Hotel Minerva a Firenze: Edoardo Detti e Carlo Scarpa 1958-61 Francesca Mugnai
Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio del decennio successivo Edoardo Detti è impegnato a più riprese nel riordino dell’Hotel Minerva a Firenze. Forse il più antico della città, l’albergo sorge nel Settecento in adiacenza ai chiostri della Chiesa di Santa Maria Novella dall’accorpamento di diversi edifici di abitazione di epoca medievale la cui originaria scansione è ancora visibile in facciata. In questa delicata operazione di restauro radicale, spinto fino alla costruzione ex novo di alcune parti, l’architetto fiorentino è affiancato dall’amico e maestro1 Carlo Scarpa col quale ha già condiviso un paio di significative esperienze progettuali, come la ricostruzione della Chiesa di San Giovanni a Firenzuola (1956-66) e la sistemazione di alcune sale del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi (1956-58), opere che si misurano entrambe con situazioni storicizzate, la prima a scala urbana, la seconda a scala architettonica. “Diversissimi”, come sottolinea Ragghianti,2 per formazione e sensibilità intellettuale (oltre che umana), per di più impegnati su fronti di ricerca distinti, Detti e Scarpa condividono l’idea che la storia, intesa come sedimento dell’opera e del pensiero umani, sia materia viva da cui far germinare l’attualità. Detti è urbanista, critico analitico e rigoroso, che sente “la necessità di avere le idee chiare, di possedere il più possibile di elementi concreti di giudizio, prima di intervenire”3 e, con metodo razionale, affonda le radici del proprio lavoro nello studio storico e morfologico della città e del paesaggio.4 Scarpa, d’altro canto, guidato da una sensibilità artistica e da una indiscussa tendenza al lirismo, ricorre alla storia come ad un giacimento
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di pietre preziose dal quale estrarre quelle magiche “figure”5 evocative di cui sono incastonate le sue opere. La storia, dunque, che conferisce oggettività all’architettura di Detti, rendendo il suo discorso logico e lineare, offre invece a Scarpa le suggestioni per costruire paesaggi trasfigurati, mondi paralleli alla realtà e di questa interpretazioni, composti mediante un fraseggio discontinuo che “esplora il labile confine fra la forma e il possibile”.6 Si può parlare di prospettive diverse da cui ognuno dei due guarda la stessa cosa. Anche la profonda conoscenza dei fenomeni di trasformazione del territorio, da colto progettista di piani regolatori, qual è Detti, e da uomo impegnato, in politica come nella quotidianità, nella difesa dei caratteri peculiari del paesaggio toscano contro la speculazione edilizia, si incontra con la lieve e poetica concretezza con cui il maestro veneziano legge i luoghi e ne fa emergere, attraverso l’architettura, i nessi più reconditi. “Ogni opera di Scarpa”, osserva Detti, “[…] contiene sempre un ponderato e articolato legame di complementarità con il tessuto urbano. Certe componenti interne della sua invenzione formano un circuito di significati che hanno una chiara connessione con la città; di per sé, anzi, già costituiscono in nuce l’immagine organica di una porzione urbana”.7 Il progetto dell’Hotel Minerva è il frutto di un attento studio filologico8 dell’edificio che, prima dell’intervento, era un coacervo di fabbricati e di superfetazioni. Oltre la cortina muraria che definisce il prospetto sulla piazza - rimasto per vincolo inalterato, se si eccettuano lievi modifiche dovute al riallineamento dei