firenze radicale
to di denuncia. Per fare questo ogni strumento a disposizione potrà essere utile per moltiplicare l’efficacia del messaggio: dall’happening, al fotomontaggio, ai video, alla performance, tutti strumenti che pian piano formeranno in quegli anni l’humus privilegiato per rompere certi schemi precostituiti e liberare gli individui, scuoterli nella loro potenza immaginativa, invitandoli, appunto, a riappropriarsi della propria esistenza. Tra gli artisti operativi a Firenze: Renato Ranaldi (1941), Giuseppe Chiari (1926-2007), Maurizio Nannucci (1939), Alberto Moretti (1922-2012), Lamberto Pignotti (1926), Eugenio Miccini (1925-2007), Pietro Grossi (1917-2002), Sylvano Bussotti (1931), Giancarlo Cardini (1940), Mario Mariotti (1936-1997)... Mentre personaggi del calibro di Umberto Eco (1932-2016), Gillo Dorfles (1910), Giovanni Klaus Koenig (1924-1989), Lara Vinca Masini (1926) (solo per citarne alcuni) sviluppano e incoraggiano il dibattito e la diffusione di nuove tendenze in campo artistico e progettuale. A fare scuola è soprattutto Eco, che nel 1962 aveva scritto Opera aperta (Eco, 2009), un testo certamente incoraggiante proprio nella direzione delle ricerche che gli architetti fiorentini stavano svolgendo, tanto più che collaborerà ai corsi universitari di Ricci; nell’anno accademico 1966-1967 Eco insegna Decorazione alla Facoltà di Architettura (succedendo a Dorfles, collaboratore attivo della Nuova Città di Michelucci, sin dal primo numero) con un corso sulla Semiologia delle comunicazioni visive. Complessivamente, negli anni Sessanta, Eco ha avuto un ruolo attivo nell’ambiente universitario fiorentino sia dal punto di vista didattico che dal punto di vista politico come dimostra la cosiddetta mozione RicciEco che servì a porre fine all’occupazione della Facoltà (Firenze, 20-3-1968). Mentre La struttura assente (1968) rimanda proprio ai contenuti dei corsi tenuti a Firenze: tutta la prima parte appare, infatti, in tiratura limitata con il titolo Appunti per una semiologia delle comunicazioni, ed è dedicata a Ricci. Nell’introduzione all’edizione del Sessantotto, Eco ricorda che “il libro deve agli studenti di architettura la continua preoccupazione di un an-
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