Libro bianco su Bologna

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A cura di GIANNI BOSELLI

I MURI BIANCHI

Gianni Boselli (1969), giornalista, si occupa di comunicazione istituzionale e politica. È fondatore e coordinatore di «Fermenti – Pensieri al Futuro», rivista on line di informazione e approfondimento dei cattolici democratici e popolari. Per Diabasis ha curato (con Mattia Morandi) I cattolici democratici e il nuovo partito. Da Chianciano al manifesto del PD.

«LIBRO BIANCO SU BOLOGNA» Giuseppe Dossetti e le elezioni amministrative del 1956 Con saggi di Luigi Pedrazzi Paolo Pombeni Luigi Giorgi

Luigi Pedrazzi fa parte dalle origini del gruppo del Mulino. È stato direttore della rivista, presidente dell’omonima Società editrice, presidente dell’Istituto Cattaneo. Vicesindaco di Bologna dal 1995 al 1999, fu in consiglio comunale, dal 1956 al 1960, eletto nella lista capeggiata da Dossetti. Con il Mulino ha pubblicato di recente Sette giorni a Sovere (2002) e Resistenza cattolica (2004). Attualmente è presidente dell’Associazione il Mulino. Paolo Pombeni (1948), insegna Storia dei sistemi politici europei e Storia dell’ordine internazionale alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna. Dirige il “Centro Studi per il progetto Europeo” e il suo sito internet di analisi dell’opinione pubblica europea (www.europressresearch. eu). È direttore scientifico dell’edizione critica degli Scritti e discorsi politici di Alcide De Gasperi (2006-2009) e membro dell’editorial board del «Journal of Political Ideologies». Tra le sue opere più recenti: Il primo De Gasperi. La formazione di un leader politico, Bologna 2007; e a sua cura, L’Europa di carta. Stampa e opinione pubblica in Europa nel 2008, Bologna 2009.

€ 18,00

DIABASIS

«LIBRO BIANCO SU BOLOGNA»

Luigi Giorgi (1973), laureato in Lettere, Master in Cooperazione internazionale, Diritti umani e Politiche dell’Unione Europea, è socio della Società Italiana per lo Studio della Storia contemporanea. Ha pubblicato diversi saggi e volumi sulla vicenda politica di Giuseppe Dossetti e di «Cronache Sociali», e sulle vicende dell’Italia del dopoguerra. Collabora con «Il Margine», «Il Giornale di storia contemporanea» e il quotidiano «Europa». Attualmente svolge la sua attività presso la Camera dei Deputati.

A cura di Gianni Boselli

DIABASIS

Alle elezioni amministrative del 1956 per il Comune di Bologna, il cardinale Lercaro “chiese” a Giuseppe Dossetti, che aveva già lasciato la vita politica e aveva già maturato in sé la scelta di farsi sacerdote, di guidare la lista della DC contro il comunista Dozza. Dossetti visse come “uno sfregio” questo essere ributtato nell’arena politica, da cui si era già ritratto; ma, servo obbediente al suo Vescovo, accettò. E ne venne uno straordinario, indimenticabile esempio di partecipazione a una battaglia politica: il gruppo di lavoro, che fu un’autentica scuola di formazione, la concretezza positiva delle proposte, la passione civile e la serietà culturale, il dialogo cercato con la viva città... Un campione ricreato in loco di ciò che fu il lavoro della redazione di «Cronache Sociali»: partecipare a costruire la città degli uomini con l’intelligenza e con il cuore, con l’anima.


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I muri bianchi

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In copertina Comizio di Giuseppe Dossetti, candidato sindaco, primi di aprile 1956

Progetto grafico e copertina BosioAssociati, Savigliano (CN) ISBN 978 88 8103 635 6

Š 2009 Edizioni Diabasis via Emilia S. Stefano 54 I-42100 Reggio Emilia Italia telefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047

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ÂŤLibro bianco su BolognaÂť Giuseppe Dossetti e le elezioni amministrative del 1956 A cura di Gianni Boselli Saggi di Luigi Pedrazzi Paolo Pombeni Luigi Giorgi

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Un ringraziamento a Carla Bassi che ha contribuito fattivamente e con pazienza alla sistemazione dei testi. Un grazie anche a Paolo Giuliani che mi ha guidato nell’approfondimento dei contenuti. La fotografia di copertina proviene dal volume A. Ardigò, Giuseppe Dossetti e il Libro bianco su Bologna, Edizioni Dehoniane, Bologna 2003.


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«Libro bianco su Bologna» Giuseppe Dossetti e le elezioni amministrative del 1956

A cura di Gianni Boselli

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Prefazione Le ragioni di questo libro, Gianni Boselli

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Per una città con l’anima, Luigi Pedrazzi

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Il 1956 di Giuseppe Dossetti, Paolo Pombeni

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Dossetti, Bologna e la cura della città, Luigi Giorgi

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LIBRO BIANCO SU BOLOGNA

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Prefazione

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Parte prima. Conoscere per deliberare

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Parte seconda. Rianimare il volto spirituale della città

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Sezione prima. Conoscere la città Sezione seconda. Come i cittadini possono collaborare alla formazione del programma annuo di attività comunale

Sezione prima. I «fondamenti» Sezione seconda. I grandi problemi da risolvere Sezione terza. Curare le nuove generazioni Sezione quarta. Manifestare la gratitudine della città per le persone anziane Sezione quinta. Migliore l’accoglienza agli immigrati nuovi residenti Sezione sesta. Esprimere meglio l’amore della città per i sofferenti e gli esclusi

Parte terza. Condizioni e prospettive per una nuova coraggiosa e responsabile amministrazione civica Premessa. Condizioni e prospettive per una nuova, coraggiosa e responsabile amministrazione del Comune

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Sezione prima. Dallo sviluppo disorganico o mancato dell’ultimo decennio alle nuove prospettive

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Sezione seconda. Le riforme nell’organizzazione del Comune

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Sezione terza. La politica di bilancio e degli investimenti produttivi

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Sezione quarta. La politica tributaria comunale

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Sezione quinta. Le opere pubbliche con particolare riguardo all’edilizia popolare

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Sezione sesta. Obiettivi di riassetto e di espansione delle Aziende municipalizzate

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Sezione settima. Riassetto e riforme delle strutture dell’assistenza comunale e dell’ECA


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Prefazione Le ragioni di questo libro Gianni Boselli

La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo; ecco l’opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi. Salmo 117

Diverse volte mi sono interrogato sulla opportunità e sulla utilità, a distanza di 53 anni dalla sua pubblicazione, di riproporre la ristampa integrale del Libro bianco su Bologna. Questa iniziativa editoriale nasce da motivazioni diverse. Per un verso legate agli affetti (anche perduti), per l’altro al lavoro di riflessione, affrontato nell’arco di questi ultimi anni, su Giuseppe Dossetti politico, nel periodo che va dalla fine dei lavori della Assemblea Costituente alla sua uscita di scena dalla vita politica italiana, nel 1958. In particolare ricordo il convegno a dieci anni dalla scomparsa di Dossetti, tenutosi presso la Camera dei Deputati il 5 dicembre 2006, nonché gli ultimi approfondimenti in occasione della pubblicazione del reprint di Cronache sociali. Questa nuova edizione del Libro bianco su Bologna, ora, prosegue nel solco del lavoro già avviato nel 2003 dallo scomparso maestro Achille Ardigò, il quale, con il volume Giuseppe Dossetti e il libro bianco su Bologna, realizzò una rilettura attualizzata, fornendoci un’analisi testuale e contenutista originale della redazione del programma elettorale del 1956. Un’opera che solo Ardigò poteva del resto realizzare: lui che fu reale protagonista di quel periodo e, a fianco di Dossetti, partecipò all’elaborazione fattiva e stesura del programma elettorale. Il libro che presentiamo ora costituisce un gesto di amore verso Bologna, verso gli interpreti di quella «stagione bolognese» e verso chi, negli anni, ha continuato a studiare e ad approfondire quel periodo. E rappresenta anche un contributo per facilitare l’accesso a un importante documento storico, oggi pressoché introvabile. Sono rare, infatti, le copie ancora recu-

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perabili di quell’edizione originale (edita dalla Democrazia Cristiana bolognese e stampata presso la “S.p.A. Poligrafici Il Resto del Carlino” nel maggio 1956 a Bologna), fatta di ben 170 pagine, con una copertina interamente occupata dalla foto che ritrae Dossetti, venduta a 600 lire. Siamo consapevoli che Il Libro bianco su Bologna parla di una città che non c’è più, ma che per certi aspetti non c’è ancora. Di una città che forse ha già perso la spinta immessa nel suo tessuto socio-politico da chi diventerà il «monaco di Monte Sole», che ritenne nessun ardire e nessun guardare «oltre» essere di per se stesso una utopia. La sua analisi appartiene, senza dubbio, a un’altra epoca, a un’altra organizzazione dei rapporti sociali e comunitari all’interno della città. Su tutto non c’è, e non può più esserci, quel particolarissimo rapporto tra Bologna e il suo Arcivescovo. Fu quel rapporto a rendere accettabile, a Giuseppe Dossetti, l’invito a candidarsi a Sindaco della città, che il Cardinal Lercaro gli rivolse su indicazione dell’onorevole Angelo Salizzoni. Eppure il messaggio di fondo rimane straordinariamente attuale, e ci interroga in profondità sul senso attuale della politica amministrativa locale e nazionale. Per Dossetti la politica ha l’obbligo di condurre i cittadini, e non di rincorrere i loro umori (a suon di sondaggi, come accade spesso oggi): la politica deve scommettere sulle idee migliori, anche a costo, talvolta, di perdere. Una lezione che, in quella vicenda bolognese, Dossetti ha saputo impartire in prima persona. Così come, per fare politica – o, quanto meno, per occuparsi della cosa pubblica con sobrietà e serietà – occorre informarsi, studiare e alzare lo sguardo oltre il proprio «particolare» (finanche nel contesto amministrativo). Il Libro bianco su Bologna ci dimostra che è possibile l’incontro tra fede e politica, tra le convinzioni alte e le particolarità amministrative della realtà locale; ma, soprattutto, che è possibile il dialogo tra credenti e laici, in una collaborazione posta al servizio della comunità: perché questo fu il risultato finale, quando le idee di un cattolico, di solidissimi radici, furono accettate e fatte proprie da chi militava su ben diverse ispirazioni ideali. Inoltre, non sempre, e non solamente, essere cattolici e/o cristiani ha significato praticare politiche moderate; ma anche

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avere la forza di una proposta strategica e tattica di lungo respiro. Ci insegna, inoltre, che il «pubblico» può avere un ruolo, e lo può esercitare, soltanto se ha uno sguardo e una prospettiva ben precisa sul compito dello Stato e sulle sue funzioni. Un aspetto affascinante del Libro bianco su Bologna è rappresentato dalla comunicazione, nel metodo e nei contenuti, che dimostra come quel documento fu innovativo e in grado di precorrere i tempi: uno strumento programmatico-elettorale che guardò avanti diversi decenni. Se lo si analizza solo per quel che era, un programma elettorale, ecco che diviene una straordinaria cartina di tornasole su quanto è cambiata, più in generale, la politica. E non solo a Bologna. Oggi (all’atto di consegnare la pubblicazione in tipografia) ci troviamo, come nel 1956, alla vigilia delle elezioni amministrative a Bologna. I programmi elettorali odierni son ben altra cosa. I mezzi di comunicazione hanno cambiato le relazioni e la velocità nello scambio delle informazioni, gli spazi fisici sono sostituiti, sempre di più, da quelli virtuali della rete: il door to door dei militanti e sostenitori è rimpiazzato dalle dinamiche relazionali delle social network su internet. I siti e i blog elettorali sono considerati oggi giorno − con i loro messaggi spot − gli autentici luoghi di incontro con la comunità di elettori. I ripetuti − e talvolta interminabili − comizi elettorali di un tempo, hanno fatto spazio ai messaggi su Youtube della durata di qualche minuto. Soprattutto è evidente che oggi non c’è cittadinanza e interesse per programmi di oltre 170 cartelle fondati su analisi socio-economiche e con livelli di fattibilità (anche finanziaria) rigorosamente e analiticamente dimostrati. Inoltre, ritengo oggi improponibile l’ipotesi di far acquistare agli elettori un programma elettorale. Ora la sfida è sulla sintesi delle nuove parole d’ordine, affidata ai siti internet dei candidati. E il confronto rimane confinato a quattro, cinque temi dettati – sempre troppo frequentemente – più dalla agenda dei media che dalle aspettative e dalle necessità dei cittadini. Questa «messa on line» di programmi poco ci dice sui livelli di partecipazione alla loro formazione, fatta eccezione per quei pochi candidati che affidano alla rete, e ai contributi che arriveranno dagli internauti, la stesura dei propri programmi (il caso del Libro Verde per la Provincia di Modena, è un caso più unico che raro).

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Il programma elettorale espresso con il Libro bianco su Bologna racchiude sostanzialmente linee di lavoro difficilmente rintracciabili insieme. Esprime la sintesi di una elaborazione scientifica attivata sui temi amministrativi più importanti della Bologna di allora. Una proiezione profetica di come la città poteva evolversi, dopo gli anni del conservatorismo comunista, sempre secondo Dossetti, con una costruzione dal basso fatta con cittadini. «[…] è già una prima promessa adempiuta: un esempio – si legge nella presentazione del volume del ’56 – di metodo e di costume che fissa tutto un indirizzo e che anticipa realizzazioni ancor più impegnative per il futuro. Forse è la prima volta che una campagna elettorale non è solo una occasione di propaganda, ma diventa ragione di un complesso di analisi e di studi condotti con rigore, si tramuta cioè in un atto, a un tempo, di conoscenza scientifica e di magistero, rivolto a centinaia di cittadini». È questa la dimostrazione della possibilità di un confronto positivo e costruttivo con le comunità locali in un ottica di relazione e partnership, dove il cittadino è protagonista dei processi decisionali ed è inquadrato come soggetto partecipe dei processi storici più generali. Infatti, oltre il contributo di esperti, la sottolineatura forte di Dossetti è tutta per i bolognesi, perché «in un certo senso essi hanno dato il più e il meglio di questo libro, con i loro interventi negli incontri». Partecipazione, dunque, come chiave preziosa per accedere e contribuire direttamente alla vita democratica. La suggestione maggiore che si trova nel libro – e che caratterizza l’insieme – sta proprio in quella novità tra il politico, l’amministrativo e il sogno, rappresentato dall’articolazione della città di Bologna in quartieri. Una proposta inattesa, del tutto nuova nello scenario delle città italiane, ma capace di mobilitare la politica, perché si facesse carico di offrire ai vecchi e nuovi abitanti di Bologna – in particolare a chi si insediava nelle nuove periferie, venendo dalla campagna o dalla montagna – una occasione per contribuire a costruire una nuova comunità. L’aver tolto dall’anonimato un numero altissimo di bolognesi – che si avvicinarono ed anche entusiasmarono alla competizione elettorale del 1956 – è forse il merito più grande ascrivibile a Dossetti perché ha indicato ai suoi compagni di viaggio di allo-

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ra che è possibile essere protagonisti della politica cioè delle scelte per il raggiungimento del bene comune. La parabola di quel testo echeggiò in città per molti anni e la forza metodologica che propose divenne un modello per tutto il panorama politico nazionale. Molte proposte contenute nel Libro bianco su Bologna furono in seguito realizzate. E lo furono proprio con il sostegno di coloro che quelle elezioni le avevano vinte, e che seppero poi raccogliere il testimone di alcune idee preziose di chi, invece, quelle elezioni le aveva perdute. Il che ci consegna l’ultima metafora, dolce, di quella alta politica che noi vorremo fosse sempre possibile. La matematica elettorale, nella vita democratica di una nazione, ci racconta nei numeri solo chi vince e chi perde. Felice però è il Paese, in cui le buone idee trovano sempre cittadinanza. La ristampa del Libro bianco su Bologna, come si potrà leggere nelle pagine che seguono, è accompagnata da tre saggi che insieme costituiscono, in maniera complementare, una valida bussola per orientarsi nel tempo, nella storia e nella politica di allora. Il primo si deve al professor Luigi Pedrazzi; il secondo al professor Paolo Pombeni e il terzo al giovane ricercatore Luigi Giorgi. Tutti e tre i saggi introduttivi sono utili, poiché inquadrano il contesto storico e politico, nel quale maturarono sia la candidatura di Giuseppe Dossetti a Palazzo D’Accursio, sia la realizzazione del programma elettorale toccando il prima e il dopo di quella “vicenda bolognese”. Pedrazzi realizza una sorta di racconto storico-emozionale, la cui originalità è data anche dal fatto che di quella vicenda, benché giovanissimo, fu diretto protagonista. Quindi, da una prospettiva privilegiata e con la sensibilità di un cattolico impegnato in politica, il professor Luigi Pedrazzi, trasmette – senza rinunciare al rigore scientifico – umori, dinamiche ed equilibri socio-politici di una Bologna e di una Italia lontane ormai più di mezzo secolo. Un contributo di inquadramento storico straordinariamente utile, a chi è in procinto di avventurarsi nella lettura del Libro bianco su Bologna. Paolo Pombeni disegna, con la solita raffinatezza di storico e di studioso del pensiero politico contemporaneo, il contesto e il

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clima, a livello internazionale e interno, nel quale Dossetti si trova a operare nel 1956. Affronta, inoltre, le idee guida del pensiero dossettiano, soprattutto, come scrive lo stesso Pombeni, nell’ottica dell’impegno e della testimonianza dell’evento cristiano nella storia, realizzata attraverso la consacrazione alla logica della Rivelazione. Luigi Giorgi – da sempre impegnato nello studio del Giuseppe Dossetti politico – intrecciando diverse fonti dell’epoca e passando in rassegna gran parte degli studi storico-politici su quegli anni, ci restituisce il «sentire» di quel periodo, che filtra sia da coloro che furono i protagonisti principali, sia da chi di quell’esperienza, a diverso titolo, fu solo spettatore. Nella conclusione del saggio, Giorgi introduce alcuni aspetti relativi al periodo in cui Dossetti sedette sui banchi dell’opposizione in Consiglio Comunale a Bologna, fino alla sua definitiva uscita dalla scena politica nel 1958.

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Parte seconda

RIANIMARE IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CITTÀ

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Sezione IV. MANIFESTARE LA GRATITUDINE DELLA CITTÀ PER LE PERSONE ANZIANE

Col crescere della popolazione in età adulta, entrano in crisi le attrezzature ed i metodi con cui l’Amministrazione civica male finora ha provveduto a questa parte non esigua del suo elettorato. Quattro punti a questo riguardo: 1) Istituzione e centri di ritrovo e di lettura comunali, aperti di sera, riscaldati d’inverno, in ogni quartiere, specie per le persone anziane (pensionati, persone anziane sole, vecchi poveri). 2) Per i vecchi inabili, il Comune ha l’obbligo del mantenimento per legge. Ma di fatto: l’attuale Amministrazione non corrisponde che a pochissimi degli inabili poveri la pur misera quota per l’asilo notturno. Così molte persone anziane povere e sole sono a carico dell’ECA che ha risorse del tutto inadeguate. Questo compito: almeno di garantire l’asilo notturno gratuito alle persone anziane povere deve essere assunto dal Comune. 3) Inoltre, prima di accogliere nel ricovero comunale un vecchio, il Comune dovrà cercare in tutti i modi di aiutare la famiglia – se degna – del vecchio e mantenerlo. La retta che il Comune deve sostenere per il ricovero di un vecchio povero dovrà essere piuttosto corrisposta alla famiglia o a parente del vecchio stesso quando i familiari e i parenti diano sufficienti garanzie di moralità e di igiene, di capacità di assistenza. Nell’assegnazione di alloggi popolari, potranno essere segnalate le famiglie con vecchi inabili a carico: l’assistente sociale di quartiere dovrà provvedere ad integrare la cura delle famiglie stesse a riguardo. 4) Quanto all’attuale Istituto del Ricovero, è pensabile che, attuando alcuni dei provvedimenti sopra detti, potranno essere restituiti alla famiglia o a qualche parente numerosi vecchi ospitati. Comunque occorre una radicale trasformazione di tale Istituto che consenta di non disunire vecchi coniugi nel periodo in cui il loro mutuo aiuto è più necessario e dia una ragione di vivere a

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tutti i ricoverati con lo sviluppo di attività ricreative e di passatempo, con un maggior legame tra loro e l’ambiente familiare e di quartiere donde sono venuti.

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Sezione V. MIGLIORARE L’ACCOGLIENZA AGLI IMMIGRATI NUOVI RESIDENTI

Gli immigrati formano l’unico canale attraverso cui la popolazione di Bologna aumenta. Specie per le famiglie di lavoratori manuali che provengono dalla provincia con un tasso di natalità più alto di quello delle famiglie cittadine andranno stabilite all’atto della concessione della residenza alcune provvidenze che favoriscano da parte dei nuovi cittadini la presa di conoscenza dei loro diritti e doveri e da parte dell’Amministrazione comunale la conoscenza delle necessità più impellenti di tali famiglie e la cura di provvedervi per quanto è possibile (consegna ufficiale dei certificati di residenza a gruppi di nuovi cittadini, in giorno festivo, visita di tutti gli uffici e servizi comunali di cui le famiglie potranno avere bisogno, visita alla città, donativi ai più poveri, libri sulla storia di Bologna alle persone immigrate non povere, ecc.). Particolari iniziative potranno essere prese per gli immigrati dal Segretariato per le tradizioni bolognesi.

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Sezione VI. ESPRIMERE MEGLIO L’AMORE DELLA CITTÀ PER I SOFFERENTI E GLI ESCLUSI

L’assistenza e la beneficenza della cittadinanza (e quindi anzitutto dell’Amministrazione civica) verso i poveri deve essere anzitutto liberata da ogni discriminazione politica e da ogni burocratismo per divenire il più possibile solidarietà umana, rapporto di personale generosità, moderna concezione di criteri e di mezzi d’applicazione. Dobbiamo ribadire a noi stessi che l’assistenza non può ridursi al sussidio di poche centinaia di lire al mese, al buono di pochi viveri, al poco di carbone, al dono di un tubetto di aspirina e neppure all’oneroso carico delle spese di spedalità per i poveri. La prima assistenza è quella di aiutare almeno un membro valido di famiglia povera a trovare lavoro; se giovane a divenire qualificato e specializzato, frequentando corsi severi, mantenuto in tutto o in parte dal Comune: di qui il coordinamento necessario dell’assistenza con l’addestramento professionale. La seconda assistenza è quella sociale, cioè fatta da persone esperte (da educatori come da assistenti sociali) che sappiano ridare tono e armonia a una famiglia, liberare le energie mortificate e deluse. Poi vengono le assistenze specifiche (sanitaria, ospedaliera, farmaceutica, scolastica, economica, ecc.). Principi fondamentali per noi devono essere: 1) Ogni povero o disoccupato, se non inabile, deve essere posto in grado di fare qualcosa, di dare qualcosa alla società che lo assiste a reinserirsi nel lavoro. Il Comune deve dare in cambio aiuti che stimolino e non deprimano la responsabilità e l’iniziativa degli assistiti. 2) Occorre concentrare il massimo sforzo per garantire le condizioni essenziali di vita umana a quelle 4000 persone riconosciute dagli uffici dell’ECA in condizioni di più grave miseria, ol-

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tre che a migliorare l’assistenza alle altre famiglie con il libretto dell’ECA. 3) Ogni assistenza (da potenziare quella agli sfrattati oggi male assistiti dal Comune) deve essere rivolta non a disunire la famiglia (come ora avviene per l’asilo notturno e il ricovero) ma ad unirla sia come sede di convivenza che come forma di aiuto.

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Parte terza

CONDIZIONI E PROSPETTIVE PER UNA NUOVA, CORAGGIOSA E RESPONSABILE AMMINISTRAZIONE CIVICA


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Premessa CONDIZIONI E PROSPETTIVE PER UNA NUOVA, CORAGGIOSA E RESPONSABILE AMMINISTRAZIONE DEL COMUNE

Se è vero, come da più parti si va dicendo, che il Comune non deve né può essere un semplice esattore di tributi in cambio di tradizionali servizi, ma organo di coordinamento, direzione e stimolo di tutta la vita civica entro i limiti fissati dalla legge, un programma finanziario, tributario, di opere da compiere o da integrare non può essere valido se non poggiato su una valutazione della complessa realtà sociale del Comune e delle condizioni e prospettive maggiori di essa. E ciò soprattutto in merito: a) alla popolazione e alle risorse di lavoro secondo ritmi e vie di prevedibile incremento; b) all’organizzazione e occupazione industriale, settore decisivo per l’espansione economica; c) all’organizzazione dei mercati, dei commerci e dei servizi di ogni genere a ciò necessari; d) alla evoluzione del modo di vivere e di pensare della popolazione intesa come comunità territoriale con dati tipi di insediamento, rapporti sociali, tradizioni, modi di occupare il tempo libero, in una parola con una data civiltà del gruppo urbano. Fare previsioni circa un costante aumento tributario di un miliardo di lire all’anno per gli anni futuri – come è stato fatto in sede di discussione dell’ultimo bilancio preventivo da parte di un consigliere di maggioranza – senza un’analisi della situazione demografica ed economica locale e generale, è per contro un modo miope ed illusorio di direzione amministrativa. Di qui l’importanza di un esame, da parte nostra, dei principali punti soprariferiti. La popolazione di Bologna ha registrato, nel corso dell’ultimo decennio, un aumento quasi tutto dovuto al saldo attivo tra immigrati ed emigrati. L’incremento naturale (differenza tra nascite e morti) che è stato nel decennio di appena 119 persone an-

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nue contro una media annua totale di aumento di 6.608 persone, tende a scomparire. Negli ultimi cinque anni il numero dei morti ha superato quello dei nati di ben 161 persone all’anno. Anche Bologna tende in questo campo ad allinearsi al non invidiabile livello di altre grandi città del Nord, nella riduzione delle nascite male compensate dall’allungarsi della durata media della vita. Una ripresa di natalità nell’ultimo quinquennio (del 17% in più rispetto al 1950) sembra aprire qualche speranza. Comunque l’incremento sociale (frutto di migrazioni) resta decisivo e con tendenza a crescere. La media annua d’aumento nell’ultimo quinquennio è stata di 7.811 persone residenti in più, di cui 4.817 per migrazioni tra la città e la provincia (vedi tab. 1).

TAB. 1 – Incremento naturale e sociale della popolazione residente nel Comune di Bologna. Saldo Saldo Saldo attivo delle attivo di naturale migrazioni % Anni tutte le (nati±morti) Provinciadi (b) su (c) migrazioni Comune (c) (b) (a)

Popolaz. residente alla fine dell’anno

1946 1947 1948 1949 1950 1951 1952 1953 1954 1955

+ 755 + 319 + 273 – 276 + 928 – 285 – 500 – 300 + 10 + 270

2.064 2.355 1.767 7.768 4.310 3.265 2.106 4.180 7.819 6.719

2.975 4.124 2.798 11.055 6.597 4.881 4.667 7.631 12.129 9.751

69,37 57,10 63,15 70,26 65,33 66,89 45,12 54,77 64,46 68,90

317.141 321.584 324.655 335.434 341.773 340.427 344.594 351.925 364.064 374.085

Totale

+ 1.194

42.353

66.608

63,58

La provincia rappresenta dunque la grande riserva di aumento della popolazione di Bologna. Essa contava, escluso ovviamente il capoluogo, nel 1951 una popolazione residente di circa

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il 25% superiore in numero a quella di Bologna. Per contro, i disoccupati iscritti agli Uffici del lavoro erano (vedi tab. 2 e 3) nel periodo di minima (giugno) circa due volte e mezzo i disoccupati iscritti di Bologna, e nel periodo di massima (dicembre) quasi quattro volte quelli di Bologna (3,86; Bologna = 1). TAB. 2 – Disoccupati (M + F) nel Comune di Bologna di tutte le cinque classi. Rami di attività economica

30 Giugno 1954

Agricoltura Industria Trasporti e C. Commercio e servizi Impiegati Mano d’opera generica Totale

31 Dicembre 1954

N.

%

N.

%

474 7.762 251 1.316 1.626 2.814

3,32 54,50 1,77 9,24 11,41 19,76

1.436 7.446 265 1.279 1.512 2.512

9,93 51,52 1,83 8,86 10,47 17,39

14.243

100,00

14.450

100,00

TAB. 3 – Disoccupati (M + F) nella Provincia di Bologna (1954) di tutte le cinque classi.

Zone della Provincia di Bologna Comune di Bologna Comuni della Pianura Comuni della Collina Comuni della Montagna Totale

Disoccup. al 30-6-1954 (a)

Disoccup. al 31-12-1954 (b)

Popolaz. presente nel 1951 (c)

(a)/(c)

(b)/(c)

14.243

14.450

350.676

4,06

4,12

17.046

33.071

181.327

9,40

18,23

11.384

13.809

142.940

7,96

9,66

8.362

8.988

95.920

8,71

9,37

51.035

70.318

770.863

6,62

9,12

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Dall’analisi del carico fiscale globale – relativamente più peso in provincia per contribuente – risulta che nel 1953 (dati consuntivi) con una popolazione superiore a quella del capoluogo, tutti gli altri Comuni della provincia non arrivavano al 65% del carico fiscale di questo. L’esodo dal paese in città, che è in maggior parte esodo rurale, è inevitabile aumento col ritmo di espansione della vita produttiva bolognese. Infatti questa massa di immigrandi può divenire da potenziale a reale con una velocità superiore a quella degli anni scorsi se le si offrono possibilità di lavoro. Questa considerazione va tenuta presente ad ogni effetto, nell’impostare un programma di sviluppo cittadino. Basteranno nuovi posti di lavoro nelle industrie, basteranno i lavori per la costruzione delle progettate autostrade nazionali che a Bologna si prevede abbiano massimo sviluppo di raccordi, per far confluire attorno alla città una popolazione di immigrati, che tenderà a rimanere a Bologna anche al termine dei lavori. Tale maggior aumento (per migrazioni) della popolazione bolognese (in rate ben superiori a quelle previste dal Piano Regolatore) costituisce dunque la variabile più massiccia di un programma d’espansione. La disoccupazione in città, pure se grave, non costituisce un fenomeno allarmante fin che non aumenti la rata d’immigrazione di popolazione povera. Ma poiché tale eventualità è tutt’altro che improbabile il problema diviene degno di particolare studio e di intervento anche da parte di una Amministrazione comunale che preferisca spendere i denari di tutti, prevenendo, piuttosto che doverli impiegare in ben maggiore misura in assistenze sanitarie, ospedaliere, farmaceutiche, economiche pur necessarie. La disoccupazione attuale riflette soprattutto, come si vedrà più avanti, da un lato la crisi di certi settori industriali cittadini (anche in seguito alla riconversione e relativa smobilitazione dell’unica grande azienda industriale bolognese nel periodo prebellico: la Ducati) e dall’altro la mancanza di qualificazione e specializzazione di molta parte delle nuove leve giovanili di lavoro. Sono queste leve, insieme ad immigrati della provincia, che rinforzano le cifre della disoccupazione di manovalanza generica. Analogo discorso vale per i disoccupati iscritti nella categoria impiegatizia.

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Sul problema dei giovani che si presentano ogni anno alla leva del lavoro è necessario – come s’è detto – un impegno, organico e coordinato, di tutte le energie cittadine. È questo uno dei settori dove l’opera di stimolo dell’Amministrazione comunale e in particolare del Sindaco, per promuovere nuove iniziative, direttamente o meno, è più valida e meritoria. Le forze del lavoro, specie le giovani, sono infatti la prima parte di ricchezza di una società, e quindi della società cittadina. Per valorizzare tali energie occorre tuttavia non solo e non tanto un aumento comunque di posti di lavoro ma una selezione e una valorizzazione delle attitudini dei singoli in vista delle esigenze espansive del mercato.

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Luogo concreto e modello di amore per la città degli uomini alla dissolvenza ormai consumata fra Dossetti politico e il sacerdote questo libro viene stampato nel carattere Simoncini Garamond su carta Arcoprint delle cartiere Fedrigoni dalla tipografia Sograte di Città di Castello per conto di Diabasis nel maggio dell’anno duemila nove

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I muri bianchi Il teatro della politica. Tocqueville tra democrazia e rivoluzione, a cura di Federico Mioni Federico Mioni, Thomas Jefferson e la scommessa dell’autogoverno. Virtù, popolo e “ward system” nel pensiero di Thomas Jefferson Franco Morganti, 1945-1995. Una vita impolitica Alessandro Galante Garrone, Piccoli discorsi sulla libertà Guido Calogero, Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo, a cura di Thomas Casadei, postfazione di Norberto Bobbio Rossella Ardenti, Giovanni Battista La Sala, La maternità possibile. I vissuti delle coppie sterili, la fede e la procreazione assistita, introduzione di Antonio Balletto Guido Calogero, La scuola dell’uomo, a cura di Paolo Bagnoli, con una testimonianza di Aldo Visalberghi Ferruccio Andolfi, Lavoro e libertà. Marx, Marcuse, Arendt Giuseppe Armani, Un’idea di progresso. Da Beccaria a Galante Garrone Luigi Cavazzoli, Stefano Siliberti, La sete di pace. Clero e fedeli della diocesi di Mantova nella seconda guerra mondiale «Popolo se m’ascolti...» Per le vittime dell’eccidio del Padule di Fucecchio 23 agosto 1944, scritti di Adriano Prosperi e Bruno Schacherl, a cura di Marco Folin Ottosettembre 1943. Le storie e le storiografie, a cura di Alberto Melloni Nuovo Welfare e impresa sociale, a cura del CGM Maria Bacchi, Costanza Bertolotti, Sara Cazzoli, Tania Righi, Maria Zuccati, Mi sono messa di nome Yurika. Donne, Resistenza e politica a Mantova 1943-1945


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Paola Bianchini, Laura dalla Ragione, Il cuscino di Viola. Dal corpo nemico al corpo consapevole, introduzione di Erri de Luca Pierluigi Castagnetti, La Costituzione offesa Eduardo Lourenço, Il labirinto della saudade. Portogallo come destino Islam e diritti umani: un (falso?) problema, a cura di Mario Nordio e Giorgio Vercellin Massimo Quaini, L’ombra del paesaggio. Orizzonti di un’utopia conviviale Bruno Rossi, Mario Tommasini. Eretico per amore Paolo Bagnoli, L’idea dell’Italia (1815-1861) Paulo Barone, Spensierarsi. Raimon Panikkar e la macchina per cinguettare Governare la televisione? Politica e tv in Europa negli anni Cinquanta-Sessanta, a cura di Giulia Guazzaloca, prefazione di Paolo Pombeni Mario G. Losano, Il movimento Sem Terra del Brasile. Funzione sociale della proprietà e latifondi occupati Governance globale e diritti dell’uomo, a cura di Mario Nordio e Vittorio Possenti Paolo Veziano, Sanremo. Una nuova comunità ebraica nell’Italia fascista 1937-1945, introduzione di Alberto Cavaglion Luigi Covatta, La legge di Tocqueville. Come nacque e morì la riforma della prima Repubblica italiana Pierluigi Castagnetti, La nuova tenda Paolo Prodi, Lessico per un’Italia civile Boaventura de Sousa Santos e altri Atlantico periferico. Il postcolonialismo portoghese, a cura di Roberto Vecchi, Margarida Calafate Ribeiro e Vincenzo Russo


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Ruggero Orfei, Il gioco dell’oca. Rapporto sul movimento cattolico Leopoldo Elia. Costituzionalista e uomo politico rigoroso e innovatore, testi di Giampaolo D’Andrea, Franco Marini, Sergio Mattarella, Marco Olivetti, Franco Pizzetti, Paolo Ridola, Achille Silvestrini Ripensare la solidarietà, a cura di Franco Riva Violenza: la politica e il sacro, a cura di Adriano Fabris e Kenneth Seeskin Creare soggetti. Dialoghi con Bepi Tomai, a cura di Massimo Campedelli

Le «Cronache sociali» di Giuseppe Dossetti 1947-1951. La giovane sinistra cattolica e la rifondazione della Democrazia Cristiana, edizione anastatica

Le «Cronache sociali» di Giuseppe Dossetti, a cura di Luigi Giorgi, con un saggio di Paolo Pombeni, antologia


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