Cristiani di frontiera - A cura di Claudio Sardo - anteprima

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Coordinamento editoriale Leandro del Giudice Redazione Giovanni Cascavilla Grafica Anna Bartoli Copertina Ideata da Riccardo Bocchini ISBN 978-88-8103-921-0 Š 2019 Edizioni Diabasis Diaroads srl-Str. San Girolamo, 17/b - 43121 Parma Italia telefono 0039 0521 207547 www.diabasis.it


Cristiani di frontiera scritti in onore di

Domenico Rosati a cura di Claudio Sardo

diabasis



Indice Prefazione, Claudio Sardo

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Presidenti delle Acli Emilio Gabaglio La storia degli “anni difficili” e il rilancio delle Acli sulla linea Rosati

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Franco Passuello Il nostro appassionato esperimento tra i ritardi del cattolicesimo politico

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Luigi Bobba L’autonomia del civile è condizione di una nuova politica

26

Andrea Olivero Il Terzo settore in Italia: non tappabuchi ma presidio di democrazia

31

Gianni Bottalico Sono ancora capaci i cattolici di una critica dell’economia in nome della giustizia?

36

Roberto Rossini Sulla strada aperta in quegli anni Settanta le Acli hanno camminato a lungo

40

Chiesa Carlo Felice Casula Tra il cardinale Tardini e le Acli c’è un “caso australiano” che aiuta a capire

45

Raniero La Valle “Terra, casa, lavoro”: col magistero di Francesco la profezia del Concilio torna a scuotere i cristiani

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Francesco Montenegro, cardinale Passione civile e coscienza politica si sono incontrate con la Caritas

56

Bartolomeo Sorge S.I. Il “dramma” delle Acli e il paziente lavoro di ricomposizione

59

Marco Tarquinio Il realismo cristiano che non si arrende al cattivismo ideologico

63

Politica Gennaro Acquaviva Si poteva avere più fiducia nel riformismo liberale e socialista

69

Fausto Bertinotti In un mondo che oggi è rovesciato ci parlano ancora i testimoni dell’uguaglianza

72

Rosy Bindi Costruire un nuovo paradigma. Il coraggio che serve ai cattolici democratici

75

Guido Bodrato La democrazia come solidarietà. Alla scuola del laburismo cristiano

79

Pierluigi Castagnetti L’inquietudine di Giuseppe Dossetti e quel voto in dissenso sulla missione nel Golfo

84

Luigi Covatta L’opzione per il Psi allora ci separò ma la crisi attuale ci riavvicina

90

Michele Giacomantonio Il barbaro assassinio di Aldo Moro, spartiacque della storia repubblicana

94


Rosa Russo Jervolino L’impetuoso vento del Concilio e l’impegno delle donne nei movimenti

100

Mimmo Lucà Con i Cristiano sociali da “non iscritto”: equità e giustizia le radici del riformismo

104

Fabio Mussi Lavoro, democrazia, pace. L’attualità del programma Rosati

111

Sindacato Giorgio Benvenuto Quando la laicità dei cristiani diventa motore del cambiamento

117

Franco Marini Il valore democratico delle autonomie sociali resta un pilastro cruciale, oggi come ieri

120

Antonio Pizzinato Il prezioso lavoro delle Acli per l’unità sindacale anche nel tempo delle fratture più gravi

123

Società e cultura Fabrizio Battistelli Il nuovo movimento per la pace e l’invenzione della “diplomazia popolare”

131

Stefano De Martis L’elogio della mediazione in un tempo che sembra disprezzarla

137

Giovanni Moro Il conflitto di cittadinanza che i partiti non hanno saputo affrontare

141


Ruggero Orfei L’idea forte dello Stato-espressione smentita da una politica troppo debole

145

Claudio Sardo Il rinnovamento ha bisogno di radici. La falsa narrazione del nuovismo

151

Lorenzo Scheggi Merlini Un presidente per amico: dal talento giornalistico al capotribĂš

158

Giuseppe Vacca Il nuovo umanesimo che serve a generare la cultura democratica

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Scritti in onore di Domenico Rosati

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Prefazione Questo libro nasce dall’amicizia, dalla riconoscenza e dalla stima per Domenico Rosati, che compie novant’anni il 5 febbraio 2019. La personalità di Rosati è tra le più significative del cattolicesimo politico e sociale italiano nella stagione aperta dal Concilio Vaticano II e segnata da quei grandi mutamenti, che hanno prodotto crescita economica e nei diritti, che hanno ampliato le basi democratiche del Paese e al tempo stesso aperto fratture inedite nella società. Ma chi ha avuto modo di conoscerlo più da vicino sa che anche il suo tratto umano, la sua vena ironica, il suo desiderio di dialogo e di incontro sono in lui parte integrante, coerente, ineliminabile del discorso pubblico. Così Rosati ha seminato mentre conduceva le battaglie, è stato maestro mentre parlava da amico e compagno, studiava la storia mentre cercava di fare storia, non ha mai rinunciato alla fraternità e alla convivialità mentre lavorava alla trama di una più solida solidarietà sociale. Proprio questo impasto di umanità e di pensiero è all’origine della raccolta di scritti che siamo riusciti a realizzare. Può sembrare che si parli di cose un po’ lontane, distanti dai ritmi forsennati di oggi. Ma abbiamo avuto prova di quanto fertile sia il terreno che Rosati ha nel tempo coltivato attorno a sé quando è nata l’idea del libro, e abbiamo cominciato a chiedere a uomini di Chiesa, delle Acli, della politica, del sindacato, della società civile, della cultura, la disponibilità a partecipare a un’opera collettanea sui temi posti dall’azione di Rosati e sulle idee che ancora possono essere di stimolo per affrontare i tempi nuovi. Nessuno si è negato. Non solo. Tutti, o quasi, hanno accettato di scrivere senza esitazione, domandandosi solo il modo per contribuire meglio a un approfondimento, a un’operazione di ulteriore scavo, come se il discorso cominciato allora con Meco (è il “nome di battaglia” di Rosati, nel libro molti lo chiameranno così) debba essere ripreso al più presto perché ci sono spunti preziosi e riflessioni importanti ancora da esplorare. Rosati è cresciuto nelle Acli, e nelle Acli ha vissuto la parte più intensa della sua militanza politica e sociale. Delle Acli è stato il presidente più longevo, nel senso che ha tenuto la carica di vertice più a lungo di tutti i suoi predecessori, e fin qui anche dei successori. La


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Prefazione

sua guida del movimento aclista ha coinciso con uno dei passaggi più difficili, quando – dopo la deplorazione di Paolo VI e il ritiro degli assistenti ecclesiastici – sono stati messi in forse il destino e la continuità stessa delle Acli. Erano gli anni Settanta, e non era la prima volta che le Acli si trovavano costrette a rispondere alla domanda sul senso di una loro sopravvivenza. Qualcosa di simile era accaduto già al tempo della nascita della Cisl, quando eventi interni e internazionali portarono alla rottura della Cgil unitaria e le Acli – corrente cristiana del sindacato unitario – si trovarono a ridefinire daccapo la loro missione. Allora mons. Giovanni Montini fu decisivo nel dare un futuro alle Acli. Poi, vent’anni dopo, quando Papa Montini giunse alla conclusione che le Acli avevano deviato dai loro impegni statutari e dalla retta dottrina, toccò al gruppo dirigente del movimento – con l’autonomia e la responsabilità dei laici credenti, quella che il Concilio aveva indicato – costruire la prospettiva per il domani. Di quell’impresa Rosati fu il leader. Riuscendo a ritessere un rapporto di fiducia con la Chiesa italiana, rivedendo l’impronta classista che aveva caratterizzato talune elaborazioni acliste, affermando tuttavia la piena legittimità, anzi il valore, del pluralismo politico dei credenti, impegnando il movimento in un’opera di ricucitura del tessuto sociale e di dialogo con le componenti più avanzate della Dc e con le forze storiche della sinistra. Il “movimento della società civile per la riforma della politica” è stato il contributo delle Acli guidate da Rosati alla stagione morotea della solidarietà nazionale, e poi alle battaglie per il rinnovamento, per la pace, per i diritti sociali che si svilupparono negli anni Ottanta. Molti dei testi raccolti in questo volume muovono da quegli anni e trattano – con diversi punti di vista – le grandi questioni che quella stagione, così importante e impegnativa, ha lasciato irrisolte. Ma Rosati non è stato soltanto il presidente delle Acli. É stato senatore “indipendente” della Democrazia cristiana e da parlamentare non ha fatto mancare il suo contributo di legislatore soprattutto sui temi dell’assistenza e della sicurezza sociale, ma anche l’apporto critico su alcune scelte dei governi di pentapartito, a cominciare dall’esplicito dissenso – espresso in aula – sulla prima missione militare nel Golfo. L’impegno “pacifista” era cominciato negli anni delle Acli. Quando è entrato in Senato, Rosati era già uno dei leader più popolari del nuovo movimento per la pace, quello che si batteva contro l’installazione dei missili nucleari Perhsing e Cruise nell’Europa occidentale e in Ita-


Scritti in onore di Domenico Rosati

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lia, ma al tempo stesso chiedeva il ritiro degli SS20 sovietici schierati oltrecortina. Rosati guidò la missione di “diplomazia popolare” a Ginevra, per portare le istanze del movimento pacifista ai negoziatori di Usa e Urss. Anche di questo si parla nel libro. E si parla, ampiamente, dell’impegno dei credenti. Della laicità come dimensione della democrazia e del bene comune. Della fecondità del dialogo, del confronto, del “camminare insieme” con persone e movimenti, che pur partendo da diverse convinzioni e ideologie, possono ritrovarsi per un tratto di strada cercando di raggiungere i medesimi obiettivi. Quella Chiesa in uscita che oggi invoca Papa Francesco è stata sognata, in parte anticipata, “sperata” dalle Acli per tanto tempo. Una Chiesa che non si chiude nella propria fortezza, ma spende i propri talenti anche nella città dell’uomo, rendendo viva la democrazia, favorendo l’uguaglianza, cercando di ridurre le ingiustizie, impegnandosi per lo sviluppo integrale della persona e per il rafforzamento delle comunità. Una Chiesa composta anche da laici responsabili. Donne e uomini che vogliono dire la loro, che hanno una loro autonomia e non si rifugiano nel clericalismo. L’autonomia, compresa quella delle forze sociali e delle comunità intermedie, è stata un’altra colonna portante del pensiero e del lavoro di Rosati. Concluso il suo mandato parlamentare, Rosati ha deciso di andare alla Caritas – raggiungendo i suoi amici mons. Giovanni Nervo e mons. Giuseppe Pasini – per dare una mano con le competenze che aveva acquisito. Lo ha fatto con passione, come sempre, e da volontario. Certamente, si tratta di una scelta che appartiene alla sua sfera intima, personale. Eppure svela una visione, un modo di guardare la comunità, di pensare la politica, i suoi problemi e le sue contraddizioni. Il pluralismo della società e delle istituzioni è sempre stato per Rosati essenziale alla crescita democratica. E l’aver continuato a operare dalla parte della società, anche dopo l’esperienza in Senato, ha una valenza significativa. Viviamo un tempo nel quale il prevalere dell’economico, o forse addirittura l’egemonia della finanza e del mercato, induce molti a parlare di crisi della democrazia: la tentazione di rispondere verticalizzando il potere politico è ricorrente, ma in questo modo si rischia di indebolire e sfibrare proprio i corpi intermedi senza neppure guarire dall’impotenza le istituzioni democratiche. Non mancano, in questa raccolta, riflessioni approfondite anche su questi temi così decisivi, così attuali, nel nostro tempo globalizzato. E non


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Prefazione

mancano valutazioni diverse, come si conviene in una comunità che ricerca davvero e che si interroga senza pregiudizi o barriere. Ma è tempo di passare alla lettura dei testi. Che ovviamente non sono e neppure vogliono somigliare a commemorazioni del tempo che fu, anche se contengono memoria, e la collocano alle radici del nostro presente. Lo spirito di questi scritti in onore di Domenico Rosati – un cristiano di frontiera, che alla frontiera è stato capace di costruire ponti e beni comuni – è appunto quello di continuare a pensare, a discutere insieme, a operare nella società, a costruire politica senza quelle scorciatoie populiste o demagogiche o propagandistiche che oggi occupano gran parte degli spazi comunicativi. La politica democratica è fatta di confronto aspro, di conflitto, di rivolgimenti e dure esclusioni, ma per determinare un benessere diffuso, una partecipazione più viva e consapevole, è necessario anche un concorso di opposti, una convergenza tra diversi, una griglia di valori nei quali riconoscersi oltre le ineliminabili differenze. Ecco, questo metodo non solo Rosati lo ha teorizzato, ma le Acli lo hanno praticato fino a farlo diventare una scuola, un laboratorio di dialogo e di rispetto. Negli anni Settanta e Ottanta il dialogo – ravvicinato e/o a distanza – tra i cattolici democratici e la sinistra politica e sindacale faceva tappa fissa nelle Acli di Rosati. Ora che le soggettività politiche si sono trasformate, il tema di come costruire un confronto proficuo per ridare respiro a una politica screditata si pone in modi certamente nuovi ma non meno esigenti. Per la realizzazione di questo libro, un ringraziamento speciale va rivolto a Roberto Rossini, attuale presidente delle Acli, che ha accolto con entusiasmo il progetto e l’ha sostenuto con forza. A questo volume ho lavorato con Lorenzo Scheggi Merlini e Stefano De Martis: senza il loro aiuto non sarebbe stato possibile giungere al traguardo. Noi apparteniamo a tre successive generazioni, ma tutti e tre abbiamo cominciato a fare i giornalisti nel settimanale Azione Sociale, e tutti e tre abbiamo avuto Meco come direttore. Abbiamo poi preso strade diverse, ma c’era in noi un marchio di fabbrica. Avevamo un maestro in comune, non è poco, e soprattutto avevamo goduto della sua amicizia. Camminare ancora, ricercare ancora, vuole essere una prova di fedeltà a ciò che è rimasto impresso nella nostra coscienza. Claudio Sardo


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