Magazine - Approfondisco

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Il disco in vinile (noto anche come disco a microsolco o, per ellissi, microsolco), è un supporto per la memorizzazione e la riproduzione analogica di segnali sonori.

VINILE


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Il giradischi è un apparecchio elettrico di riproduzione sonora costituito da un piatto rotante, sul quale porre un disco che verrà letto da un braccio dotato di puntina scorrendo sugli appositi solchi.

GIRADISCHI

Ph: Jacok Rosen



È l'inizio di una rivoluzione che porterà alla nascita di altri strumenti per l'ascolto condiviso a partire dal jukebox, il grande giradischi in cui bastava inserire una monetina perché un disco venisse automaticamente selezionato e posizionato sul piatto rotante. Per la riproduzione sonora di un disco viene impiegato un giradischi collegato a un amplificatore; generalmente un giradischi permette di ascoltare dischi di diverso diametro e velocità di rotazione. Il funzionamento del giradischi è piuttosto semplice: su un piatto che ruota a velocità costante viene posizionato un disco, letto da un braccio provvisto di una puntina (pick-up) che scorre lungo il solco dell’incisione. cato il primo giradischi elettrico con amplificatore a valvole negli anni successivi nuovi accorgimenti tecnici, dal potenziamento dei sistemi elettronici all’introduzione di nuovi bracci tangenziali per la puntina di lettura, rendono sempre più pulita e precisa la riproduzione dei suoni, e sempre più amato il giradischi; la musica si può ascoltare anche senza avere un’orchestra o una banda sotto gli occhi.

Ph: Lee Cambell

A partire dal 1948 la gommalacca utilizzata per fabbricarli viene soppiantata dal PVC, meglio noto nell’industria discografica come vinile. Con l’introduzione del nuovo materiale plastico si riduce la velocità di rotazione da 78 a 45 e 33 giri al minuto, col risultato di una maggiore durata di ascolto. Se i dischi cambiano in dimensione, materiale, qualità e durata del suono, anche il giradischi si adatta alle esigenze dei tempi: nel 1924 viene messo sul mer-



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Ph: Sudhith Xavier

Il giradischi e il grammofono sono stati i principali sistemi di riproduzione musicale usati dal 1870 fino alla fine degli anni ‘80 circa. il grammofono, antenato del giradischi, convertiva in vibrazione sonora dell’aria le oscillazioni di un ago inserito in un solco inciso su un cilindro o su un piatto di grafite che veniva fatto ruotare da un meccanismo caricato a molla tramite una manovella.

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L’evoluzione del grammofono è il giradischi, un apparecchio elettronico dove un disco di vinile viene fatto ruotare da un motore elettrico ed una testa munita di una puntina diamantata, trasformando le vibrazioni meccaniche in un segnale elettrico. La testina funziona tramite una bobina ed un magnete e il segnale viene amplificato e diffuso dagli altoparlanti.



evoluzione l giradischi come lo conosciamo oggi esiste solo da circa sette decenni, ma le sue radici tecnologiche risalgono a oltre 160 anni fa. 1857

Nel 1857, l’inventore francese Édouard-Léon Scott de Martinville, presentò il suo fonautografo. Utilizzava un diaframma vibrante e uno stilo per registrare le onde sonore tracciandole su fogli di carta, ma poteva solo visualizzare le onde sonore e non poteva riprodurle.

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1887

Nel 1887 Charles Cross espose all’Accademia delle scienze il principio di un apparecchio di riproduzione del suono, che egli chiamò “paleofono”, di cui giunse a realizzare un modellino. Qualche mese più tardi Edison, costruì il suo primo “fonogramma”, o “fonografo” (dal greco “scrittore del suono”). Questo apparecchio di Edison venne presentato all’Esposizione universale del 1889. I primi fonografi di Edison usavano come supporto di registrazione un cilindro e sfruttavano un movimento verticale dello stilo. La pressione sonora era tradotta in profondità di incisione del solco. Il fonografo di Edison inizialmente comprendeva un cilindro scanalato avvolto in carta stagnola (la superficie di registrazione) che poteva essere fatto girare con una manovella. Quando il suono veniva immesso nel bocchino, le onde sonore facevano vibrare il diaframma e l’ago collegato, creando delle rientranze nella stagnola. Edison sostituì presto la carta stagnola con la cera per il suo miglior suono e la maggiore durata.

1898

Nel 1898, arrivò il prossimo tassello della linea del giradischi: il grammofono. Brevetto di Emile Berliner, utilizza un ago per tracciare lateralmente dei solchi a spirale su un cilindro. Ben presto, i cilindri furono sostituiti da dischi piatti, inizialmente di gomma e, più tardi, di gommalacca.Si pensò che utilizzando un disco con movimento orizzontale, invece che il rullo di Edison si poteva ottenere diversi vantaggi come una più costante velocità, la possibilità di effettuare più copie e occupava minor spazio.


1908

In seguito ai miglioramenti tecnici, si poté cominciare a registrare su dei dischi (non più su rulli) qualche successo del grande repertorio musicale, assicurandone in questo modo una diffusione enorme ed un grande successo commerciale. Nel 1908 il disco inciso su due lati incontrò il favore del pubblico e così la tecnologia del disco ebbe sempre maggiore diffusione, anche a causa del prezzo più contenuto.

1918

Nel 1918 vista l’utilità dell’uso del disco inizia a svilupparsi il giradischi elettrico e nel 1920 è messo in commercio il primo disco flessibile in carbonio.

1948

Nel 1948 il disco in vinile rimpiazza il carbonio come materiale base per la fabbricazione dei dischi. Il disco di acetato di vinile, nelle sue versioni a 78, 33, 45 giri, fu il supporto più diffuso per la riproduzione del suono e in particolare della musica. Questo metodo di riproduzione ebbe, come si sa, un enorme successo: “solco” e “puntina” sono rimasti i componenti fondamentali fin nell’era dell’hi-fi e solo con l’avvento e la diffusione del compact-disc hanno perso il loro predominio. Questo oggetto, apparentemente liscio e regolare, vene inciso in cerchi concentrici dalle pareti tortuose che rappresenta l’altezza e la frequenza dei suoni; quando la puntina, poggiata sul disco in movimento, urta le asperità dei solchi non fa altro che trasmettere differenti vibrazioni alla testina che a sua volta le trasforma in tensioni elettriche e, quest’ultime, raccolte dall’amplificatore tornavano ad essere suoni.


Anni '60 '70 12

Gli anni 60/70 sono stati anni del boom discografico, tutti i più grandi artisti investivano sempre più sull’incisione di LP e 45g collezionando milioni di copie vendute, nasceva però l’esigenza di progettare giradischi portatili, nacque così il famoso Mangiadischi (il giradischialimentato a batteria ) che permetteva di ascoltare musica in auto, all’aperto ed ovunque non ci sia possibilità di allacciare il giradischi ad una fonte elettrica. La superiorità del “vinile”, come il mezzo di riproduzione più fedele del suono, non fu mai messa in discussione da altre forme di registrazione o supporti; addirittura anche oggi, nella piena maturità del digitale, i “puristi” dell’hi-fi si beano di impianti con tanto di piatto e valvole.


Illustration by Chiara Pinzan


Nel 1966 Irradio chiede a Mario Bellini di dare forma a un giradischi portatile: nasce in questo momento il “ mangiadischi “, un oggetto mai visto prima che diventa simbolo di un’intera generazione. Tra il 1975 e il 1988 si diffonde poi il modello Penny con un aspetto compatto e con dei buchi nella parte al di sopra dell’altoparlante e una scelta di colori ancora più vasta: arancione, celeste, rosso, verde, giallo. Una linea pop, giocosa, allegra allo stesso tempo sensuale.


Negli anni Novanta il giradischi diventa un prodotto di nicchia, un oggetto da collezionisti In Italia, per alcuni anni, viene addirittura interrotta

la produzione di vinili, ripresa intorno al 2005 ma per una clientela particolare. Solo con la commercializzazione della radio (1925) la fortuna del

giradischi inizia a scricchiolare, fino a eclissarsi del tutto dopo l’introduzione delle audiocassette e, soprattutto, dei compact disk.


Come è calcolato il numero di giri al minuto e come la velocità di rotazione, le dimensioni del disco e la qualità del suono sono collegati. In fase di registrazione di un vinile, la qualità del suono dipende essenzialmente da tre cose: 1. dalla risposta in frequenza della testina d’incisione (cioè dalla qualità con cui la testina riproduce, in uscita, cioè nel momento in cui incide la musica sul disco, i segnali elaborati in ingresso. Segnali dati dal fonoincisore, ma non preoccuparti della teoria ora) 2. dal diametro della puntina d’incisione (più ampio il diametro, più la puntina scrive sul disco una quantità maggiore di informazioni musicali, il tutto vuol dire qualità a pacchi) 3. dalla velocità di rotazione a cui è inciso il disco, ed è questo il punto che interessa a noi oggi



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Un disco in vinile viaggia a tre velocità: 78, 45 e 33 giri, in termini di rotazioni al minuto su un giradischi.


La velocità perfetta per sfruttare al massimo la fase di registrazione, mantenendo la massima qualità del suono. • La superficie di un 45 giri è di 7 pollici. • La durata non è un problema nei 45 giri, perché stiamo parlando di un brano singolo. Non c’è nessun compromesso tra durata e qualità come nell’LP. • I microsolchi distribuiti in una piastra sono di dimensioni più piccole (7 pollici in confronto ai 12 dell’LP): c’è più musica per pollice, quindi le informazioni sono più concentrate in uno spazio più piccolo e questo vuol dire più qualità. • Il 45 giri è registrato a una velocità maggiore del 33 giri, la qualità del suono aumenta: per ogni secondo di registrazione è incisa più musica, e anche questo significa più qualità.

45

la maggiore qualità

78

Ai tempi per realizare i dichi in vinile usavano fonoincisori con motori a 3600 giri al minuto, con ingranaggi a 46:1. In quel periodo storico trovarono la velocità perfetta dividendo la capacità massima della macchina (3600) per il numero di “denti” delle ruote nei suoi meccanismi: 3600/46 = 78,26. • Velocità: 78 giri al minuto. Era molto veloce. • Solchi: circa 80 solchi 3-4 volte più larghi del classico microsolco di LP. • Più forte e resistente dei cilindri. • Più comodo da portare in giro. • Più facile da conservare: dove prima c’era un solo cilindro ora puoi conservare più dischi in vinile.

il più veloce

il più famoso

Il fonoincisore ha sempre motore a 3600 giri ma un meccanismo rotante a 108 denti. Il rapporto per sfruttare al massimo l’apparecchio dà per risultato: 3600/108: 33,33. • La tecnologia permette di incidere da 224 a 300 microsolchi sul disco (non più 80 come nel 78 giri). Il disco inoltre è leggermente più grande del 78rpm (da 10 a 12 pollici). Questi due fattori combinati insieme danno la possibilità di incidere circa 30 minuti per facciata, un eternità. • La puntina del 78 giri toccava le pareti del solco in modo irregolare, non sfruttando al massimo le informazioni incise. • Ricordiamo che i solchi erano circa 3 o 4 volte più larghi di un microsolco. • La puntina da 33 giri, invece, scorreva nel solco toccando le pareti destra e sinistra contemporaneamente, acchiappando tutti i dati musicali incisi. Questo compensava in parte la perdita di qualità dovuta a una velocità minore di registrazione.

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a possibile motivazione alla base di questo successo sta probabilmente in un ritrovato modo di ascoltare musica. Un vinile non si ascolta durante il jogging, né in palestra, né in metropolitana. Chi ascolta un vinile lo fa perché ama dover aggiustare periodicamente il proprio giradischi, pulire bene il disco quasi ad ogni ascolto, prendersi una pausa da tutto il resto e, strano ma vero, alzarsi dal divano ogni trenta minuti per passare dal lato A al lato B. Forse proprio l’estrema fruibilità e la facilità di ascolto della musica in digitale ha trasformato questa in un mero bene di consumo. Il ritorno del vinile va osservato proprio in contrapposizione all’idea di una musica “mordi e fuggi”. Il vinile è ritualità, è piacere di ascolto. Chi ascolta un vinile decide di ascoltare un album intero proprio perché ciò comporta non dover fare nient’altro. Il disco in vinile è un oggetto affascinante: puoi tenerlo tra le mani, ammirarne la copertina e sentire il profumo del cartoncino, leggere i testi conservati all’interno, passare i polpastrelli su quella spirale in PVC. E non l’hai ancora messo sul piatto. È lì che si sprigiona tutta la

Negli ultimi anni però questo strumento è tornato a riscuotere un particolare successo ed una certa curiosità tra il pubblico e gli amanti della musica. Il suo ritorno ci conferma come un prodotto vintage e superato tecnologicamente possa invece ancora oggi essere particolarmente apprezzato da tutti.

sua magia. Il ritorno del vinile non vuol dire che la tecnologia è destinata a morire. I due prodotti possono perfettamente coesistere. Il vinile rimane un prodotto per appassionati, collezionisti, che dalla musica cercano molto di più di un piacevole passatempo. Persone che nella musica vogliono emozionarsi Il ritorno del vinile non stabilisce la morte della tecnologia

e vogliono viverla ed ascoltarla in modo differente. Ed è proprio per questo che anche i giovani apprezzano questo prodotto, possiamo definirlo al momento un prodotto di nicchia, non sappiamo se tornerà al successo dei suoi tempi d’oro. Un prodotto per collezionisti veri, e che tornerà a rallegrare le nostre case portando la musica e nelle nostre stanze, proprio come succedeva negli anni 70.

Perché però questo prodotto cosi vecchio rispetto alla tecnologia moderna riscontra cosi tanto successo? Ci sono alcune differenze sostanziali e che rendono il vinile sicuramente un prodotto più apprezzato rispetto a tanti altri prodotti. In primis è il suo formato, il disco in vinile possiamo toccarlo con mano, è un oggetto fisico, ha un’immagine, ci narra una storia la storia del nostro gruppo musicale preferito. Invece i file moderni sono semplici icone su desktop che non possiamo toccare con mano e che non raccontano alcuna storia. Non è dunque soltanto un fenomeno nostalgico: sarebbe durato molto meno di quanto non stia succedendo e non vedrebbe percentuali di crescita similari. C’è invece in ballo una riscoperta vera, un riequilibrio necessario, nel quale la musiva viaggia verso lo streaming pur portandosi appresso le proprie radici.

Ph: Taylor Hernandez

Nel passato era un must have per tutti gli amanti della musica, fu poi sostituito dalle musicassette e da tutti i dispositivi per ascoltare musica che sono nati nel tempo.


IL IL IL IL IL IL IL

RITORNO RITORNO RITORNO RITORNO RITORNO RITORNO RITORNO


PVC Oggi i dischi si stampano con le stesse identiche tecniche e modalità che si usavano nel 1977, e il nostro pianeta non era in grado di sostenerle allora, figuriamoci oggi. Le macchine che stampano i vinili, infatti, sono le stesse del tempo, non proprio classe A nei consumi: molte sfruttano tecnologie industriali antiquate, a pressione idraulica, che comportano un enorme dispendio di energia. 22


Ma gli stessi dischi sono quanto di più anti-ecologico possa esistere: sono ancora fatti in PVC, il cloruro di polivinile, un composto chimico che potrebbe essere riciclabile, se non fosse che farlo ha dei costi molto alti. Inoltre, le compagnie che si occupano di questo tipo di riciclo tendono a evitare di ritirare dischi in vinile, perché insieme al PVC nella loro composizione ci sono metalli pesanti e polveri sottili, o, peggio ancora, diossina, che posso sprigionarsi con gravi rischi per la salute di chi viene a contatto con queste sostanze.


Ph: Alex Green

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Secondo la Recording Indu nei primi sei mesi del 2021 milioni di dischi in vinile n 400 milioni di euro, quasi il periodo 2020. Nella prima m venduti sedici milioni di CD milioni di euro.


ustry Association of America, 1 sono stati venduti 17 negli Stati Uniti, generando l doppio rispetto allo stesso metà del 2021 sono stati D, per un valore di 176

2021


ARTE

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Ph: Davide De Giovanni



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Il legame tra arte contemporanea e vinile, la collaborazione tra musicisti ed artisti, in numerosi casi, è diventata storia: dai Beatles con Richard Hamilton e Peter Blake, ai Rolling Stones e i Velvet Underground con Andy Warhol fino ai più recenti Blur con Julian Opie e Banksy. Non solo Velvet Underground, con la banana gialla realizzata da Andy Warhol per l’album d’esordio di una band piena di talenti e germinale per tante formazioni a venire, ma anche Keith Haring o Jean Michel Basquiat, fecero confluire la loro visione artistica in lavori grafici potenti per Malcom Mc Laren, David Bowie, Anthrax, Smashing Pumpkins. Alcuni di questi pezzi sono introvabili e hanno raggiunto ovviamente quotazioni stellari. La serialità del vinile non ha abbassato il valore del prodotto, anzi, nel caso dei dischi degli anni ’80 parliamo di cifre di tutto rispetto. Sono tantissimi gli artisti che hanno trovato ispirazione nella musica così come i musicisti che si sono rivolti a pittori e designer perché rappresentino con una grafica lo spirito del loro lavoro compositivo: Bansky, Bridget Riley, Takachi Murakami, Obey, John Currin alcuni illustri interpreti di questa forma d’arte. Tanti anche gli italiani: Mimmo Paladino, Maurizio Cattelan, Michelangelo Pistoletto, Luigi Ghirri, Mario Schifano. Il vinile sembra così diventare un oggetto bizzarro, riservato ai musicofili più estremisti, se non fosse per l’inatteso aiuto artistico di molte delle copertine, che fin dagli anni ‘60 erano ideate per essere vere e proprie opere d’arte, che rappresentavano visivamente l’idea musicale del disco stesso (e hanno un ricco mercato di appassionati). Ordinate per artista, le copertine rivelano come l’arte moderna, postmoderna e concettuale, nonché la Pop Art e la street art, abbiamo permeato questo settore collaterale della produzione visiva e accompagnato la distribuzione di massa della musica con immagini caratterizzanti che evocano istintivamente un’esperienza sonora. Troviamo i geroglifici urbani di Jean-Michel Basquiat per la propria casa discografica Tartown, gli stencil di Banksy per i Blur, il teschio sineddotico di Damien Hirst per The Hours e la farfalla infilzata da un palo di Salvador Dalí per Lonesome Echo di Jackie Gleason. Ciascuna copertina è accompagnata da una breve analisi e da una scheda contenente il nome dell’artista e del musicista, il titolo dell’album, la denominazione della casa discografica, l’anno di uscitaanno di uscita e informazioni sull’opera. Inoltre, le interviste a Tauba Auerbach, Shepard Fairey, Kim Gordon, Christian Marclay, Albert Oehlen e Raymond Pettibon offrono resoconti e informazioni di prima mano sulla collaborazione tra artisti visivi e musicali. Va da sé che le cover e i packaging per vinili e cd rappresentano una delle armi di marketing più potenti in mano alla case discografiche. Nell’epoca della cosiddetta musica “liquida”, in cui la perdita del supporto fisico può essere considerata un fatto ormai assodato, la creazione di confezioni lussuose, ricche dal punto di vista grafico e contenutistico, rappresenta un fattore decisivo per convincere fans e appassionati all’acquisto.




Pink

floy

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La mucca è sola, in piedi, con il suo bel muso che guarda incuriosita verso l’obiettivo. Sta pensando perché lei, per quale motivo Storm Thorgerson decide di fotografare proprio lei per la copertina del quinto album dei Pink Floyd. Beh, Thorgerson non voleva fotografare proprio lei. È’ stato più un incontro casuale, azzeccato. Un colpo di fulmine che a lei di sicuro ha fatto girare la testa e lui, Storm, mente e testa di Hipgnosis Studio, non poteva esimersi, a quel punto. Poteva solo immortalare il momento con un bellissimo scatto, così squisitamente Pink Floyd, una copertina dove tutto è visibile al contrario della successiva opera di Powell e Thorgerson.

E chi erano, i Pink Floyd, quando è stata scattata questa foto? Di sicuro non la band che conosciamo. Erano quattro ragazzi che imbastivano canzoni per tirare su un album, e quel che viene, viene. Erano l’improvvisazione e l’estro dell’omonima, enorme, suite.Erano quattro rivoli d’acqua che scorrevano paralleli e vicini e si incontravano in un fiume di creatività con brani come Alan’s Psychedelic Breakfast, cioè un concerto improvvisato Atom Heart Mother mentre un ragazzo Pink Floyd (1970) fa colazione. Certi l’hanno battezzata Copertina Originale: Lulubelle III, ma per Hipgnosis Studio tutti è la mucca di Etichetta: Harvest, Capitol Atom Heart Mother. E’ un bovino di razza Holstein Friesian, se può interessare, ma la curiosità è che Storm Thorgerson quel giorno si è fatto un giro nell’orbita esterna di Londra, nell’Hertfordshire, a Potters Bar, e ha fotografato la prima cosa che ha ritenuto opportuno, visto il senso dell’album che i Pink Floyd Poi le cose cambieranno. Di molto. È ancora presto ora, comunque, perché stavano per pubblicare. nel 1970 i Pink Floyd riescono ancora a essere un band senza possibili La loro reazione verso il definizioni. E questo album è forse l’ultimo di questo “non-genere”. Già rock psichedelico di quella da qui la band mette un piede in un rock più melodico, e squisitamente fine degli anni ’60 e il loro progressivo. Con Echoes, l’anno successivo, ci entreranno in modo definitivo. rifiuto per le definizioni, E le vendite metteranno un’altra marcia, fino alle successive esplosioni, da i titoli e i nomi.Iniziano le The Dark Side Of The Moon in poi. Atom Heart Mother è l’ultimo album in danze. I Pink Floyd però cui i Pink Floyd improvvisano. E, come dirà David Gilmour parlando (male) non hanno molta voglia di quest’album, nella suite che apre tutto, letteralmente non sapevano cosa di ballare. Non ancora. fare e dove andare. Ma la mucca è idea di Thorgerson e non doveva dare Stavano stretti nell’abito nessun’idea a chi guardava la copertina. Non ci dovevano essere appigli che tutta l’industria per scovare le persone dietro l’album, nessuno scoglio dove aggrapparsi. musicale voleva cucire Thorgerson ha scattato la foto alla prima mucca che ha visto. Ha preso loro addosso. Oppure, ispirazione dal primo Cow Wallpaper di Andy Warhol, primo sfondo a tema se vogliamo restare nel mucca che l’artista americano aveva pubblicato nel 1966. Senza pensarci perimetro della sala da più di tanto. Improvvisando. L’animale mostra il suo corpo solido e maculato ballo, possiamo dire che come un mappamondo, con macchie nere per continenti e il bianco al posto le loro scarpe sono di un degli oceani. È’ lì, ferma nel suo prato, sotto un cielo azzurro che non dice paio di numeri troppo nulla della stagione ma che rende l’immagine semplice, piena, perfetta. E strette per danzare come in questa posa un po’ comica, un po’ misteriosa, un po’ curiosa, sempre che vogliono. La band vuole anche lei stia improvvisando. tagliare ogni filo che non portasse alla musica, nel senso più ampio del termine che puoi immaginare. Vogliono essere solo musica.

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