FIRENZE Architettura 2011-2

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tano e sconosciuto; invitano a guardare oltre il mare e il suo intensissimo blu, trascendendo limiti e confini pre-fissati, poiché in realtà: “I confini muoiono e risorgono, si spostano, si cancellano e riappaiono inaspettati. Segnano l’esperienza, il linguaggio, lo spazio dell’abitare, il corpo con la sua salute e le sue malattie, la psiche con le sue scissioni e i suoi riassestamenti, (...) l’io con la pluralità dei suoi frammenti, (...) il pensiero con le sue mappe dell’ordine”.3 13 Schizzo prospettico 14 Veduta verso Cabo de Cee 15 L’oratorio e la sala delle autopsie

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E la vita, per citare Arthur Rimbaud, non è che uno dei nomi della morte, il solo con il quale la si osi chiamare, fingendo di respingerla. Legate alla secolare tradizione degli

Horrea4 e ancora ‘inabitate’, le arche di Finis Terrae attendono di iniziare il loro viaggio nel tempo, forti della propria chiarezza geometrica e della riconosciuta firmitas dell’architettura. l loro poetico ermetismo riflette l’inconoscibilità della morte, ma ne dissolve la paura in un luminoso Oriente.

1 “Bene speremus, hominum enim vestigia video”. Cfr. Vitruvio, Lib. VI, proemio. 2 La realizzazione del mirador è prevista in una seconda fase del progetto. 3 Claudio Magris, Come i pesci il mare, in AA.VV. Frontiere, supplemento a “Nuovi Argomenti”, 1991, n. 38, p.12. 4 Cfr. Carlos Martí Arís, Silenzi eloquenti, Milano, Christian Marinotti Edizioni s.r.l., 2002, pp. 157-161.


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