Gli spazi della globalizzazione

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23-08-2012

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Grandi compagnie ICT in Cina

Nel 2000, la transnazionale d’origine statunitense Motorola ha deciso di costruire una grande fabbrica per la produzione e la progettazione di microchip nel porto di Tianjin. (Si trattava del maggiore investimento straniero mai effettuato in Cina, 3,4 miliardi di dollari). Una scelta che è derivata, in particolare, dagli ottimi risultati che il gigante americano ha realizzato nel Paese (il 10% dei profitti globali di Motorola nel 1999) [F. Sisci, Chi vince in Cina vince nel mondo, in «I quaderni speciali di Limes», n. 1, Roma 2001, pp. 127-133]. In generale, il contesto politico ed economico ha fornito maggiori certezze nella valutazione delle aspettative che guidano gli investimenti. È talmente importante entrare nel mercato cinese dei chip, il più grande del mondo, che anche la Formosa Plastics, la più forte impresa di Taiwan del settore, nonché gigante mondiale, ha realizzato una fabbrica a Shanghai. Nel macrosettore delle telecomunicazioni, sia hardware, sia software, si moltiplica, dunque, la partecipazione dei soggetti privati, domestici e transnazionali, in interazione continua. La Siemens tedesca, ad esempio, ha realizzato circa cento joint venture all’interno del paese. Va detto, poi, che il settore della progettazione e della produzione industriale hardware è quello che risulta più congeniale alle dotazioni interne (in Cina operano, tra le altre, Ericson, General Elettric, Hyundai Electronics, Intel, Microsoft, Sony, ecc.) [UNCTAD, Worldinvestment Report 2003, United Nations, New York - Geneva 2003]. Non va dimenticato, infine, che tali aperture nel settore dell’ICT rimangono combinate a un apparato di controllo centralistico, che, nonostante tutto, accetta la presenza di grandi portali internet, i quali favoriscono a loro volta la circolazione di idee, informazioni e conoscenze prodotte nelle diverse regioni del mondo. A eccezione delle questioni politiche, la normativa di riferimento è stata infatti significativamente alleggerita: per quanto riguarda le televisioni, all’emittente centrale (CCTV) si affiancano centinaia di TV locali, che possono produrre i propri programmi senza tuttavia acquistare all’estero (anche se non mancano evidenti e ulteriori passi di apertura) [F. Sisci, art. cit.].

Dalla fine degli anni Settanta, il flusso crescente di tali investimenti verso la Cina ha riguardato imprese disposte a trasferire tecnologie avanzate oppure a produrre nel Paese a livello tecnologico medio-basso per poi riesportare. Gli investimenti privati provenienti dall’estero sono stati realizzati, peraltro, da due grandi tipologie societarie: la prima è rappresentata dalle filiali delle corporation transnazionali provenienti dai Paesi guida del capitalismo mondiale, mentre la seconda è costituita dall’elevatissimo numero di piccole imprese delocalizzate dai Paesi di Nuova Industrializzazione160. Ovviamente, le strategie di questi due modelli d’impresa differiscono molto le une dalle altre.


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