In memoriam, programma di sala aumentato 27 febbraio 2021

Solenne Benedizione del nuovo Organo per la Collegiata di S. Giovanni Battista in Ceccano 27 febbraio 2021 - ore 18,30

Programma di sala aumentato

Introduzioni musicologiche a cura di Mariagrazia Molinari, soprano

1. Sonata III per organo (in la maggiore) Op. 65, F. Mendelssohn Nel 1845 ​Felix Mendelssohn scrisse le ​Sei Sonate per organo op. 65 su commissione degli editori londinesi Coventry e Hollier.

Le sonate op.65 rappresentano la sintesi artistica e creativa del musicista. Queste pagini musicali hanno un spiccato senso religioso scritte per accompagnare le celebrazioni liturgiche. Lo schema musicale seguito da Mendelssohn univa motivi popolari ed episodi fugati, rielaborando temi dei ​corali luterani​. Racchiudono insieme motivi popolari e rielaborazioni compositive le Sonate op. 65 provocano oggi come allora, una forte emozione nell’animo di chi ascolta.

2. ​Dal messaggio di ​Papa Francesco​ in occasione della ​Giornata del malato - 11 febbraio 2021 La critica che Gesù rivolge a coloro che «dicono e non fanno» (v. 3) è salutare sempre e per tutti, perché nessuno è immune dal male dell’ipocrisia, un male molto grave, che produce l’effetto di impedirci di fiorire come figli dell’unico Padre, chiamati a vivere una fraternità universale.

Davanti alla condizione di bisogno del fratello e della sorella, Gesù offre un modello di comportamento del tutto opposto all’ipocrisia. Propone di fermarsi, ascoltare, stabilire una relazione diretta e personale con l’altro, sentire empatia e commozione per lui o per lei, lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio (cfr ​Lc​ 10,30-35).

L’esperienza della malattia ci fa sentire la nostra vulnerabilità e, nel contempo, il bisogno innato dell’altro. La condizione di creaturalità diventa ancora più nitida e sperimentiamo in maniera evidente la nostra dipendenza da Dio. Quando siamo malati, infatti, l’incertezza, il timore, a volte lo sgomento pervadono la mente e il cuore; ci troviamo in una situazione di impotenza, perché la nostra salute non dipende dalle nostre capacità o dal nostro “affannarci” (cfr ​Mt​ 6,27).

La malattia impone una domanda di senso, che nella fede si rivolge a Dio: una domanda che cerca un nuovo significato e una nuova direzione all’esistenza, e che a volte può non trovare subito una risposta. Gli stessi amici e parenti non sempre sono in grado di aiutarci in questa faticosa ricerca.

La malattia ha sempre un volto, e non uno solo: ha il volto di ogni malato e malata, anche di quelli che si sentono ignorati, esclusi, vittime di ingiustizie sociali che negano loro diritti essenziali (cfr Enc. Fratelli tutti,​ 22). L’attuale pandemia ha fatto emergere tante inadeguatezze dei sistemi sanitari e carenze nell’assistenza alle persone malate. Agli anziani, ai più deboli e vulnerabili non sempre è garantito l’accesso alle cure, e non sempre lo è in maniera equa. Questo dipende dalle scelte politiche, dal modo di amministrare le risorse e dall’impegno di coloro che rivestono ruoli di

responsabilità. Investire risorse nella cura e nell’assistenza delle persone malate è una priorità legata al principio che la salute è un bene comune primario.

Nello stesso tempo, la pandemia ha messo in risalto anche la dedizione e la generosità di operatori sanitari, volontari, lavoratori e lavoratrici, sacerdoti, religiosi e religiose, che con professionalità, abnegazione, senso di responsabilità e amore per il prossimo hanno aiutato, curato, confortato e servito tanti malati e i loro familiari. Una schiera silenziosa di uomini e donne che hanno scelto di guardare quei volti, facendosi carico delle ferite di pazienti che sentivano prossimi in virtù della comune appartenenza alla famiglia umana.

La vicinanza, infatti, è un balsamo prezioso, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia. In quanto cristiani, viviamo la prossimità come espressione dell’amore di Gesù Cristo, ​il buon Samaritano, ​che con compassione si è fatto vicino ad ogni essere umano, ferito dal peccato.

Una società è tanto più umana quanto più sa prendersi cura dei suoi membri fragili e sofferenti, e sa farlo con efficienza animata da amore fraterno. Tendiamo a questa meta e facciamo in modo che nessuno resti da solo, che nessuno si senta escluso e abbandonato.

Stabat Mater dolorósa

La Madre addolorata stava

iuxta crucem lacrimósa,

in lacrime presso la Croce

dum pendébat Fílius.

su cui pendeva il Figlio.

Cuius ánimam geméntem,

E il suo animo gemente,

contristátam et doléntem

contristato e dolente

pertransívit gládius.

era trafitto da una spada.

Quae moerébat et dolébat,

Come si rattristava, si doleva

Pia Mater dum videbat

la Pia Madre vedendo

nati poenas ínclyti.

le pene del celebre Figlio!

Vidit suum dulcem natum

Vide il suo dolce Figlio

moriéndum desolátum,

che moriva, abbandonato da tutti,

dum emísit spíritum.

mentre esalava lo spirito.

Sancta Mater, istud agas,

Santa Madre, fai questo:

crucifíxi fige plagas

imprimi le piaghe del tuo Figlio crocifisso

cordi meo válide.

fortemente nel mio cuore.

Quando corpus moriétur,

E quando il mio corpo morirà

fac, ut ánimae donétur

fa' che all'anima sia data

paradísi glória.

la gloria del Paradiso.

Amen

Amen.

3. ​Giovanni Battista Pergolesi​ - Stabat Mater Stabat Mater​: Stava la Madre è l’incipit di una delle più struggenti e meditative riflessioni sulla figura di Maria non gioiosa, non coronata di stelle, ma disperata, impotente, davanti la scena che nessuno vorrebbe mai vivere: la morte di un figlio.

La sequenza latina che porta il suo nome è una delle cinque sequenze, rimaste nel Graduale​, che veniva cantata o recitata durante la Messa dei Sette Dolori della Madonna il 15 settembre.

Il testo, di varia attribuzione da S. Bernardo a S. Bonaventura, a Gregorio Magno, è stato finalmente ascritto a ​Jacopone da Todi​, che lo compose tra il 1303 e il 1306.

Diffuso fin dalla sua stesura tra i fedeli, fu introdotto all’interno della Messa mariana nel XV secolo. Abrogato dal Concilio di Trento, fu reintrodotto nel 1727 da papa Benedetto XIII. La struttura poetica, che esprime l’umanità della Vergine Maria davanti la morte del figlio, è composta da 20 stanze di tre versi ciascuna, che rimano tra loro nei primi due versi. La descrizione di questo momento così intimo e delicato viene raccontata come un flashback: nelle strofe da 1 a 8 il fedele osserva impotente le emozioni e la compostezza di una Madre di fronte la morte del suo unico figlio. Dalle strofe 9 a 20, il fedele si unisce al suo dolore per sostenerla, per aiutarla a portare il peso di tanto dolore e per non lasciarla sola in un momento di tanta solitudine.

La contemplazione della figura di Maria e la sua grande umanità, racchiusa in questo piccolo testo, ha ispirato diversi compositori come Giovan Battista Pergolesi, che, nel 1735 su commissione della confraternita napoletana dei ​Cavalieri delle Vergine dei Dolori di San Luigi al Palazzo, per officiare la Settimana Santa, compose lo Stabat Mater, terminato pochi giorni prima della morte nel 1736 e consegnato nelle mani del suo amico ​Francesco Feo​. La composizione è divisa in dodici numeri in cui, su accompagnamento di archi e basso continuo, si alternano, tra duetti ed arie solistiche, le voci femminili di soprano e contralto come in uso nel XVIII secolo. Le melodie di Pergolesi sono molto vicine alla scuola napoletana ed europea e rivelano una composizione più moderna e alla moda, rispetto alla versione del suo collega Alessandro Scarlatti.

La musica di Pergolesi riesce ad interpretare in modo razionale i diversi momenti dell’animo di Maria, espressi nel testo. La composizione segue l’andamento strofico del testo e punta alla chiarezza del testo latino, che viene ripetuta, accentuata, declamata, a seconda dell’espressività che viene richiesta, evitando di drammatizzare in maniera eccessiva.

La musica di Pergolesi esprime un’emotività composta e contenuta, come la figura della Vergine che, anche durante il momento più drammatico della sua vita, si esprime con sommessa e rassegnata disperazione. L’espressione sentimentale è richiamata da un alleggerimento dei toni austeri, mantenendo un richiamo alla tradizione sacra in a​ lcuni passaggi del "​Fac, ut ardeat cor meum"​ o in un perfetto bilanciamento con i drammatici trilli del "​Cujus animam gementem​" o nell'interpretazione dei toni dell'anima con il "​Fac me vere tecum flere"​ , tipici della musica del ‘700.

Il successo dell’opera di Pergolesi dal ‘700 è arrivata fino a noi ed è stata da spunto per molti compositori che lo hanno succeduto come Bellini e Rossini che riteneva Pergolesi sublime ed irraggiungibile.

4. ​Jean Baptiste Lully​ - ​Te Deum​ - Preludio LWV 55 Ringraziare Dio delle gioie che ci dona è il minimo che un credente possa fare e per aiutarlo è stato composto un bellissimo inno, chiamato ​Te Deum​, dalle prime due parole del testo.

L’autore è incerto: Niceta e Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, che si presume l’abbiano scritto insieme.

Il Te Deum viene solitamente recitato o cantato durante la celebrazione dell’ultimo giorno dell’anno ma era frequentemente cantato nelle corti per celebrare successi militari o particolari eventi lieti.

Nel 1677, Jean-Baptiste Lully, compositore italiano trasferito alla corte di Luigi XIV, ne compose una versione in re maggiore per soli, coro e orchestra per il compleanno del re.

Lully volle nel suo organico strumenti particolari come la tromba non prescritti per la musica sacra ma amatissima dal Re. La storia racconta che questo brano fu motivo di gioie e dolori. Eseguito l’8 gennaio 1687 con grande giubilo, per il recupero della salute di Luigi XIV, fu causa della morte del compositore che, trafittosi il piede con la punta della sua bacchetta mentre batteva il tempo, ne morì pochi mesi dopo per la ferita non curata.

5. ​Gioachino Rossini​, ​Stabat Mater​ - Cuius animam gementem Cuius ánimam geméntem, contristátam et doléntem, pertransívit gládius.

Lo Stabat Mater di Rossini fu composto nel 1842 ed eseguito a Parigi. Ispirato alla tradizione melodrammatica racchiude tutta la grandezza e spontaneità rossiniana di sentimento malinconico verso il grande dolograndezza di Dio.

6. ​Johann Sebastian Bach Corale "​Nun komm, der Heiden Heiland​" a 2 tastiere e pedale BWV 659 “Vieni, Salvatore delle genti” è il titolo del corale di J. S. Bach BWV 659. Il brano fa parte della raccolta di ​18 corali di Lipsia​.

Il corale è considerato una delle forme più belle di espressione musicale tedesca che eleva l’animo umano alla gloria della Trinità.

La scelta di questo brano lega, in modo profondo, l’esecutore di questa sera, il Maestro Guido Iorio, ai suoi affetti più cari: il nonno, che lo ha indirizzato e avvicinato allo studio dell’organo, il maestro Agostini, che lo ha guidato durante il percorso di perfezionamento musicale, e l’amicizia con le persone ricordate in questo concerto.

Conclusione Il ricordo delle persone care non ci abbandona mai. Gli affetti ricordati in questo concerto, ha un unico e solo legame legame: la musica, linguaggio universale che, anche da lontano, unisce le mani tese di chi esegue e di chi ascolta, elevando l’animo umano a tanta bellezza.