Tentazioni contemporanee di Giulia Romanini - anteprima

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2 A cura di Maurizio Chierici Comitato di direzione Annamaria Cavalli, Isotta Piazza, Marco Deriu, Giulio Iacoli Gabriele Balestrazzi

diabasis


Coordinamento editoriale Leandro del Giudice Logo di Collana Giovanni Cascavilla Copertina Anna Bartoli In copertina © Bibliothèque nationale de France Gustave Doré Lucifero per L’Inferno di Dante, 1861

ISBN 978-88-8103-925-8 © 2019 Edizioni Diabasis Diaroads srl-Str.San Girolamo, 17/b - 43121 Parma Italia telefono 0039 0521 207547 www.diabasis.it

Questo volume della collana Domani vede la luce anche grazie al sostegno economico non condizionato di Alberto Chiesi.


Giulia Romanini Tentazioni contemporanee Variazioni letterarie sul patto con il diavolo

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Prefazione Giulio Iacoli

Si può, facendo critica tematica, operare per via descrittiva: sviscerare un tema, afferrarne le implicazioni originarie, seguendone le ramificazioni, ambendo a una completezza appunto descrittiva – assecondando, in ogni caso, la tentazione di correggere il corso storico di un’immagine, di un complesso di motivi o di un discorso morale, sottesi ai testi. Se non si può affermare coerentemente: ego primus, si potrà quantomeno inserirsi in una vicenda critica per prolungarne il punto di arrivo, spingersi a dire qualcosa di più degli altri al proposito. Una tentazione sempre pronta, questa, ad annidarsi nell’operato dei critici. Si può viceversa – ed è questo, credo, il significato primario del lavoro di Giulia Romanini – operare in maniera più propriamente suggestiva. Ovverosia muovere meno dalla preordinata necessità di far tornare i conti che dalla volontà di prospettare confronti originali, di rileggere classici ben assestati all’interno di un filone tematico per mezzo di considerazioni, angolature e episodi in parte inediti. All’adozione di tale postura critica è riconducibile il taglio specifico impresso alla presente ricerca, che seleziona, del più ampio e criticamente acclarato tema faustiano, incomponibile in tutte le sue attestazioni e diramazioni, un gesto, un motivo saliente: quello che chiama in causa il personaggio, sottoponendolo alla tentazione. È il punto di accensione tematica, questo, la scaturigine delle scelte e della lacerazione dell’individuo tentato, gesto o figurazione che, nell’osservazione dell’autrice, vive di un rilievo autonomo, offrendo cospicue frecce all’arco delle sue analisi comparative.

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D’altra parte Faust, lo si può agevolmente intuire, è ben presente nel saggio, come mythe, modello rappresentativo per le sue riscritture nella modernità letteraria, e come testo-reagente insostituibile, sui cui versi misurare la distanza, i ripensamenti o al contrario le topiche riprese da parte dei suoi continuatori. Ma se il patto con il diavolo resta un movente essenziale, l’orizzonte di senso al quale rapportare sempre la comprensione delle diverse vicende narrative, o variazioni sul tema, rientrando a buon diritto nell’intitolazione del presente lavoro, a Romanini preme soprattutto vedere che ne è del tema a contatto con gli effetti della tentazione, con le modificazioni profonde che hanno luogo all’interno del personaggio, come già la Parte prima con la riflessione sull’«autoanalisi» messa in atto dal Sant’Antonio flaubertiano (e poi buzzatiano) testimonia, e come l’incontro fondamentale con la tipologia ‘relativa’, coniata da Enrico Testa per i caratteri novecenteschi, provvede a definire. Progressivamente, a ridosso del disseccamento che ha luogo nel personaggio modernista (Debenedetti si sarebbe mosso a commemorarlo, spogliato come sarebbe apparso, nel secondo dopoguerra, dell’integrità di personaggio-uomo, e ridotto a corpuscoli, o atomi), la tentazione si sposta nell’interiorità dello stesso ‘tentato’, processo questo che si fa filo rosso, linea di coerenza interpretativa, nel volume. Di qui l’utilità, a rischio di un certo schematismo, dell’inventiva strutturazione per vizi capitali dei capitoli applicativi che compongono la Parte seconda, e dove gli accostamenti possono apparire qua e là parziali, ma mai privi di una loro suggestione fondata, di significatività. Nel prisma delle tentazioni, allora, i classici godono di una luce non del tutto consueta, né inerte; per limitarci a un solo esempio, fare un salto all’indietro e rileggere i Karamazov nella chiave interpretativa dell’ira di Ivàn come tentazione che lo


porta a contrarre il patto faustiano con sé stesso, in un romanzo che è appare un profondo campo di passioni ardenti, dalla lussuria dello sconsiderato capofamiglia all’avidità della scaltra Grušenka, alla superbia di Dmitrij, consente davvero di farci seguire gli sviluppi plurivoci del metodo di indagine qui messo a frutto. Da ultima, la breve Parte terza giunge a rompere con i canoni assodati, proponendo nuove angolature, vizi moderni; ne vengono letture di miniaturizzazioni, addomesticamenti parodici (Guareschi), ampie variazioni allusive (Atzeni), e finanche spiazzanti dissimulazioni del legame tematico con la tentazione demoniaca (Camilleri, Il diavolo, certamente): e, d’altro canto, accertare la vitalità dei materiali tematici di lunga durata nella contemporaneità più stretta induce a ravvisare forzature, banalizzazioni o comunque risonanze più sorde, talora richiedendoci di mutare i nostri protocolli interpretativi, e talaltra schiudendoci impressioni inedite, esperienze capaci di ampliare e rinvigorire la nostra complessiva visione dei temi. Resta da riferire di un possibile sconfinamento nel più vasto immaginario contemporaneo, accennato nelle mosse conclusive, verso tentazioni, promesse diaboliche tese a sedurre un individuo inestricabile dal mondo dei consumi. Ancora, un moto di familiarizzazione con i risvolti più intimi e comuni dell’esistenza, questo; l’incontro necessario della tematica con i ‘poveri diavoli’ che risiedono nella nostra mente e nelle sue illusioni di appagamento, o al suo esterno, nelle voci sireniche provenienti dai call center, o, più semplicemente, nel rumore di fondo azionato dai media nel nostro quotidiano. Anche in questo le sollecitazioni del libro ci risultano preziose, fra l’individuazione dell’irredimibile solitudine del ‘tentato’ e la verifica del suo assorbimento nelle più ampie trafile omologanti della società contemporanea.

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Premessa

Nell’ambito degli studi applicati di teoria della letteratura, largo spazio è stato recentemente concesso alla critica tematica: questa si occupa di comparare i temi, i miti e i luoghi più fecondi e più ricorrenti nelle opere letterarie. Felice esito e ora importante strumento di questa attenzione da parte degli studiosi è, fra gli altri, l’edizione del Dizionario dei Temi Letterari, per le cure di Remo Ceserani, Mario Domenichelli e Pino Fasano, che ha visto la luce per Utet nel 2006. Studi di questo genere hanno il grande vantaggio di avvalersi sia del dato sincronico sia del dato diacronico: osservare come un certo tema è stato trattato nello stesso periodo storico da autori diversi e provenienti da nazionalità differenti porta a considerazioni non meno ampie che studiare come la trattazione del tema in questione si sia evoluta nel corso del tempo. Quello che interesserà di più il comparatista è, tutto sommato, ciò che di quel tema sopravvive, permane e ritorna, al di là dei confini geografici e culturali. Inoltre, se gli studi sono spesso conseguenza di un nuovo o di un rinnovato interesse particolare, negli anni Duemila, ci si è evidentemente accorti che circoscrivere un tema, un topos, un mito, che si sia diffuso e perpetuato nell’arte, può permettere di toccare veramente il cuore del sentire collettivo. Come rileva Fusillo nell’introduzione al suo lavoro dedicato al ritorno di Dioniso e del dionisiaco, già il modernismo «riscopre il mito come linguaggio simbolico capace di esprimere pulsioni inconsce, archetipi narrativi, modelli antropologici»1.

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Indagare il tema-mito permette dunque di comprendere da dove veniamo; il postmodernismo pare senta l’urgenza di “catalogare” le riscritture e le manifestazioni dei temi perché questi, essendo realmente espressione di un sentire ´fondamentale´ all’uomo, siano resi riconoscibili e non vengano inghiottiti dal delirio odierno di sovrapproduzione e sovrapposizione di contenuti. Ora, il soggetto qui scelto è ascrivibile a ben due tra i grandi miti della letteratura e delle arti tutte: da una parte il tema del diavolo, presenza più o meno figurata, che interviene nelle vicende umane dei personaggi letterari; dall’altra il mito che si sviluppa a partire dalla figura del Faust, protagonista dell’omonima opera di Johann Wolfgang Goethe. Un interesse di tal genere (e portata!) si è sviluppato a partire dal corso monografico di Littérature génerale et comparée tenuto presso l’Université de la Sorbonne Nouvelle Paris 3, nell’anno accademico 2011/2012, dal professor Alexandre Stroev: Le Diable chez Bulgakov et Schmitt, durante il quale due dei romanzi dei rispettivi autori, Il maestro e Margherita (1967) e L’Évangile selon Pilate (2000), erano indagati in tutti i loro punti di consonanza o differenza. Una volta conclusa l’esperienza francese, la nostra decisione di approfondire il discorso della presenza demoniaca nella letteratura ha presto trovato risposta in una bibliografia tanto corposa quanto autorevole: il diavolo che si palesa nelle opere è stato molto studiato dai critici letterari e le principali letterature europee sono dotate di almeno un volume che elenchi e analizzi queste ricorrenti epifanie al negativo nella penna degli autori, connazionali e non. L’Italia, addirittura, è protagonista di questi studi comparati già nel 1930, con La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica dell’anglista Mario Praz, il quale ha dedicato tutto il secondo capitolo della sua analisi a Le metamorfosi di Satana.


Ma il diavolo è protagonista ancora attualissimo sia di indagine che di ideazione: a una certa abbondanza di contributi critici, anche recenti, rivolti alle presenze diaboliche nella letteratura e nelle arti, corrisponde una rinnovata spinta creativa: persino al grande pubblico non sarà sfuggito il proliferare di film che interpellano figure diaboliche, sataniche, tentatrici. Si veda per esempio The Devil’s Advocate di Taylor Hackford del 1997, oppure Paranormal Activity di Oren Peli e il suo discusso successo a partire dal 2009, per arrivare anche ai pessimi esiti di horror quali L’altra faccia del diavolo del 2012. Ma per tornare allo specifico letterario, dall’abbondanza di riferimenti al diavolo – finanche nel titolo, come, tra gli altri, per il racconto giallo I diavoli di Melùsa di Davide Camarrone, 2007 – si è preso atto di come romanzieri di tutto il mondo sembrino ancora ispirati da questo ´personaggio´ e di come il loro pubblico, evidentemente, ne sia attratto. Tra gli autori ci pare assolutamente non trascurabile Andrea Camilleri, che ha recentemente scritto ben due opere in tema; esse hanno contribuito non poco a un’elaborazione originale del discorso che si andrà ad affrontare e sono state premessa di un cambiamento di prospettiva: hanno permesso infatti di spostare l’attenzione dal tentatore al tentato, dal diavolo all’uomo. Si tratta di Il diavolo: tentatore, innamorato (2005) e di Il diavolo, certamente (2012). Col primo titolo si veda un testo composto da due contributi: un racconto di Camilleri stesso, dal titolo Il diavolo che tentò se stesso, dove, con forti incursioni dal dialetto siciliano, un diavoletto racconta in prima persona di come abbia indotto se stesso in tentazione; e, in secondo luogo, la riproposta in traduzione di Le Diable amoureux (Il Diavolo innamorato), novella tardo settecentesca di Jaques Cazotte. Va qui ricordato che Cazotte, grazie a quest’opera, è ritenuto essere

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l’iniziatore del racconto fantastico moderno (si vedano le considerazioni di Tzvetan Todorov) e che Max Milner, nel suo monumentale studio Le Diable dans la littérature française de Cazotte à Baudelaire, pone proprio Le diable amoureux (1772, Paris) come prima opera della letteratura francese in cui la presenza del diavolo sia significante. Tutto sommato, è come se Camilleri ci esortasse a riscoprire quegli anni in cui, 12

attorno al tema del diavolo, si respira in Francia e in tutta Europa un clima di particolare fermento, durante i quali vengono pubblicate numerose opere di magia, demonologia, scienze occulte, mentre al contempo si impongono all’attenzione le idee del razionalismo critico di Diderot, di Voltaire e degli Illuministi. Fra gli esorcismi praticati dal clero e la volontà di demistificazione proclamata dai filosofi, tra gli estremi del fervore religioso e i rigori dell’incredulità radicale, la figura del diavolo si impone alle coscienze e al dibattito delle idee, e non manca di trovare ampio riconoscimento anche in letteratura2.

Il tentatore, dunque, come presenza irrompente e, nei romanzi, per lo più dotato di un corpo e di una voce, siano esse quelle del diavolo in persona, come il Mefistofele di Goethe, siano quelle di una bella contadina come ne Il diavolo di Tolstoj… In generale, si può dire che, sotto vere o mentite spoglie, il diavolo tentatore sia una presenza manifesta, riconoscibile e soprattutto riconosciuta dai personaggi coinvolti nei racconti di tutto l’Ottocento e fino alla prima metà del Novecento. Si vedrà invece come, già negli anni Sessanta con Il maestro e Margherita di Bulgakov, in cui Satana in persona sconvolge la città di Mosca facendosi chiamare Woland, la riscrittura tematica prenda un intento parodico; ma, soprattutto, come negli ultimi decenni del secolo il diavolo abbia “perso la faccia”:


ci sono intere opere che parlano di drammatiche tentazioni senza che il diavolo faccia mai capolino, neanche allusivamente. Un esempio? Ci è suggerito dal dizionario dei temi, alla voce ´Diavolo´ in cui si rileva come «un romanziere disperatamente laico come Alberto Moravia [abbia] inscenato, per la protagonista Desideria, un caso implicitamente interpretabile come una classica ossessione o possessione diabolica, nel romanzo La vita interiore (1978)»3. Sempre più preme di narrare la vicenda della tentazione vissuta dall’uomo, cresciuta in seno all’uomo, senza alcun riferimento a criteri di giudizio ´soprannaturali´: Satana, come presenza tangibile e dichiarata, tende a scomparire negli autori odierni; notiamo questa tendenza persino in un romanzo come L'Évangile selon Pilate di Éric-Emmanuel Schmitt, dove l’assenza del diavolo stupisce molto dal momento in cui quella a essere narrata è la storia di Gesù Cristo, il tentato incorruttibile. Nella riscrittura della vita di Cristo, dall’infanzia alla croce, Schmitt omette nel suo romanzo il racconto delle tentazioni nel deserto, che invece ha avuto un ruolo paradigmatico nell’elaborazione del discorso della persuasione diabolica4 e che ha sempre offerto uno spunto fecondo all’immaginario letterario. Un chiaro riferimento al diavolo invece è offerto al lettore nella seconda opera di Andrea Camilleri, di cui si diceva sopra: per l’appunto Il diavolo, certamente. Con questo titolo l’autore cita senz’altro un film del cineasta francese Robert Bresson: nel Diable probablement, del 1977, viene mostrato in flashback il vissuto di Charles, un ragazzo che si suicida all’inizio della storia. Il titolo del film di Bresson riprende un dialogo tra i personaggi, giovani engagés che patiscono e discutono le domande esistenzialistiche e i drammi dell’umanità, dalle ingiustizie all’inquinamento del globo:

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Charles: Ce qui est magnifique c'est que pour rassurer les gens il suffit de nier l'évidence. Michael: Quelle évidence? On est en plein surnaturel, rien n'est visible. Les gouvernements ont la vue courte.

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Passager n° 1: N'accusez pas les gouvernements ! Dans le monde entier, à l'heure actuelle, personne ne peut se vanter de gouverner. Ce sont les masses qui régissent les évènements ; des forces obscures dont il parfaitement impossible de connaître les lois. Passagère n° 2: C'est vrai que quelque chose nous pousse contre ce que nous sommes. Passager n° 3: Il faut marcher, marcher. Passager n° 4: En marchant, je peux être celui qui rouspète toujours ? Passagère n° 2: Qui est-ce donc qui s'amuse à tourner l'humanité en dérision ? Oui, qui est-ce qui nous manœuvre en douce ? Passager n°1: Le diable, probablement.

Questo dialogo, a sua volta, cita Dostoevskij e in particolare I fratelli Karamazov, il che, senza entrare nei dettagli, indica in ogni caso un tessuto fitto e resistente di rimandi e implicazioni. Inoltre, ciò che conta è che nel film sono i protagonisti stessi i primi a suggerire, non senza amara ironia, che sia il diavolo a gestire le vicende umane, così come lo spettatore può intuire con discreta facilità una valenza demoniaca nel personaggio di Valentin, l’esecutore effettivo della volontà suicida di Charles. Invece, con Il Diavolo, certamente l’autore si serve solo del titolo per mettere una didascalia esplicita che tolga ogni eventualità, oltre ad una struttura compositiva tutta ´diabolica´: trentatré racconti di tre pagine


ciascuno, in cui i personaggi però si muovono piuttosto inconsapevolmente, lasciando che lo zampino del diavolo dia una spinta alle loro piccole, banali, bassezze quotidiane, senza che loro se ne avvedano troppo. Ciò che ci resta, insomma, nel 2013, non sono che delle piccole storie di uomini e donne il cui sistema di valori, il cui immaginario, i cui parametri di giudizio, escludono il fatto etico del discernimento puntuale delle azioni tanto quanto l’idea che ci siano forze maligne che li trascendano. Satana, o il Male assoluto che esso incarna, ha perso di potere tanto quanto Dio, o il Bene universale il cui nome sta a indicare; ma l’attrazione dell’uomo per tutto ciò che è negativo, ovvero tutto ciò che lo porta inesorabilmente alla rovina e all’infelicità, non è affatto svanita e anzi si investe di molteplici risvolti psicologici e sociali. Per comprendere la parabola di questa sorta di ipnosi secolare che il maligno esercita sull’uomo, si deve per forza mettersi dalla parte dell’uomo: chi è il personaggio tentato dal diavolo? Colui che cede alle tentazioni? Chi è che, di sua spontanea volontà, va a cercare il male, e perché? Per rispondere a questi quesiti è imprescindibile partire da un personaggio che nel suo essere tentato ha creato un grande mito letterario, dal carattere squisitamente moderno: ovviamente, il Faust. La leggenda di Faust, che trae origine dalla metà del Cinquecento e si propaga fino al periodo odierno, è stata l’oggetto di vasti studi, con approfondite analisi delle varie e numerose riscritture che esso ha generato in tutti i Paesi, specialmente europei. Questo fervore creativo corrisponde ad una poliedricità sorprendente del soggetto: le complessità umane a cui dà voce sono profonde, arcane e affascinanti, riuscendo così ad interpellare un inconscio col-

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lettivo non ancora sopito. Ne abbiamo conferma quando il mito ritorna, nei nostri giorni, attraverso il grande schermo, con un film che ha saputo far incontrare i gusti del pubblico con quelli dei critici cinematografici: il successo di Faust, realizzato dal regista russo Alexander Sokurov e vincitore del Leone d’oro di Venezia nel 2011, ci mostra un’Europa unita nel bisogno di scandagliare le passioni latenti che ancora muovono e intorpidiscono le acque apparentemente limpide dell’uomo metropolitano e del suo agire tecnologicizzato. Allora, una storia sul libero arbitrio e sulla libertà, sulle possibilità e sui limiti di conoscenza, sui vizi e i bisogni dell’uomo, sul suo tendere inesorabilmente alla trascendenza per poi ritrovarsi schiavo dell’immanenza; una storia così, dove il diavolo e Dio si contendono un’anima con un divertissement che dà le vertigini, dove un uomo osa scendere nelle pieghe più grette e meschine del suo Io e dove una malinconia ancestrale attanaglia il cuore; questa storia riesce a fendere quel fenomeno di rimozione collettiva per cui l’individuo ha per lo più cessato di porsi manicheistiche questioni sul Bene e sul Male e per cui l’agire e il pensare ´etico´ sono liquidati da un relativismo che, assecondando le spinte individualistiche, in fondo nutre l’angoscia e lo smarrimento di un ipertrofico tanto quanto desolato ego. Ci viene restituito così, nella voragine narrativa, un turbine di quesiti che, più che turbarci, ci riportano all’esigenza antropocentrica del nostro vivere e, tutto sommato, ci salvano. Sondare il mito intentando nuove letture in seno ai testi letterari diventa, dopo queste premesse, un atto etico, oltre che una sperimentazione teorica che ha tutta l’aria di una sfida visto l’ampiezza del ´già detto´ con cui ci si confronta. Se poi si aggiunge la dimensione mitteleuropea intrinseca al discorso, portatrice di uno sguardo preso a prestito dall’antropologia culturale e che


vaglia le spinte costitutive dell’identità europea, questo modesto contributo si veste anche di un valore politico, come omaggio nei confronti di un’unità d’Europa alla costruzione della quale la cultura vorrebbe concorrere. Chiarite le possibili implicazioni di un lavoro di tale tipo, urge precisare l’atteggiamento specifico con cui si leggeranno i romanzi e i racconti proposti: difficile, perché si tratta di una riflessione che vuole collocarsi al crocevia tra il tentatore e il tentato, con lo scopo di scandagliare il terreno fertile di quello che si potrebbe definire un effetto ´ipnotico del negativo´, a indicare quel fascino costante, quell’attrazione fatale per il proibito, per il marcio, per il maligno, insomma per il lato oscuro dell’esistenza che, dal Romanticismo in poi, l’uomo ha cominciato a riconoscere non più o non solo come un pericolo esterno che gli “striscia” tra i piedi e si insinua a suo discapito, ma come una parte di sé, temuta tanto quanto ricercata. Un fascino esercitato soprattutto sull’arte, sull’artista, attirandolo talvolta in ´vincoli contrattuali´ oscuri che lo estraniano dal contesto. Le Tentazioni, dunque, purché si spogli il termine di un giudizio di condanna e si valuti invece la spinta – dai risvolti sia positivi che negativi – verso il vizio e l’ignoto: congenita all’uomo, anche contemporaneo.

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Note

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1. Fusillo Massimo, Il dio ibrido: Dioniso e le ÂŤBaccantiÂť nel Novecento, il Mulino, Bologna 2006, p. 9. 2. Panfili Gaia, Postfazione a Andrea Camilleri, Il diavolo innamorato, Feltrinelli, Milano 2012, p. 113. 3. Ceserani Remo, Domenichelli Mario, Fasano Pino (a cura di), Dizionario dei temi letterari, Utet, Torino 2006, vol. I, p. 627. 4. Si veda, ad esempio, il valore che questo episodio evangelico assume per Dostoevskij che lo rielabora con La leggenda del Grande Inquisitore, celebre capitolo dei Fratelli Karamazov.


INDICE

5. Prefazione, Giulio Iacoli 9. Premessa 19. Introduzione 27. PARTE PRIMA: Personaggi a tutto tondo 29.

Personaggi assoluti e relativi

38.

Faust, personaggio a tutto tondo

45.

Sant’Antonio, tentato per eccellenza, personaggio assoluto

67. PARTE SECONDA: TENTATI CONTEMPORANEI 67.

Introduzione alla parte seconda

73.

I. Lussuria: Tolstòj, il diavolo

96.

II. Avarizia: Buzzati, la giacca stregata

108. III. Gola: Pavese, Il diavolo sulle colline 128. IV. Invidia: Wilde, The picture of Dorian Gray 150. V. Superbia: Bulgakov, Il Maestro e Margherita 175. VI. Ira: Dostoevskij: I fratelli Karamazov 190. VII. Accidia: Mann, Doktor Faustus 217. PARTE TERZA: PARABOLA TRAGICA DI UN POVERO DIAVOLO 219. I. Ignoranza: Guareschi, Il Mondo piccolo 226. II. Superbia: Atzeni, Il demonio è un cane bianco 233. III: Ignavia: Camilleri, Il diavolo certamente 237. Conclusioni 251. Bibliografia


Secondo volume della collana Domani esplicito riferimento al tema della tentazione attraverso la rilettura di testi classici viene pubblicato da Diabasis nel marzo 2019



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