Firenze Architettura 2006-2

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stessa ripetizione, con scarsa propensione al mutamento, ha fatto paragonare la casa a quegli oggetti d’uso plasmati appena dal lavoro, ma sostanzialmente invariati nel corso del tempo. La casa toscana nell’eccezionale frammento del paesaggio toscano, così come ne parla Fabio Capanni citando la famosa mostra per la Triennale di Giuseppe Pagano. Ancora, a declinare una ulteriore variazione su questo tema, la casa popolare milanese di ringhiera, sospesa figura tra città e campagna, originata nelle grandi corti capaci un tempo di misurare la pianura in distanza, ma anche in grado di far città costruendola per tipi chiari definiti precisi ripetibili. Un’idea di casa che era anche un’idea di abitare prima che i due termini artificiosamente fossero scissi: una antica soli-

darietà di ballatoio ignara della piccolo-borghese nozione di pianerottolo. Per simili ragioni non ci dispiace aprire questo numero di Firenze Architettura con gli straordinari muri abitati di Arduino Cantafora, bagnati dalla luce filtrata con parsimonia dalle gelosie, sensibili al mutare delle stagioni ed allo scorrere della calda vita, eppure orgogliosi di quella loro fissità che ci tranquillizza. Nel renderci conto che il tema dell’abitare mostra scarsa autonomia nel panorama dell’ExBelPaese oggi, abbiamo voluto indagare la questione sul confine di un’altra delle questioni di cui molto si parla, ma che restano poco toccati oltre la superficie giornalistica dei resoconti d’occasione. Sulla scorta di alcuni Maestri fiorentini - che peraltro non avrebbero amato sentirsi definire tali – e dei loro lavori (Ricci, Savioli) che hanno saggiato

il legame che unisce il tema dell’abitazione al paesaggio, abbiamo voluto verificare lo sguardo della casa verso la città e le colline che in alcuni progetti estrinseca quasi un grado di necessità (la Casa della Finestra in piazza Tasso a Firenze di P. Zermani o la loggia al Vescovado in Verona di M. G. Eccheli e R. Campagnola, per esempio). A definire un orizzonte che avremmo voluto forse più generoso verso una sostenibile idea di abitare coniugata all’arte del costruire, vengono per chiudere ancora in soccorso le case sotto un tetto comune di Josef Plecnik rilette da Antonella Gallo, capaci di segnare il limite verso la campagna e - al contempo - di tenere insieme la città, racchiudendo cioè principio d’ordine e accidentalismo in un’unica figura. v

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