Fernando Pessoa - Sul Portogallo anteprima

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FERNANDO PESSOA

SUL PORTOGALLO



Al Buon Corsiero 路 50 路

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SECRETÁRIO DE ESTADO DA CULTURA

Questo libro è pubblicato con il contributo della Direzione Generale del Libro, degli Archivi e delle Biblioteche (Portogallo)

Coordinamento editoriale Fabio Di Benedetto Redazione Leandro del Giudice Progetto grafico e copertina Bosio.Associati, Savigliano (CN) Anna Bartoli ISBN 978-88-8103-606-6

© 2014 Edizioni Diabasis Diaroads srl - vicolo del Vescovado, 12 - 43121 Parma Italia telefono 0039.0521.207547 – e-mail: info@diabasis.it www.diabasis.it

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Fernando Pessoa

Sul Portogallo A cura e traduzione di Vincenzo Russo

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Dedico questo libro a Eloisa, la mia anti-pessoana preferita

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Fernando Pessoa

Sul Portogallo A cura e traduzione di Vincenzo Russo

i Un'idea del Portogallo di Vincenzo Russo

Sul Portogallo 1. Il significato del Portogallo 3

1.1 [Il Portogallo ritrovato] di Alexander Search

2. Cronache della vita che passa 7

2.1 [Eccesso di disciplina]

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2.2 [Eccesso di immaginazione]

3. Introduzione al problema nazionale 13

3.1 [Portogallo. Basi per la definizione di una nazionalità]

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3.2 Introduzione allo studio del problema nazionale (Cos’è una nazione)

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3.3 Il significato del Portogallo

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3.4 [Una triplice rottura di equilibrio]

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3.5 [La Patria portoghese e lo Stato]

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3.6 [Costituzionalismo inglese e costituzionalismo portoghese]

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3.7 [La svalutazione internazionale della nazione portoghese]

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3.8 [La democrazia]

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3.9 [La crisi centrale della nazionalità portoghese]

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3.10 [La nostra intima non-lusitanità]

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3.11 [I tre fattori della decadenza]

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3.12 Come organizzare il Portogallo

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3.13 Ecolalia interiore

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3.14 [Più ellenici che latini]

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3.15 [La tragedia del Portogallo]

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3.16 [Tre specie di portoghese]

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3.17 [Una prolungata servitù collettiva]

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3.18 [Plagiatori di idee]

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3.19 [L’antico tipo di portoghese. A proposito della prima traversata dell’Atlantico Sud da parte di Sacadura Cabral e Gago Coutinho]

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3.20 [Un triplice sfasamento]

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3.21 [Un Paese Atlantico]

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3.22 Nota a margine sul fatto che ancora non esista il Portogallo

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3.23 [Il buon portoghese è varie persone]

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3.24 Il mio libro Mensagem si intitolava in origine Portugal

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3.25 Progetti

4. Riflessioni sul provincialismo 77

4.1 Il caso mentale portoghese

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4.2 Il provincialismo portoghese

5. La nuova letteratura portoghese 89

5.1 La nuova poesia portoghese sociologicamente considerata

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5.2 Reincidendo

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5.3 La nuova poesia portoghese nel suo aspetto psicologico

6. Un’ intervista a Fernando Pessoa sul Portogallo 153

6.1 Lo scrittore Fernando Pessoa ci espone le sue idee sui vari aspetti dell’arte e della letteratura portoghesi di António Alves Martins

161 Note ai testi

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Un'idea del Portogallo di Vincenzo Russo

L’idea patriottica, sempre più o meno presente nei miei propositi, cresce ora dentro di me; e non penso di fare arte che non si riproponga di innalzare il nome portoghese attraverso ciò che riuscirò a realizzare. Fernando Pessoa, Lettera a Côrtes-Rodrigues, 19 gennaio 1915

Un’idea di nazione: letteratura e nazionalità Che la tentazione e il tentativo di comprendere il Portogallo da parte di Fernando Pessoa non sia indifferente al suo tempo storico – erede di una densissima autognosi elaborata, sin dall’Ottocento, dalla letteratura nazionale – è fin troppo scontato. Meno scontato è invece riconoscere come lo sforzo teorico di reimmaginare la patria portoghese del xx secolo e il progetto poetico siano in Pessoa imprescindibili (Lourenço, 2013). Del resto, missione poetica e vocazione patriottica erano stati già accostati dallo stesso scrittore in una genealogia testuale facilmente identificabile che risale ai suoi esordi (le pagine dei diari in inglese1) e prosegue fino ai testi di critica letteraria apparsi sulla rivista «A Águia»2, in quell’arco di anni segnati dal definitivo ritorno di Pessoa a Lisbona dal Sudafrica e dalla

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quasi coincidente fase di transizione politica del Portogallo da Monarchia a Repubblica. Se non sono da sottovalutare le considerazioni di chi ha voluto riconoscere, in questa originaria tensione interpretativa sul Portogallo come problema, il gesto riparatore del “portoghese all’inglese” che recupera o pretende di recuperare il legame affettivo con la sua terra, la specifica riflessione pessoana – tanto nella sua radicale novità quanto nella riproposizione di certi miti identitari della nazionalità – va collocata nel contesto di quella letteratura come interpretazione del Portogallo che la Modernità portoghese aveva esibito come ossessione e chiosa permanente. C’è sicuramente qualcosa di tracotante nel gesto pessoano di pensare, agli inizi del Novecento, un Paese come il Portogallo che tra il xix e il xx secolo inscena sul palco della Storia tutti i drammi identitari di una Modernità in ritardo e mai simbolicamente e fattualmente compiuta (imperialismo subalterno all’egemonia inglese; fine della monarchia; instaurazione di una repubblica filopositivista e resistenze conservatrici a essa). Nella contingenza della crisi, il pensiero sul Portogallo di Fernando Pessoa – mai sistematico, sempre eterodosso e sempre refrattario a ogni classificazione disciplinare – è affidato a vari testi saggistici, a volte parte di un progetto più ampio, altre volte semplici appunti, altre volte ancora, testi brevi e compiuti per la stampa. In un contesto profondamente stratificato e composito che solo per una estrema semplificazione possiamo rappresentare come diviso tra spinte rinnovatrici e modernizzatrici da un lato e forze conservatrici e tradizionaliste dall’altro, la personale ed eccentrica riconfigurazione pessoana del Portogallo si alimenta e al contempo si distanzia da tutte quelle costellazioni

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del pensiero nazionalista (modernista, spiritualista, provvidenzialista etc.) che contrassegnano l’interpretazione della nazione nei primi trent’anni del Novecento. Se, come è risaputo, l’idea di nazione si forgia in contemporanea con il nascere dello storicismo (Matos, 2002), in Portogallo a partire dalla prima metà dell’Ottocento con Almeida Garrett e Alexandre Herculano, la letteratura funziona come una vera e propria “biografia” della nazione in grado di scomporre e ricomporre la pluralità delle storie e delle tradizioni (eterogenee e spesso in contraddizione tra di esse3) in nome di una narrazione nazionale la cui continuità storica veniva garantita e legittimata dall’antichità della nascita del Portogallo “il Paese più vecchio d’Europa” non tanto per la trasmissione ininterrotta del potere politico (che le tre dinastie solo idealmente potevano suturare) quanto per la sua omogeneità geografica, che si faceva risalire alla definizione medievale delle sue frontiere, appunto, “nazionali” (1297). Se da un lato la storiografia ottocentesca – pur con tutti gli scorrimenti terminologicoconcettuali tra nazione, patria e Stato – privilegia il discorso della formazione nazionale, concentrandosi in particolare sulla questione delle origini (non più mitico-messianiche) della nazionalità, dall’altra la letteratura – a mo’ di poroso contrappunto narrativo – contribuisce a quel processo di presa di coscienza dell’identità nazionale che in Portogallo lentamente procede dall’élite politico-culturale e religiosa al resto della popolazione attraverso fenomeni caratteristici della fine xix secolo come «la diffusione della scrittura e della stampa, l’istituzione di un sistema elettorale, la generalizzazione di pratiche amministrative uniformi e la partecipazione attiva della popolazione nella vita pubblica» (Mattoso, 1998, p. 21). iii III


L’Ottocento portoghese ci appare, non meno che quello di altre culture, come un grande laboratorio storicosimbolico frequentato più che da veri e propri pensatori o scienziati della politica da una costellazione di storici e letterati, di linguisti e filologici, di etnografi e geografi: una costellazione di intellettuali che – nello sforzo di elaborare testualmente materiali identitari che al pari di altri dispositivi più concreti (dalle monete alle bandiere) hanno diffuso e inculcato nell’immaginario collettivo un senso più che un’idea di nazione – ha consegnato al xx secolo un complesso e stratificato patrimonio di concezioni e immagini con cui provare a leggere il mutato orizzonte storico-politico (la Repubblica prima, la Dittatura salazarista più tardi) e attraverso il quale leggere se stessi come portoghesi. Anche in Portogallo la composita eredità del nazionalismo – che non è il risveglio delle nazioni all’autocoscienza in quanto esso inventa nazioni là dove esse non esistono (Gellner, 1997) – era il risultato di una lunga serie di discorsi (nazionalismo etnico, linguistico, culturale, politico) che, sulla scorta di una consolidata tradizione filosofico-letteraria europea di stampo francotedesca (la linea Herder-Fichte da un lato e quella di Renan dall’altra), aveva declinato, pur con specifiche variazioni, l’idea di nazione etnico-linguistica e quella politicovolontaristica4. Se è vero che il nazionalismo genera le nazioni o almeno un’idea di nazione, nel lungo secolo portoghese che va da Almeida Garrett a Pessoa la letteratura è diventata uno dei luoghi privilegiati dell’autointerpretazione del Portogallo come nazione e come patria, ricalibrandone anzi per sempre la sovrapposizione semantica. Più della stessa storiografia o se si vuole al di là e attraverso di essa, la letteratura è stata capace di interrogare l’immagine, l’essere

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e il destino del Portogallo e problematizzare il suo rapporto con lo scrittore, sineddoche della coscienza individuale di ogni portoghese (Lourenço, 2013). Dislocando il problema della nazionalità dall’ideologia alla cultura, intendere la nazione come “comunità immaginata” (Anderson, 1996) ci permette di leggere le riflessioni pessoane – che l’antologia di testi qui raccolti solo parzialmente restituisce5 – come un momento imprescindibile della moderna narrazione della nazione portoghese, dove non si tratta di discriminare la frontiera tra la verità o la falsità della rappresentazione quanto piuttosto disvelare il grado di approfondimento dello stile con cui la comunità viene immaginata. Insomma, immaginare il Portogallo del xx secolo per Pessoa significa direttamente o indirettamente fare i conti con una tradizione letteraria come quella nazionale, che a partire dall’Ottocento è stata marchiata a fuoco dalla ossessiva preoccupazione di scoprire chi siano “i portoghesi”. Pessoa, che di quella tradizione entrerà a far parte a pieno diritto, avrà tuttavia il privilegio (che ha persino qualcosa di tracotante) di narrare il Portogallo attraverso un doppio sguardo: interno ed esterno, dal di dentro e dal di fuori (Lourenço, 2013). Integrata e periferica, continuatrice o innovatrice, canonica o centrale, l’immagine del Portogallo che Fernando Pessoa pazientemente ricostruisce allo specchio infranto della Storia risplende e offusca allo stesso tempo, esalta o umilia come davanti alla soluzione di un enigma di cui si scopre che la soluzione non esiste: Siamo oggi una goccia di inchiostro secco di quella mano che ha scritto Impero da sinistra a destra della geografia. È difficile distinguere se il nostro passato sia il nostro futuro, o se il nostro futuro sia il nostro passato (Ecolalia interiore).

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Il corpo della nazione portoghese Provando a ricostruire per tracce la genealogia delle rappresentazioni che la letteratura ha prodotto sulla nazione, si coglie proprio a partire dalla seconda metà dell’Ottocento la più spietata – ancorché ambigua – radiografia identitaria sul significato del tempo portoghese, compiuta con inusitata acribia, da una generazione di intellettuali (la Geração de 70) che contempla il riflesso deformante e deformato di un Portogallo contemporaneo “rimpicciolito” se comparato con le glorie imperiali (ormai in rovina) di una eroica età dell’oro delle Scoperte e con il mito – piuttosto che con la realtà – di un’Europa della Modernità culturale e tecnologica. Lo spazio fantasmatico rappresentato dal Portogallonessuno di Almeida Garrett, nel cui dramma Frei Luís de Sousa (1844) si assiste alla decostruzione di un mito identitario come il sebastianismo, si riempie di senso storico e politico dinnanzi alla feroce diagnosi di Antero de Quental: la penisola iberica non sarebbe altro che una periferia della Storia, inattuale testimone della propria decadenza, un precipitare nel tempo che trasforma il Portogallo e la sua cultura in brutta copia di sé e in ottusa mimesi della Modernità parigina ed europea: «il Portogallo è un Paese tradotto dal francese in dialetto», chiosa Eça de Queirós ancora in termini grotteschi ma pur sempre ironici. Esiste un’altra dorsale di immagini che invece recupera tutta una metaforica di tipo biologico e corporeo per narrare la nazione portoghese: immagini che, seppur debitrici delle concezioni organicistiche con cui la storia delle nazioni si equiparava alla storia di un essere vivente, si declinano quasi esclusivamente nel diapason semantico incluso tra il gerontologico e la necrosi. Corpo malato, vecchio,

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degenerato, cadavere in decomposizione, o persino spettro o simulacro di nazione, è questo il Portogallo rappresentato dalla Geração de 70 e in particolare dal suo storico Oliveira Martins. Che l’umiliazione storica dell’Ultimatum inglese (1890) diventi la prova fattuale dello stato di decadenza, è la testimonianza che la diagnosi di questi intellettuali sul corpo della nazione era giusta e che la decadenza, come nei cicli vitali, non era altro che il presupposto ultimo della fine. Tra il necrofilo e il cannibalesco, si addensano le immagini apocalittiche di una Finis Patriae, come la chiamerà Guerra Junqueiro, le cui parole sono qui evocate: [...] nell’opinione del mondo, il Portogallo ormai non esiste. Dura ma non esiste. Dura geograficamente, ma non esiste moralmente. L’Europa ormai considera tutto questo una cosa defunta, bottino da dividere, manicaretto da tagliare. Ci salva dalla gola dei commensali la rivalità degli appetiti. Il giorno in cui si metteranno d’accordo, si divoreranno (Bastos, 1995, p. 726).

L’Ottocento si chiude dunque come era iniziato: la perdita del Brasile (1822) in un certo modo anticipa il trauma-sintesi dell’Ultimatum inglese. La questione coloniale attraverso cui era passata e attraverso cui passerà l’affermazione identitaria della nazione portoghese aveva avuto le sue pesanti ricadute sulla bilancia europea, con cui si pesa da questo momento in poi il corpo della nazione. Come è stato spiegato, il tempo portoghese, pur se continuerà a concentrarsi autotelicamente su un ritmo proprio, non potrà più prescindere dal tempo europeo, che scandirà – almeno fino alla Rivoluzione dei Garofani del 1974 – non solo un complesso di inferiorità, ma rappresenterà per alcuni un’aspirazione (modernisti, surrealisti etc.), per altri una vera e propria minaccia (l’«orgogliosamente soli» di Salazar ne è l’eco ideologica). vii VII


La fragilità portoghese diventava la misura della sua identità, un tratto distintivo nel ventaglio delle rappresentazioni letterarie che esacerbavano le frustrazioni della Patria anche attraverso un senso della crisi che è al contempo individuale e gnoseologico. Insomma, certe estetiche della crisi della Modernità – il decadentismo, il simbolismo – funzionavano anche per raccontare la perdita d’identità di un Paese. Tra esìli reali o immaginari, disfatte sognate o ingigantite, tra Orienti onirici o solo angosciosamente repressi, tra erranze parigine e malinconie lusitane si dissipa la fumosa immagine di un Portogallo evanescente anche a se stesso. L’ultimo decennio dell’Ottocento e il primo del Novecento diventano due decadi cruciali per comprendere a pieno la dimensione della riflessione pessoana sull’identità nazionale, non fosse altro che per la radicale operazione di palingenesi dell’immagine del Portogallo che la cultura opera a partire dall’Ultimatum. La passiva accettazione del re alle condizioni degli inglesi («necrologio firmato da un defunto»), interpretata da Guerra Junqueiro – poeta non a caso ammirato da Pessoa – come atto finale di una storia degenerativa, si converte tuttavia in un potente atto di accusa (con tutta la retorica panflettista del caso) nei confronti della Monarchia. All’apocalissi invocata del Portogallo dei Bragança, Junqueiro oppone la rigenerazione, che inevitabilmente passerà dalla Repubblica: dalla necrosi della Monarchia, rinascerà un Portogallo nuovo e repubblicano. Quando la storia consumerà questo passaggio, per nulla indolore come mostra il regicidio del 1908, il Portogallo repubblicano verrà immaginato da Teixeira de Pascoaes – il poeta che chiude l’Ottocento e apre il Novecento – come una reductio ad unum, corpo sì omogeneo ma interamente mistico:

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Il verbo di Pascoaes cancella o dissolve la nostra esiguità, in cui si radicano tutte le paure per il nostro futuro e la nostra identità, collocando il Portogallo, letteralmente parlando, fuori dal mondo e facendo di questo star fuori dal mondo l’essenza stessa della realtà. Rovesciamento prodigioso è questo che va dal non-essere immaginario (…) all’essere supremo, mitica e mistica Saudade: corpo-ombra dell’esistenza lusiade (Lourenço, 2013, p. 166).

Nel contesto per certi versi euforizzante della rigenerazione repubblicana del Portogallo a cui il lessico filosofico-letterario del saudosismo imprestava le sue parole e le sue formule, si innerva l’autointerpretazione pessoana dell’identità culturale portoghese, che non a caso proprio sull’organo di quel movimento, la rivista di Pascoaes «A Águia», trova inizialmente piena espressione. In termini critico-letterari, Pessoa legge la nuova poesia portoghese come espressione – sociologica e psicologica – di un nuovo inizio per il Portogallo: il movimento di piena identificazione fra la Repubblica e una nuova estetica poetica che preannuncia una «straordinaria rinascita» del Portogallo è il tratto di dirompente novità che Pessoa deduce dall’analisi comparativo-contrastiva con gli altri periodi storico-letterari delle due maggiori civiltà europee, Inghilterra e Francia. Il movimento letterario portoghese essendo nato e avendo accompagnato il movimento repubblicano, è solo nel repubblicanesimo e attraverso di esso che viene e verrà dedotto il futuro. Sono due lati dello stesso fenomeno creativo (Reincidendo).

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Il significato del Portogallo Il nuovo inizio rappresentato dalla Repubblica impone un ripensamento radicale del significato del Portogallo. Pessoa, come ha magistralmente spiegato Joel Serrão, lega indissolubilmente l’essere e i destini della nazione futura all’essere e ai destini della poesia stessa. È impensabile il Portogallo al di fuori dalla poesia che creativamente lo genera e che nel suo spazio linguistico-culturale si produce. L’identificazione tra poesia e Portogallo induce Pessoa ad attribuire al tempo nuovo portoghese una poesia nuova che, se da un lato lascia solo intravedere – offuscata dai suoi stessi albori – gli elementi di originalità anche rispetto alle coeve scuole poetiche europee, dall’altro si riconosce in una tradizione ben definita e selezionata rispetto al canone nazionale e che funziona da grande momento precursore. Antero de Quental, Guerra Junqueiro, António Nobre fino a Teixeira de Pascoaes sono i capostipiti di una filiera letteraria che preannuncia un periodo assolutamente creativo che si sta preparando in Portogallo e che ruoterà attorno alla figura centrale di un poeta maggiore persino dello stesso bardo nazionale cinquecentesco Camões, appunto un superCamões cantore di un Super-Portogallo di domani. Ci siamo smarriti a tal punto che dobbiamo trovarci sulla strada giusta. I segnali del nostro risorgimento prossimo sono patenti per chi non vede il visibile. Sono i binari che partono da Antero e Pascoaes e formano una linea nuova che è quasi costruita. Parlo in termini di vita metallica perché l’epoca rinasce in questi termini. Il simbolo però è nato prima degli ingegneri (Un’intervista a Fernando Pessoa).

Tuttavia, l’identificazione fra poesia e Portogallo si deve leggere ancora una volta all’interno di quello schema di

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alternanza fra immagini di catastrofe e redenzione che la cultura portoghese ha dispiegato per raccontare la sua condizione periferica in bilico fra Modernità e arcaismo. L’idea di nazione che Pessoa va articolando nel corso della sua riflessione muove infatti da un’intuizione non originale ma filtrata dalla storiografia ottocentesca, liberale e borghese secondo cui, organicamente intesa come corpo vivente, la nazione portoghese non si configurerebbe se non come decadente. Alla base della filosofia pessoana della storia, non immune da una certa concezione teleologica ereditata da Hegel, si trova l’idea di rottura che avrebbe interrotto la finalità storica del Portogallo e di conseguenza degenerato il carattere identitario dei portoghesi. Come in Antero de Quental, in Rebelo da Silva, in Oliveira Martins e poi con maggior vigore iconoclasta in António Sérgio, l’inizio della decadenza risale al 1578-80, rispettivamente anno della scomparsa di D. Sebastião a Alcácer Quibir e dell’annessione castigliana del regno portoghese. Il processo di snazionalizzazione che Pessoa prova a ridisegnare rilegge la storia nazionale come un progressivo allontanamento da un certo modello essenzialista che è il portoghese all’antica, quello medievale fondatore della nazionalità e quello rinascimentale fondatore dell’Impero: «uomo armonico, una mente sicura e pianificatrice, un braccio adatto a realizzare ciò che egli stesso aveva progettato» (L’antico tipo di portoghese. A proposito della prima traversata dell’Atlantico Sud da parte di Sacadura Cabral e Gago Coutinho). Una “servitù collettiva” avrebbe caratterizzato i secoli xviii e xix, allorquando in Portogallo liberalismo e costituzionalismo si sarebbero imposti mimeticamente dall’esterno e non come progetto nazionale. La decadenza storica del Portogallo non può xi XI


non avere le sue pesanti ricadute sullo psicologismo nazionale. Per tratteggiarne le modulazioni, Pessoa ricorre a formule sociologiche («scienza, del resto, congetturale e imperfetta»), a ideazioni di storia delle mentalità, a schemi caratteriologici mutuati dalla letteratura scientifica del tempo, ma anche a filiazioni pseudo-identitarie che assomigliano più a provocazioni intellettuali: Nulla vi è di meno latino che un portoghese. Siamo molto più ellenici: capaci, come i Greci, di ottenere la proporzione solo fuori dalla legge, nella libertà, nell’ansia, liberi dalla pressione dello Stato e della Società. Non è una blague geografica che Lisbona e Atene si trovino quasi sulla stessa latitudine (Più ellenici che latini).

Stesso discorso vale per il campo della cultura: la decadenza storico-politica del Portogallo ha ridotto a mero riflusso epigonale tutte le manifestazioni d’arte e di letteratura. Il borioso vezzo culturale di atteggiarsi a “parigini e moderni” dalla periferia portoghese è l’emblema del provincialismo di certa letteratura nazionale che Pessoa stigmatizza persino in scrittori canonici come Eça de Queirós (Riflessioni sul provincialismo). Insomma, solo dalla dialettica tra passato e futuro può emergere il significato del Portogallo, di un Portogallo contemporaneo a Pessoa alla cui redenzione – per sempre impossibile in termini storici, ma solo simbolici come oggi sappiamo – non serviranno né la Repubblica (1910-1926) con i suoi 39 governi, né le Giunte Militari né lo Estado Novo di Salazar nella versione fattuale e corrente, non contribuiranno né il consolidamento dell’Impero né la manutenzione delle colonie «vergogne naturali in Africa», tanto per citare l’ulteriore metafora organica di Álvaro de Campos, eteronimo di Fernando Pessoa. Il prodigioso rovesciamento dell’immagine del Portogallo elaborato

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da Pessoa nei testi saggistici e poetici (in particolare in Mensagem del 1934) è un’opera di superamento delle visioni ereditate dalla Geração de 70 (un complesso di inferiorità rispetto all’Europa) e dal saudosismo di Teixeira de Pascoaes e dalle derive patriottiche e folcloristiche neoromantiche (il Portogallo inteso come paesaggio dell'anima e della razza lusiade). Non più salvato da una catastrofe rigeneratrice come avrebbe preteso Eça de Queirós, né da apocalissi storiche come l’Ultimatum inglese e nemmeno da miti provvidenzialisti (il sebastianismo pessoano funziona prima di tutto come mito didattico), il Portogallo di Pessoa è «puro futuro», così come viene annunciato a mo’ di proclama nella prima intervista pubblica del 1923: «Abbiamo già conquistato il Mare: resta da conquistare il Cielo», o immaginato in verso come il volto dell’Europa, geosimbolicamente «Occidente, futuro del passato». Se il Portogallo ricreato da Pessoa, sulla scia della lezione di Eduardo Lourenço, si iscrive di certo in quel processo di prodigioso irrealismo con cui la cultura portoghese ha pensato la nazione, mai nessun altro poeta o scrittore ha saputo sublimare la divergenza fra immagine e realtà concreta del Portogallo. Come si conviene ai poeti, anche Fernando Pessoa aveva intravisto un Portogallo come futuro senza bisogno di alchimie, di oroscopi (che pure aveva stilato sul destino nazionale) o di salvatori: E la nostra grande Razza partirà in cerca di una India nuova, che non esiste nello spazio, in navi che sono costruite «di ciò di cui i sogni sono fatti». E il suo vero e supremo destino, di cui l’opera dei navigatori è stato l’oscuro e carnale preannuncio, si realizzerà divinamente (La nuova poesia portoghese nel suo aspetto psicologico).

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Riferimenti bibliografici B. Anderson, Comunità immaginate: origini e fortune dei nazionalismi, Manifestolibri, Roma 1996. J. G. Bastos, «Portugal, minha princesa». Contribuição para uma antropologia pós-racionalista dos processos identitários e para o estudo do sistema de representações sociais identitárias dos portugueses, 2 voll., Universidade Nova de Lisboa, Lisboa 1995. E. Gellner, Nazioni e nazionalismo, Editori Riuniti, Roma 1997. E. Lourenço, Il labirinto della saudade. Portogallo come destino, a cura di R. Vecchi e V. Russo, Diabasis, Parma 2013. S. Campos Matos, História e identidade nacional. A formação de Portugal na historiografia contemporânea, in «Lusotopie», 2002, pp. 12-139. J. Mattoso, A Identidade Nacional, Gradiva, Lisboa 1998. F. Pessoa, Páginas Íntimas e de Auto-Interpretação, textos estabelecidos e prefaciados por Georg Rudolf Lind e Jacinto do Prado Coelho, Ática, Lisboa 1966. J. Serrão, Fernando Pessoa, cidadão do imaginário, Livros Horizonte, Lisboa 1981.

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Nota introduttiva alla presente edizione I testi e i frammenti raccolti in questa edizione sono organizzati in sei sezioni intitolate rispettivamente: Il significato del Portogallo; Cronache della vita che passa; Introduzione al problema nazionale; Riflessioni sul provincialismo; La nuova letteratura portoghese; Un’ intervista a Fernando Pessoa sul Portogallo. Le sezioni contengono testi o frammenti scritti da Fernando Pessoa, solo in un caso il testo viene attribuito ad Alexander Search, pre-eteronimo pessoano firmatario dei Diari e di altre opere, poetiche e in prosa, in inglese. La sezione intitolata Introduzione al problema nazionale è seguita da un’appendice che include alcuni Progetti relativi al saggio che Pessoa pensò a più riprese di organizzare sulla questione nazionale e che avrebbe avuto come titolo Portogallo o una delle due varianti Introduzione al problema nazionale oppure Introduzione allo studio del problema nazionale. Tutti i titoli dei brani sono dell’autore, là dove mancano si è optato per usare titoli esplicativi evidenziati dalle parentesi quadre. La provenienza di ciascun testo è identificata da un riferimento alla sigla dell’opera utilizzata. In fondo al volume, la Nota ai testi contiene le informazioni sulla loro origine redazionale, la loro datazione e l’eventuale storia editoriale.

Segni convenzionali: […] illeggibile nell’originale. (?) punto interrogativo nell'originale. ‫ ٱ‬lacuna nell’originale. [?] lettura dubbiosa.

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Abbreviazioni: eaa

Fernando Pessoa, Escritos autobiográficos, automáticos e de reflexão pessoal, edição e posfácio de Richard Zenith com a colaboração de Manuela Parreira da Silva, Assírio & Alvim, Lisboa 2003. c

Fernando Pessoa, Crítica. Ensaios, artigos e entrevistas, edição de Fernando Cabral Martins, Assírio & Alvim, Lisboa 1999. Pi F ernando P essoa , Pessoa Inédito, orientação, coordenação e prefácio de Teresa Rita Lopes, Livros Horizonte, Lisboa 1993. Piai F ernando P essoa , Páginas Íntimas e de AutoInterpretação, textos estabelecidos e prefaciados por Georg Rudolf Lind e Jacinto do Prado Coelho, Ática, Lisboa 1966. Seqi Fernando Pessoa, Sebastianismo e Quinto Império, edição, introdução e notas Jorge Uribe e Pedro Sepúlveda, Edição Babel, Lisboa 2011. Sp F ernando P essoa , Sobre Portugal. Introdução ao Problema Nacional, recolha de textos de Maria Isabel Rocheta e Maria Paula Morão, introdução organizada por Joel Serrão, Ática, Lisboa 1979.

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Note 1. Si legga in questo volume Il significato del Portogallo. 2. Si leggano i testi in questo volume La nuova letteratura portoghese. 3. L’invenzione della nazione portoghese è anche frutto di quella ricomposizione totalmente arbitraria di brandelli dispersi come il tentativo da parte di certi storici ottocenteschi di identificare tout court i Lusitani, la popolazione pre-romana, con i Portoghesi. 4. In Pessoa agiscono ancora gli echi di queste concezioni: «Anche la nazione è una realtà e a definirla sono il territorio, o l’idioma, o la continuità storica: uno solo di questi elementi, o tutti. Il contorno della nazione è più sfumato, più contingente, sia geograficamente, perché non sempre le frontiere sono ciò che dovrebbero essere, sia linguisticamente, perché ampie distanze nello spazio separano Paesi dello stesso idioma e che naturalmente dovrebbero formare una sola nazione; sia storicamente, perché da una parte, criteri diversi del passato nazionale spezzano, o tendono a spezzare, il ricettacolo nazionale, e dall’altra, la continuità storica opera in modo diverso sulle classi della popolazione, differenti per indole, costumi e cultura» (Pessoa, 1966, pp. 435-436). 5. Abbiamo escluso dalla nostra antologia tutti quei testi che per quantità e specificità tematica meriterebbero di essere pubblicati autonomamente, come le pagine di sociologia politica, quelle strettamente relative al passaggio da Monarchia a Repubblica, i saggi sulla questione iberica, sull’atlantismo, sull’imperialismo, sul sebastianismo e sul Quinto Impero.

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Sul Portogallo

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1. Il significato del Portogallo

1.1 [Il Portogallo ritrovato] di Alexander Search Non è mai esistita anima più affettuosa o tenera della mia, anima più traboccante di bontà, di compassione, di tutto ciò che sia tenerezza e amore. Eppure, nessuna anima è più solitaria della mia, solitaria, si noti, non per circostanze esteriori ma piuttosto per circostanze interiori. Voglio dire: al pari della tenerezza e della bontà, al mio carattere appartiene un elemento di natura opposta, un elemento di tristezza, di egocentrismo, di egoismo dunque, che ha un doppio effetto: pervertire e frenare lo sviluppo e la piena azione interna di queste altre qualità, e impedire, deprimendo la volontà, la sua piena azione interna, la sua manifestazione. Un giorno mi toccherà analizzarlo meglio, esaminarlo meglio, discriminare gli elementi costituenti del mio carattere, perché la mia curiosità per ogni cosa, alleata alla curiosità che ho per me e per il mio carattere, mi porta a un tentativo di comprendere la mia personalità. Proprio per questo ho scritto, descrivendomi, in Winter Day: One like Rousseau A misanthropic lover of mankind1

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Ho, in vero, molte affinità con Rousseau. In certe cose i nostri caratteri sono identici. Il caloroso, intenso, inesprimibile amore per l’umanità, e una dose di egoismo a controbilanciarlo: ecco una caratteristica fondamentale del suo carattere e del mio. La mia sofferenza per la patria, il mio intenso desiderio di migliorare la situazione in Portogallo suscitano in me – come esprimere con che ardore, con che intensità, con che sincerità! – mille progetti che, pur se realizzabili da un solo uomo, esigerebbero una caratteristica che in me è puramente negata: la forza di volontà. Ma soffro – fino al limite della stessa follia, lo giuro – come se tutto io potessi fare e non riuscissi a farlo per insufficienza della volontà. È una sofferenza orribile. Mi lascia costantemente, lo affermo, sul limite della follia. E poi incompreso. Nessuno sospetta del mio amore patriottico, più intenso di quanto sentano tutti quelli che incontro, tutti quelli che conosco. Non lo lascio trasparire; come faccio a sapere allora che quelle persone non ce l’hanno? Come posso dire che il loro caso non è uguale al mio? Perché in certi casi, che sono poi la maggioranza, il loro temperamento è interamente diverso; nel resto dei casi, la forma in cui parlano rivela, almeno, l’assenza di un patriottismo entusiastico. L’ardore, l’intensità – tenera, rivoltata e ardente – del mio patriottismo, io non li esprimerò mai, affinché non siano screditati, esprimendoli. Al di là dei miei progetti patriottici – scrivere Portuguese Regicide2 per provocare qui una rivoluzione, scrivere pamphlet in portoghese, pubblicare opere letterarie nazionali più antiche, fondare un periodico, una rivista scientifica etc. –, altri piani che mi consumano per la necessità di esser posti in breve in pratica – progetti di Jean Seul, critica di Binet-Sanglé3 etc. – si infittiscono per produrre un impulso eccessivo che mi paralizza la volontà.

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Non so se la sofferenza che tutto questo produce potrà essere descritto come chi sta al di qua della soglia della follia. A tutto questo si aggiungono anche altre ragioni di sofferenza, alcune fisiche, altre mentali, la suscettibilità verso tutte le piccole cose che possono causare dolore (o persino quelle che non causerebbero dolore alle persone normali), si aggiungono anche altre cose, complicanze, difficoltà economiche: si aggiunga tutto ciò al mio temperamento fondamentalmente squilibrato e forse si potrà sospettare quanto io soffra. Una delle mie complicanze mentali – orribile al di là di qualsiasi parola – è la paura della follia, che è in sé già follia. In parte mi trovo in quello stato in cui Rollinat4 dice di trovarsi nella poesia iniziale (secondo quanto credo) delle sue Nevrosi. Impulsi, alcuni criminali, altri dementi – che sfociano, nel mezzo della mia agonia, in una tendenza orribile all’azione, una terribile muscolosità, sentita nei muscoli, voglio dire – in me sono frequenti e l’orrore di essi e della loro intensità, ora più forti che mai in numero e in intensità, è indescrivibile. [Eaa] Note 1. Si tratta di due versi estratti dalla poesia Winter Day firmata da Alexander Search, pre-eteronimo di Pessoa che firma la maggior parte della produzione poetica giovanile in inglese situabile fra il 1903 e il 1910. 2. Portuguese Regicide and the Political Situation in Portugal è un saggio, solo progettato, a firma di Alexander Search. 3. Jean Seul o Jean Seul de Méluret è l’eteronimo francese di Pessoa che firma alcuni testi come De Cas d'Exhibitionnisme, La France en 1950 e Messieurs les Souteneurs di cui esistono solo frammenti incompleti. Charles Binet-Sanglé (1868-1941), autore di La Folie de Jesus (in 4 volumi usciti tra il 1908 e il 1915), fu oggetto di studio da parte di Pessoa che lasciò alcuni brani di un tentativo di risposta critica alle posizioni dello scienziato positivista francese come dimostrano i titoli The Mental Disorder(s) of Jesus e Jesus era louco?. Pessoa possiede nella sua biblioteca uno dei quattro volumi di La Folie de Jesus. 4. Poeta francese (1846-1903) post-baudelaireano che pubblicò Les Névroses nel 1883.

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Collana «Al Buon Corsiero»

Juan Octavio Prenz, Il signor Kreck Lima Barreto, Clara dos Anjos Silvio D’Arzo, Casa d’altri: tre redazioni Helder Macedo, Da qualche parte in Africa Antonio Bassarelli, Per questi motivi Rocco Brindisi, Il bambino che viveva nello specchio Josè Maria Eça Queirós, La corrispondenza di Fradique Mendes. Memorie note Francesco Permunian, Dalla stiva di una nave blasfema Pepetela, La generazione dell’utopia Ludovico Ariosto, Lettere dalla Garfagnana Angela Giannitrapani, Parigi, una breve estate Nicolas Bouvier, La polvere del mondo Luan Starova, Il tempo delle capre Rino Genovese, Ci sono le fate a Stoccolma. Dal diario dell’esilio mentale Francesco Petrarca, Lettere all’imperatore: carteggio con la corte di Praga, 1351-1364 Cesare Padovani, Paflasmòs il battito del Mar Egeo Viaggio nell'anima della Grecia



Visione integrata e periferica della nazione portoghese di Fernando Pessoa nella sua prima traduzione in lingua italiana in questo libro stampato nel carattere Simoncini Garamond a cura di PDE Spa presso lo stabilimento di LegoDigit Srl - Lavis (TN) per conto di Diabasis nel marzo dell’anno duemila quattordici


AL BUON CORSIERO

«Anglomane, miope, cortese, sfuggente, vestito di scuro, reticente e familiare, cosmopolita che predica il nazionalismo, investigatore solenne di cose futili, umorista che non sorride mai e che ci gela il sangue, inventore di altri poeti e sabotatore di sé stesso, autore di paradossi trasparenti come l’acqua e, come questa, vertiginosi: fingere è conoscersi, misterioso che non coltiva il mistero, misterioso come la luna di mezzogiorno, taciturno fantasma del mezzogiorno portoghese, chi è Pessoa?» Octavio Paz, Ignoto a se stesso

ISBN 978-88-8103-606-6 ISBN 978-88-8103-606-6

9 788881 036066 9 788881 036066

l 18,00


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