allocati gli orti a servizio della scuola di agraria, posti a recuperare il senso dello spazio comune che contraddistinse l’organizzazione benedettina. I chiostri antichi assumono il significato della corte, mentre le corti nuove sono pensate come chiostri antichi. A risolvere l’ambiguità chiostro-corte è il sistema dei collegamenti: “i portici degli edifici di progetto sono in connessione con i portici dei chiostri esistenti, così da moltiplicare i percorsi coperti e ampliare l’estensione dei percorsi di questa singolare città”.9 Ma ad assumere un’importanza fondamentale è la rotazione delle due nuove corti rispetto al resto del complesso benedettino: i tre architetti si servono di tale scarto non solo per differenziare il loro intervento, ma per dimostrare che non può esserci ricostruzione senza una rilettura personale del luogo. “Come i contadini veneti, per secolare miseria, rompevano la misura romana dei campi costruendo sul cardo e sul decumano [...] Oppure era come il risultato di un movimento tellurico, un assestamento statico che avesse diversificato gli assi della costruzione. Amavo l’assestamento del Pantheon descritto nei libri di statica; la crepa imprevista, un crollo visibile ma contenuto, dà una forza immensa all’architettura perché la sua bellezza non poteva essere prevista”10 scriveva, qualche anno prima, Aldo Rossi. Risulta evidente il disinteresse dei tre architetti per la funzione: il loro obiettivo è la riconfigurazione formale del cenobio benedettino. Il raggiungimento dell’unità avviene dalla giustapposizione del frammento antico con quello nuovo: la forma che ne risulta potrebbe contenere qualsiasi funzione. Con particolare forza proprio in questo progetto, precocemente abbandonato, Rossi ci fa capire l’importanza del recupero della misura della terra e dell’ascolto del luogo, l’imprescindibile distinzione tra la memoria collettiva - la piazza e i chiostri dell’abbazia - e la memoria individuale - chiostro-corte, fienile-museo - il rapporto saldo tra la storia passata e il presente, tra la tipologia monastica e il suo rinvenimento nelle tracce nascoste della terra. Rossi non ricorre all’artificio retorico. Il suo poeta è Virgilio; Pindaro non lo interessa. L’architetto ascolta e traccia poche righe imprecise su di un foglio bianco; forse il progetto è già scritto sulle numerose cartografie polironiane. Pochi anni dopo, nel suo ultimo film, Federico Fellini metterà in scena la cattura della luna all’interno di un fienile di una
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cascina padana, per svelarci soltanto alla fine della storia che “non c’è niente da capire, c’è solo da ascoltare”.11
L’autore ringrazia gentilmente l’architetto Gian Arnaldo Caleffi per aver messo a disposizione tempo, indicazioni e tutto il materiale prodotto insieme ad Aldo Rossi e Gianni Braghieri. Si ringrazia inoltre il Comune di San Benedetto Po per aver messo a disposizione il materiale contenuto nell’archivio dell’Ufficio Tecnico, e la Fondazione Aldo Rossi di Milano per aver acconsentito la pubblicazione di tali documenti.
1 L. Ghirri, Un cancello sul fiume, in Le città immaginate: Un viaggio in Italia, XVII Triennale di Milano, a cura di V. Magnago Lampugnani e V. Savi, Milano 1987, p. 87, cit. anche in P. Costantini, Cose che sono solo se stesse, in Luigi Ghirri, Aldo Rossi. Cose che sono solo se stesse, a cura di P. Costantini, Milano 1996, p. 27-28. 2 A. Rossi, Autobiografia scientifica, Parma 1990, p. 21. 3 È inutile ribadire la rilevanza religiosa ma anche culturale e artistica che il monastero ha avuto nel tempo: si pensi solamente al Correggio, chiamato ad affrescare il refettorio grande del monastero intorno al 1514, e a Giulio Romano, l’architetto dei Gonzaga, che progettò la nuova basilica intorno al 1539. 4 La documentazione originale del progetto preliminare è contenuta presso l’archivio personale dell’architetto Gian Arnaldo Caleffi a Verona; essa contiene copia delle otto tavole presentate nel Comune di San Benedetto Po, la relazione tecnica, numerose fotografie del complesso benedettino risalenti al 1983, e alcuni schizzi redatti da Aldo Rossi ma non firmati. Le tavole n. 1-2, in scala 1:200, rappresentano il rilievo del piano terra e del piano primo, allo stato di fatto, del monastero e della piazza; le tavole 3-4, in scala 1:500, individuano l’uso del complesso prima dell’intervento; le tavole 5-6, in scala 1:500, indicano le categorie di intervento alle quali sarebbero dovuti essere sottoposti i manufatti, mentre nelle tavole 7-8, in scala 1:500, è rappresentata la riorganizzazione funzionale dell’intero complesso benedettino. Per questo progetto non furono redatti i prospetti. Presso l’archivio dell’Ufficio Tecnico Comunale di S. Benedetto Po, si trovano le copie delle otto tavole e la relazione tecnica consegnate e firmate da Aldo Rossi. Copia di tale documentazione è altresì reperibile presso l’“Aldo Rossi Archive” al Candian Centre for Architecture/Centre Canadien d’Architecture di Montreal, Canada. 5 Conversazione con l’architetto Gian Arnaldo Caleffi. Cfr. anche G. A. Caleffi, Aldo Rossi, la vita, le opere, l’insegnamento, in Atmosfere e nostalgie di Montecatini. Il Kursaal rivisitato da Aldo Rossi, a cura di M. Guidi, Verona 2003. 6 Lezione trascritta e pubblicata nel libro a cura di G. A. Caleffi e G. Malacarne, Progetti veneziani, Milano 1985, pp. 172-183. 7 Le attività civiche, sociali ed artigianali comprendono: Sala conciliare, l’ufficio postale, sedi di enti, associazioni, partiti politici alcune botteghe artigiane ed uffici di rappresentanza e professionali. A. Rossi, G. Braghieri, G. A. Caleffi, Relazione di progetto. 8 Le attività culturali comprendono, al piano terra: vani per mostre temporanee, gallerie d’arte, sale per cineforum, circoli culturali e ricreativi. Al piano primo rimane il Museo Civico Polironiano. A. Rossi, G. Braghieri, G. A. Caleffi, Relazione di progetto. 9 A. Rossi, G. Braghieri, G. A. Caleffi, Relazione di progetto. 10 A. Rossi, Autobiografia..., cit., p. 41. 11 F. Fellini, La voce della luna, prodotto da Mario e Vittorio Cecchi Gori, Rai, 1989.
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