Firenze vista dal cielo: una seduzione del cuore Pasquale Bellia
La consistenza edilizia costituisce la macchina per abitare, determina insediamenti che delineano articolazioni spaziali e volumetriche con morfologia in stretta dipendenza dalla variabile temporale. La forma materiale della città e in particolare la sua configurazione spaziale, non è possibile comprenderla se non si comprendono le leggi implicite in essa, cioè le leggi dell’oggetto urbano in sé. Questo processo di conoscenza, è soggetto alla necessità di uno spostamento dell’attenzione sulla morfologia e sul sistema di significati che la forma è in grado di esprimere nella storia di lunga durata della città. Sono le leggi generative dell’assetto urbano che evidenziano tracciati di permanenza e conformazione. Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un cambiamento di metodo nel leggere la città, in un passaggio dalla planimetria alla prospettiva, (suggerito nel 1960 da Kevin Lynch in “The image of the city”), che ritrova nella dimensione percettiva, e nell’identificazione di elementi riconoscibili per l’uomo e che ne delineano la figurabilità: percorsi, margini, quartieri, nodi, riferimenti. La rappresentazione prospettica è la chiave per leggere e interpretare la città nella dimensione volumetrica. Il metodo di analisi di Lynch - che deriva da alcune teorie dalla Gestal, a Lynch note tramite l’amico Gyorgy Kepes - suggerisce un cambio operativo nelle modalità di concezione della città, che trovano più ampia struttura nel suo testo successivo, “A theory of good city form”, del 1981. In questo, Lynch, più decisamente si precisa sulla progettazione urbana, spostandone i termini dalla dotazione e dalla quantità, al problema della qualità e della morfologia. La domanda da cui si dispiega l’ultimo testo dell’urbanista americano è la definizione della qualità urbana, che si nutre di un vasto repertorio di criteri che affondano nella percezione, nella riconoscibilità e nelle modalità che le persone hanno di vivere gli spazi. La qualità urbana che si fonda sulle dimensioni prestazionali è la risposta ad un bisogno della comunità: non è tanto una proprietà intrinseca dello spazio, quanto un valore aggiunto della morfologia urbana che dispiega i propri significati in relazione ai cittadini che la abitano. Le riflessioni morfologiche di seguito esposte sulla rappresentazione fotografica obliqua, colgono l’opportunità delle riprese per sperimentare una lettura interpretativa della città seguendo un metodo di tipo storico-morfologico.
È una lettura che interpreta la città non come cristallizzazione formalistica di architetture, ma come un organismo vivo di cui vanno riconosciuti i lineamenti essenziali che contraddistinguono i tratti fondamentali della sua identità. La città deve essere investita da un nuovo sguardo. Un nuovo sguardo in grado di approfondire il tema della complessità della città e del territorio attraverso una lettura, un’interpretazione ed una valutazione dei processi di trasformazione fisiche e funzionali che si verificano nello spazio antropico. La conoscenza, nella città e nel territorio, dell’articolazione do quegli intrinseci caratteri fisici, morfologici di ogni loro differente parte, assume un ruolo predominante nel processo conoscitivo e anche progettuale. La nuova forma struttura che i tracciati di permanenza e conformazione ricavati da una lettura storico-morfologica del luogo ci trasmettono, ci incoraggiano ad un campo di probabilità e di possibilità, di processi, di loro tendenze, motivati contestuali e coerenti. Se le più recenti esperienze urbanistiche hanno evidenziato con tanta enfasi il problema dei rapporti tra Piano urbanistico e progetto di architettura non è per riempire un vuoto di prospettiva, ma per ragioni ben più profonde. L’urbanistica dispone di un proprio sapere, di una propria autonomia interpretativa e progettuale per comprendere le possibilità di un’azione corretta entro un contesto urbano o territoriale sedimentatosi in vari decenni. Poeti, pittori e scienziati di tutti i tempi hanno avuto un grande sogno: guardare il mondo dall’alto. Per la capacità, che la visione a volo d’uccello dà, di svelare terre nuove mai contemplate, cieli nuovi. Il processo di formazione dei vari modi di rappresentazione del paesaggio - città e territorio - si rivela composito e problematico non appena si tenta di darne una definizione esauriente. Vi sono infatti almeno due modi di intendere il paesaggio: pensarlo come “immagine”, cioè come luogo della rappresentazione visiva e letteraria, come territorio fantastico di pittori e di poeti; oppure considerarlo come “realtà”, cioè come spazio vivente e concreto, nel quale la natura - conformazione fisica, caratteri del territorio - si congiunge con l’azione dell’uomo - città, coltivazioni, vie di comunicazioni. In questo scritto sulla rappresentazione il paesaggio viene analizzato secondo due punti di vista: 1) inteso come frammento della natura che i meccanismi seletti-
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