rinnovamento negli studi di cultura materiale e del consumo incentrato su quella che ha chiamato la teoria dell’oggettivazione. (Miller, 1987) L’idea dalla quale parte è riconducibile agli studi classici di antropologia, in particolare alla teoria del dono di Marcel Mauss (Mauss, 2002 [1924]), dove si sostiene che gli oggetti servono in primo luogo per costruire relazioni sociali. Miller elabora la sua teoria dell’oggettivazione mettendo insieme cultura materiale e consumo di massa, ritenendo che il rapporto con le cose e le forme del consumo (ossia l’utilizzo che di tali cose facciamo ed il modo in cui ce ne appropriamo) siano essenziali per l’antropologia contemporanea. L’oggettivazione è per Miller un aspetto fondamentale nel rapporto tra oggetti mono essere ‘spontanei’ nell’ambito di diversi gruppi sociali. […] Gramsci sostiene che esso sia una modalità di pensiero conformista, che segnala consenso nei confronti dell’ordine dominante. Dire che qualcosa è di ‘senso comune’ equivale normalmente a metterla fuori dubbio (‘è così che stanno le cose’), significa presentare un fattore culturale e specifico come qualcosa di naturale e universale”. (Procter, 2007 [2004], p. 74).