Il presente documento costituisce una revisione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo adottato dall’azienda ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231
Il Modello 231 è per sua natura un documento dinamico, in continua evoluzione: l’efficacia del documento, difatti, richiede che i presidi cautelari in esso contenuti siano costantemente allineati alle modifiche introdotte dal Legislatore e ai mutamenti occorsi al contesto organizzativo interno.
La revisione del Modello, pertanto, costituisce una necessaria opera di manutenzione, volta a conservare inalterata
l’efficacia preventiva dei presidi cautelari adottati dall’azienda. Rispetto alle precedenti versioni del Modello 1, il presente documento è stato elaborato a seguito di una revisione dell’analisi dei rischi, dovuta all’introduzione da parte del Legislatore di nuove fattispecie di reato rilevanti ai fini del D. Lgs. 231/2001
1 Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo a norma del D.lgs. 231/2001 – Versione 2021, approvata dal Consiglio di Amministrazione del 18 maggio 2021 e
Versione 2023, approvata dal Consiglio di Amministrazione del 18 aprile 2023.
2.5.
2.6.1. Rilevamento degli illeciti e delle violazioni del Codice Etico e del Modello. Canali di segnalazione, tutela dell’identità del segnalante e divieto di misure
2.7.
2.7.2. Criteri di scelta e di commisurazione delle sanzioni. principio del contraddittorio
2.7.3. Sanzioni disciplinari
2.7.4.
2.7.5.
di
rivestono funzioni di amministrazione (Soggetti Apicali) 44
2.7.6. Sanzioni nei confronti dei Sindaci................................................................................................................44
2.7.7. Sanzioni nei confronti di terze parti 44
2.7.8.
2.8. L’ORGANISMO DI VIGILANZA (ODV) NEL D. LGS. 231/2001
2.8.1. L’istituzione, la composizione e le funzioni dell’organismo di vigilanza (OdV): premessa 46
2.8.2. La struttura dell’organismo di vigilanza 46
2.8.3. L’ORGANISMO
2.8.3.1
2.8.3.2 Convocazione, riunioni, voto e deliberazioni
2.8.3.3 Organismo di Vigilanza: (a) funzioni e (b) garanzie per l’effettivo funzionamento e la continuità di azione
2.8.3.4 Organismo di Vigilanza: obblighi
2.8.3.5 Organismo di Vigilanza: flussi informativi nei confronti degli organi sociali ..
2.8.3.6 Flussi informativi verso l’Organismo di Vigilanza
2.8.3.7 Modalità di inoltro della reportistica e dei flussi informativi
2.9.
ATTIVITÀ DI CONTROLLO: MODALITÀ DI APPLICAZIONE E CAUTELE GENERALI 61
CAPITOLO I – I REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E REATO DI INDUZIONE A NON RENDERE DICHIARAZIONI O A RENDERE DICHIARAZIONI MENDACI ALL’AUTORITÀ
1. I REATI DI CUI AGLI ARTT. 24, 25 E 25-DECIES DEL D.LGS. N. 231/2001. ESEMPLIFICAZIONE DELLE POSSIBILI MODALITÀ DI COMMISSIONE ...................................................................................................... 64
1.1. REATI IN MATERIA DI INDEBITA PERCEZIONE DI EROGAZIONI, TRUFFA IN DANNO DELLO STATO, DI UN ENTE PUBBLICO O DELL’UNIONE EUROPEA O PER IL
CONSEGUIMENTO DI EROGAZIONI PUBBLICHE E FRODE INFORMATICA IN DANNO DELLO
STATO O DI UN ENTE PUBBLICO E FRODE NELLE PUBBICHE FORNITURE (ART. 24) 64
1.2. REATI IN MATERIA DI PECULATO, INDEBITA DESTINAZIONE DI DENARO O COSE MOBILI, CONCUSSIONE, INDUZIONE INDEBITA A DARE O PROMETTERE UTILITÀ, CORRUZIONE
1.3. LE NOZIONI DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, PUBBLICO UFFICIALE ED
1.1.
STRUTTURA
E FUNZIONE DEL D. LGS.
231/2001:
I CRITERI DI IMPUTAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ ALL’ENTE
In data 8 giugno 2001 è stato emanato – in esecuzione della delega di cui all’art. 22 della L. 29 settembre 2000 n. 300 – il D. Lgs. 231/2001 (nel prosieguo il “Decreto” o “D. Lgs. 231/2001”), entrato in vigore il 4 luglio del medesimo anno. Il decreto ha inteso recepire definitivamente la normativa in materia di responsabilità delle persone giuridiche, adeguandosi al contenuto di svariate Convenzioni internazionali cui l’Italia aveva aderito tra cui la Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995 sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee, la Convenzione anch’essa firmata a Bruxelles il 26 maggio 1997 sulla lotta alla corruzione e la Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche e internazionali. Il D. Lgs. 231/2001, recante la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica” ha introdotto per la prima volta in Italia la responsabilità diretta dipendente da reato degli enti per una serie legislativamente definita di reati commessi nell’interesse o a vantaggio degli stessi da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso e, infine, da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati. Tale responsabilità concorre a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto. L’ente può essere sottoposto a sanzioni quando un determinato reato (previsto dal decreto) viene commesso, nel suo interesse o a suo vantaggio, da un soggetto che, nell’organigramma aziendale, riveste una posizione apicale (amministratore, direttore
2 Pubblicata in Guida dir., 26/2001, § 3.2.
generale, rappresentante, presidente, direttore di stabilimento, ecc.) ovvero la qualità di soggetto sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti che riveste una posizione apicale e, dunque, anche ad esempio se commesso da un dipendente. Quello ora delineato costituisce il requisito di imputazione oggettiva del reato all’ente (v. art. 5 del D Lgs.), cioè il criterio di ascrizione normativa del fattoreato alla persona giuridica nell’interesse o a vantaggio della quale la persona fisica ha agito (cd. “teoria dell’identificazione o dell’immedesimazione organica”).
Le nozioni di “interesse” e “vantaggio” risultano particolarmente dibattute.
Vi è chi distingue le stesse, evidenziando, sulla scorta della Relazione esplicativa del decreto 2, che la prima sarebbe riferibile alla sfera volitiva della persona fisica che agisce, sì che il nesso di ascrizione oggettivo verrebbe escluso quando, all’esito di una valutazione ex ante, risulti che il soggetto abbia agito nel suo esclusivo interesse personale (v. art. 5, comma 2); il “vantaggio”, per contro, avrebbe una dimensione oggettiva, destinata ad operare ex post: anche in assenza di un fine in favore della società, quest’ultima risponde dell’illecito se ha comunque ritratto un vantaggio dal reato.
Secondo un altro orientamento, la locuzione “nell’interesse o a vantaggio” si risolverebbe in un’endiadi, sì da profilare un criterio unitario, riconducibile ad un “interesse” dell’ente in senso obiettivo, non essendo possibile rimettere il collegamento del reato con l’ente alle soggettive intenzioni o rappresentazioni dell’agente.
La soluzione peraltro più largamente condivisa dalla giurisprudenza di legittimità va nel senso di ritenere la formula come alternativa, riferendosi il primo criterio all’ “ex ante”, il secondo criterio all’ “ex post”, ma bastando comunque, per l’imputazione dell’illecito all’ente che sia provata o la presenza ex ante di un interesse in senso lato economicamente apprezzabile da parte della società, o il raggiungimento ex post di un vantaggio comunque derivato dall’illecito alla società, anche in assenza di un previo interesse prospettico a che l’illecito venisse commesso.
Un ulteriore requisito di tipicità del nesso di ascrizione è da intravedere, come si è visto,
nel fatto che la norma dell’art. 5 individua il novero dei soggetti qualificati a realizzare i reati-presupposto della responsabilità dell’ente. In tal senso, la disposizione opera una fondamentale distinzione tra soggetti in posizione “apicale” e “sottoposti”. Una distinzione, questa, che, come vedremo, comporta peculiari effetti giuridici sul versante del nesso di ascrizione soggettiva. Quanto all’elencazione dei soggetti in posizione apicale (coloro che svolgono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente, o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell’ente), non vi sono ricompresi i sindaci, atteso che non sono
3 Tra le iniziali applicazioni giurisprudenziali, in materia di rapporti tra il fenomeno del “gruppo di società” e la disciplina apprestata dal d. lgs. 231/2001, v. Gip. Roma, 4 aprile 2003, Soc. Finspa, in Foro it., 2004, II, p. 317 ss.; Gip. Milano, 20 settembre 2004, I.V.R.I. Holding s.p.a. e altre, in Guida al diritto, 47/2004, p. 69 ss. L’individuazione di forme di corresponsabilizzazione sanzionatoria delle società del Gruppo nel reato commesso da “apicali” legati ad una delle entità giuridiche che lo compongono costituisce, senza dubbio, uno degli aspetti più controversi della normativa. Dall’analisi della giurisprudenza di merito, poc’anzi citata, può cogliersi la tendenza ad un’etica del risultato, che conduce talvolta a trascurare i principi di legalità e di personalità che conformano anche il d.lgs. 231/2001, in considerazione della natura indiscutibilmente afflittiva delle sanzioni. Si pensi, per un immediato esempio, alla pretesa del legislatore riguardo l’oggetto delle sanzioni interdittive, che debbono colpire <<la specifica attività alla quale si riferisce l’illecito dell’ente>> (art. 14, comma 1): consegue l’ostacolo ad applicare dette sanzioni alla holding, ove il reato commesso sia pertinente alla sola attività della società controllata. Senza particolari remore, invece, certa giurisprudenza (Gip Milano, 20.12.2004, in Il merito, n. 2/2005, 67) ha persino disposto, in via cautelare, l’interdizione dall’esercizio dell’attività, motivando dall’inadeguatezza, nei confronti della controllante, di tutte le altre (meno gravi) misure, ai sensi dell’art. 46, comma 3, d.lgs. 231/2001. Volendo focalizzare i problemi d’imputazione del reato, si affaccia l’ipotesi di riconoscere lo stesso gruppo societario tra gli (impliciti) destinatari del d.lgs. 231/2001: ascritto l’illecito al macro-ente, deriverebbero, quasi incondizionate, le ricadute sanzionatorie sulle societates che lo formano. È da scartare, tuttavia, che il gruppo possa ritenersi “ente privo di personalità giuridica” ai sensi dell’art. 1, comma 2. Stando anche alla Relazione al decreto 231 – ove si legge, al riguardo, di enti collettivi che, <<seppur sprovvisti di personalità giuridica, possono comunque ottenerla>> –, detto macrosoggetto non è assimilabile alle società ed alle associazioni additate dal legislatore. Sarebbe poi sorprendente che, in vista della sola tutela penale, il gruppo possa configurare un unico soggetto di diritto, mettendo in secondo piano le distinte personalità giuridiche che ne fanno parte. Si obietta, tuttavia, che la riforma del diritto societario – in particolare, il capo IX, titolo V, libro V del codice civile – semplicemente
titolari di poteri che impegnano la societas. Circa i soggetti che esercitano, di fatto, un potere di gestione e di controllo, il riferimento va a coloro che vantano un predominio diffuso sull’ente, sia sul piano gestionale che su quello del controllo: si pensi, per fare un esempio, ad un socio non amministratore, ma detentore della quasi totalità delle azioni.
In questo contesto, pare da inserire, almeno in parte, la problematica del c.d. “gruppo di società”, sulla quale il decreto non reca alcuna disposizione (in omaggio al silenzio serbato nella legge-delega). In questa evenienza, è chiaro che ciascuna società conserva la sua soggettività, risultando destinataria della disciplina sanzionatoria 3 .
statuisce l’esigenza di valutare l’interesse delle singole società che lo compongono in una prospettiva diversa (e più ampia) di quella con cui si guarda, di regola, all’impresa individuale. L’art. 5 d.lgs. 231/2001, d’altro canto, rimanda ad un interesse diretto dell’ente collettivo, che per essere fondativo di responsabilità deve emergere per concretezza ed attualità: requisiti che non paiono sussistere, ad esempio, nell’interesse della controllante alla (eventuale ed incerta) distribuzione degli utili che potrebbero fruttare alla controllata dall’aggiudicazione di appalti.
Più propriamente, un immediato interesse/vantaggio della holding può cogliersi rispetto alla conservazione od all’incremento di valore della partecipazione azionaria nella controllata: l’accertamento concreto, in ogni modo, va condotto senza presunzioni.
Esclusa, pertanto, la possibilità di ascrivere reati direttamente al Gruppo, va sondata la possibilità di scorgere nella holding l’amministrazione “di fatto” della controllata. In casi del genere, infatti, gli apicali della controllante potrebbero impegnare anche la responsabilità “penale” dell’ente controllato, in quanto persone che <<esercitano anche di fatto la gestione e il controllo dello stesso>> (lett. a, art. 5, d.lgs. 231/2001); viceversa, alla holding potrebbero addebitarsi i reati commessi nel suo interesse/vantaggio da esponenti della società controllata, giacché persone <<sottoposte alla direzione o alla vigilanza>> (lett. b, art. 5) dei vertici della controllante.
Non è accettabile, in ogni modo, la elevazione indiscriminata degli apicali della holding ad amministratori “di fatto” della controllata, basandosi sulla mera direzione unitaria del gruppo. Va osservato, in proposito, che le nozioni di controllo e gestione nell’art. 5 del d.lgs. 231/2001 somigliano solo lontanamente alla direzione ed al coordinamento cui rimanda la disciplina dei gruppi societari (art. 2497 c.c.). Il concetto di controllo, si aggiunga, neppure trova espressa considerazione nell’art. 2639 c.c., che condiziona la prevalenza del dato sostanziale su quello formale al comprovato esercizio continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica ed alla funzione. Soprattutto, il fenomeno dei gruppi societari mostra una realtà estranea al muto, costante e totale asservimento dei managers delle controllate alla volontà ed alla gestione dettata dalla controllante: ai primi, sovente, viene lasciata discrezionalità operativa nella scelta degli strumenti per conseguire gli obiettivi strategici fissati
Per quanto concerne la figura dei “sottoposti”, il decreto ha attribuito la preferenza all’aspetto funzionale più che a quello dell’appartenenza all’ente, sì che la responsabilità di quest’ultimo non può in astratto ritenersi esclusa in presenza di un reato commesso da un soggetto estraneo alla compagine sociale, a condizione che sia sottoposto alla direzione e vigilanza altrui. Sul versante dei criteri di imputazione soggettiva, il decreto (artt. 6 e 7) distingue a seconda dei soggetti che hanno commesso il reato nell’interesse o a vantaggio dell’ente. Dunque, come detto in precedenza, la responsabilità è astrattamente ascrivibile all’ente quando ad esempio l’illecito è stato commesso da soggetti che rivestono la qualifica di dipendenti, perciò estranei alla struttura verticistica. In questo caso, la responsabilità dell’ente fa capo ad un difetto di vigilanza e di controllo, cioè alla violazione di standard di diligenza “particolareggiati”, formalizzati in altrettanti
dalla holding. Vanno bandite, pertanto, le scorciatoie probatorie, nella consapevolezza che l’ipotesi della società “madre” che amministra “di fatto” anche la società “figlia” non appartiene alla naturale fisiologia dei gruppi.
Fuori da questi casi di “gruppo apparente”, la responsabilità della holding per un reato commesso in seno alla controllata passa per l’accertamento di un vero e proprio concorso di persone, che veda la partecipazione di almeno un esponente della controllante, nell’interesse/vantaggio della quale sia posto in essere il contributo concorsuale. Non è sostenibile, invece, il concorso “diretto” – a prescindere, cioè, dalla mediazione della persona fisica – della holding nell’illecito commesso dalla controllata, adattando agli enti collettivi gli artt. 110 e seguenti del codice penale. È evidente, infatti, che i margini di compatibilità del sistema sanzionatorio della societas con il diritto penale “tradizionale” sono già fissati dal legislatore nel d.lgs. 231/2001: andare oltre, al fine di colmare lacune punitive, significherebbe violare il principio di legalità. In questo senso, si è significativamente pronunciata, di recente, Cass., sez. V, 17 novembre 2010/20 giugno 2011, n. 24583, 61 ss. Se, dunque, la “circolazione” della responsabilità delle societates all’interno del gruppo dipende dall’accertamento di un concorso tra persone fisiche, vengono al pettine le note difficoltà che, innanzi alle organizzazioni complesse, l’imputazione penale “tradizionale” è costretta a fronteggiare. Bastino, in proposito, solo dei cenni.
Non è di regola sufficiente, per il concorso morale degli esponenti della holding, la disposizione di mere direttive strategiche, pur quando, perfette sulla carta, poi si rivelino impraticabili senza ricorrere al reato: perdono consistenza, in questi casi, la tipicità del contributo – non risulta tangibile, al di là della preventiva determinazione di un lecito obiettivo, il concreto peso del contributo causale – e la colpevolezza, non essendo normalmente individuabile in capo agli amministratori della holding la effettiva rappresentazione delle condotte illecite di
modelli di prevenzione e di controllo funzionali alla minimizzazione di uno specifico rischio-reato (art. 7). Il meccanismo di ascrizione si rivela più complesso quando il reato è stato commesso da soggetti collocati ai vertici della struttura aziendale (art. 6). Opera, in questo caso, la teoria dell’identificazione dell’ente con la persona fisica: la responsabilità dell’ente, salvo quanto appresso specificato, non è colposa (per difetto di organizzazione, cioè), ma ha natura prettamente dolosa, perché la persona fisica, a causa della sua collocazione apicale, costituisce la mano visibile del vertice aziendale, il soggetto, cioè, che incarna all’esterno la strategia messa in atto dagli apici dell’azienda. Al cospetto di un criterio di ascrizione sostanzialmente incontrovertibile, è tuttavia opinabile che questa forma di responsabilità sia sempre e in ogni caso rimproverabile all’ente, o se si diano ipotesi in cui il vertice aziendale possa
attuazione degli uomini della controllata. Per la responsabilità concorsuale occorre, invece, la (pur difficile) prova di direttive più specifiche, che si traducano in vere e proprie forme di istigazione al reato. Resta fermo, peraltro, che nessuna responsabilità potrà ricadere sulla holding in caso di istigazione volta all’esclusivo interesse/vantaggio della controllata. All’esito dei ragionamenti sin qui svolti, si può concludere come segue.
1) Sembra da escludere la punibilità del Gruppo nel caso di illecito amministrativo dipendente da un reato commesso nel solo interesse del Gruppo, senza che ricorra uno specifico ed attuale interesse e/o vantaggio di una delle società che lo compongono.
2) Appare altresì da escludere la responsabilità del Gruppo quando un soggetto legato ad una controllata commetta il reato nell’interesse della holding, senza che sia reperibile alcun interesse e/o vantaggio per la società di appartenenza, visto che la inoperatività del criterio di imputazione oggettiva dell’art. 5 d. lgs. 231/01 non può essere surrogata dal rinvio ad un generico ed indistinto “interesse del Gruppo”.
3) Per contro, potrebbe profilarsi la responsabilità della holding per illeciti consumati dai suoi amministratori a vantaggio di una controllata, quando è individuabile un interesse immediato della prima alla conservazione o all’accrescimento della propria partecipazione azionaria.
4)Nel caso in cui gli amministratori di una holding agiscano quali amministratori di fatto delle controllate, avendo privato i vertici di queste di qualsiasi significativo potere di gestione, la condotta illecita potrà essere riferita all’ente nel cui interesse e/o vantaggio il soggetto abbia agito in forza del rapporto sostanziale esistente.
5)Quando si è al cospetto di un concorso, morale o materiale, tra esponenti aziendali delle diverse società appartenenti al Gruppo, che agiscono nel rispettivo interesse dell’ente che rappresentano, si rinvia alle considerazioni poco sopra svolte in ordine ai limiti del ricorso all’istituto del concorso di persone nel reato.
legittimamente dissociare la propria responsabilità da quella di chi lo ha rappresentato all’esterno. L’interrogativo scaturisce dall’esigenza di tenere conto delle moderne dinamiche organizzative aziendali, che mettono in crisi la validità dell’asserto secondo il quale non sarebbe mai possibile prefigurare l’esistenza di un diaframma che separi la volontà della persona fisica da quella dell’ente. A ben vedere, se ciò può dirsi vero in relazione al Modello tradizionale di ente collettivo (emblematico il caso dell’amministratore unico), non altrettanto vale per la situazione societaria attuale. Questa è ormai costellata da una serie di realtà organizzativamente complesse, in cui il management non si sviluppa più secondo un Modello rigidamente verticistico, ma si distende su un’ampia base orizzontale, alla quale i poteri di amministrazione sono delegati dal Consiglio di Amministrazione che conserva, dunque, il potere-dovere di vigilare sull’andamento della gestione e di impedimento degli atti pregiudizievoli. Può, dunque, accadere che il compimento di un illecito da parte di uno degli svariati soggetti in posizione apicale non rifletta la politica di impresa espressa dal Consiglio di Amministrazione, che, nei casi di delega delle funzioni o di parti di esse, finisce con l’essere un organo intermedio (con funzioni di generale sovraintendenza sull’amministrazione) tra l’assemblea e l’organo di vera e propria gestione della società (comitato esecutivo o gli amministratori delegati). Ne deriva che la frantumazione dei poteri decisionali dell’ente (si pensi alla configurazione organizzativa di tipo “divisionale”, segnata dalla presenza di più amministratori di area, da una pluralità di direttori generali o da svariati responsabili di unità produttive) fa sì che non sempre i comportamenti delittuosi tenuti da soggetti di vertice risultino rappresentativi della volontà della societas. Per queste ragioni, il legislatore ha introdotto un paradigma di colpevolezza per il vertice societario,
4 La colpa di organizzazione dell’ente, derivante dalla mancata o insufficiente attuazione del Modello di organizzazione, viene ritenuta un elemento costitutivo del paradigma imputativo della responsabilità all’ente e, come tale, oggetto di prova da parte dell’accusa, da parte di Cass., S.U., 24 aprile 2014 (dep. 18 settembre 2014), n. 38343, Thyssenkrupp, in cui si rimarca che <<nel caso dell’art. 6 d. lgs. 231/2001, grava sull’accusa l’onere di provare l’esistenza dell’illecito penale in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa
costruito negativamente, alla stregua cioè di una scusante con inversione dell’onere della prova a carico dell’ente. Ferma la regola di identificazione sopra esposta, l’ente (di regola, il consiglio di amministrazione) può, a norma dell’art. 6, evitare di incorrere nella responsabilità se prova: 1) di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; 2) di aver affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento ad un organismo di vigilanza dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; 3) che le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione di cui al n° 1. Il sistema così delineato è proteso a valorizzare, sia pure con un meccanismo di inversione probatoria, il rispetto, in chiave esimente, di adeguate e spontanee regole di diligenza auto-imposte da parte della società e specificamente finalizzate a prevenire il rischio-reato da parte dei vertici. Ne deriva, allora, che l’adozione di un sistema di prevenzione, la cui effettività trova un limite solo nell’elusione fraudolenta (non agevolata da un difetto di controllo), rende non rimproverabile all’ente il reato consumato da un soggetto formalmente deputato ad incarnarne la politica d’impresa.
L’adozione del Modello consente, perciò, all’ente di rimuovere la presunzione, dimostrando, così, di non avere in alcun modo agevolato la consumazione del reato. In questa evenienza, la colpa di organizzazione esplica, sul versante ascrittivo della responsabilità, un ruolo “eventuale”, di “secondo grado”: viene ritenuta, per legge, estranea al piano degli elementi costitutivi della colpevolezza, fino al raggiungimento della prova contraria, che spetta all’ente riversare nel processo . della societas e che abbia agito nell’interesse di questa; tale accertata responsabilità si estende “per rimbalzo” dall’individuo all’ente collettivo, nel senso che vanno individuati precisi canali che colleghino teleologicamente l’azione dell’uno all’interesse dell’altro e, quindi, gli elementi indicativi della colpa di organizzazione dell’ente, che rendono autonoma la responsabilità del medesimo ente. (…) Nessuna inversione dell’onere probatorio è (…) ravvisabile nella disciplina che regola la responsabilità da reato dell’ente,
1.2. MODELLI ORGANIZZATIVI DI PREVENZIONE DEL REATO
COMMESSO DAI VERTICI E L’ORGANISMO DI VIGILANZA: CONSIDERAZIONI GENERALI
I Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo del rischio-reato (di seguito anche “Modello 231” o “Modello”) costituiscono regole cautelari autonormate, elaborate, cioè, dallo stesso ente in vista del contenimento degli illeciti penali previsti all’interno del D. Lgs. 231/2001. La qualifica di “autonormate” evoca un procedimento di formazione della regola cautelare di tipo squisitamente maieutico: saranno, infatti, le aziende ad attivare, dal proprio interno, tutti i meccanismi di identificazione, gestione e controllo del rischio, secondo le modalità ritenute più appropriate a seconda della tipologia dell’attività, dell’ubicazione dell’ente, dei mercati e delle caratteristiche dei suoi stakeholders. Questo programma di prevenzione non può risolversi nell’adozione di una strategia di contrasto del rischioreato una tantum, ma deve tradursi in un processo continuo, da reiterare, cioè, in relazione alle vicende dell’ente e allo standard di adeguatezza dei protocolli. L’attività di individuazione del rischio comporta una mappatura delle attività a rischio-reato, calibrata sull’organizzazione, l’articolazione territoriale, il settore economico, ecc. Deve poi seguire una valutazione del sistema di controllo interno, ovvero una valutazione dei principali presidi di controllo posti in essere dall’ente, al fine di ridurre il più possibile e dunque mitigare la commissione dei reati ritenuti potenzialmente applicabili ed emersi a seguito della mappatura delle attività a rischio–reato. L’individuazione e l’analisi dei rischi potenziali deve essere formalizzata e documentata, perché costituisce la base sulla quale ritagliare le regole cautelari di contenimento del rischio. Quanto all’efficacia di un simile Modello di prevenzione, va precisato che la commissione di un reato non può essere tout court ritenuta la spia della sua inadeguatezza. È chiaro, infatti, che se ci si pone in una logica di accertamento ex post, si apre il campo ad un ragionamento di tipo circolare, in cui la consumazione del reato
gravando comunque sull’accusa la dimostrazione della commissione del reato da parte di una persona che rivesta una delle qualità di al d. lgs. 231, art. 5, e la carente
prova l’inefficacia del Modello. La verifica va, perciò, compiuta con il criterio della “prognosi postuma”, collocandosi idealmente nella realtà aziendale nel momento in cui si è verificato l’illecito per saggiare la congruenza del Modello adottato.
La scusante prefigurata dall’art. 6 richiede poi che, accanto alla predisposizione del Modello di prevenzione del rischio-reato ad opera dei vertici societari, venga attivato un organismo di vigilanza (d’ora in avanti denominato OdV) con funzioni di controllo sul funzionamento e l’osservanza del Modello. La previsione di un simile organismo (che costituisce un onere per la società, non un obbligo) ha fomentato una serie di critiche e di interrogativi che vertono essenzialmente su tre aspetti: a) il primo concerne le modalità di costituzione; b) il secondo riguarda i criteri di formazione; c) il terzo, infine, il profilo delle responsabilità dell’organo.
(a)Circa la costituzione, è da ritenere che la natura privatistico-contrattuale dell’organismo di vigilanza legittimi l’introduzione di apposite norme statutarie dirette a disciplinarne le modalità di costituzione e di formazione. In ogni caso, anche in forza del tenore del decreto legislativo, sembra da privilegiare la tesi che incardina nel vertice dell’ente (Consiglio di Amministrazione, ecc.) la competenza a nominare l’organismo di vigilanza. Da ultimo, va precisato che, in presenza di un ente di piccole dimensioni, non è necessario ricorrere alla istituzione dell’organismo di vigilanza: il comma 4 dell’art. 6 stabilisce che i compiti di tale organo possono essere svolti direttamente dall’organismo dirigente. Questa previsione ha ovviamente un senso in relazione al controllo dell’attività di altri soggetti apicali, diversi dall’organo dirigente sovraordinato; non è invece applicabile rispetto alla prevenzione del reato del medesimo “organo dirigente”, che non può controllare sé stesso: in questa evenienza, l’adozione di modelli di prevenzione non è idonea ad esonerare l’ente dalla responsabilità per il fatto commesso dall’unico soggetto apicale che lo rappresenta.
(b)Quanto ai criteri di formazione dell’organo, occorre tenere presente che il d.
regolamentazione interna dell’ente, che ha ampia facoltà di offrire prova liberatoria>> (p. 205 della motivazione).
lgs. lo cala all’interno della società, in una condizione di indipendenza e di autonomia. Ma l’aspetto qualificante è da intravedere nella esclusività di azione: l’organo, cioè, deve continuativamente svolgere solo la funzione di sorveglianza assegnatagli dal decreto. Ne deriva, quindi, che l’organismo in questione dovrà articolarsi come una unità di staff, che fornisce all’impresa un supporto “esterno” al suo flusso di lavoro operativo e che si colloca al di fuori della gerarchia costituita dall’autorità di line.
(c) In ordine alla cornice di responsabilità, la funzione di controllo sembra da qualificare, sul piano giuridico, come espressione di un potere di sorveglianza, al quale è estraneo un potere operativo-impeditivo sul piano gestionale: l’OdV, una volta a conoscenza di operazioni a rischio-reato, non può sostituirsi ai soggetti apicali, ma deve riferire al vertice perché paralizzi le potenziali illegalità. Non può pertanto sorgere alcuna responsabilità personale dei componenti l’OdV ai sensi dell’art 40 cpv c.p., per l’assoluta mancanza di una posizione di garanzia; né, per le medesime ragioni, può parallelamente radicarsi una responsabilità civilistica. Del resto, la sua autonomia e la sua indipendenza dai vertici dell’ente si fondano proprio in questa estraneità alla gestione: attività, quest’ultima, che sottende valutazioni di ordine economico che non possono prescindere dalle scelte di chi governa la società. Va, inoltre, precisato che la natura privatistica di tale organismo fa sì che lo stesso non abbia alcun obbligo, penalmente sanzionato, di riferire all’autorità giudiziaria in ordine a fatti penalmente rilevanti di cui venga a
5 Si tratta dell’art. 25-bis del D. Lgs. 231/2001, introdotto dall’art. 6 d.l. 25 settembre 2001, n. 350, conv. in l. 23 novembre 2001, n. 409.
6 Cfr. l’art. 25-ter del D. Lgs. 231/2001, inserito dall’art. 3, comma 2, del d. lgs. 11 aprile 2002, n. 61.
7 Cfr. l’art. 25-quater del D. Lgs. 231/2001, introdotto dall’art. 3 della l. 14 gennaio 2003, n. 7, che prevede quali reati-presupposto della responsabilità amministrativa degli enti i delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico.
8 Cfr. l’art. 25-quinquies del D. Lgs. 231/2001, inserito dall’art. 5 l. 11 agosto 2003, n. 228, che contempla, come reati-presupposto, i delitti contro la personalità individuale.
9 Cfr. l’art. 25-sexies del D. Lgs. 231/2001, inserito dall’art.
9 l. 18 aprile 2005, n. 62.
10 Cfr. il nuovo art. 25-quater. 1. del D. Lgs. 231/2001, introdotto dall’art. 8 della Legge 9 gennaio 2006, n. 7. Il reato di “pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili” (c.d. “infibulazione”) viene previsto dall’art. 583-bis c.p., introdotto dall’art. 6 della l. cit.
conoscenza nell’esercizio delle sue funzioni. Della sua attività, l’organismo risponderà al vertice societario che lo ha nominato che, in caso di inadempienze, potrà procedere alla risoluzione del rapporto o adottare gli strumenti sanzionatori previsti dal regime contrattuale.
1.3. I REATI-PRESUPPOSTO DELLA RESPONSABILITÀ DELL’ENTE
All’atto della sua emanazione, il decreto ha limitato l’orbita dei reati-presupposto della responsabilità dell’ente alle fattispecie di frode nelle pubbliche sovvenzioni, di truffa in danno dello Stato o di ente pubblico, di corruzione e di concussione (v. artt. 24 e 25).
Vanno, tuttavia, evidenziati gli ampliamenti della “parte speciale” del decreto legislativo, relativi all’inserimento dei delitti in materia di contraffazione dell’Euro 5, dei reati societari 6, dei delitti che hanno come loro ‘ragione sociale’ l’eversione globale 7, la tratta degli schiavi 8, i reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato 9 , le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili 10, alcuni reati “transnazionali” 11 , i delitti di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio 12, l’omicidio colposo o le lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro 13, i delitti informatici relativi al trattamento illecito di
11 Si tratta, a norma dell’art. 10 della Legge 16 marzo 2006, n. 146 (di ratifica ed esecuzione della convenzione e dei protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea Generale il 15 novembre 2000 ed il 13 maggio 2001), che non interviene, questa volta, sul tessuto del D. Lgs. 231/2001, dei reati di cui agli artt. 416, 416-bis, 648-bis, 648-ter, 377-bis, 378 c.p., 291-quater d.P.R. 43/1973 (associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri), 74 d.P.R. 309/1990 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti) e 12, commi 3, 3-bis, 3-ter e 5 del T.U. di cui al d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, recante disposizioni contro le immigrazioni clandestina. Sulla definizione di reato “transnazionale”, v. l’art. 3 l. 146/2006.
12 Cfr. l’art. 25-octies del D. Lgs. 231/2001, inserito dall’art. 63, comma 3, D. Lgs. 231/2007; rubrica così modificata dall'art. 3, comma 5, lett. b), l. 15 dicembre 2014, n. 186. 13 Cfr. l’art. 25-septies del D. Lgs. 231/2001, introdotto dall’art. 9 l. 3 agosto 2007, n. 123, sostituito dall’art. 300 d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Testo Unico in materia di sicurezza e salute sul lavoro).
dati 14 , i delitti in materia di criminalità organizzata 15 , i delitti in materia di violazione del diritto d’autore 16, i delitti contro l’industria e il commercio 17, il delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria 18, i reati ambientali, di pericolo e di danno 19 , il reato di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare 20, il reato di autoriciclaggio 21, il reato di razzismo e xenofobia 22, il reato di frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati 23, il reato di traffico di influenze illecite, introdotto ex novo per le persone fisiche dalla riforma in tema di reati contro la P.A., la c.d. “legge Severino” (Legge 6 novembre 2012, n. 190) ma solo dalla ulteriore riforma (c.d. “legge spazza corrotti”) estesa anche all’ente 24 , i reati tributari 25,i reati di contrabbando 26 , reati in materia di accise 27 , i delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti 28 e di trasferimento fraudolento di valori 29, nonché, da ultimo, i delitti contro il patrimonio culturale 30 e i
14 Cfr. l’art. 24-bis del D. Lgs. 231/2001, introdotto dall’art.
7 l. 18 marzo 2008, n. 48 e recentemente modificamento dalla L. 28 giugno 2024, n. 90.
15 Cfr. l’art. 24 ter del D. Lgs. 231/2001, introdotto della legge 15 luglio 2009, n. 94.
16 Cfr. art. 25-novies D. Lgs. 231/2001, introdotto dall’art.
15, comma 7, let. C), l. 23 luglio 2009, n. 99
17 Cfr. art. 25-bis.1 D. Lgs. 231/2001, introdotto dall’art. 15, comma 7, lett. b), l. 23 luglio 2009, n. 99.
18 Cfr. art. 25-decies D. Lgs. 231/2001, introdotto dall’art. 4 l. 3 agosto2009, n.116, originariamente numerato come art. 25-novies.
19 Cfr. art. 25-undecies D. Lgs. 231/2001/01, introdotto dall’art. 2, comma 2, d. lgs. 7 luglio 2011, n. 121, successivamente integrato, in relazione ai reati di danno, dalla Legge 22 maggio 2015, n. 68.
20 Cfr. art. 25-duodecies D Lgs. 231/2001, introdotto dall’art. 2 d. lgs. 16 luglio 2012, n. 109.
21 Cfr. art. 3 l. 186/2014, che ha introdotto l’art. 648-ter.1. c.p. (Autoriciclaggio), poi calato nell’art. 25-octies del d. lgs. 231/2001.
22 Cfr. art. 25-terdecies D. Lgs. 231/2001 introdotto dalla Legge 20 novembre 2017, n. 167 con «Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione EuropeaLegge Europea 2017».
23 Cfr. art. 25-quaterdecies D. Lgs. 231/2001, introdotto dalla Legge 3 maggio 2019, n. 39 di attuazione, nel nostro ordinamento, della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla manipolazione di competizioni sportive.
24 Cfr. art. 25 del d. lgs., introdotto dalla Legge n. 3/2019.
25 Cfr. art 25-quinquiesdecies del D. Lgs. 231/2001, introdotto con legge 19 dicembre 2019, n. 157 e successivamente ampliato con d. lgs. 14 luglio 2020, n. 75.
26 Cfr. art. 25-sexiesdecies, del D. Lgs. 231/2001, introdotto con d. lgs. 14 luglio 2020, n. 75 e modificati dal d.lgs.26 settembre 2024 n. 241.
reati di riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici 31 ed i reati contro gli animali 32
1.4. IL SISTEMA SANZIONATORIO
Sul piano della tipologia delle sanzioni (il cui catalogo è contemplato all’art. 9 del d. lgs.), spiccano la sanzione pecuniaria (artt. 10-12), quelle interdittive (artt. 13-17), la confisca (art. 19) e la pubblicazione della sentenza (art. 18). Va subito posto in risalto che, trattandosi di sanzioni amministrative, non trova luogo l’istituto della sospensione condizionale della pena (a) La sanzione pecuniaria, di indefettibile applicazione, risulta articolata tra un minimo e un massimo, ma non coincide con il Modello di sanzione pecuniaria a “somma complessiva”. Allo scopo di meglio adattarla alle reali capacità economiche dell’ente, è stato privilegiato un sistema “per quote”, a struttura bifasica 33. Questa articolata struttura, che individua uno spazio di
27 Cfr. art. 25-sexiesdecies, del D. Lgs. 231/2001, introdotto con d.lgs.26 settembre 2024 n. 241.
28 Cfr. art. 25-octies.1, del D. Lgs. 231/2001, introdotto dall'art. 3, comma 1, lett. a), d. lgs. 8 novembre 2021, n. 184.
29 Cfr. art. 25-octies.1, del D. Lgs. 231/2001, come integrato dal D.L. 10 agosto 2023, n. 1505, convertito con modificazioni dalla Legge 9 ottobre 2023, n. 137.
30 Cfr. art 25-septiesdecies, del D. Lgs. 231/2001, introdotto dall'art. 3, comma 1, Legge 9 marzo 2022, n. 22, a decorrere dal 23 marzo 2022, ai sensi di quanto disposto dall'art. 7, comma 1, della medesima legge n. 22/2022 e modificati dalla L 22 gennaio 2024, n. 6
31 Cfr. art. 25-duodevicies, del D. Lgs. 231/2001, introdotto dall'art. 3, comma 1, Legge 9 marzo 2022, n. 22, a decorrere dal 23 marzo 2022, ai sensi di quanto disposto dall'art. 7, comma 1, della medesima Legge n. 22/2022.
32 Cfr. art. 25-undevicies del D. Lgs. 231/2001, introdotto con L- n. 6 giugno 2025, n. 82
33 La legge-delega 300/2000 si limitava ad individuare l’ammontare minimo (pari a cinquanta milioni di lire, cioè a euro 25.822) e quello massimo (non oltre i tre miliardi di lire, pari a euro 1.549.370) ai quali si doveva attenere il decreto legislativo. In attuazione della delega, il valore di ogni singola quota va da un minimo di euro 258 ad un massimo di euro 1549 e, nell’art. 10, si stabilisce che la sanzione pecuniaria viene applicata per quote non inferiori a cento né superiori a mille. Di conseguenza, il giudice, una volta individuato, sulla scorta dei criteri di commisurazione di cui all’art. 11, comma 1, il numero delle quote irrogabili (per come previsto dalla forbice edittale), procederà, poi, a determinare il valore della singola quota, tenendo conto delle capacità economiche e patrimoniali dell’ente (art. 11, comma 2). L’operazione si conclude, moltiplicando il numero delle quote inflitto con il valore assegnato alla singola quota.
discrezionalità applicativa per il giudice in corrispondenza della gravità oggettiva e soggettiva del fatto nonché in vista della capacità economica e patrimoniale dell’ente (art. 11), permette di escludere che questa sanzione assolva a funzioni di natura compensativo-risarcitoria. Al contrario, la sua adattabilità al caso concreto e alle sostanze dell’ente è la spia dell’esistenza di finalità di prevenzione generale e speciale Specie il riferimento alle “condizioni economiche dell’ente”, posto a fondamento del sistema “per quote”, orienta la commisurazione sia sul versante della prevenzione generale, nel senso che i potenziali destinatari del precetto sono diffidati dal poter contare su un’eventuale sproporzione tra la sanzione e le proprie condizioni economiche che renderebbe vantaggioso l’illecito; sia verso la prevenzione speciale, laddove tende ad impedire che condizioni economiche favorevoli rendano insensibile l’ente al carattere afflittivo della sanzione pecuniaria. (b) Analoghe finalità improntano le sanzioni interdittive, anch’esse comprese, sul piano edittale, tra un minimo e un massimo 34 . Giova evidenziare che la legge 3/2019 ha introdotto delle modifiche in materia di sanzioni interdittive. Infatti, l’art. 1, comma 9, lett. b) della legge, stabilisce, sul terreno repressivo, l’aumento della durata delle sanzioni interdittive, irrogate con riguardo alla commissione dei reati-presupposto di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 25: oggi fissata in una durata non inferiore ad un anno (e, dunque, non superiore a due anni nel massimo, a norma dell’art. 13, comma2), la riforma la eleva, distinguendo a seconda del soggetto autore del reato-presupposto. Se si tratta di un soggetto apicale, la sanzione interdittiva ha una durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette; se, per contro, l’autore è un dipendente, la durata andrà da un minimo di due anni ad un massimo di quattro (questa seconda ipotesi appare, per vero, munita di uno spazio
34 Fatte salve le sanzioni interdittive applicate in via definitiva che, per la gravità dei presupposti che ne condizionano l’irrogazione (v. art. 16 d. lgs.), si fondano sopra una prognosi di irrecuperabilità dell’ente ad una prospettiva di legalità.
35 Vale a dire, a norma dell’art. 13: a) quando l’ente ha ritratto dal reato un rilevante profitto e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale, ovvero da soggetti ‘subordinati’ quando la commissione del reato è dipesa da gravi carenze organizzative; b) in caso di reiterazione degli illeciti.
applicativo particolarmente ridotto, atteso che, statisticamente, la criminalità del profitto mette quasi sempre capo a soggetti in posizione apicale).
Quanto alla tipologia, l’art. 9 prevede: l’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare beni e servizi. Destinate a trovare obbligatoria applicazione nei soli casi previsti dalla legge e quando ricorrono determinate condizioni di “gravità” dell’illecito (v. art. 13) 35, il contenuto di tali sanzioni, di tipo fortemente incapacitante, rimanda la presenza di una finalità di prevenzione generale, da intendersi come capacità di dissuasioneintimidazione, sia pure complementare rispetto a quella di prevenzione speciale, maggiormente espressiva dell’istanza di neutralizzazione della fonte del rischioreato.
Va, poi, segnalato che, in sede di scelta delle sanzioni interdittive (art. 14), il giudice è chiamato a valutare l’idoneità preventiva delle singole sanzioni, anche in vista di una loro applicazione congiunta. La sanzione dell’interdizione dallo svolgimento dell’attività viene concepita come extrema ratio, in ragione del suo alto grado di invasività. Inoltre, occorre evidenziare il parametro della frazionabilità delle sanzioni interdittive, che devono proiettarsi, per quanto possibile, in direzione della specifica attività dell’ente fonte l’illecito.
Nel contesto della disciplina, assume particolare importanza la norma dell’art. 15, relativa alle ipotesi in cui le sanzioni interdittive sono applicate verso enti che svolgono un pubblico servizio o un servizio di pubblica utilità, quando dall’interruzione dell’attività può derivare un grave
A proposito del “profitto di rilevante entità”, di cui all’art. 13, si segnala che, di recente, la Corte di Cassazione ne offerto una concezione ‘dinamica’, precisando che esso non dipende dalla considerazione del valore del contratto o del fatturato seguito al reato (criterio ‘statico’ dell’utile netto), ma può comprendere anche vantaggi economici non immediati, comunque conseguiti con la commissione dell’illecito (Cass., 23 giugno 2006, La Fiorita soc. coop. a r. l., inedita).
pregiudizio alla collettività, ovvero quando l’applicazione di tali sanzioni può causare rilevanti ripercussioni sull’occupazione, avuto riguardo alle dimensioni dell’ente e alle condizioni economiche del territorio in cui è situato. In questi casi, il giudice, in luogo della misura interdittiva, dispone la prosecuzione dell’attività da parte di un commissario, per un periodo pari alla durata della sanzione interdittiva che sarebbe stata applicata.
Sul piano strutturale, il commissariamento si atteggia come una vera e propria misura alternativa di contenuto sanzionatorio. Lo si desume dalla sua ossatura: in primo luogo, la durata, che è pari a quella della sanzione interdittiva che il giudice avrebbe inflitto; in secondo luogo, si prevede che il profitto derivante dalla prosecuzione dell’attività debba essere confiscato. Sul versante dello “scopo”, la misura tradisce una chiara finalità curativa, per sommi capi accostabile al corporate probation statunitense e al placement sous surveillance judiciaire previsto in Francia. Coerentemente, il commissario viene chiamato a curare la riorganizzazione dell’ente con l’adozione dei modelli di prevenzione del rischio-reato. (c) Ma l’aspetto sicuramente più innovativo del sistema sanzionatorio sta nel rilievo accordato alle condotte di ravvedimento post factum. I comportamenti di riparazione dell’offesa e di ri-organizzazione dell’ente in direzione della legalità possiedono una particolare efficacia condizionante dello stesso regime di applicazione delle sanzioni. Una speciale forma di attività riparatoria provoca, infatti, una significativa riduzione della sanzione pecuniaria e, addirittura, l’inapplicabilità delle sanzioni interdittive. Si tratta delle attività coincidenti con il risarcimento del danno e con l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato nonché con l’adozione di efficaci modelli di prevenzione del rischio-reato (v. artt. 12 e 17 del decreto). Tali condotte, per poter conseguire gli effetti ora indicati, vanno poste in essere prima dell’apertura del dibattimento di primo grado 36. Ne deriva che, specie con riguardo alle sanzioni interdittive, il sistema così congegnato trasuda, sul piano sistematico e politicocriminale, indubbie finalità
36 Il favore accordato alle condotte riparatorie fa sì che esse, anche se tenute oltre l’apertura del dibattimento di primo grado, possano comunque dare luogo alla
specialpreventive. Così, per un verso, la minaccia, di cospicuo spessore, è collegata al compimento di illeciti di particolare gravità o all’esistenza della reiterazione specifica degli illeciti; per altro e collegato verso, vengono ritagliate sanzioni positive, che consentono di evitare l’applicazione delle sanzioni interdittive in presenza di comportamenti diretti, con un legame sinergico di natura funzionale, a reintegrare l’offesa e a prevenire la commissione di ulteriori illeciti attraverso un’opera di riorganizzazione preventiva dell’ente. Come si vede, il sistema sanzionatorio, proprio sul versante delle temute sanzioni interdittive, non si ispira ad una logica punitiva indiscriminata, ma mira dichiaratamente a privilegiare la prospettiva della tutela dei beni in uno con la prevenzione del rischio di commissione di ulteriori illeciti.
(d) Per quanto concerne la confisca (art. 19), si tratta di una sanzione autonoma e obbligatoria: è, infatti, sempre disposta con la sentenza di condanna e ha ad oggetto il prezzo o il profitto del reato. La norma configura anche la forma di confisca c.d. “per equivalente”, che ha ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto derivato dall’illecito, quando, ovviamente, non ne è possibile l’apprensione nelle forme tradizionali.
La pubblicazione della sentenza di condanna (art. 18) può essere disposta dal giudice solo quando viene irrogata una sanzione interdittiva e vanta significative assonanze con l’Adverse Publicity statunitense e la Communication de la décision francese.
Quanto al regime della prescrizione delle sanzioni amministrative, si è prescelta una disciplina (v. art. 22) di evidente stampo civilistico, che stride con la natura intrinsecamente punitiva dell’illecito. (e) Il procedimento di accertamento della responsabilità e di applicazione delle sanzioni è interamente devoluto alla cognizione del giudice penale, secondo le norme del codice di procedura penale (v. artt. 34 ss.). L’ente, dunque, assume nel processo la qualità di imputato, partecipandovi tramite il suo rappresentante legale (salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende la
sostituzione della sanzione interdittiva con la sanzione pecuniaria, che si somma, così, a quella già inflitta con la sentenza di condanna (v. artt. 31 e 78).
responsabilità sanzionatoria dell’ente) ovvero con un mandatario munito di specifica delega (art. 39). La persona fisica, imputata del reato-presupposto, non potrà esercitare la funzione di testimone nel processo a carico dell’ente; tale incompatibilità a testimoniare si estende anche a colui che rappresenta l’ente nel processo e che rivestiva tale qualità anche nel momento in cui fu commesso il reato (art. 44): è evidente, in questo caso, che, se il rappresentante legale fosse costretto a testimoniare, si esporrebbe al rischio di autoincriminazione, in quanto potrebbe trovarsi nella situazione di dichiarare fatti e circostanze da cui il giudice ricaverebbe elementi di prova sia a carico dell’ente, sia a suo carico.
Nell’ambito del sistema processuale, meritevole di attenzione appare la disciplina delle misure cautelari (artt. 45 ss.). Quanto alla tipologia, le misure coincidono con il catalogo delle sanzioni interdittive e sono applicabili quando sussistono gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’ente e il pericolo di reiterazione (art. 45, comma 1). Il procedimento di applicazione presenta tratti di originalità, atteso che il giudice provvede sulla richiesta del pubblico ministero all’esito di una udienza nel contraddittorio delle parti (art. 47). Va posto in risalto che, in tale udienza, l’ente può richiedere di dar corso alle condotte riparatorie che, come si è visto, determinano l’inapplicabilità delle sanzioni interdittive: in tal caso, il giudice può sospendere le misure cautelari, assegnando un termine per la loro realizzazione e fissando una somma a titolo di cauzione. Se le condotte riparatorie vengono attuate, il giudice revoca la misura cautelare (art. 49).
Ancora una volta, dunque, il legislatore fa trasparire il favore per le condotte riparatorie, tanto che l’udienza cautelare tende ad assumere, nella prassi, una funzione spiccatamente preventiva, nell’ottica di favorire, prima possibile, un recupero dell’ente alla legalità.
1.5. I SOGGETTI DESTINATARI DEL DECRETO
L’art. 1, comma 2, del D. Lgs. 231/2001stabilisce che le disposizioni del decreto si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e
associazioni anche prive di personalità giuridica. Il comma 3 esclude, per contro, che il decreto possa avere tra i suoi destinatari lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti pubblici non economici nonché quelli che svolgono funzioni di rilievo costituzionale
Non sorgono particolari interpretativi in ordine all’elenco contenuto nel secondo comma: la scelta di estendere il regime della responsabilità agli enti sprovvisti di personalità giuridica appare del tutto ragionevole, visto il rilievo che possiedono nella vita economica e giuridica. Peraltro, allo scopo di estromettere dal novero dei destinatari soggetti come i “condomini” e i “comitati”, il legislatore ha fatto ricorso alla formula “società ed associazioni anche prive di personalità giuridica”, così da selezionare solo gli enti che, pure privi di personalità giuridica, possano comunque ottenerla. Il comma 3 esclude dal raggio dei destinatari gli enti pubblici non economici (si pensi a quelli associativi, come gli ordini, i collegi professionali, l’ACI, la CRI, ecc.) e quelli che svolgono un pubblico servizio, sprovvisti di finalità di lucro (si pensi alle aziende ospedaliere). In definitiva, il decreto assoggetta a responsabilità gli enti pubblici orientati dal fine di lucro e quelli conformati dal principio di economicità, sottoposti ad uno statuto privatistico di disciplina. Questa scelta, con riguardo agli enti pubblici associativi, sembra muovere dalla marginalità di tali enti, destinati, per lo più, a scomparire a causa del crescente fenomeno delle privatizzazioni, che, una volta intervenute, provocherebbero la soggezione alla disciplina stabilita dal decreto; per quanto concerne gli enti pubblici non economici (specie quelli che svolgono un pubblico servizio), la sottoposizione alla normativa in esame avrebbe avuto una ridottissima efficacia deterrente, visto che il costo delle sanzioni pecuniarie si sarebbe scaricato, da ultimo, sullo Stato, mentre l’applicazione di sanzioni interdittive si sarebbe risolta in un costo per la collettività. Il riferimento agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale, come soggetti posti al di fuori della disciplina del decreto, coinvolge i partiti politici e i sindacati.
1.6.
LA DISCIPLINA DEI REATI COMMESSI ALL’ESTERO E DI QUELLI COMMESSI IN ITALIA DA ENTI AVENTI LA SEDE PRINCIPALE ALL’ESTERO
L’art. 4 D. Lgs. 231/2001 disciplina le ipotesi di responsabilità degli enti con sede principale nel territorio nazionale in relazione ai reati commessi all’estero. La norma prevede che il giudice italiano potrà procedere nei confronti dell’ente se sarà competente ad accertare la responsabilità dell’autore del reato. Nessuna differenza nei criteri di imputazione della responsabilità, anche se in questi casi occorrerà che l’autore del reato commesso all’estero si trovi nelle condizioni poste dagli artt. 7, 8, 9 e 10 c.p., specificamente richiamati dall’art. 4, che è così strutturato:
a) attraverso il richiamo degli artt. da 7 e 10 c.p. pone le prime condizioni perché l’ente possa rispondere dei reati commessi all’estero;
b) richiede che l’ente abbia la sede principale nel territorio dello Stato;
c) prevede che nei casi in cui la legge preveda la richiesta del Ministro della giustizia per procedere contro la persona fisica, la richiesta debba essere formulata anche per quanto riguarda l’ente;
d) infine, contiene una clausola, particolarmente significativa, che esclude che si possa procedere contro la persona giuridica se lo Stato del luogo in cui il fattoreato è stato commesso abbia esso stesso deciso di procedere contro la società.
L’art. 4 nulla dispone, per contro, con riguardo all’ipotesi inversa, relativa ai reati commessi in Italia da società aventi la sede principale all’estero, che ricomprende, dunque, l’attività svolta in Italia dalle società estere, provviste o non di sedi nel territorio italiano. Da questo silenzio, non è però possibile trarre il principio di insussistenza della giurisdizione italiana. Che la giurisdizione italiana sussista è ricavabile dal complesso delle disposizioni del D Lgs. citato: in particolare, l’art. 36 sancisce che il giudice penale, legittimato a conoscere del reato-presupposto, è del pari competente a conoscere l’illecito amministrativo dell’ente, sì che la competenza per l’accertamento di tale illecito si radica nel luogo di commissione del reato-presupposto. Il perimetro entro il quale opera la giurisdizione italiana, anche in relazione
all’illecito amministrativo, è dunque delimitato da quanto disposto in via generale dall’art. 6 del codice penale, laddove statuisce che “ il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero se ivi si è verificato l’evento che la conseguenza dell’azione od omissione”.
A questa stregua, rientrerebbe certamente nella competenza del giudice penale italiano l’illecito amministrativo conseguente ad es. ad un reato di corruzione laddove la dazione della provvista al pubblico ufficiale - avvenuta mediante l’accredito delle relative somme di danaro su conti esteri - sia stata preceduta da un accordo corruttivo concluso sul territorio italiano; o ancora l’illecito amministrativo conseguente ad un reato di riciclaggio commesso attraverso un’operazione di sostituzione di danaro di provenienza illecita, allorché detta operazione sia stata effettuata con il coinvolgimento della filiale italiana; o ancora ad un reato di aggiotaggio, allorché l’ordine di investimento - effettuato ad opera del desk della società “madre” collocata all’estero - abbia prodotto un’alterazione sensibile del prezzo di uno strumento finanziario collocato sul mercato italiano. Ne deriva, pertanto, che nel momento in cui l’ente estero decide di operare in Italia ha l’obbligo di uniformarsi alle previsioni normative italiane, non potendosi prefigurare, per gli enti esteri, una sorta di “autoesclusione” dalla normativa nostrana, in chiaro contrasto con l’art. 3 c.p.
Parte Generale 2.0
Configurazione giuridica ed organizzativa di CPL
Concordia
2 PARTE GENERALECONFIGURAZIONE GIURIDICA ED ORGANIZZATIVA DI CPL CONCORDIA
CPL Concordia Soc. Coop. (per brevità anche “CPL” o “Società”) è la holding operativa di un gruppo cooperativo multiutility italiano costituito nel 1899, che occupa circa 1.600 addetti, con un fatturato consolidato di oltre 300 milioni di euro. Le attività del Gruppo riguardano l’energia in tutti i suoi aspetti: dall’approvvigionamento e distribuzione alla contabilizzazione di gas ed elettricità, alla produzione mediante sistemi tradizionali o impianti rinnovabili, svolgendo anche la progettazione e attuazione di soluzioni che migliorano l’efficienza energetica e producono risparmio di risorse per clienti pubblici e privati.
Il Gruppo opera in Europa (Italia e Romania)
La Società adotta un sistema di amministrazione e controllo di tipo tradizionale, con un Consiglio di Amministrazione composto da 9 membri, un organo di controllo, il Collegio Sindacale, composto da 3 membri effettivi e due supplenti, e l’attività di revisione legale dei conti affidata ad una primaria Società di Revisione. La Società può costituire un Comitato rischi e operazioni con parti correlate e un Comitato nomine e remunerazione, relativamente ai quali il Consiglio di Amministrazione determina la composizione e le specifiche funzioni
Nella tabella sottostante viene riportata la composizione dell’organico della Società alla data del 30/06/2025.
Dirigenti 19
Quadri 64
Impiegati 728
Operai 906
Apprendisti 26
TOTALE 1743
Di seguito vengono specificati i settori di business all’interno delle macroaree nelle quali la Società ha sviluppato il proprio mercato:
1. GAS: reti, servizi alla distribuzione, odorizzazione, pronto intervento gas, ripartizione calore, stazioni di
decompressione, sistemi di filtrazioni, protezione catodica, telecontrollo cabine e consumi, telecontrollo reti, fatturazione, servizi di contact center, convertitori di volumi, software gas, GNL, manutenzione meccanica ed elettronica, impianti e sistemi d’iniezione;
2. ENERGIA: energy management, facility management, servizio energia, impianti MT, BT e illuminazione interni, building automation, sistema HVAC, pubblica illuminazione, teleriscaldamento, pronto intervento elettrico, smart city, convenzioni Consip, telecontrollo consumi energetici, software energia;
3. COGENERAZIONE: cogenerazione a metano, trigenerazione, service postvendita, moduli di cogenerazione, assorbitori a bromuro di litio;
4. BIOGAS e BIOMASSE: cogenerazione a biogas, service post-vendita biogas;
5. ACQUA: costruzione di reti, gestione di reti, pronto intervento acqua, telecontrollo impianti idrici, impianti idrico-sanitari antincendio, depurazione e trattamento acque, software acqua;
6. OIL & GAS SERVICES: manutenzione macchine rotanti, costruzione impianti;
Passando ad illustrare l’organizzazione interna della Società (v. allegato 2: organigramma funzionale), occorre rilevare che a seguito della delibera del CDA del 4 agosto 2016, confermata con delibera del 30/06/2018, del 18/06/2021 e del 07/06/2024, questa ha assunto una diversa connotazione rispetto al passato.
Il CDA ha rappresentato la necessità di individuare poteri e responsabilità dei vertici aziendali e del management tutto, di definire un nuovo sistema di regole che assicurino la più completa tracciabilità dei processi decisionali e di portare a compimento il processo di managerializzazione della cooperativa. La sua realizzazione ha portato al trasferimento di buona parte dei poteri ordinari al Direttore Generale. Il CDA ha mantenuto la pianificazione strategica, la definizione delle linee d’indirizzo e di sviluppo della Società, la programmazione dell’attività sociale, la rappresentanza istituzionale della Società nonché l’indirizzo ed il controllo dell’attività del Direttore Generale. Rimangono in capo al CDA, nella figura del Presidente e del
Vicepresidente, le attività non delegabili ex lege.
Il Direttore Generale assume, pertanto, tutti i poteri attuativi e di conduzione dell’ordinaria attività d’impresa, di gestione operativa, amministrativa e tecnica, anche con rilevanza esterna, fungendo da supporto realizzativo della volontà degli amministratori ed agendo in esecuzione delle politiche generali fissate dagli stessi. Il Direttore Generale assume anche il ruolo di Datore di Lavoro.
Il Direttore Generale ha delegato parte delle proprie funzioni a Direttori e Responsabili delle seguenti aree: Direzione di Produzione, Settori, Direzione Commerciale, Direzione Amministrativa, Direzione Sviluppo Organizzazione e Competenze, Direzione Approvvigionamenti, Direzione Ingegneria, nonché al Responsabile Sistemi Informativi, agli Human Resources Business Partner, al Responsabile Finanziario e al Responsabile dell’Ufficio Amministrazione e Paghe. Maggiori dettagli sullo schema di poteri e deleghe sono descritti nel capitolo “Il sistema delle procure e delle deleghe”. L’overview evidenzia che CPL è una Società holding operativa, che, oltre a svolgere la propria attività industriale, detiene quote di partecipazione di maggioranza con finalità di controllo strategico e di coordinamento in società italiane ed estere.
Stante l’importanza che rivestono gli aspetti legali nell’attività della Società, CPL, come molte organizzazioni di eguale e superiori dimensioni e complessità, ha optato per una separazione e specializzazione delle aree legali:
a) gli Affari Legali e Societari per tutte le attività e competenze del diritto con esclusione del Diritto del lavoro; b) l’area legale della Direzione Organizzazione e Sviluppo delle Competenze per quanto rientra nel Diritto del Lavoro.
In tutto il Modello, per “Area Legale”, se non direttamente esplicitato nel capoverso, si dovrà intendere l’una o l’altra in funzione della tipologia. In caso di dubbio, l’assegnazione sarà rimessa al Responsabile Affari Legali e Societari.
2.1. INTERNAL AUDITING
La Società si è dotata di una struttura di Internal Auditing, approvandone il Mandato nel corso del CDA del 19 luglio 2016, riconfermato con aggiornamento nel CDA del 16 aprile 2019 sentito il Collegio Sindacale e l’Organismo Di Vigilanza. La missione della struttura, parte integrante dell'ambiente di controllo interno e componente del sistema complessivo di Governance, è quella di valutare adeguatezza e funzionalità dei processi di gestione dei rischi, di controllo e di Governance, tramite un'attività indipendente ed obiettiva di assurance e consulenza.
Affinché tale missione possa essere perseguita, l'Internal Audit: Verifica l’adeguatezza, l’effettività e l’efficacia del sistema interno per la gestione del rischio (ERM – Enterprise Risk Management) secondo gli schemi espressi dalla letteratura aziendalistica internazionale sul tema ed in particolare dal COSO ERM Framework1. Il nuovo framework si basa sulla premessa che ogni organizzazione, per creare valore, debba gestire i rischi che minacciano il raggiungimento degli obiettivi. Pertanto, la sfida consiste nel determinare quanto rischio l’organizzazione è disposta e capace di gestire. In questo contesto, l’ERM deve permettere all’organizzazione di ottimizzare il rapporto tra esposizione al rischio e opportunità, al fine di rafforzare la capacità aziendale di creare, preservare e generare valore. In quest’ottica, la strategia di Audit deve essere definita non solo in funzione dei rischi sottesi, tenendo in considerazione le interdipendenze tra processi, ma anche degli obiettivi aziendali, cosicché l’attività di controllo possa generare un effettivo valore aggiunto per la Cooperativa; verifica l'esistenza del Controllo Interno, accertandone il grado di adeguatezza in termini di conformità ai principi di controllo interno della Cooperativa. Con il termine “Controllo
Interno” si fa riferimento alle fonti della letteratura aziendalistica internazionale sul tema ed in particolare al CoSO Report 37. Secondo tale fonte il Controllo Interno è il sistema di individuazione e gestione dei rischi che minacciano il raggiungimento dei principali obiettivi di un’impresa: l’efficienza ed efficacia della gestione, l’attendibilità dell’informativa di bilancio, la conformità a leggi e regolamenti. Il Controllo Interno, secondo il CoSO Report, è costituito da cinque elementi che interagiscono tra loro: ambiente di controllo, valutazione dei rischi, attività di controllo, informazioni e comunicazione, monitoraggio; verifica il regolare funzionamento del Controllo Interno, suggerendo eventuali azioni correttive; definisce periodicamente, con il Presidente del Consiglio di Amministrazione (nel seguito “Presidente”), con l'Organismo di Vigilanza (istituito ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. 231/2001) ed il Collegio Sindacale, le aree di preminente interesse per lo svolgimento di audit specifici; riporta periodicamente al Consiglio di Amministrazione una sintesi delle risultanze degli interventi e delle valutazioni di adeguatezza del Controllo Interno; supporta il Management nella continua adozione e diffusione della metodologia di Risk Assessment, sulla base della quale sviluppa ed esegue un Piano di Audit; collabora con le funzioni di controllo di secondo livello (Controllo di Gestione, Sicurezza, Ambiente, ecc.) e ne monitora l’operatività e l’efficacia;
37 Committee of Sponsoring Organizations of the Treadway Commission,” Internal Control - Integrated Framework” - (CoSO Report), AICPA, 1992, New York, trad. it. con adattamenti alla realtà italiana in Coopers &
monitora situazioni critiche intervenute all'interno dell'organizzazione che potrebbero apportare rilevanti cambiamenti nel Controllo Interno; fornisce un adeguato supporto all'Organismo di Vigilanza istituito ai sensi dell'art. 6 del D. Lgs. 231/2001 (nel seguito “ODV”).
L'Internal Audit provvede, tra l'altro, ad analizzare e valutare, prestando consulenza e supporto: l'affidabilità dei sistemi di salvaguardia del patrimonio aziendale; la correttezza delle metodologie e dei comportamenti adottati sulla base delle disposizioni aziendali e delle norme applicabili; l'adeguatezza delle principali procedure della Cooperativa; l'affidabilità dei sistemi informativi; la definizione dei programmi di revisione delle procedure e di miglioramento operativo sulla base delle rilevazioni effettuate; le metodologie ed i comportamenti adottati in relazione ad operazioni di scorporo, fusione, scissione, acquisizione, cessione di attività.
Le aree tipiche di intervento dell'Internal Audit coprono quindi gli ambiti conformità e controllo, efficacia ed operatività dei controlli interni esistenti, interventi speciali. L’azione è disciplinata dai principi di etica professionale dell’Institute of Internal Auditor
2.2. COMITATI ENDOCONSILIARI
Lo Statuto della Società prevede la possibilità di costituire un Comitato rischi e operazioni con parti correlate e un Comitato nomine e remunerazione. Si tratta di comitati endoconsiliari ai quali può essere assegnato un mandato di analisi e
Lybrand,” Il sistema di controllo interno. Progetto di Corporate Governance per l'Italia. Un Modello integrato di riferimento per il governo dell'azienda”, Il Sole 24 ore Libri, 1997 Milano.
rendicontazione rispettivamente in materia di gestione dei rischi e di politiche e strategie in materia retributiva. Per entrambi i comitati è direttamente il Consiglio di Amministrazione che ne determina la composizione e le specifiche funzioni
2.3. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO DEL RISCHIO-REATO
PREMESSA
La Società è particolarmente sensibile all’esigenza di diffondere e consolidare la cultura della trasparenza e dell’integrità, poiché – anche prescindendo dall'aspetto strettamente giuridico-sanzionatorio sin qui illustrato – tali valori costituiscono il fulcro della propria cultura.
A tal proposito, la Società, in una logica di costante crescita e sviluppo della cultura della legalità, ha ritenuto opportuno definire un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo del rischio-reato ai sensi del D. Lgs. 231/2001.
2.3.1. L’adozione del modello e suo aggiornamento
L’adozione del Modello è demandata dal D. Lgs. 231/2001 stesso alla competenza dell’organo dirigente (ed in particolare al Consiglio di Amministrazione), al quale è altresì attribuito il compito di integrare ed aggiornare il Modello.
Il Modello non è concepito infatti come un documento statico, ma al contrario è pensato nell’ottica di un continuo aggiornamento in relazione alle esigenze di adeguamento che per esso si vengono a determinare nel tempo. Infatti, esso sarà oggetto di costante aggiornamento e miglioramento.
Gli eventi che, con lo spirito di mantenere nel tempo un Modello efficace ed effettivo, potranno essere presi in considerazione ai fini dell’aggiornamento o adeguamento del Modello, sono riconducibili, a titolo esemplificativo e non esaustivo, a: - novità legislative con riferimento alla disciplina della responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato; - orientamenti della giurisprudenza e della dottrina prevalente; - riscontrate carenze e/o lacune e/o significative violazioni delle previsioni del Modello a seguito di verifiche sull’efficacia del medesimo;
- cambiamenti significativi della struttura organizzativa, dei processi o dei settori di attività di CPL; - considerazioni derivanti dall'applicazione del Modello, ivi comprese le risultanze degli aggiornamenti dell’“analisi storica”.
Nel processo di definizione ed adozione, CPL ha verificato che il Modello, relativamente alla data di approvazione, sia allineato: - alle ultime novità normative; - alla più recente giurisprudenza in materia; - agli orientamenti dottrinali più accreditati; - alle migliori prassi applicative esistenti.
2.3.1.
Le finalità del modello
Il Modello 231 predisposto dalla Società si propone come finalità quelle di: - predisporre un sistema di prevenzione e controllo finalizzato alla riduzione del rischio di commissione dei reati, rilevanti ai fini del Decreto, connessi alla propria attività; - rendere tutti coloro che operano in nome e per conto di CPL, ed in particolare quelli impegnati nelle “aree di attività a rischio”, consapevoli di poter incorrere, in caso di violazione delle disposizioni in esso riportate, in un illecito passibile di sanzioni, sul piano penale ed amministrativo, non solo nei propri confronti, ma anche nei confronti della Società; - informare tutti i terzi che operano con la Società che la violazione delle prescrizioni contenute nel Modello comporterà la risoluzione del rapporto contrattuale.
2.3.2. La costruzione del modello
CPL ha proceduto ad una ricognizione delle proprie attività e ad una analisi approfondita delle stesse, al fine di individuare le aree “a rischio” all’interno della Società
La costruzione del Modello 231 si è articolata nelle fasi di seguito descritte:
(i) esame preliminare della documentazione di riferimento, al fine di identificare le fattispecie di reato rilevanti per CPL ai sensi del D. Lgs. 231/2001;
(ii) individuazione delle aree di attività e dei processi “a rischio”, delle attività “sensibili”, ovvero quelle al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati previsti dal D. Lgs. 231/2001, nonché delle funzioni coinvolte;
(iii) definizione, in via di ipotesi, delle principali possibili modalità esemplificative di commissione dei reati presupposto;
(iv) svolgimento di interviste con i ruoli organizzativi chiave di CPL, finalizzate alla rilevazione ed individuazione del sistema di controllo dell’ente finalizzato a prevenire la commissione dei reati presupposto.
L’esito di tale attività è stato raccolto e formalizzato nel documento di “Mappa delle Aree a Rischio Reato”.
Sulla base di tali attività, si è provveduto all’individuazione dei sistemi di controllo interno a presidio delle aree a rischio di reato, nonché agli eventuali ambiti di miglioramento dei controlli (c.d. “gap analysis”). Tale documento è denominato "Valutazione dei Fattori di Rischio e del Sistema di Controllo Interno”.
Nella predisposizione del Modello 231 sono, dunque, state prese in considerazione le specifiche caratteristiche operative e organizzative di CPL, nonché le diverse regole procedurali e comunicazioni organizzative.
2.3.3. Le componenti del modello. Il codice etico e di comportamento
La Società intende improntare lo svolgimento dell’attività, il perseguimento dello scopo sociale e la crescita della Società al rispetto, non solo delle leggi e dei regolamenti vigenti, ma anche di principi etici condivisi. A tale fine, la Società si è dotata di un Codice Etico, volto a definire una serie di valori e principi di "deontologia aziendale" che la Società riconosce come propri e dei quali esige l’osservanza da parte degli organi societari, dei propri dipendenti e di tutti coloro che cooperano a qualunque titolo al perseguimento dei fini aziendali. Il Codice Etico ha una portata di carattere generale e rappresenta uno strumento caratterizzato da propria autonomia contenutistica, pur richiamando principi di comportamento rilevanti anche ai fini del Modello.
Il Codice Etico vuole:
- ribadire che nessun vantaggio per l’azienda può giustificare l’adozione di comportamenti in contrasto con i principi e i valori condivisi; - rendere comuni e diffusi a tutti i livelli i valori di integrità in cui l’azienda crede, facendo in modo che ogni volta che qualcuno debba prendere una qualsiasi decisione si ricordi che sono in gioco non solo i propri interessi e i propri diritti e doveri, ma anche quelli degli altri; - rendere consapevoli le persone del fatto che il benessere ed il rispetto di tutti devono sempre essere presi in considerazione nell’agire quotidiano.
2.3.4. Il concetto di rischio accettabile
Nella predisposizione di un Modello, quale il presente, non può essere trascurato il concetto di rischio accettabile. È, infatti, imprescindibile stabilire, ai fini del rispetto delle previsioni introdotte dal D. Lgs. 231/2001, una soglia che consenta di limitare la quantità e qualità degli strumenti di prevenzione che devono essere adottati al fine di impedire la commissione del reato. Con specifico riferimento al meccanismo sanzionatorio introdotto dal D. Lgs. 231/2001, la soglia di accettabilità è rappresentata dall’efficace implementazione di un adeguato sistema preventivo che sia tale da non poter essere aggirato se non intenzionalmente, ovvero, ai fini dell’esclusione di responsabilità amministrativa dell’Ente, le persone che hanno commesso il reato hanno agito eludendo fraudolentemente il Modello ed i controlli adottati dalla Società
2.3.5. La struttura del modello ed i reati presupposto rilevanti ex D. Lgs. 231/2001 ai fini della sua costruzione
CPL ha inteso predisporre un Modello 231 che tenesse conto della propria peculiare realtà e struttura organizzativa, in coerenza con il proprio sistema di governo e in grado
di valorizzare i controlli e gli organismi esistenti.
Il Modello, pertanto, rappresenta un insieme coerente di principi, regole e disposizioni che:
- incidono sul funzionamento interno della Società e sulle modalità con le quali la stessa si rapporta con l’esterno; - regolano la diligente gestione di un sistema di controllo delle Aree a Rischio Reato, finalizzato a prevenire la commissione, o la tentata commissione, dei reati richiamati dal D. Lgs. 231/2001.
Il Modello 231 di CPL è costituito da una “Parte Generale” e da una “Parte Speciale”, quest’ultima suddivisa in relazione alle diverse categorie di illeciti amministrativi previsti dal D. Lgs. 231/2001 ritenuti rilevanti in relazione all’attività della Società, dal Codice Etico e dai documenti di Mappatura delle Aree a Rischio Reato e Valutazione dei Fattori di Rischio e del Sistema di Controllo Interno.
Nella presente Parte Generale sono illustrate le componenti essenziali del Modello, con particolare riferimento all’Organismo di Vigilanza, alla formazione del personale e diffusione del Modello nel contesto dell’Ente ed extra-Ente, al sistema disciplinare e alle misure da adottare in caso di mancata osservanza delle prescrizioni dello stesso.
In particolare, la Parte Generale del Modello 231 contiene:
1) il Modello di governance e i sistemi organizzativi e di controllo interno adottati dall’ente: dunque, vengono descritti la configurazione giuridica societaria, gli organi dell’ente e le funzioni di controllo interno esistenti (ad esempio, Internal Auditing);
2) la dislocazione dei garanti: dopo la descrizione dell’organigramma aziendale, viene formalizzato, in modo tassativo, il sistema delle procure e delle deleghe, in coerenza con le responsabilità operative e gestionali; la mappa dei poteri decisionali viene altresì integrata nella Parte Speciale, con l’indicazione dei responsabili, sul quale gravano il compito di dotare di particolare evidenza il processo a rischio-reato, controllare che il sistema di prevenzione funzioni e a fungere da interfaccia con gli organismi di controllo (in specie, l’OdV).
Questi due elementi sono complessivamente riconducibili al disimpegno di quella parte del dovere di
auto-organizzazione che riguarda la dislocazione topografica delle posizioni di garanzia e il sistema di governance adottato dalla Società. Sul terreno della diffusione della cultura della legalità e della prevenzione del rischio-reato, la Parte Generale del Modello contempla altresì:
1) le linee dell’attività di informazione e di formazione sui contenuti del Modello e delle procedure di gestione del rischioreato;
2) le modalità di emersione e di rilevamento delle violazioni del Modello;
3) la struttura del sistema disciplinare;
4) l’istituzione, la composizione, il funzionamento e gli obbiettivi dell’Organismo di Vigilanza (OdV).
La Parte Speciale del Modello 231 di CPL è stata predisposta in relazione ad alcune “famiglie di reato” che, all’esito delle attività di risk assessment effettuate, sono state ritenute maggiormente rilevanti in ragione del settore di operatività, dell’organizzazione e dei processi che caratterizzano la Società. Per ognuna delle singole Parti Speciali del Modello 231, esse contengono:
la descrizione della struttura dei reatipresupposto della responsabilità dell’ente;
la funzione della Parte Speciale;
le aree potenzialmente “a rischio reato” e le attività “sensibili”;
i principi generali di comportamento ed i contenuti essenziali delle cautele procedimentali e sostanziali, che ispirano le specifiche procedure operative richiamate nel Modello;
gli elementi essenziali dei presidi organizzativi aziendali nelle aree a rischio di reato;
i Responsabili del controllo;
i compiti dell’Odv e flussi informativi
2.4. IL SISTEMA DELLE PROCURE E DELLE DELEGHE
Il sistema in esame disegna la ripartizione dei poteri (e dei correlativi doveri) all’interno di CPL (v. Allegato 3: Quadro sinottico dei poteri) ed è volto a delineare la griglia dei soggetti chiamati ad assumere responsabilità di direzione e di gestione dei diversi compartimenti dell’ente. Si riportano a seguire lo schema esemplificato di ripartizione i principali poteri suddivisi in macroaree. La descrizione è a titolo esemplificativo e non esaustivo e si rimanda agli Allegati 8 e 9 per la completa descrizione.
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE (CDA)
A seguito della delibera del 7 giugno 2024, confermativa di delibere assunte sin dal 2018, il CDA ha definito un nuovo sistema di regole che assicurino il compimento il processo di managerializzazione della cooperativa trasferendo buona parte dei poteri al Direttore Generale. Il CDA ha mantenuto la pianificazione strategica, la definizione delle linee d’indirizzo e di sviluppo della Società, elaborazione dei piani di sviluppo riguardanti le eventuali attività diversificate, adozione delle scelte relative alla finanza strategica, il coordinamento dei rapporti fra la CPL e le società controllate, la programmazione dell’attività sociale, la rappresentanza istituzionale della Società nonché l’indirizzo ed il controllo dell’attività del Direttore Generale, nonché le operazioni di ordinaria gestione: con valore superiore ai 15 milioni di euro; la nomina dei consulenti per importi superiori ai 100 mila euro; la sottoscrizione di contratti di assicurazione con premio assicurativo fino a 1 milione di euro.
Rimangono in capo al CDA, nella figura del Presidente e del Vicepresidente, le attività non delegabili ex lege.
IL DIRETTORE GENERALE (DG)
Il Direttore Generale assume tutti i poteri attuativi e di conduzione dell’ordinaria attività d’impresa, di gestione operativa, amministrativa e tecnica, anche con rilevanza esterna, fungendo da supporto realizzativo della volontà degli amministratori ed agendo in esecuzione delle politiche generali fissate dagli stessi,
entro il limite d’importo di 15.000.000,00 euro per ciascuna operazione.
Inoltre, al DG è conferito il potere di sottoscrivere contratti di assicurazione a copertura di qualsiasi tipo di rischio con premio assicurativo entro il limite di euro 1.000.000,00 per singolo contratto, nonché il potere di stipulare, con le clausole più opportune inclusa quella compromissoria, modificare e risolvere contratti di consulenza, prestazione d’opera intellettuale per incarichi relativi alla gestione corrente entro il limite di euro 100.000,00 per singolo incarico.
A titolo esemplificativo e non esaustivo (si rimanda per questo all’Allegato 8), vengono riportati nel seguito i principali poteri del DG suddivisi in macroaree:
a. Attività in esecuzione delle delibere del CDA: dare esecuzione alle delibere compiendo gli atti necessari; coordinare e sovrintendere alla organizzazione, produzione e attività aziendali; controllare l’andamento economico finanziario della Società;
b. Attività Commerciale e di Partecipazione a Gare: negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti di fornitura/concessione di beni/servizi, prodotti/commercializzati/realizzati dalla Società; negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti comunque funzionali alla gestione corrente della Società; concorrere/presentare in nome e per conto della Società a gare, offerte, trattative; stipulare e sottoscrivere atti per la costituzione di RTI; rilasciare valide dichiarazioni nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni in genere e di privati e richiedere atti/documenti; prestare e richiedere il rilascio di fideiussioni in favore della Società e sottoscrivere le stesse;
c. Rapporti con i fornitori: negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti con i fornitori della Società; sottoscrivere atti contabili e amministrativi relativi a contratti con i fornitori; accettare e restituire titoli rappresentativi di merce; accettare
performance bond, fideiussioni, polizze cauzionarie, etc.; emettere tratte su clienti, firmare tutti gli atti amministrativi relativi ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte quali, a titolo esemplificativo: comunicazioni e verbali di inizio lavori, verbali di sopralluogo, verbali di consegna e/o riconsegna lavori e/o impianti, libretti di misura, certificati di ultimazione lavori, verbali di collaudo o certificati di regolare esecuzione;
d. Attività finanziarie, rapporti con le banche ed istituti assicurativi, pagamenti ed incassi: compiere tutte le operazioni finalizzate alla corretta gestione finanziaria; negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti con gli istituti di credito e le società assicurative, di leasing, di factoring; sottoscrivere, richiedere/rilasciare tutti i documenti correlati alle operazioni d’incasso e pagamento;
e. Rapporti con Autorità Fiscali, Doganali ed Amministrative: rappresentare la Società in tutti i rapporti con le Amministrazioni nazionali sovranazionali ed internazionali; rilasciare fideiussioni, firmare dichiarazioni attestati, fatture; effettuare dichiarazioni alle Camere di Commercio;
f. Rapporti con i dipendenti e con i consulenti: assumere e licenziare il personale non dirigente fissandone le mansioni; gestire il rapporto con il personale dirigente coordinandone l’attività; attuare tutte le attività necessarie alla gestione del personale; rilasciare certificazioni ed attestati; promuovere e presidiare eventuali verifiche sul personale interno finalizzate all’esercizio del potere disciplinare; promuovere liti e resistere in giudizio; rappresentare la Società nei confronti delle OO.SS. e della R.S.A. – R.S.U.; rappresentare la Società in materia di lavoro;
negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti di consulenza entro i limiti di 100.000,00 euro per singolo incarico; il Direttore Generale assume anche il ruolo di Datore di Lavoro; g. Contenziosi: stare in giudizio in ogni grado di giurisdizione, con potere di conciliare o transigere la controversia; h. Potere di delega: il DG è autorizzato a delegare, nell’ambito dei poteri a lui conferiti, i poteri che riterrà necessari per l’espletamento delle funzioni e degli incarichi a lui affidate, prevedendo la possibilità di subdelega e di nomina di procuratori. i. Utile evidenziare che il DG assume anche il ruolo di Datore di Lavoro, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2, co. 1, lett. B), D. Lgs. n. 81/2008, con tutti gli obblighi e responsabilità derivanti a norma delle leggi vigenti; nonché quale soggetto responsabile degli obblighi derivanti della disciplina in materia ambientale ai sensi del D. Lgs. 152/2006, s.m.i., degli adempimenti previsti ai sensi del D. Lgs. 105/2015 e s.m.i. in tema di protezione dai pericoli di incidenti rilevanti, ove applicabile, nonché del Regolamento UE 679/2016, del D. Lgs. 196/2003 così come novellato dal D. Lgs. 101/2018 e della normativa vigente in tema di trattamento dei dati personali.
COMPONENTI DELLA DIREZIONE OPERATIVA (DO)
I Componenti della Direzione operativa sono partitamente indicati, con l’indicazione sintetica dei relativi poteri e competenze nell’elenco che segue. In particolare, essi si collocano nella prima linea gerarchica alle dirette dipendenze del DG e quasi tutti sono destinatari di deleghe e procure speciali nell’ambito della responsabilità a loro assegnata da quest’ultimo
DIRETTORE COMMERCIALE
Attualmente la funzione è ricoperta da due Direttori (il Direttore Commerciale Servizi
alle Reti, Soluzioni IT e Impianti Energetici ed il Direttore Commerciale Costruzioni e Servizi Territoriali) aventi i medesimi poteri. I DC possono, nei limiti assegnati, negoziare, concludere, modificare, risolvere contratti con clienti aventi per oggetto la fornitura/concessione in uso dei beni/servizi, prodotti/commercializzati/realizzati dalla Società e presentare in nome e per conto della Società gare, offerte, trattative Possono, inoltre, stipulare e sottoscrivere atti per la costituzione di RTI; rilasciare valide dichiarazioni, richiedere atti/documenti, richiedere l’iscrizione ad albi fornitori e Sistemi di qualificazione, formulare istanze e manifestazioni d’interesse, richiedere proroghe, richiedere e fornire chiarimenti, formulare istanze di accesso agli atti di gara e compiere i relativi accessi, richiedere ed eseguire sopralluoghi, nonché sottoscrivere accordi di riservatezza.
DIRETTORE DI PRODUZIONE
Il DP può, nei limiti assegnati, presentare e sottoscrivere offerte e preventivi; stipulare contratti di appalto, fornitura, somministrazione con clienti e fornitori; sottoscrivere documenti ed atti attivi e passivi relativi ad aggiudicazione ed esecuzione di appalti e concessioni, atti contabili, registri di contabilità, SAL, verbali d’inizio lavori, di sopralluogo, etc. può, inoltre, accettare e restituire titoli rappresentativi di merce, chiederne l’ammortamento; effettuare dichiarazioni, denunce e comunicazioni agli Enti, pubblici o privati, a vario titolo preposti quali, a mero titolo esemplificativo: Ispesl, Vigili del Fuoco, Aziende Sanitarie Locali, in relazione ad adempimenti previsti dalla normativa vigente, con riferimento ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte; sottoscrivere libretti di centrale e relativi documenti allegati e/o a corredo, verbali di verifica periodica di messa a terra di impianti, nonché ai sensi del D.M. 24/11/84 e s.m.i., e/o alla norma UNI CIG 10619; sottoscrivere, in qualità di committente, dichiarazioni di conformità ai sensi del D.M. 37/08, sottoscrivere dichiarazioni di installazione di apparecchi a pressione e messa in servizio ai sensi dell’art. 6 del DM 1.12.2004 e s.m.i.; sottoscrivere, in qualità di fabbricante/produttore, dichiarazioni di conformità per apparecchiature di misura e telecontrollo
presso impianti gas ai sensi della normativa di riferimento; accettare performance bond, fideiussioni, polizze cauzionarie, etc.; gestire la somministrazione in qualità di somministrato di diverse categorie di utilità (telefonia, fornitura di acqua, gas ed energia elettrica); sollecitare i pagamenti, costituire in mora i debitori e rinunciare a crediti
DIRETTORE DEI SETTORI
Il DS può, nei limiti assegnati, presentare e sottoscrivere offerte e preventivi; stipulare contratti di appalto, fornitura, somministrazione con clienti e fornitori; sottoscrivere documenti ed atti attivi e passivi relativi ad aggiudicazione ed esecuzione di appalti e concessioni, atti contabili; effettuare dichiarazioni, denunce e comunicazioni agli Enti, pubblici o privati, a vario titolo preposti quali, a mero titolo esemplificativo: Ispesl, Vigili del Fuoco, Aziende Sanitarie Locali, in relazione ad adempimenti previsti dalla normativa vigente, con riferimento ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte; sottoscrivere libretti di centrale e relativi documenti allegati e/o a corredo, verbali di verifica periodica di messa a terra di impianti, nonché ai sensi del D.M. 24/11/84 e s.m.i., e/o alla norma UNI CIG 10619; sottoscrivere, in qualità di committente, dichiarazioni di conformità ai sensi del D.M. 37/08, sottoscrivere dichiarazioni di installazione di apparecchi a pressione e messa in servizio ai sensi dell’art. 6 del DM 1.12.2004 e s.m.i.; sottoscrivere, in qualità di fabbricante/produttore, dichiarazioni di conformità per apparecchiature di misura e telecontrollo presso impianti gas ai sensi della normativa di riferimento Può, inoltre, accettare e restituire titoli rappresentativi di merce, chiederne l’ammortamento; accettare performance bond, fideiussioni, polizze cauzionarie, etc. gestire la somministrazione in qualità di somministrato diverse categorie di utilità (telefonia, fornitura di acqua, gas ed energia elettrica); sollecitare i pagamenti, costituire in mora i debitori e rinunciare a crediti
DIRETTORE APPROVVIGIONAMENTI
Il DAC può, nei limiti assegnati, effettuare tutte le operazioni relative all’esercizio delle autovetture appartenenti alla Società, in
particolare: registrare e cancellare registrazioni, ottenere certificati di registrazione delle autovetture, riportare modifiche ai dati di registrazione, nonché negoziare, concludere, modificare, risolvere in Italia ed all’estero contratti con i fornitori della Società, determinando tutte le clausole opportune, inclusa quella compromissoria per l’approvvigionamento, tra l’altro, di servizi e/o materie prime e/o qualsivoglia genere di bene o utilità per l’esercizio dell’attività Sociale ivi inclusi, a titolo esemplificativo e non tassativo, accordi quadro e/o i contratti di: i. compravendita e permuta di beni mobili, anche iscritti a pubblici registri, con esclusione di strumenti finanziari, aziende e rami d’azienda; ii. l’assunzione in affitto e/o locazione di beni mobili ed immobili, con esclusione di aziende, rami d’azienda; iii. Prestazione di servizi; iv. Somministrazione in qualità di somministrato (telefonia, fornitura di acqua, fornitura di gas ed energia elettrica); v. noleggio; vi. Trasporto, spedizione, stoccaggio e servizi collegati; vii. Appalto; viii. Mandato; ix. Agenzia in qualità di preponente; x. Commissione; xi. Deposito; xii. Lavorazione per conto terzi; xiii. Comodato; xiv. Contratti di licenza e sublicenza aventi ad oggetto l’uso di diritti di proprietà industriale e/o di acquisto di brevetti, copyright e software a contenuto tecnologico. Può inoltre stipulare, con le clausole più opportune inclusa quella compromissoria, modificare e risolvere contratti di consulenza, prestazione d’opera intellettuale per incarichi relativi alla gestione corrente entro il limite di euro 30.000 per singolo incarico.
DIRETTORE FINANZIARIO
Il DF può, nei limiti assegnati, compiere tutte le operazioni finalizzate alla corretta gestione finanziaria in linea con gli obiettivi e le strategie periodicamente determinate dal Consiglio di Amministrazione; prestare fideiussioni a favore di terzi e chiedere a favore della Cooperativa il rilascio di fideiussioni bancarie da prestare a terzi; stipulare, modificare e risolvere contratti con istituti di credito e/o compagnie assicurative ivi incluse fideiussioni e/o garanzie e/o lettere di credito nell’interesse della Società negoziare, stipulare, modificare e risolvere contratti di apertura di credito, di conto corrente, di deposito, di accettazione di
linee di credito e di finanziamento passivi, di scoperto di conto corrente, di castelletto di sconto di portafoglio commerciale, di anticipi su lavori, di accettazioni bancarie, fissandone le condizioni e le modalità di esecuzione; sottoscrivere contratti di assicurazione a copertura di qualsiasi tipo di rischio, determinando tutte le clausole opportune, inclusa quella compromissoria, con facoltà di predisporre ed accettare patti, condizioni, termini, premi, massimali, franchigie, scoperti; Può, inoltre, accettare performance bond, fideiussioni, polizze cauzionali e avalli a garanzia degli adempimenti di terzi; richiedere all’occorrenza l’adempimento dei garanti; emettere tratte su clienti in relazione a regolazione di crediti derivanti da ordini di fornitura, effettuare operazioni sui conti correnti della Società, disporre ordini di bonifico ed effettuare pagamenti a mezzo istituti di credito (comprese tutte le spettanze dei dipendenti della Società e di tutte le somme dovute in relazione al rapporto di lavoro di suddetti dipendenti per le retribuzioni, contributi, ritenute fiscali, pagamenti di premi assicurativi, fondi previdenziali e/o assicurativi integrativi, trattamento di fine rapporto, liquidazioni, premi incentivi e quant’altro comunque dovuto ai o in relazione ai dipendenti della Società sia in pendenza del rapporto di lavoro sia in considerazione dell’intervenuta cessazione dello stesso); stipulare, in qualità di cedente, con le clausole più opportune, inclusa quella compromissoria, modificare e risolvere contratti di factoring; cedere crediti a soggetti diversi da società di factoring; sollecitare i pagamenti, costituire in mora i debitori e rinunciare a crediti; stipulare, modificare e risolvere contratti di leasing relativi a macchinari, cogeneratori, autovetture, autocarri, e qualsiasi altro bene mobile che possa essere oggetto di locazione finanziaria o operativa; riscuotere somme, mandati, buoni del Tesoro, vaglia, assegni di qualsiasi specie, depositi cauzionali emessi dalla Banca d’Italia, dalle Tesorerie dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni, dagli uffici postali, da qualunque ufficio pubblico e privato ed esonerare le parti pagatrici da responsabilità; rilasciare ricevute e quietanze; sottoscrivere, richiedere e/o rilasciare tutti i documenti correlati alle operazioni di incasso e pagamento derivanti da crediti documentari, quali in particolare –
esemplificativamente – sottoscrivere fatture e liste di imballaggio, firmare per girata certificati di assicurazione, di trasporto dei prodotti destinati all’estero, richiedere certificati di origine alla Camera di Commercio, produrre e sottoscrivere la documentazione richiesta dalla Lettera di credito, firmare lettere di manleva; rilasciare le fideiussioni previste dall’art. 38 bis del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, a garanzia di rimborsi di eccedenze di iva, anche in relazioni a periodi inferiori all’anno, nell’interesse della Società.
DIRETTORE AMMINISTRATIVO
Il DA può, nei limiti assegnati, prestare fideiussioni a favore di terzi e chiedere a favore della Cooperativa il rilascio di fideiussioni da prestare a terzi, bancarie, assicurative o rilasciate da intermediari finanziari autorizzati ai sensi di legge e sottoscrivere le stesse; richiedere referenze bancarie; costituire, accettare e svincolare garanzie fideiussorie rilasciate a favore della Cooperativa o depositi cauzionali, anche funzionali alla partecipazione a gare, autorizzare la richiesta di svincolo delle garanzie rilasciate dalla Cooperativa in favore di terzi, accettare performance bond, fideiussioni, polizze cauzionali e avalli a garanzia degli adempimenti di terzi; richiedere all’occorrenza l’adempimento dei garanti; compiere tutte le operazioni finalizzate alla corretta gestione finanziaria, in linea con gli obiettivi e le strategie periodicamente determinate dal Consiglio di Amministrazione; stipulare, modificare e risolvere contratti con istituti di credito e/o compagnie assicurative ivi incluse fideiussioni e/o garanzie e/o lettere di credito nell’interesse della Società; negoziare, stipulare, modificare e risolvere contratti di apertura di credito, di conto corrente, di deposito, di accettazione di linee di credito e di finanziamento passivi, di scoperto di conto corrente, di castelletto di sconto di portafoglio commerciale, di anticipi su lavori, di accettazioni bancarie, fissandone le condizioni e le modalità di esecuzione; effettuare operazioni sui conti correnti della Società, disporre ordini di bonifico ed effettuare pagamenti a mezzo istituti di credito (comprese tutte le spettanze dei dipendenti della Società e di tutte le somme dovute in relazione al rapporto di lavoro di suddetti dipendenti
per le retribuzioni, contributi, ritenute fiscali, pagamenti di premi assicurativi, fondi previdenziali e/o assicurativi integrativi, trattamento di fine rapporto, liquidazioni, premi incentivi e quant’altro comunque dovuto ai o in relazione ai dipendenti della Società sia in pendenza del rapporto di lavoro sia in considerazione dell’intervenuta cessazione dello stesso); stipulare, in qualità di cedente, con le clausole più opportune, inclusa quella compromissoria, modificare e risolvere contratti di factoring; cedere crediti a soggetti diversi da società di factoring; sollecitare i pagamenti, costituire in mora i debitori e rinunciare a crediti; stipulare, modificare e risolvere contratti di leasing relativi a macchinari, cogeneratori, autovetture, autocarri, e qualsiasi altro bene mobile che possa essere oggetto di locazione finanziaria o operativa; riscuotere somme, mandati, buoni del Tesoro, vaglia, assegni di qualsiasi specie, depositi cauzionali emessi dalla Banca d’Italia, dalle Tesorerie dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni, dagli uffici postali, da qualunque ufficio pubblico e privato ed esonerare le parti pagatrici da responsabilità; rilasciare ricevute e quietanze; sottoscrivere, richiedere e/o rilasciare tutti i documenti correlati alle operazioni di incasso e pagamento derivanti da crediti documentari, quali in particolare –esemplificativamente – sottoscrivere fatture e liste di imballaggio, firmare per girata certificati di assicurazione, di trasporto dei prodotti destinati all’estero, richiedere certificati di origine alla Camera di Commercio, produrre e sottoscrivere la documentazione richiesta dalla Lettera di credito, firmare lettere di manleva; rappresentare la Società in tutti i rapporti con le competenti amministrazioni pubbliche centrali e periferiche, dell’Unione Europea e degli organismi sopranazionali e internazionali, dello Stato, delle Authorities della Banca d’Italia, nonché con qualsiasi ente pubblico e privato, sia in Italia che all’estero, operante – a mero titolo esemplificativo e non esaustivo – in ambito politico, previdenziale, sociale, militare, fiscale, sindacale, marittimo, doganale, valutario, ambientale ed assicurativo, con espressa facoltà di sottoscrivere, presentare e ritirare ogni dichiarazione, richiesta e documentazione obbligatoria o necessaria; rappresentare la Società nei rapporti con gli Uffici e gli Organi dell’Amministrazione
Finanziaria centrale e periferica; rappresentare la Società in tutti gli atti e rapporti presso gli Uffici dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli competenti territorialmente; rappresentare la Società nei confronti di agenzie, esattorie e tesorerie, Agenzie delle Entrate, Uffici delle Imposte Dirette, Indirette ed I.V.A, delle imposte di fabbricazione, delle dogane, Direzioni Regionali delle Entrate, ministeri, commissioni comunali, distrettuali, provinciali, regionali, centrali ed ogni altra autorità, amministrazione o ente competente in materia tributaria in Italia e firmare atti, dichiarazioni, documenti, attestazioni per uffici ed Enti suddetti; rilasciare le fideiussioni previste dall’articolo 38 bis, del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, a garanzia di rimborsi di eccedenze di iva, anche in relazione a periodi inferiori all’anno, nell’interesse della Società; firmare dichiarazioni, attestati, firmare e quietanzare fatture, note di addebito e di accredito (anche in relazione a pratiche relative all’esportazione di beni e manufatti in genere); richiedere alle Amministrazioni Pubbliche Centrali e Periferiche e agli Enti locali, alle Amministrazioni Comunali, Provinciali, Regionali e dello Stato e, a titolo esemplificativo e non esaustivo, alle Autorità Marittime, agli uffici di posta, alle Questure, alle Prefetture, all’Arma dei Carabinieri ed alle Capitanerie di Porto, anche all’estero, concessioni ed autorizzazioni; stipulare e risolvere convenzioni e/o protocolli di intesa; effettuare le dichiarazioni e le domande di deposito e di iscrizione alle Camere di Commercio e, in genere, alle Istituzioni ed alle autorità come chiesto dalle disposizioni normative e regolamentari vigenti; espletare tutti gli adempimenti necessari in dipendenza dell’apertura, trasferimento, modifica e chiusura di unità locali; effettuare tutte le operazioni relative all’esercizio delle autovetture appartenenti alla Società, in particolare: registrare e cancellare registrazioni, ottenere certificati di registrazione delle autovetture, riportare modifiche ai dati di registrazione, ecc.
DIRETTORE INGEGNERIA
Il DIN può, nei limiti assegnati, negoziare, concludere, modificare, risolvere in Italia ed all’estero contratti con i fornitori della Società, determinando tutte le clausole
opportune, inclusa quella compromissoria per l’approvvigionamento, tra l’altro, di servizi e/o materie prime e/o qualsivoglia genere di bene o utilità per l’esercizio dell’attività Sociale ivi inclusi, a titolo esemplificativo e non tassativo, accordi quadro e/o i contratti di: i. compravendita e permuta di beni mobili, anche iscritti a pubblici registri, con esclusione di strumenti finanziari, aziende e rami d’azienda; ii. l’assunzione in affitto e/o locazione di beni mobili ed immobili, con esclusione di aziende, rami d’azienda; iii. Prestazione di servizi; iv. Somministrazione in qualità di somministrato (telefonia, fornitura di acqua); v. noleggio; vi. Trasporto, spedizione, stoccaggio e servizi collegati; vii. Appalto; viii. Mandato; ix. Agenzia in qualità di preponente; x. Commissione; xi. Deposito; xii. Lavorazione per conto terzi; xiii. Comodato; xiv. Contratti di licenza e sublicenza aventi ad oggetto l’uso di diritti di proprietà industriale e/o di acquisto di brevetti, copyright e software a contenuto tecnologico. Può inoltre sottoscrivere atti contabili ed amministrativi con implicazioni economiche per la Società, relativi a contratti e/o convenzioni con fornitori e/o clienti quali, a titolo esemplificativo: registri di contabilità, stati di avanzamento lavori, apposizione ed iscrizione di riserve, approvazione di varianti, quietanze e certificati di pagamento, richieste e determinazione di nuovi prezzi; accettare e restituire titoli rappresentativi di merce, girarli per cessione, sconto e anticipazione; chiederne l’ammortamento nei casi normativamente previsti; chiedere l’emissione dei titoli sostitutivi di quelli ammortizzati; firmare tutti gli atti amministrativi relativi ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte quali, a titolo esemplificativo: comunicazioni e verbali di inizio lavori, verbali di sopralluogo, verbali di consegna e/o riconsegna lavori e/o impianti, libretti di misura, certificati di ultimazione lavori, verbali di collaudo o certificati di regolare esecuzione; effettuare dichiarazioni, denunce e comunicazioni agli Enti, pubblici o privati, a vario titolo preposti quali, a mero titolo esemplificativo: Ispesl, Vigili del Fuoco, Aziende Sanitarie Locali, in relazione ad adempimenti previsti dalla normativa vigente, con riferimento ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte;
sottoscrivere libretti di centrale e relativi documenti allegati e/o a corredo, verbali di verifica periodica di messa a terra di impianti, nonché ai sensi del D.M. 24/11/84 e s.m.i., e/o alla norma UNI CIG 10619; sottoscrivere, in qualità di committente, dichiarazioni di conformità ai sensi del D.M. 37/08; sottoscrivere dichiarazioni di installazione di apparecchi a pressione e messa in servizio ai sensi dell’art. 6 del DM 1.12.2004 e s.m.i.; sottoscrivere, in qualità di fabbricante/produttore, dichiarazioni di conformità per apparecchiature di misura e telecontrollo presso impianti gas ai sensi della normativa di riferimento.
DIRETTORE SVILUPPO ORGANIZZAZIONE E COMPETENZE
Il DSOC può assumere e licenziare il personale non dirigente della Società fissandone le mansioni e le retribuzioni, negoziandone e definendone il relativo contratto di lavoro. Il tutto nel rispetto dell’organigramma, degli indirizzi e del budget in relazione al personale deliberati dal Consiglio di Amministrazione; stipulare contratti di somministrazione di personale e di staff leasing; stabilire regolamenti, policies, codici e norme disciplinari; Attuare gli accordi contrattuali nazionali ed aziendali presidiando le relazioni sindacali ai vari livelli; Compiere tutte le operazioni necessarie presso gli enti previdenziali ed assistenziali, nonché gli uffici pubblici competenti in materia di lavoro; Rilasciare certificazioni e attestati a dipendenti ed ex dipendenti, quali ad esempio certificazioni fiscali e attestazioni retributive, convalida dei documenti per l’assistenza sanitaria, attestazioni di presenza al lavoro; Promuovere e presidiare eventuali verifiche sul personale interno finalizzate all’esercizio del potere disciplinare e all’istruttoria per il licenziamento per giusta causa e/o per giustificato motivo soggettivo; Applicare e far applicare ogni norma e procedura di legge, dei contratti collettivi e dei regolamenti aziendali in materia di personale; Promuovere liti attive e resistere avanti a qualsiasi autorità anche giudiziaria in materia di lavoro, anche per il personale dirigente, con facoltà di transigere e rinunciare in qualsiasi grado di giurisdizione; nominare avvocati e procuratori alle liti con relativa elezione di domicilio fino ad Euro 150.000,00; Rappresentare la Società nei
confronti delle OO.SS. e della R.S.A. – R.S.U., stipulando e sottoscrivendo gli accordi in materia di organizzazione del lavoro interno e/o specifici aspetti quali lavoro supplementare, part-time, smart working, assunzioni a termine, nel rispetto delle politiche deliberate dal Consiglio di Amministrazione; Sottoscrivere denunce ed attestazioni e ogni altro atto utile presso gli enti previdenziali e assistenziali, nonché presso gli uffici dell’amministrazione statale, regionale e locale, relative alla materia del lavoro; Rappresentare la Società in materia di lavoro avanti l’autorità giudiziaria per rendere la dichiarazione di terzi di cui all’art. 547 c.p.c.; Gestire il contenzioso stragiudiziale in materia di lavoro ed in particolare i procedimenti disciplinari meritatamente alla loro instaurazione potendo porre in essere gli atti dalla contestazione al provvedimento medesimo; Rappresentare la Società avanti alla Direzione Provinciale del Lavoro, al fine di procedere ex art. 410 c.p.c. al tentativo obbligatorio di conciliazione ed esplicitamente conferendogli il potere di conciliare o transigere la controversia ai sensi di legge, anche per il personale dirigente fino ad Euro 80.000,00; Gestire le attività inerenti la formazione dei dipendenti della Società e sottoscrivere accordi con gli Istituti formativi per tirocini curriculari nonché sottoscrivere contratti di tirocinio curriculare.
DIRETTORE
QSAE
Il Direttore QSAE è responsabile delle attività volte a garantire, implementare, mantenere, coordinare, diffondere e migliorare sistemi di gestione integrati e le certificazioni aziendali, verificandone la puntuale applicazione e l’adeguatezza rispetto agli obbiettivi dell’organizzazione. Collabora con le funzioni aziendali per assicurare l’applicazione delle disposizioni di legge in materia di sicurezza sul lavoro e protezione dell’ambiente.
Fornisce consulenza e operatività per l’elaborazione della normativa interna all’organizzazione; all’analisi, all’interfunzionalità e allo sviluppo dei processi operativi e di supporto.
Fornisce consulenza operativa in relazione a problematiche puntuali quando richiesto. Fornisce assistenza operativa alle u.o. per le attività operative a loro assegnate quando
richiesto e, soprattutto, in momenti di emergenza.
Svolge un ruolo di controllo di secondo livello relativamente al rispetto dei requisiti di monitoraggio richiesti dai sistemi di gestione e dalla normativa. Non è titolare di formali procure o deleghe.
RESPONSABILI OPERATIVI
Il DG ha poi assegnato poteri e procure speciali a dirigenti e responsabili di unità di business. A titolo esemplificativo e non esaustivo, vengono riportati nel seguito i principali poteri sub-delegati dal DG suddivisi in macroaree:
RESPONSABILE FINANZIARIO
Il RF può, nei limiti assegnati, compiere tutte le operazioni finalizzate alla corretta gestione finanziaria in linea con gli obiettivi e le strategie periodicamente determinate dal Consiglio di Amministrazione; Prestare fideiussioni a favore di terzi e chiedere a favore della Cooperativa il rilascio di fideiussioni da prestare a terzi, bancarie, assicurative o rilasciate da intermediari finanziari autorizzati ai sensi di legge e sottoscrivere le stesse; richiedere referenze bancarie; costituire, accettare e svincolare garanzie fideiussorie rilasciate a favore della Cooperativa o depositi cauzionali, anche funzionali alla partecipazione a gare, autorizzare la richiesta di svincolo delle garanzie rilasciate dalla Cooperativa in favore di terzi; Accettare performance bond, fideiussioni, polizze cauzionali e avalli a garanzia degli adempimenti di terzi; richiedere all'occorrenza l'adempimento dei garanti; Emettere tratte su clienti in relazione a regolazione di crediti derivanti da ordini di fornitura; Stipulare, modificare e risolvere contratti con istituti di credito e/o compagnie assicurative ivi incluse fideiussioni e/o garanzie e/o lettere di credito nell'interesse della Società; Negoziare, stipulare, modificare e risolvere contratti di apertura di credito, di conto corrente, di deposito, di accettazione di linee di credito e di finanziamento passivi, di scoperto di conto corrente, di castelletto di sconto di portafoglio commerciale, di anticipi su lavori, di accettazioni bancarie, fissandone le condizioni e le modalità di esecuzione; sottoscrivere contratti di assicurazione a copertura di qualsiasi tipo di
rischio, determinando tutte le clausole opportune, inclusa quella compromissoria, con facoltà di predisporre ed accettare patti, condizioni, termini, premi, massimali, franchigie, scoperti; chiedere e ricevere la liquidazione di indennizzi e risarcimenti con facoltà di transigere eventuali controversie o potenziali controversie relative alla liquidazione di indennizzi e risarcimenti assicurativi o di terzi; Effettuare operazioni sui conti correnti della Società, disporre ordini di bonifico ed effettuare pagamenti a mezzo istituti di credito (comprese tutte le spettanze dei dipendenti della Società e di tutte le somme dovute in relazione al rapporto di lavoro di suddetti dipendenti per le retribuzioni, contributi, ritenute fiscali, pagamenti di premi assicurativi, fondi previdenziali e/o assicurativi integrativi, trattamento di fine rapporto, liquidazioni, premi incentivi e quant'altro comunque dovuto ai o in relazione ai dipendenti della Società sia in pendenza del rapporto di lavoro sia in considerazione dell'intervenuta cessazione dello stesso); Stipulare, in qualità di cedente, con le clausole più opportune, inclusa quella compromissoria, modificare e risolvere contratti di factoring; Cedere crediti a soggetti diversi da società di factoring; Sollecitare i pagamenti, costituire in mora i debitori e rinunciare a crediti; Stipulare, modificare e risolvere contratti di leasing relativi a macchinari, cogeneratori, autovetture, autocarri, e qualsiasi altro bene mobile che possa essere oggetto di locazione finanziaria o operativa; Riscuotere somme, mandati, buoni del Tesoro, vaglia, assegni di qualsiasi specie, depositi cauzionali emessi dalla Banca d'Italia, dalle Tesorerie dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni, dagli uffici postali, da qualunque ufficio pubblico e privato ed esonerare le parti pagatrici da responsabilità; rilasciare ricevute e quietanze; Sottoscrivere, richiedere e/o rilasciare tutti i documenti correlati alle operazioni di incasso e pagamento derivanti da crediti documentari, quali in particolareesemplificativamente - sottoscrivere fatture e liste di imballaggio, firmare per girata certificati di assicurazione, di trasporto dei prodotti destinati all'estero, richiedere certificati di origine alla Camera di Commercio, produrre e sottoscrivere la documentazione richiesta dalla Lettera di credito, firmare lettere di manleva; Rilasciare le fideiussioni previste dall'articolo 38 bis, del
Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, a garanzia di rimborsi di eccedenze di iva, anche in relazione a periodi inferiori all'anno, nell'interesse della Società; rappresentare la Società in tutti i rapporti con le competenti amministrazioni pubbliche centrali e periferiche, dell’Unione Europea e degli organismi sopranazionali e internazionali, dello Stato, delle Authorities della Banca d’Italia, nonché con qualsiasi ente pubblico e privato, sia in Italia che all’estero, operante – a mero titolo esemplificativo e non esaustivo – in ambito politico, previdenziale, sociale, militare, fiscale, sindacale, marittimo, doganale, valutario, ambientale ed assicurativo, con espressa facoltà di sottoscrivere, presentare e ritirare ogni dichiarazione, richiesta e documentazione obbligatoria o necessaria.
HUMAN RESOURCES BUSINESS PARTNER (HRBP)
L’HRBP può, nei limiti assegnati, assumere o prorogare il personale operaio ed impiegato fino al quinto livello di inquadramento del CCNL applicato, fissandone le mansioni e le retribuzioni, negoziandone e definendone il relativo contratto di lavoro, ivi incluso il contratto di apprendistato professionalizzante e relativo Piano Formativo Individuale, incarico all’Ente formatore e conseguente conseguimento di qualifica. Il tutto nel rispetto del CCNL applicato, della pianta organica, degli indirizzi generali, delle procedure aziendali e del budget delle assunzioni di personale deliberato dal Consiglio di Amministrazione e successivamente aggiornato in corso d’anno; sottoscrivere aumenti retributivi, ivi inclusi riconoscimenti di "una tantum", nel limite di euro 2.000,00 (duemila virgola zero zero) lordi annui per ciascun dipendente, ad esclusione del personale Dirigente, anche ove detti importi vengano distribuiti in più tranche. Il tutto nel rispetto del CCNL applicato, della pianta organica, degli indirizzi generali, delle procedure aziendali e del budget annuale dedicato alle variazioni retributive approvato dal Consiglio di Amministrazione; rappresentare la Società nei confronti delle rappresentanze sindacali esterne (OO.SS.) ed interne (RSU/RSA) a livello locale nell'ambito delle aree/settori di propria competenza, curando e presidiando le relazioni sindacali, con facoltà altresì di sottoscrivere corrispondenza interlocutoria e non vincolante per la Società, verso i sopra
citati referenti sindacali; sottoscrivere comunicazioni inerenti il rapporto di lavoro di personale rientrante nell'ambito delle aree/settori di propria competenza che non comportino maggiori oneri in capo alla Società quali a titolo esemplificativo ma non esaustivo lettere di trasferimento, comunicazioni inerenti aspettative, comporto, cambio mansioni, etc. Il tutto nel rispetto del CCNL applicato, della pianta organica, degli indirizzi generali, delle procedure aziendali; sottoscrivere accordi con gli Istituti formativi per la stipula di Tirocini curriculari nonché gli stessi contratti di tirocinio curriculare; rappresentare la Società avanti all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, al fine di procedere ex art. 410 c.p.c. al tentativo obbligatorio di conciliazione nonché in sede sindacale ed esplicitamente conferendo loro il potere di conciliare o transigere la controversia ai sensi di legge, ad esclusione del personale dirigente, ed esclusivamente nell'ambito delle aree/settori di propria competenza; resistere avanti a qualsiasi autorità anche giudiziaria in materia di lavoro, ad esclusione dei rapporti inerenti il personale dirigente, rappresentando la Società con facoltà di rendere il libero interrogatorio, conciliare, transigere e rinunciare in qualsiasi grado di giurisdizione, ed esclusivamente nell'ambito delle aree/settori di propria competenza
RESPONSABILE UFFICIO AMMINISTRAZIONE E PAGHE
Il RUAP può compiere tutte le operazioni necessarie presso gli enti previdenziali ed assistenziali, nonché gli uffici pubblici competenti in materia di lavoro; rilasciare certificazioni e attestati a dipendenti ed ex dipendenti, quali ad esempio certificazioni fiscali e attestazioni retributive, convalida dei documenti per l’assistenza sanitaria, attestazioni di presenza al lavoro, nonché dichiarazioni per terzi inerenti l’organico medio; sottoscrivere denunce ed attestazioni e ogni altro atto utile presso gli enti previdenziali e assistenziali, nonché presso gli uffici dell’amministrazione statale, regionale e locale relative alla materia del lavoro; rappresentare la Società in materia di lavoro avanti l’autorità giudiziaria per rendere la dichiarazione di terzi di cui all’art. 547 c.p.c..
RESPONSABILI DI AREA E RESPONSABILI DI
Possono, nei limiti assegnati, presentare e sottoscrivere offerte e preventivi; determinare prezzi, condizioni di pagamento; Negoziare, concludere, modificare, risolvere in Italia ed all’estero contratti con i fornitori della Società, determinando tutte le clausole opportune, inclusa quella compromissoria per l’approvvigionamento, tra l’altro, di servizi e/o materie prime e/o qualsivoglia genere di bene o utilità per l’esercizio dell’attività Sociale ivi inclusi, a titolo esemplificativo e non tassativo, accordi quadro e/o i contratti di: i. compravendita e permuta di beni mobili, anche iscritti a pubblici registri, con esclusione di strumenti finanziari, aziende e rami d'azienda, ii. l’assunzione in affitto e/o locazione di beni mobili ed immobili, con esclusione di aziende, rami d'azienda; iii. prestazione di servizi; iv. somministrazione in qualità di somministrato (telefonia e fornitura di acqua); v. noleggio; vi. trasporto, spedizione, stoccaggio e servizi collegati; vii. appalto; viii. mandato; ix. agenzia in qualità di preponente; x. commissione; xi. deposito; xii. lavorazione per conto terzi; xiii. comodato; xiv. contratti di licenza e sublicenza aventi ad oggetto l'uso di diritti di proprietà industriale e/o di acquisto di brevetti, copyright e software a contenuto tecnologico; sottoscrivere atti contabili ed amministrativi con implicazioni economiche per la Società, relativi a contratti e/o convenzioni con clienti o con fornitori quali, a titolo esemplificativo: registri di contabilità, stati di avanzamento lavori, apposizione ed iscrizione di riserve,,, approvazione di varianti, quietanze e certificati di pagamento, richieste e determinazione di nuovi prezzi; firmare tutti gli atti amministrativi relativi ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte quali, a titolo esemplificativo: comunicazioni e verbali di inizio lavori, verbali di sopralluogo, verbali di consegna e/o riconsegna lavori e/o impianti, libretti di misura, certificati di ultimazione lavori, verbali di collaudo o certificati di regolare esecuzione; effettuare dichiarazioni, denunce e comunicazioni agli Enti, pubblici o privati, a vario titolo preposti quali, a mero titolo esemplificativo: Ispesl, Vigili del Fuoco, Aziende Sanitarie Locali, in relazione ad adempimenti previsti dalla
normativa vigente, con riferimento ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte; sottoscrivere libretti di centrale e relativi documenti allegati e/o a corredo, verbali di verifica periodica di messa a terra di impianti, nonché ai sensi del D.M. 24/11/84 e s.m.i., e/o alla norma UNI CIG 10619; sottoscrivere, in qualità di committente, dichiarazioni di conformità ai sensi del D.M. 37/08, sottoscrivere dichiarazioni di installazione di apparecchi a pressione e messa in servizio ai sensi dell’art. 6 del DM 1.12.2004 e s.m.i.; sottoscrivere, in qualità di fabbricante/produttore, dichiarazioni di conformità per apparecchiature di misura e telecontrollo presso impianti gas ai sensi della normativa di riferimento.
RESPONSABILI DI SEDE
Possono, nei limiti assegnati, presentare e sottoscrivere offerte e preventivi, determinare prezzi, condizioni di pagamento e ogni altra clausola, stipulare contratti di appalto, subappalto, fornitura, somministrazione, servizi ed affini, sottoscrivere tutta la documentazione e gli atti relativi all’aggiudicazione ed all’esecuzione di appalti e concessioni di lavori, forniture e servizi e contratti affini, stipulati con soggetti pubblici e/o privati; negoziare, concludere, modificare, risolvere in Italia ed all’estero contratti con i fornitori della Società, determinando tutte le clausole opportune, inclusa quella compromissoria per l’approvvigionamento, tra l’altro, di servizi e/o materie prime e/o qualsivoglia genere di bene o utilità per l’esercizio dell’attività Sociale ivi inclusi, a titolo esemplificativo e non tassativo, accordi quadro e/o i contratti di: i. l’assunzione in affitto e/o locazione di beni mobili ed immobili, con esclusione di aziende e rami d'azienda; ii. prestazione di servizi; iii. somministrazione in qualità di somministrato (telefonia e fornitura di acqua); iv. noleggio; v. trasporto, spedizione, stoccaggio e servizi collegati; vi. appalto; vii. mandato; viii. deposito; ix. lavorazione per conto terzi; x. Comodato; sottoscrivere atti contabili ed amministrativi con implicazioni economiche per la Società, relativi a contratti e/o convenzioni con clienti quali, a titolo esemplificativo: registri di contabilità, stati di avanzamento lavori, apposizione ed iscrizione di riserve, approvazione di varianti,
quietanze e certificati di pagamento; firmare tutti gli atti amministrativi relativi ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte quali, a titolo esemplificativo: comunicazioni e verbali di inizio lavori, verbali di sopralluogo, verbali di consegna e/o riconsegna lavori e/o impianti, verbali sospensione e ripresa lavori, libretti di misura, certificati di ultimazione lavori, verbali di collaudo o certificati di regolare esecuzione; effettuare dichiarazioni, denunce e comunicazioni agli Enti, pubblici o privati, a vario titolo preposti quali, a mero titolo esemplificativo: Ispesl, Vigili del Fuoco, Aziende Sanitarie Locali, in relazione ad adempimenti previsti dalla normativa vigente, con riferimento ai contratti e/o alle convenzioni attive e passive di cui la Cooperativa sia parte; sottoscrivere libretti di centrale e relativi documenti allegati e/o a corredo, verbali di verifica periodica di messa a terra di impianti, nonché ai sensi del D.M. 24/11/84 e s.m.i., e/o alla norma UNI CIG 10619; sottoscrivere, in qualità di committente, dichiarazioni di conformità ai sensi del D.M. 37/08, sottoscrivere dichiarazioni di installazione di apparecchi a pressione e messa in servizio ai sensi dell’art. 6 del DM 1.12.2004 e s.m.i ; sottoscrivere, in qualità di fabbricante/produttore, dichiarazioni di conformità per apparecchiature di misura e telecontrollo presso impianti gas ai sensi della normativa di riferimento.
RESPONSABILE DEL CONTROLLO.
Il Responsabile del controllo è il Direttore Sviluppo organizzazione e Competenze.
2.5. LE LINEE DELL’ATTIVITÀ DI
INFORMAZIONE E DI FORMAZIONE SUI CONTENUTI DEL MODELLO E DELLE PROCEDURE OPERATIVE DI GESTIONE DEL RISCHIO-REATO
L’adeguata formazione e informazione del personale nonché i criteri di selezione dei collaboratori esterni rappresentano fattori di massima importanza per l’efficace attuazione del sistema di prevenzione aziendale. A tal fine, è stata elaborata un’apposita procedura, che disciplina gli snodi del percorso informativo e formativo e le funzioni coinvolte
Con riferimento alle attività a rischio-reato, oggetto del presente Modello, si osserva quanto segue.
- Per quanto concerne l’informazione del personale, le procedure, i sistemi di controllo, il Codice Etico e il Modello devono essere comunicati a tutto il personale, sia mediante una nota informativa ai dipendenti, sia con la messa a disposizione di tale documento presso le segreterie dell’azienda, sia attraverso sezioni ‘dedicate’ nel sito Internet e con l’affissione nelle bacheche aziendali delle indicazioni utili per il loro reperimento
- Al fine di divulgare e implementare la comprensione delle procedure e delle regole comportamentali adottate, la Società cura l’organizzazione di qualificate iniziative di formazione, ispirandosi ai criteri di continuità e di intensità. La formazione, cioè, non viene impartita occasionalmente, ma si inserisce in un progetto pianificato, sottoposto al parere dell’OdV. Essa ha una cadenza per lo meno annuale per i soggetti particolarmente esposti al rischio-reato. La formazione viene differenziata, nei contenuti e nelle modalità di erogazione (criterio di intensità), a seconda della qualifica dei destinatari, del livello di rischio dell’area in cui questi operano, dell’avere o meno funzioni di rappresentanza della Società. È necessaria, quindi, una valutazione delle esigenze formative in base ai criteri dei destinatari (qualifica, livello di rischio dell’area di appartenenza, funzioni di rappresentanza nell’azienda) e la successiva elaborazione di qualificate iniziative formative ispirate ai criteri di intensità e continuità, la cui cadenza è programmata e diversificata in base alla suddetta verifica del livello di esposizione al rischio dei destinatari.
Si evidenzia che le lezioni possono essere impartite sia organizzando corsi di tipo ‘frontale’, ‘in aula’, sia attraverso la divulgazione di video, utilizzando strumenti telematici idonei e personalizzati, tali da far pervenire il materiale didattico direttamente ai singoli interessati (eventualmente anche attraverso sistemi di controllo dell’apprensione mediante test multichoise).
In particolare, ai soggetti particolarmente esposti al rischio-reato, con il percorso formativo:
- vengono illustrate le caratteristiche essenziali dei reati previsti dal D Lgs.
231/2001, che formano oggetto di disciplina nel presente Modello;
- viene distribuito un questionario diretto a saggiare il grado di consapevolezza in ordine all’esistenza e all’intensità dei diversi rischi-reato;
- vengono illustrate la struttura e la funzione del Modello, con particolare riguardo ai criteri di mappatura dei rischireato, alle loro più ricorrenti modalità di consumazione, alle procedure operative orientate alla corretta gestione di tale rischio e, infine, alla necessità di procedere tempestivamente alla segnalazione di eventuali violazioni;
- vengono impartiti i principi e le metodologie che regolano la procedimentalizzazione dell’attività, lo svolgimento delle operazioni a rischio-reato, il controllo interno e i rapporti con l’OdV; - vengono rese note le conseguenze derivanti all’azienda dall’eventuale commissione di reati da parte dei soggetti che per essa agiscono (e le funzioni che il Modello svolge in tale contesto), anche con riferimento alle ripercussioni di natura disciplinare.
La partecipazione ai corsi di formazione è obbligatoria ed è corredata dalla distribuzione di materiale di documentazione oltre che da una verifica sul livello di apprendimento (da reiterare in caso di esito negativo).
Per quanto concerne la scelta dei collaboratori esterni (partners, rappresentanti, consulenti, ecc.), deve rispondere esclusivamente a criteri di professionalità, integrità, correttezza e trasparenza. In particolare: devono essere fornite ai collaboratori esterni informative e note sulle procedure adottate dalla Società sulla base del Modello; tutti i collaboratori esterni devono impegnarsi, per espressa clausola contrattuale, alla conoscenza e al rispetto del Codice Etico e del Modello di organizzazione della Società, che, di conseguenza, vengono messi nella disponibilità dei collaboratori; le strutture, che si avvalgono di collaboratori esterni, annotano i dati e le notizie del collaboratore, che permettano di valutarne il
comportamento, mettendo tali dati a disposizione dell’OdV, ove richiesti; negli accordi o nei contratti stipulati con i collaboratori esterni vengono inserite clausole che permettano alla Società di risolvere il rapporto o di applicare “penali” qualora emergano comportamenti da parte di tali collaboratori non in linea con le norme del Codice Etico e del Modello di organizzazione adottati dalla Società.
2.6. WHISTLEBLOWING
2.6.1. Rilevamento degli illeciti e delle violazioni del Codice Etico e del Modello. Canali di segnalazione, tutela dell’identità del segnalante e divieto di misure ritorsive (sistema Whistleblowing)
L’adeguatezza e l’effettività del Codice Etico e del Modello dipendono, tra l’altro, dall’esistenza di un efficace sistema di rilevamento delle condotte illecite e delle violazioni del Codice Etico e del Modello 231, che permetta di far emergere tali trasgressioni. Ad implementare tale profilo, è intervenuta la L 30 novembre 2017, n. 179 recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato” e, successivamente, con la Direttiva UE 2019/1937 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2023 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, recepita in Italia con il D. Lgs. 24/2023 del 10 marzo 2023 recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”, il Legislatore ha introdotto specifiche previsioni per gli enti destinatari del Decreto.
In particolare, in conformità all’articolo 3 del D. Lgs. 24/2023 del 10 marzo 2023, il
regolamento di CPL (Whistleblowing Policy) prevede che possano effettuare le segnalazioni di violazioni i seguenti soggetti:
- Tutti i dipendenti di CPL;
- tutti i soggetti che si trovino anche solo temporaneamente in rapporti lavorativi con CPL pur non avendo la qualifica di dipendenti (come, ad esempio, i tirocinanti, retribuiti o meno);
- gli assunti in periodo di prova;
- coloro che ancora non hanno un rapporto giuridico con CPL, se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali;
- coloro che ancora non hanno un rapporto giuridico o il cui rapporto è cessato, se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite nel corso del rapporto di lavoro;
- Lavoratori autonomi che svolgono la propria attività lavorativa per conto di CPL;
- Liberi professionisti e consulenti che prestano la propria attività a CPL;
- Soci della cooperativa;
- Persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza, anche qualora tali funzioni siano esercitate in via di mero fatto.
In conformità all’articolo 4 del D. Lgs. 24/2023 del 10 marzo 2023, gli enti devono implementare il proprio canale di segnalazione, tale da garantire la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.
Per ogni segnalazione, l’ente deve rispettare le tempistiche e le attività informative verso il segnalante previste dall’articolo 5 del D. Lgs. 24/2023 del 10 marzo 2023.
Inoltre, l’ente deve informare i propri dipendenti:
- della possibilità di effettuare una segnalazione esterna attraverso un apposito canale di segnalazione esterno messo a disposizione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (“ANAC”);
- della possibilità di effettuare una divulgazione pubblica della segnalazione al ricorrere di determinate circostanze (i. non è stato dato riscontro alla segnalazione interna effettuata; ii. la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire pericolo imminente o palese per il pubblico interesse; iii. la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto).
Devono essere adottate tutte le misure volte a tutelare la riservatezza dell’identità del segnalante. A tal proposito, oltre alla previsione di canali di segnalazione alternativi idonei a garantire la riservatezza del segnalante, l’ente vieta atti di ritorsione o discriminatori, diretti e indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione e prevede sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante.
Allo scopo di agevolare la ricezione di tali segnalazioni, CPL ha istituito il seguente canale di segnalazione: https://www.cpl.it/chi-siamo/organismo-divigilanza/whistleblowing/ La disciplina di dettaglio del sistema di gestione delle segnalazioni in tal modo ricevute è contenuta nella WHISTLEBLOWING POLICY disponibile in versione aggiornata all’interno della sezione specifica denominata “whistleblowing”, dedicata al canale per le segnalazioni riservate
2.7. IL SISTEMA SANZIONATORIODISCIPLINARE: INTRODUZIONE
Ai sensi degli artt. 6 e 7 del D Lgs. 231/2001, il Modello può ritenersi efficacemente attuato, ai fini dell’esclusione di responsabilità della Società, se prevede un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure ivi indicate.
Il sistema disciplinare costituisce dunque un elemento costituivo del Codice Etico e del Modello: ne rafforza l’efficacia dissuasiva e pedagogica e, soprattutto, ne assicura l’effettività. Si tratta di un sistema interno ed ulteriore rispetto a quelli già esistenti per legge, atteso che sanziona non soltanto i comportamenti costituenti reato, che fanno scattare la responsabilità dell’ente a norma del D. Lgs. 231/2001, ma colpisce tutte le infrazioni del Codice Etico e del Modello Per quanto concerne il ventaglio delle sanzioni comminabili ai dipendenti, vengono richiamate quelle previste nello Statuto dei Lavoratori e nella contrattazione collettiva. Analoga scelta viene operata con riguardo ai dirigenti La Società ha, altresì, adottato una procedura operativa, che ha lo scopo di disciplinare le principali fasi del processo di gestione della procedura disciplinare da irrogare a tutto il personale dipendente (operai, impiegati, quadri e dirigenti) di CPL.
Decisamente più problematica appare l’intelaiatura del sistema sanzionatorio con riguardo ai soggetti apicali (gli amministratori). In tale evenienza, vengono prospettate, soprattutto in dottrina, due diverse ricostruzioni. Da una parte, si sostiene che le uniche ‘sanzioni’ comminabili sarebbero quelle previste dal Codice civile (azione di responsabilità, revoca), senza che vi sia la possibilità di prefigurare sanzioni conservative del rapporto fiduciario (quali, ad esempio, sanzioni pecuniarie). Da una diversa angolatura, si evidenzia, per contro, che, non esistendo per i soggetti apicali una legge oppure la contrattazione collettiva che disciplina le vicende del rapporto, occorre mettere capo ad un sistema di sanzioni disciplinari ‘convenzionali’, di natura contrattuale, che richiederebbero l’approvazione dei soggetti interessati all’atto dell’accettazione della carica. Tra questi due orientamenti, appare preferibile il secondo, che ha il pregio di valorizzare l’autonomia del potere sanzionatorio
previsto dall’art. 6 del D. Lgs. 231/2001. Invero, la scelta di affidarsi alle sole sanzioni del codice civile sconta il difetto di irrigidire il sistema: così, per fare un esempio, l’esercizio dell’azione di responsabilità (che, peraltro, ha finalità risarcitorie) è destinata a rivelarsi diseconomica rispetto a modeste violazioni formali del Modello. Di qui, l’evenienza che, in simili casi, si preferisca non agire, con il rischio, però, di incentivare pratiche devianti che potrebbero innescare, se non ‘punite’, infrazioni ben più gravi. Dunque, la Società ha deciso di ritagliare anche per i soggetti in posizione apicale un sistema di sanzioni ‘contrattate’, sottoposte all’accettazione degli interessati, all’atto della nomina. Naturalmente, anche per queste sanzioni non possono non valere gli irrinunciabili principi di proporzionalità della sanzione e del contraddittorio nel procedimento di irrogazione.
Quanto previsto per gli amministratori, non appare replicabile per i sindaci. La loro assoggettabilità a una variegata gamma di sanzioni disciplinari (conservative e non) pone intuibili problemi rispetto alla necessità di assicurare l’autonomia di tale organo di controllo, sì da evitare azioni ritorsive da parte del vertice della Società. Si è, pertanto, previsto che l’unica sanzione irrogabile sia quella della revoca per giusta causa, rimessa all’assemblea, che potrà deliberarla solo in presenza di gravi violazioni del Modello
2.7.1. Violazioni disciplinari: tipologia
Il sistema sanzionatorio, elaborato a norma del D. Lgs. 231/2001, si applica ai soggetti in posizione apicale, ai dipendenti e alle terze parti. Per terze parti si intendono tutti coloro che, a diverso titolo, intrattengono rapporti di lavoro, di collaborazione o d’affari, compresi i collaboratori, gli stagisti, i somministrati, i consulenti, gli agenti, gli intermediari, i fornitori e i business partners L’applicazione delle sanzioni discende: a) dalla violazione delle disposizioni del Codice Etico, delle prescrizioni del Modello 231 e delle procedure operative o degli Standards di compliance che ne fanno parte integrante e prescinde dallo svolgimento e dall’esito del
b) da condotte, attive o omissive, che espongono la società al rischio di commissione di uno dei reati contemplati nel D. Lgs. 231/2001 o che determinano l’applicazione, a carico della società, di una delle sanzioni previste dal D. Lgs. citato;
c) dal compimento di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante, per ragioni collegate, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;
d) dalla violazione delle misure di tutela del segnalante;
e) dall’effettuazione, con dolo o colpa grave, di segnalazioni che si rivelano infondate.
Nei casi di cui alle precedenti lettere c) e d), si osservano le disposizioni di cui all’art. 6, commi 2-ter e 2-quater, del D. Lgs. 231/2001. Il sistema sanzionatorio tiene conto delle differenti normative relative ai dirigenti, ai lavoratori dipendenti e ai terzi che agiscono nell’ambito della società, nonché della disciplina apprestata dagli artt. 2118 e 2119 del Codice Civile, dalla legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) e dai vigenti Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro.
2.7.2. Criteri di scelta e di commisurazione delle sanzioni. principio del contraddittorio
Le sanzioni disciplinari si suddividono in sanzioni conservative e risolutive del rapporto di lavoro.
Le sanzioni conservative del rapporto con la Società possono essere irrogate in presenza di violazioni di norme procedimentali od organizzative, consistenti nella omessa o insufficiente attuazione di obblighi di informazione/relazione, di segnalazione, ovvero nella violazione delle cautele procedimentali e sostanziali che disciplinano le decisioni della Società nelle aree a rischio-reato.
Le sanzioni risolutive del rapporto si applicano solo in presenza di
comportamenti che espongono la Società ad un grave danno o ad un procedimento per responsabilità amministrativa da reato, ai sensi del D. Lgs. 231/2001, ovvero nel caso di reiterazione delle violazioni indicate nel precedente capoverso.
Con riferimento alle violazioni di cui alle lettere c), d) ed e), indicate nel par. 2.6.6., possono applicarsi sanzioni disciplinari risolutive del rapporto di lavoro nei casi di particolare gravità, desumibili dai criteri commisurativi appresso illustrati.
Ai fini della commisurazione della sanzione applicabile, si tiene conto:
a) delle concrete modalità di realizzazione della violazione;
b) dell’intensità del dolo e il grado della colpa;
c) del comportamento tenuto dall’autore della violazione precedentemente e successivamente alla realizzazione della stessa;
d) della qualifica dell’autore della violazione nell’ambito aziendale;
e) delle condizioni economiche dell’autore della violazione.
Nessuna sanzione può comunque essere irrogata senza aver prima sentito l’interessato, avergli contestato con precisione, e in forma scritta, l’addebito, ed avergli concesso un congruo termine entro il quale esporre per iscritto le proprie ragioni.
2.7.3. Sanzioni disciplinari nei confronti dei dipendenti (quadri, impiegati ed operai)
La violazione delle disposizioni del Codice Etico e del Modello 231, per come definite nel par. 2.6.6 realizzata dai lavoratori dipendenti, determina l’applicazione, in ordine crescente di gravità, delle seguenti sanzioni:
a) il richiamo verbale;
b) il richiamo scritto;
c) la sanzione pecuniaria non superiore a tre ore di retribuzione;
d) la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad un massimo di tre giorni;
e) la risoluzione del rapporto di lavoro, consistente nel licenziamento con o senza preavviso.
Il procedimento disciplinare è regolato dalle norme dello “Statuto dei Lavoratori”.
2.7.4. Sanzioni disciplinari per i dirigenti
1. La violazione delle disposizioni del Codice
Etico e del Modello 231, per come definite nel par. 2.6.6 realizzata da dirigenti o da soggetti che svolgano in concreto funzioni dirigenziali, determina l’applicazione delle seguenti sanzioni previste dal CCNL 38
2.7.5. Sanzioni nei confronti di persone che rivestono funzioni di amministrazione (Soggetti Apicali)
La violazione delle disposizioni del Codice
Etico e del Modello 231, per come definite nel par. 2.6.6., da parte degli amministratori o di soggetti che svolgano in concreto funzioni di amministrazione e/o di gestione può determinare a loro carico l’applicazione delle seguenti sanzioni:
a) la diffida formale;
b) la sanzione pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro;
c) la revoca di una o più deleghe; d) la destituzione dalla carica.
La sanzione della revoca è disposta dall’Assemblea (dal CDA quando trattasi del DG)
Resta impregiudicato l’esercizio dell’azione di responsabilità.
2.7.6. Sanzioni nei confronti dei Sindaci
Nel caso di violazione, commessa da uno o più sindaci, che esponga Società ad un grave danno o ad un procedimento per
38 È da evidenziare che vi sono contratti collettivi di lavoro dei dirigenti che non contemplano sanzioni disciplinari conservative (la stessa Cassazione, in una sentenza a sezioni unite del 1995, ne escludeva la configurabilità; peraltro, con una successiva decisione del 2007, pure a sezioni unite, la Corte pare avere rimosso tale preclusione). Se si intende mantenere,
responsabilità amministrativa da reato, ai sensi del D. Lgs. 231/2001, il Consiglio di Amministrazione e il Collegio Sindacale convocano tempestivamente, sulla scorta di quanto previsto dalla legge e/o dallo Statuto, l’assemblea, che potrà deliberare la revoca per giusta causa.
2.7.7. Sanzioni nei confronti di terze parti
Qualora sia accertata la commissione di una delle violazioni indicate nel par. 2.6.3., da terze parti, possono essere applicate le seguenti sanzioni:
- diffida al puntuale rispetto delle previsioni del Modello allo stesso applicabili;
- applicazione di una penale, convenzionalmente prevista;
- risoluzione immediata del rapporto negoziale intercorrente con la Società.
Nell’ambito dei rapporti con le terze parti, la Società inserisce, nelle lettere d’incarico e/o negli accordi negoziali, apposite clausole volte a prevedere, in caso di violazione del Codice Etico o del Modello, l’applicazione delle predette misure.
2.7.8. Il procedimento di irrogazione delle sanzioni
In considerazione di quanto previsto nella procedura, che ha lo scopo di disciplinare le principali fasi del processo di gestione della procedura disciplinare a tutto il personale dipendente (così come detto precedentemente), la segnalazione di eventi che possono essere giudicati rilevanti per l’applicazione di sanzioni disciplinari può provenire da:
a) Responsabile Gerarchico;
b) DSOC;
c) HRBP;
come è auspicabile, un sistema che preveda sanzioni conservative, pare opportuno consultare le associazioni sindacali oppure prefigurare un sistema di sanzioni conservative ‘convenzionali’, sottoposte all’accettazione del dirigente all’atto della sottoscrizione del contratto di lavoro.
d) Commissione Interna; e) DPO; f) ODV, anche tramite il canale whistleblowing (WB).
Gli altri soggetti possono inoltrare le segnalazioni al HRBP competente o al DSOC.
La segnalazione, in forma scritta e contenente fin da subito elementi di valutazione quale descrizione circostanziata, soggetti concorrenti e presenti, contesto, etc. deve essere inviata a Legislazione Contenzioso Sindacale (LCS)
Se il segnalante è l’Organismo di Vigilanza, può decidere se assegnare l’indagine in via ordinaria (v. “PR008 – processo disciplinare”) o se arrogarsi l’indagine anche tramite l’Internal Auditing Se la segnalazione proviene dal canale WB, l’obbligo di riservatezza impone che il segnalante e le informazioni che possono a lui ricondurre devono essere anonimizzate.
Si prospettano, quindi, due scenari:
• La segnalazione è ragionevolmente inerente a un rischio di reato presupposto ex D. Lgs. 231/2001 s.m.i.: le indagini siano condotte direttamente dall’Organismo di Vigilanza (anche tramite l’IA). In questo caso, l’esito dell’indagine e l’eventuale proposta di sanzioni saranno comunicati direttamente al Consiglio di Amministrazione;
• La segnalazione, pur non avendo la rilevanza di cui al punto 1, è attendibile: l’ODV trasmette la segnalazione, sempre in versione anonimizzata, al DSOC, il quale o la trasmette al HRBP competente o si arroga il processo ai fini della valutazione della eventuale rilevanza della condotta rispetto alle altre leggi o regolamenti applicabili.
Il LCS apre un fascicolo ed esamina la segnalazione al fine di valutare l’attendibilità e la rilevanza per il proseguo dell’indagine. Sono elementi utili a definire attendibilità e rilevanza l’accuratezza della narrativa, la descrizione del contesto, la descrizione dell’evento, la presenza di testimoni, verbali di enti o organi competenti, la gravità/rischio per l’organizzazione, la reiterazione, etc. Il LCS, nei casi dubbi, può chiedere un parere non vincolante al HRBP/DSOC.
Qualora la segnalazione non abbia i requisiti di attendibilità, la segnalazione è archiviata inviando comunicazione e motivazioni al segnalatore. Semestralmente il LCS trasmette al DSOC e ai HRBP competenti l’elenco delle segnalazioni archiviate, i quali, collegialmente, verificano il KPI, rilevando eventuali andamenti anomali.
Se è giudicata attendibile, il LCS trasmette la segnalazione al HRBP/DSOC: i) se la segnalazione rientra nel campo dell’applicazione della PR001-LG001, alla Commissione Interna; ii) se la segnalazione rientra nel campo del GDPR, al DPO. Valuta, inoltre, se l’evento oggetto della segnalazione può contenere ipotesi di reato presupposto ex D. Lgs. 231/2001 (applicando un criterio di prudenza). Se le informazioni della segnalazione giustificano il ragionevole dubbio di un’ipotesi di reato presupposto, invia comunicazione all’Organismo di Vigilanza mettendosi a disposizione collaborativa per eventuali ulteriori approfondimenti. In questo caso l’Organismo di Vigilanza può arrogarsi l’indagine interna come sopra descritto dandone comunicazione all’Ufficio LCS e al DSOC.
Se la segnalazione non deriva da HRBP, lo mette in conoscenza.
Più precisamente, in tutti i casi in cui riceva una segnalazione (anche anonima) ovvero acquisisca, nel corso della propria attività di vigilanza e di verifica, gli elementi idonei a configurare il pericolo di una violazione del Modello, l’Organismo di Vigilanza espleta gli accertamenti ed i controlli rientranti nell’ambito della propria attività e ritenuti opportuni.
Esaurita l’attività di verifica e di controllo, l’Organismo di Vigilanza valuta, sulla base degli elementi in proprio possesso, se si è effettivamente verificata una violazione sanzionabile del Modello.
Qualora riscontri la violazione del Modello l’OdV trasmette al Consiglio di Amministrazione una relazione contenente:
• la descrizione della condotta constatata;
• l’indicazione delle previsioni del Modello che risultano essere state violate;
• gli estremi del soggetto responsabile della violazione;
• gli eventuali documenti comprovanti la violazione e/o gli altri elementi di riscontro.
In tutti i casi deve essere disposta da parte dell'organo amministrativo l’audizione dell’interessato, l’acquisizione delle eventuali deduzioni da quest’ultimo formulate e l’espletamento degli eventuali ulteriori accertamenti ritenuti opportuni. Nell'ipotesi in cui l'interessato sia anche dipendente della Società devono essere rispettate tutte le procedure obbligatorie previste dallo Statuto dei Lavoratori nonché dal CCNL applicabile nella specie, senza alcuna limitazione.
2.8. L’ORGANISMO DI VIGILANZA (ODV)
NEL D. LGS. 231/2001
2.8.1. L’istituzione, la composizione e le funzioni dell’organismo di vigilanza (OdV): premessa
Il Modello, espressione di un insieme articolato e proceduralizzato di cautele preventive, richiede, rispetto ai reati riconducibili alle figure apicali delle organizzazioni complesse, la creazione di un organismo di vigilanza (OdV), che ha il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello e di curarne, al tempo stesso, l’aggiornamento. Si tratta di un’assoluta novità nell’ambito dei sistemi di governance delle società. Inoltre, nella prassi, si sta affermando l’idea di ‘sfruttare’ la funzione di sorveglianza esercitata dall’OdV anche nei confronti degli illeciti dei dipendenti: una scelta, questa, che, sebbene normativamente non imposta (arg. ex art. 7 D. Lgs. 231/2001), appare nondimeno espressiva di una apprezzabile volontà degli enti di adeguarsi, in toto, alle finalità preventive della riforma. Se si prova, fin da ora, a raffigurare la funzione dell’OdV, si può immaginare una stella con tante punte, che si muovono, continuativamente, a doppio senso: per un verso, si proiettano verso i soggetti che presidiano il processo a rischioreato, per ottenere i flussi informativi previsti dal Modello; per altro e collegato verso, possono insinuarsi nel processo, come controllori di secondo grado, esercitando poteri ispettivi e di vigilanza Destinatario
dell’attività dell’OdV è, essenzialmente, il vertice della società, al quale compete la decisione finale sulle segnalazioni che gli vengono trasmesse. Va, infatti, sottolineato subito un aspetto fondamentale dell’organismo di vigilanza, desumibile dal dettato normativo: esso vanta esclusivamente poteri di sorveglianza e di controllo, sì che gli è preclusa qualsiasi attività di gestione, sia essa attiva che impeditiva: tale divieto è funzionale alla salvaguardia e all’implementazione della imparzialità dell’organo, argine indispensabile per evitare insanabili conflitti di interesse.
2.8.2. La struttura dell’organismo di vigilanza
Il legislatore del 2001 non ha ritenuto di introdurre una disciplina troppo dettagliata sulla configurazione strutturale dell’organo, anche al fine di consentire che esso possa essere modulato rispetto al grado di complessità aziendale, lasciando la più ampia libertà agli operatori del settore. La scelta di una disciplina scarna non ha mancato di sollevare, però, una serie di questioni di carattere interpretativo ed applicativo.
La ricostruzione della struttura dell’organo va, perciò, effettuata alla stregua delle funzioni che gli sono state assegnate. In questa ottica, se la funzione coessenziale all’organismo è quella del controllo, ne deriva che esso dovrà necessariamente atteggiarsi, per ragioni di effettività, come un’istituzione autonoma e imparziale rispetto agli altri organi societari, munita di un ampio corredo di poteri di ispezione e di sorveglianza
Sulla scorta di questa premessa, l’indagine della struttura dell’OdV si snoderà attraverso l’esame dei seguenti aspetti: (a) l’istituzione e la nomina; (b) i requisiti che ne devono marcare l’azione di controllo. (a) Sul terreno dell’istituzione, ci si è interrogati, poco dopo l’emanazione del decreto, sulla necessità di apprestare, all’interno della società, un nuovo distinto organismo o se, per contro, fosse stato compatibile con il dettato e lo spirito della riforma assegnare la funzione di controllo e di sorveglianza, indicata nell’art. 6, ad uno degli organismi già presenti nel tessuto della corporate governance. La questione
ha trovato una unanime soluzione nel senso della istituzione di un nuovo organismo, per ragioni di intuitiva evidenza, legate all’autonomia e all’indipendenza dell’organo 39
Sennonché, il legislatore si è mosso, in modo per vero inaspettato, in controtendenza. L’art. 14, comma 12, l. 183/2011 (cd. legge di stabilità) ha introdotto un nuovo comma 4bis sul tessuto dell’art. 6 D Lgs. 231/2001, con il quale si stabilisce che <<nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato di controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b)>> 40. Si prevede, così, un accorpamento di funzioni, lasciato, peraltro, alla libera scelta della società, nella prospettiva di una semplificazione della struttura societaria, volta evidentemente a ridurre i costi di funzionamento degli apparati di controllo interno. Non si comprende, però, come possano coniugarsi efficacemente i requisiti di “autonomia ed indipendenza” dell’OdV, contemplati dal D. Lgs. 231/2001, con le funzioni di un organo - il collegio sindacale - che non vanta, fisiologicamente, continuità di azione e che, soprattutto, in alcune aree sensibili (si pensi ai reati societari), potrebbe risultare coinvolto nella commissione di reatipresupposto della responsabilità dell’ente. Si è al cospetto di un corto-circuito logico, prima ancora che giuridico! Un tentativo ragionevole, per recuperare coerenza al sistema, potrebbe consistere nella valorizzazione della libertà di scelta lasciata alla società, da rinvenire nell’esplicito ricorso, effettuato dal legislatore, al verbo “possono”.
39 Non è ovviamente possibile demandare la funzione di vigilanza al Consiglio di amministrazione: così facendo, si verificherebbe una perfetta coincidenza tra controllante e controllato. Il discorso è, in parte, diverso per ciò che concerne la funzione di Internal auditing. In effetti, quella di Internal Auditing rappresenta una struttura che non svolge compiti operativi e che esercita la propria attività in modo continuativo; inoltre, in diversi casi, è già chiamata a disimpegnare una funzione di fraud auditing, ossia di monitoraggio e prevenzione dei reati commessi all'interno dell'azienda. Nondimeno, trattandosi di una struttura situata in dipendenza funzionale dal Consiglio di amministrazione o dall’amministratore delegato, vanta un ridotto tasso di autonomia rispetto a quello che il decreto richiede per l’OdV: si pensi alla possibilità di esercitare poteri ispettivi in via del tutto autonoma o “a sorpresa”, impensabili per una funzione la cui strategia operativa è condizionata dalle decisioni del vertice aziendale. 40 Prima di tale intervento riformatore, era pressoché unanime l’orientamento in base al quale erano da intravvedersi almeno due ostacoli insuperabili al
In altre parole, si potrebbe sostenere che la società può ricorrere al modulo organizzativo indicato nella nuova disposizione, con la consapevolezza, però, che esso risulterà inefficace quanto meno con riferimento a quelle aree a rischio-reato in cui è profilabile un coinvolgimento del collegio sindacale, stante la carenza dei requisiti di autonomia e indipendenza in parte qua. L’opzione non è, pertanto, asettica: se si privilegia l’accorpamento, si sarà davanti ad una compliance affetta da zoppia in tutti quei settori in cui la concentrazione della vigilanza contabile e di quella organizzativa impinge in aree a rischio di consumazione di reatipresupposto della responsabilità dell’ente. Un diverso problema, che alimenta tuttora il dibattito, è quello relativo alla composizione dell’organo, destinato a trovare soluzione in sede di analisi dei suoi requisiti. (aa) Circa la costituzione, è da ritenere che spetti al vertice dell’ente (Consiglio di Amministrazione, ecc.) la competenza a nominare l’organo di vigilanza. In favore di questa soluzione milita la circostanza che, nell’esercizio delle sue funzioni, l’organismo di controllo è chiamato a “dialogare” con il vertice, al quale, oltre ad essere legato contrattualmente, è ovviamente tenuto a riferire sull’attività svolta e sulla presenza di irregolarità o di situazioni a rischio che impongano l’immediato intervento della dirigenza. Per contro, nell’eventualità che l’amministrazione venga esercitata collegialmente, senza ricorrere a deleghe, la nomina dell’organismo potrebbe anche far capo all’assemblea: in questo caso, tuttavia, l’organismo di controllo non potrebbe certo conferimento delle funzioni dell’OdV al Collegio sindacale. Il primo è che il Collegio sindacale non svolge un'azione di vigilanza continuativa, che si richiede, come vedremo tra breve, all’OdV. In secondo luogo, si profila una più radicale incompatibilità funzionale: il Collegio sindacale è impegnato, in prima persona, nello svolgimento di funzioni che impingono in un’importante area a rischio-reato, come quella pertinente alla formazione e alla redazione del bilancio, sottoposta al controllo dell’OdV. Dunque, si innescherebbe un insanabile corto circuito, derivante dalla ‘confusione’ di controllore e controllato. Ne derivava, logicamente, l’improponibilità del ricorso al Consiglio di Sorveglianza, in quanto trattasi di struttura cui si possono muovere le stesse obiezioni mosse al Collegio sindacale. Ancor meno ipotizzabile il ricorso al Comitato per il controllo sulla gestione, caratteristico del sistema monistico: stiamo parlando di veri e propri amministratori (ancorché "non esecutivi" ed "indipendenti") e, perciò, di soggetti che assommerebbero la qualifica di controllori e controllati.
avere come interlocutore l’organo controllato (il Consiglio di Amministrazione), ma dovrebbe fare riferimento (per la segnalazione di irregolarità o per l’attivazione di procedimenti disciplinari) al collegio sindacale e all'assemblea. Sono sin troppo evidenti le difficoltà di funzionamento di un simile sistema, che finirebbero per pregiudicare le istanze di fluidità e di tempestività che devono contraddistinguere il controllo interno. (b) I requisiti di azione dell’OdV possono essere enucleati nel modo seguente.
(i) L’indipendenza è da riferire alle persone che lo compongono, che non devono trovarsi in conflitto di interessi con la società, né appartenere ai vertici della stessa o comunque costituire espressione del gruppo di comando nella società.
L’indipendenza dell’organismo va garantita collocandolo come unità di staff, al di fuori dell’autorità di line: si tratta, infatti, di un organo chiamato a dialogare con il vertice, ma che non ne deve subire il condizionamento. Va ribadito che l’OdV vanta essenzialmente poteri di sorveglianza, ai quali sono estranei poteri impeditivi e gestionali, che, ove esercitati, finirebbero proprio per pregiudicarne l’indipendenza: una volta segnalata una violazione, la scelta di correre o non il rischio-reato spetta, in ultima analisi, al vertice della società.
È su questo terreno, allora, che va risolto il problema della composizione dell’organo
La prima questione concerne la provenienza dei componenti: in altre parole, si discute se l’OdV debba avere una conformazione interna od esterna, ovvero se sia preferibile una composizione mista
Un OdV, formato esclusivamente da membri della società (dunque, a composizione interna), denota indiscutibilmente i vantaggi correlati ad una maggiore conoscenza dell’architettura societaria e delle dinamiche strategiche e operative. Nondimeno, una simile scelta incide negativamente sul requisito dell’indipendenza, vanificandolo per ragioni legate all’indiscutibile condizionamento che il vincolo societario proietta sull’azione di controllo dell’organismo.
La composizione interamente esterna tradisce problemi diametralmente opposti: pur salvaguardando significativamente il
41 Proprio allo scopo di valorizzare l’indipendenza dell’OdV, la scelta del presidente dovrebbe cadere su un membro esterno, anche in ragione dei maggiori poteri
requisito dell’indipendenza (a patto che i membri esterni siano soggetti che non abbiano avuto ricorrenti rapporti di collaborazione o di consulenza con la società o che siano stati componenti, a vario titolo, della compagine sociale), rischia, però, di involvere in difficoltà operative derivanti da una insufficiente conoscenza del tessuto societario, sì da scontare l’evenienza di azioni di controllo tardive o inefficaci. Si registra, allo stato, un consenso piuttosto diffuso per una composizione mista, ritenuta come quella più idonea a coniugare le finalità di indipendenza e di effettività di azione. E’ di intuitiva evidenza che l’opzione per una composizione mista può dirsi davvero tale quando il rapporto tra membri di provenienza eterna ed interna integra un ragionevole equilibrio 41. Circa la provenienza dei membri interni, nonostante la recente novella legislativa orientata a consentirla, non appare opportuna, la presenza di componenti del collegio sindacale. Ciò, in primo luogo, in quanto il collegio sindacale, per quanto “indipendente”, costituisce, pur sempre, un organo “endoaziendale”, a stretto contatto con la gestione dell’ente, e che risulta comunque espressione del “”gruppo di comando” della società. Inoltre, la presenza di un membro del collegio sindacale può innescare una reciproca, patologica, interferenza fra i due organi con potenziale sbocco in autentici conflitti di interessi, tenuto conto del fatto che entrambi gli organismi svolgono attività di controllo e di vigilanza sulle modalità di svolgimento dei rispettivi compiti. Si pensi ai controlli che il collegio sindacale è chiamato ad eseguire nei confronti dell’organismo di vigilanza per quanto concerne il rispetto delle prescrizioni regolamentari, il funzionamento dell’organo e la gestione del budget assegnato. Specularmente, quest’ultimo esercita controlli su alcuni reati societari, presupposto della responsabilità dell’ente (tra i quali il falso in bilancio), che annoverano, tra i possibili “autori”, i membri del collegio sindacale, sì che il collegio può diventare esso stesso oggetto di controllo da parte dell’organismo di vigilanza. Questa eventualità è particolarmente concreta e di significativo impatto sulla idoneità del Modello proprio con riferimento ai reati societari che contemplano i sindaci fra i che tale figura vanta (formalizzati nel regolamento che disciplina il funzionamento dell’organismo).
destinatari del precetto penale: nel caso di emersione di un reato societario il componente-sindaco dell’OdV si troverebbe o nel ‘parziale’ ruolo di “controllore di sé stesso” o nella scomoda posizione di gravato di un obbligo (per sésé fra l’altro incostituzionale) di autodenuncia
A maggior ragione, contrasta irrimediabilmente con le funzioni dell’OdV l’appartenenza al Consiglio di amministrazione, visto che l’attività dell’OdV è prevalentemente orientata proprio a vigilare sull’attività dei soggetti in posizione ‘apicale’ (v. art. 6 D. Lgs. 231/2001); vi sarebbe, perciò, in questo caso una genetica ed inammissibile contaminazione tra funzioni di direzione e di controllo, visto che il membro del Consiglio di amministrazione, anche nel caso in cui sia indipendente (e sprovvisto di deleghe), costituisce comunque una propagazione, immediata, della struttura direzionale della società. Parimenti inammissibile appare, poi, la possibilità di nominare, come membri dell’OdV, soggetti che svolgono funzioni di direzione in aree coinvolte nel rischio-reato: si tratta, infatti, di soggetti che contribuiscono, in prossimità dei vertici aziendali, a configurare l’orientamento strategico di fondo dell’impresa, visto che sono chiamati a gestire aspetti tra i più significativi dell’attività aziendale. La concentrazione in capo a tali soggetti di poteri di controllo (di secondo grado, come membri dell’OdV) fomenta una promiscuità che pregiudica l’imparzialità e l’attendibilità dell’operato dell’organismo. Un discorso a parte merita l’area legale. Buona parte dei modelli sinora adottati contempla, tra i membri dell’OdV, il responsabile (o un funzionario) dell’area legale, anche allo scopo di assicurare l’indispensabile “sapere giuridico” e organizzativo in ordine ai rapporti tra le diverse funzioni aziendali. Una simile scelta non sembra esporsi ad obiezioni, a patto, però, che l’area legale non svolga, come talvolta accade, un significativo ruolo attivo (di natura decisionale o consultiva) nelle attività esposte al rischio-reato: in questo caso, si innescherebbe un inammissibile conflitto di interessi.
Non vi sono, invece, ostacoli a che entrino a far parte dell’organismo membri della funzione di Internal Auditing, a condizione che la loro presenza, munita di indubbi requisiti di professionalità, non finisca per
condizionare eccessivamente la strategia operativa dell’organo di vigilanza. Va ricordato, in proposito, che l’Internal Auditing è una funzione che si trova in rapporto di dipendenza con il Consiglio di amministrazione (dunque, con i vertici societari), sì che una presenza assorbente o comunque significativa all’interno dell’organismo di vigilanza rischia di minarne irreparabilmente l’indipendenza dal vertice. Sicuramente auspicabile, per contro, è la possibilità che l’organo di vigilanza si avvalga, in funziona ausiliaria, alla stregua di un “braccio armato”, dell’Internal Auditing per l’esecuzione della sua attività.
(ii) L’autonomia è espressione di effettivi ed incisivi poteri di ispezione e di vigilanza, anche proattivi, potendo l’organo attivarsi, motu proprio, per prevenire possibili violazioni.
(iii) La professionalità è un requisito di natura soggettiva, che riguarda i componenti dell’organismo. Questi debbono possedere competenze specifiche in tema di attività di controllo, da intendersi però in senso lato: auditing, controllo di legalità (dunque, conoscenze di diritto societario, fiscale e, non ultime, penali, specie sul terreno della cultura e della costruzione delle cautele doverose), tecnicocontabile, direzionale e strategico.
Ovviamente, la professionalità può essere garantita ed implementata anche attraverso il ricorso a risorse esterne (consulenze).
Come si vede, è necessario un sapere multidisciplinare, che può essere garantito solo dalla coesistenza di diversificate competenze. Ne discende che, specie nelle aziende di maggiori dimensioni, l’OdV non potrà che avere una composizione collegiale, l’unica in grado di assicurare la descritta pluralità di competenze. I requisiti di professionalità dei componenti dell’OdV dovranno trovare riscontro in un adeguato compenso, anche a garanzia della loro effettiva autonomia.
(iv) La continuità di azione: l’OdV deve assicurare un funzionamento costante nel tempo ed in continua interazione con gli organismi amministrativi e di controllo della società. Assicurazione che non può ritenersi conseguita in presenza di un’attività saltuaria, meramente burocratica, appiattita sul mero reporting passivo. Nell’ottica del perseguimento della continuità di azione, assumeranno particolare rilievo le attività di
programmazione dell’attività, consistenti nell’effettuazione (periodica o a sorpresa) di controlli, di ispezioni, ecc.: in definitiva, l’OdV deve manifestare una propria, autonoma strategia operativa, priva di soluzioni di continuità, capace di far emergere le criticità e di proporre i necessari interventi correttivi e di adeguamento. Ovviamente, per funzionare, l’OdV dovrà essere destinatario di adeguate risorse finanziarie (v) L’imparzialità deriva dalla sommatoria dei requisiti di indipendenza e di professionalità: solo una condizione di indipendenza dei membri dell’organismo, accompagnata da caratteristiche di onorabilità 42 e di elevata professionalità, può permettere di raggiungere un’azione improntata ad equità.
2.8.3.
2.8.3.1 COMPOSIZIONE, NOMINA E DURATA
In coerenza con quanto sinora premesso, è stato istituito presso la società, con deliberazione del Consiglio di amministrazione, l’Organismo di Vigilanza (OdV) per vigilare sul funzionamento, l’osservanza, l’implementazione e l’aggiornamento del Modello di prevenzione del rischio-reato ex D. Lgs. 231/2001. L’OdV è un organo collegiale, costituito da tre o cinque membri, uno dei quali con funzione di Presidente, nominato dal CdA. La maggioranza dei componenti deve essere di provenienza esterna alla società e, tra questi, viene eletto il Presidente. Nel caso di scelta di componenti interni alla Società, questa non deve ricadere, ovviamente, su di un Amministratore. I membri dell’OdV devono essere dotati, da un lato, di elevate e consolidate competenze professionali, dall’altro lato, di assoluta onorabilità, autonomia e indipendenza. Ai fini dell’individuazione e nomina dei componenti esterni, devono essere richiesti i rispettivi curricula Non è identificabile come membro esterno chi:
• direttamente o indirettamente controlla la società o è in grado di
42 Caratteristiche che, nel Modello, trovano una pertinente declinazione tramite la predisposizione di una griglia di cause di ineleggibilità e di decadenza dalla carica di membro dell’OdV.
esercitare su di essa un’influenza notevole;
• è, o è stato anche in uno dei cinque esercizi precedenti, un esponente di rilievo 43 della società, di altre società del medesimo Gruppo ovvero di una società che la controlla o è in grado di esercitare su di essa un’influenza notevole;
• direttamente o indirettamente, ha, o ha avuto, anche in uno dei cinque esercizi precedenti, una significativa relazione commerciale, finanziaria o professionale con la società o con altra società del medesimo Gruppo ovvero con un soggetto che controlla la società o è in grado di esercitare su di essa un’influenza notevole;
• è socio o amministratore di una società o di un’entità appartenente al network della società incaricata delle attività di revisione;
• è uno stretto familiare di una persona che si trovi in una delle situazioni elencate ai punti precedenti.
L’OdV ha sede presso la sede legale della Società.
I membri dell’OdV vengono nominati dal Consiglio di Amministrazione di CPL; restano in carica per tre anni.
I membri dell’OdV, cui non sia stata confermata la nomina, rimangono in carica sino all’insediamento dei successivi. Costituiscono cause di ineleggibilità e di decadenza da membro dell’OdV:
• essere stata esercitata l’azione penale, nelle forme previste dal codice di procedura penale, in relazione ad uno dei reati (consumati o tentati) previsti dagli artt. 24 e segg. del D. Lgs. 231/2001; a questo fine, sono immediatamente ed automaticamente recepite nel presente Modello eventuali modificazioni e/o integrazioni delle fattispecie di reato previste dal D Lgs 231/2001;
43 Si considerano “esponenti di rilievo”: i componenti del Consiglio di Amministrazione, l’amministratore delegato e i dirigenti con responsabilità strategiche ed operative.
L’ORGANISMO DI VIGILANZA DI CPL CONCORDIA
• essere destinatario di misure cautelari personali, coercitive o interdittive, per uno dei reati (consumati o tentati) previsti dagli artt. 24 e segg. del D. lgsLgs 231/2001;
• avere riportato condanna, con sentenza ancorché non definitiva, ad una pena che comporta l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese; la sentenza di patteggiamento viene considerata equivalente ad una sentenza di condanna;
• avere riportato condanna, con sentenza ancorché non definitiva, alla pena della reclusione per uno dei delitti previsti dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ovvero per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’economia pubblica o in materia tributaria; la sentenza di patteggiamento viene considerata equivalente ad una sentenza di condanna;
• avere riportato condanna, con sentenza ancorché non definitiva, per uno dei reati previsti dal titolo XI del libro V del codice civile; la sentenza di patteggiamento viene considerata equivalente ad una sentenza di condanna;
• avere rivestito la qualifica di componente dell’OdV in seno a società nelle quali siano stati commessi reati presupposto in corso di carica per i quali siano state successivamente applicate le sanzioni previste dall’art. 9 del D. Lgs. 231/2001;
• essere stati sottoposti, in via definitiva, ad una delle misure di prevenzione previste dall’art. 10, comma 3, l. 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’art. 3 della Legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modificazioni;
• essere coniuge, ovvero parente o affine entro il 4° grado di dipendenti o collaboratori, a qualsiasi titolo, dirigenti (con contratto di lavoro subordinato e/o di consulenza), amministratori e sindaci della società o di società del gruppo;
• essere legato, o essere stato legato nell’ultimo quinquennio, da rapporti economici o professionali con la società o con le società controllate o con i loro amministratori, consiglieri d’Amministrazione o dirigenti con funzioni apicali;
• essere membro, o essere stato membro negli ultimi due anni, di un organismo di Vigilanza delle società controllate;
• essere stato interdetto, inabilitato, affiancato da un amministratore di sostegno;
• essere stato assente, senza giustificato motivo, ad almeno tre riunioni dell’OdV.
Il membro dell’OdV, che versi in una condizione di ineleggibilità o decadenza, deve darne immediata comunicazione al Consiglio di Amministrazione Fuori dei casi precedenti, il Consiglio di Amministrazione può comunque ritenere ineleggibile o revocare dall’incarico colui nei cui confronti sia stato iniziato un procedimento penale per i reati, consumati o tentati, previsti dagli artt. 24 e segg. del D. Lgs. 231/2001, nonché per delitti dolosi, consumati o tentati, commessi con violenza o minaccia alle persone o per delitti, consumati o tentati, contro il patrimonio, mediante violenza o frode, ovvero per reati societari o per taluni dei delitti previsti dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
L’OdV o uno dei suoi membri può essere inoltre revocato, con delibera del Consiglio di Amministrazione, per inadempienza agli obblighi, di seguito stabiliti, o comunque per comportamenti gravemente lesivi dei principi di imparzialità, correttezza e trasparenza connessi allo svolgimento dell’incarico o legati all’attività della Società. I componenti dell’OdV possono recedere in qualsiasi momento dall’incarico, previa comunicazione inviata con Pec, raccomandata a.r. al Consiglio di
amministrazione; il recesso diviene operativi decorsi trenta giorni dalla ricezione della raccomandata a.r.
In caso di revoca, il CdA provvede alla nomina contestuale di un nuovo membro, mentre, in caso di recesso, vi provvede entro trenta giorni dalla ricezione del recesso e, comunque, nella prima adunanza successiva.
Ove la revoca o il recesso riguardi singoli componenti dell’OdV, i componenti di nuova nomina restano in carica fino al termine di durata dell’Organismo, mentre, ove riguardi l’OdV nella sua interezza, il nuovo Organismo avrà l’ordinaria durata triennale.
2.8.3.2
CONVOCAZIONE, RIUNIONI, VOTO E DELIBERAZIONI
L’OdV si riunisce con la frequenza necessaria per lo svolgimento delle proprie funzioni, tenendo comunque conto l’esistenza di situazioni di eccezionalità e di urgenza che impongano convocazioni immediate. Le riunioni sono convocate dal Presidente ovvero su richiesta di almeno due membri. Il Consiglio di amministrazione e il Collegio sindacale possono in qualsiasi momento chiedere al Presidente la convocazione dell’Organismo.
Le riunioni dell’OdV sono valide con la presenza, anche attuata per il tramite di strumenti telematici, della maggioranza dei membri in carica e vengono presiedute dal Presidente, assistito dal Responsabile IA che svolge la funzione di segretario. In assenza del Presidente, le sue funzioni sono ricoperte dal membro più anziano. Le deliberazioni dell’OdV vengono adottate a maggioranza e, in caso di parità, prevale il voto del Presidente. Il verbale della riunione deve essere sottoscritto dal Presidente e dal segretario e deve essere conservato agli atti. È fatto obbligo a ciascun componente dell’OdV di dare notizia agli altri membri di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in attività che sono di competenza dell’organismo e/o della società, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata.
Presso l’OdV è conservata, per un periodo minimo di dieci anni, copia (cartacea ed informatica) di tutto il materiale relativo all’attività svolta dell’Organismo.
2.8.3.3 ORGANISMO DI VIGILANZA: (A) FUNZIONI E (B) GARANZIE PER L’EFFETTIVO FUNZIONAMENTO E LA CONTINUITÀ DI AZIONE
L’OdV svolge la sua attività in condizioni di autonomia e di indipendenza.
All’OdV è affidato il compito di:
• effettuare una costante ricognizione delle attività della società, allo scopo di monitorare ed eventualmente integrare le aree a rischio-reato, individuando le implementazioni e/o le integrazioni da apportare al Modello;
• esaminare le relazioni periodiche e le altre segnalazioni (compreso il Whistleblowing) che prospettino eventuali violazioni del Modello, allo scopo di individuare possibili carenze nel suo funzionamento, proponendo le necessarie modificazioni; in tal caso, l’OdV avverte, senza ritardo, il vertice aziendale;
• vigilare sull’osservanza delle prescrizioni del Modello da parte dei destinatari, segnalando tempestivamente eventuali violazioni o tentativi di violazioni ai vertici aziendali;
• vigilare sulla congruità del sistema delle procure, al fine di garantire l’efficacia del Modello; a questo scopo, potrà svolgere controlli incrociati per verificare la corrispondenza tra i poteri formalmente conferiti e le funzioni effettivamente svolte.
(aa) Allo scopo di esercitare al meglio tali funzioni, l’OdV, sul piano organizzativo ed operativo, deve:
1. dotarsi di un regolamento, che disciplini le modalità di funzionamento dell’organo, nel rispetto delle prescrizioni del Modello;
2. redigere un programma delle attività da svolgere annualmente;
3. determinare il budget annuale che si prevede necessario per lo svolgimento delle attività programmate, da sottoporre al vaglio
del CdA per il relativo stanziamento; eventuali integrazioni del budget, che si rendessero necessarie, saranno comunicate al CdA.;
può:
• avvalersi, sotto la propria sorveglianza, dell’ausilio delle strutture della società e/o di consulenti esterni;
• effettuare verifiche e ispezioni mirate, anche a sorpresa, su determinate operazioni o atti specifici, posti in essere nell’ambito delle attività a rischio-reato, per come individuate nella parte speciale;
• raccogliere, elaborare e conservare le informazioni rilevanti ai fini dell’attuazione del Modello e in vista di un suo eventuale adattamento;
• condurre indagini interne per l’accertamento di eventuali violazioni delle prescrizioni del Modello e per l’esercizio dell’azione disciplinare;
• sollecitare la convocazione del CdA e del Collegio sindacale per riferire in ordine ad aspetti rilevanti e/o urgenti relativi allo svolgimento della sua attività di ispezione e di vigilanza;
• avvalersi dell’Internal Auditing per condurre Interventi Speciali, intesi come verifiche, ispezioni, indagini interne, al difuori degli interventi pianificati e come struttura di ausilio operativo per lo svolgimento del proprio Piano di Lavoro;
(b) ai fini dello svolgimento e della realizzazione delle proprie funzioni, l’OdV:
• è dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo e la sua attività non può essere sindacata da alcun altro organismo o struttura della società, fatte salve le ipotesi di inadempienza agli obblighi;
• si colloca, nell’organigramma aziendale, al di fuori di qualsiasi autorità gerarchica di line, come organo indipendente;
• il compenso spettante ai componenti dell’OdV, stabilito dal Consiglio di amministrazione, non potrà subire, a partire dal momento della nomina e sino al termine dell’incarico, alcuna variazione, se non quelle determinate da eventuali necessità di adattamento ad indici legali; fuori da questa ipotesi, eventuali incrementi/decrementi del compenso sono ammessi solo in presenza di modificazioni della legge e dell’organizzazione aziendale che comportino un allargamento o una restrizione dei compiti attribuiti all’OdV;
• dovrà essere munito di un’adeguata dotazione di risorse finanziarie per l’efficace svolgimento dei suoi compiti, nonché di una sede stabile e di una casella di posta elettronica, che saranno comunicate a tutti i dipendenti;
• ha libero accesso a tutte le funzioni e le strutture della società, nonché ad ogni documentazione ed archivio, senza necessità di alcuna autorizzazione preventiva, per ottenere ogni informazione o dato reputati rilevanti per lo svolgimento dei compiti previsti dal D Lgs. 231/2001;
• è dotato di una segreteria organizzativa con il compito di raccogliere, classificare e sottoporre all'esame dell'ODV la documentazione seguente:
i verbali delle attività di audit effettuate da terze parti indipendenti (enti di certificazione) sui processi sensibili soggetti a certificazione (ISO 9001, ISO 14001, OHSAS 18001, SA 8000, etc.);
i verbali delle attività di audit effettuate da terze parti indipendenti (enti di certificazione) sui bilanci; i verbali d'ispezione di soggetti pubblici redatti in occasione di
attività di controllo (G.d.F., ASL, VVFF ecc.);
le segnalazioni di origine interna; le segnalazioni di origine esterna ivi comprese eventuali notizie di reato;
i verbali delle attività di audit effettuate sui processi sensibili dalla competente funzione interna; la documentazione relativa ad attività di audit effettuate su processi sensibili affidate a consulenti esterni.
L’archiviazione ed il trattamento dei dati saranno condotti nel rispetto del GDPR e della normativa applicabile.
2.8.3.4
ORGANISMO DI VIGILANZA: OBBLIGHI
• L’OdV svolge le proprie funzioni con imparzialità, correttezza e trasparenza.
• L’OdV non svolge alcun ruolo operativo, che ne minerebbe l’autonomia e l’obiettività di giudizio al momento delle verifiche, né esercita alcun potere di ingerenza nella gestione aziendale e, quanto alla vigilanza sull’effettività e l’adeguatezza del Modello, è gravato dal dovere di evidenziarne l’idoneità e l’adeguatezza nel tempo, suggerendo le opportune e necessarie modifiche ed integrazioni, in dipendenza di significative violazioni del Modello, ovvero del Codice Etico, di modificazioni dell’assetto societario, organizzativo o dell’attività di impresa, nonché di variazioni del quadro normativo.
• L’OdV è gravato da un obbligo di segnalazione in ordine alla violazione di prescrizioni del Modello, senza poter adottare alcun provvedimento impeditivo, che resta di esclusiva pertinenza del CdA o delle altre funzioni della società, secondo le rispettive competenze.
• All’OdV (e ai suoi eventuali collaboratori, esterni od interni) è fatto divieto di rivelare a terzi estranei alla società tutte le notizie, le informazioni e le decisioni, concernenti l’attività sociale, di cui venga a conoscenza a causa e nell’esercizio delle sue funzioni.
• L’OdV ha l’obbligo di documentare l’attività di ispezione, di controllo, di vigilanza, nonché di istruzione in ordine all’accertamento delle violazioni. Ha altresì l’obbligo di riferire semestralmente, con relazione scritta, al CdA sullo stato di attuazione e di effettività del Modello, proponendo, ove necessario, modificazioni, adattamenti ed integrazioni. Tale informativa viene altresì trasmessa al Collegio sindacale.
• Cura l’archiviazione e la conservazione, presso la propria sede, di ogni documento relativo all’attività espletata ed alla corrispondenza ricevuta ed inviata.
• Al fine di garantire l’assoluta autonomia ed indipendenza dell’OdV, è fatto divieto ai suoi membri di intrattenere con la società o con società del gruppo, anche per interposta persona, rapporti di carattere economico, fatti salvi quelli intrattenuti a condizioni praticate in via ordinaria.
2.8.3.5 ORGANISMO DI VIGILANZA: FLUSSI INFORMATIVI NEI CONFRONTI DEGLI ORGANI SOCIALI
• Oltre all’obbligo di riferire semestralmente sulla propria attività, l’OdV può essere convocato in qualsiasi momento dal CdA per l’acquisizione di ogni informazione utile relativa alla propria attività di vigilanza ed alla idoneità preventiva del Modello. In ogni caso, il Presidente del Consiglio di Amministrazione può sollecitare, con richiesta motivata, in
forma scritta, estratto dei verbali delle riunioni dell’Organismo di Vigilanza;
• L’Organismo di Vigilanza comunica al Consiglio di Amministrazione le attività di verifica e controllo che verranno effettuate nel corso dell’anno;
• Presentandosene la necessità, risponde a richieste di chiarimenti del Consiglio di Amministrazione, anche al fine di garantire il corretto svolgimento delle proprie funzioni e l’adempimento degli obblighi imposti dal Decreto;
• L’OdV ha l’obbligo di riferire senza ritardo al CdA eventuali violazioni alle prescrizioni contenute nel Modello, ai fini dell’adozione dei provvedimenti conseguenti. Analoga comunicazione è inviata, per quanto di eventuale competenza, al Collegio sindacale.
Nel report semestrale, l’Organismo di Vigilanza deve riportare (a titolo esemplificativo):
• la sintesi dell’attività e dei controlli svolti dall’Organismo di Vigilanza durante l’anno;
• eventuali carenze delle procedure operative attuative delle disposizioni del Modello;
• eventuali nuove aree delle attività dell’Ente a rischio di commissione di reati “231”;
• la verifica delle segnalazioni ricevute da soggetti esterni o interni che riguardino eventuali violazioni del Modello e i risultati di tali verifiche;
• una valutazione generale del Modello, con eventuali proposte di integrazioni e migliorie di forma e contenuto, sull’effettivo funzionamento dello stesso;
• eventuali modifiche del quadro normativo di riferimento;
• un rendiconto delle spese sostenute.
2.8.3.6 FLUSSI INFORMATIVI VERSO L’ORGANISMO DI VIGILANZA
Al fine di agevolare l’attività di vigilanza sull’effettività e sull’efficacia del Modello, l’OdV è destinatario di tutte le segnalazioni, le informazioni a carattere occasionale e le informazioni a carattere periodico, da parte di soggetti che operano presso la Società
ovvero per conto o nell’interesse di questa, nei termini che seguono.
2.8.3.6.1. Segnalazioni
Gli amministratori, i dirigenti, i dipendenti, i consulenti ed i partner di CPL sono tenuti ad informare tempestivamente l’OdV in ordine ad ogni violazione o sospetto di violazione del Modello, dei suoi principi generali e del Codice Etico previsto dal D. lgs. 231/2001, nonché in ordine alla loro inidoneità, inefficacia e ad ogni altro aspetto potenzialmente rilevante, inclusa la trasmissione di qualunque informazione o notizia, qualunque ne sia la fonte, attinente alla commissione dei reati previsti dal D. lgs. 231/2001 o comportamenti non in linea con il Modello predisposto.
È garantita la riservatezza di tali comunicazioni e il loro anonimato e nessuna conseguenza negativa di alcun genere può riverberarsi sul soggetto autore della comunicazione a cagione della comunicazione stessa, eccettuato il caso di segnalazione consapevolmente e deliberatamente falsa e/o calunniosa.
L’Organismo di Vigilanza valuta le segnalazioni ricevute con discrezionalità e responsabilità. A tal fine, può ascoltare l’autore della segnalazione e/o il responsabile della presunta violazione, motivando per iscritto la ragione dell’eventuale autonoma decisione a non procedere.
2.8.3.6.2.
Informazioni Occasionali
Devono essere obbligatoriamente trasmesse all’OdV le seguenti informative:
• le segnalazioni e/o i provvedimenti aventi ad oggetto l’esistenza di un procedimento penale, relativi a fatti di interesse per la società; come pure le segnalazioni concernenti richieste di assistenza legale inoltrate dal personale alla società per l’avvio di procedimenti penali;
• le segnalazioni riguardanti altresì le controversie amministrative, civili o giuslavoristiche comunque riferibili ad aree di attività esposte al rischioreato;
• le segnalazioni, provenienti dal personale della società, comunque qualificato, relative alla commissione o al pericolo di commissione di reati o di violazioni delle prescrizioni del Modello; tali segnalazioni, anche in forma anonima, potranno essere inoltrate in forma scritta o per posta elettronica sul corrispondente indirizzo aziendale dell’OdV (alla stregua di un canale all’uopo dedicato) e gli autori delle segnalazioni andranno garantiti contro qualsiasi forma di ritorsione, discriminazione o penalizzazione, assicurando la riservatezza della loro identità;
• le notizie relative ai procedimenti disciplinari, alle sanzioni irrogate o ai provvedimenti di archiviazione;
• gli eventuali aggiornamenti del sistema dei poteri e delle deleghe.
Le segnalazioni all’Organismo di Vigilanza possono essere inviate:
• per posta elettronica al seguente indirizzo email: odv@cpl.it;
• per posta ordinaria (scrivendo sulla busta la dicitura “Riservata”) indirizzata a: Organismo di Vigilanza c/o CPL Concordia – Via A. Grandi 39, 41033 Concordia s/S. (Modena) -
Con riferimento ai responsabili delle funzioni aziendali le informazioni devono raggiungere un elevato livello di dettaglio ed essere ad ampio raggio, comprendendo in specie (sempre a titolo esemplificativo):
• le informazioni relative alle attività di monitoraggio e di controllo svolte, con i relativi esiti;
• i rapporti predisposti dalle funzioni aziendali nell’ambito della loro attività, dai quali possano emergere fatti, atti, eventi od omissioni con profili di criticità rispetto all’osservanza delle norme del Decreto, del Modello e del Codice Etico;
• le notizie relative a pratiche non conformi alle norme di comportamento indicate nel Modello;
• gli eventuali ordini ricevuti dal superiore livello gerarchico e ritenuti in contrasto con
la legge, la normativa interna, il Codice Etico o il Modello;
• le eventuali richieste od offerte di doni (eccedenti il valore modico) o di altre utilità provenienti da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio;
• le eventuali omissioni, trascuratezze o falsificazioni nella tenuta della contabilità o nella conservazione della documentazione su cui si fondano le registrazioni contabili.
2.8.3.6.3. informazioni a carattere periodico
Devono essere obbligatoriamente trasmessi all’OdV i report (flussi informativi a carattere periodico) da parte dei Responsabili del Controllo in ordine ai presidi organizzativi attivati ed eseguiti, nonché sullo stato complessivo di adeguatezza e di attuazione di tali presidi deputati a prevenire il rischio-reato nelle aree di propria competenza. L’indicazione specifica dei singoli flussi e la relativa periodicità sono indicati all’interno di un’apposita istruzione aziendale, di cui
all’Allegato 12 I Responsabili del Controllo dovranno, invece, comunicare tempestivamente variazioni organizzative, gestionali e nella normativa aziendale di rilievo ai fini dell’efficacia del Modello
2.8.3.7 MODALITÀ DI INOLTRO DELLA REPORTISTICA E DEI FLUSSI INFORMATIVI
La reportistica e i flussi informativi vengono effettuati, salvo motivate eccezioni, in forma elettronica, con il ricorso a tecniche che ne impediscono, in tutto o in parte, la contraffazione, l’alterazione o la soppressione.
2.9. RAPPORTI CON LE SOCIETÀ CONTROLLATE
CPL CONCORDIA, nella posizione di società controllante e nell’esercizio del potere di indirizzo e di coordinamento (art. 2497 ss. c.c.), sollecita le società controllate: • ad adottare ed efficacemente attuare, in piena autonomia, il Modello di organizzazione, gestione e controllo di cui al D. Lgs. 231/2001, tenendo conto delle proprie
dimensioni, della natura dell’attività e delle potenziali aree a rischio-reato; • ad istituire i correlativi organismi di vigilanza, nei quali non potranno assumere la carica di componenti coloro che lo sono nell’OdV della società controllante o che lo siano stati nell’ultimo quinquennio.
Qualora l’adozione di un proprio Modello (e la conseguente nomina di un OdV) sia evidentemente incompatibile con le norme applicabili (società di diritto estero) e/o con le risorse a disposizione, le società controllate dovranno comunque dotarsi di un proprio sistema di controllo efficace ed attuabile, proporzionato al livello di rischio proprio della società.
In relazione alle attività a rischio-reato individuate nel presente Modello, espletate, con il supporto di società controllate, sprovviste del Modello di organizzazione e di procedure autonome, (in virtù della sottoscrizione di contratti o di specifiche deleghe), le società controllate sono tenute all’osservanza dei principi del presente Modello e delle procedure applicabili che, pertanto, andranno poste nella loro conoscenza.
La suddivisione delle società controllate nelle due categorie è riportata in Allegato 1.
Parte Speciale
3 PARTE SPECIALE - PREMESSA
METODOLOGICA
La Parte Speciale del Modello 231 di CPL è stata predisposta in relazione ad alcune “famiglie di reato” che, all’esito delle attività di risk assessment effettuate, sono state ritenute maggiormente rilevanti in ragione del settore di operatività, dell’organizzazione e dei processi che caratterizzano la Società. In considerazione dell’attività posta in essere dalla Società ed in relazione al numero di fattispecie di reato che attualmente costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D. Lgs. 231/2001, la presente Parte Speciale è stata redatta avendo riguardo ai reati presupposto ex D. Lgs. 231/2001 ritenuti astrattamente applicabili secondo un approccio “risk based”.
La redazione e l’implementazione di un Modello, con particolare riferimento alla sue parti speciali, è strettamente legata ad una corretta ed efficace previa mappatura dei rischi-reato. Si tratta di una fase cognitivorappresentativa, funzionale alla percezione del rischio e alla valutazione della sua intensità La mappatura effettuata dalla Società è stata posta in essere attraverso un procedimento, contraddistinto dai seguenti interventi:
a) individuazione delle aree potenzialmente a rischio-reato (sulla scorta dei reatipresupposto indicati D. Lgs. 231/2001): in questo ambito, va operata una importante distinzione tra: (i) le aree a rischio-reato in senso proprio (o “principali”), selezionate alla stregua del novero delle fattispecie elencate nel D. Lgs. 231/2001; (ii) le aree cd. strumentali, che gestiscono attività e strumenti finanziari destinati a supportare la commissione dei reati nelle aree sub a);
b) rilevazione dei processi sensibili ai fini delle ipotesi di reato perseguibili: si tratta, cioè, di selezionare le attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione di reati, indicando le direzioni ed i ruoli aziendali coinvolti; c) rilevazione e valutazione del grado di efficacia dei sistemi operativi e di controllo già in essere, allo scopo di reperire i punti di criticità rispetto alla prevenzione del rischioreato;
d) indagine ‘retrospettiva’, avente ad oggetto la storia dell’ente, vale a dire la sua eventuale propensione alla illegalità; e) descrizione delle possibili modalità di commissione dei reati, allo scopo di forgiare le indispensabili ‘cautele’ preventive. Sul piano metodologico, la valutazione del rischio muove dalla distinzione tra rischio inerente (concernente l’ipotesi di una totale assenza di controlli) e rischio residuale (calcolato in base all’esistenza dei controlli rilevati nel corso dell’attività di assessment). La valutazione viene, poi, condotta sulla base di due fattori: il primo consiste nell’impatto, cioè le conseguenze derivanti dalla verificazione del rischio; il secondo riguarda la frequenza, vale a dire la probabilità che un dato rischio si verifichi. Ne deriva che, mentre l’esistenza di attività di controllo incide in misura significativa sulla probabilità di accadimento del rischio, l’impatto non subisce generalmente mutamenti in funzione della presenza delle stesse. Pertanto: il rischio inerente deriva dalla combinazione dell’impatto e della frequenza inerente (probabilità di accadimento di un evento futuro ed avverso non contrastata da alcuna attività di controllo); il rischio residuale deriva dalla combinazione dell’impatto e della frequenza residuale (probabilità di accadimento di un evento futuro ed avverso, mitigata dalle esistenti attività di controllo). Il rischio residuale potrà essere, quindi, uguale o inferiore rispetto al rischio inerente, a seconda dell’efficacia dei controlli in essere.
In ordine alle scansioni procedimentali dell’attività di assessment, queste si risolvono:
1) nell’analisi dell’evoluzione dell’organigramma aziendale; si tratta di un aspetto generalmente sottovalutato, ma di non trascurabile rilievo: consiste nell’appurare gli eventuali mutamenti organizzativi intervenuti nel tessuto aziendale, allo scopo di verificare se siano stati indotti da disfunzioni operative o da violazioni comportamentali, che hanno reso un pregiudizio, anche solo potenziale, all’ente (si pensi, per fare un esempio, alla circostanza che un amministratore sia stato rimosso dalla carica in ragione di una mancata, efficace sorveglianza nell’area di sua pertinenza: la rimozione deve costituire l’occasione per accertare se, comunque, i sistemi di controllo in essere fossero
adeguati o, per contro, inesistenti o troppo ‘laschi’);
1.1.) nella raccolta ed analisi delle informazioni, funzionali alla comprensione della struttura organizzativa e dei processi aziendali, nonché alla definizione del perimetro dell’analisi;
2) nella individuazione delle aree a rischioreato e di quelle strumentali, tramite la predisposizione di questionari preliminari concernenti le aree aziendali coinvolte nel rischio-reato di volta in volta considerato;
3) identificazione delle potenziali modalità di consumazione dei reati;
4) identificazione e valutazione dei fattori di rischio specifici e dei controlli esistenti, tramite l’effettuazione di interviste con i responsabili delle attività e l’esame dei controlli a presidio dei fattori di rischio.
Una volta individuato il rischio residuale, si tratta di appurare il suo grado di accettabilità rispetto al dettato del D. Lgs. 231/2001, che prefigura, normativamente, il rischio tollerabile: il decreto, infatti, impone la costruzione di un sistema di prevenzione (idoneo, adeguato ed effettivo) non aggirabile se non con il ricorso a condotte fraudolente, che non siano state, peraltro, agevolate da un omesso o insufficiente controllo (v. art. 6, comma 1, lett. c) e d)).
Sulla base di detto approccio metodologico, le fattispecie di reato ritenute astrattamente applicabili sono:
(i) reati contro la Pubblica Amministrazione (artt. 24 e 25 del D. Lgs 231/2001) e reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 25decies del D. Lgs. 231/2001);
(ii) reati societari (art. 25-ter del D. Lgs. 231/2001);
(iii) reato di corruzione tra privati e del reato di istigazione alla corruzione tra privati (art. 25-decies del D. Lgs. 231/2001);
(iv) delitti di criminalità organizzata (art. 24ter del D. Lgs. 231/2001);
(v) reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio (art. 25-octies del D.lgs. 231/2001) e delitti in materia strumenti di pagamento diversi dai contanti e trasferimento fraudolento di valori (art. 25octies.1 del D. Lgs. 231/2001);
(vi) delitti contro l’industria e il commercio (art. 25-bis.1 del D. Lgs. 231/2001);
(vii) reati di omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime, commesse con
violazione delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (art. 25septies del D. Lgs. 231/2001); (viii) reati ambientali (art. 25-undecies del D. Lgs. 231/2001) e delitti contro il patrimonio culturale e riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici (artt. 25-septiesdecies e 25duodevicies del D. Lgs. 231/2001); (ix) delitti di impiego di cittadini di Paesi terzi di cui il soggiorno è irregolare (art. 25duodecies del D. Lgs. 231/2001) e intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 25-quinquies del D. Lgs. 231/2001); (x) delitti informatici e trattamento illecito dei dati (art. 24-bis. del D. Lgs. 231/2001) e delitti in materia di violazione del diritto d’autore (art. 25-novies del D. Lgs. 231/2001); (xi) reati tributari (art. 25-quinquesdecies del D. Lgs. 231/2001);
(xii) reati di contrabbando (art. 25sexiesdecies del D. Lgs. 231/2001)
(xiii) e reati in materia di accise (art. 25sexiesdecies del D. Lgs. 231/2001)
Infine, l’esame del contesto e delle attività della Società ha condotto a ritenere ragionevolmente remoto o non applicabile la possibilità di commissione di:
(i) delitti in materia di falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori in bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (art. 25-bis del D. Lgs. 231/2001);
(ii) delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (art. 25quater D. Lgs. 231/2001);
(iii) reati transnazionali, introdotti dalla Legge 16 marzo 2006, n. 146, “Legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale”;
(iv) pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 25-quater.1 del D. Lgs. 231/2001);
(v) reati di abuso di mercato (art. 25-sexies del D. Lgs. 231/2001);
(vi) reati di razzismo e xenofobia art. 25terdecies del D. Lgs. 231/2001);
(vii) frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati (art. 25-quaterdecies del D. Lgs. 231/2001)
(viii) reati contro gli animali (art. 25 undevicies del D.Lgs. n. 231/2001)
Con riferimento a tali reati il Modello, nelle singole Parti Speciali, individua:
1. la descrizione della struttura dei reatipresupposto della responsabilità dell’ente;
2. la funzione della Parte Speciale;
3. le aree potenzialmente "a rischio reato" e le attività "sensibili";
4. i principi generali di comportamento ed i contenuti essenziali delle cautele procedimentali e sostanziali, che ispirano le specifiche procedure operative richiamate nel Modello;
5. gli elementi essenziali dei presidi organizzativi aziendali nelle aree a rischio di reato;
6. i Responsabili del controllo;
7. i compiti dell’Odv e flussi informativi
Per quanto attiene la descrizione dei reati presupposto, ogni Parte Speciale contiene le fattispecie di reato a cui la Parte Speciale è dedicata. In merito al capitolo sulla “funzione della Parte Speciale”, in esso vengono individuati gli obiettivi che la Parte Speciale si prefigge. Inoltre, per quanto concerne i capitoli 3 e 4, questi rappresentano rispettivamente le aree ed i processi a rischio che, all’interno di CPL, sono potenzialmente esposti al rischio di commissione dei reati a cui la Parte Speciale si riferisce mentre, il capitolo 4, illustra in via generale i principi di comportamento che i Destinatari del Modello devono seguire per non incorrere nelle commissioni delle fattispecie di reato individuate nella singola Parte Speciale. Per quanto concerne i presidi aziendali a presidio delle attività realizzate nelle aree a rischio di reato, le procedure operative si ispirano al principio di segregazione delle funzioni, in base al quale i soggetti che intervengono in una fase non possono svolgere alcun ruolo nelle altre fasi del processo decisionale. La separazione dei compiti risponde all’esigenza di evitare che il processo decisionale, o una parte rilevante di esso, resti nelle mani di un’unica funzione, con il rischio di ingenerare conflitti di interessi e dissimmetrie informative capaci di far lievitare il rischio-reato.
Viene, poi, stabilito che ciascuna operazione deve rispondere al requisito della tracciabilità, sì da risultare individuabile, verificabile e trasparente
In ciascuna area a rischio, viene individuato il Responsabile chiamato: 1) a verificare ed
attestare che le decisioni nelle aree a rischio-reato siano state adottate nel rispetto dei protocolli che le disciplinano; 2) a riferire all’OdV, con cadenza semestrale, in ordine al rispetto delle procedure nella attività a rischio-reato, nonché sullo stato complessivo di adeguatezza e di attuazione di tali procedure deputate a prevenire il rischio-reato nelle aree di propria competenza.
Infine, il capitolo dedicati ai controlli dell’OdV, individua, in via generale e non in contrasto con il dettato normativo, le linee guida che l’OdV deve seguire per vigilare sul rispetto e sul funzionamento del Modello e, dunque, di quella specifica Parte Speciale.
ATTIVITÀ DI CONTROLLO: MODALITÀ DI APPLICAZIONE
E CAUTELE GENERALI
Le attività di controllo sono finalizzate alla rilevazione e gestione di possibili comportamenti contrari alle prescrizioni o ai principi enunciati all’interno del Modello. Le attività di controllo sono formalizzate tramite procedure operative, istruzioni o linee guida; ciascuno di questi documenti deve rispettare sia le cautele generali che le cautele procedimentali, come di seguito dettagliato:
CAUTELE GENERALI
• livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente:
o gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo;
o la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura;
• segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi.
• attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni.
• tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza.
CAUTELE PROCEDIMENTALI
Le cautele procedimentali sono i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative di un illecito; in quanto tali, sono declinate all’interno delle procedure operative significative ai fini della prevenzione delle possibili condotte delittuose rilevanti ex D. Lgs. 231/2001 di cui all’Allegato 13
MODALITÀ APPLICATIVE DEI CONTROLLI
Ai fini di una efficace prevenzione dei reati, le attività di controllo devono essere correttamente progettate ed efficacemente attuate.
La corretta progettazione dei controlli, in particolare, deve essere rispettare i seguenti principi:
• individuazione delle cautele procedimentali applicabili al processo regolamentato;
• individuazione di controlli che recepiscono le cautele procedimentali applicabili coerenti e che siano effettivamente applicabili stante le risorse, i dati e gli strumenti a disposizione o ragionevolmente acquisibili/implementabili.
L’applicazione dei protocolli, nonché il loro controllo, deve essere programmato in funzione della proporzionalità al rischio. Ciò presuppone l'individuazione del tipo di rischio connesso ad es. ad una determinata attività e la valutazione della probabilità che si verifichi un disvalore. Ciò è quanto la Società ha infatti provveduto ad effettuare sulla base dell’analisi dei rischi In particolare, nella fase di programmazione dei controlli, il principio di proporzionalità comporta una programmazione differenziata dei controlli stessi a seconda del rischio dell'attività interessata, valutata dalla funzione di compliance, consentendo di impiegare le risorse (di personale ed economiche) dove possono essere maggiormente efficaci. La funzione del Risk & Compliance Manager, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del Controllo, così come
individuati nelle singole Parti Speciali, e ciascuno per i propri ambiti di competenza oggetto dei controlli.
Capitolo I
I Reati contro la pubblica amministrazione e reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria
1. I REATI DI CUI AGLI ARTT. 24, 25 E 25-DECIES DEL D.LGS. N. 231/2001. ESEMPLIFICAZIONE DELLE POSSIBILI MODALITÀ DI COMMISSIONE
Si riporta di seguito una sintetica descrizione dei reati richiamati negli artt. 24, 25 e 25-decies del D Lgs. 231/2001, nonché una breve esposizione delle possibili modalità di attuazione dei reati, fermo restando che, ai sensi dell’art. 26 del D. Lgs. 231/2001, l’ente potrebbe essere considerato responsabile anche qualora le fattispecie siano integrate nella forma del tentativo. Inoltre, si evidenzia che con il Decreto Legislativo 14 luglio 2020, n. 75 – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 15 luglio 2020 e in vigore dal 30 luglio 2020 – il Governo ha dato attuazione alla direttiva UE 2017/1371 (c.d. “Direttiva PIF”) recante norme di contrasto alla «frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione». Come si legge nel terzo Considerando della Direttiva PIF, la suddetta Direttiva intende compiere un ulteriore passo avanti nel processo di armonizzazione e ravvicinamento del diritto penale degli Stati membri ed è volta a rafforzare la tutela degli interessi finanziari dell’Unione attraverso la repressione penale delle condotte fraudolente ritenute più gravi.
Il Decreto Legislativo 14 luglio 2020, n. 75 è intervenuto su vari fronti, introducendo, con approccio spiccatamente particolaristico, i correttivi ritenuti opportuni per adeguare la normativa interna alle indicazioni sovranazionali. Le modifiche introdotte si muovono principalmente su due fronti e riguardano, da un lato, l’espansione del campo applicativo e/o l’inasprimento del trattamento sanzionatorio di alcune fattispecie incriminatrici previste dal codice penale e dalla legislazione speciale; dall’altro, l’ampliamento del novero degli illeciti che possono far sorgere la responsabilità degli enti ai sensi del D Lgs. 231/2001.
In particolare, nell’ambito dei reati contro la Pubblica Amministrazione, il Decreto Legislativo 14 luglio 2020, n. 75 ha inciso sull’ art. 24 del Decreto, modificandone la rubrica in “Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione europea per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in
danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture”.
Inoltre, il Decreto Legislativo 14 luglio 2020, n. 75 ha esteso il novero dei reati presupposto contemplati dall’art. 24 del Decreto, con l’inserimento dei reati di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.) e di frode ai danni del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (art. 2, L. 898/1986). Il Decreto Legislativo 14 luglio 2020, n. 75, altresì, ha esteso l’ambito di rilevanza di alcune fattispecie già contemplate dall’art. 24 comma 1 del Decreto che ora possono far sorgere la responsabilità dell’ente anche quando commessi in danno dell’Unione europea, oltre che dello Stato o di altro ente pubblico italiano.
La Legge 9 ottobre 2023, n. 137 (che ha convertito con modifiche il D. L. n. 105/2023) ha modificato l’art. 24 del D. Lgs. 231/2001, inserendo al suo interno i reati di: - turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.); e - turbata libertà del procedimento di scelta dei contraenti (art. 353-bis c.p.).
Infine, il Decreto Legge 4 luglio 2024, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla Legge 8 agosto 2024, n. 112 ha modificato la rubrica dell’art. 25 del Decreto come segue:
“Peculato, indebita destinazione di denaro o cose mobili concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione” ed ha ampliato il novero dei reati presupposto di cui all’art. 25, con l’introduzione della seguente fattispecie, considerata rilevante ai fini della responsabilità degli enti laddove “il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione Europea”: - Indebita destinazione di denaro o cose mobili (art. 314-bis).
Da ultimo, con la Legge 9 Agosto 2024, n. 114 risulta (i) essere stato abrogato il reato di cui all’art. 323 c.p. (abuso d’ufficio) e (ii) modificato l’art. 346-bis sul traffico di influenze illecite.
1.1. REATI IN MATERIA DI INDEBITA PERCEZIONE DI EROGAZIONI, TRUFFA IN DANNO DELLO STATO, DI UN ENTE PUBBLICO O DELL’UNIONE EUROPEA O PER IL CONSEGUIMENTO DI EROGAZIONI PUBBLICHE E FRODE INFORMATICA IN DANNO DELLO STATO O DI UN ENTE PUBBLICO E
FRODE NELLE PUBBLICHE
FORNITURE (ART. 24)
Malversazione di erogazioni pubbliche (art. 316 bis c.p.) 44
“Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, destinati alla realizzazione di una o più finalità, non li destina alle finalità previste, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”. 45 Il reato si configura qualora, dopo aver ricevuto da parte dello Stato italiano, di altro Ente Pubblico o dell’Unione europea, finanziamenti, sovvenzioni o contributi destinati alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non si proceda all’utilizzo o alla destinazione delle somme ottenute per gli scopi cui erano originariamente destinate. In concreto, occorre che le attribuzioni in denaro siano state distratte, anche parzialmente, senza che rilevi che l’attività programmata sia stata comunque realizzata.
44 Rubrica così modificata dall'art. 28-bis, comma 1, lett. b), n. 1), D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, a decorrere dal 29 marzo 2022. Precedentemente, identica modifica era stata prevista dall'art. 2, comma 1, lett. b), n. 1), D.L. 25 febbraio 2022, n. 13, a decorrere dal 26 febbraio 2022, abrogato dall'art. 1, comma 2, della citata Legge n. 25/2022 a norma del quale restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del suddetto D.L. n. 13/2022.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Malversazione a danno dello Stato».
45 (4) Comma così modificato dall'art. 28-bis, comma 1, lett. b), n. 2), D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, a decorrere dal 29 marzo 2022. Precedentemente, identica modifica era stata prevista dall'art. 2, comma 1, lett. b), n. 2), D.L. 25 febbraio 2022, n. 13, a decorrere dal 26 febbraio 2022, abrogato dall'art. 1, comma 2, della citata Legge n. 25/2022 a norma del quale restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del suddetto D.L. n. 13/2022. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.»
A titolo esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi nel caso in cui, a seguito della percezione di un finanziamento pubblico erogato per determinati fini, si ometta di destinare le somme percepite per tali finalità.
Indebita percezione di erogazioni pubbliche (316 ter c.p.) 46 “Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni se il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000 47
46 Rubrica così modificata dall'art. 28-bis, comma 1, lett. c), n. 1), D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, a decorrere dal 29 marzo 2022. Precedentemente, identica modifica era stata prevista art. 2, comma 1, lett. c), n. 1), D.L. 25 febbraio 2022, n. 13, a decorrere dal 26 febbraio 2022, abrogato dall'art. 1, comma 2, della citata Legge n. 25/2022 a norma del quale restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del suddetto D.L. n. 13/2022.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato». 47 Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. l), L. 9 gennaio 2019, n. 3, a decorrere dal 31 gennaio 2019, dall'art. 1, comma 1, lett. b), D.lgs. 14 luglio 2020, n. 75, a decorrere dal 30 luglio 2020, e successivamente, dall'art. 28-bis, comma 1, lett. c), n. 2), D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, a decorrere dal 29 marzo 2022. Precedentemente, identica modifica a quella disposta dal suddetto D.L. n. 4/2022 era stata prevista dall'art. 2, comma 1, lett. c), n. 2), D.L. 25 febbraio 2022, n. 13, a decorrere dal 26 febbraio 2022, abrogato dall'art. 1, comma 2, della citata Legge n. 25/2022 a norma del quale restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del suddetto D.L. n. 13/2022.
Il testo in vigore prima della modifica disposta dal citato D.L. n. 4/2022 era il seguente: «Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non
Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 48 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito” Il reato si configura allorquando, mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, si ottengano, pur senza averne diritto, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, concessi o erogati dallo Stato, da altri Enti Pubblici o dall’Unione europea. In questa fattispecie, diversamente da quanto accade nel reato di malversazione in danno dello Stato o di altro Ente Pubblico (art. 316 bis c.p.), non ha alcuna rilevanza l’uso che viene fatto delle erogazioni, perfezionandosi il reato con il solo ottenimento degli indebiti finanziamenti. Tale ipotesi di reato assume natura residuale rispetto alla più grave fattispecie di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (ex art. 640 bis c.p.), per la cui sussistenza è necessaria l’induzione in errore mediante artifici o raggiri
A titolo esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi nel caso in cui il finanziamento venga concesso a seguito dell’utilizzazione di documenti falsi comprovanti la sussistenza dei requisiti richiesti per ottenere quel finanziamento.
La Legge n. 3/2019 ha previsto un aumento di pena qualora il reato sia commesso da un
vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni se il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000.». Il testo in vigore prima della modifica disposta dal suddetto D.lgs. n.75/2020 era il seguente: «Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o
pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri. Un trattamento sanzionatorio più rigido è inoltre previsto nell’ipotesi in cui il reato offenda gli interessi finanziari dell’Unione europea e il danno o il profitto siano superiori a euro 100.000. Tale ipotesi è stata introdotta per effetto del D. Lgs. n. 75/2020, di attuazione della Direttiva (UE) n. 2017/1371. Turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.) “Chiunque con violenza o minaccia o con doni promesse collusioni o altri mezzi fraudolenti impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni ovvero ne allontana gli offerenti è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032. Se il colpevole è persona preposta dalla legge o dall'autorità agli incanti o alle licitazioni suddette la reclusione è da uno a cinque anni e la multa da euro 516 a euro 2.065.
Le pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni private per conto di privati dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata ma sono ridotte alla metà”.
Il reato in oggetto punisce la condotta di chi, con violenza o minaccia o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private. Il bene giuridico tutelato si individua nell'interesse della pubblica amministrazione al libero ed ordinario svolgersi dei pubblici incanti e delle
dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri.». Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla citata Legge n. 3/2019 era il seguente: «Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.».
48 Per l'elevazione del presente importo, nei casi di indebita percezione del contributo previsto dall'art. 58, D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126, vedi l'art. 58, comma 8, del medesimo D.L. n. 104/2020.
licitazioni private. Chi afferma la natura plurioffensiva del delitto evidenzia altresì la tutela della libera concorrenza. Nonostante l'ampia descrizione delle modalità tramite cui la fattispecie possa configurarsi, la locuzione “altri mezzi fraudolenti” porta a ritenere che trattasi di reato a forma libera, volendo il legislatore ricomprendere tutti i mezzi concretamente idonei a turbare la libertà degli incanti, alterando il regolare funzionamento e la libera partecipazione degli offerenti alla gara.
Data la natura di reato di pericolo, esso si realizza indipendentemente dal risultato della gara, essendo per contro sufficiente che sia deviato il suo regolare svolgimento. Presupposto del reato è la pubblicazione del bando, non potendovi essere alcuna consumazione, neanche nella forma tentata, prima di tale momento. Infine, il dolo è generico, e consiste nella volontà di impedire o turbare la gara o di allontanare gli offerenti attraverso le modalità enucleate dalla norma.
A titolo esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi nel momento in cui, a seguito della pubblicazione di un bando di gara, uno dei partecipanti interessati, con mezzi fraudolenti (come la promessa di denaro), convinca o tenti di convincere un altro candidato a non prendere parte alla gara menzionata, al fine di ottenere un proprio vantaggio, turbando di fatto il regolare svolgimento della gara. Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis) “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032”. La norma in esame punisce le condotte prodromiche al compimento di atti in grado di turbare la libertà di scelta del contraente da parte della Pubblica Amministrazione, turbando il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente.
La presente disposizione rappresenta un'ipotesi di reato di pericolo, che si
consuma indipendentemente dall'effettivo conseguimento del risultato, e per il cui perfezionamento, quindi, occorre che sia posta concretamente in pericolo la correttezza della procedura di predisposizione del bando di gara, ma non anche che il contenuto dell'atto di indizione del concorso venga effettivamente modificato in modo da interferire sull'individuazione dell'aggiudicatario. Frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.)
La norma punisce chiunque commette frode nell’esecuzione di contratti di fornitura o nell’adempimento degli altri obblighi da esso derivante.
Il delitto è ravvisabile non soltanto nella fraudolenta esecuzione di un contratto di somministrazione, ma anche di un contratto di appalto dal momento che la norma punisce tutte le frodi in danno della pubblica amministrazione, quali che siano gli schemi contrattuali in forza dei quali i fornitori sono tenuti a particolari prestazioni.
Ai fini della configurabilità del delitto, non è sufficiente il semplice inadempimento del contratto, richiedendo la norma incriminatrice un quid pluris che va individuato nella malafede contrattuale, ossia nella presenza di un espediente malizioso o di un inganno, tali da far apparire l'esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti. Non sono perciò necessari specifici raggiri né che i vizi della cosa fornita siano occulti, ma è sufficiente la dolosa in esecuzione del contratto pubblico di fornitura di cose o servizi.
A titolo esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi nel caso in cui, nell’esecuzione di un contratto di pubbliche forniture, venga consegnata merce differente da quella originariamente pattuita e di valore inferiore.
Truffa in danno dello Stato o di altro Ente Pubblico (art. 640, II comma, n. 1, c.p.)
Il reato si configura qualora, utilizzando artifici o raggiri ed in tal modo inducendo taluno in errore, si consegua un ingiusto profitto, in danno dello Stato, di altro Ente Pubblico o dell’Unione europea.
Per ‘artificio’ o ‘raggiro’ si intende la simulazione o dissimulazione della realtà, atta ad indurre in errore una persona per effetto della percezione di una falsa apparenza. Il silenzio può integrare la condotta della truffa se attuata in presenza
di un obbligo giuridico di comunicazione, anche di carattere extrapenale.
L’atto di disposizione del soggetto indotto in errore può comprendere ogni comportamento dotato di una efficacia in fatto; tale può essere considerata anche la semplice inerzia.
Il ‘profitto’ si ravvisa anche nella mancata diminuzione del patrimonio, per effetto, ad es., del godimento di un bene e, quindi, anche in assenza di un aumento effettivo di ricchezza; lo stesso può anche non essere di natura patrimoniale, potendo consistere nel soddisfacimento di un interesse di natura morale.
A titolo meramente esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi nel caso in cui si consegua una autorizzazione amministrativa mediante la falsificazione dei documenti attestanti la sussistenza dei requisiti previsti per l'ottenimento dell'autorizzazione stessa.
Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.)
“La pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee 49”.
Il reato si configura qualora la condotta di truffa sopra descritta sia posta in essere per conseguire indebitamente erogazioni pubbliche.
L’elemento qualificante rispetto al precedente reato è costituito dall’oggetto materiale della frode, in quanto per
49 Comma così modificato dall'art. 30, comma 1, L. 17 ottobre 2017, n. 161, a decorrere dal 19 novembre 2017, e, successivamente, dall'art. 28-bis, comma 1, lett. d), D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2022, n. 25, a decorrere dal 29 marzo 2022. Precedentemente, identica modifica a quella disposta dal suddetto D.L. n. 4/2022 era stata prevista dall'art. 2, comma 1, lett. d), D.L. 25 febbraio 2022, n. 13, a decorrere dal 26 febbraio 2022, abrogato dall'art. 1, comma 2, della citata Legge n. 25/2022 a norma del quale restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del suddetto D.L. n. 13/2022.
Il testo in vigore prima della modifica disposta dal citato D.L. n. 4/2022 era il seguente: «La pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.».
‘erogazione pubblica’ si intende ogni attribuzione economica agevolata, erogata da parte dello Stato, di Enti Pubblici o dell’Unione europea.
A titolo esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi nel caso in cui si consegua un finanziamento o un contributo pubblico mediante il compimento di artifici e raggiri, come specificati nel punto precedente. Frode informatica (art. 640 ter c.p.) 50 “Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 640, ovvero se il fatto produce un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale o è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema. 51
La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o taluna delle circostanze previste dall'articolo 61, primo comma, numero 5,
Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla suddetta Legge n. 161/2017 era il seguente: «La pena è della reclusione da uno a sei anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.».
50 Vedi, anche, l'art. 25-octies.1, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, inserito dall'art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 184.
51 Comma così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. c), D.lgs. 8 novembre 2021, n. 184, a decorrere dal 14 dicembre 2021.
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.».
limitatamente all'aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all'età, e numero 7”
Il reato si configura nel caso in cui, alterando, in qualsiasi modo, il funzionamento di un sistema informatico o telematico o manipolando i dati in esso contenuti o ad esso pertinenti si ottenga un ingiusto profitto, in danno dello Stato o di altro Ente Pubblico.
L’alterazione fraudolenta del sistema può essere la conseguenza di un intervento rivolto sia alla componente meccanica dell’elaboratore, sia al software.
Sono considerate pertinenti ad un sistema informatico e, quindi, rilevanti ai sensi della norma in questione, le informazioni contenute su supporti materiali, nonché i dati ed i programmi contenuti su supporti esterni all’elaboratore (come dischi e nastri magnetici o ottici) che siano destinati ad essere utilizzati in un sistema informatico.
A titolo esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi nel caso in cui si alteri il funzionamento di un sistema informatico o dei dati in esso contenuti al fine di modificare o alterare i dati connessi al versamento dei contributi previdenziali.
Frode ai danni del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (art. 2 Legge 23 dicembre 1986, n. 898)
Con l’approvazione del Decreto Legislativo 14 luglio 2020, n. 75, avente ad oggetto l’attuazione della Direttiva PIF, è stato introdotto tra i reati rilevanti ai sensi dell’art. 24 del Decreto anche il reato di frode ai danni del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale di cui all’art. 2 della legge 23 dicembre 1986, n. 898. Il reato si configura qualora, attraverso l’esposizione di dati o notizie falsi, vengano indebitamente conseguiti aiuti, premi, indennità, restituzioni, contributi o altre erogazioni che siano, totalmente o parzialmente, a carico del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale. Alle erogazioni sono inoltre equiparate le quote nazionali previste dalla normativa comunitaria, nonché le erogazioni poste a carico della finanza nazionale sulla base della normativa comunitaria.
Con riferimento all’art. 24 del D. Lgs. 231/2001 (rubricato Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato, di un
ente pubblico o dell'Unione europea o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture), la commissione dei reati sopra elencati comporterà la responsabilità dell’ente se commessi in danno dello Stato, di altro ente pubblico o dell’Unione europea.
1.2. REATI IN MATERIA DI PECULATO, INDEBITA DESTINAZIONE DI DENARO O COSE MOBILI, CONCUSSIONE, INDUZIONE INDEBITA A DARE O PROMETTERE UTILITÀ, CORRUZIONE (ART. 25)
Corruzione (artt. 318 – 322 c.p.) a) Corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318 c.p.)
Il reato si configura allorquando un PU o un IPS ricevano indebitamente, per sé o per altri, denaro o altra utilità o ne accettino la promessa, per l'esercizio delle proprie funzioni o dei loro poteri.
Ai fini della ricorrenza di tale reato è necessario che la promessa di denaro o di altra utilità sia accettata dal PU, poiché, in caso contrario, deve ritenersi integrata la diversa fattispecie di istigazione alla corruzione, prevista dall’art. 322 c.p. (su cui, vedi infra).
Il delitto di corruzione si differenzia da quello di concussione, in quanto tra corrotto e corruttore esiste un accordo finalizzato a raggiungere un vantaggio reciproco, mentre nella concussione il privato subisce la condotta del PU o dell'IPS.
b) Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.)
Il reato si configura allorquando un PU o un IPS ricevano per sé o per altri, in denaro o altra utilità, una retribuzione non dovuta per compiere, o per aver compiuto, un atto contrario ai doveri d’ufficio, ovvero per omettere o ritardare (o per avere omesso o ritardato) un atto del proprio ufficio.
È necessario che la promessa di denaro o di altra utilità sia accettata dal PU, poiché, in caso contrario, deve ritenersi integrata la diversa fattispecie di istigazione alla corruzione, prevista dall’art. 322 c. p. (su cui, vedi infra).
Nel reato in esame l’accordo criminoso deve essere funzionale ad un atto contrario ai
doveri di ufficio, come far omettere al pubblico ufficiale l’adozione di un provvedimento favorevole ad una azienda concorrente.
c) Circostanze aggravanti (art. 319 bis c.p.)
Nel caso in cui un Pubblico Ufficiale o un Incaricato di Pubblico Servizio ricevano per sé o per altri, in denaro o altra utilità, una retribuzione non dovuta per compiere, o per aver compiuto, un atto contrario ai doveri d’ufficio in relazione al conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene, la pena è aumentata.
d) Corruzione in atti giudiziari (art. 319 ter c.p.)
Il reato si configura nel caso in cui i fatti di corruzione di cui alle fattispecie che precedono siano commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo.
È opportuno evidenziare che nella nozione di PU sono sussumibili, oltre al magistrato, anche altri soggetti quali il cancelliere, i testi e qualsiasi altro funzionario pubblico operante nell’ambito di un contenzioso.
e) Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.)
Le disposizioni previste per il reato di corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318 c. p.) e di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c. p.) si applicano non solo al pubblico ufficiale bensì anche all’incaricato di pubblico servizio.
I reati di corruzione indicati sub punti a), b) c) e d), possono essere realizzati mediante l’erogazione di denaro o la promessa di erogazione di denaro al PU/IPS, la cui provvista derivi: - dalla creazione di fondi occulti tramite l’emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti; - da rimborsi spese fittizi o per ammontare diverso da quello delle spese effettivamente sostenute anche attraverso consulenti;
- dall’utilizzo delle deleghe di spesa attribuite.
Sotto un diverso profilo, i reati di cui ai punti a), b), c) e d) possono essere realizzati
mediante l’erogazione o la promessa di erogazione al PU/IPS di una qualsiasi altra utilità o retribuzione, quali in via esemplificativa:
- omaggi e, in genere, regalie;
- ingaggio di consulenti indicati dal Pubblico Ufficiale o Incaricato di Pubblico Servizio;
- raggiungimento di accordi/sottoscrizione di lettere di incarico in favore di persone segnalate dal Pubblico Ufficiale o dall'Incaricato di Pubblico Servizio a condizioni ingiustamente vantaggiose. Infine, per completezza, deve ricordarsi che, essendo i delitti di corruzione fattispecie a c.d. concorso necessario, ai sensi dell’art. 321 c. p., le pene stabilite agli artt. 318, 319, 319 ter e 320 c. p. si applicano anche al corruttore e non solo al corrotto.
f) Pene per il corruttore (art. 321 c.p.)
In considerazione del fatto che i delitti di corruzione sono fattispecie a c.d. concorso necessario, ai sensi dell’art. 321 c. p., le pene stabilite agli artt. 318, 319, 319 ter e 320 c. p. si applicano anche al corruttore e non solo al corrotto.
g) Istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.)
Il reato si configura nel caso in cui, nei confronti di un PU o di un IPS, sia formulata la promessa o l’offerta di una somma di denaro o di un’altra utilità, qualora la promessa o l’offerta non siano accettate e riguardino, in via alternativa: - il compimento di un atto d’ufficio; - l’omissione o il ritardo di un atto d’ufficio; - il compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio.
È, inoltre, penalmente sanzionata anche la condotta del PU (o IPS) che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità da parte di un privato per le medesime finalità.
È necessario, inoltre, che la promessa di denaro o di altra utilità non siano accettate dal PU, poiché, in caso contrario, deve ritenersi integrata una delle fattispecie di corruzione previste dagli artt. 318 e 319 c. p. (su cui, vedi retro).
Quanto alle possibili modalità di commissione del reato, si rinvia alle ipotesi previste, a titolo esemplificativo, per i reati di corruzione, fermo restando che, ai fini della configurabilità della fattispecie in esame, è
necessario che l’offerta o la promessa non siano accettate.
Concussione (art. 317 c.p.)
Il reato si configura nel momento in cui un PU, abusando della relativa posizione, costringa taluno a dare o promettere indebitamente, anche in favore di un terzo, denaro o altre utilità non dovute.
Costituendo la concussione un reato proprio, ossia che può essere commesso solo da soggetti qualificati, la responsabilità di CPL potrebbe essere contestata nel solo caso di concorso nel reato commesso da un PU, ossia, a titolo esemplificativo, nell’ipotesi in cui si compiano atti tali da favorire la realizzazione della condotta prevista e punita dalla legge.
Induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319 quater c.p.)
Tale fattispecie, anche denominata "concussione per induzione", è stata introdotta recentemente nel codice penale, a seguito dell'emanazione della Legge 190/2012. Si configura allorquando il PU o l'IPS, abusando della propria qualità o funzione, faccia leva su di essa, per suggestionare, persuadere o convincere taluno a dare o promettere qualcosa, per sé o per altri. In tale ipotesi, la volontà del privato è repressa dalla posizione di preminenza del PU o IPS, il quale, sia pure senza avanzare aperte ed esplicite pretese, opera di fatto in modo da ingenerare nel soggetto privato la fondata persuasione di dover sottostare alle decisioni del PU/IPS per evitare il pericolo di subire un pregiudizio eventualmente maggiore. È importante osservare che, a differenza del reato di concussione sopra esaminato, è punito anche il soggetto che dà o promette l'utilità (elemento che accosta il reato in esame alla corruzione).
In relazione ai rapporti tra le due nuove fattispecie di concussione "per costrizione" e "per induzione", le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione, pronunciandosi sul contrasto giurisprudenziale formatosi in materia, hanno chiarito che la fattispecie di induzione indebita è caratterizzata da una condotta di pressione non irresistibile da parte del PU o dell'IPS, che lascia al destinatario della stessa un margine significativo di autodeterminazione e si coniuga con il perseguimento di un suo indebito vantaggio. Nella concussione, invece, “si è in presenza di una condotta del pubblico ufficiale che limita radicalmente la
libertà di autodeterminazione del destinatario”.
Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322 bis c.p.)
Il reato si configura allorquando la medesima condotta prevista per alcuno dei reati indicati in rubrica venga compiuta da, o nei confronti di, membri delle Corti internazionali, organi dell’Unione europea, assemblee parlamentari internazionali, organizzazioni internazionali e funzionari dell’Unione europea e di Stati esteri.
Tali soggetti sono assimilati ai Pubblici Ufficiali qualora esercitino funzioni corrispondenti, e agli Incaricati di Pubblico Servizio negli altri casi. Quanto alle possibili modalità di commissione del reato, si rinvia alle ipotesi previste, a titolo esemplificativo, per i reati di corruzione e concussione, fermo restando che, ai fini della configurabilità della fattispecie di istigazione, è necessario che l’offerta o la promessa non siano accettate. La portata della norma è stata dapprima ampliata dalla Legge n. 3/2019, in seguito dal D. Lgs. n. 74/2020 di attuazione della Direttiva (UE) n. 2017/1371. In particolare, per effetto di questo ultimo provvedimento, le disposizioni di cui agli articoli richiamati in rubrica sono altresì applicabili alle persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati non appartenenti all'Unione europea, quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione.
Peculato (art. 314, co. 1, c.p.)
Il reato si configura nel momento in cui un PU o un IPS, avendo per ragioni del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria.
In particolare, ai fini della responsabilità di cui al Decreto, il reato rileva se il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea.
Costituendo il peculato un reato proprio, ossia che può essere commesso solo da soggetti qualificati, la responsabilità di CPL potrebbe essere contestata nel solo caso di
concorso nel reato commesso da un Pubblico Ufficiale o Incaricato di Pubblico Servizio, ossia, a titolo esemplificativo, nell’ipotesi in cui si compiano atti tali da favorire la realizzazione della condotta prevista e punita dalla legge. Indebita destinazione di denaro o cose mobili (art. 314-bis)
Il reato punisce la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 314, avendo per ragione del proprio ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, li destinino ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità ed intenzionalmente procurano a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto.
Nella sua struttura, il nuovo art. 314bis introduce una figura ad hoc di peculato per distrazione e presenta una struttura ibrida che mutua elementi costitutivi in parte dal peculato (art. 314 c.p.) ed in parte dall’abuso d’ufficio abrogato (art. 323 c.p.). Del peculato presenta, sul piano del fatto tipico oggettivo, il medesimo presupposto (lecito) della condotta: il soggetto attivo del reato, pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, deve già avere, infatti, per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità del denaro o di altra cosa mobile altrui, oggetto materiale della successiva condotta di indebita destinazione. Dell’abuso d’ufficio (abrogato) presenta più elementi: anzitutto, sul piano oggettivo, a) la condotta (destinazione ad uso diverso) deve contrastare, così come avveniva sotto l’ art. 323 c.p., come modificato nel 2020, con specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità ; b) corrispondente è, poi, l’evento del reato: l’ingiusto vantaggio patrimoniale per sé o per altri, in alternativa all’altrui danno ingiusto. Infine, quanto all’elemento soggettivo, c) è richiesto, come già avveniva nell’abuso d’ufficio, il dolo intenzionale.
Peculato mediante profitto dell’errore altrui (art. 316 c.p.)
Il reato si configura nel momento in cui un PU o un IPS, nell’esercizio delle funzioni o
del servizio, giovandosi dell’errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, danaro o altra utilità.
In particolare, ai fini della responsabilità di cui al Decreto, il reato rileva se il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea.
Costituendo il peculato un reato proprio, ossia che può essere commesso solo da soggetti qualificati, la responsabilità di CPL potrebbe essere contestata nel solo caso di concorso nel reato commesso da un Pubblico Ufficiale o Incaricato di Pubblico Servizio, ossia, a titolo esemplificativo, nell’ipotesi in cui si compiano atti tali da favorire la realizzazione della condotta prevista e punita dalla legge.
Traffico di influenze illecite (art. 346-bis c.p.)
Secondo quando stabilito dall’art. 346-bis c.p. “Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter e nei reati di corruzione di cui all'articolo 322-bis, utilizzando intenzionalmente allo scopo relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità economica, per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis, in relazione all'esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare un'altra mediazione illecita, è punito con la pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi.
Ai fini di cui al primo comma, per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bis a compiere un atto contrario ai doveri d'ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito.
La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità economica. […]”.
Con la Legge 6 novembre 2012, n. 190, l’Italia ha dato seguito agli impegni internazionali assunti con la “Convenzione penale sulla corruzione”, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, ratificata con Legge 28 Giugno 2012, n. 110 e con la “Convenzione contro la corruzione”, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 con
risoluzione n. 58/4 (Convenzione di Merida), ratificata con Legge 3 agosto 2009, n. 116. In ossequio a tali impegni internazionali, la Legge 6 novembre 2012, n. 190 ha introdotto la nuova ipotesi delittuosa di traffico di influenze illecite, che è stata riformata inizialmente dalla Legge 9 gennaio 2019, n. 3 “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici” e da ultimo dalla Legge 9 agosto 2024, n. 114, che ha decisamente rivisitato la fattispecie.
L'assetto attuale del delitto di traffico di influenze illecite risulta il seguente: - è figura sussidiaria rispetto ai delitti di corruzione per l'esercizio della funzione ( art. 318), corruzione propria (art. 319 c.p.), corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), corruzione internazionale (art. 322-bis c.p.) e va a punire condotte prodromiche rispetto alla consumazione di tali delitti; - nella sua formulazione originaria, la condotta tipica si realizzava solo tramite lo sfruttamento di relazioni esistenti con il pubblico ufficiale, in ciò differenziandosi nettamente dalla disciplina di cui all' art. 346 c.p., in cui il reo millantava credito presso un pubblico ufficiale o un pubblico impiegato. Con la riforma del 2019, che ha abrogato l’art. 346 c.p., si è ritenuto che i fatti fino ad allora qualificabili come millantato credito potessero essere sussunti sotto il nuovo art. 346-bis c.p. Ciò perché la condotta punita non consisteva, nel regime introdotto nel 2019, solo nello sfruttamento di relazioni esistenti, ma anche nella vanteria di relazioni asserite con un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o, ancora, con uno dei soggetti elencati all' art. 322 bis Si è detto, quindi, che i fatti sussumibili fino all'entrata in vigore della novella sotto l' art. 346 c.p. non avevano perso rilevanza penale e potevano essere puniti dall'art. 346-bis c.p. Nel senso della continuità si era espressa anche la giurisprudenza. A proposito della continuità normativa, si era tuttavia precisato che essa non vi sia tra l'abrogata ipotesi di millantato credito già prevista nell' art. 346, 2 co. c.p., nella condotta dell'agente che riceve o si fa dare o promettere denaro o altra utilità, col pretesto di dover comprare il pubblico ufficiale o impiegato o doverlo comunque remunerare e quella prevista nell'art. 346bis c.p. nella parte in cui punisce il
faccendiere che sfruttando o vantando relazioni asserite con l'agente pubblico si fa dare o promettere indebitamente denaro o altra utilità per remunerare l'agente pubblico in relazione all'esercizio delle sue funzioni; condotta che, in considerazione della intervenuta abrogazione del secondo comma dell' art. 346, integra il delitto di cui all' art. 640, 1° co., allorché l'agente, mediante artifici e raggiri, induca in errore la parte offesa che si determina a corrispondere denaro o altre utilità a colui che vanti rapporti neppure ipotizzabili con il pubblico agente. L’orientamento è stato confermato dalla giurisprudenza successiva della Suprema Corte, che ha affermato che non sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito di cui all' art. 346, 2 co. c.p., abrogato dalla Legge 9 gennaio 2019, n. 3, e il reato di traffico di influenze illecite di cui all'art. 346-bis c.p., come modificato dall'art. 1 della medesima legge. Le condotte, un tempo integranti gli estremi del reato di cui all' art. 346, 2° co. c.p. (abrogato), potevano, e tuttora possono, configurare gli estremi del reato di truffa (in passato astrattamente concorrente con quello di millantato credito corruttivo), purché siano accertati in fatto tutti gli elementi costitutivi della relativa diversa fattispecie incriminatrice.
La Legge 9 agosto 2024 n. 114 ha modificato sensibilmente la condotta che funge da presupposto alla dazione e/o alla promessa, posto che l’attuale art. 346-bis, 1° co. c.p. usa la formula “utilizzando intenzionalmente allo scopo relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’ art. 322 bis”; quella fino ad allora vigente recitava, invece, “sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’ art. 322 bis …”. Pertanto, come affermato da autorevole dottrina, “le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere effettivamente utilizzate (non solo vantate) e devono essere esistenti (non solo asserite)”. La Legge 9 agosto 2024, n. 114 comporta così una parziale abolitio criminis, relativamente ai fatti commessi vantando relazioni asserite con un pubblico ufficiale e con un incaricato di un pubblico servizio. Se il mediatore asserisce l’esistenza di relazioni, tali fatti possono al più integrare
la truffa, se ne ricorrono gli estremi. A ciò si aggiunge che, sempre con riferimento alla condotta di utilizzo, si richiede ora il dolo intenzionale del mediatore.
Il fatto si consuma con la dazione o la promessa di denaro o di altra utilità economica. Nella versione originaria della fattispecie (2012) si prevedeva la dazione o la promessa di denaro o di altro vantaggio patrimoniale per il mediatore o per terzi: la modifica del 2019 ha comportato un'estensione del precetto penale, posto che l'utilità poteva anche prescindere da un valore patrimoniale (ad es. la prestazione sessuale). Tuttavia, la modifica ha quindi comportato sul punto un’abolitio criminis parziale.
Il denaro o l'altra utilità economica sono, nel reato base di cui al 1° co., il prezzo della mediazione illecita verso il pubblico ufficiale, l'incaricato di pubblico servizio o uno dei soggetti di cui all' art. 322-bis c.p. ovvero la remunerazione per l'esercizio, da parte di uno di questi, delle sue funzioni
L’art. 346-bis, ult. co. c.p. prevede (già prima dell’intervento del 2024, sebbene allora non all’ult. co.) due ipotesi aggravate, con riferimento alla causa della dazione e/o della promessa, vale a dire il caso in cui il fatto sia commesso “in relazione all’esercizio di attività giudiziarie” ovvero in vista della remunerazione del soggetto pubblico per il compimento di un atto contrario ai doveri dell’ufficio.
L’art. 346 bis, 2 co. c.p., successivo alla Legge 9 agosto 2024, n. 114 definisce la mediazione illecita come mediazione per indurre il Pubblico Ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, ovvero uno dei soggetti indicati all’art. 322-bis c.p. a compiere un atto contrario ai doveri dell’ufficio, dal quale possa derivare un vantaggio indebito. Prima della Legge 9 agosto 2024 n. 114 era stata principalmente la giurisprudenza ad indicare cosa si dovesse intendere per attività di mediazione. Essa era stata ritenuta elemento imprescindibile della tipicità, in assenza della quale- ad es., quando il pubblico ufficiale corrotto si sia avvalso della collaborazione di altri pubblici agenti, che abbia autonomamente reclutato e remunerato, senza svolgere alcuna intermediazione tra questi ed il privato corruttore - non è configurabile il reato di traffico di influenze
In assenza di una disciplina sulla lobbying, la mediazione onerosa è illecita se l'accordo
tra il committente e il mediatore è finalizzato alla commissione di un illecito penale idoneo a produrre vantaggi indebiti al primo, non assumendo rilievo l'illegittimità negoziale per difformità dal contratto tipico di mediazione ovvero il mero uso di una relazione personale, preesistente o potenziale, tra il mediatore e il pubblico agente per il conseguimento di un fine lecito
Nella struttura della fattispecie, dunque, non è più essenziale la finalizzazione dell'accordo e, pertanto, della promessa e della dazione, al compimento da parte del pubblico ufficiale di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio. Questa ipotesi è oggi una fattispecie aggravata, ai sensi dell'art. 346bis, 4° co. c.p., congiuntamente al caso in cui “i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie”. Pur tuttavia, in giurisprudenza si è ritenuto, quanto alla condotta di c.d. “raccomandazione”, che essa non sia incriminabile dalla norma, in quanto, se un intervento è volto ad ottenere comportamenti contra legem da parte di un pubblico ufficiale, si è già al di fuori dell'ambito delle raccomandazioni innocue, dato che definire mera raccomandazione un intervento prezzolato si pone in contrasto perfino con il significato attribuito normalmente al termine nel linguaggio corrente
Inosservanza delle sanzioni interdittive (art. 23, D. Lgs. 231/2001)
Tale reato si realizza qualora, nello svolgimento dell’attività dell’ente cui è stata applicata una sanzione o una misura cautelare interdittiva, si trasgredisca agli obblighi o ai divieti inerenti tali sanzioni o misure.
A titolo esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi nel caso in cui CPL, pur soggiacendo alla misura interdittiva del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, partecipi ad una gara pubblica.
Inoltre, se dalla commissione del predetto reato l’ente trae un profitto di rilevante entità, è prevista l’applicazione di misure interdittive anche differenti, ed ulteriori, rispetto a quelle già irrogate.
A titolo esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi nel caso in cui CPL, pur soggiacendo alla misura interdittiva del divieto di contrattare con la Pubblica
Amministrazione, partecipi ad una gara pubblica.
A. Reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'Autorità Giudiziaria (art. 25decies)
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti alla autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha la facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione da due a sei anni” (art. 377 bis c.p.).
Descrizione del reato
La previsione di cui all'art. 377 bis c.p. intende sanzionare ogni comportamento diretto ad influenzare la persona chiamata dinanzi all’Autorità Giudiziaria a rendere dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale o in altri procedimenti connessi. Tale influenza può avere ad oggetto l’induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci, al fine di celare elementi "compromettenti" a carico di un determinato ente, con evidente interesse del medesimo. La norma mira a tutelare il corretto svolgimento dell'attività processuale contro ogni forma di indebita interferenza. Tale reato assume rilevanza anche se commesso a livello "transnazionale" ai sensi dell'art. 10 della Legge 16 marzo 2006, n. 146 di ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale. A tal riguardo giova sottolineare che ai sensi dell'art. 3 della suddetta Legge si considera "transnazionale" il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché: - sia commesso in più di uno Stato; - ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; - ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato
un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; - ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato.
A titolo esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi quando la Società, al fine di ottenere indebiti vantaggi, potrebbe attraverso violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità potrebbe indurre i fornitori o dipendenti a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'Autorità Giudiziaria.
1.3. LE NOZIONI DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, PUBBLICO UFFICIALE ED INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO
La maggior parte dei reati contro la Pubblica Amministrazione sono c.d. reati propri, ossia delle fattispecie che devono essere commesse da soggetti che rivestono la qualifica di Pubblico Ufficiale o di Incaricato di Pubblico Servizio. In via preliminare, è, pertanto, opportuno delineare le nozioni di Pubblica Amministrazione ("PA"), Pubblico Ufficiale ("PU") e Incaricato di Pubblico Servizio ("IPS").
Il Codice penale non presenta una definizione di PA (mentre indica, come si vedrà a breve, la definizione di PU e di IPS); tuttavia, nella Relazione Ministeriale relativa al codice stesso ed in relazione ai reati in esso previsti, sono ritenuti appartenere alla Pubblica Amministrazione quegli enti che svolgano “tutte le attività dello Stato e degli altri enti pubblici”. In estrema sintesi, per PA può intendersi l’insieme di enti e soggetti pubblici (Stato, Ministeri, Regioni, Province, Comuni, Comunità Europee, ecc.) e talora privati (organismi di diritto pubblico, concessionari, amministrazioni aggiudicatrici, S.p.A. miste, ecc.).
A norma dell’art. 357 c.p., è Pubblico Ufficiale colui che esercita una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
La funzione legislativa consiste nell’attività diretta alla produzione di provvedimenti aventi valore di legge, ricomprendendo, in tale ambito, sia l’attività legislativa
costituzionale, sia l’attività legislativa primaria (leggi e atti del Governo aventi forza di legge), sia l’attività legislativa delle Regioni e delle Province (queste ultime per quanto attinenti alla loro attività normativa); sia, infine, l'attività legislativa rilevante nell’ambito dell’ordinamento nazionale delle Istituzioni dell’Unione Europea. È Pubblico Ufficiale, in quanto svolge la “pubblica funzione legislativa”, dunque, chiunque, a livello nazionale o comunitario, partecipi all’esplicazione di tale potere (ad es. membri del Parlamento, del Governo, delle Regioni e delle Province; nonché i membri delle Istituzioni dell’Unione Europea aventi competenze legislative rilevanti nell’ambito dell’ordinamento nazionale).
La funzione giudiziaria comprende sia la funzione giurisdizionale in senso proprio, sia l’insieme delle attività espletate da altri organi giudiziari la cui attività è funzionale allo svolgimento della funzione giurisdizionale. È Pubblico Ufficiale chi esercita l’attività afferente all’amministrazione della giustizia (ad es. magistrati, pubblici ministeri, cancellieri, segretari, membri della Corte di Giustizia e della Corte dei Conti Comunitarie, ecc.).
La funzione amministrativa pubblica si caratterizza per essere disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi.
I poteri tipici riconducibili alla “pubblica funzione amministrativa” possono essere classificati in: (i) potere deliberativo; (ii) potere autoritativo e (iii) potere certificativo della PA: i. il potere deliberativo della PA è quello relativo alla “formazione e manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione”; questa formula va letta in senso lato e, pertanto, è comprensiva di qualsiasi attività che concorra in qualunque modo ad estrinsecare il potere deliberativo della Pubblica Amministrazione; rientra in tale definizione, ad esempio, il potere di una commissione di appalto di assegnare ad un soggetto, con una decisione collegiale, l’aggiudicazione di una gara; ii. il potere autoritativo della PA, diversamente, si concretizza in tutte quelle attività che permettono alla Pubblica Amministrazione di realizzare i suoi fini mediante veri e propri comandi. Questo ruolo di supremazia della PA è, ad esempio, facilmente individuabile nel potere della
stessa di rilasciare “concessioni” ai privati. Alla luce di queste considerazioni, possono essere qualificati come “pubblici ufficiali” tutti i soggetti preposti ad esplicare tale potere;
iii. il potere certificativo viene normalmente riconosciuto in quello di rappresentare come certa una determinata situazione sottoposta alla cognizione di un “pubblico agente”; può pertanto essere qualificato come pubblico ufficiale il rappresentante di un organismo notificato per l’effettuazione delle verifiche periodiche sulle attrezzature a pressione: questi esercita, infatti, il proprio potere certificativo quando accerta il mantenimento dell’integrità e del funzionamento dei dispositivi di sicurezza e dell’apparecchiatura, rilasciando un apposito verbale.
L’art. 358 c.p. riconosce la qualifica di “incaricato di un pubblico servizio” a tutti coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio, intendendosi per tale “un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale”. È, pertanto, un IPS colui il quale svolge una “pubblica attività”, non riconducibile ad alcuno dei ‘poteri’ sopra richiamati e non concernente semplici mansioni d’ordine e/o la prestazione di opera meramente materiale. In sostanza, il pubblico servizio consiste in un’attività intellettiva caratterizzata dalla mancanza dei poteri autoritativi e certificativi individuanti la pubblica funzione. Esempi di IPS sono i dipendenti degli enti che svolgono servizi pubblici anche se aventi natura di enti privati.
Si segnala che l’effettiva ricorrenza dei su indicati requisiti deve essere verificata in concreto in ragione della effettiva possibilità di ricondurre l’attività di interesse alle richiamate definizioni, essendo certamente ipotizzabile anche che soggetti appartenenti alla medesima categoria, ma addetti ad espletare differenti funzioni o servizi, possano essere diversamente qualificati, in ragione della non coincidenza dell’attività da loro in concreto svolta.
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nel precedente paragrafo 2. A tal fine, tutti i Destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti.
Per questo motivo sono stati individuati:
a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”;
b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello;
c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo, monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3. LE AREE POTENZIALMENTE “A RISCHIO REATO” E LE ATTIVITÀ “SENSIBILI”
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk mapping, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa di CPL
➢ le aree considerate “a rischio reato”, ovvero dei settori e/o dei processi aziendali rispetto ai quali è stato ritenuto astrattamente sussistente il rischio di commissione dei reati contro la Pubblica Amministrazione;
➢ nell’ambito di ciascuna area “a rischio reato”, sono state individuate le relative attività c.d. “sensibili”, ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati in considerazione della sussistenza di rapporti diretti con gli organismi pubblici e/o i soggetti sopra individuati;
➢ le funzioni/ruoli aziendali coinvolti nell’esecuzione di tali attività “sensibili” e che, astrattamente, potrebbero commettere i reati contro la PA sebbene tale individuazione dei ruoli/funzioni non debba considerarsi, in ogni caso, tassativa atteso
che ciascun soggetto individuato nelle procedure potrebbe in linea teorica essere coinvolto a titolo di concorso; ➢ in via esemplificativa, i principali controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree “a rischio reato" oltre alle regole definite nel Modello di organizzazione, gestione e controllo e nei suoi protocolli (sistema procuratorio, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Sulla base di un’analisi delle principali attività svolte da CPL, sono state individuate le seguenti aree a rischio di commissione dei reati indicati al paragrafo 2:
• Gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione
• Gestione della salute e sicurezza sul luogo di lavoro
• Gestione dei rischi ambientali
• Gestione della contrattualistica e del contenzioso
• Gestione amministrativo-contabile e Controllo di Gestione
• Gestione della fiscalità
• Approvvigionamento beni e servizi
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza
• Gestione del personale
• Gestione delle attività commerciali
• Gestione delle commesse
Costituiscono situazioni di particolare attenzione nell’ambito delle suddette aree di attività a rischio:
• Gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione:
- Richiesta di finanziamenti destinati alla formazione
- Predisposizione del piano di formazione e aggiornamento dello stesso
- Gestione finanziamenti destinati alla formazione
- Gestione dei rapporti con Enti Pubblici: stipula rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione
- Rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di p.s. in
occasione di partecipazione a gare
- Rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio in occasione delle trattative economiche o di adempimenti per ottenere e/o rinnovare provvedimenti, autorizzazioni, licenze (ad es. rapporti con Agenzia delle Entrate, Ministero della ricerca e dello sviluppo)
- Rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio in occasione di gestione di ispezioni, verifiche ed accertamenti effettuate da soggetti pubblici (es. GdF, AdE, INPS, Ispettorato del Lavoro, INAIL, VVF, ARPA, Garante per la protezione dei dati personali)
- Rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio nell’attività di gestione dei contenziosi con la Pubblica Amministrazione
- Gestione delle attività di recupero dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione
- Gestione di contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni da enti pubblici (quali ad esempio bandi finanziati per la formazione, conto termico, bonus 110% etc.)
- Gestione degli omaggi alla Pubblica Amministrazione
- Richieste di agevolazioni fiscali
- Gestione dei rapporti con la dogana per l’importazione o esportazione dei prodotti
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione della salute e sicurezza sul luogo di lavoro:
- Gestione della politica aziendale di salute e sicurezza
- Attività di formazione e addestramento
• Gestione dei rischi ambientali:
- Gestione degli obblighi e adempimenti in materia ambientale
- Attività di formazione
• Gestione della contrattualistica e del contenzioso:
- Gestione dei contenziosi stragiudiziali
- Selezione di consulenti legali e monitoraggio delle relative attività in relazione all’andamento del procedimento
- Gestione dei contenziosi giudiziali
- Gestione delle gare pubbliche
- Gestione delle attività contrattuali
- Gestione dei contratti per la fornitura di beni e/o servizi alla pubblica amministrazione
- Gestione delle attività di recupero dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione
- Gestione delle attività di recupero dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione
- Gestione dei contratti di service infragruppo
• Gestione degli adempimenti societari:
- Gestione dell’informativa finanziaria
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione amministrativo-contabile e Controllo di Gestione:
- Gestione della contabilità generale
- Gestione contabilità clienti
- Gestione contabilità fornitori
- Gestione delle attività di pianificazione e controllo
- Gestione operazioni infragruppo
- Gestione incassi e pagamenti
• Gestione della fiscalità:
- Gestione delle attività di determinazione e liquidazione delle imposte dirette e indirette
- Gestione della compilazione e dell'invio telematico delle dichiarazioni
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Approvvigionamento beni e servizi:
- Negoziazione e stipula dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi
- Gestione dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi
- Gestione ed emissione degli ordini di acquisto
- Accertamento dell’effettiva esecuzione delle forniture
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza:
- Gestione di sponsorizzazioni e di liberalità ad associazioni ed enti
- Gestione degli atti di liberalità in favore di pubbliche amministrazioni
- Gestione delle spese di rappresentanza, delle ospitalità e degli omaggi
- Realizzazione di eventi cui vengono invitati soggetti appartenenti alla Pubblica Amministrazione
- Finanziamento da parte della Società di eventi, manifestazioni di carattere politico
• Gestione del personale:
- Attività di ricerca, selezione e assunzione di personale
- Obbligo di assunzione di soggetti appartenenti alle categorie protette
- Gestione dei rapporti con le agenzie esterne di selezione del personale, head hunter, in merito alla selezione, assunzione ed impiego del personale
- Gestione della politica retributiva e premiale
- Gestione adempimenti previdenziali e pagamento contributi
- Attività di richiesta di finanziamenti per l’erogazione di attività di formazione del personale
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle attività commerciali:
- Gestione della partecipazione a gare pubbliche
- Gestione dei contratti per la fornitura di beni e servizi alla Pubblica Amministrazione
- Negoziazione di contratti di appalto di servizi
- Gestione delle attività di promozione e commercializzazione dei prodotti di CPL
- Gestione dei rapporti con la SIAE
- Negoziazione delle condizioni di vendita (quali: prezzo,
pagamento, penali, ecc.) dei prodotti di CPL
- Gestione contratti di vendita di beni e/o servizi (predisposizione, sottoscrizione, archiviazione, ecc.)
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle commesse:
- Gestione delle trattative economiche concernenti la richiesta di autorizzazioni, licenze, concessioni
- Gestione della partecipazione a gare pubbliche
- Gestione dei contratti per la fornitura di beni e servizi alla Pubblica Amministrazione
- Negoziazione di contratti di appalto di servizi
- Negoziazione delle condizioni di vendita (quali: prezzo, pagamento, penali, ecc.) dei prodotti di CPL
- Gestione dei contratti di vendita di beni e/o servizi (predisposizione, sottoscrizione, archiviazione, ecc.)
- Gestione del credito verso clienti
- Gestione resi/reclami
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
Rischio Reato individuate, sono tenuti al rispetto dei seguenti principi generali di condotta, fermo restando quanto indicato nel successivo paragrafo 6 e dalle procedure esistenti:
- astenersi dal porre in essere o partecipare alla realizzazione di condotte che, considerate individualmente o collettivamente, possano integrare le fattispecie di reato indicate nel precedente paragrafo 2;
- astenersi dal porre in essere ed adottare comportamenti che, sebbene non integrino, di per sé, alcuna delle fattispecie dei reati indicati nel precedente paragrafo 3, possano potenzialmente diventare idonei alla realizzazione dei reati medesimi.
A questo proposito, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, è fatto divieto in particolare di:
- porre in essere qualsiasi situazione di conflitto di interesse nei confronti della Pubblica Amministrazione in relazione a quanto previsto dalle ipotesi di reato ai sensi degli articoli 24 e 25 del D. Lgs 231 del 2001; - porre in essere qualsiasi situazione con concorrenti privati/operatori economici, in violazione delle vigenti procedure, che possa che possa anche solo potenzialmente integrare gli estremi di un accordo di tipo collusivo;
4. I PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Per i reati contro la Pubblica
Amministrazione (artt. 24 e 25)
Al fine di prevenire ed impedire il verificarsi dei Reati contro la Pubblica
Amministrazione individuati al precedente paragrafo 2 e ritenuti rilevanti per CPL, i Destinatari coinvolti nello svolgimento delle attività sensibili in cui si articolano le aree a
- accordare o corrispondere somme di denaro o altra utilità in favore di Pubblici Ufficiali o Incaricati di Pubblico Servizio, o a loro parenti, appartenenti alla Pubblica Amministrazione, agli Enti Pubblici e/o ai soggetti ad essi assimilati dello Stato italiano, delle Comunità Europee e degli Stati esteri, salvo che si tratti di doni o utilità d’uso di modico valore e/o che abbiano un valore simbolico e/o che rientrino nella normale cortesia d’affari; - fare promesse di qualsivoglia genere e specie (assunzione, stage, etc.) o accordare vantaggi di qualsiasi natura a favore di Pubblici Ufficiali e/o Incaricati di un Pubblico Servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione, agli Enti Pubblici e/o ai soggetti ad essi assimilati dello Stato Italiano, delle Comunità Europee e degli Stati esteri, nonché a beneficio di altri individui o entità giuridiche comunque riconducibili alla sfera di interesse dei soggetti sopra indicati; - effettuare prestazioni in favore di membri della Pubblica Amministrazione o di soggetti qualificabili come Pubblici
Ufficiali o Incaricati di Pubblico Servizio non direttamente correlate e corrispondenti a quanto contrattualmente pattuito con tali soggetti;
- accordare e corrispondere in favore di membri della Pubblica Amministrazione o di soggetti qualificabili come Pubblici
Ufficiali o Incaricati di Pubblico Servizio somme di denaro al di fuori degli importi contrattualmente pattuiti, o distribuire regali od omaggi al di fuori delle ipotesi specificamente previste nelle Procedure;
- accordare e corrispondere agli assegnatari di incarichi di natura professionale somme non adeguatamente proporzionate all’attività svolta, anche in considerazione delle condizioni di mercato;
- effettuare pagamenti a soggetti diversi dalla controparte contrattuale;
- in occasione di una trattativa d’affari, richiesta o rapporto con la Pubblica Amministrazione, influenzare impropriamente le decisioni della controparte, comprese quelle dei funzionari che trattano o prendono decisioni per conto della Pubblica Amministrazione e/o assecondare condizionamenti e pressioni volti a determinare decisioni non in linea con i dettami dello Statuto, delle disposizioni normative interne, dei principi generali di comportamento e del presente Modello; - farsi rappresentare, nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, da un consulente o da altro soggetto terzo non adeguatamente e formalmente autorizzato, ed in ogni caso nell’ipotesi in cui si possano creare situazioni di conflitti di interesse; - fornire, redigere o consegnare ai Pubblici Ufficiali e/o agli Incaricati di un Pubblico Servizio appartenenti alla Pubblica Amministrazione, agli Enti Pubblici e/o ai soggetti ad essi assimilati dello Stato Italiano, delle Comunità Europee e degli Stati esteri dichiarazioni, dati o documenti in genere aventi contenuti inesatti, errati, incompleti, lacunosi e/o falsi, al fine di ottenere certificazioni, permessi, autorizzazioni e/o licenze di qualsivoglia genere o specie, a titolo esemplificativo ai fini del trasporto dei gas tossici, o conseguire erogazioni pubbliche, contributi o finanziamenti agevolati;
- fornire, redigere, esibire o consegnare ai Pubblici Ufficiali o Incaricati di Pubblico Servizio (nazionali, comunitari o
esteri) dichiarazioni, dati, informazioni o documenti in genere aventi contenuti volutamente artefatti, inesatti, errati, incompleti, lacunosi e/o falsi, nell’ambito di qualsivoglia attività svolta da CPL.
A tal fine è necessario: - effettuare dichiarazioni a organismi pubblici nazionali o comunitari; ai fini dell’ottenimento di erogazioni, contributi o finanziamenti, contenenti solo elementi autentici e accurati; - adottare un comportamento improntato ai principi di integrità, onestà, trasparenza e buona fede in relazione a qualsiasi attività da intraprendersi nell’ambito di ogni attività di CPL; - garantire il rispetto dei principi di correttezza, trasparenza e buona fede in qualsiasi rapporto professionale che si intraprenda con membri della Pubblica Amministrazione o con soggetti qualificabili come Pubblici Ufficiali o Incaricati di Pubblico Servizio; - definire per iscritto qualsiasi tipo di accordo con consulenti e collaboratori in modo da rendere evidenti i termini dell’accordo stesso - con particolare riguardo alla tipologia di incarico/transazione e alle condizioni economiche sottostanti; - riferire prontamente all’OdV eventuali situazioni di irregolarità.
Per i reati contro l’Amministrazione della Giustizia (art. 25-decies)
Al fine di prevenire ed impedire il verificarsi del reato di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità Giudiziaria descritto al precedente paragrafo 3, i Destinatari del Modello sono tenuti al rispetto dei seguenti principi generali di condotta: - astenersi dal porre in essere o partecipare alla realizzazione di condotte tali che, considerate individualmente o collettivamente, possano integrare la fattispecie di reato in oggetto; - astenersi dal porre in essere ed adottare comportamenti che, sebbene non integrino, di per sé, la fattispecie di reato indicata nella presente Parte Speciale, possano potenzialmente diventare idonei alla realizzazione del reato medesimo.
A questo proposito, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, ai Destinatari della presente Parte Speciale è fatto divieto in particolare di:
- usare violenza o minaccia o comunque esercitare - direttamente o indirettamente - qualsiasi pressione o condizionamento sulla volontà di un soggetto chiamato a rendere davanti all’Autorità Giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale affinché lo stesso soggetto non renda dichiarazioni o renda dichiarazioni mendaci; - offrire o promettere di offrire denaro o altra utilità ad un soggetto chiamato a rendere davanti all’Autorità Giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale affinché lo stesso soggetto non renda dichiarazioni o renda dichiarazioni mendaci.
Nell’ambito dei suddetti comportamenti è, altresì, fatto obbligo di: - prestare una reale collaborazione e rendere dichiarazioni veritiere e trasparenti all’Autorità Giudiziaria; - esporre liberamente i fatti di cui colui il quale dovesse risultare indagato o imputato in un procedimento penale, anche connesso, fosse a conoscenza ovvero esercitare la facoltà di non rispondere, così come previsto dalla legge.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI AZIENDALI NELLE AREE A RISCHIO DI REATO
Come detto, le attività sensibili sopra richiamate, possono dare luogo al rischio di commissione dei reati contro la Pubblica
Amministrazione
Elemento essenziale dei presidi organizzativi volti a prevenire il rischio di commissione di tali reati, è costituito da un set di procedure adottate dalla Società.
Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta più procedure a presidio della commissione dei reati contro la Pubblica
Amministrazione. L’elenco delle procedure all’interno delle quali sono declinati i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative di un illecito è disponibile all’interno dell’Allegato 13 “PROCEDURE CHE DECLINANO LE CAUTELE GENERALI E LE CAUTELE PROCEDIMENTALI”.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti
a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente: gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi. attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni; tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza. In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, delle possibili modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione dei reati contro la Pubblica Amministrazione, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello. Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche.
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la
responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio. Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali: Direttore Generale, Direttore Finanziario, Direttore Amministrativo, Direttore Commerciale, Direttore Produzione, Direttore Settori, Direttore Ingegneria, Direttore Acquisti, Direttore Sviluppo Org.ne e Competenze, HRBP, Responsabile dell’Ufficio Affari Legali, Responsabile Aff. Societari e Uff. Legale Soc. Gruppo, Responsabile QSAE, RSPP, Resp. Tecnico Serv. Ispettivo.
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione dei reati contro la Pubblica Amministrazione, lo stesso è tenuto a:
verificare il rispetto da parte dei Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in essere al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati contro la Pubblica Amministrazione;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto
quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società. Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia a quanto previsto dalle istruzioni interne in tema di flussi informativi
Capitolo II
Reati societari
1. I REATI DI CUI ALL’ART. 25 TER DEL D.LGS. N. 231/2001
L’art. 25 ter del D. Lgs. 231/2001 individua specifiche ipotesi di reato in materia societaria, la cui commissione è suscettibile di arrecare un beneficio alla società. Si fornisce, di seguito, una breve descrizione dei reati contemplati. False comunicazioni sociali (art. 2621) e false comunicazioni sociali delle società quotate (art. 2622 cod. civ.)
La L. 27 maggio 2015, n. 69 recante "Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio" ha comportato la modifica degli articoli 2621 e 2622 del Codice civile
In particolare, il nuovo testo dell'art. 2621 c.c. (False comunicazioni sociali) dispone che "fuori dai casi previsti dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni". Il nuovo testo dell'art. 2622 c.c. (False comunicazioni sociali delle società quotate), invece, dispone che “gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico
52 In relazione alla rilevanza del cosiddetto falso estimativo, si segnala che la Giurisprudenza è piuttosto oscillante sul punto. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33774, depositata il 30 luglio 2014 aveva evidenziato che, rispetto alle norme emanate nel 2002, la nuova legge resta “amputata” delle “valutazioni estimative” divergenti da quelle ritenute corrette,
consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni”.
Vengono previste pene ridotte (da 6 mesi a 3 anni) per il reato di falso in bilancio di cui all'art. 2621 c.c. "se i fatti sono di lieve entità" (art. 2621-bis). La lieve entità viene valutata dal giudice, tenendo conto "della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta". La stessa pena ridotta si applica nel caso in cui il falso in bilancio riguardi le società che non possono fallire (quelle cioè che non superano i limiti indicati dall'art. 1 co. 2 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267).
Si prevede poi, ai sensi del nuovo art. 2621ter che - ai fini dell'applicazione della nuova causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p. - il giudice debba in tal caso valutare "in modo prevalente l'entità dell'eventuale danno cagionato alla società".
Le sanzioni pecuniarie a carico dell'ente previste in relazione ai reati di falso in bilancio vengono inasprite e si stabiliscono tra 200 a 400 quote; per il falso in bilancio di lieve entità le sanzioni pecuniarie sono, invece, stabilite tra 100 e 200 quote.
I reati si configurano allorquando si procede alla esposizione, all’interno dei bilanci, delle relazioni o delle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, di fatti materiali non rispondenti al vero, ovvero alla mancata indicazione, nei medesimi documenti, di informazioni, la cui comunicazione è prescritta dalla legge, riguardanti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo a cui appartiene, con modalità idonee ad indurre in errore i destinatari.
La nuova formulazione della norma estende l'ambito di applicabilità della fattispecie non richiedendo più il verificarsi del danno nei confronti dei soci 52
seppure entro la soglia di tolleranza del 10%. Tale sceltaosserva la Corte - determina “un ridimensionamento dell'elemento oggettivo delle false comunicazioni sociali, con effetto parzialmente abrogativo”. “E' del tutto evidente" - scrive la Suprema Corte - "che l'adozione del riferimento ai “fatti materiali”, senza alcun richiamo alle 'valutazioni'...consente di ritenere ridotto l'ambito di
I soggetti attivi dei suddetti reati vengono individuati negli amministratori, nei direttori generali, nei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, nei sindaci e nei liquidatori.
Falso in prospetto (art. 173-bis del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58)
Il reato, introdotto dall’art. 34 della Legge 28 dicembre 2005, n. 262 (che ha contestualmente abrogato l’art. 2623 cod. civ.) si configura nei confronti di colui che, nei prospetti richiesti ai fini della sollecitazione all’investimento o dell’ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche d’acquisto o di scambio, espone false informazioni od occulta dati o notizie, con modalità tali da indurre in errore i destinatari del prospetto.
Ai fini dell’integrazione degli elementi costitutivi della fattispecie criminosa all’esame, si precisa che:
• l’autore della condotta illecita deve avere consapevolezza della falsità e intenzione di ingannare i destinatari del prospetto;
• la condotta deve essere rivolta al fine specifico di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto.
Soggetto attivo delle menzionate ipotesi di reato può essere “chiunque” ponga in essere la condotta criminosa descritta.
Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni della Società di Revisione (art. 2624 cod. civ.) 53
Il reato si configura allorquando i responsabili della revisione pongano in essere false attestazioni o occultino informazioni concernenti la situazione economica e patrimoniale della società sottoposta a revisione, secondo modalità
operatività delle nuove fattispecie di false comunicazioni sociali, con esclusione dei cosiddetti falsi valutativi”. Molto recentemente, tuttavia, la Cassazione è ritornata sul punto in senso contrario, con la sentenza del 13 novembre 2015 stabilendo che "Il riferimento ai fatti materiali quali possibili oggetti di una falsa rappresentazione della realtà non vale a escludere la rilevanza degli enunciati valutativi che sono anch'essi predicabili di falsità quando violino i criteri di valutazione predeterminati o esibiti in una comunicazione sociale. Infatti, quando intervengono in contesti che implicano l'accettazione di parametri di valutazione normativamente determinati o, comunque, tecnicamente indiscussi, gli enunciati valutativi sono idonei ad assolvere una funzione informativa e possono dirsi veri o falsi." Sul contrasto si sono pronunciate le Sezioni Unite che, all'esito dell'udienza tenutasi il 31 marzo 2016, hanno fornito risposta affermativa affermando che è ancora punibile il “falso valutativo”.
idonee a indurre in errore i destinatari delle comunicazioni stesse.
Ai fini dell’integrazione degli elementi costitutivi della fattispecie all’esame, si precisa che:
• deve sussistere la consapevolezza della falsità e l’intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni;
• la condotta deve essere rivolta al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto;
• il reato in questione integra un delitto ovvero una contravvenzione a seconda che abbia cagionato o meno un danno patrimoniale ai destinatari delle comunicazioni.
Soggetti attivi del reato sono i responsabili della società di revisione, ma, in via astratta, tutti coloro i quali per ragioni di azienda sono in contatto con la società di revisione possono essere coinvolti a titolo di concorso nel reato, ai sensi dell’art. 110 cod. pen.
Impedito controllo (art. 2625 cod. civ.) 54
Il reato si configura allorquando si ostacoli o si impedisca lo svolgimento delle attività di controllo, legalmente attribuite ai soci, ad organi sociali.
Soggetti attivi del reato sono gli amministratori. La condotta può essere integrata mediante l’occultamento di documenti o l’utilizzo di altri idonei artifici. Nell’ipotesi in cui non si sia cagionato il danno ai soci, l’illecito ha natura amministrativa e non costituisce reato. Indebita restituzione dei conferimenti (art. 2626 cod. civ.)
Il reato si configura allorquando si proceda, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale, alla restituzione, anche simulata, dei conferimenti ai soci o alla
53 Si segnala che il D.Lgs. 27 gennaio 2010 n. 39 (Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE), entrato in vigore il 7 aprile 2010 ha abrogato l’art. 2624 del codice civileFalsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione (reinserendo peraltro la medesima fattispecie all’interno dello stesso D.Lvo 39/2010, il quale però, allo stato, non è richiamato dal D.Lvo 231/2001).
54 Si segnala che lo stesso provvedimento di cui alla nota 1 (D.Lgs. 27 gennaio 2010 n. 39) ha modificato l’art. 2625 c.c attraverso l’eliminazione del riferimento all’attività di revisione e alle società di revisione; pertanto, la condotta di impedito controllo riguarda solo l’ostacolo o l’impedimento dello svolgimento delle attività di controllo legalmente attribuite ai soci o ad altri organi sociali.
liberazione degli stessi dall’obbligo di eseguirli.
Soggetti attivi del reato sono gli amministratori, ma i soci beneficiari della restituzione o della liberazione possono concorrere nel reato, ai sensi dell’art. 110 cod. pen., qualora abbiano svolto un’attività di determinazione o istigazione della condotta illecita degli amministratori.
Illegale ripartizione degli utili o delle riserve (art. 2627 cod. civ.)
Il reato si configura allorquando si proceda alla ripartizione di utili, o acconti sugli utili, non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero alla ripartizione di riserve, anche non costituite con utile, che per legge non possono essere distribuite.
La restituzione degli utili o la ricostituzione delle riserve prima del termine previsto per l’approvazione del bilancio estingue il reato. Soggetti attivi del reato sono gli amministratori. I soci beneficiari della ripartizione degli utili o delle riserve possono concorrere nel reato, ai sensi dell’art. 110 cod. pen., qualora abbiano svolto un’attività di determinazione o istigazione della condotta illecita degli amministratori.
Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 cod. civ.)
Il reato si configura allorquando si proceda, fuori dei casi previsti dalla legge, all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni o quote emesse dalla società o della controllante, così da cagionare una lesione all’integrità del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge.
Si precisa che, se il capitale o le riserve sono ricostituiti prima del termine previsto per l’approvazione del bilancio riferito all’esercizio in relazione al quale è stata posta in essere la condotta, il reato è estinto. Soggetti attivi del reato sono gli amministratori. È configurabile una responsabilità a titolo di concorso degli amministratori della controllante con quelli della controllata, nell’ipotesi in cui le operazioni illecite sulle azioni della controllante siano da questi ultimi effettuate su istigazioni dei primi. Operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 cod. civ.)
Il reato si configura allorquando siano realizzate riduzioni di capitale sociale, fusioni con altre società o scissioni attuate in violazione delle disposizioni di legge e che cagionino danno ai creditori.
Il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il reato. Soggetti attivi del reato sono gli amministratori.
Omessa comunicazione del conflitto d’interesse (art. 2629 bis cod. civ.)
Il reato si configura allorquando l’amministratore o il componente del consiglio di gestione di una società quotata ometta di comunicare la titolarità di un proprio interesse, personale o per conto di terzi, in una determinata operazione della società.
La fattispecie sanziona, inoltre, la condotta dell’amministratore delegato, che essendo portatore di analogo interesse, ometta di astenersi dal compiere l’operazione.
Soggettivi attivi del reato sono gli amministratori e i componenti del consiglio di gestione.
Formazione fittizia del capitale (art. 2632 cod. civ.)
Il reato si configura allorquando si proceda alla formazione o all’aumento in modo fittizio del capitale sociale mediante:
• attribuzione di azioni o quote sociali per somma inferiore al loro valore nominale;
• sottoscrizione reciproca di azioni o quote;
• sopravvalutazione rilevante dei conferimenti di beni in natura, di crediti, ovvero del patrimonio della società nel caso di trasformazione.
Soggetti attivi del reato sono gli amministratori e i soci conferenti.
Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 cod. civ.)
Il reato si configura allorquando i liquidatori, ripartendo i beni sociali tra i soci prima del pagamento dei creditori sociali o dell'accantonamento delle somme necessarie a soddisfarli, cagionino danno ai creditori.
Il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il reato. Soggetti attivi del reato sono i liquidatori.
Il reato si configura allorquando con atti simulati o con frode si determina la maggioranza in assemblea, allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto.
Il reato può essere commesso da chiunque, anche da soggetti esterni alla società. Aggiotaggio (art. 2637 cod. civ.)
Il reato si configura allorquando si proceda alla diffusione di notizie false ovvero alla realizzazione di operazioni simulate o ad
altri artifici, idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari ovvero a incidere in modo significativo sull’affidamento del pubblico nella stabilità patrimoniale di banche o gruppi bancari. La condotta deve avere ad oggetto strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata domanda di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato.
Soggetto attivo del reato può essere chiunque, anche estraneo alla società. Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle Autorità Pubbliche di Vigilanza (art. 2638 cod. civ.)
Il reato si configura mediante la realizzazione di due distinte tipologie di condotta, entrambe finalizzate ad ostacolare l’attività di vigilanza delle Autorità Pubbliche preposte:
- attraverso la comunicazione alle Autorità Pubbliche di Vigilanza di fatti non rispondenti al vero, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria, ovvero con l’occultamento di fatti che avrebbero dovuto essere comunicati; - attraverso l’ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza svolte da Pubbliche Autorità, attuato consapevolmente ed in qualsiasi modo, anche omettendo le comunicazioni dovute alle medesime Autorità.
Soggetti attivi delle ipotesi di reato descritte sono gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori.
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nel precedente paragrafo 1. A tal fine, tutti i Destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti.
Per questo motivo sono stati individuati: a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”; b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello; c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo,
monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3. LE AREE POTENZIALMENTE “A RISCHIO REATO” E LE ATTIVITÀ “SENSIBILI”
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk mapping, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa ed aziendale della Società: ➢ le aree considerate “a rischio reato”, ➢ nell’ambito di ciascuna area "a rischio reato", sono state individuate le relative attività c.d. "sensibili", ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati in questione;
➢ i controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree "a rischio reato" oltre alle regole definite nel Modello di organizzazione, gestione e controllo e nei suoi protocolli (sistema procuratorio, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Sulla base di un’analisi delle principali attività svolte da CPL, sono state individuate le seguenti aree a rischio di commissione dei reati indicati al paragrafo 1:
• Gestione degli adempimenti societari
• Gestione amministrativo-contabile e Controllo di Gestione
• Gestione della fiscalità
• Gestione delle operazioni straordinarie
• Gestione cespiti
• Gestione magazzino
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza
Costituiscono situazioni di particolare attenzione nell’ambito delle suddette aree di attività a rischio:
• Gestione degli adempimenti societari
- Gestione della governance societaria
- Gestione degli atti del Consiglio di Amministrazione e dell’Assemblea
- Gestione dei rapporti con Collegio Sindacale e con la Società di Revisione
- Gestione dell’informativa finanziaria
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL.
• Gestione amministrativo-contabile e Controllo di Gestione
- Gestione della contabilità generale
- Gestione contabilità clienti
- Gestione contabilità fornitori
- Gestione contabilità cespiti
- Gestione contabilità di magazzino
- Gestione delle attività di predisposizione del bilancio di esercizio e delle relazioni periodiche relative alla situazione economica e finanziaria della società
- Valorizzazione delle singole poste di bilancio
- Gestione dei rapporti con il consulente esterno per la predisposizione del bilancio (o di sue singole poste)
- Gestione della chiusura di bilancio
- Gestione delle attività di pianificazione e controllo
- Gestione e approvazione degli extra-budget
- Gestione della piccola cassa
- Gestione operazioni infragruppo
- Gestione incassi e pagamenti
• Gestione della fiscalità
- Monitoraggio degli aggiornamenti normativi in ambito fiscale
- Gestione e monitoraggio del calendario fiscale
- Gestione delle attività di determinazione e liquidazione
delle imposte dirette e indirette
- Gestione della compilazione e dell'invio telematico delle dichiarazioni
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle operazioni straordinarie
- Identificazione delle operazioni, negoziazione e stipula dei relativi contratti e successiva realizzazione
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione cespiti
- Negoziazione, autorizzazione e gestione delle operazioni relative ai cespiti
• Gestione magazzino
- Gestione dei flussi logistici di magazzino
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza
- Gestione di sponsorizzazioni e di liberalità ad associazioni ed enti
- Gestione degli atti di liberalità in favore di pubbliche amministrazioni
- Gestione delle spese di rappresentanza, delle ospitalità e degli omaggi
- Realizzazione di eventi cui vengono invitati soggetti appartenenti alla Pubblica Amministrazione
- Finanziamento da parte della Società di eventi, manifestazioni di carattere politico
4. I PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Al fine di prevenire ed impedire il verificarsi dei reati societari individuati al precedente paragrafo 1 e ritenuti rilevanti per CPL, i Destinatari coinvolti nello svolgimento delle attività sensibili in cui si articolano le aree a Rischio Reato individuate, sono tenuti al rispetto dei seguenti principi generali di condotta, fermo restando quanto indicato nel successivo paragrafo 5 e dalle procedure esistenti:
a) astenersi dal porre in essere condotte tali da integrare le fattispecie di reato illustrate nella presente Parte Speciale;
b) garantire il rispetto delle regole comportamentali previste nel Codice Etico di CPL, con particolare riguardo all’esigenza di assicurare che ogni operazione e transazione sia correttamente registrata, autorizzata, verificabile, legittima, coerente e congrua;
c) tenere un comportamento corretto e trasparente, nel rispetto delle norme di legge e regolamentari vigenti, nell’esecuzione di tutte le attività finalizzate alla formazione del bilancio e delle altre comunicazioni sociali, al fine di fornire ai soci e ai terzi un’informazione veritiera e corretta sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società;
d) è necessario che tutte le operazioni svolte nell’ambito delle attività “sensibili” ricevano debita evidenza;
e) è fatto obbligo di porre la massima attenzione ed accuratezza nell’acquisizione, elaborazione ed illustrazione dei dati e delle informazioni che rappresentano l’attività di impresa;
f) è vietato alterare i dati e le informazioni destinati alla predisposizione del bilancio o fornire una rappresentazione non corrispondente all’effettivo giudizio maturato sulla situazione
patrimoniale, economica e finanziaria della società;
g) deve sempre essere assicurato il regolare funzionamento della Società e degli organi sociali, agevolando ogni forma di controllo interno sulla gestione sociale previsto dalla legge;
h) deve essere garantito il rispetto dei principi di integrità, correttezza e trasparenza così da consentire ai destinatari di pervenire ad un fondato ed informato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della Società e sull’evoluzione della sua attività, nonché sui prodotti finanziari e relativi;
i) è necessario osservare le prescrizioni imposte dalla legge a tutela dell’integrità ed effettività del capitale sociale ed agire nel rispetto delle procedure interne aziendali che su tali norme si fondano, al fine di non ledere le garanzie dei creditori e dei terzi in genere al riguardo;
j) è necessario astenersi dal compiere qualsivoglia operazione o iniziativa qualora vi sia una situazione di conflitto di interessi, ovvero qualora sussista, anche per conto di terzi, un interesse in conflitto con quello della Società;
k) deve essere garantita la libera e corretta formazione della volontà assembleare;
l) è vietato gestire denaro o altri beni appartenenti alla società senza che le operazioni trovino riscontro nelle scritture contabili;
m) è vietato compiere operazioni (quali la restituzione dei conferimenti, la ripartizione di utili o acconti sui dividendi, la sottoscrizione delle azioni della società) in modo da ledere l’integrità del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge;
n) è vietato ostacolare in qualunque modo le autorità pubbliche di vigilanza nell’esercizio delle loro funzioni;
o) è necessario astenersi dal porre in essere operazioni simulate o altrimenti fraudolente, nonché dal diffondere notizie false e/o non corrette e/o fuorvianti, idonee a provocare l’alterazione del prezzo di strumenti finanziari;
p) è necessario tenere un comportamento corretto e veritiero con gli organi di stampa e di informazione;
q) è d’obbligo improntare le attività ed i rapporti con le altre Società del Gruppo alla massima correttezza, integrità e trasparenza, così da garantire il rispetto delle leggi e dei regolamenti vigenti.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI AZIENDALI NELLE
AREE A RISCHIO DI REATO
Come detto, le attività sensibili sopra richiamate, possono dare luogo al rischio di commissione dei reati societari. Elemento essenziale dei presidi organizzativi volti a prevenire il rischio di commissione di tali reati, è costituito da un set di procedure adottate dalla Società.
Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta più procedure a presidio della commissione dei reati societari. L’elenco delle procedure all’interno delle quali sono declinati i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative di un illecito è disponibile all’interno dell’Allegato 13 “PROCEDURE CHE DECLINANO LE CAUTELE GENERALI E LE CAUTELE PROCEDIMENTALI”.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente: gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati
esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi. attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni. tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza.
In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, di modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione dei reati societari, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello. Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche.
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio. Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali:
Consiglio di Amministrazione, Direttore Generale, Direttore Finanziario, Direttore Amministrativo, Direttore Commerciale, Direttore Produzione, Direttore Settori, Responsabile dell’Ufficio Affari Legali, Responsabile Aff. Societari e Uff. Legale Soc. Gruppo, Responsabile Soci, Direzione Acquisti, Direzioni coinvolte nella richiesta di delibere al Consiglio di Amministrazione
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione dei reati Societari, lo stesso è tenuto a:
verificare il rispetto da parte dei
Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in essere al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati Societari;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società. Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia a quanto previsto dalle istruzioni interne in tema di flussi informativi.
Capitolo III
La Corruzione tra privati
1. LA CORRUZIONE TRA PRIVATI (ART. 2635 C.C., ART. 25-TER, LETT. S-BIS), D. LGS. 231/2001).
La presente Parte Speciale è volta a prevenire il reato corruzione tra privati ex art. 2635 c.c. ed il reato di istigazione alla corruzione ex art. 2635-bis c.c. previsti nell'ambito dei reati societari di cui all’art. 25 ter del D. Lgs. 231/2001
Come è noto, il 13 novembre 2012 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, la Legge 6 novembre 2012 n. 190, recante le "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione" (la c.d. "Legge Anticorruzione"), introduttiva:
➢ di misure volte a prevenire il verificarsi di episodi di corruzione nell'ambito dei rapporti con la Pubblica Amministrazione; ➢ di misure repressive dirette a sanzionare più aspramente il verificarsi di tali reati; ➢ del reato di corruzione tra privati, con inserimento dello stesso reato nel novero dei reati presupposto ex Decreto, in tema di responsabilità amministrativa da reato degli enti e precisamente al comma 1 lett. s-bis dell’art. 25 ter del Decreto.
Il reato di corruzione tra privati, previsto e punito dall'art. 2635 c.c. è stato poi ulteriormente modificato dal Decreto
Legislativo 15 marzo 2017, n. 38 che ha anche introdotto un nuovo reato nel c.c. ossia l’art. 2635-bis (istigazione alla corruzione), inserendolo anche nel novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa ai sensi del Decreto. Inoltre, con la Legge n. 3/2019 si è proceduto ad abrogare il quinto comma dell’art. 2635 c.c., nonché il terzo comma dell’art. 2635-bis c.c., ambedue relativi alla procedibilità dei reati in questione.
Di seguito una breve descrizione dei due reati sopra menzionati.
A) L'attuale versione del reato di corruzione tra privati di cui all'art. 2635 c.c. prevede: [I]. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per se' o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono
puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto è commesso da chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo.
[II]. Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.
[III]. Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con le pene ivi previste.
[IV]. Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni.
[V]. Fermo quanto previsto dall'articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse e offerte. La norma in questione identifica quali soggetti attivi del reato di corruzioneampliandone il novero rispetto alla precedente formulazione:
➢ gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati, anche per interposta persona;
➢ chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui sopra;
➢ chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati. In altri termini, i soggetti attivi del reato, dal lato passivo, possono essere i c.d. "apicali" ma anche i c.d. "sottoposti" alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati (quindi i dipendenti ma anche i collaboratori, consulenti, etc.).
Il corruttore invece può essere chiunque. Con riferimento alle condotte tipicheanch'esse oggetto di ampliamento rispetto alla previgente formulazione - dal lato passivo ("corrotto") sono identificate nel:
➢ sollecitare o ricevere, per sè o per altri, anche per interposta persona, denaro o altra utilità non dovuti, o accettarne la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti l'ufficio o gli obblighi di fedeltà.
Dal lato attivo ("corruttore") la condotta punita consiste nell'offrire o promettere o dare danaro o qualsiasi altra utilità (favori, assunzione di personale, offerta di contratti di consulenza ecc..).
Quanto agli obblighi violati questi possono avere fonte legislativa (codice civile artt. 2390-2392 c.c. per gli amministratori), o anche extra-codicistica (es. ambiente, sicurezza sul lavoro, etc.), o non legislativa (i.e. provvedimenti di autorità di vigilanza, ecc.).
Gli obblighi di fedeltà sono invece collegati ai principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175, 1375 e 2105 del codice civile. A seguito della modifica normativa sono state introdotte due ulteriori modifiche alla fattispecie tipica di corruzione tra privati. In particolare, ai fini della configurabilità del reato, da un lato è stato eliminato il riferimento al "nocumento della società" , ossia il danno patito dalla Società, con la conseguenza che il disvalore del fatto risulta incentrato unicamente sulla violazione degli obblighi da parte del "corrotto"; e dall'altro è stato invece introdotto il riferimento all'indebito vantaggio per sé o per altri (denaro o altra utilità non dovuti) in cambio della violazione degli obblighi di ufficio. Ulteriore elemento che merita una specificazione è la condotta di sollecitazione al pagamento o dazione che si aggiunge alla condotta tipica della ricezione. La conseguenza è che vi è un'anticipazione della soglia della rilevanza penale in quanto il reato è configurabile anche con la semplice sollecitazione per ricevere denaro o altra utilità non dovuti.
L’elemento psicologico richiesto ai fini della configurazione del delitto di corruzione tra privati è il dolo generico, che consiste nella coscienza e volontà di realizzare la condotta tipica; pertanto, non è necessario che i protagonisti del pactum sceleris siano animati da un fine specifico.
Si segnala, infine che, ai fini della responsabilità amministrativa, può essere sanzionato solo l’ente cui appartiene il "corruttore" ossia chi offre, promette o dà denaro o altra utilità.
A titolo di esempio il reato potrebbe realizzarsi qualora il dipendente/rappresentante della Società effettui la dazione o prometta la corresponsione di denaro o di omaggi al referente di un'altra società al fine di influenzare il soggetto responsabile dell'approvvigionamento di prodotti e indurlo a preferire, nell'ambito delle proprie attività, l'acquisto dei prodotti della Società rispetto ad altre aziende concorrenti.
B) L'art. 2635 bis c.c. (istigazione alla corruzione tra privati) invece prevede: [I]. Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché' a chi svolge in essi un’attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, affinché' compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 2635, ridotta di un terzo.
[II]. La pena di cui al primo comma si applica agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché' a chi svolge in essi attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per se' o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata.
Sotto il profilo attivo è punito penalmente chiunque offra o prometta denaro o altre utilità non dovuti ad un soggetto intraneo, al fine di compiere o omettere atti in violazione di obblighi inerenti il proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora l'offerta non sia accettata.
Sotto il profilo passivo è prevista la punibilità dell'intraneo che solleciti una promessa o dazione di denaro o altra utilità, al fine del compimento o dell'omissione di atti in violazione dei medesimi obblighi, qualora tale proposta non sia accettata.
Per entrambe le fattispecie criminose la procedibilità è subordinata alla querela della persona offesa.
Anche in tal caso giova segnalare che ai fini della responsabilità amministrativa, può essere sanzionato solo l’ente cui appartiene "l'istigatore" ossia chi offra o prometta denaro o altre utilità non dovuti.
A titolo esemplificativo il reato potrebbe realizzarsi nel caso in cui un dipendente/rappresentante della Società offra o prometta denaro o altra utilità non dovuti al rappresentante di una società privata, affinché in violazione dell'obbligo di richiedere più preventivi nella selezione di un fornitore, scelga direttamente la Società, e tale proposta non venga accettata.
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nel precedente paragrafo 1. A tal fine, tutti i Destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti.
Per questo motivo sono stati individuati:
a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”; b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello; c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo, monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3. LE AREE POTENZIALMENTE "A RISCHIO REATO" E LE ATTIVITÀ “SENSIBILI”
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk mapping, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa ed aziendale di CPL:
➢ le aree considerate “a rischio reato”, ovvero dei settori e/o dei processi aziendali rispetto ai quali è stato ritenuto astrattamente sussistente il rischio di commissione del reato di corruzione tra privati e di istigazione alla corruzione tra privati;
➢ nell’ambito di ciascuna area “a rischio reato”, sono state individuate le relative
attività c.d. “sensibili”, ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati in questione;
➢ le funzioni/ruoli aziendali coinvolti nell’esecuzione di tali attività “sensibili” e che, astrattamente, potrebbero commettere il reato di corruzione tra privati sebbene tale individuazione dei ruoli/funzioni non debba considerarsi, in ogni caso, tassativa atteso che ciascun soggetto individuato nelle procedure potrebbe in linea teorica essere coinvolto a titolo di concorso
➢ in via esemplificativa, i principali controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree “a rischio reato" oltre alle regole definite nel Modello di organizzazione, gestione e controllo e nei suoi protocolli (sistema procuratorio, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Sulla base di un’analisi delle principali attività svolte da CPL, sono state individuate le seguenti aree a rischio di commissione dei reati indicati al paragrafo 1:
• Gestione della contrattualistica e del contenzioso
• Gestione degli adempimenti societari
• Gestione amministrativo-contabile e Controllo di Gestione
• Approvvigionamento beni e servizi
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza
• Gestione del personale
• Gestione delle attività commerciali
• Gestione delle commesse
Costituiscono situazioni di particolare attenzione nell’ambito delle suddette aree di attività a rischio:
• Gestione della contrattualistica e del contenzioso
- Gestione dei contenziosi stragiudiziali
- Selezione di consulenti legali e monitoraggio delle relative attività in relazione all’andamento del procedimento
- Gestione delle attività contrattuali
- Gestione dei contratti di service infragruppo
• Gestione degli adempimenti societari
- Gestione della governance societaria
- Gestione degli atti del Consiglio di Amministrazione e dell’Assemblea
- Gestione dei rapporti con Collegio Sindacale e con la Società di Revisione
- Gestione dell’informativa finanziaria
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione amministrativo-contabile e Controllo di Gestione
- Gestione della contabilità generale
- Gestione contabilità clienti
- Gestione contabilità fornitori
- Gestione dei rapporti con il consulente esterno per la predisposizione del bilancio (o di sue singole poste)
- Gestione delle attività di pianificazione e controllo
- Gestione operazioni infragruppo
- Gestione incassi e pagamenti
• Approvvigionamento beni e servizi
- Gestione del fabbisogno di acquisto
- Selezione, qualifica e monitoraggio dei fornitori di beni, lavori e servizi
- Selezione e qualificazione dei fornitori (consulenti/valutatori per l’accreditamento fornitori) e gestione anagrafica fornitori
- Negoziazione e stipula dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi
- Gestione dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi
- Gestione ed emissione degli ordini di acquisto
- Accertamento dell’effettiva esecuzione delle forniture
- Gestione importazioni/esportazioni merci
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza
- Gestione di sponsorizzazioni e di liberalità ad associazioni ed enti
- Gestione delle spese di rappresentanza, delle ospitalità e degli omaggi
- Finanziamento da parte della Società di eventi, manifestazioni di carattere politico
• Gestione del personale
- Attività di ricerca, selezione e assunzione di personale
- Obbligo di assunzione di soggetti appartenenti alle categorie protette
- Gestione dei rapporti con le agenzie esterne di selezione del personale, head hunter, in merito alla selezione, assunzione ed impiego del personale
- Gestione della politica retributiva e premiale
- Gestione note spese del personale
- Attività di richiesta di finanziamenti per l’erogazione di attività di formazione del personale
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle attività commerciali
- Gestione della partecipazione a gare pubbliche
- Negoziazione di contratti di appalto di servizi
- Gestione delle attività di promozione e commercializzazione dei prodotti di CPL
- Gestione delle attività di marketing operativo
- Gestione delle attività di marketing strategico
- Gestione dei rapporti con la SIAE
- Negoziazione delle condizioni di vendita (quali: prezzo, pagamento, penali, ecc.) dei prodotti di CPL
- Gestione contratti di vendita di beni e/o servizi (predisposizione, sottoscrizione, archiviazione, ecc.)
- Gestione del credito verso clienti
- Gestione resi/reclami
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle commesse
- Gestione delle trattative economiche concernenti la richiesta di autorizzazioni, licenze, concessioni
- Negoziazione di contratti di appalto di servizi
- Negoziazione delle condizioni di vendita (quali: prezzo, pagamento, penali, ecc.) dei prodotti di CPL
- Gestione dei contratti di vendita di beni e/o servizi (predisposizione, sottoscrizione, archiviazione, ecc.)
- Gestione del credito verso clienti
- Gestione resi/reclami
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
4. I PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Al fine di prevenire ed impedire il verificarsi dei reati individuati al precedente paragrafo 1 e ritenuti rilevanti per CPL, ai Destinatari coinvolti nello svolgimento delle attività sensibili in cui si articolano le aree a Rischio Reato individuate, fermo restando quanto indicato nel successivo paragrafo 5 e dalle procedure esistenti, è fatto divieto di:
- porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali da integrare le fattispecie di corruzione tra privati;
- porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti, i quali, sebbene risultino tali da non costituire di per sé reato, possano potenzialmente diventarlo.
In particolare, è fatto divieto di: 1. offrire o effettuare elargizioni in denaro o altra utilità (ospitalità, intrattenimento, ecc.) a referenti di enti privati e società per il compimento (o anche l'omissione) di atti del proprio ufficio, in violazione dei doveri di fedeltà, con lo scopo di ricevere un vantaggio di qualsiasi natura per la società e/o per se stesso, a prescindere dal fatto che tale atto venga poi compiuto.
In tutti i casi i regali o gli omaggi o le spese di cortesia devono essere documentati modo adeguato per consentire le verifiche da parte dell’Organismo di Vigilanza ("OdV"); 2. accordare, direttamente o indirettamente, vantaggi di qualsiasi natura in favore di referenti di enti privati, agenzie, fornitori o clienti (o effettuati con modalità tali) da costituire una violazione dei principi esposti nel Modello; 3. eseguire prestazioni e riconoscere compensi in favore dei consulenti, referenti di agenzie, fornitori o clienti che non trovino adeguata giustificazione nel contesto del rapporto contrattuale costituito con gli stessi.
Inoltre, ai fini dell’attuazione dei comportamenti di cui sopra: 1. l'eventuale reclutamento del personale deve avvenire nel rispetto delle regole aziendali che devono prevedere adeguati livelli di selezione;
2. i contratti tra la Società e i referenti di agenzie, fornitori, consulenti e clienti, ad esempio per la distribuzione di odorizzante per gas naturale, devono essere definiti per iscritto in tutte le loro condizioni e termini, e rispettare quanto indicato ai successivi punti;
3. nei contratti con tutte le terze parti (agenzie, consulenti, distributori ecc.) deve essere contenuta apposita clausola che regoli le conseguenze della violazione da parte degli stessi delle norme di cui al Modello;
4. le agenzie o il loro referenti, i fornitori, i distributori e, in generale, le terze parti devono essere scelti con metodi trasparenti e secondo criteri qualitativi e quantitativi predefiniti;
5. coloro che svolgono una funzione di controllo e supervisione su adempimenti connessi all’espletamento delle suddette attività devono porre particolare attenzione sull’attuazione degli adempimenti stessi e riferire immediatamente all’Organismo di Vigilanza eventuali situazioni di irregolarità o anomalie.
Su qualsiasi operazione realizzata dai soggetti sopra indicati e valutata potenzialmente a rischio di commissione di reati, l’OdV avrà facoltà di effettuare i controlli ritenuti più opportuni, dei quali dovrà essere fornita evidenza scritta.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI AZIENDALI NELLE AREE A RISCHIO DI REATO
Come detto, le attività sensibili sopra richiamate, possono dare luogo al rischio di commissione del reato di corruzione tra privati e del reato di istigazione alla corruzione tra privati. Elemento essenziale dei presidi organizzativi volti a prevenire il rischio di commissione di tali reati, è costituito da un set di procedure adottate dalla Società. Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta più procedure a presidio della commissione del reato di corruzione tra privati e del reato di istigazione alla corruzione tra privati. L’elenco delle procedure all’interno delle quali sono declinati i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative di un illecito
è disponibile all’interno dell’Allegato 13 “PROCEDURE CHE DECLINANO LE CAUTELE GENERALI E LE CAUTELE PROCEDIMENTALI”.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente: gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi.
attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni. tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza.
In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, delle possibili modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione del reato di corruzione tra privati e del reato di istigazione alla corruzione tra privati, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello. Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche.
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio.
Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo per le suddette aree a rischio sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali: Direttore Generale, Direttore Finanziario, Direttore Amministrativo, Direttore Commerciale, Direttore Produzione, Direttore Settori, Direttore Ingegneria, Direttore Acquisti, Direttore Sviluppo Organizzazione e Competenze, HRBP, Responsabile dell’Ufficio Affari Legali, Responsabile Aff. Societari e Uff. Legale Soc. Gruppo, Responsabile QSAE.
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione del reato di Corruzione tra Privati ed Istigazione alla Corruzione tra Privati, lo stesso è tenuto a:
verificare il rispetto da parte dei Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in essere al fine di prevenire il rischio di commissione del reato di Corruzione tra Privati ed Istigazione alla Corruzione tra Privati;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società. Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia alla lettura della relativa procedura
Capitolo IV
Delitti di criminalità organizzata
1. I REATI DI CUI ALL’ART. 24 TER DEL D. LGS. N. 231/2001
L’art. 24-ter è stato introdotto, nel D. Lgs. 231/2001, dall’art. 2, comma 29, della l. 15 luglio 2009, n. 94 (il cd. “pacchetto sicurezza”), ed eleva i delitti riconducibili alla macrocategoria della criminalità organizzata a reati-presupposto della responsabilità dell’ente. Nel dettaglio, i reati-presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente sono:
• l’art. 416 c.p.: associazione per delinquere finalizzata:
1) alla riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.);
2) alla tratta di persone (art. 601 c.p.);
3) all’acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.);
4) ai reati concernenti le violazioni delle disposizioni in materia di immigrazione clandestina (art. 12 d. lgs. 286/1998);
• art. 416-bis c.p.: associazione per delinquere di stampo mafioso anche straniera;
• art. 630 c.p.: sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
• delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis (intendendosi per tali tutti i delitti commessi avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri); delitti commessi al fine di agevolare l’attività della associazioni previste dall’art. 416-bis c.p.;
• art. 74 d.P.R. 309/1990: associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti o psicotrope.
In relazione alla commissione di tali reati, si applica all’ente la sanzione pecuniaria dal 400 a 1.000 quote.
Sanzioni pecuniarie da 300 a 800 quote sono previste per i delitti di cui:
• all’art. 416 c.p., ad esclusione del comma 6;
• agli artt. 407, comma 2, lett. a), n. 5 c.p.p., relativi alla illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo, escluse quelle previste dall’art. 2, comma 3, l. 110/1975.
Per tutti i delitti sinora indicati, si applica all’ente una delle misure interdittive previste dall’art. 9, comma 2, D Lgs. 231/2001, per una durata non inferiore ad un anno. Si applica, infine, la sanzione interdittiva definitiva dall’esercizio dell’attività, di cui all’art. 16, comma 3, d. lgs. cit., quando l’ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato all’unico o prevalente scopo di commettere i reati suindicati.
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nel precedente paragrafo 1. A tal fine, tutti i Destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti.
Per questo motivo sono stati individuati: a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”; b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello; c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo, monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3. LE AREE POTENZIALMENTE “A RISCHIO REATO” E LE ATTIVITÀ “SENSIBILI”
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk mapping, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa ed aziendale di CPL:
➢ le aree considerate “a rischio reato”, ovvero dei settori e/o dei processi aziendali rispetto ai quali è stato ritenuto astrattamente sussistente il rischio di commissione dei reati di criminalità organizzata;
➢ nell’ambito di ciascuna area “a rischio reato”, sono state individuate le relative attività c.d. “sensibili”, ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati in questione;
➢ le funzioni/ruoli aziendali coinvolti nell’esecuzione di tali attività “sensibili” e che, astrattamente, potrebbero commettere i reati di criminalità organizzata sebbene tale individuazione dei ruoli/funzioni non debba considerarsi, in ogni caso, tassativa atteso che ciascun soggetto individuato nelle procedure potrebbe in linea teorica essere coinvolto a titolo di concorso;
➢ in via esemplificativa, i principali controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree “a rischio reato" oltre alle regole definite nel Modello di organizzazione, gestione e controllo e nei suoi protocolli (sistema procuratorio, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Sulla base di un’analisi delle principali attività svolte da CPL, sono state individuate le seguenti aree a rischio di commissione dei reati indicati al paragrafo 1:
• Gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione
• Gestione della contrattualistica e del contenzioso
• Gestione degli adempimenti societari
• Approvvigionamento beni e servizi
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza
• Gestione del personale
• Gestione delle attività commerciali
• Gestione delle commesse
Costituiscono situazioni di particolare attenzione nell’ambito delle suddette aree di attività a rischio:
• Gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione:
- Richiesta di finanziamenti destinati alla formazione
- Predisposizione del piano di formazione e aggiornamento dello stesso
- Gestione finanziamenti destinati alla formazione
- Gestione dei rapporti con Enti Pubblici: stipula rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione
- Rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di p.s. in occasione di partecipazione a gare
- Rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio in occasione delle trattative economiche o di adempimenti per ottenere e/o rinnovare provvedimenti, autorizzazioni, licenze (ad es. rapporti con Agenzia delle Entrate, Ministero della ricerca e dello sviluppo)
- Rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio in occasione di gestione di ispezioni, verifiche ed accertamenti effettuate da soggetti pubblici (es. GdF, AdE, INPS, Ispettorato del Lavoro, INAIL, VVF, ARPA, Garante per la protezione dei dati personali)
- Rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio nell’attività di gestione dei contenziosi con la Pubblica Amministrazione
- Gestione delle attività di recupero dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione
- Gestione di contributi, finanziamenti, mutui
agevolati o altre erogazioni da enti pubblici (quali ad esempio bandi finanziati per la formazione, conto termico, bonus 110% etc.)
- Gestione degli omaggi alla Pubblica Amministrazione
- Richieste di agevolazioni fiscali
- Gestione dei rapporti con la dogana per l’importazione o esportazione dei prodotti
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione dei rischi ambientali:
- Gestione degli obblighi e adempimenti in materia ambientale
- Attività di gestione dei rifiuti
- Attività connesse alla gestione delle acque reflue e scarichi idrici
- Attività connesse alla gestione delle emissioni in atmosfera
- Gestione degli adempimenti e delle attività connesse alla bonifica a seguito di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il suolo, sottosuolo, le acque superficiali e/o le acque sotterranee
- Gestione amianto
- Prevenzione e gestione delle situazioni di emergenza (incendi interni o esterni all’azienda, esplosioni, perdite odorizzanti, eventi che coinvolgono merci pericolose, mancanza di energia elettrica, terremoti, esondazioni, condizioni metereologiche estreme)
- Attività di formazione
• Gestione della contrattualistica e del contenzioso:
- Gestione dei contenziosi stragiudiziali
- Selezione di consulenti legali e monitoraggio delle relative attività in relazione all’andamento del procedimento
- Gestione dei contenziosi giudiziali
- Gestione delle gare pubbliche
- Gestione delle attività contrattuali
- Gestione dei contratti per la fornitura di beni e/o servizi alla pubblica amministrazione
- Gestione delle attività di recupero dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione
- Gestione dei contratti di service infragruppo
• Gestione degli adempimenti societari:
- Gestione della governance societaria
- Gestione degli atti del Consiglio di Amministrazione e dell’Assemblea
- Gestione dei rapporti con Collegio Sindacale e con la Società di Revisione
- Gestione dell’informativa finanziaria
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Approvvigionamento beni e servizi:
- Gestione del fabbisogno di acquisto
- Selezione, qualifica e monitoraggio dei fornitori di beni, lavori e servizi
- Selezione e qualificazione dei fornitori (consulenti/valutatori per l’accreditamento fornitori) e gestione anagrafica fornitori
- Negoziazione e stipula dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi
- Gestione dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi
- Gestione ed emissione degli ordini di acquisto
- Accertamento dell’effettiva esecuzione delle forniture
- Gestione importazioni/esportazioni merci
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza:
- Gestione di sponsorizzazioni e di liberalità ad associazioni ed enti
- Gestione degli atti di liberalità in favore di pubbliche amministrazioni
- Gestione delle spese di rappresentanza, delle ospitalità e degli omaggi
- Realizzazione di eventi cui vengono invitati soggetti appartenenti alla Pubblica Amministrazione
- Finanziamento da parte della Società di eventi, manifestazioni di carattere politico
• Gestione del personale:
- Attività di ricerca, selezione e assunzione di personale
- Obbligo di assunzione di soggetti appartenenti alle categorie protette
- Gestione dei rapporti con le agenzie esterne di selezione del personale, head hunter, in merito alla selezione, assunzione ed impiego del personale
- Gestione note spese del personale
- Gestione adempimenti previdenziali e pagamento contributi
- Attività di richiesta di finanziamenti per l’erogazione di attività di formazione del personale
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle attività commerciali:
- Gestione della partecipazione a gare pubbliche
- Gestione dei contratti per la fornitura di beni e servizi alla Pubblica Amministrazione
- Negoziazione di contratti di appalto di servizi
- Gestione delle attività di promozione e commercializzazione dei prodotti di CPL
- Gestione delle attività di marketing operativo
- Gestione delle attività di marketing strategico
- Gestione dei rapporti con la SIAE
- Negoziazione delle condizioni di vendita (quali: prezzo, pagamento, penali, ecc.) dei prodotti di CPL
- Gestione dell’anagrafica dei clienti
- Gestione contratti di vendita di beni e/o servizi (predisposizione, sottoscrizione, archiviazione, ecc.)
- Gestione del credito verso clienti
- Gestione resi/reclami
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle commesse:
- Gestione delle trattative economiche concernenti la richiesta di autorizzazioni, licenze, concessioni
- Gestione della partecipazione a gare pubbliche
- Gestione dei contratti per la fornitura di beni e servizi alla Pubblica Amministrazione
- Negoziazione di contratti di appalto di servizi
- Negoziazione delle condizioni di vendita (quali: prezzo, pagamento, penali, ecc.) dei prodotti di CPL
- Gestione dell’anagrafica dei clienti
- Gestione dei contratti di vendita di beni e/o servizi (predisposizione, sottoscrizione, archiviazione, ecc.)
- Gestione del credito verso clienti
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
4. I PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Al fine di prevenire ed impedire il verificarsi dei reati individuati al precedente paragrafo 1 e ritenuti rilevanti per CPL, ai Destinatari coinvolti nello svolgimento delle attività sensibili in cui si articolano le aree a Rischio Reato individuate, fermo restando quanto indicato nel successivo paragrafo 5 e dalle procedure esistenti, è fatto divieto di:
- porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali da integrare le fattispecie di reati di criminalità organizzata; - porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti, i quali, sebbene risultino tali da non costituire di per sé reato, possano potenzialmente diventarlo;
- di sottostare a richieste estorsive di qualsiasi tipo (pizzo, messa a posto, offerte ecc.), da chiunque formulate; il prestatore di lavoro è in ogni caso tenuto ad informare l’autorità di polizia.
E’, inoltre, necessario:
- che tutte le attività e le operazioni svolte per conto di CPL – ivi incluso per ciò che attiene i contatti relativi a rapporti con società del Gruppo - siano improntate al massimo rispetto delle leggi vigenti, nonché dei principi di correttezza, trasparenza,
buona fede e tracciabilità della documentazione; - che sia rispettato il principio di separazione di ruoli e responsabilità nelle fasi dei processi;
- che sia assicurata la massima rispondenza tra i comportamenti effettivi e quelli richiesti dalle procedure interne, prestando una particolare attenzione per ciò che concerne lo svolgimento delle attività “sensibili” nell’aree ‘‘a rischio reato” indicate; - nel caso di attentati ai beni aziendali o di minacce, informare immediatamente le autorità di polizia, fornendo senza reticenza e con pieno spirito di collaborazione, tutte le informazioni e le notizie possedute, non solo in relazione agli eventi lesivi specifici, ma anche in ordine ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini; - che coloro che svolgono una funzione di controllo e supervisione in ordine agli adempimenti connessi all’espletamento delle suddette attività ‘’sensibili’’ pongano particolare attenzione all’attuazione degli adempimenti stessi e riferiscano immediatamente all’Organismo di Vigilanza eventuali situazioni di irregolarità. Inoltre, ai fini dell’attuazione dei comportamenti di cui sopra la Società; 1. ha provveduto all'inserimento nel Codice Etico adottato, di specifiche previsioni riguardanti i reati di criminalità organizzata; 2. ha previsto sanzioni in caso di violazione del Modello anche con riferimento alle fattispecie di cui alla presente Parte Speciale;
3. pianifica e svolge una adeguata attività di comunicazione e formazione sui contenuti del Codice Etico e del Modello di organizzazione, gestione e controllo, che prevede tra gli altri, la diffusione di conoscenze e notizie sulle forme di criminalità eventualmente presenti sul territorio, e l'aggiornamento sull'evoluzione dei rischi di inquinamento criminalità ed educazione alla legalità;
4. ha previsto specifici controlli sulla selezione dei fornitori anche ove essi svolgano attività per cui sono richiesti permessi, autorizzazione o licenze;
5. ha introdotto regole precise in tema transazioni finanziarie che prevedano specifici controlli in cui si garantisca la rintracciabilità degli stessi.
Su qualsiasi operazione realizzata dai soggetti sopra indicati e valutata potenzialmente a rischio di commissione di reati, l’Organismo di Vigilanza avrà facoltà di
effettuare i controlli ritenuti più opportuni, dei quali dovrà essere fornita evidenza scritta.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI AZIENDALI NELLE AREE A RISCHIO DI REATO
Come detto, le attività sensibili sopra richiamate, possono dare luogo al rischio di commissione dei reati di criminalità organizzata.
Elemento essenziale dei presidi organizzativi volti a prevenire il rischio di commissione di tali reati, è costituito da un set di procedure adottate dalla Società. Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta più procedure a presidio della commissione dei delitti di criminalità organizzata. L’elenco delle procedure all’interno delle quali sono declinati i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative di un illecito è disponibile all’interno dell’Allegato 13 “PROCEDURE CHE DECLINANO LE CAUTELE GENERALI E LE CAUTELE PROCEDIMENTALI”.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente: gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi.
attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni. tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni
operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza.
In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, delle possibili modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione dei delitti di criminalità organizzata, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello. Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche.
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio. Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo per le suddette aree a rischio sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali: Direttore Generale, Direttore Finanziario, Direttore Amministrativo, Direttore Commerciale, Direttore Produzione, Direttore Settori, Direttore Ingegneria, Direttore Acquisti, Direttore Sviluppo Org.ne e Competenze, HRBP, Responsabile dell’Ufficio Affari Legali, Responsabile Aff. Societari e Uff. Legale Soc. Gruppo, Responsabile QSAE, RSPP, Resp. Tecnico Serv. Ispettivo.
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione dei reati di Criminalità Organizzata, lo stesso è tenuto a:
verificare il rispetto da parte dei Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in essere al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati Criminalità Organizzata;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società. Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia a quanto previsto dalle istruzioni interne in tema di flussi informativi.
Capitolo V
I Reati di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita - delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti e trasferimento fraudolento di valori
1. I REATI DI CUI ALL’ART. 25 OCTIES E ALL’ART. 25 OCTIES.1. DEL D. LGS. N. 231/2001
Il Decreto Legislativo 21 novembre 2007 n. 23, ha introdotto nel D. Lgs. 231/2001 l’art. 25octies, successivamente modificato dalla L. n. 186/2014. Il testo delle fattispecie dallo stesso previste è stato modificato dal Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 195, attuativo della direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante diritto penale.
Inoltre, il Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 184, in attuazione della direttiva (UE) 2019/713 relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti, ha, tra le altre cose, inserito l’art. 25-octies.1 tra le fattispecie di reato presupposto del D. Lgs. 231/2001 recante “Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti”.
Da ultimo, la Legge 9 ottobre 2023, n. 137 (che ha convertito con modifiche il D.L. n. 105/2023) ha modificato l’art. 25-octies 1 del D. Lgs. 231/2001, inserendo all’interno dello stesso il reato di “Trasferimento fraudolento di valori”, di cui all’art. 512-bis c.p., così come aggiornato con D.L. 2 marzo 2024, n. 19. Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità, delle caratteristiche e del business della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni: Ricettazione (art. 648 c.p.)
“Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da € 516,00 a € 10.329,00. La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell’articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell’articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis).
La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa da € 300,00 a € 6.000,00 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con
55 La ricettazione può realizzarsi anche mediante l’intromissione nell’acquisto, nella ricezione o nell’occultamento della cosa. Tale condotta si
l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.
La pena è aumentata se il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.
Se il fatto è di particolare tenuità, si applica la pena della reclusione sino a sei anni e della multa sino a € 1.000,00 nel caso di denaro o cose provenienti da delitto e la pena della reclusione sino a tre anni e della multa sino a € 800,00 nel caso di denaro o cose provenienti da contravvenzione.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore del reato da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale reato.” * * *
La norma ha lo scopo di impedire il perpetrarsi della lesione di interessi patrimoniali, iniziata con la consumazione del reato principale, nonché di evitare la commissione dei reati principali, come conseguenza dei limiti posti alla circolazione dei beni provenienti dai reati medesimi. Per “acquisto” deve intendersi l’effetto di un’attività negoziale, a titolo gratuito od oneroso, mediante la quale l’agente consegue il possesso del bene. Il termine “ricevere” sta ad indicare ogni forma di conseguimento del possesso del bene proveniente dal delitto, anche se solo temporaneamente o per mera compiacenza. Per “occultamento” deve intendersi il nascondimento del bene, dopo averlo ricevuto, proveniente dal delitto 55 . È evidente che, data la sua struttura, il reato di ricettazione può essere realizzato in molte attività aziendali e a più livelli organizzativi. 56 Riciclaggio (art. 648-bis c.p.)
“Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da € 5.000,00 a € 25.000,00.
La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da € 2.500,00 a € 12.500,00 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con
esteriorizza in ogni attività di mediazione tra l’autore del reato principale e il terzo acquirente.
56 Sicuramente, tra i settori maggiormente esposti al rischio di consumazione vi sono il settore acquisti.
l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.
La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica l’ultimo comma dell'articolo 648.” * * *
Lo scopo della norma è quello di impedire che gli autori dei reati possano far fruttare i capitali illegalmente acquisiti, rimettendoli in circolazione come capitali ormai “depurati” e, perciò, investibili anche in attività economiche produttive lecite. Nella struttura del reato, per “sostituzione” si intende la condotta consistente nel rimpiazzare il denaro, i beni o le altre utilità di provenienza illecita con valori diversi. Il “trasferimento” consiste nella condotta tendente a ripulire il denaro, i beni o le altre utilità mediante il compimento di atti negoziali. Le “operazioni idonee ad ostacolare l’identificazione dell’illecita provenienza” possono essere considerate quelle in grado di intralciare l’accertamento, da parte dell’autorità giudiziaria, della provenienza delittuosa dei valori provenienti dal reato 57 .
Normalmente, il reato di riciclaggio viene compiuto non solo per sostituire denaro proveniente da attività illecite, ma, soprattutto, per attribuire una “paternità legale” a somme il cui possesso deriva da reati dolosi.
Schematicamente, il processo di riciclaggio si realizza come segue: collocamento, cioè l’immissione nel mercato dei capitali dei proventi del reato ed il contestuale deposito di questi presso banche o intermediari finanziari, compiendo una serie di operazioni di deposito, trasferimento, cambio, acquisto di strumenti finanziari o altri beni. Si tratta di una fase che mira a cambiare la forma del denaro, attraverso l’eliminazione del denaro contante proveniente da attività illecite mediante la sua sostituzione con il cosiddetto “denaro scritturale”, cioè il
saldo attivo dei rapporti instaurati presso gli intermediari finanziari;
ripulitura, cioè il cosiddetto “lavaggio” dei proventi illeciti, in modo da rimuovere ogni legame tra i fondi riciclati e l’attività criminale. Tale attività, volta ad occultare la vera proprietà del denaro e a far perdere le tracce eventualmente lasciate, si sostanzia in trasferimenti (normalmente più di uno) e riconversioni del “denaro scritturale” in denaro contante, per il tramite di più vie di flusso, in modo da diversificare il rischio;
reimpiego, cioè la reimmissione del denaro ripulito nel circuito legale dei capitali.
Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.)
“Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da € 5.000,00 a € 25.000,00.
La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da € 2.500,00 a € 12.500,00 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.
La pena è diminuita nell’ipotesi di cui al quarto comma dell’articolo 648. Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.” * * *
La previsione risponde ad una duplice finalità: impedire che il c.d. “denaro sporco”, frutto dell’illecita accumulazione, venga trasformato in denaro pulito e fare in modo che il capitale, pur così emendato dal vizio di origine, non trovi un legittimo impiego. Per la realizzazione della fattispecie occorre che, quale elemento qualificante rispetto alle altre figure citate, siano impiegati capitali di provenienza illecita in attività economiche o finanziarie.
57 Le attività aziendali esposte a rischio per questa tipologia di reato sono diverse, anche se maggiore
attenzione dovrà essere rivolta ai settori delle vendite e amministrativo-finanziario
Con il termine “impiegare” si intende un investimento a fini di profitto 58 Autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.)
“Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da € 5.000,00 a € 25.000,00 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa da € 2.500,00 a € 12.500,00 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.
La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all’articolo 416-bis.1.
Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.
La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.
La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.” * * *
Oggetto delle condotte vietate dalla norma sono “il denaro, i beni e le altre utilità”. Tali beni devono provenire dalla commissione di un “delitto non colposo”.
La norma dettaglia le condotte penalmente rilevanti. Il dettato normativo fa riferimento ai concetti di “impiegare, sostituire e
trasferire”. In linea generale, il concetto di “impiego” allude a qualsiasi forma di reimmissione delle disponibilità di provenienza dal reato nel circuito economico; il concetto di “sostituzione” e “trasferimento” sottintendono ulteriori modalità attraverso le quali il reo ostacola l’identificazione della provenienza illecita dei beni. In sostanza, la condotta punita dalla norma si può concretizzare in qualsiasi modalità idonea a generare l’impossibilità o anche soltanto un ritardo nell’identificazione della provenienza illecita del bene.
Il trasferimento o la sostituzione penalmente rilevanti sono quei comportamenti che comportino un mutamento della formale titolarità del bene o delle disponibilità dello stesso o che diano, altresì, luogo ad un’utilizzazione non più personale.
Va precisato che i beni provenienti dall’attività illecita, al fine di realizzare il reato di auto-riciclaggio, devono essere tassativamente conferiti in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative.
Un esempio di realizzazione del reato si potrebbe avere laddove, tramite l’utilizzo di fondi illeciti, l’Ente acquistasse immobili (magazzini, ecc.) destinati all’esercizio della propria attività di business.
* * *
Il Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 184, in attuazione della direttiva (UE) 2019/713 relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti, ha, tra le altre cose, inserito l’art. 25-octies.1 tra le fattispecie di reato presupposto del D. Lgs. 231/2001 recante “Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti”.
Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità, delle caratteristiche e del business della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni: Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti (art. 493-ter c.p.)
“Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di
58 I settori aziendali maggiormente esposti a rischio per questa tipologia di reato sono tradizionalmente quello commerciale e quello amministrativo-finanziario.
denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, o comunque ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da € 310,00 a € 1.550,00. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera gli strumenti o i documenti di cui al primo periodo, ovvero possiede, cede o acquisisce tali strumenti o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi. In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto. Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al secondo comma, nel corso delle operazioni di polizia giudiziaria, sono affidati dall’autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta.”
La norma prevede tre autonome e diverse forme di abuso: a) l’utilizzo indebito, cioè senza esserne titolare, di carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi o comunque ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti al fine di trarne profitto per sé o per altri; con riguardo a tale fattispecie si sottolinea che (i) il loro materiale possesso non costituisce un presupposto necessario per l’integrazione del reato, essendo sufficiente che il soggetto agente, attraverso l’immissione dei dati ricognitivi e operativi di una valida carta di credito altrui di cui non ha la materiale disponibilità, effettui delle transazioni non autorizzate dal titolare; (ii) l’utilizzo della carta è indebito quando manca il consenso del titolare o sono violate le prescrizioni e le modalità d’impiego stabilite dall’emittente o dall’ente erogatore; b) la falsificazione o l’alterazione di carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di
denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi o comunque ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti, al fine di trarne profitto per sé o per altri;
c) possedere, cedere o acquistare tali strumenti di pagamento diverso dai contanti o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi, al fine di trarne profitto per sé o per altri. Occorre inoltre rilevare che tale reato non si configura nel caso in cui un dipendente utilizza una carta di credito aziendale per effettuare spese personali, diverse da quelle consentitegli, posto che, in tal caso, il soggetto agente è titolare della stessa in considerazione del possesso della stessa e del relativo PIN, e ne può disporre senza alcuna ingerenza da parte dell’intestatario, a prescindere dal dato formale che la tessera fosse intestata ad una società (Cass. II, n. 7910/2017).
In dottrina e giurisprudenza si ritiene che i delitti previsti dalla norma in commento si caratterizzino per la plurioffensività in quanto lesivi non solo del patrimonio individuale, ma anche di interessi afferenti la categoria dell’ordine pubblico o economico e della fede pubblica (cfr. Cass. I, n. 11937/2006; Cass. VI, n. 29821/2012).
Trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.)
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648 bis e 648 ter, è punito con la reclusione da due a sei anni.
La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi, al fine di eludere le disposizioni in materia di documentazione antimafia, attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità di imprese, quote societarie o azioni ovvero di cariche sociali, qualora l'imprenditore o la società partecipi a procedure di aggiudicazione o di esecuzione di appalti o di concessioni”. Con l'inserimento della presente norma il legislatore ha inteso sanzionare penalmente la condotta fraudolenta di chi trasferisca fittiziamente ad altri denaro od altri beni al fine di elidere l'applicazione della confisca (art. 240) e degli altri mezzi di prevenzione
patrimoniale, ovvero al fine di agevolare la commissione dei delitti di ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio.
Trattasi chiaramente di norma di chiusura, corredata oltretutto da clausola di sussidiarietà espressa ("salvo che il fatto costituisca più grave reato"), destinata a coprire la condotta di chi non trasferisca effettivamente la titolarità dei beni o del denaro, ma lo faccia fittiziamente, continuando dunque ad avere la disponibilità materiale degli stessi e continuando dunque a goderne.
Considerato che l'intestatario fittizio non viene punito dalla norma, si desume che essa configuri un'ipotesi di fattispecie plurisoggettiva impropria, dato che per la configurabilità del delitto è necessaria la collaborazione di un terzo il quale, tuttavia, per scelta legislativa, non viene punito. La giurisprudenza ha tentato di colmare la lacuna, prevedendo la punibilità del falso intestatario ai sensi dell'articolo 110, non trovando però rispondenza nella dottrina, dato che l'intenzione del legislatore è stata quella di omettere specificatamente la previsione.
Si precisa che il delitto è integrato anche in presenza di condotte aventi ad oggetto beni non provenienti da delitto (Cass, pen., Sez. II, Sentenza n. 28300 del 28 giugno 2019).
A titolo esemplificativo, integra il reato di cui all’art. 512-bis c.p. la nomina fittizia di un prestanome come amministratore di una società, al quale sia attribuita la titolarità del conto corrente bancario della società, con potere di disporre delle risorse della medesima, così come l'acquisizione della titolarità di fatto di parte delle quote societarie di un terzo.
Frode informatica aggravata dalla realizzazione di un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale (art. 640-ter c.p.)
“Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo
640, ovvero se il fatto produce un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale o è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.
La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o taluna delle circostanze previste dall'articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all'aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all'età, e numero 7.”. * * *
Questa ipotesi di reato si configura nel caso in cui, alterando il funzionamento di un sistema informatico o telematico, manipolando o duplicando i dati in esso contenuti, si ottenga un ingiusto profitto arrecando danno allo Stato o ad altro ente pubblico.
La condotta si realizza anche tramite l’alterazione di sistemi informatici per la successiva produzione di documenti attestanti fatti o circostanze inesistenti o, ancora, per modificare dati fiscali o previdenziali di interesse della Società già trasmessi alla Pubblica Amministrazione. Una specifica modalità di frode informatica è anche quella denominata phishing, che consiste in un fenomeno di ingegneria sociale volto al furto d'identità che trae origine dall'invio casuale di messaggi di posta elettronica (e-mail) che riproducono la grafica e i loghi ufficiali di siti aziendali o istituzionali come quelli postali o bancari, ad un elevato numero di destinatari (tecnica denominata “spamming”). Sul tema, la Cassazione è intervenuta con riferimento al caso di false comunicazioni, richiedenti con l'inganno la cessione di dati personali, da parte di un sito clone di Poste Italiane. In quest'occasione, la Corte ha affermato il principio secondo il quale «integra il reato di frode informatica, e non già soltanto quello di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, la condotta di introduzione nel sistema informatico delle Poste italiane S.p.A. mediante l'abusiva utilizzazione dei codici di accesso personale di un correntista e di trasferimento fraudolento, in proprio favore, di somme di
denaro depositate sul conto corrente del predetto» (C., Sez. II, 24.2.2011).
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nel precedente paragrafo 1. A tal fine, tutti i Destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti.
Per questo motivo sono stati individuati: a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”; b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello; c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo, monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3. LE AREE POTENZIALMENTE "A RISCHIO REATO" E LE ATTIVITÀ “SENSIBILI”
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk mapping, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa ed aziendale di CPL:
➢ le aree considerate “a rischio reato”, ovvero dei settori e/o dei processi aziendali rispetto ai quali è stato ritenuto astrattamente sussistente il rischio di commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti;
➢ nell’ambito di ciascuna area “a rischio reato”, sono state individuate le relative attività c.d. “sensibili”, ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati in questione;
➢ le funzioni/ruoli aziendali coinvolti nell’esecuzione di tali attività “sensibili” e che, astrattamente, potrebbero commettere i reati di criminalità organizzata sebbene tale individuazione dei ruoli/funzioni non debba considerarsi, in ogni caso, tassativa atteso che ciascun soggetto individuato
nelle procedure potrebbe in linea teorica essere coinvolto a titolo di concorso; ➢ in via esemplificativa, i principali controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree “a rischio reato" oltre alle regole definite nel Modello di organizzazione, gestione e controllo e nei suoi protocolli (sistema procuratorio, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Sulla base di un’analisi delle principali attività svolte da CPL, sono state individuate le seguenti aree a rischio di commissione dei reati indicati al paragrafo 1:
• Gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione
• Gestione della contrattualistica e del contenzioso
• Gestione degli adempimenti societari
• Gestione amministrativo-contabile e Controllo di Gestione
• Gestione della fiscalità
• Gestione delle operazioni straordinarie
• Gestione cespiti
• Gestione magazzino
• Approvvigionamento beni e servizi
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza
• Gestione delle attività commerciali
• Gestione delle commesse
Costituiscono situazioni di particolare attenzione nell’ambito delle suddette aree di attività a rischio:
• Gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione
- Gestione finanziamenti destinati alla formazione
- Gestione dei rapporti con Enti Pubblici: stipula rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione
- Rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio in occasione delle trattative economiche o di adempimenti per ottenere e/o rinnovare provvedimenti, autorizzazioni, licenze (ad es.
rapporti con Agenzia delle Entrate, Ministero della ricerca e dello sviluppo)
- Gestione delle attività di recupero dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione
- Gestione di contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni da enti pubblici (quali ad esempio bandi finanziati per la formazione, conto termico, bonus 110% etc.)
- Gestione degli omaggi alla Pubblica Amministrazione
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione della contrattualistica e del contenzioso
- Gestione dei contenziosi stragiudiziali
- Gestione delle attività contrattuali
- Gestione delle attività di recupero dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione
- Gestione dei contratti di service infragruppo
• Gestione degli adempimenti societari
- Gestione della governance societaria
- Gestione degli atti del Consiglio di Amministrazione e dell’Assemblea
- Gestione dei rapporti con Collegio Sindacale e con la Società di Revisione
- Gestione dell’informativa finanziaria
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione amministrativo-contabile e Controllo di Gestione
- Gestione della contabilità generale
- Gestione contabilità clienti
- Gestione contabilità fornitori
- Gestione contabilità cespiti
- Gestione contabilità di magazzino
- Gestione delle attività di predisposizione del bilancio di esercizio e delle relazioni periodiche relative alla situazione economica e finanziaria della società
- Valorizzazione delle singole poste di bilancio
- Gestione dei rapporti con il consulente esterno per la predisposizione del bilancio (o di sue singole poste)
- Gestione della chiusura di bilancio
- Gestione delle attività di pianificazione e controllo
- Gestione e approvazione degli extra-budget
- Gestione della piccola cassa
- Gestione operazioni infragruppo
- Gestione incassi e pagamenti
• Gestione della fiscalità
- Monitoraggio degli aggiornamenti normativi in ambito fiscale
- Gestione e monitoraggio del calendario fiscale
- Gestione delle attività di determinazione e liquidazione delle imposte dirette e indirette
- Gestione della compilazione e dell'invio telematico delle dichiarazioni
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle operazioni straordinarie
- Identificazione delle operazioni, negoziazione e
stipula dei relativi contratti e successiva realizzazione
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione cespiti
- Negoziazione, autorizzazione e gestione delle operazioni relative ai cespiti
• Gestione magazzino
- Gestione dei flussi logistici di magazzino
• Approvvigionamento beni e servizi
- Gestione del fabbisogno di acquisto
- Negoziazione e stipula dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi
- Gestione dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi
- Gestione ed emissione degli ordini di acquisto
- Accertamento dell’effettiva esecuzione delle forniture
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza
- Gestione di sponsorizzazioni e di liberalità ad associazioni ed enti
- Gestione degli atti di liberalità in favore di pubbliche amministrazioni
- Gestione delle spese di rappresentanza, delle ospitalità e degli omaggi
- Realizzazione di eventi cui vengono invitati soggetti appartenenti alla Pubblica Amministrazione
- Finanziamento da parte della Società di eventi,
manifestazioni di carattere politico
• Gestione delle attività commerciali
- Gestione della partecipazione a gare pubbliche
- Negoziazione di contratti di appalto di servizi
- Gestione delle attività di marketing operativo
- Gestione delle attività di marketing strategico
- Negoziazione delle condizioni di vendita (quali: prezzo, pagamento, penali, ecc.) dei prodotti di CPL
- Gestione contratti di vendita di beni e/o servizi (predisposizione, sottoscrizione, archiviazione, ecc.)
- Gestione del credito verso clienti
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle commesse
- Gestione delle trattative economiche concernenti la richiesta di autorizzazioni, licenze, concessioni
- Gestione dei contratti per la fornitura di beni e servizi alla Pubblica Amministrazione
- Negoziazione di contratti di appalto di servizi
- Negoziazione delle condizioni di vendita (quali: prezzo, pagamento, penali, ecc.) dei prodotti di CPL
- Gestione dell’anagrafica dei clienti.
- Gestione del credito verso clienti
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
4. I PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Al fine di prevenire ed impedire il verificarsi dei reati individuati al precedente paragrafo 1 e ritenuti rilevanti per CPL, ai Destinatari coinvolti nello svolgimento delle attività sensibili in cui si articolano le aree a Rischio Reato individuate, fermo restando quanto indicato nel successivo paragrafo 5 e dalle procedure esistenti, è fatto obbligo di: 1. rispettare le previsioni contenute nel Codice Etico e nel Modello; 2. rispettare le procedure ed i protocolli interni che disciplinano specificamente i comportamenti che i medesimi devono tenere per evitare la commissione delle fattispecie criminose di cui al precedente paragrafo.
Ai Destinatari è fatto espresso obbligo di:
- evitare di attuare comportamenti che possano anche solo potenzialmente integrare i reati riportati al precedente paragrafo;
- tenere un comportamento corretto, trasparente e collaborativo, nel rispetto delle norme di legge e delle procedure aziendali;
- osservare con la massima diligenza e rigore tutte le disposizioni legislativamente previste contro le operazioni antiriciclaggio;
- rispettare il Codice Etico, le norme di comportamento e le procedure previste anche in riferimento ai reati nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e ai reati societari;
- limitare le operazioni di cassa sia per numero che per importo;
- verificare, per quanto di competenza, che le operazioni bancarie siano soggette a specifici, adeguati e periodici controlli delle raccordanze bancarie, dei saldi di cassa e banca, degli scoperti di conto corrente;
- aprire e/o chiudere i conti correnti bancari esclusivamente in presenza di autorizzazioni della funzione competente;
- effettuare tutte le operazioni bancarie con doppia firma, da parte di funzionari autorizzati ed indipendenti dalle funzioni operative;
- effettuare ogni operazione finanziaria in entrata ed in uscita (come, ad esempio, l’emissione ed il rimborso di finanziamenti, ecc.) solo nei confronti di soggetti preventivamente e specificamente identificati;
- eseguire gli acquisti di beni o servizi nel rispetto della procedura in essere in Società; alle operazioni di acquisto deve
sempre far seguito il ricevimento di apposito documento fiscale tra il soggetto che ha fornito il bene o il servizio ed il soggetto che riceve il pagamento.
Inoltre, è assolutamente vietato ai
Destinatari:
1. porre in essere, concorrere in o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, anche solo in astratto o in via potenziale, i reati previsti all’art. 25-octies e all’art. 25octies.1 del D. Lgs. 231/2001;
2. porre in essere comportamenti che, sebbene risultino tali da non costituire di per sé ipotesi di reato, possano esserne il presupposto (ad esempio, mancato controllo) o possano potenzialmente diventare fattispecie di reato.
Al fine di dare corretta esecuzione agli obblighi di condotta sopra indicati, i
Destinatari sono chiamati a verificare l’attendibilità commerciale e professionale dei fornitori e partners commerciali e finanziari sulla base dei seguenti indici rilevanti:
- dati pregiudizievoli pubblici (quali, protesti, procedure concorsuali) o acquisizione di informazioni commerciali sui partners commerciali, sui soci e sugli amministratori anche tramite società specializzate;
- entità del prezzo sproporzionata rispetto ai valori medi di mercato;
- sede legale della controparte (ad es. paradisi fiscali, Paesi a rischio terrorismo, ecc.), istituti di credito utilizzati (sede legale delle banche coinvolte nelle operazioni e istituti che non hanno insediamenti fisici in alcun Paese) e utilizzo di eventuali strutture fiduciarie per transazioni o operazioni straordinarie.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI AZIENDALI NELLE AREE A RISCHIO DI REATO
Come detto, le attività sensibili sopra richiamate, possono dare luogo al rischio di commissione dei reati di cui sopra. Elemento essenziale dei presidi organizzativi volti a prevenire il rischio di commissione di tali reati, è costituito da un set di procedure adottate dalla Società. Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta
più procedure a presidio della commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti. L’elenco delle procedure all’interno delle quali sono declinati i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative di un illecito è disponibile all’interno dell’Allegato 13 “PROCEDURE CHE DECLINANO LE CAUTELE GENERALI E LE CAUTELE PROCEDIMENTALI”.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente: gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi.
attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni. tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza.
In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, delle possibili modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e dei delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello.
Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche.
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio. Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo per le suddette aree a rischio sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali: Direttore Generale, Direttore Finanziario, Direttore Amministrativo, Direttore Commerciale, Direttore Produzione, Direttore Settori, Direttore Ingegneria, Direttore Acquisti, Direttore Sviluppo Org.ne e Competenze, Responsabile dell’Ufficio Affari Legali, Responsabile Aff. Societari e Uff. Legale Soc. Gruppo, Responsabile Soci, Responsabile QSAE
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione dei reati di Riciclaggio e di delitti in materia di Strumenti di Pagamento diversi dai Contanti, lo stesso è tenuto a: verificare il rispetto da parte dei Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in essere al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati di Riciclaggio e di delitti in materia di Strumenti di Pagamento diversi dai Contanti;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società. Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia a quanto previsto dalle istruzioni interne in tema di flussi informativi.
Capitolo VI
I delitti contro l’industria e il commercio
DECRETO
La Legge n. 23/2009 ha introdotto nel D. Lgs. 231/2001 l’art. 25-bis.1, relativo ai delitti contro l’industria ed il commercio.
Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità, delle caratteristiche e del business della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni: Turbata libertà dell’industria o del commercio (art. 513 c.p.)
“Chiunque adopera violenza sulle cose ovvero mezzi fraudolenti per impedire o turbare l’esercizio di un’industria o di un commercio è punito, a querela della persona offesa, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a due anni e con la multa da € 103,00 a € 1.032,00” * * *
La condotta deve essere concretamente idonea a turbare o impedire l’esercizio di un’industria o di un commercio.
L’impedimento può essere anche temporaneo o parziale e può verificarsi anche quando l’attività di impresa non sia ancora iniziata ma sia in preparazione. La turbativa, invece, deve riferirsi ad un’attività già iniziata e deve consistere nell’alterazione del suo regolare e libero svolgimento. Il dolo, secondo opinione praticamente unanime, si configura come specifico, consistente nel fine di impedire o turbare l’attività di impresa.
Va, infine, sottolineato che l’art. 513 c.p. disciplina una figura delittuosa residuale rispetto agli altri delitti previsti nel capo dedicati ai reati contro l’industria ed il commercio in virtù dell’espressa clausola di sussidiarietà, che rende tale disposizione applicabile solo laddove non ricorrano gli estremi di reati più gravi. Illecita concorrenza con minaccia o violenza (art. 513-bis c.p.)
“Chiunque nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale o comunque produttiva, compie atti di concorrenza con violenza o minaccia, è punito con la reclusione da due a sei anni.
La pena è aumentata se gli atti di concorrenza riguardano un’attività finanziata in tutto o in parte ed in qualsiasi modo dallo Stato o da altri enti pubblici”.
Il reato viene posto in essere quando chiunque nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale o comunque
produttiva, compie atti di concorrenza con violenza o minaccia.
Per “minaccia” e “violenza” devono intendersi le tipiche forme di intimidazione che tendono a controllare le attività commerciali, industriali o produttive o, comunque, a condizionarle.
Va rilevato che il delitto in esame è spesso contestato in ogni caso di fraudolenta aggiudicazione di una gara, laddove si ravvisi l’elemento oggettivo nella formazione di un accordo collusivo mirante alla predisposizione di offerte attraverso le quali si realizza un atto di imposizione esterna nella scelta della ditta aggiudicatrice.
Frode nell’esercizio del commercio (art. 515 c.p.)
“Chiunque, nell’esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a € 2.065,00.
Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a € 103,00”.
* * *
La condotta incriminata dalla norma si sostanzia nella consegna di una cosa mobile diversa da quella dichiarata o pattuita per origine, provenienza, qualità o quantità. Per origine o provenienza si intende il luogo di produzione o fabbricazione. Spesso, infatti, la provenienza indica una particolare qualità del bene o, comunque, è in grado di ingenerare nel potenziale acquirente un affidamento che non avrebbe per prodotti di provenienza diversa.
Il reato si configura come proprio, commissibile da chiunque compia gli atti di violenza o minaccia nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale o comunque produttiva.
Per rivestire la qualifica di soggetto attivo non è, comunque, necessario che il soggetto sia imprenditore ai sensi del codice civile, essendo la formula idonea a ricomprendere chiunque svolga attività “produttive”, purché tale attività non sia stata posta in essere una tantum.
Da ultimo, nei casi in cui i prodotti siano soggetti, tra le altre cose, a certificazioni di qualità e di conformità, la messa in vendita
di beni privi delle qualità promesse o dichiarate, nonché recanti certificazioni contraffatte, potrebbe integrare il reato in esame.
Vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.)
“Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell’ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti ad indurre in inganno il compratore sull’origine, provenienza o qualità dell’opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a € 20.000,00”. *
L’art. 517 c.p. prevede due condotte alternative consistenti nel “porre in vendita” ovvero nel “mettere altrimenti in circolazione” prodotti con attitudine ingannatoria.
La prima condotta consiste nell’offerta di un determinato bene a titolo oneroso, mentre la seconda ricomprende qualsiasi forma di messa in contatto della merce con il pubblico.
La condotta di “messa in circolazione” differisce infatti dalla condotta di “messa in vendita” per la sua più ampia estensione. Essa deve riferirsi a qualsivoglia attività finalizzata a fare uscire la res dalla sfera giuridica e di custodia del mero detentore, includendo, quindi, condotte come l’immagazzinamento finalizzato alla distribuzione o la circolazione della merce destinata alla messa in vendita, con esclusione della mera detenzione in locali diversi da quelli della vendita o del deposito prima dell’uscita della merce dalla disponibilità del detentore.
Anche la mera presentazione di prodotti industriali con segni mendaci alla dogana per lo sdoganamento può integrare il delitto in esame.
Di rilevante importanza per l’integrazione degli estremi del delitto è l’attitudine ingannatoria che deve avere il prodotto imitato; in altri termini, il prodotto deve poter trarre in inganno il consumatore di media diligenza, anche se poi non si concretizza il reale danno al consumatore, poiché la fattispecie è di pericolo concreto. Il mendacio ingannevole può cadere anche sulle modalità di presentazione del prodotto, cioè in quel complesso di colori, immagini, fregi, che possono indurre
l’acquirente a falsare il giudizio sulla qualità o la provenienza della merce offerta.
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nel precedente paragrafo 1. A tal fine, tutti i Destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti.
Per questo motivo sono stati individuati: a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”; b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello; c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo, monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3. LE AREE POTENZIALMENTE "A RISCHIO REATO" E LE ATTIVITÀ “SENSIBILI”
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk mapping, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa ed aziendale di CPL:
➢ le aree considerate “a rischio reato”, ovvero dei settori e/o dei processi aziendali rispetto ai quali è stato ritenuto astrattamente sussistente il rischio di commissione dei reati contro l’industria e il commercio;
➢ nell’ambito di ciascuna area “a rischio reato”, sono state individuate le relative attività c.d. “sensibili”, ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati in questione;
➢ le funzioni/ruoli aziendali coinvolti nell’esecuzione di tali attività “sensibili” e che, astrattamente, potrebbero commettere i reati di criminalità organizzata sebbene tale individuazione dei ruoli/funzioni non debba considerarsi, in ogni caso, tassativa atteso che ciascun soggetto individuato nelle procedure potrebbe in linea teorica essere coinvolto a titolo di concorso;
➢ in via esemplificativa, i principali controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree “a rischio reato" oltre alle regole definite nel Modello di organizzazione, gestione e controllo e nei suoi protocolli (sistema procuratorio, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Sulla base di un’analisi delle principali attività svolte da CPL, è stata individuata la seguente area a rischio di commissione dei reati indicati al paragrafo 1:
• Approvvigionamento beni e servizi
Costituiscono situazioni di particolare attenzione nell’ambito della suddetta area a rischio:
• Approvvigionamento beni e servizi
- Gestione del fabbisogno di acquisto
- Negoziazione e stipula dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi
- Gestione dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi
- Gestione ed emissione degli ordini di acquisto
- Accertamento dell’effettiva esecuzione delle forniture
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
4. I PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Al fine di prevenire ed impedire il verificarsi dei reati individuati al precedente paragrafo 1 e ritenuti rilevanti per CPL, ai Destinatari coinvolti nello svolgimento delle attività sensibili in cui si articolano le aree a Rischio Reato individuate, fermo restando quanto indicato nel successivo paragrafo 5 e dalle procedure esistenti, è fatto obbligo di rispettare le norme di legge, del Codice Etico e le regole previste dal presente Modello, con espresso divieto di porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti che realizzino le fattispecie di reato sopra elencate.
Ai Destinatari è fatto espresso obbligo di:
1. rispettare le previsioni contenute nel Codice Etico e nel Modello;
2. rispettare le procedure, le istruzioni, i modelli ed i protocolli interni che disciplinano specificamente i comportamenti che i medesimi devono tenere per evitare la commissione delle fattispecie criminose di cui al precedente paragrafo;
In generale, è assolutamente vietato ai Destinatari:
1. porre in essere, concorrere in o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, anche solo in astratto o in via potenziale, i reati previsti all’art. 25 bis.1 del Decreto;
2. porre in essere o agevolare attività che siano in contrasto con le previsioni del Modello e/o del Codice Etico;
3. porre in essere o agevolare attività che siano in contrasto con le procedure, le policy e le prassi aziendali in materia di controllo della qualità dei prodotti compravenduti;
4. porre in essere comportamenti che, sebbene risultino tali da non costituire di per sé ipotesi di reato, possano esserne il presupposto (ad esempio, mancato controllo) o possano potenzialmente diventare fattispecie di reato; 5. impedire o ostacolare illegittimamente l’esercizio di un’impresa; 6. compiere atti di concorrenza sleale; 7. consegnare ai clienti un prodotto difforme dalle condizioni contrattuali convenute e/o dalle indicazioni riportate negli ordini di vendita e nei documenti di trasporto e tali da indurre in inganno il cliente sulle caratteristiche, qualità o quantità del prodotto compravenduto; 8. tenere comportamenti non conformi alle procedure adottate dalla Società.
Come detto, le attività sensibili sopra richiamate, possono dare luogo al rischio di commissione dei reati contro l’industria e il commercio Elemento essenziale dei presidi organizzativi volti a prevenire il rischio di commissione di tali reati, è costituito da un set di procedure adottate dalla Società.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI AZIENDALI NELLE AREE A RISCHIO DI REATO
Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta più procedure a presidio della commissione dei delitti contro l’industria e il commercio. L’elenco delle procedure all’interno delle quali sono declinati i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative di un illecito è disponibile all’interno dell’Allegato 13 “PROCEDURE CHE DECLINANO LE CAUTELE GENERALI E LE CAUTELE PROCEDIMENTALI”.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente: gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi. attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni.
tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza. In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, delle possibili modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione dei delitti contro l’industria e il commercio, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello. Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto
individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche.
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio. Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo per le suddette aree a rischio sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali: Consiglio d’Amministrazione, Direttore Generale, Direttore Acquisti, Direttore di Produzione, Direttore Commerciale, Direttore Settori, Responsabile Affari Legali, Direttore Amministrativo e Direttore Finanziario.
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione dei delitti contro l’Industria e il Commercio, lo stesso è tenuto a:
verificare il rispetto da parte dei Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in essere al fine di prevenire il rischio di commissione dei delitti contro l’Industria e il Commercio;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società. Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia a quanto previsto dalle istruzioni interne in tema di flussi informativi.
Capitolo VII
I reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro
1. I REATI DI CUI ALL’ART. 25 SEPTIES DEL D.LGS. N. 231/2001
L’art. 9 della Legge n. 123/2007 ha introdotto nel D. Lgs. 231/2001 l’art. 25-septies –successivamente modificato dal D. Lgs. n. 81/2008 – che estende la responsabilità amministrativa degli Enti ai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi o gravissime di cui, rispettivamente, agli artt. 589 e 590, comma terzo, c.p., commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro.
La previsione della responsabilità degli Enti in conseguenza della commissione di reati di natura colposa rende necessario procedere ad una lettura dell’art. 25-septies del D. Lgs. 231/2001 in stretto coordinamento con l’art. 5 del medesimo Decreto, che subordina l’insorgenza della responsabilità in capo all’Ente all’esistenza di un “interesse” o “vantaggio” per l’Ente stesso 59 .
Omicidio colposo (art. 589 c.p.)
“Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.
Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici”.
59 Secondo quanto rilevato dalle Linee Guida, l’interesse risulta incompatibile con i reati di natura colposa, dal momento che rispetto ad essi non è configurabile una finalizzazione soggettiva dell’azione. Pertanto, la responsabilità dell’Ente è configurabile solo se dal fatto illecito sia derivato un vantaggio per l’Ente (ad esempio un risparmio di costi o di tempi). La nuova norma (e segnatamente la natura colposa dei reati presi in considerazione dalla stessa) si mostra, altresì, a prima vista, incompatibile con l’esimente di cui all’art. 6 del Decreto, costituita dalla prova dell’elusione fraudolenta del modello organizzativo. Al riguardo le Linee Guida si sono pronunciate in favore di un’interpretazione che faccia riferimento alla «intenzionalità della sola condotta dell’autore (e non anche dell’evento) in violazione delle procedure e delle disposizioni interne predisposte e puntualmente implementate dall’azienda per prevenire la commissione degli illeciti di cui si tratta o anche
Il reato previsto dalla norma sopra riportata è di natura colposa; la fattispecie prevista dal secondo comma costituisce una forma aggravata della fattispecie generale prevista dal primo comma della norma e si configura qualora uno dei soggetti preposti all’applicazione e/o all’osservanza delle norme antinfortunistiche ponga in essere una condotta in violazione di specifiche norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o ometta l’adozione di una misura a protezione dell'integrità fisica dei lavoratori, purché sussista un nesso causale tra la condotta, anche omissiva, e l'evento dannoso verificatosi.
Lesioni personali colpose (art. 590 c.p.)
“Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a € 309,00.
Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da € 123,00 a € 619,00; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da € 309,00 a € 1.239,00.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da € 500,00 a € 2.000,00 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena
soltanto di condotte a tali effetti “pericolose”». Da ciò le Linee Guida fanno derivare che «In linea teorica, soggetto attivo dei reati può essere chiunque sia tenuto ad osservare o far osservare le norme di prevenzione e protezione. Tale soggetto può quindi individuarsi, ai sensi del D. Lgs. n. 81/2008, nei datori di lavoro, nei dirigenti, nei preposti, nei soggetti destinatari di deleghe di funzioni attinenti alla materia della salute e sicurezza sul lavoro, nonché nei medesimi lavoratori». Il novero degli obblighi in materia antinfortunistica si accresce ulteriormente ove si consideri che l’obbligo di sicurezza in capo al Datore di Lavoro non può intendersi in maniera esclusivamente statica, ma deve trovare altresì un’attuazione «dinamica» estendendosi all’obbligo di informare e formare i lavoratori sui rischi propri dell’attività lavorativa e sulle misure idonee per evitare i rischi o ridurli al minimo.
per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni. Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale”
Circostanze aggravanti (art. 583 c.p.)
“La lesione personale è grave e si applica la reclusione da tre a sette anni:
1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni; 2) se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo; La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:
1) una malattia certamente o probabilmente insanabile; 2) la perdita di un senso; 3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella”. * * *
Il reato previsto dal combinato disposto delle norme qui sopra riportate si configura nel caso in cui uno dei soggetti preposti all’applicazione e/o all’osservanza delle norme in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, non avendo ottemperato alle prescrizioni previste dalla normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro o avendo omesso di adottare ogni idonea misura a protezione dell'integrità fisica dei lavoratori, abbia cagionato lesioni gravi o gravissime a carico di un lavoratore, purché sussista un nesso causale tra la suindicata condotta e l'evento dannoso verificatosi.
Il reato di lesioni personali colpose ricorre sia qualora la lesione riguardi l'integrità fisica, sia nel caso in cui interessi l'integrità psicologica del soggetto passivo, dal momento che, secondo l'interpretazione
corrente, per lesione si intende qualunque apprezzabile alterazione, transitoria o permanente, dell'equilibrio psico-fisico di una persona.
1.1. PRINCIPALI DEFINIZIONI DEI SOGGETTI E DEI SERVIZI INTERESSATI DALLA NORMATIVA SULLA TUTELA DELLA SICUREZZA, DELL’IGIENE E DELLA SALUTE SUL LUOGO DI LAVORO
Nel seguito si riportano le principali definizioni dei soggetti e dei servizi interessati dalla normativa sulla tutela della sicurezza, dell’igiene e della salute sul luogo di lavoro, come previsto dall’art. 2 del D. Lgs. 81/2008:
«Datore di lavoro»: Il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa;
«Dirigente»: Persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del Datore di Lavoro organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa;
«Preposto»: Persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;
«Lavoratore»: Persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un Datore di Lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini
formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alle strumentazioni o ai laboratori in questione; il volontario, come definito dalla legge 1° agosto 1991, n. 266; i volontari del corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile; il volontario che effettua il servizio civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni 60; «Medico competente»: Medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, D.Lgs. 81/2008 61 , che collabora, secondo quanto
60 Decreto Legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 in tema di “Revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196
61 Titoli o requisiti per svolgere le funzioni di Medico Competente:
1) specializzazione in Medicina del Lavoro o in Medicina Preventiva dei Lavoratori e Psicotecnica; 2) docenza in Medicina del Lavoro o in Medicina Preventiva dei Lavoratori e Psicotecnica o in Tossicologia Industriale o in Igiene Industriale o in Fisiologia e Igiene del Lavoro o in Clinica del Lavoro;
3) autorizzazione dell’Assessorato Regionale alla Sanità territorialmente competente, da richiedersi entro l’11 novembre 2008, con apposita domanda corredata dalla documentazione comprovante lo svolgimento dell'attività di medico del lavoro per almeno quattro anni;
4) specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva o in Medicina Legale.
Inoltre, per lo svolgimento delle funzioni di Medico Competente è necessario partecipare al Programma di Educazione Continua in Medicina (E.C.M.) elaborato dalla Commissione nazionale per la Formazione Continua istituita con Decreto del Ministro della salute del 5 luglio 2000
62 Requisiti professionali degli Addetti al servizio di prevenzione e protezione dai rischi:
1) titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore;
2) attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative;
3) successiva frequenza a corsi di aggiornamento secondo gli indirizzi definiti nell'accordo sancito il 26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
previsto all'articolo 29, comma 1, D. Lgs. 81/2008, con il Datore di Lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al D.Lgs. 81/2008; «Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»: Persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro; «Servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: Insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori; «Addetto al servizio di prevenzione e protezione»: Persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32, D. Lgs. 81/2008 62 , facente parte del Servizio di Prevenzione e Protezione dai Rischi; «Responsabile del servizio di prevenzione e protezione»: Persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32, D. Lgs. 81/2008 63 , designata dal Datore di Lavoro, a cui risponde, per
Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e successive modificazioni. Coloro che sono in possesso di una laurea in una delle seguenti classi: L7, L8, L9, L17, L23, di cui al Decreto del Ministro dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica del 16 marzo 2007, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al Decreto del Ministro dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica del 4 agosto 2000, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero nella classe 4 di cui al Decreto del Ministro dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica del 2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, ovvero di altre lauree riconosciute corrispondenti ai sensi della normativa vigente, sono esonerati dalla frequenza ai suddetti corsi di formazione
63 Requisiti professionali del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
Oltre ai requisiti previsti in capo all’Addetto al servizio di prevenzione e protezione dai rischi è necessario un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato, di organizzazione e gestione delle attività tecnico-amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali. Possono, altresì, svolgere le funzioni di Responsabile o Addetto coloro che, pur non essendo in possesso del titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore, dimostrino di aver svolto una delle funzioni inerenti l’incarico, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei mesi alla data del 13 agosto 2003, previo svolgimento di corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative.
coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi; «Sorveglianza sanitaria»: Insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa; «Valutazione dei rischi»: Valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza; «Modello di organizzazione e di gestione»: Modello organizzativo e gestionale per la definizione e l'attuazione di una politica aziendale per la salute e sicurezza, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), del D. Lgs 231/2001, idoneo a prevenire i reati di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, c.p., commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute sul lavoro.
1.2. PRINCIPALI CARATTERISTICHE
DELLE NORME POSTE A TUTELA
DELLA SALUTE E SICUREZZA SUL LUOGO DI LAVORO E RELATIVI DOVERI IN CAPO AL DATORE DI LAVORO, AI PREPOSTI E AI LAVORATORI
Le misure generali per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori (che il Datore di Lavoro è obbligato ad adottare per prevenire gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali) sono regolate dall’art. 2087 c.c. e dal D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (“Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”), che ha recepito, raccolto e integrato le norme in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.
Il Datore di Lavoro è obbligato ad eliminare qualsiasi tipo di rischio derivante dal luogo di lavoro alla luce delle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non sia possibile, a ridurre tali rischi al minimo. Da un punto di vista generale, il Datore di Lavoro è obbligato a organizzare all’interno dei luoghi di lavoro un servizio di
prevenzione e protezione al fine di identificare i fattori di rischio. Più segnatamente, grava sul Datore di Lavoro l’onere di fornire ai lavoratori: - tutte le informazioni di carattere generale sui rischi presenti sul luogo di lavoro e informazioni specifiche sui rischi relativi ai compiti assegnati ai singoli lavoratori; - adeguata formazione sulle misure per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori con un addestramento specifico alla loro particolare mansione. Ciò deve avvenire al momento della loro assunzione o nel caso di un trasferimento o mutamento di mansioni e, in ogni caso, quando vengono utilizzate nuove attrezzature di lavoro o nuove tecnologie, anche rispetto alle conoscenze linguistiche e con particolare riferimento a: a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda.
1.3. OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO E DEL DIRIGENTE
L’art. 17 del D. Lgs. n. 81/2008 prevede quali obblighi non delegabili del Datore di Lavoro: a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28 del D. Lgs. n. 81/2008; b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
L’art. 18 del D. Lgs. n. 81/2008 statuisce che i principali obblighi del Datore di Lavoro e del Dirigente sono: - aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione; - prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente
esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio; - adottare le misure:
predisposte affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave e immediato in modo adeguato alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva e al numero delle persone presenti;
atte ad esercitare il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e a dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
- designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza; - individuare il preposto o i preposti per l'effettuazione delle attività di vigilanza di cui all'articolo 19. I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l'emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività 64; - richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione; - affidare i compiti ai lavoratori, tenendo conto delle capacità e delle
condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza; - adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento nei confronti dei lavoratori, preposti e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
- fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;
- informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
- vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità;
- astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;
- nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti, richiedendogli l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico;
- consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute;
- consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle ipotesi previste dalla normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro;
- consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di valutazione dei rischi, nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati relativi agli infortuni e alla sorveglianza sanitaria;
- comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
- comunicare all'INAIL in relazione alle rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul
64 Disposizione inserita dall'art. 13, comma 1, lett. d-bis), D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215.
lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni;
Il Datore di Lavoro fornisce, inoltre, al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente informazioni in merito a:
la natura dei rischi;
l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;
i dati di cui al comma 1, lettera r), D. Lgs. 81/2008, e quelli relativi alle malattie professionali;
i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
Il Datore di Lavoro ha l’obbligo di designare una o più persone da lui dipendenti per l’espletamento delle attività concernenti la prevenzione e la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori (c.d. Servizio di Prevenzione e di Protezione, qui di seguito “SPP”) all’interno dell’azienda. Fatta eccezione per i casi previsti dall’art. 31, comma 6, D. Lgs. n. 81/2008, il SPP può essere composto da lavoratori o esperti esterni all’azienda e il Datore di Lavoro deve designare il responsabile del servizio medesimo.
Qui di seguito si elencano i principi che devono essere seguiti dal Datore di Lavoro nell’organizzare il SPP:
i lavoratori incaricati devono possedere adeguate competenze e capacità e il Datore di Lavoro deve fornire ad essi i mezzi necessari per assicurare le attività di protezione;
i lavoratori incaricati devono essere in numero sufficiente per occuparsi dell’organizzazione delle misure di protezione e di prevenzione, tenendo conto della dimensione dell’azienda o dell’unità produttiva e dei rischi specifici ai quali sono esposti i lavoratori e la loro
65 Il responsabile del SPP deve possedere i requisiti precisati dall’art. 32 del D. Lgs. 81/2008 (attitudini e capacità adeguate, disposizione di mezzi e di tempo adeguati allo svolgimento dei compiti) e deve aver
distribuzione all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva.
In particolare, il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione 65 deve:
assistere il Datore di Lavoro nella valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori;
elaborare, per quanto di competenza, le misure per la prevenzione e la protezione dei lavoratori;
fornire ai lavoratori le informazioni necessarie e proporre corsi di formazione concernenti le misure sulla sicurezza e la salute dei lavoratori.
Infine, Il Datore di Lavoro e i Dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25 del D. Lgs. 81/2008, ferma restando l'esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti.
1.4. OBBLIGHI DEI PREPOSTI
In riferimento alle attività indicate all'articolo 3 del D. Lgs. 81/2008, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono: - sovrintendere e vigilare sull'osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell'inosservanza,
frequentato specifici corsi di formazione in materia di sicurezza, così come previsto dal D. Lgs. 23 giugno 2003, n. 195.
interrompere l'attività del lavoratore e informare i superiori diretti 66;
- verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
- richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
- informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
- astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
- segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
- in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l'attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate 67;
- frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall'articolo 37 del D. Lgs. 81/2008.
1.5. OBBLIGHI DEI LAVORATORI
Ciascun lavoratore è responsabile della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal Datore di Lavoro.
In particolare, i lavoratori devono:
66 Disposizione così sostituita dall'art. 13, comma 1, lett. dter), n. 1), D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215.
contribuire, insieme al Datore di Lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal Datore di Lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza;
utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
segnalare immediatamente al Datore di Lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità – fatto salvo l'obbligo di cui al punto che immediatamente segue – per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal Datore di Lavoro;
sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal D. Lgs. n. 81/2008 o
67 Disposizione inserita dall'art. 13, comma 1, lett. d-ter), n. 2), D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215.
comunque disposti dal medico competente.
Il Datore di Lavoro, i dirigenti, i preposti e –in generale – i responsabili delle varie aree di competenza hanno l’obbligo di verificare il rispetto da parte dei lavoratori delle regole di sicurezza aziendali.
1.6. SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA SUL LAVORO
Ai sensi dell’art. 30 del D. Lgs. n. 81/2008, il sistema garantisce:
• il rispetto degli standard tecnicostrutturali di legge relativi ad attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
• lo svolgimento delle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
• lo svolgimento delle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
• lo svolgimento delle attività di sorveglianza sanitaria; lo svolgimento delle attività di informazione e formazione dei lavoratori; lo svolgimento delle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
• l’acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge; periodiche verifiche dell’applicazione dell’efficacia delle procedure adottate. Per assicurare l’attuazione e l’osservanza delle norme e delle misure preventive in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, la Società si avvale di un Servizio di Prevenzione e Protezione, i cui membri sono stati individuati sulla base dei requisiti professionali, tecnici e formativi previsti dalla legge.
La Società si avvale di Medici competenti esterni, anch’essi individuati sulla base dei requisiti professionali, tecnici e formativi previsti dalla legge, i cui rapporti sono debitamente contrattualizzati.
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nel precedente paragrafo 1. A tal fine, tutti i Destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti.
Per questo motivo sono stati individuati: a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”; b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello; c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo, monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3. LE AREE POTENZIALMENTE "A RISCHIO REATO" E LE ATTIVITÀ "SENSIBILI”
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk mapping, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa ed aziendale di CPL:
➢ le aree considerate “a rischio reato”, ovvero dei settori e/o dei processi aziendali rispetto ai quali è stato ritenuto astrattamente sussistente il rischio di commissione dei reati in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
➢ nell’ambito di ciascuna area “a rischio reato”, sono state individuate le relative attività c.d. “sensibili”, ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati in questione;
➢ le funzioni/ruoli aziendali coinvolti nell’esecuzione di tali attività “sensibili” e che, astrattamente, potrebbero commettere i reati di criminalità organizzata sebbene tale individuazione dei ruoli/funzioni non debba considerarsi, in ogni caso, tassativa atteso che ciascun soggetto individuato nelle procedure potrebbe in linea teorica essere coinvolto a titolo di concorso;
➢ in via esemplificativa, i principali controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree “a rischio reato" oltre alle regole definite nel Modello di organizzazione, gestione e
controllo e nei suoi protocolli (sistema procuratorio, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Con riferimento al rischio di commissione dei reati illustrati nel paragrafo 1 e ritenuti rilevanti a seguito del risk assessment eseguito, la Società valuta come “sensibili” le attività poste in essere nelle seguenti aree/processi:
• Gestione della salute e sicurezza sul luogo di lavoro
- Gestione della politica aziendale di salute e sicurezza
- Rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi ad attrezzature, impianti, luoghi di lavoro
- Valutazione dei rischi
- Gestione dei rapporti con soggetti terzi (ivi inclusa la gestione di appalti, subappalti e forniture)
- Obblighi di comunicazione, partecipazione e consultazione
- Gestione emergenze
- Sorveglianza sanitaria
- Attività di formazione e addestramento
4. I PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Il presente paragrafo è inerente alle condotte poste in essere dal Datore di Lavoro (ed eventuali Delegati o Subdelegati), dai Dirigenti, dai Preposti, dal Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, dai Lavoratori, dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e dal Medico Competente che intervengono, a qualsiasi titolo, nei processi descritti al paragrafo precedente e che svolgono le attività sensibili in cui si articolano le aree a Rischio di Reato.
In particolare, al fine di prevenire ed impedire il verificarsi dei reati individuati al precedente paragrafo 1 e ritenuti rilevanti per CPL, ai Destinatari coinvolti nello svolgimento delle attività sensibili in cui si articolano le aree a Rischio Reato
individuate, fermo restando quanto indicato nel successivo paragrafo 8 e dalle procedure esistenti, è fatto espresso obbligo di:
1. rispettare le previsioni contenute nel Codice Etico e nel Modello;
2. rispettare le procedure ed i protocolli interni che disciplinano specificamente i comportamenti che i medesimi devono tenere per evitare la commissione delle fattispecie criminose di cui al precedente paragrafo;
3. osservare con la massima diligenza e rigore tutte le disposizioni legislativamente previste a tutela della sicurezza, dell’igiene e della salute sul luogo di lavoro;
4. in caso di appalto o di contratto d’opera, garantire l’osservanza della procedura di cui all’art. 26 del D. Lgs. 81/2008.
Inoltre, è assolutamente vietato ai Destinatari:
1. porre in essere, concorrere in o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, anche solo in astratto o in via potenziale, i reati previsti all’art. 25-septies del D. Lgs. 231/2001;
2. porre in essere comportamenti che, sebbene risultino tali da non costituire di per sé ipotesi di reato, possano esserne il presupposto (ad esempio, mancato controllo) o possano potenzialmente diventare fattispecie di reato.
Al Datore di Lavoro è inoltre fatto rigoroso obbligo di:
1. garantire la predisposizione ed il corretto funzionamento del SPP;
2. garantire ed assicurare la nomina, in ciascuna dipendenza e nella sede della Società, del responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
3. garantire ed assicurare la nomina nella sede della Società del medico competente;
4. garantire ed assicurare, con riferimento alla sede della Società, l’esercizio da parte dei lavoratori - direttamente o tramite le proprie rappresentanze e, comunque secondo le modalità di leggedel diritto di designare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
5. garantire la predisposizione e l’aggiornamento del Documento di Valutazione del Rischio e – nei casi previsti dall’art. 26 D. Lgs. 81/2008 – del Documento Unico della Valutazione dei Rischi da Interferenze;
6. garantire e documentare la frequenza dei corsi di formazione in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI AZIENDALI NELLE AREE A RISCHIO DI REATO
Come detto, le attività sensibili sopra richiamate, possono dare luogo al rischio di commissione dei reati in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro
Elemento essenziale dei presidi organizzativi volti a prevenire il rischio di commissione di tali reati, è costituito da un set di procedure adottate dalla Società. Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta più procedure a presidio della commissione dei reati in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. L’elenco delle procedure all’interno delle quali sono declinati i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative di un illecito è disponibile all’interno dell’Allegato 13 “PROCEDURE CHE
DECLINANO LE CAUTELE GENERALI E LE CAUTELE PROCEDIMENTALI”.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente: gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi.
attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni. tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni
operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza.
In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, delle possibili modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione dei reati in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello. Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche.
Nell’ambito del tema della sicurezza del lavoro, le procure assegnate hanno un Modello diverso di tipo orizzontale: il DG assume il ruolo di Datore di lavoro, il quale ha delegato i Responsabili di Area ed i Responsabili di Settore, nonché il Direttore Settori con esclusivo e limitato riferimento alla sede di Concordia sulla Secchia (MO) e San Possidonio (MO) oltre che dei siti limitrofi in locazione alla Società, per tutte le funzioni operative e di controllo ad eccezione di quanto non delegabile come previsto all’art. 17 del D. Lgs. 81/2008. In questo caso, il delegato che all’interno di CPL ha un ruolo manageriale più che operativo, manterrà poteri di vigilanza e controllo generale sull’operato dei subdelegati.
Data la complessità dell'attività produttiva, dei macchinari utilizzati e delle procedure o fasi di lavorazione adottate presso le sedi, i cantieri ed i luoghi di lavoro presso terzi, complessità che richiede una maggiore presenza diretta in situ, i primi delegati hanno a loro volta conferito sub-delega ai Responsabili di Sede, ai Direttori Tecnici di Cantiere e ai Responsabili di Commessa.
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele
procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio.
Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo per le suddette aree a rischio sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali: Direttore Generale, RSPP, Responsabile QSAE, nonché le Funzioni aziendali coinvolte in virtù di procure e deleghe attribuite in materia salute e sicurezza sui luoghi di lavoro
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione dei reati in materia di Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro, lo stesso è tenuto a:
verificare il rispetto da parte dei Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in essere al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati in materia di Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società.
Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia a quanto previsto dalle istruzioni interne in tema di flussi informativi.
Capitolo VIII
Reati ambientali, delitti contro il patrimonio culturale e riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici
1. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25UNDECIES DEL DECRETO - I REATI DI CUI AGLI ARTICOLI 25-SEPTIESDECIES E 25-DUODEVICIES DEL D. LGS. 231/2001
La direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 (Direttiva 2008/99/CE) ha imposto agli stati membri la previsione di adeguate sanzioni penali in relazione a gravi violazioni delle disposizioni del diritto comunitario in materia di tutela dell’ambiente.
L’art. 6 della predetta direttiva ha inoltre specificamente previsto, sempre al fine di ulteriormente potenziare la tutela dell’ambiente, che gli stati membri provvedano a introdurre forme di responsabilità delle persone giuridiche nel caso in cui le condotte illecite menzionate nella direttiva siano commesse nel loro interesse o a loro vantaggio. Con il D. Lgs. 121/2011 è stata recepita la Direttiva europea n. 2008/99/CE, dando così seguito all’obbligo imposto dall’Unione europea di incriminare comportamenti fortemente pericolosi per l’ambiente, introducendo nel Decreto l’art. 25-undecies, da ultimo modificato dalla Legge n. 68/2015.
Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità, delle caratteristiche e del business della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni: Inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.)
“È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da € 10.000,00 a € 100.000,00 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata”. * * *
Si tratta di un delitto di danno, che si configura nelle ipotesi di compromissione o deterioramento rilevante della qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell’aria, ovvero dell’ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna selvatica.
La fattispecie in esame rispetto alle altre ipotesi di reato ambientale costruite sul
modello del superamento dei valori tabellari (cfr. ad es. art. 137, co. 5 e art. 279, co. 2, t.u.a.) o di esercizio di determinate attività senza autorizzazione (v. ad es. art. 256 t.u.a.), si colloca ad un livello di offesa all’ambiente superiore.
Disastro ambientale (art. 452-quater c.p.) “Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente:
1. l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; 2. l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
3. l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o 4. esposte a pericolo.
Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata”. * * *
Si tratta di un reato di evento a forma libera che punisce ogni condotta – anche omissiva in caso di sussistenza di una posizione di garanzia – che abbia cagionato un disastro ambientale.
La nozione di disastro si declina diversamente in base ai tre possibili eventi descritti dalla norma. Nelle ipotesi alterazione dell’equilibrio di un ecosistema (nn. 1 e 2), per disastro si intende un evento distruttivo di proporzioni straordinarie, anche se non necessariamente immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi; mentre con riferimento all’offesa alla pubblica incolumità (n. 3), il disastro è ravvisabile in un evento atto a provocare un pericolo per la vita o per l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone.
Il reato è punito anche se commesso a titolo di colpa ai sensi del seguente art. 452quinquies c.p..
Delitti colposi contro l'ambiente (art. 452quinquies c.p.)
“Se taluno dei fatti di cui agli articoli 452-bis e 452-quater c.p. è commesso per colpa, le pene previste dai medesimi articoli sono diminuite da un terzo a due terzi. Se dalla commissione dei fatti di cui al comma precedente deriva il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale le pene sono ulteriormente diminuite di un terzo”. * * *
La presente disposizione provvede a sanzionare in maniera ridotta le condotte descritte agli artt. 452-bis e 452-quater c.p. nell’ipotesi in cui siano commesse con colpa.
Inoltre, è disposta un’ulteriore diminuzione di pena, pari ad un terzo, se dalla commissione dei fatti richiamati deriva il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale.
“Quando l’associazione di cui all’articolo 416 è diretta, in via esclusiva o concorrente, allo scopo di commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo, le pene previste dal medesimo articolo 416 sono aumentate.
Quando l’associazione di cui all’articolo 416bis è finalizzata a commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo ovvero all’acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti o di servizi pubblici in materia ambientale, le pene previste dal medesimo articolo 416-bis sono aumentate.
Le pene di cui ai commi primo e secondo sono aumentate da un terzo alla metà se dell’associazione fanno parte pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale.” * * *
Per quanto qui rilevante, con riferimento alle condotte descritte agli artt. 452-bis, art. 452-quater, art. 452-sexies, la norma in esame prevede l’applicazione di circostanze aggravanti nelle seguenti ipotesi: - associazione per delinquere di cui all’art. 416 c.p., diretta allo scopo di commettere uno dei citati nuovi reati; - associazione di tipo mafioso anche straniera di cui all’art. 416-bis c.p., finalizzata alla commissione di taluno dei predetti reati ambientali ovvero finalizzata all’acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di
autorizzazioni, di appalti o di servizi pubblici in materia ambientale. È stata, inoltre, inserita una aggravante ambientale, con un aumento della pena da un terzo alla metà, nel caso in cui un fatto già previsto come reato sia commesso allo scopo di:
- eseguire uno o più dei reati di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo e omessa bonifica; - eseguire uno o più tra i delitti previsti dal D. Lgs. n. 152/2006, recante “Norme in materia ambientale”; violare ogni altra disposizione di legge a tutela dell’ambiente. L’aggravante ambientale interviene, inoltre, con un aumento della pena di un terzo, nel caso in cui dalla commissione del fatto derivi comunque la violazione di una o più norme previste dal citato D. Lgs. n. 152/2006 o da altra legge che tutela l’ambiente.
Attività di gestione di rifiuti non autorizzata (Art. 256, D. Lgs. n. 152/2006)
”1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da € 2.600,00 a € 26.000,00 se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da € 2.600,00 a € 26.000,00 se si tratta di rifiuti pericolosi. (…)
3. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque 3. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da€ 2.600,00 a € 26.000,00. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da € 5.200,00 a € 52.000,00 se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di
proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.
4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.
5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b).
6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da € 2.600,00 a € 26.000,00. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da € 2.600,00 a € 15.500,00 per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti”.
Ai fini del D. Lgs. 231/2001 e in ragione dell’attività della Società rilevano, in astratto, le fattispecie penali indicate ai commi 1, 3, 5 e 6.
La disposizione in oggetto contempla una pluralità di autonomi illeciti che si possono realizzare tramite una serie eterogenea di condotte, il cui comune denominatore è rappresentato dal fatto che le stesse siano tenute in assenza del presupposto rappresentato da un’autorizzazione, da un’iscrizione o da una comunicazione.
Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari (art. 258, D. Lgs. n. 152/2006)
“(…)
4. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 o senza i documenti sostitutivi ivi previsti, ovvero riporta nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione
68 L’articolo 2 del Codice dei beni culturali (D.Lgs. n. 42/2004) stabilisce che il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio dichiarati di notevole interesse pubblico (art. 136) dallo Stato, dalle Regioni o da altri enti pubblici territoriali interessati o
amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a diecimila euro. Si applica la pena dell'articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto. (…)”
* * *
L’art. 258 del D. Lgs. n. 152/2006, da ultimo modificato dal D. Lgs. 116/2020, contempla una molteplicità di illeciti, sia di natura penale che di natura amministrativa, incentrati in larga misura sulla violazione di taluni adempimenti prescritti dalla legge.
1.1. I REATI DI CUI AGLI ARTICOLI 25SEPTIESDECIES E 25-DUODEVICIES DEL D. LGS. 231/2001
È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 22 marzo 2022, n. 68, la Legge 09/03/2022, n. 22 recante “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale 68”.
Tale Legge opera una riorganizzazione sistematica, nonché un’integrazione all’interno del Codice penale, delle norme penali contenute nel D. Lgs. n. 42/2004 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137”), mediante l’inserimento del titolo VIII-bis, rubricato “Dei delitti contro il patrimonio culturale”, e composto da 17 nuovi articoli (da 518-bis a 518-undevicies).
Relativamente alle modifiche impattanti la responsabilità amministrativa degli enti ex D. Lgs. 231/2001, l’art. 3 della Legge 09/03/2022, n. 22 ha introdotto all’interno del D. Lgs. 231/2001 il nuovo art. 25-septiesdecies “Delitti contro il patrimonio culturale”, che amplia il catalogo dei reati presupposto con l’aggiunta dei seguenti reati, di cui al nuovo titolo VIII-bis del Codice penale: - Furto di beni culturali (art. 518-bis c.p.), punito con sanzione pecuniaria da 400 a 900 quote 69;
sottoposti a tutela dai piani paesaggistici e altre aree tutelate per legge (come ad esempio territori costieri, fiumi, torrenti, ghiacciai, parchi, foreste e boschi - art. 142).
69 Art. 518-bis. c.p. Furto di beni culturali: “Chiunque si impossessa di un bene culturale mobile altrui, sottraendolo a chi lo detiene, al fine di trarne profitto, per sé o per altri, o si impossessa di beni culturali
- Appropriazione indebita di beni culturali (art. 518-ter c.p.), punito con sanzione pecuniaria da 200 a 500 quote 70; - Ricettazione di beni culturali (art. 518quater c.p.), punito con sanzione pecuniaria da 400 a 900 quote 71; - Falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali (art. 518-octies c.p.), punito con sanzione pecuniaria da 400 a 900 quote 72; - Violazioni in materia di alienazione di beni culturali (art. 518-novies c.p.), punito con sanzione pecuniaria da 100 a 400 quote 73;
appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500.
La pena è della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 o se il furto di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini, è commesso da chi abbia ottenuto la concessione di ricerca prevista dalla legge”.
70 Art. 518-ter. c.p. Appropriazione indebita di beni culturali: “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di un bene culturale altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 516 a euro 1.500.
Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata”.
71 Art. 518-quater. c.p. Ricettazione di beni culturali: “Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta beni culturali provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.000.
La pena è aumentata quando il fatto riguarda beni culturali provenienti dai delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, e di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando l'autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manca una condizione di procedibilità riferita a tale delitto”.
72 Art. 518-octies. c.p. Falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali: “Chiunque forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa o, in tutto o in parte, altera, distrugge, sopprime od occulta una scrittura privata vera, in relazione a beni culturali mobili, al fine di farne apparire lecita la provenienza, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Chiunque fa uso della scrittura privata di cui al primo comma, senza aver concorso nella sua formazione o alterazione, è punito con la reclusione da otto mesi a due anni e otto mesi”.
73 Art. 518-nonies. c.p. Violazioni in materia di alienazione di beni culturali: “È punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da euro 2.000 a euro 80.000: 1) chiunque, senza la prescritta autorizzazione, aliena o immette sul mercato beni culturali; 2) chiunque, essendovi tenuto, non presenta, nel termine di trenta giorni, la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali;
- Importazione illecita di beni culturali (art. 518-decies c.p.), punito con sanzione pecuniaria da 200 a 500 quote 74;
- Uscita o esportazione illecite di beni culturali (art. 518-undecies c.p.), punito con sanzione pecuniaria da 200 a 500 quote 75; - Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici (art. 518duodecies c.p.), punito con sanzione pecuniaria da 300 a 700 quote 76;
3) l'alienante di un bene culturale soggetto a prelazione che effettua la consegna della cosa in pendenza del termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia di trasferimento”.
74 Art. 518-decies. C.p. Importazione illecita di beni culturali: “Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati previsti dagli articoli 518-quater, 518-quinquies, 518sexies e 518-septies, importa beni culturali provenienti da delitto ovvero rinvenuti a seguito di ricerche svolte senza autorizzazione, ove prevista dall'ordinamento dello Stato in cui il rinvenimento ha avuto luogo, ovvero esportati da un altro Stato in violazione della legge in materia di protezione del patrimonio culturale di quello Stato, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 258 a euro 5.165”.
75 Art. 518-undecies c.p. Uscita o esportazione illecite di beni culturali: “Chiunque trasferisce all'estero beni culturali, cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico o altre cose oggetto di specifiche disposizioni di tutela ai sensi della normativa sui beni culturali, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, è punito con la reclusione da due a otto anni e con la multa fino a euro 80.000. La pena prevista al primo comma si applica altresì nei confronti di chiunque non fa rientrare nel territorio nazionale, alla scadenza del termine, beni culturali, cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico o altre cose oggetto di specifiche disposizioni di tutela ai sensi della normativa sui beni culturali, per i quali siano state autorizzate l'uscita o l'esportazione temporanee, nonché nei confronti di chiunque rende dichiarazioni mendaci al fine di comprovare al competente ufficio di esportazione, ai sensi di legge, la non assoggettabilità di cose di interesse culturale ad autorizzazione all'uscita dal territorio nazionale”.
76 Art. 518-duodecies. c.p. Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici: “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 2.500 a euro 15.000. Chiunque, fuori dei casi di cui al primo comma, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero pregiudizievole per la loro conservazione o integrità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 10.000.
La sospensione condizionale della pena è subordinata al ripristino dello stato dei luoghi o all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero alla prestazione di attività non retribuita a favore della
- Contraffazione di opere d’arte (art. 518quaterdecies c.p.), punito con sanzione pecuniaria da 300 a 700 quote 77
In caso di commissione dei suddetti delitti sono applicabili all’ente le sanzioni interdittive previste ex art. 9, co. 2, D. Lgs. 231/2001, per una durata non superiore a due anni.
Inoltre, l’art. 3 della Legge 09/03/2022, n. 22 ha introdotto all’interno del D. Lgs. 231/2001 il nuovo art. 25-duodevicies “Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici”, che amplia il catalogo dei reati presupposto con l’aggiunta delle ulteriori fattispecie di:
- Riciclaggio di beni culturali (art. 518-sexies c.p.), punito con sanzione pecuniaria da 500 a 1000 quote 78;
- Devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici (art. 518-terdecies c.p.), punito con sanzione pecuniaria da 500 a 1000 quote 79
Con l’ulteriore applicazione, segnatamente alle suddette fattispecie, della sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività ai sensi dell’articolo 16, co. 3, D. Lgs. 231/2001, qualora l’ente o una sua unità organizzativa venga stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la loro commissione.
Infine, la norma in esame prevede l’estensione della confisca allargata anche per i reati di (i) ricettazione di beni culturali, di (ii) impiego di beni culturali provenienti
collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna”.
77 Art. 518-quaterdecies. c.p. Contraffazione di opere d'arte: “È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 3.000 a euro 10.000:
1) chiunque, al fine di trarne profitto, contraffà, altera o riproduce un'opera di pittura, scultura o grafica ovvero un oggetto di antichità o di interesse storico o archeologico;
2) chiunque, anche senza aver concorso nella contraffazione, alterazione o riproduzione, pone in commercio, detiene per farne commercio, introduce a questo fine nel territorio dello Stato o comunque pone in circolazione, come autentici, esemplari contraffatti, alterati o riprodotti di opere di pittura, scultura o grafica, di oggetti di antichità o di oggetti di interesse storico o archeologico;
3) chiunque, conoscendone la falsità, autentica opere od oggetti indicati ai numeri 1) e 2) contraffatti, alterati o riprodotti;
4) chiunque, mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri o etichette o con qualsiasi altro mezzo, accredita o contribuisce ad accreditare, conoscendone la falsità, come autentici opere od oggetti indicati ai numeri 1) e 2) contraffatti, alterati o riprodotti.
da delitto, di (iii) riciclaggio di beni culturali, di (iv) autoriciclaggio di beni culturali e di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali. * * *
La Legge n. 22/2022 ha introdotto nel Codice penale (Titolo VII-bis) e nel D. Lgs. 231/2001 nuove fattispecie di reato, la maggior parte delle quali è tesa a rafforzare la tutela dei beni culturali.
Due dei nuovi articoli riguardano anche i beni paesaggistici.
Reati come il furto, l’appropriazione indebita, la ricettazione, il riciclaggio, l’importazione e l’esportazione illecita di beni culturali riguarderanno prevalentemente enti la cui attività implica la gestione di beni culturali.
Conseguentemente ai fini della compliance 231 avranno una portata limitata a specifici settori che trattano beni culturali.
Al contrario, reati come distruzione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento o devastazione di beni paesaggistici possono potenzialmente riguardare tutti quegli enti le cui attività, quali ad esempio la ristrutturazione o la manutenzione di immobili aventi valore storico o la costruzione di impianti in aree qualificate come bellezze panoramiche, possono riguardare beni paesaggistici.
La Legge n. 22/2022 non ha introdotto l’ipotesi di responsabilità colposa per i reati relativi ai beni paesaggistici, i quali possono
È sempre ordinata la confisca degli esemplari contraffatti, alterati o riprodotti delle opere o degli oggetti indicati nel primo comma, salvo che si tratti di cose appartenenti a persone estranee al reato. Delle cose confiscate è vietata, senza limiti di tempo, la vendita nelle aste dei corpi di reato”.
78 Art. 518-sexies. c.p. Riciclaggio di beni culturali: “Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce beni culturali provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da cinque a quattordici anni e con la multa da euro 6.000 a euro 30.000.
La pena è diminuita se i beni culturali provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando l'autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manca una condizione di procedibilità riferita a tale delitto”.
79 Art. 518-terdecies. c.p. Devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici: “Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 285, commette fatti di devastazione o di saccheggio aventi ad oggetto beni culturali o paesaggistici ovvero istituti e luoghi della cultura è punito con la reclusione da dieci a sedici anni”.
essere quindi integrati solo a titolo doloso, compreso il dolo “eventuale” (non la volontarietà dell’evento criminoso ma l’accettazione della possibilità del suo verificarsi).
Può ipotizzarsi che i reati paesaggistici possano concorrere con i reati ambientali (ad esempio art. 452-bis c.p. Inquinamento ambientale e 452-quater c.p. Disastro ambientale) qualora ad esempio l’inquinamento si realizzi a danno di luoghi considerati di interesse paesaggistico. Secondo la giurisprudenza 80 la compromissione dei valori del paesaggio può essere realizzata, non solo con attività urbanistico-edilizie, ma con qualunque attività intrinsecamente idonea a comportare modificazioni ambientali e paesaggistiche.
Le condotte potenzialmente rilevanti sono, tra le altre, quelle che cagionano danni ai beni paesaggistici a seguito di interventi edili privi di titolo, non autorizzato taglio di alberi, installazione di cartellonistica, scarico o sversamento di prodotti inquinanti nei mari vicino alle coste, nei fiumi o nei laghi, abbandono di rifiuti e materiali di risulta. È dunque importante rilevare che questa norma non riguarda soltanto quegli enti che si occupano e gestiscono beni culturali, ma gli enti che trattano sostanze potenzialmente inquinanti nei pressi di beni paesaggistici o che installano manufatti a potenziale impatto paesaggistico.
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nei precedenti paragrafi 1 e 2. A tal fine, tutti i Destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti.
Per questo motivo sono stati individuati: a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”; b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello;
c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo, monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3. LE AREE POTENZIALMENTE "A RISCHIO REATO" E LE ATTIVITÀ "SENSIBILI”
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk mapping, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa ed aziendale di CPL:
➢ le aree considerate “a rischio reato”, ovvero dei settori e/o dei processi aziendali rispetto ai quali è stato ritenuto astrattamente sussistente il rischio di commissione dei reati di cui al paragrafo 1; ➢ nell’ambito di ciascuna area “a rischio reato”, sono state individuate le relative attività c.d. “sensibili”, ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati in questione;
➢ le funzioni/ruoli aziendali coinvolti nell’esecuzione di tali attività “sensibili” e che, astrattamente, potrebbero commettere i reati sopra indicati sebbene tale individuazione dei ruoli/funzioni non debba considerarsi, in ogni caso, tassativa atteso che ciascun soggetto individuato nelle procedure potrebbe in linea teorica essere coinvolto a titolo di concorso;
➢ in via esemplificativa, i principali controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree “a rischio reato" oltre alle regole definite nel Modello di organizzazione, gestione e controllo e nei suoi protocolli (sistema procuratorio, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Con riferimento al rischio di commissione dei reati illustrati nel paragrafo 1 e ritenuti rilevanti a seguito del risk assessment eseguito, la Società valuta come “sensibili” le attività poste in essere nelle seguenti aree/processi:
• Gestione dei rischi ambientali
• Gestione delle commesse
80 Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18/09/2018) 16-11-2018, n. 51858
Costituiscono situazioni di particolare attenzione nell’ambito delle suddette aree di attività a rischio:
• Gestione dei rischi ambientali
- Gestione degli obblighi e adempimenti in materia ambientale
- Attività di gestione dei rifiuti
- Attività connesse alla gestione delle acque reflue e scarichi idrici
- Attività connesse alla gestione delle emissioni in atmosfera
- Gestione degli adempimenti e delle attività connesse alla bonifica a seguito di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il suolo, sottosuolo, le acque superficiali e/o le acque
sotterranee
- Gestione amianto
- Prevenzione e gestione delle situazioni di emergenza (incendi interni o esterni all’azienda, esplosioni, perdite odorizzanti, eventi che coinvolgono merci pericolose, mancanza di energia elettrica, terremoti, esondazioni, condizioni metereologiche estreme)
- Attività di formazione
• Gestione delle commesse
- Gestione delle trattive economiche concernenti la richiesta di autorizzazioni, licenze, concessioni
- Gestione dei contratti per la fornitura di beni e servizi alla Pubblica Amministrazione
- Negoziazione di contratti di appalto di servizi
4. PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Il presente paragrafo è inerente alle condotte poste in essere dai Destinatari che svolgono, a qualsiasi titolo, le Attività sensibili identificate negli Allegati alla Parte Speciale.
I Destinatari hanno l’obbligo di rispettare le norme di legge, del Codice Etico e le regole previste dal presente Modello, con espresso divieto di porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti che realizzino le fattispecie di reato sopra elencate.
In particolare, ai Destinatari è fatto espresso divieto di:
- effettuare attività che comportino emissioni in atmosfera in assenza della prescritta autorizzazione;
- effettuare attività che comportino lo scarico di sostanze pericolose in assenza della prescritta autorizzazione;
- effettuare attività che comportino lo scarico di acque nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in assenza della prescritta autorizzazione;
- effettuare attività che comportino lo scarico di acque sul suolo;
- effettuare attività che comportino emissioni in atmosfera oltre i valori limite ed al di fuori delle prescrizioni stabilite dalle autorità competenti;
- effettuare attività di smaltimento di rifiuti non in aderenza con le norme di legge, i principi di comportamento qui previsti e con le procedure aziendali;
- inoltrare comunicazioni su tali valori alle autorità competenti non rispondenti al vero.
Nell'attività di gestione degli adempimenti legislativi in merito agli scarichi liquidi, la Società si impegna, ove necessario, a:
- individuare i punti di scarico presenti;
- rispettare il divieto di scarico di acque reflue sul suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee;
- ottenere le autorizzazioni necessarie per lo scarico delle acque reflue industriali;
- mantenere e rinnovare entro i termini previsti dalla legislazione vigente le autorizzazioni agli scarichi di acque reflue industriali;
- presentare una nuova domanda di autorizzazione in caso di modifica degli scarichi;
- verificare periodicamente i parametri chimico-fisici prescritti nell’ autorizzazione al fine di rispettare i limiti di emissione;
- rispettare le prescrizioni previste nelle autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti;
- rispettare i divieti imposti dalla normativa vigente, tra i quali il divieto di diluizione, poiché i valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo;
- rendere accessibili gli scarichi per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo;
- verificare periodicamente la corretta attuazione dei precedenti adempimenti.
Nell’attività di gestione dell’amianto, la Società si impegna a:
- effettuare la manutenzione, rimozione e smaltimento dell’amianto o dei materiali contenenti amianto; - porre in essere tutte le attività necessarie alla gestione delle operazioni di cantiere in cui si debba operare in presenza di manufatti contenenti amianto, nonché per la gestione dei rifiuti prodotti in base a quanto disposto nella procedura operativa, che disciplina il controllo delle operazioni su materiali contenenti amianto;
- erogare un’attività di formazione ad hoc ex Legge 257/1992 per procedere con lo smaltimento di amianto ai soggetti designati da CPL quali operatori addetti alle operazioni di rimozione e smaltimento di materiale contenente amianto.
Nell'attività di gestione dei rifiuti, la Società si impegna a garantire che: - la produzione, detenzione, classificazione e conferimento dei rifiuti (pericolosi e non) venga effettuata nel pieno rispetto della normativa ambientale, sia nell'esercizio dell'attività regolamentata che non regolamentata e in modo da poter certificare l'attuazione dei necessari adempimenti agli organismi pubblici preposti ai controlli;
- le procedure aziendali che hanno una rilevanza diretta o indiretta (es. qualificazione delle imprese e comparti qualificati, gestione dei rifiuti senza intermediazione) in tema di smaltimento dei rifiuti, siano sottoposte ad un costante monitoraggio da parte delle funzioni aziendali competenti, al fine di valutare periodicamente l'opportunità di aggiornamenti in ragione di anomalie riscontrate nella relativa attività, a fronte di informazioni ricevute dai Destinatari; - la scelta dei fornitori venga effettuata nel pieno rispetto delle procedure aziendali, al fine di poter valutare costantemente la sussistenza in capo ai medesimi dei requisiti tecnici e legali per l'esercizio dell'attività agli stessi demandata evitando, altresì, che la selezione si basi esclusivamente su ragioni di ordine economico (al fine di evitare il ricorso ad imprese poco "qualificate" che lavorino sottocosto in virtù dell'utilizzo di metodi illegali).
Nella gestione dei rifiuti, la Società si impegna a:
- verificare le autorizzazioni dei fornitori a cui venga assegnata l'attività di trasporto (in qualità di appaltatori o subappaltatori) e dei siti di destinazione, sia per le operazioni di smaltimento che per le operazioni di recupero;
- compilare in modo corretto e veritiero il registro di carico e scarico ed il formulario di identificazione per il trasporto dei rifiuti, astenendosi dal porre in essere operazioni di falso ideologico o materiale (ad esempio in relazione alle informazioni sulle caratteristiche qualitative o quantitative dei rifiuti);
- verificare la restituzione della copia del formulario di identificazione controfirmato e datato e segnalare al Presidente del Consiglio di Amministrazione eventuali anomalie riscontrate nel documento;
- compilare accuratamente il Modello Unico di Dichiarazione Ambientale;
- vigilare costantemente sulla corretta gestione dei rifiuti segnalando eventuali irregolarità al Presidente del Consiglio di Amministrazione (si pensi ad esempio, alla manomissione dei documenti di classificazione, al sospetto di abbandono dei rifiuti da parte del trasportatore in discariche abusive, etc.), affinché la Società ponga in essere le conseguenti azioni di tipo amministrativo e contrattuale oltre che le eventuali azioni di tipo legale dinanzi alle competenti autorità;
- custodire accuratamente in apposito archivio il registro carico e scarico ed i relativi formulari;
- far eseguire, con cadenza annuale, da una società esterna specializzata il livello di emissioni in modo tale da garantire il rispetto delle soglie di legge;
- sensibilizzare i Destinatari sul grado di rischio di tale attività rispetto a possibili infiltrazioni di organizzazioni criminali (le cd. ecomafie) utilizzando, a tal riguardo, eventuali report redatti
da commissioni parlamentari, associazioni ambientaliste, etc. (es. rapporto ecomafia redatto annualmente da Legambiente).
Nell’attività di intermediazione dei rifiuti, la Società si impegna a: - rispettare le indicazioni di cui sopra; - verificare le autorizzazioni dei fornitori da cui vengano acquistati rifiuti e/o a cui venga assegnato il trasporto, anche verso eventuali clienti, per le operazioni di recupero.
Infine, nell’attività di costruzione di apparecchiature per l’odorizzazione dei gas, la Società si impegna a condurre degli audit tesi a verificare che il processo di realizzazione di queste apparecchiature siano coerenti con gli standard delle certificazioni ISO 9001 e ISO 14001 nonché alle norme di buona tecnica e alla legislazione vigente.
4.1 IL SISTEMA DELLE PROCURE E DELLE DELEGHE IN MATERIA AMBIENTALE
Nell’ambito del tema della sicurezza del lavoro, le procure assegnate hanno un Modello diverso di tipo orizzontale: il DG assume il ruolo di Datore di lavoro e quindi anche responsabile degli obblighi derivanti dalla disciplina in materia ambientale ai sensi del D.lgs. 105/2015 in tema di protezione dai pericoli di incidenti rilevanti, il quale ha delegato i Responsabili di Area ed i Responsabili di Settore in ambiti specifici, nonché il Direttore Settori con esclusivo e limitato riferimento alla sede di Concordia sulla Secchia (MO) e San Possidonio (MO) oltre che dei siti limitrofi in locazione alla Società. . In questo caso, il delegato che all’interno di CPL ha un ruolo manageriale più che operativo, manterrà poteri di vigilanza e controllo generale sull’operato dei sub-delegati.
Data la complessità dell'attività produttiva, dei macchinari utilizzati e delle procedure o fasi di lavorazione adottate presso le sedi, i cantieri ed i luoghi di lavoro presso terzi, complessità che richiede una maggiore presenza diretta in situ, i primi delegati hanno a loro volta conferito sub-delega ai Responsabili di Sede, ai Direttori Tecnici di Cantiere e ai Responsabili di Commessa.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI AZIENDALI NELLE AREE A RISCHIO DI REATO
Alla luce dei descritti rischi-reato, la Società considera la tutela dell’ambiente una componente essenziale della politica aziendale. In questa ottica, la società si è dotata di un Manuale di Gestione Ambientale, ispirato alla norma ISO 14001:2015 (standard volontario riconosciuto e condiviso a livello internazionale), revisionato il 25 novembre 2021.
In ragione della centralità della tutela dell’ambiente, la Società:
• definisce la Politica Ambientale, diretta alla prevenzione dell’inquinamento, al rispetto delle normative e ad una efficace comunicazione interna ed esterna;
• si impegna esplicitamente a valutare l’impatto ambientale di ciascuna decisione aziendale, che influisca sulla sua strategia o sulle modalità della produzione o di resa dei servizi.
Il Sistema di Gestione Ambientale si applica alle attività esercitate da CPL e sono richiamate sul certificato del Sistema di Gestione Ambientale UNI EN ISO 14001:2015 (SGA).
Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta più procedure a presidio della commissione dei reati ambientali, delitti contro il patrimonio culturale e riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici. L’elenco delle procedure all’interno delle quali sono declinati i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative di un illecito è disponibile all’interno dell’Allegato 13 “PROCEDURE CHE DECLINANO LE CAUTELE GENERALI E LE CAUTELE PROCEDIMENTALI”.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente:
gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi.
attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni. tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza.
In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, delle possibili modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione dei reati ambientali, delitti contro il patrimonio culturale e riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello. Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio. Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle
direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo per le suddette aree a rischio sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali: Direttore Generale, Responsabile QSAE, nonché le Funzioni aziendali coinvolte in virtù di procure e deleghe attribuite in materia ambientale.
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione dei reati in materia Ambientale, lo stesso è tenuto a:
verificare il rispetto da parte dei Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in essere al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati Ambientali;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società. Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia a quanto previsto dalle istruzioni interne in tema di flussi informativi.
Capitolo IX
Impiego di cittadini di paesi terzi
il cui soggiorno è irregolare e intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
1. I REATI DI CUI
ALL’ARTICOLO 25DUODECIES E QUELLI DI CUI
ALL’ARTICOLO 25-QUINQUIES DEL D.LGS. 231/2001
L'art. 25-duodecies rubricato "Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare" è stato introdotto dal Decreto Legislativo n. 109 del 16 luglio 2012, che ha recepito la direttiva 2009/52/CE volta a rafforzare la cooperazione tra Stati membri nella lotta contro l’immigrazione illegale e successivamente ampliato dalla Legge n. 161/2017 di riforma del Codice Antimafia con l’introduzione delle fattispecie, ai commi 1bis e 1-ter, di “Trasporto di stranieri irregolari nel territorio dello Stato” e “Favoreggiamento della permanenza di stranieri irregolari nel territorio dello Stato”. Si riporta, nel seguito, l’art. 25-duodecies del D. Lgs. 231/2001: “1. In relazione alla commissione del delitto di cui all'articolo 22, comma 12-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote, entro il limite di € 150.000,00.
1-bis. In relazione alla commissione dei delitti d cui all'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote. 1-ter. In relazione alla commissione dei delitti di cui all'articolo 12, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote. 1-quater. Nei casi di condanna per i delitti di cui ai commi 1-bis e 1-ter del presente articolo, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno”. ***
Con riferimento al primo comma, l'art. 22, comma 12-bis, del D.lgs. n. 286/98 stabilisce che:
"Le pene per il fatto previsto dal comma 12 sono aumentate da un terzo alla metà:
a) se i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre;
b) se i lavoratori occupati sono minori in età non lavorativa;
c) se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare
sfruttamento di cui al terzo comma dell'articolo 603-bis del codice penale."
Le condizioni di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell'art. 603-bis del Codice Penale sono:
"1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti ".
Il richiamato art. 22, comma 12, del D. Lgs. n. 286/98 stabilisce che:
"Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato”.
Di conseguenza, in ragione dei richiami normativi dell’art. 25-duodecies del D. Lgs. 231/2001, l'ente che ha alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, oppure il cui permesso sia scaduto (e non ne sia stato richiesto il rinnovo entro i termini di legge), revocato o annullato è soggetto ad una sanzione pecuniaria da 100 a 200 quote, per un massimo di 150.000 euro, se i lavoratori occupati sono:
- in numero superiore a tre; - minori in età non lavorativa; - esposti a situazioni di grave pericolo, con riferimento alle prestazioni da svolgere ed alle condizioni di lavoro.
Con riferimento, poi, al comma 1-bis, l’art. 12 commi 3, 3-bis, 3-ter del D. Lgs. n. 286/1998 stabilisce:
“3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o
effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui:
a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;
c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;
d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;
e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.
3-bis. Se i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi prevista è aumentata.
3-ter. La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti di cui ai commi 1 e 3: a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento; b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto”.
Alla luce delle disposizioni di nuova introduzione vengono quindi sanzionate le condotte poste in essere nell’interesse o vantaggio dell’Ente ed in violazione delle disposizioni del testo unico sull’immigrazione, aventi quale finalità la promozione, direzione, organizzazione, finanziamento o effettuazione del trasporto di stranieri nel territorio dello Stato o dirette al compimento di altri atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato
del quale le persone non sono cittadini o non hanno titolo di residenza permanente. La responsabilità penale dell’Ente sorge, tuttavia, solo laddove si verifichi, alternativamente, uno degli ulteriori presupposti previsti dall’art. 12, comma 3, del D. Lgs. n. 286/1998:
- il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
- la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;
- la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;
- il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;
- gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti. Sono, poi, previsti trattamenti sanzionatori peggiorativi qualora, in particolare:
- le condotte di cui al comma 3 siano compiute con il ricorso di due o più delle condizioni richieste dalla medesima norma;
- i fatti siano commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo o riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento; - siano commessi al fine di trame profitto, anche indiretto.
Con riferimento al comma 1-ter, l’art. 12, comma 5, del D.lgs. n. 286/1998 stabilisce inoltre che:
“Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell'ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a euro 15.493 (lire trenta milioni). Quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà”.
La condotta integrante il favoreggiamento della permanenza illegittima sul territorio dello Stato da parte dello straniero è pertanto oggetto di sanzione da parte del Legislatore, in particolare quando il fine dell’Ente sia quello di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero stesso.
L’intento normativo è pertanto quello di contrastare una ulteriore forma di sostegno al fenomeno della immigrazione clandestina, perpetrato tramite la realizzazione di condotte idonee a lucrare sulla permanenza dei soggetti in stato di irregolarità.
Quanto al comma 1-quater, con tale disposizione il Legislatore ha, infine, inteso sanzionare le condotte rientranti nei due commi precedenti con l’ulteriore applicazione delle sanzioni interdittive per un periodo non inferiore ad un anno.
1.2 IL REATO DI CUI ALL’ARTICOLO 25QUINQUIES DEL DECRETO
La Legge 29 ottobre 2016, n. 199 ha modificato il testo dall’art. 603-bis c.p. relativo al reato di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, già introdotto nel nostro ordinamento giuridico – seppur con un’estensione applicativa più ridotta – dal D.L. n. 138/2011, convertito con modifiche con Legge n. 148/2011.
Si riporta, nel seguito, il reato di cui all’art. 603-bis c.p.:
Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603-bis c.p.)
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da € 500,00 a 1.000,00 per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori; 2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa
da € 1.000,00 a 2.000,00 per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:
1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà:
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
3) l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro”.
Il reato in esame prevede, nello specifico, due differenti condotte:
1. la prima mira a colpire principalmente chi svolge attività di intermediazione, reclutando manodopera al fine di destinarla al lavoro presso terzi “in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno” del lavoratore; 2. la seconda, invece, ha una portata molto più ampia e mira a colpire chiunque “utilizza, assume o impiega” lavoratori, anche laddove tale “utilizzo, assunzione o impiego” avvenga attraverso l’attività di un intermediario (reclutatore). In tal caso, le condizioni di “sfruttamento” del lavoratore sarebbero da ravvisare direttamente presso il soggetto che utilizza la manodopera. La formulazione di tale ultima fattispecie sembra comprendere non solo le ipotesi di assunzione diretta di dipendenti (tale conclusione trova conferma nell’utilizzo dell’inciso “assume”), ma, in considerazione
dei termini “utilizza” e “impiega”, anche situazioni che non abbiano quale presupposto l’assunzione del dipendente (si pensi, ad esempio, alle ipotesi di contratti di appalto).
Sembrano valere al riguardo le medesime argomentazioni esposte per il reato di “impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”. Non manca, infatti, chi abbia già osservato che i due reati di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” e di “impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare” possano coesistere.
Va osservato che la condotta, per assumere a rilevanza penale, deve avvenire in condizioni di “sfruttamento” e di approfittamento dello “stato di bisogno” del lavoratore.
Quanto alla prima condizione, lo stesso art. 603-bis c.p. definisce alcuni indici che fanno presumere lo sfruttamento.
In particolare, si devono realizzare una o più delle seguenti condizioni:
- la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme ai contratti di lavoro applicabili o, comunque, in modo sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro;
- la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria o alle ferie;
- la violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene sul luogo di lavoro;
- la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Appare evidente come, mentre per le prime due condizioni sia richiesta una reiterazione del comportamento di sfruttamento (non essendo, ad esempio, sufficiente la violazione una tantum della normativa sull’orario di lavoro) per la terza e la quarta condizione, invece, anche una singola violazione sembra poter configurare il rischio di sfruttamento. L’accertamento di una condizione di sfruttamento, nei termini appena descritti, non è però di per sé sufficiente ad integrare il reato. È, infatti, necessario l’approfittamento, da parte dell’autore del reato, dello “stato di bisogno” dei lavoratori. Secondo la giurisprudenza della Cassazione può parlarsi di stato di bisogno quando il soggetto passivo, pur non versando in una
situazione di assoluta indigenza, si trovi in condizioni di estrema criticità, tali da non potergli consentire di provvedere alle più elementari esigenze di vita, oppure tali da pregiudicare il mantenimento della propria situazione patrimoniale.
Da ultimo, va comunque sottolineato che la natura dolosa del reato comporta che le condotte descritte rilevino solo ove dolosamente preordinate a sottoporre “i lavoratori a condizioni di sfruttamento” con consapevolezza e volontà di approfittare “del loro stato di bisogno”. Il reatopresupposto, richiamato dall’art. 25duodecies d. lgs. cit., è quello di cui all’art. 22, comma 12-bis, d. lgs. 286/1998 (Testo Unico Immigrazione). Tale comma, introdotto dall’art. 1 d. lgs. 109/2012, si staglia alla stregua di una circostanza aggravante rispetto alla fattispecie-base di reato prevista dal precedente comma 12. Quest’ultimo punisce, con la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa di 5.000,00 euro per ogni lavoratore impiegato, il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, ovvero il cui permesso di soggiorno sia scaduto e del quale non sia stato chiesto il rinnovo, revocato o annullato. Il comma 12-bis stabilisce un aumento delle pene da un terzo alla metà, quando il fatto, previsto dal comma 12, riguarda più di tre lavoratori occupati, ovvero quando i lavoratori occupati sono minori in età non lavorativa o, infine, quando i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell’art. 603-bis c.p. (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro).
L’ente, dunque, risponde solo nel caso di commissione di una o più delle ipotesi aggravate, previste dal citato comma 12-bis La sanzione pecuniaria prevista va da cento e duecento quote, entro il limite di 150.000,00 euro.
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nel precedente paragrafo 1. A tal
fine, tutti i Destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti.
Per questo motivo sono stati individuati:
a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”;
b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello;
c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo, monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3. LE AREE POTENZIALMENTE “A RISCHIO REATO” E LE ATTIVITÀ “SENSIBILI”
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk mapping, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa ed aziendale di CPL:
➢ le aree considerate “a rischio reato”, ovvero dei settori e/o dei processi aziendali rispetto ai quali è stato ritenuto astrattamente sussistente il rischio di commissione dei reati di cui ai paragrafi 1 e 2;
➢ nell’ambito di ciascuna area “a rischio reato”, sono state individuate le relative attività c.d. “sensibili”, ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati in questione;
➢ le funzioni/ruoli aziendali coinvolti nell’esecuzione di tali attività “sensibili” e che, astrattamente, potrebbero commettere i reati di criminalità organizzata sebbene tale individuazione dei ruoli/funzioni non debba considerarsi, in ogni caso, tassativa atteso che ciascun soggetto individuato nelle procedure potrebbe in linea teorica essere coinvolto a titolo di concorso; ➢ in via esemplificativa, i principali controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree “a rischio reato" oltre alle regole definite nel
Modello di organizzazione, gestione e controllo e nei suoi protocolli (sistema procuratorio, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel
processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Sulla base di un’analisi delle principali attività svolte da CPL, sono state individuate le seguenti aree a rischio di commissione dei reati indicati ai paragrafi 1 e 2:
• Gestione del personale
Costituiscono situazioni di particolare attenzione nell’ambito delle suddette aree di attività a rischio:
• Gestione del personale:
- Attività di ricerca, selezione e assunzione di personale
- Obbligo di assunzione di soggetti appartenenti alle categorie protette
- Gestione dei rapporti con le agenzie esterne di selezione del personale, head hunter, in merito alla selezione, assunzione ed impiego del personale
- Gestione amministrativa del personale
- Gestione anagrafica dipendenti (inserimento e modifica dei dati anagrafici, retributivi, ecc.)
- Gestione presenza, permessi, ferie e straordinari
- Gestione adempimenti previdenziali e pagamento contributi
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
4. I PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Il presente paragrafo è inerente alle condotte poste in essere dagli
Amministratori, dal Responsabile Risorse Umane, dai dirigenti e dai loro dipendenti in linea gerarchica e, in generale, tutti coloro che svolgono un’attività a rischio reato (di seguito i “Destinatari”).
Le norme di comportamento qui descritte devono intendersi quale integrazione e precisazione delle previsioni del Codice Etico.
Ai Destinatari è fatto espresso obbligo di: 1. evitare di attuare comportamenti che possano anche solo potenzialmente integrare i reati riportati al precedente paragrafo;
2. tenere un comportamento corretto, trasparente e collaborativo, nel rispetto delle norme di legge e delle procedure aziendali; 3. osservare con la massima diligenza e rigore tutte le disposizioni legislativamente previste contro l’immigrazione clandestina; 4. rispettare il Codice Etico e le prescrizioni di cui al Modello;
5. evitare l’assunzione o la promessa di assunzione di persone che non siano in regola con il permesso di soggiorno in quanto: privi del permesso, con permesso revocato, con permesso scaduto e del quale non sia stata presentata la domanda di rinnovo;
6. evitare di utilizzare intermediari per il reclutamento del personale, ad eccezione delle Agenzie per il lavoro autorizzate dal Ministero del Lavoro ai sensi del D. Lgs. n. 276/2003. In tali casi, è fatto obbligo chiedere a detta Agenzia il rilascio di una dichiarazione di regolarità del lavoratore; 7. utilizzare appaltatori che offrano garanzie di rispetto del D. Lgs. 231/2001 e della normativa e della normativa in materia di diritto del lavoro e salute e sicurezza in favore dei loro dipendenti.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI AZIENDALI NELLE AREE A RISCHIO DI REATO
Come detto, le attività sensibili sopra richiamate, possono dare luogo al rischio di commissione dei reati di cui ai paragrafi 1 e 2
Elemento essenziale dei presidi organizzativi volti a prevenire il rischio di commissione di tali reati, è costituito da un set di procedure adottate dalla Società. Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta più procedure a presidio della commissione dei reati di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. L’elenco delle procedure all’interno delle quali sono declinati i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative
di un illecito è disponibile all’interno dell’Allegato 13 “PROCEDURE CHE DECLINANO LE CAUTELE GENERALI E LE CAUTELE PROCEDIMENTALI”.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente: gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi.
attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni. tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza.
In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, delle possibili modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione dei reati di impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello. Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche.
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio.
Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo per le suddette aree a rischio sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali: Direttore Generale, Direttore Sviluppo Org.ne e Competenze, HRBP, Responsabile dell’Ufficio Affari Legali, nonché ciascuna funzione coinvolta nel processo di selezione e assunzione del personale.
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione dei reati di Impiego Di Cittadini Di Paesi Terzi Il Cui Soggiorno È Irregolare E
Intermediazione Illecita E Sfruttamento Del Lavoro, lo stesso è tenuto a:
verificare il rispetto da parte dei Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in essere al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati di Impiego Di Cittadini Di Paesi Terzi Il Cui Soggiorno È Irregolare E
Intermediazione Illecita E
Sfruttamento Del Lavoro;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società. Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia a quanto previsto dalle istruzioni interne in tema di flussi informativi.
Capitolo X
Reati tributari
1. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 24BIS DEL D.LGS. 231/2001
La legge 18 marzo 2008, n. 48, recante “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica (Budapest 23 novembre 2001) e norme di adeguamento dell’ordinamento interno” ha ampliato le fattispecie di reato che possono generare la responsabilità dell’ente, introducendo, nel corpo del D. Lgs. 231/2001, l’art. 24-bis “Delitti informatici e trattamento illecito di dati”. La norma è stata in seguito modificata per effetto del D.L. 21 settembre 2019, n. 105 (Disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e di disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica (SICUREZZA CIBERNETICA), convertito con modificazioni dalla Legge 18 novembre 2019, n. 133 e, da ultimo, per effetto della Legge 28/06/ giugno 2024, n. 90 in tema di “Disposizioni in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici”. L’attuale formulazione dell’art. 24-bis stabilisce:
1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 615-ter, 617-quater, 617quinquies, 635-bis, 635-ter, 635-quater e 635quinquies del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a settecento quote.
1 - bis In relazione alla commissione del delitto di cui all'articolo 629, terzo comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.
2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 615-quater e 635-quater.1 del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria sino a quattrocento quote
3. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 491-bis e 640-quinquies del codice penale, salvo quanto previsto dall’articolo 24 del presente decreto per i casi di frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico, e dei delitti di cui all’articolo 1, comma 11, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, si applica all’ente la sanzione pecuniaria sino a quattrocento quote.
4. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1 si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, lettere a), b) ed e). Nei casi di condanna per il delitto indicato nel comma 1-bis si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo
9, comma 2, per una durata non inferiore a due anni. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 2 si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, lettere b) ed e). Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 3 si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e)
Preliminarmente deve essere osservato che il Legislatore ha previsto due tipologie di reati rilevanti ai fini del Decreto: a) i reati propriamente informatici; b) i reati di falso commessi mediante l'utilizzo di (o su) documenti/dati informatici. Con riferimento alla prima categoria di reati (che saranno di seguito specificati), si rintracciano una serie di elementi comuni, vale a dire:
i) elemento oggettivo: seppure le condotte possano essere materialmente diverse, si tratta di illeciti penali in cui il computer o il sistema informatico o telematico costituisce il fulcro della condotta. Ed infatti il computer o il sistema informatico o telematico rappresentano o il mezzo/ modalità di realizzazione della condotta (condotte realizzate mediante l'uso del computer), o la natura dell'oggetto materiale (condotte realizzate contro il computer - sistema informatico o telematico)
Per 'sistema informatico/telematico' si intende «una pluralità di apparecchiature destinate a compiere una qualsiasi funzione utile all’uomo, attraverso l’utilizzazione (anche in parte) di tecnologie informatiche (Cass. Sez. VI Pen. 4 ottobre - 14 dicembre 1999, n.3067). Queste ultime, come si è rilevato in dottrina, sono caratterizzate dalla registrazione (o "memorizzazione") per mezzo di impulsi elettronici, su supporti adeguati di dati, cioè di rappresentazioni elementari di un fatto, effettuata attraverso simboli (bit) numerici ("codice"), in combinazioni diverse: tali "dati", elaborati automaticamente dalla macchina, generano le informazioni costituite da un insieme più o meno vasto di dati organizzati secondo una logica che consenta loro di attribuire un particolare significato per l’utente.
ii) elemento soggettivo: sono tutti reati puniti a titolo di dolo (coscienza e volontà di commettere il reato), anche se per alcuni di essi è necessario anche il dolo specifico (vale a dire un’intenzione ulteriore che l'agente
deve avere di mira nel compiere la condotta delittuosa: es. fine di trarre profitto).
Si riporta, di seguito, la descrizione delle fattispecie incriminatrici richiamate e afferenti la categoria sub a).
A.1.1) Art. 615 ter del Codice penale (Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico)
Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni:
1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;
2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesemente armato;
3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l'interruzione totale o parziale del suo funzionamento ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti. Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni. Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d'ufficio. Il reato potrebbe configurarsi, a titolo di esempio, qualora un dipendente della Società acceda, utilizzando password indebitamente carpite, al sistema
81 Comma così modificato dall'art. 19, comma 5, lett. a), L. 23 dicembre 2021, n. 238, a decorrere dal 1° febbraio 2022. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Chiunque fraudolentemente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.».
82 Alinea così modificato dall'art. 19, comma 5, lett. b), L. 23 dicembre 2021, n. 238, a decorrere dal 1° febbraio 2022.
informatico altrui (ad esempio competitor, ecc) al fine di acquisire informazioni relative alle strategie aziendali ecc. A.1.2.) Art. 617 quater del Codice penale (Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche)
Chiunque fraudolentemente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni 81
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni di cui al primo comma. I delitti di cui ai commi primo e secondo sono punibili a querela della persona offesa. Tuttavia, si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da tre a otto anni se il fatto è commesso 82:
1) in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità;
2) da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema;
3) da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.
A titolo di esempio, il reato potrebbe realizzarsi qualora un dipendente effettui un attacco di c.d. sniffing mediante l'utilizzo di sistemi atti ad intercettare comunicazioni informatiche/telematiche di un competitor per finalità di spionaggio industriale e/o conseguente diffusione.
A.1.3.) Art. 617 quinquies del Codice penale (Detenzione, diffusione e installazione abusiva di apparecchiature e di altri mezzi atti a intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche) 83
Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso:».
83 Rubrica così sostituita dall'art. 19, comma 6, lett. b), L. 23 dicembre 2021, n. 238, a decorrere dal 1° febbraio 2022. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche».
Chiunque, fuori dai casi consentiti dalla legge, al fine di intercettare comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, ovvero di impedirle o interromperle, si procura, detiene, produce, riproduce, diffonde, importa, comunica, consegna, mette in altro modo a disposizione di altri o installa apparecchiature, programmi, codici, parole chiave o altri mezzi atti ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico ovvero intercorrenti tra più sistemi, è punito con la reclusione da uno a quattro anni 84 .
La pena è della reclusione da uno a cinque anni nei casi previsti dal quarto comma dell'articolo 617-quater.
A titolo esemplificativo, il reato si configura mediante l'installazione di dispositivi tecnologici (es., sniffer e scanner di onde elettromagnetiche) volti ad intercettare le comunicazioni telefoniche, o informatiche wired e wireless.
A.1.4.) Art. 635-bis del codice penale (Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque distrugge, deteriora, cancella, altera o sopprime informazioni, dati o programmi informatici altrui è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è della reclusione da uno a quattro anni.1
Il reato potrebbe configurarsi, ad esempio, qualora un dipendente della Società, alteri dati informatici particolarmente rilevanti ai fini dello svolgimento dell'attività produttiva di una impresa concorrente, accedendo al relativo sistema informatico.
A.1.5.) Art. 635-ter del codice penale (Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette un fatto diretto a distruggere, deteriorare, cancellare, alterare
84 Comma così modificato dall'art. 19, comma 6, lett. a), L. 23 dicembre 2021, n. 238, a decorrere dal 1° febbraio 2022. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Chiunque, fuori dai casi consentiti dalla legge, installa apparecchiature atte ad intercettare, impedire o
o sopprimere informazioni, dati o programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o ad essi pertinenti, o comunque di pubblica utilità, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se dal fatto deriva la distruzione, il deterioramento, la cancellazione, l’alterazione o la soppressione delle informazioni, dei dati o dei programmi informatici, la pena è della reclusione da tre a otto anni.
Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata.
A titolo esemplificativo, tale fattispecie potrebbe, astrattamente, realizzarsi nell'ipotesi in cui un dipendente della Società, acceda al sistema informatico del tribunale (al fine di alterare o cancellare informazioni raccolte durante una ipotetica indagine) o dell'INPS (al fine di modificare le singole posizioni assicurative).
A.1.6.) Art. 635-quater del Codice penale (Danneggiamento di sistemi informatici o telematici)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, mediante le condotte di cui all’articolo 635-bis, ovvero attraverso l’introduzione o la trasmissione di dati, informazioni o programmi, distrugge, danneggia, rende, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici altrui o ne ostacola gravemente il funzionamento è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata.3.
Vale l'esempio fatto sopra per il reato di cui all'art. 635 bis.
A.1.7.) Art. 635 quater.1 del Codice Penale (Detenzione, diffusione e installazione abusiva di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico)
Chiunque, allo scopo di danneggiare illecitamente un sistema informatico o telematico ovvero le informazioni, i dati o i programmi in esso contenuti o ad esso
interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico ovvero intercorrenti tra più sistemi, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.».
pertinenti ovvero di favorire l'interruzione, totale o parziale, o l'alterazione del suo funzionamento, abusivamente si procura, detiene, produce, riproduce, importa, diffonde, comunica, consegna o, comunque, mette in altro modo a disposizione di altri o installa apparecchiature, dispositivi o programmi informatici è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 10.329.
La pena è della reclusione da due a sei anni quando ricorre taluna delle circostanze di cui all'articolo 615-ter, secondo comma, numero 1).
La pena è della reclusione da tre a otto anni quando il fatto riguarda i sistemi informatici o telematici di cui all'articolo 615-ter, terzo comma.
A.1.8.) Art. 635-quinquies del codice penale (Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità) Se il fatto di cui all’articolo 635-quater è diretto a distruggere, danneggiare, rendere, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici di pubblica utilità o ad ostacolarne gravemente il funzionamento, la pena è della reclusione da uno a quattro anni. Se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema informatico o telematico di pubblica utilità ovvero se questo è reso, in tutto o in parte, inservibile, la pena è della reclusione da tre a otto anni. Se ricorre la circostanza di cui al numero 1) del secondo comma dell’articolo 635 ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata. Vale l'esempio fatto sopra per il reato di cui all'art. 635 quater.
A.1.9.) Art. 615 quater del codice penale (Detenzione, diffusione e installazione abusiva di apparecchiature, codici e altri mezzi atti all'accesso a sistemi informatici o telematici) 85
Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si procura, detiene, produce, riproduce, diffonde, importa, comunica, consegna, mette in altro modo a disposizione di altri o installa apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti, codici, parole chiave o altri mezzi idonei
all'accesso ad un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, o comunque fornisce indicazioni o istruzioni idonee al predetto scopo, è punito con la reclusione sino a due anni e con la multa sino a euro 5.164.
La pena è della reclusione da due anni a sei anni quando ricorre taluna delle circostanze di cui all'articolo 615-ter, secondo comma, numero 1).
La pena è della reclusione da tre a otto anni quando il fatto riguarda i sistemi informatici o telematici di cui all'articolo 615-ter, terzo comma.
Il reato potrebbe configurarsi, ad esempio, nel caso in cui un dipendente della Società effettui un attacco di social engineering, di forza bruta al fine di individuare le credenziali di accesso ad un sistema di un competitor.
Sotto un diverso profilo il dipendente potrebbe, una volta procuratesi le credenziali, riprodurre, diffondere, comunicare o consegnare a terzi i codici, parole chiave o altri mezzi necessari all'accesso al sistema informatico. Queste ultime condotte possono essere integrate anche qualora i codici le parole chiave o gli altri mezzi siano procurati da un soggetto terzo.
A.1.10) Art. 629, terzo comma, del Codice penale (Estorsione)
Chiunque, mediante le condotte di cui agli articoli 615-ter, 617-quater, 617-sexies, 635bis, 635-quater e 635-quinquies ovvero con la minaccia di compierle, costringe taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 10.000. La pena è della reclusione da otto a ventidue anni e della multa da euro 6.000 a euro 18.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nel terzo comma dell'articolo 628 nonché nel caso in cui il fatto sia commesso nei confronti di persona incapace per età o per infermità.
85 Rubrica così sostituita dall'art. 19, comma 1, lett. c), L. 23 dicembre 2021, n. 238, a decorrere dal 1° febbraio 2022. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici». La Legge 28 giugno
2024, n. 90 (in G.U. 02/07/2024, n.153) ha disposto (con l'art. 16, comma 1, lettera c)) la modifica dell'art. 615quater, commi 1 e 2 e l'introduzione di un comma dopo il secondo all'art. 615-quater.
Con riferimento alla categoria di reati precedentemente indicata sub b) - i reati di falso commessi mediante l'utilizzo di (o su) documenti/dati informatici - parimenti possono individuarsi una serie di elementi comuni:
i) definizione di 'documento informatico': qualunque supporto informatico contenente dati e informazioni aventi efficacia probatoria (quindi il documento informatico viene equiparato all'atto pubblico o alla scrittura privata avente efficacia probatoria).
ii) bene giuridico tutelato: il bene tutelato dalle norme è la “fede pubblica”, vale a dire l'interesse a che i mezzi probatori siano genuini e veridici e alla certezza dei rapporti economici e giuridici.
iii) elemento oggettivo: in questa tipologia di reati si concretizza o nella condotta di alterare/ manomettere il documento nella sua essenza materiale, ovvero nella sua genuinità (cd 'falsità materiale') ovvero in condotte che tendono ad incidere sul contenuto dello stesso, vale a dire sulla verità dei fatti in esso espressi (c.d. falsità ideologica).
iv) elemento soggettivo: i reati de quo sono puniti solo a titolo di dolo (è esclusa quindi la punibilità per colpa: negligenza, imperizia, imprudenza inosservanza di leggi).
B.1.11) Art. 491-bis. del Codice penale
(Documenti informatici)
Se alcuna delle falsità previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico avente efficacia probatoria, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti gli atti pubblici.
La norma sopra citata estende le disposizioni in tema di falso in atto pubblico o scrittura privata alle falsità riguardanti un documento informatico; i reati richiamati sono i seguenti:
▪ Articolo 476 Codice penale (Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici)
Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni.
▪ Articolo 477 Codice penale (Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative)
Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
▪ Articolo 478 codice penale (Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti)
Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, supponendo esistente un atto pubblico o privato, ne simula una copia e la rilascia in forma legale, ovvero rilascia una copia di un atto pubblico o privato diversa dall’originale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a otto anni.
Se la falsità è commessa dal pubblico ufficiale in un attestato sul contenuto di atti, pubblici o privati, la pena è della reclusione da uno a tre anni.
▪ Articolo 479 Codice penale (Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici)
Il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’articolo 476.
▪ Articolo 480 Codice penale (Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative)
Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni.
Con riferimento alle fattispecie sopra indicate, deve, preliminarmente, segnalarsi che i dipendenti della Società non rivestono la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Di conseguenza i reati di falso in precedenza indicati, sono astrattamente configurabili ai fini di cui al Decreto solo nell'ipotesi in cui il dipendente/soggetto riferibile alla Società
sia imputato di concorso esterno nei reati eventualmente commessi da coloro i quali dispongono della qualifica soggettiva prima detta.
Alla luce di quanto sopra specificato, dunque, i reati possono configurarsi in tutti i casi il dipendente/soggetto riferibile alla Società contribuisca fattualmente o moralmente con atti e/o omissioni l'alterazione/ modificazione/ contraffazione/ formazione/ simulazione dei documenti informatici rilevanti ai fini dei precedenti articoli.
▪ Articolo 481 Codice penale (Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità)
Chiunque, nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 51 euro a 516 euro.
Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.
Si veda quanto riportato nel punto precedente con la differenza che, in questo caso, il concorso deve accedere ad una condotta posta in essere dall'esercente una professione sanitaria (es. infermiere, medico, ecc.) o forense (es., avvocato).
▪ Articolo 482 Codice penale (Falsità materiale commessa dal privato)
Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell’esercizio delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo. In via esemplificativa, il reato sarebbe configurabile laddove un dipendente della Società alteri le ricevute bancarie telematiche di versamenti tributari.
▪ Articolo 483 Codice penale (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico)
86 Articolo abrogato dall'art. 1 d.lg. 15 gennaio 2016, n. 7. Il testo recitava: «[I]. Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o altera una scrittura privata vera, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni. [II]. Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata».
87 Articolo abrogato dall'art. 1 d.lg. 15 gennaio 2016, n. 7. Il testo recitava: «[I]. Chiunque, al fine di procurare a sé o
Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni.
Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.
A titolo esemplificativo tale fattispecie potrebbe trovare applicazione nel caso in cui un dipendente della Società, dichiari, per via telematica, che la Società ha adempiuto a determinati obblighi di legge al fine di ricevere un finanziamento.
▪ Articolo 484 Codice penale (Falsità in registri e notificazioni)
Chiunque, essendo per legge obbligato a fare registrazioni soggette all’ispezione dell’Autorità di pubblica sicurezza, o a fare notificazioni all’Autorità stessa circa le proprie operazioni industriali, commerciali o professionali, scrive o lascia scrivere false indicazioni è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 309 euro.
A titolo di esempio, un dipendente della Società potrebbe alterare il dossier da inviare al Ministero per la registrazione di un prodotto al fine della commercializzazione.
▪ Articolo 485 Codice penale (Falsità in scrittura privata) 86
▪ Articolo 486 Codice penale (Falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato) 87
▪ Articolo 487 Codice penale (Falsità in foglio firmato in bianco. Atto pubblico) Il pubblico ufficiale, che, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il possesso per ragione del suo ufficio e per un titolo che importa l’obbligo o la facoltà di riempirlo, vi scrive o vi fa scrivere un atto pubblico diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato, soggiace alle pene rispettivamente stabilite negli articoli 479 e 480.
▪ Articolo 488 Codice penale (Altre falsità in foglio firmato in bianco. Applicabilità delle disposizioni sulle falsità materiali)
Ai casi di falsità su un foglio firmato in bianco diversi da quelli preveduti
ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il possesso per un titolo che importi l'obbligo o la facoltà di riempirlo, vi scrive o fa scrivere un atto privato produttivo di effetti giuridici, diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato, è punito, se del foglio faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni. [II]. Si considera firmato in bianco il foglio in cui il sottoscrittore abbia lasciato bianco un qualsiasi spazio destinato a essere riempito».
dall'articolo 487 si applicano le disposizioni sulle falsità materiali in atti pubblici 88 . Per le modalità esemplificative di questi reati valgano le considerazioni prima espresse con riferimento ai reati commessi dai pubblici ufficiali/incaricati di pubblico servizio.
▪ Articolo 489 Codice penale (Uso di atto falso)
Chiunque senza essere concorso nella falsità, fa uso di un atto falso soggiace alle pene stabilite negli articoli precedenti, ridotte di un terzo 89
A titolo di esempio tale fattispecie è astrattamente realizzabile qualora il dipendente della Società utilizzi documenti informatici falsi, senza aver concorso a falsificare il documento, per procurare un vantaggio alla Società.
▪ Articolo 490 Codice penale (Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri)
Chiunque, in tutto o in parte, distrugge, sopprime od occulta un atto pubblico vero o, al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, distrugge, sopprime od occulta un testamento olografo, una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore veri, soggiace rispettivamente alle pene stabilite negli articoli 476, 477 e 482, secondo le distinzioni in essi contenute. 90 91
A titolo esemplificativo, la fattispecie è astrattamente realizzabile nei casi in cui, il dipendente della Società acceda in un sistema informatico altrui e distrugga quali un titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore veri.
▪ Articolo 492 Codice penale (Copie autentiche che tengono luogo degli originali mancanti)
Agli effetti delle disposizioni precedenti, nella denominazione di «atti pubblici» e di «scritture private» sono compresi gli atti originali e le copie autentiche di essi, quando a norma di legge tengano luogo degli originali mancanti.
88 Articolo sostituito dall'art. 2 d.lg. 15 gennaio 2016, n. 7. Il testo recitava: «Ai casi di falsità su un foglio firmato in bianco diversi da quelli preveduti dai due articoli precedenti, si applicano le disposizioni sulle falsità materiali in atti pubblici o in scritture private»
89 Il comma 2 è stato abrogato dall'art. 2 d.lg. 15 gennaio 2016, n. 7. Il testo recitava: «Qualora si tratti di scritture private, chi commette il fatto è punibile soltanto se ha agito al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno».
▪ Articolo 493 Codice penale (Falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico)
Le disposizioni degli articoli precedenti sulle falsità commesse da pubblici ufficiali si applicano altresì agli impiegati dello Stato, o di un altro ente pubblico, incaricati di un pubblico servizio relativamente agli atti che essi redigono nell’esercizio delle loro attribuzioni.
Queste fattispecie sono definitorie ai fini della eventuale estensione oggettiva o soggettiva dei reati di falso.
B.1.12) Art. 640-quinquies del Codice penale (Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica)
Il soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica, il quale, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di arrecare ad altri danno, viola gli obblighi previsti dalla legge per il rilascio di un certificato qualificato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 51 a 1.032 euro.
B.1.13) Art. 1, comma 1, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105
Si segnala inoltre che in data 20 novembre 2019 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 133/2019 di conversione del Decreto-legge n. 105/2019, recante "Disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica" ed entrato in vigore il 22 settembre 2019. In particolare, il citato provvedimento normativo ha introdotto una serie di misure atte ad assicurare un elevato livello di sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici di interesse collettivo necessari allo svolgimento di funzioni o alla prestazione di servizi essenziali per lo Stato. I destinatari del citato provvedimento sono amministrazioni pubbliche, nonché gli enti e gli operatori nazionali, pubblici e privati, le cui reti assolvono a un servizio essenziale e dal cui malfunzionamento può derivare un pregiudizio per la sicurezza nazionale.
90 Comma sostituito dall'art. 2 d.lg. 15 gennaio 2016, n. 7. Il testo recitava: «Chiunque, in tutto o in parte, distrugge, sopprime od occulta un atto pubblico o una scrittura privata veri soggiace rispettivamente alle pene stabilite negli articoli 476, 477, 482 e 485, secondo le distinzioni in essi contenute».
91 Il comma 2 è stato abrogato dall'art. 2 d.lg. 15 gennaio 2016, n. 7. Il testo recitava: «Si applica la disposizione del capoverso dell'articolo precedente».
Nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica rientreranno, pertanto, soggetti pubblici e privati, operanti in settori quali l’energia e i trasporti, il settore bancario, le infrastrutture dei mercati finanziari, il settore sanitario o le infrastrutture digitali, la cui precisa individuazione è demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro quattro mesi dalla data di conversione in legge del Decreto.
A tutela del piano di difesa cibernetica il citato Decreto ha previsto l'introduzione di un nuovo delitto estendendo, al tempo stesso, anche a tale nuova fattispecie la responsabilità da reato degli enti ex D. Lgs. 231/2001.
Nello specifico, il nuovo delitto prevede che sia punito, con la reclusione da uno a cinque anni, chiunque al fine di ostacolare o condizionare i relativi procedimenti:
➢ fornisca informazioni, dati o elementi di fatto non rispondenti al vero rilevanti (i) per l'aggiornamento degli elenchi delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici, (ii) per le comunicazioni previste nei casi di affidamento di forniture di beni, sistemi e servizi ICT destinati ad essere impiegati sulle reti, o (iii) per lo svolgimento delle attività di ispezione e vigilanza;
➢ ometta di comunicare tali informazioni, dati o elementi di fatto entro i termini previsti dal Decreto.
All'ente privato, responsabile ai sensi del D. Lgs. 231/2001, si applica, invece, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote.
In particolare, l'effettiva rilevanza dell'estensione della responsabilità da reato degli enti disposta dalla Legge dipenderà da quali soggetti saranno individuati come destinatari della nuova disciplina e che, pertanto, rientreranno nel perimetro nazionale di sicurezza cibernetica, la cui istituzione è demandata ad un successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare su proposta del CISR (Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica), previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro 4 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione.
In data 21 ottobre 2020 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il testo del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 131/2020, il primo dei decreti attuativi del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica
(di seguito, il “Perimetro”) introdotto dal Decreto-legge 105/2019.
Scopo del DPCM, entrato in vigore il 5 novembre 2020, è quello di stabilire i parametri con cui sono individuati dalle autorità preposte i soggetti pubblici e privati che rientrano all’interno del Perimetro, i quali svolgono funzioni o prestano servizi essenziali per lo Stato
L’articolo 2 del DPCM identifica così tali soggetti:
➢ un soggetto esercita una funzione essenziale dello Stato, laddove l’ordinamento gli attribuisca compiti rivolti ad assicurare la continuità dell’azione di Governo e degli organi costituzionali, la sicurezza interna ed esterna e la difesa dello Stato, le relazioni internazionali, la sicurezza e l’ordine pubblico, l’amministrazione della giustizia, la funzionalità dei sistemi economico e finanziario e dei trasporti;
➢ un soggetto, pubblico o privato, presta un servizio essenziale per il mantenimento di attività civili, sociali o economiche fondamentali per gli interessi dello Stato, laddove ponga in essere: attività strumentali all’esercizio di funzioni essenziali dello Stato; attività necessarie per l’esercizio e il godimento dei diritti fondamentali; attività necessarie per la continuità degli approvvigionamenti e l’efficienza delle infrastrutture e della logistica; attività di ricerca e attività relative alle realtà produttive nel campo dell’alta tecnologia e in ogni altro settore, ove presentino rilievo economico e sociale, anche ai fini della garanzia dell’autonomia strategica azionale, della competitività e dello sviluppo del sistema economico nazionale.
Successivamente, all’articolo 3 vengono individuati i settori a cui appartengono i soggetti ricompresi nel Perimetro: a) interno; b) difesa; c) spazio e aerospazio; d) energia; e) telecomunicazioni; f) economia e finanza; g) trasporti; h) servizi digitali; i) tecnologie critiche; l) enti previdenziali/lavoro.
Per l’individuazione e l’elencazione effettiva dei soggetti rientranti nel Perimetro appartenenti ai suddetti settori, l’articolo 4 prevede che tale attività di individuazione venga svolta dalla specifica Amministrazione pubblica competente per singolo settore (individuata al comma 2 dell’articolo 3). In particolare, le amministrazioni a cui è richiesta l’attività di individuazione dei soggetti rientranti nel
Perimetro, sono tenute innanzitutto a identificare le funzioni e i servizi essenziali erogati da ciascun soggetto (nel proprio settore di competenza) dipendenti da i) reti ii) sistemi informativi e iii) sistemi informatici la cui interruzione o compromissione possano arrecare pregiudizio alla sicurezza nazionale. Una volta individuati i soggetti, le amministrazioni dovranno anche valutare gli effetti negativi dell’interruzione della funzione o del servizio essenziale e della compromissione, in termini di perdita di disponibilità, integrità e riservatezza dei dati e delle informazioni.
In attesa, pertanto, di tale delle specifiche disposizioni emanate dalla Amministrazioni, il presente reato non è stato considerato ai fini dell’assessment che allo stato non appare rilevante per CPL.
1.1 I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25NOVIES DEL DECRETO
L’art. 15 della Legge n. 99/2009 ha introdotto nel catalogo dei reati presupposto, all’art. 25novies del D. Lgs. 231/2001, i delitti in materia di violazione del diritto d’autore previsti dalla Legge 22 aprile 1941, n. 633. Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità, delle caratteristiche e del business della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni: Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio (art. 171, L. n. 633/1941)
“1. Salvo quanto previsto dall'articolo 171 bis e dall’articolo 171 ter è punito con la multa da € 51,00 a € 2.065,00 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma: (…)
a bis) mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta, o parte di essa; (…)
3. La pena è della reclusione fino ad un anno o della multa non inferiore a € 516,00 se i reati di cui sopra sono commessi sopra un'opera altrui non destinata alla pubblicazione, ovvero con usurpazione della paternità dell'opera, ovvero con deformazione, mutilazione o altra modificazione dell'opera medesima,
qualora ne risulti offesa all'onore od alla reputazione dell'autore”.
***
Il reato in esame rileva ai fini della responsabilità amministrativa da reato degli enti nelle seguenti due ipotesi criminose:
- in caso di messa a disposizione del pubblico, in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di un'opera dell'ingegno protetta, o di parte di essa;
- nel caso in cui siano commesse su opere altrui non destinate alla pubblicazione qualora ne risulti offeso l’onore o la reputazione:
(i) la riproduzione, trascrizione, recita in pubblico, diffusione, vendita o messa in vendita o messa altrimenti in commercio; (ii) la messa a disposizione del pubblico, in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere;
(iii) la rappresentazione, esecuzione o recita in pubblico o diffusione con o senza variazioni od aggiunte;
(iv) il compimento dei fatti sopra indicati mediante una delle forme previste dalla L. n. 633/1941;
(v) la riproduzione o esecuzione o rappresentazione oltre i diritti acquisiti;
(vi) la trasmissione su filo o per radio o registrazione in dischi fonografici o altri apparecchi analoghi.
Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio (art. 171-ter, L. n. 633/1941)
“1. È punito, se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 2.582,00 a € 15.493,00 chiunque a fini di lucro:
a) abusivamente duplica, riproduce, trasmette o diffonde in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, un'opera dell'ingegno destinata al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento;
b) abusivamente riproduce, trasmette o diffonde in pubblico, con qualsiasi procedimento, opere o parti di opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico-
musicali, ovvero multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati;
c) pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o la distribuzione, distribuisce, pone in commercio, concede in noleggio o comunque cede a qualsiasi titolo, proietta in pubblico, trasmette a mezzo della televisione con qualsiasi procedimento, trasmette a mezzo della radio, fa ascoltare in pubblico le duplicazioni o riproduzioni abusive di cui alle lettere a) e b);
d) detiene per la vendita o la distribuzione, pone in commercio, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, proietta in pubblico, trasmette a mezzo della radio o della televisione con qualsiasi procedimento, videocassette, musicassette, qualsiasi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, od altro supporto per il quale è prescritta, ai sensi della presente legge, l'apposizione di contrassegno da parte della Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.), privi del contrassegno medesimo o dotati di contrassegno contraffatto o alterato; e) in assenza di accordo con il legittimo distributore, ritrasmette o diffonde con qualsiasi mezzo un servizio criptato ricevuto per mezzo di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato; f) introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o la distribuzione, distribuisce, vende, concede in noleggio, cede a qualsiasi titolo, promuove commercialmente, installa dispositivi o elementi di decodificazione speciale che consentono l'accesso ad un servizio criptato senza il pagamento del canone dovuto. f bis) fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l'uso commerciale dì eludere efficaci misure tecnologiche di cui all'art. 102 quater ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l'elusione di predette misure. Fra le misure tecnologiche sono comprese quelle applicate, o che
residuano, a seguito della rimozione delle misure medesime conseguentemente a iniziativa volontaria dei titolari dei diritti o ad accordi tra questi ultimi e i beneficiari di eccezioni, ovvero a seguito di esecuzione di provvedimenti dell'autorità amministrativa o giurisdizionale;
h) abusivamente rimuove o altera le informazioni elettroniche di cui all'articolo 102 quinquies, ovvero distribuisce, importa a fini di distribuzione, diffonde per radio o per televisione, comunica o mette a disposizione del pubblico opere o altri materiali protetti dai quali siano state rimosse o alterate le informazioni elettroniche stesse.
2. È punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da € 2.582,00 a € 15.493,00 chiunque:
a) riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o pone altrimenti in commercio, cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi; a bis) in violazione dell'articolo 16, a fini di lucro, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore, o parte di essa;
b) esercitando in forma imprenditoriale attività di riproduzione, distribuzione, vendita o commercializzazione, importazione di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi, si rende colpevole dei fatti previsti dal comma 1; c) promuove o organizza le attività illecite di cui al comma 1.
3. La pena è diminuita se il fatto è di particolare tenuità.
4. La condanna per uno dei reati previsti nel comma 1 comporta:
a) l'applicazione delle pene accessorie di cui agli articoli 30 e 32 bis del codice penale; b) la pubblicazione della sentenza ai sensi dell'articolo 36 del codice penale; c) la sospensione per un periodo di un anno della concessione o autorizzazione di diffusione radiotelevisiva per l'esercizio dell'attività produttiva o commerciale.
5. Gli importi derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dai precedenti commi sono versati all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici”.
Il reato in esame punisce l’abusiva duplicazione, riproduzione, trasmissione o diffusione in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, di opere dell'ingegno destinate al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio di dischi, nastri o supporti analoghi o ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento; opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico musicali, multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati; riproduzione, duplicazione, trasmissione o diffusione abusiva, vendita o commercio, cessione a qualsiasi titolo o importazione abusiva di oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi; immissione in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore, o parte di essa.
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nei precedenti paragrafi 1 e 2. A tal fine, tutti i Destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti.
Per questo motivo sono stati individuati: a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”; b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello; c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo, monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3. LE AREE POTENZIALMENTE "A RISCHIO REATO" E LE ATTIVITÀ "SENSIBILI"
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk mapping, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa di CPL
➢ le aree considerate “a rischio reato”, ovvero dei settori e/o dei processi aziendali rispetto ai quali è stato ritenuto astrattamente sussistente il rischio di commissione dei reati di cui ai paragrafi 1 e 2;
➢ nell’ambito di ciascuna area “a rischio reato”, sono state individuate le relative attività c.d. “sensibili”, ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati informatici e dei delitti in materia di violazione del diritto d’autore;
➢ le funzioni/ruoli aziendali coinvolti nell’esecuzione di tali attività “sensibili” e che, astrattamente, potrebbero commettere i reati informatici sebbene tale individuazione dei ruoli/funzioni non debba considerarsi, in ogni caso, tassativa atteso che ciascun soggetto individuato nelle procedure potrebbe in linea teorica essere coinvolto a titolo di concorso;
➢ in via esemplificativa, i principali controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree “a rischio reato" oltre alle regole definite nel Modello di organizzazione, gestione e controllo e nei suoi protocolli (sistema procuratorio, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Sulla base di un’analisi delle principali attività svolte da CPL, sono state individuate le seguenti aree a rischio di commissione dei reati indicati ai paragrafi 1 e 2:
• Gestione delle attività commerciali
• Gestione dei servizi informativi e dei dati
Costituiscono situazioni di particolare attenzione nell’ambito delle suddette aree di attività a rischio:
• Gestione delle attività commerciali
- Gestione dei rapporti con la SIAE
• Gestione dei servizi informativi e dei dati
- Gestione degli accessi logici e fisici
- Gestione hardware, software e relative licenze d’uso
- Utilizzo dei dispositivi di firma digitale
- Gestione della documentazione in formato digitale
- Trattamento o trasmissione di dati informatici
- Conservazione o diffusione di codici di accesso ad un sistema informatico
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
4. I PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Il presente paragrafo è inerente alle condotte poste in essere dai Destinatari che svolgono attività implicanti l’utilizzo di strumenti informatici, trattandosi di reati comuni. Particolarmente delicati risultano essere il ruolo degli amministratori di sistema, con riferimento alla gestione del sistema informatico.
Tutti i soggetti individuati al presente paragrafo dovranno adeguarsi alle prassi operative e alle regole di condotta predisposte al fine di prevenire i reati di cui si tratta.
I Destinatari hanno l’obbligo di rispettare le norme di legge, del Codice Etico e le regole previste dal presente Modello, con espresso divieto di porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti che realizzino le fattispecie di reato sopra elencate.
In coerenza con il Codice Etico e con le procedure aziendali, i medesimi hanno il divieto di:
1. attuare delle condotte che, anche solo in astratto o in via potenziale, possano costituire reato ai sensi dell’art. 24-bis del Decreto;
2. accedere nei programmi o nella memoria di apparati informatici o telematici, protetti da chiavi di ingresso o altri mezzi di protezione, di Soggetti Terzi; 3. cedere a terzi i propri codici di accesso ai Sistemi Informatici o utilizzare codici di accesso non autorizzati; 4. procurarsi o introdurre nei Sistemi Informatici virus o malware, nonché programmi o informazioni atti a provocare
l’interruzione, il deterioramento o il danneggiamento del Sistema Informatico o dei dati in esso contenuti;
5. procurarsi o introdurre nei sistemi informatici utilizzati da enti appartenenti alla Pubblica Amministrazione virus o malware, nonché programmi o informazioni atti a provocare l’interruzione, il deterioramento o il danneggiamento dei relativi sistemi informatici o dei dati in essi contenuti;
6. intercettare, impedire totalmente o parzialmente con qualsiasi forma di ingresso nel Sistema Informatico le comunicazioni; rivelare al pubblico quanto si è appreso con l’illegittimo inserimento nei canali di comunicazione;
7. predisporre strumenti idonei alla intercettazione o anche soltanto all’impedimento o interruzione di comunicazioni informatiche o telematiche; 8. consentire l’accesso ai locali dei server a persone non autorizzate; 9. manomettere o modificare autonomamente i Sistemi Informatici, gli applicativi, le infrastrutture hardware e i dati in uso di proprietà della Società o di terzi; 10. danneggiare i Sistemi Informatici di proprietà della Società o di Soggetti Terzi; 11. connettersi, senza esplicita autorizzazione giustificata da ragioni di servizio, consultare, effettuare operazioni di download a/da siti web che siano da considerarsi illeciti alla luce delle disposizioni organizzative interne (quali, a titolo esemplificativo, siti che presentano contenuti contrari alla morale, alla libertà di culto, all’ordine pubblico, che comportino la violazione della privacy di persone fisiche e/o giuridiche, che promuovono o appoggiano movimenti terroristici o sovversivi, che violano le norme dettate in materia di copyright e di proprietà intellettuale, ecc.);
12. modificare le configurazioni standard di software e hardware o di collegamento degli Strumenti Informatici a rete di connessione pubblica o privata mediante strumenti (quali, linee telefoniche o apparecchiature wireless) di qualsiasi genere;
13. aggirare le regole di sicurezza informatica installate ed applicate agli Strumenti Informatici e telematici aziendali. Infine, nell’attività di costruzione di apparecchiature per l’odorizzazione dei gas, la Società si impegna a condurre degli audit
tesi a verificare che il processo di realizzazione di queste apparecchiature siano coerenti con gli standard delle certificazioni ISO 9001 e ISO 14001 nonché alle norme di buona tecnica e alla legislazione vigente.
Al fine di prevenire la commissione dei reati in materia di violazione del diritto d’autore, i Destinatari hanno l’obbligo di rispettare le norme di legge, del Codice Etico e le regole previste dal presente Modello, con espresso divieto di porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti che realizzino le fattispecie di reato sopra elencate.
Ai Destinatari è fatto espresso obbligo di: 1. rispettare le previsioni contenute nel Codice Etico e nel Modello; 2. rispettare le policies, procedure, le linee guida e i protocolli interni e di Gruppo che disciplinano specificamente i comportamenti che i medesimi devono tenere per evitare la commissione delle fattispecie criminose di cui al paragrafo 2 In generale, è assolutamente vietato ai Destinatari:
1. porre in essere, concorrere in o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, anche solo in astratto o in via potenziale, i reati previsti all’art. 25-novies del Decreto; 2. porre in essere o agevolare attività che siano in contrasto con le previsioni del Modello e del Codice Etico;
3. porre in essere o agevolare attività che siano in contrasto con le procedure, le policy e le prassi aziendali in materia di diritto d’autore;
4. porre in essere comportamenti che, sebbene risultino tali da non costituire di per sé ipotesi di reato, possano esserne il presupposto (ad esempio, mancato controllo) o possano potenzialmente diventare fattispecie di reato;
5. compiere qualsiasi azione che abbia per oggetto o per effetto quello di riprodurre in qualsiasi forma, modificare, deformare, usurpare, detenere, mettere in commercio o distribuire a qualsiasi titolo opere dell’ingegno, elaboratori elettronici, invenzioni industriali e, in generale, qualsiasi opera o bene materiale e/o immateriale che sia tutelato dalla normativa in tema di Diritto d’Autore o di Proprietà intellettuale o industriale.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI
AZIENDALI - PRINCIPI DI CONTROLLO E PRESIDI ORGANIZZATIVI
Nella definizione e attuazione di una strategia di prevenzione idonea mitigare il rischio di commissione dei reati informatici di cui all’art. 24-bis D. Lgs. 231/2001, è stato adottato il “Regolamento Aziendale per l’utilizzo dei beni tecnologici”.
Il contenuto è stato ispirato:
a. dal Regolamento UE 679/2016 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE;
b. dalla normativa vigente in materia protezione e sicurezza dei dati personali (Codice in materia di protezione dei dati personali – D. Lgs. 196/2003, integrato con le modifiche introdotte dal DECRETO LEGISLATIVO 10 agosto 2018, n. 101, recante “Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)” (in G.U. 4 settembre 2018 n. 20), per i trattamenti con strumenti elettronici e che configurano il livello minimo di protezione richiesto dal legislatore;
c. dai provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali in materia di “misure di sicurezza”, in particolare con riguardo agli Amministratori di Sistema (Provvedimento generale del 27 novembre 2008);
d. dalle “Linee guida per posta elettronica e internet” del Garante della privacy del 01.03.2007;
e. dalla Direttiva n. 2/2009 del Dipartimento Funzione Pubblica ad oggetto “Utilizzo di internet e della casella di posta elettronica istituzionale sul luogo di lavoro”; f. dal D. Lgs. 14 settembre 2015 n. 151 (“Decreto sulle semplificazioni” attuativo della Legge delega 10.12.2014 n. 183, anche noto come “Jobs Act”) modifiche al contenuto dell’articolo 4 della Legge 300/1970, ora rubricato “Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo”;
g. dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 “Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”.
h. dal D. Lgs. 231/ 2001 “Responsabilità amministrativa degli Enti e delle Società”.
Il Regolamento prevede cautele e misure di sicurezza di carattere generale, che definiscono la policy di sicurezza aziendale, al fine di assicurare:
- sicurezza delle informazioni; - la salvaguardia del patrimonio di conoscenza aziendale e la protezione dei dati personali; - la corretta gestione e la tutela degli assets di proprietà di CPL Concordia Soc. Coop.; - la protezione di CPL sia da rischi e danni al sistema dei beni aziendali, sia da rischi inerenti eventuali responsabilità verso i terzi.
Il Regolamento si applica a: a) tutti i lavoratori di CPL a qualsiasi titolo inseriti nell’organizzazione aziendale, senza distinzione di ruolo e/o livello; b) tutti i lavoratori di CPL CONCORDIA a qualsiasi titolo inseriti nell’organizzazione aziendale, senza distinzione di ruolo e/o livello;
92 Per un elenco completo delle misure adottate dalla Società si veda il Regolamento in forma integrale
c) chiunque utilizzi le risorse IT di CPL.
Il Regolamento prevede misure 92 in materia di:
- autenticazione degli Utenti tramite rilascio di credenziali individuali ed esclusive rilasciate dai SI, modalità di gestione delle stesse in caso di non utilizzo e protezione nell’eventualità in cui vengano smarrite o siano soggette a furto;
- autorizzazione e profilatura degli Utenti: le autorizzazioni vengono definite dal Responsabile dell’unità organizzativa di appartenenza, al fine di circoscrivere l’ambito di accesso/conoscenza del patrimonio informativo di CPL e le operazioni che su di esso possono essere eseguite coerentemente con la mansione assegnata;
- utilizzo di smartphone o tablet aziendale: l’utilizzo di tali apparati deve avvenire nel rispetto delle istruzioni ricevute alla consegna e seguendo quanto previsto dal Regolamento;
- utilizzo del Personal Computer: non consentito per fini personali e al fine di evitare minacce alla sicurezza vengono previste una serie di regole d’utilizzo fra cui il divieto di installazione di software non consentiti, di blocco nel caso di assenza dalla scrivania e di cifratura dei dati in casi di archiviazioni in caso di supporti removibili;
- gestione delle password: le credenziali di primo accesso alla rete aziendale, alle
applicazioni, alla casella di posta elettronica (se assegnata) a internet sono assegnate dai Sistemi Informativi Interni. In seguito all’effettuazione del primo accesso, la password va sostituita e l'utente è tenuto a conservare con attenzione le credenziali per l’accesso alla rete ed ai sistemi, nonché qualsiasi altra informazione legata al processo di autenticazione/ autorizzazione. Le proprie credenziali di accesso non devono essere condivise o comunicate a terzi; - utilizzo della rete: per l'accesso devono essere utilizzate le credenziali legate al proprio profilo personale (nome utente e password) e non è consentito utilizzare la rete aziendale per fini non espressamente autorizzati, se non riconducibili al ruolo e all’attività svolta in azienda; - uso della posta elettronica: non è consentito utilizzare la posta elettronica aziendale per motivi non attinenti allo svolgimento delle mansioni assegnate; inviare, diffondere o memorizzare messaggi (interni ed esterni) di natura oltraggiosa e/o discriminatoria; divulgare informazioni riservate e non è consentito l’utilizzo dell’indirizzo di posta elettronica aziendale per la partecipazione a dibattiti, Forum o mail-list; - uso della rete Internet e relativi servizi: è vietata la navigazione su Internet per motivi diversi da quelli strettamente legati all'attività lavorativa, l’utilizzo di
dispositivi privati (modem e/o chiavette usb) per il collegamento alla rete internet e scaricare software gratuiti (freeware) e shareware prelevati da siti Internet, se non espressamente autorizzato dal RSeI. In aggiunta, l’utilizzo e la consultazione di social network non sono generalmente permessi, fatta eccezione per quelli utilizzati esclusivamente per finalità istituzionali e previa autorizzazione del Responsabile della unità organizzativa di appartenenza. La Società ha, inoltre, adottato, al momento solo per la sede principale di Concordia s/S, uno specifico sistema di blocco o filtro automatico che previene l'accesso a determinati siti inseriti in uno specifico elenco connotato da carattere di non pertinenza con l'attività svolta dall'azienda (Social networks, newsgroups, siti a contenuto erotico o pornografico, siti a contenuto sportivo o di gossip, siti di aste o acquisti online, siti inerenti armi e strumenti di offesa di vario genere, siti di giochi d'azzardo online (poker, enalotto, superenalotto e affini), siti politici.; - protezione antivirus: il sistema informatico aziendale è protetto da software antivirus aggiornato ogni utente deve tenere comportamenti tali da ridurre il rischio di attacco al sistema informatico aziendale mediante virus o mediante ogni altro software malevolo; - smarrimento e furto: nei casi di smarrimento, furto, danneggiamento o accertato
o manomissione dei dispositivi assegnati o del loro contenuto, gli utenti devono attivarsi tempestivamente secondo quanto indicato nella “Procedura attivazione sinistri” e nella collegata “Procedura di Data Breach”.
La Società ha, infine, predisposto un sistema di controllo e di monitoraggio sull’integrità e inviolabilità del sistema informativo e di tutte le sue componenti basato su:
- controlli finalizzati alla protezione degli assets aziendali, in merito all’utilizzo e all’affidabilità dei propri sistemi informativi,
- dotazione di sistemi che siano in grado di rilevare eventuali violazioni o tentativi di accesso non autorizzato da parte di terzi.
Vengono, infine, redatti dei report con cadenza mensile o settimanale, sottoposti a due livelli di verifica: il primo dai Responsabili delle singole unità organizzative, ovvero dai Direttori relativamente alla propria funzione e il secondo controllo viene effettuato dal DPO. Il sistema preventivo è poi completato da: procedure interne per la firma disgiunta da parte dei legali rappresentanti; procedure operative per la gestione della documentazione (PO019); procedure operative per la gestione degli approvvigionamenti (PO031); adozione e sottoscrizione di un Codice Etico; un’adeguata sensibilizzazione di tutto il personale aziendale alla tematica della sicurezza informatica e alla sua rilevanza rispetto alle conseguenze previste dal D. Lgs. 231/2001 a carico dell’ente, anche attraverso la programmazione e relativa attuazione di piani specifici di formazione periodica di tutto il personale, differenziati e graduati in relazione alle mansioni
concretamente svolte e al ruolo ricoperto nell’ambito delle sopra indicate attività sensibili.
Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta, quindi, più procedure a presidio della commissione dei reati informatici e dei delitti in materia di violazione del diritto d’autore.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente: gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi.
attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni. tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza.
In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, delle possibili modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione dei reati informatici e dei delitti in materia di violazione del diritto d’autore, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello. Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale,
in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche.
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio. Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo per le suddette aree a rischio sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali: Direttore Generale, Resp. Information Technologies, Responsabile Affari Legali, Direttore Commerciale, Direttore di Produzione, Direttore Settori, Direttore Finanziario, Direttore Amministrativo, nonché ciascuna funzione che ha accesso alle risorse informatiche aziendali.
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione dei reati dei reati informatici e dei delitti in materia di diritto d’autore, lo stesso è tenuto a:
verificare il rispetto da parte dei Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in
essere al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati informatici e dei delitti in materia di diritto d’autore;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società. Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia a quanto previsto dalle istruzioni interne in tema di flussi informativi.
Capitolo XI
I
reati di contrabbando e violazioni del testo unico delle accise
1.
I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO
25-QUINQUIESDECIES, D.LGS. N. 231 DEL 2001
La Legge 19 dicembre 2019, n. 157 ha esteso la responsabilità amministrativa degli Enti ai reati tributari, introducendo nel Decreto 231/2001 l’art. 25 quinquiesdecies
Si tratta di alcune delle fattispecie delittuose previste dal D. Lgs. 74/2000 (Disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto) e, in particolare, dei delitti di:
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D. Lgs. 74/2000);
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, D. Lgs. 74/2000); Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8, D. Lgs. 74/2000);
Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, D. Lgs. 74/2000);
Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, D. Lgs. 74/2000).
Successivamente, con l’approvazione del Decreto Legislativo 14 luglio 2020, n. 75 avente ad oggetto l’attuazione della cd. direttiva PIF (direttiva UE 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale), è stato ulteriormente ampliato il catalogo dei reati tributari È stato infatti introdotto il nuovo comma (1 bis) nell’art. 25 quinquiesdecies, per il quale è considerato responsabile, ai sensi del D. Lgs. 231/2001, l’ente per i delitti di dichiarazione infedele (art. 4 D.lgs. 74/2000), di omessa dichiarazione (art. 5 D.lgs. 74/2000) e di indebita compensazione (art. 10 quater D.lgs. 74/2000) se commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’IVA per un importo complessivo non inferiore a euro 10.000.001 93
93 Con riferimento alle novità rilevanti per le persone fisiche, in materia tributaria è prevista la punibilità anche nell’ipotesi di delitto tentato (e non solo consumato) qualora gli atti diretti a commettere i delitti di cui agli artt. 2, 3 e 4 D.lgs. 74/2000 (rispettivamente, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri
Di seguito, si fornirà una descrizione delle fattispecie penali richiamate dall’art. 25 quinquiesdecies del Decreto, nonché una esemplificazione delle principali modalità commissive di tali reati.
1.1 I REATI TRIBUTARI INTRODOTTI DALLA L. 157/2019
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, d. Lgs. 74/2000)
“É punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.
Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.
Se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni”. Nonostante la norma in commento indichi in “chiunque” i destinatari del precetto penale, soggetti attivi del reato sono coloro che sono obbligati dalla legge tributaria a presentare le dichiarazioni annuali ai fini dei redditi o ai fini dell’Iva e, dunque, i firmatari delle predette dichiarazioni. Tuttavia, ai sensi dell’art. 110 c.p., rispondono del reato, a titolo di concorso, anche soggetti diversi dai firmatari, quando abbiano consapevolmente fornito un contributo di ordine materiale o morale ai firmatari medesimi.
La condotta descritta dalla norma incriminatrice consiste nell’indicare in una delle dichiarazioni sui redditi o sul valore aggiunto elementi passivi fittizi, a tal fine avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
In particolare, la norma prevede una tipica modalità della condotta di falsificazione che
documenti per operazioni inesistenti; dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e dichiarazione infedele) siano compiuti anche nel territorio di altro Stato membro dell’Unione al fine di evadere l’IVA per un valore complessivo non inferiore a euro 10.000.000.
si sostanzia nell’indicazione di valori negativi (incrementando cioè i costi sostenuti rispetto a quelli effettivi) tali da determinare una base imponibile inferiore rispetto a quella effettiva.
Il reato si configura sia nel caso in cui gli elementi passivi indicati in dichiarazione si riferiscano a fatture per operazioni interamente inesistenti, sia nel caso di c.d. sovrafatturazione, cioè quando la fattura o gli altri documenti indichino costi effettivamente sopportati ma inferiori a quelli dichiarati.
Ai fini dell’integrazione del reato è inoltre necessario che le fatture o i documenti siano registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o siano detenuti ai fini di prova nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
Pertanto, il reato in commento si articola in tre momenti distinti: il primo è contraddistinto dall’attività di procurarsi fatture o altri documenti emessi da altri soggetti, attestanti costi mai sostenuti; il secondo consiste nella detenzione o contabilizzazione delle fatture e dei documenti; il terzo consiste nella presentazione di una dichiarazione annuale sui redditi o sul valore aggiunto nella quale vengano indicati i costi riferibili alle fatture e ai documenti.
Dal punto di vista soggettivo è richiesto il dolo specifico, ossia la coscienza e la volontà di evadere le imposte sul reddito o sul valore aggiunto, indipendentemente dal fatto che tale obiettivo si realizzi oggettivamente. Inoltre, il reato si consuma nel momento della presentazione di una dichiarazione ai fini dei redditi o del valore aggiunto all’Ufficio finanziario cui è diretta. A titolo esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi laddove un soggetto riferibile alla Società si accordi con l’amministratore/dipendente di una società di consulenza affinché quest’ultima emetta una fattura per una prestazione mai resa o il cui valore reale è inferiore rispetto all’importo indicato nella fattura medesima e, successivamente, dopo averla annotata in contabilità, indichi gli elementi passivi fittizi di cui al predetto documento contabile nella dichiarazione annuale dei redditi della Società.
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, D. Lgs. 74/2000)
“Fuori dai casi previsti dall'articolo 2, è punito con la reclusione da tre a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando, congiuntamente:
a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila;
b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell'imposta, è superiore al cinque per cento dell'ammontare dell'imposta medesima o comunque a euro trentamila.
Il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.
Ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali.”
Fermo restando quanto osservato in tema di soggetti attivi e di elemento soggettivo con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 2 D. Lgs. 74/2000, la condotta tipica del reato in commento deve articolarsi, alternativamente, in una delle tre diverse modalità attuative e, segnatamente: le operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente, per tali intendendosi, rispettivamente, le operazioni poste
in essere con la volontà di non realizzarle in tutto o in parte e le operazioni riferite a soggetti fittiziamente interposti;
l’utilizzo di documenti falsi (si pensi alla contraffazione o alterazione di qualsivoglia documento avente rilevanza fiscale), purché tali documenti siano registrati nelle scritture contabili obbligatorie oppure siano detenuti ai fini di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria;
l’utilizzo di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e a indurre in errore l’Amministrazione finanziaria.
Il reato è inoltre integrato solo laddove le predette condotte superino le soglie quantitative di cui alle lettere a) e b) del comma 1.
A titolo esemplificativo, il reato potrebbe configurarsi laddove un soggetto riferibile alla Società si accordi con il commercialista affinché quest’ultimo indichi nella dichiarazione annuale dei redditi elementi passivi fittizi in misura superiore alle soglie indicate dalla norma di riferimento ed asseveri la predetta dichiarazione, così inducendo in errore l’amministrazione finanziaria circa la veridicità del contenuto della stessa dichiarazione fiscale. Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8, d. Lgs. 74/2000)
“È punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Ai fini dell'applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l'emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.
Se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d'imposta, è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni ”
A differenza delle fattispecie precedentemente analizzate, il reato in
commento è un reato comune e, pertanto, può essere commesso da chiunque.
La norma in esame punisce chiunque emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Nello specifico, la falsità può essere di due tipi: falsità oggettiva: quando riguarda operazioni commerciali mai avvenute o avvenute ad un prezzo inferiore, in modo da consentire all’utilizzatore di ridurre il proprio reddito mediante la deduzione di costi fittizi; falsità soggettiva: quando le operazioni sono, in realtà, intercorse tra soggetti diversi da quelli risultanti nei documenti fiscali. A titolo esemplificativo, lo scopo di tale falsità potrebbe essere quello di permettere all’utilizzatore di portarsi in deduzione costi effettivamente sostenuti, ma non documentati o non documentabili ufficialmente per svariate ragioni (si pensi, ad esempio, ad acquisti in nero da soggetti appartenenti ad associazioni criminali).
Dal punto di vista soggettivo è richiesto il dolo specifico, ossia la coscienza e la volontà di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, finalità che, tuttavia, non deve essere necessariamente realizzata ai fini della punibilità.
A titolo di esempio, il reato potrebbe configurarsi laddove un soggetto riferibile alla Società, al fine di consentire ad un’altra società di ridurre il proprio reddito imponibile, emetta nei confronti di quest’ultima una fattura per una prestazione mai resa, a fronte della retrocessione in contanti di una somma pari all’ammontare dell’Iva indicata in fattura maggiorata di una percentuale prestabilita tra le parti dell’importo fatturato.
Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, d. Lgs. 74/2000)
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a sette anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da
non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.”
La semplice omessa tenuta dei registri contabili non costituisce illecito penale tributario bensì integra il solo illecito amministrativo di cui all'art. 9 D.Lgs.n.471/1997. A differenza dell'omissione, occorre la preesistente tenuta delle scritture contabili affinché possa configurarsi il reato di cui all'art.10 del D.Lgs.n.74/2000. In tal caso, infatti, l'occultamento o distruzione delle scritture contabili preesistenti, o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, sono condotte sanzionate quando dalle stesse deriva l'impossibilità di ricostruire i redditi ed il volume di affari. L'occultamento consiste nel nascondere materialmente le scritture mentre, la distruzione, consiste nell'eliminazione fisica, in tutto o in parte, delle scritture, o nel renderle illeggibili, quindi, non idonee all'uso, tramite abrasioni, cancellature o altro.
Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11, d. Lgs. 74/2000)
“È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.
È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per se' o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l'ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.”
Ai fini della configurazione del reato di cui al primo comma è necessario che, al momento della condotta, sia già insorta, in capo al contribuente, l’obbligazione al
pagamento di un debito d’imposta superiore alla soglia indicata dal Legislatore, al cui inadempimento deve essere finalizzata la condotta medesima. In particolare, la prima condotta penalmente rilevante consiste nell’alienazione simulata dei propri beni, sia essa assoluta (quando la volontà delle parti è quella di non costituire alcun rapporto contrattuale e quindi di non operare alcun trasferimento del bene), o relativa (quando le parti effettivamente concludono un contratto che, tuttavia, è diverso da quello apparente).
A tal riguardo, rilevano sia la simulazione oggettiva, concernente cioè la causa negoziale o il corrispettivo, sia la simulazione soggettiva, concernente l’identità di una delle parti (interposizione fittizia di persona), in quanto possa tradursi in un atto idoneo a diminuire la garanzia patrimoniale.
Gli altri atti fraudolenti richiamati dalla norma consistono, invece, in condotte artificiose attive o omissive, realizzate in violazione di uno specifico obbligo giuridico, che determinano una falsa rappresentazione della realtà.
Presupposto della condotta disciplinata dal secondo comma della norma in esame, invece, è l’avvenuta instaurazione di una procedura di transazione fiscale a norma dell’art. 182-ter della Legge Fallimentare. In particolare, la condotta tipica si sostanzia nell’indicare, nella documentazione presentata ai fini della transazione fiscale, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi. Dal punto di vista dell’elemento psicologico, entrambe le fattispecie richiedono il dolo specifico, consistente, da un lato, nella finalità di sottrarre sé stesso, ovvero il soggetto rappresentato, al pagamento delle imposte sui redditi o dell’Iva per valori complessivi superiori a quelli indicati nella norma, dall’altro, nella coscienza e volontà di indicare nella documentazione relativa alla transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi oltre la soglia di punibilità.
A titolo esemplificativo, la condotta connotata dagli atti fraudolenti di cui al primo comma potrebbe configurarsi laddove il legale rappresentante o un altro soggetto riferibile alla Società da quest’ultimo delegato, dopo aver ricevuto un avviso di accertamento per un debito di
imposta, e al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte medesime, ceda un immobile della Società ad un società di leasing obbligando, contestualmente, quest’ultima a cederli in locazione ad una terza società interamente posseduta da propri parenti, così rendendo inefficace la procedura di riscossione coattiva.
1.2 REATI TRIBUTARI INTRODOTTI DALLA DIRETTIVA PIF
Infine, con riferimento ai reati introdotti dal D. Lgs. n. 75/2020 nel catalogo dei reati ai sensi del D. Lgs. 231/2001 si specifica che tali reati risultano rilevanti se commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri ed al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro:
Dichiarazione infedele (art. 4, d. Lgs. 74/2000)
“Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:
a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila;
b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni. Ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali. Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni
che complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b)”.
La condotta tipica consiste nell’indicazione di una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti. Tali condotte devono essere prive di qualsiasi espediente fraudolento poiché altrimenti, come già evidenziato, verrebbe a configurarsi non il delitto di cui all’art. 4 bensì quello di cui all’art. 2 o di cui all’art. 3. Dal punto di vista dell’elemento psicologico, giova osservare che il delitto è punito a titolo di dolo specifico essendo espressamente previsto il fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto.
A titolo esemplificativo, la condotta potrebbe configurarsi laddove nella dichiarazione annuale non vengano indicati elementi attivi derivanti da prestazioni intercompany che non vengono registrati in contabilità.
Omessa dichiarazione (art. 5, d. Lgs. 74/2000)
“È punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.
È punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.
Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.”
La condotta del delitto di cui trattasi è ovviamente di tipo omissivo. Consiste, più precisamente, nell’omettere di presentare una delle dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto oppure la dichiarazione del sostituto di imposta.
Viene previsto un limite di tolleranza, al comma 2 della norma, per il quale non si considera omessa la dichiarazione che venga presentata entro 90 giorni dalla scadenza di quello previsto per la presentazione, nonché quanto non risulta sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto. Indebita compensazione (art. 10-quater, d.lgs. 74/2000)
“È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.
È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro.”
La condotta, di natura omissiva, del reato di cui trattasi si realizza con il mancato versamento di somme dovute all’Erario a titolo di imposte o contributi, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 241/1997 crediti non spettanti o non esistenti.
Pertanto, di per sé, il mancato versamento dell’imposta non è sufficiente a integrare il reato, occorrendo che a monte lo stesso sia formalmente “giustificato” da un’operata compensazione tra le somme dovute all’Erario e crediti verso il contribuente, in realtà non spettanti o inesistenti.
Come ha precisato la Corte di Cassazione 94 , tale circostanza, ossia la formale giustificazione del mancato versamento dell’imposta alla luce di una illegittima compensazione, distingue il reato di cui all’art. 10 quater da quelli di omesso versamento.
Per “crediti non spettanti” devono intendersi tutti quei crediti effettivamente e giuridicamente esistenti in capo al contribuente ma che non possono essere fruiti in compensazione. Per crediti “inesistenti” invece debbono intendersi tutti quei crediti del tutto fittizi, che non esistono giuridicamente e che trovano supporto in documentazione materialmente o giuridicamente falsa, frutto quindi, di una
94 Cfr. Cass.Pen., Sez. III, 16 gennaio 2015, n. 15236, in CED Cassazione Penale 2015.
vera e propria artificiosa creazione da parte del contribuente (ad es. crediti IVA risultanti da fatture per operazioni inesistenti).
Con riferimento all’elemento psicologico, per la configurabilità del reato di cui trattasi è richiesto il dolo generico rappresentato dalla coscienza e volontà, all’atto del versamento, di utilizzare crediti non spettanti o inesistenti per un ammontare superiore ai 50.000 euro.
A titolo di esempio, il reato potrebbe configurarsi laddove l’amministratore ponga indebitamente a conguaglio, nelle denunce mensili delle retribuzioni, somme di denaro che faceva figurare come anticipate a vario titolo, per conto dell’INPS, ai lavoratori dipendenti ed in realtà mai corrisposte, traendo così in inganno i competenti funzionari dell’ente previdenziale.
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nel precedente paragrafo che precede. A tal fine, tutti i destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti. Per questo motivo sono stati individuati: a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”; b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello; c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo, monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3.
AREE POTENZIALMENTE "A RISCHIO REATO" E LE ATTIVITÀ "SENSIBILI"
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk assessment connessa all’analisi dei rischi collegata ai nuovi reati
tributari, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa ed aziendale della Società:
le aree considerate "a rischio reato"; nell’ambito di ciascuna area "a rischio reato", sono state individuate le relative attività c.d. "sensibili", ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati in questione; i controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree "a rischio reato" oltre alle regole definite nel Modello di organizzazione, gestione e controllo e nei suoi protocolli (sistema di procure, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Sulla base di un’analisi delle principali attività svolte dalla Società, sono state individuate le seguenti aree a rischio di commissione dei reati sopra indicati:
• Gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione
• Gestione della contrattualistica e del contenzioso
• Gestione degli adempimenti societari
• Gestione amministrativo contabile e Controllo di Gestione;
• Gestione della fiscalità;
• Gestione delle operazioni straordinarie;
• Gestione cespiti;
• Gestione magazzino;
• Approvvigionamento beni e servizi;
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza;
• Gestione del personale;
• Gestione delle attività commerciali
• Gestione delle commesse.
Costituiscono situazioni di particolare attenzione nell’ambito delle suddette aree di attività a rischio:
• Gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione
- Richiesta di finanziamenti destinati alla formazione
- Predisposizione del piano di formazione e aggiornamento dello stesso
- Gestione finanziamenti destinati alla formazione
- Rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio in occasione di gestione di ispezioni, verifiche ed accertamenti effettuate da soggetti pubblici (es. GdF, AdE, INPS, Ispettorato del Lavoro, INAIL, VVF, ARPA, Garante per la protezione dei dati personali)
- Rapporti con pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio nell’attività di gestione dei contenziosi con la Pubblica Amministrazione
- Gestione delle attività di recupero dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione
- Gestione di contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni da enti pubblici (quali ad esempio bandi finanziati per la formazione, conto termico, bonus 110% etc.)
- Gestione degli omaggi alla Pubblica Amministrazione
- Richieste di agevolazioni fiscali
- Gestione dei rapporti con la dogana per l’importazione o esportazione dei prodotti
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione della contrattualistica e del contenzioso
- Gestione delle attività contrattuali
- Gestione dei contratti per la fornitura di beni e/o servizi alla pubblica amministrazione
- Gestione delle attività di recupero dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione
- Gestione dei contratti di service infragruppo
• Gestione degli adempimenti societari
- Gestione della governance societaria
- Gestione degli atti del Consiglio di Amministrazione e dell’Assemblea
- Gestione dei rapporti con Collegio Sindacale e con la Società di Revisione
- Gestione dell’informativa finanziaria
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione amministrativo contabile e Controllo di Gestione:
- Gestione della contabilità generale;
- Gestione contabilità clienti;
- Gestione contabilità fornitori;
- Gestione contabilità cespiti;
- Gestione contabilità di magazzino;
- Gestione delle attività di predisposizione del bilancio di esercizio e delle relazioni periodiche relative alla situazione economica e finanziaria della società;
- Valorizzazione delle singole poste di bilancio
- Gestione dei rapporti con il consulente esterno per la predisposizione del bilancio (o di sue singole poste)
- Gestione della chiusura di bilancio
- Gestione delle attività di pianificazione e controllo
- Gestione e approvazione degli extra-budget
- Gestione della piccola cassa;
- Gestione operazioni infragruppo;
- Gestione incassi e pagamenti.
• Gestione della fiscalità:
- Monitoraggio degli aggiornamenti normativi in ambito fiscale;
- Gestione e monitoraggio del calendario fiscale;
- Gestione delle attività di determinazione e liquidazione delle imposte dirette e indirette;
- Gestione della compilazione e dell'invio telematico delle dichiarazioni;
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle operazioni straordinarie:
- Identificazione delle operazioni, negoziazione e stipula dei relativi contratti e successiva realizzazione;
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione cespiti:
- Negoziazione, autorizzazione e gestione delle operazioni relative ai cespiti.
• Gestione magazzino:
- Gestione dei flussi logistici di magazzino.
• Approvvigionamento beni e servizi:
- Gestione del fabbisogno di acquisto
- Negoziazione e stipula dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi;
- Gestione dei contratti per l’acquisto di beni, lavori e servizi;
- Gestione ed emissione degli ordini di acquisto
- Accertamento dell’effettiva esecuzione delle forniture
- Gestione importazioni/esportazioni merci;
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle sponsorizzazioni, liberalità e spese di rappresentanza:
- Gestione di sponsorizzazioni e di liberalità ad associazioni ed enti;
- Gestione degli atti di liberalità in favore di pubbliche amministrazioni
- Gestione delle spese di rappresentanza, delle ospitalità e degli omaggi
- Realizzazione di eventi cui vengono invitati soggetti appartenenti alla Pubblica Amministrazione
- Finanziamento da parte della Società di eventi, manifestazioni di carattere politico
• Gestione del personale:
- Attività di ricerca, selezione e assunzione di personale
- Obbligo di assunzione di soggetti appartenenti alle categorie protette
- Gestione dei rapporti con le agenzie esterne di selezione del personale, head hunter, in merito alla selezione, assunzione ed impiego del personale
- Gestione della politica retributiva e premiale
- Gestione amministrativa del personale;
- Gestione anagrafica dipendenti (inserimento e modifica dei dati anagrafici, retributivi, ecc.)
- Gestione presenza, permessi, ferie e straordinari
- Gestione note spese del personale
- Gestione adempimenti previdenziali e pagamento contributi
- Attività di richiesta di finanziamenti per l’erogazione di attività di formazione del personale
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle attività commerciali
- Gestione della partecipazione a gare pubbliche
- Gestione dei contratti per la fornitura di beni e servizi alla Pubblica Amministrazione
- Negoziazione di contratti di appalto di servizi
- Gestione delle attività di promozione e commercializzazione dei prodotti di CPL
- Gestione delle attività di marketing operativo
- Gestione delle attività di marketing strategico
- Gestione dei rapporti con la SIAE
- Negoziazione delle condizioni di vendita (quali: prezzo, pagamento, penali, ecc.) dei prodotti di CPL.
- Gestione dell’anagrafica dei clienti.
- Gestione contratti di vendita di beni e/o servizi (predisposizione, sottoscrizione, archiviazione, ecc.)
- Gestione del credito verso clienti
- Gestione resi/reclami
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Gestione delle commesse:
- Gestione dei contratti per la fornitura di beni e servizi alla Pubblica Amministrazione
- Negoziazione di contratti di appalto di servizi
- Negoziazione delle condizioni di vendita (quali: prezzo,
pagamento, penali, ecc.) dei prodotti di CPL.
- Gestione dell’anagrafica dei clienti
- Gestione dei contratti di vendita di beni e/o servizi (predisposizione, sottoscrizione, archiviazione, ecc.)
- Gestione del credito verso clienti;
- Gestione resi/reclami;
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
4. PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Al fine di prevenire ed impedire il verificarsi dei Reati Tributari individuati al precedente paragrafo e ritenuti rilevanti per la Società, i destinatari del Modello sono tenuti al rispetto dei seguenti principi generali di condotta, fermo restando quanto indicato nelle procedure aziendali esistenti: astenersi dal porre in essere condotte tali da integrare le fattispecie di reato di cui all’art. 25 quinquiesdecies del Decreto; astenersi dal porre in essere qualsiasi comportamento che, pur non integrando in concreto alcuna delle ipotesi criminose sopra delineate, possa in astratto diventarlo; astenersi dal porre in essere o agevolare operazioni o attività che non siano rispettose dei principi e delle norme di comportamento di cui al Codice Etico; astenersi dal porre in essere attività che siano in contrasto con le procedure e i principi di controllo in esse previste, ai fini della prevenzione dei reati tributari.
Inoltre, ai fini dell’attuazione dei comportamenti di cui sopra: i destinatari del presente Modello non devono perseguire finalità di evasione
di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, o di altre imposte in generale, né nell’interesse o vantaggio della Società né nell’interesse o vantaggio di terzi; nelle dichiarazioni relative alle suddette imposte non devono introdurre elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
A tal fine, i destinatari del presente Modello dovranno garantire (i) un puntuale controllo di corrispondenza tra quanto indicato nel contratto/ordine e quanto indicato in fattura; (ii) un controllo sulla corretta e reale esecuzione del servizio/ricezione del bene; (iii) una adeguata e veritiera registrazione delle fatture; (iv) una adeguata archiviazione delle fatture e della documentazione connessa e (v) lo svolgimento di una verifica sulla correttezza e regolare applicazione delle imposte.
A tal riguardo inoltre:
- con riferimento alla affidabilità commerciale e professionale dei fornitori e dei partner, devono essere richieste tutte le informazioni necessarie e svolte le opportune verifiche;
- gli incarichi conferiti ad eventuali aziende di servizi o persone fisiche che curino gli interessi economico e finanziari della Società devono essere redatti per iscritto, con l’indicazione dei contenuti e delle condizioni economiche pattuite;
- è necessario assicurare lo svolgimento di un controllo di accuratezza, completezza e correttezza della documentazione comprovante l’esecuzione delle prestazioni/consegna dei beni, prima che venga effettuato il pagamento;
- è necessario che le funzioni competenti assicurino il controllo
della avvenuta regolarità dei pagamenti nei confronti di tutti le controparti; in particolare, dovrà essere precisamente verificato che vi sia coincidenza tra il soggetto a cui è intestato l’ordine e il soggetto che incassa le relative somme;
- deve essere assicurata una chiara individuazione dei ruoli e delle responsabilità delle funzioni coinvolte nel processo di predisposizione e verifica delle fatture e di altri documenti aventi rilevanza fiscale;
- il controllo sia formale che sostanziale (verifica della sede legale della società controparte, verifica degli istituti di credito utilizzati, verifica relativamente all’utilizzo di società fiduciarie) deve essere garantito con riferimento ai flussi finanziari aziendali e ai pagamenti verso terzi;
- deve essere assicurata la coincidenza tra quanto riportato in fattura e l'ordine sottostante, al fine di verificare l'accuratezza delle condizioni di vendita applicate;
- i destinatari del Modello devono astenersi (i) dal compiere operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente nonché (ii) dall’avvalersi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l'accertamento e a indurre in errore l'amministrazione finanziaria;
- i destinatari del Modello devono inoltre garantire una veritiera e puntuale indicazione degli elementi attivi nelle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, astenendosi dall’indicare (i) elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o (ii) elementi passivi fittizi o (iii) crediti e ritenute fittizi;
- i destinatari del Modello, in caso di procedure transattive / contenziosi devono garantire una rappresentazione della propria situazione tributaria veritiera e reale;
- è necessario che i registri, libri obbligatori, fatture, contratti e altri documenti a supporto siano conservati ed archiviati in maniera idonea e per periodi non inferiori a quelli previsti dalla legge e in modo da rendere possibile ai terzi una puntuale ricostruzione dei redditi / volumi di affari. È pertanto vietato occultare o distruggere in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione. Ai destinatari del Modello inoltre è vietato alienare simulatamente o compiere altri atti fraudolenti sui propri o altrui beni al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte;
- è necessario individuare i soggetti aziendali autorizzati a sottoscrivere le dichiarazioni fiscali, nonché i soggetti aziendali autorizzati a verificare la correttezza del calcolo delle imposte e dei contributi dovuti.
Nel caso in cui, ci si avvalga di soggetti terzi (consulenti esterni) per la predisposizione delle dichiarazioni e comunicazioni in materia di imposte, tali soggetti devono essere vincolati al rispetto di tali principi e dai principi contenuti nel Codice Etico e nel Modello della Società nonché del rispetto della normativa applicabile (tra cui D. Lgs. 231/2001).
Su qualsiasi operazione realizzata dai soggetti sopra indicati e valutata potenzialmente a rischio di commissione di reati, l’OdV avrà facoltà di effettuare i controlli ritenuti più opportuni, dei quali dovrà essere fornita evidenza scritta.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI AZIENDALI NELLE AREE A RISCHIO DI REATO
Come detto, le attività sensibili sopra richiamate, possono dare luogo al rischio di commissione dei reati tributari. Elemento essenziale dei presidi organizzativi volti a prevenire il rischio di commissione di tali reati, è costituito da un set di procedure adottate dalla Società.
L’introduzione dei reati tributari nel novero dei reati presupposto ha un impatto rilevante dovuto alla numerosità dei processi e delle relative attività sensibili che, in maniera diretta o strumentale, si prestano alla commissione di detti reati. Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta più procedure a presidio della commissione dei reati tributari. L’elenco delle procedure all’interno delle quali sono declinati i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative di un illecito è disponibile all’interno dell’Allegato 13 “PROCEDURE CHE
DECLINANO LE CAUTELE GENERALI E LE CAUTELE PROCEDIMENTALI”.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente: gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi. attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni. tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza.
In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, delle possibili modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione dei reati tributari, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino
le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello. Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche.
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio. Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo per le suddette aree a rischio sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali: Direttore Generale, Direttore Finanziario, Direttore Amministrativo, Direttore Commerciale, Direttore Produzione, Direttore Settori, Direttore Ingegneria, Direttore Acquisti, Direttore Sviluppo Org.ne e Competenze, HRBP, Responsabile dell’Ufficio Affari Legali, Responsabile Aff. Societari e Uff. Legale Soc. Gruppo, Responsabile QSAE, RSPP, Resp. Tecnico Serv. Ispettivo.
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione dei reati tributari, lo stesso è tenuto a: verificare il rispetto da parte dei Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in essere al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati tributari;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società. Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia a quanto previsto dalle istruzioni interne in tema di flussi informativi.
1. I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25SEXIESDECIES DEL DECRETO
L'art. 25-sexiesdecies rubricato "Contrabbando" è stato introdotto dall’art. 4, co. 1, lett. d) del D. Lgs. n. 75/2020, che ha integrato il novero dei reati in relazione alla commissione dei reati previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 (“Testo Unico delle disposizioni Legislative in materia Doganale”, cd. “TULD”).
L’articolo in questione è stato ulteriormente modificato dal d.lgs. n. 141/2024. La norma, nella sua nuova formulazione in vigore il 4 ottobre 2024.
Si riporta, nel seguito, l’art. 25-sexiesdecies del D. Lgs. 231/2001: “1. In relazione alla commissione dei reati previsti dalle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell'Unione, di cui al decreto legislativo emanato ai sensi degli articoli 11 e 20, commi 2 e 3, della legge 9 agosto 2023, n. 111, e dal testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504,, si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a duecento quote.
2. Quando le imposte o i diritti di confine dovuti superano centomila euro si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote.
3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e) e, nel solo caso previsto dal comma 2, anche le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, lettere a) e b) .” Con riferimento ai reati di contrabbando, con il D.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, il Governo, esercitando la delega contenuta nella L. 28 aprile 2014, n. 67 in tema di depenalizzazione di talune condotte criminose, aveva disposto la depenalizzazione di quasi tutte le fattispecie di contrabbando punite con la sola sanzione pecuniaria (artt. 282, 291, 292 e 294 del TULD), trasformandole in illecito amministrativo. Non erano invece stati interessati dalla depenalizzazione i delitti di contrabbando punti anche con la reclusione, tra cui (ad es.) il contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-bis), di associazione per delinquere finalizzata al
contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater) – questi ultimi non configurabili nell’attività della Società – e il contrabbando aggravato (art. 295, co. 2).
Sul punto, tuttavia, il D.lgs. n. 75/2020 è intervenuto con una nuova norma che, integrando l’art. 1, co. 4 del citato D.lgs. n 8/2016, ha escluso dal perimetro di tale depenalizzazione i reati in materia di contrabbando previsti dal TULD quando l'ammontare dei diritti di confine dovuti è superiore a 10.000 euro
Il 3 ottobre 2024, è stato pubblicato il D.Lgs.141/2024 che, in attuazione della legge delega sulla riforma fiscale (L. n.111/2023), introduce disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell'Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi.
In particolare, il D.lgs. 141/2024 prevede, tra l’altro:
• la modifica delle fattispecie di contrabbando;
• l’inserimento dei reati previsti dal Testo Unico delle Accise (D.Lgs. 504/1995) tra i reati presupposto del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231;
• la modifica del secondo comma dell’art. 25sexiesdecies del D.Lgs. 231/2001, in cui il solo riferimento ai «diritti di confine» viene sostituito da «le imposte o i diritti di confine», per cui l’IVA all’importazione risulta oggi classificata come un diritto di confine;
• l’applicazione delle sanzioni di interdizione dall'esercizio dell'attività e di sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito ex art. 9 lett. a) e b) del D.lgs 231/2001, in aggiunta alle sanzioni già previste nell’attuale formulazione del D.Lgs. 231/2001.
Il principale impatto del suddetto Decreto in ordine ai reati di contrabbando è da ravvisarsi nel riordino delle diverse fattispecie, che nella sostanza mirano ad adeguare la disciplina domestica al codice doganale dell’Unione. L’intento del legislatore nazionale di voler allineare la normativa interna a quella europea, si è tradotta di fatto nella individuazione di due rilevanti fattispecie di delitti di contrabbando, la prima individuata dall’articolo 78 “Contrabbando per omessa dichiarazione”, la seconda fattispecie
individuata dal successivo articolo 79 “Contrabbando per dichiarazione infedele”.
Ai fini del Modello, tenuto conto delle peculiarità, delle caratteristiche e del business della Società, assumono particolare rilevanza le seguenti disposizioni: Contrabbando per omessa dichiarazione (art. 78 D.Lgs 141/24)
1. È punito con la multa dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti, chiunque, omettendo di presentare la dichiarazione doganale:
a) introduce, fa circolare nel territorio doganale ovvero sottrae alla vigilanza doganale, in qualunque modo e a qualunque titolo, merci non unionali; b) fa uscire a qualunque titolo dal territorio doganale merci unionali.
2. La sanzione di cui al comma 1 si applica a colui che detiene merci non unionali, quando ricorrono le circostanze previste nell'articolo 19, comma 2. ***
La norma sanziona tutte le fattispecie di omissione dolosa all’adempimento dell’obbligo dichiarativo in relazione ai regimi doganali, punendo chiunque sottrae le merci, in qualunque modo e a qualunque titolo, alla vigilanza doganale e al pagamento dei connessi diritti di confine.
Contrabbando per dichiarazione infedele (art. 79 D.Lgs 141/24)
1. Chiunque dichiara qualità, quantità, origine e valore delle merci, nonché ogni altro elemento occorrente per l'applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti in modo non corrispondente all'accertato è punito con la multa dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti o dei diritti indebitamente percepiti o indebitamente richiesti in restituzione. ***
La fattispecie delittuosa si realizza in tutte le ipotesi in cui, nonostante la parte abbia presentato la dovuta dichiarazione, viene rilevata una differenza, dolosamente voluta, con riguardo alla qualità, quantità, origine e valore delle merci o a ogni altro elemento occorrente per l'applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti dovuti.
Contrabbando per indebito uso di merci importate con riduzione totale o parziale dei diritti (art. 81 d.lgs. n. 141/2024)
Chiunque attribuisce, in tutto o in parte, a merci non unionali, importate in franchigia o con riduzione dei diritti stessi, una destinazione o un uso diverso da quello per il quale è stata concessa la franchigia o la riduzione è punito con la multa dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti.
Circostanze aggravanti del contrabbando (art. 88 D.Lgs. 141/2024, come modificato dal D.Lgs. 12 giugno 2025, n. 81)
1. Per i delitti previsti negli articoli da 78 a 83, è punito con la multa aumentata fino alla metà chiunque, per commettere il contrabbando, adopera mezzi di trasporto appartenenti a persona estranea al reato.
2. Per i delitti di cui al comma 1, alla multa è aggiunta la reclusione da tre a cinque anni: a) quando, nel commettere il reato o immediatamente dopo, nella zona di vigilanza, l'autore è sorpreso a mano armata; b) quando, nel commettere il reato o immediatamente dopo, nella zona di vigilanza, tre o più persone autrici di contrabbando sono sorprese insieme riunite e in condizioni tali da frapporre ostacolo agli organi di polizia;
c) quando il fatto è connesso con altro delitto contro la fede pubblica o contro la pubblica amministrazione;
d) quando l'autore è un associato per commettere delitti di contrabbando e il delitto commesso sia tra quelli per cui l'associazione è stata costituita;
e) quando l'ammontare dei diritti di confine dovuti o indebitamente percepiti o indebitamente richiesti in restituzione a titolo di dazio doganale è superiore a 100.000 euro;
e-bis) quando l'ammontare complessivo dei diritti di confine dovuti o dei diritti indebitamente percepiti o indebitamente richiesti in restituzione diversi dal dazio doganale è maggiore di euro 500.000.
3. Per i delitti di cui al comma 1, alla multa è aggiunta la reclusione fino a tre anni:
a) quando l'ammontare dei diritti di confine dovuti o indebitamente percepiti o indebitamente richiesti in restituzione a titolo di dazio doganale è maggiore di euro 50.000 e non superiore a euro 100.000;
b) quando l'ammontare complessivo dei diritti di confine dovuti o dei diritti indebitamente percepiti o indebitamente richiesti in restituzione diversi dal dazio
doganale è maggiore di euro 200.000 e non superiore a euro 500.000.
Rilevano ai fini della responsabilità amministrativa degli enti anche i reati di cui al citato D.Lgs. 141/2024:
Art. 80. Contrabbando nel movimento delle merci marittimo, aereo e nei laghi di confine
Art. 83. Contrabbando nell'esportazione temporanea e nei regimi di uso particolare e di perfezionamento
Art. 84. Contrabbando di tabacchi lavorati
Art. 85. Circostanze aggravanti del delitto di contrabbando di tabacchi lavorati
Art. 86. Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati
Art. 87. Equiparazione del delitto tentato a quello consumato qui meramente citati in quanto afferenti a fattispecie non applicabili a CPL Concordia. ***
Circa le violazioni delle norme in materia di imposte sulla produzione e sui consumi di cui al Testo Unico delle Accise rilevano i seguenti reati:
Sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’Accisa sui prodotti energetici (art. 40 TUA)
1. È punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, non inferiore in ogni caso a 7746 euro, chiunque:
a) fabbrica o raffina clandestinamente prodotti energetici;
b) sottrae con qualsiasi mezzo [gl]i prodotti energetici, compreso il gas naturale, all’accertamento o al pagamento dell’accisa; c) destina ad usi soggetti ad imposta od a maggiore imposta prodotti esenti o ammessi ad aliquote agevolate; d) effettua operazioni di miscelazione non autorizzate dalle quali si ottengono prodotti soggetti ad una accisa superiore a quella assolta sui singoli componenti; e) rigenera prodotti denaturati per renderne più facile ed elusivo l’impiego in usi soggetti a maggiore imposta; f) detiene prodotti energetici denaturati in condizioni diverse da quelle prescritte per l’ammissione al trattamento agevolato; g) detiene o utilizza prodotti ottenuti da fabbricazioni clandestine o da miscelazioni non autorizzate.
2. La multa è commisurata, per le violazioni di cui alle lettere a) e d) del comma 1, oltre
che ai prodotti complessivamente ultimati, anche a quelli che si sarebbero potuti ottenere dalle materie prime in corso o in attesa di lavorazione, o comunque esistenti nella fabbrica o nei locali in cui è commessa la violazione; e, per le violazioni di cui alla lettera e), oltre che ai prodotti in corso di rigenerazione o complessivamente rigenerati, compresi quelli comunque esitati, anche ai prodotti denaturati rinvenuti sul luogo in cui è commessa la violazione.
3. Il tentativo è punito con la stessa pena prevista per il reato consumato. La fabbricazione di prodotti soggetti ad accisa ((mediante operazioni effettuate, senza giustificato motivo,)) in tempi diversi da quelli dichiarati nella comunicazione di lavoro, se prevista, si configura come tentativo di sottrarre il prodotto all’accertamento. Si configura altresì come tentativo di sottrazione del prodotto all’accertamento, la circolazione dei prodotti di cui all’articolo 7-bis che avvenga, senza giustificato motivo, in assenza della preventiva emissione del codice di riscontro amministrativo di cui al medesimo articolo 7-bis o sulla base dei dati di cui al comma 3 del medesimo articolo 7-bis risultanti non veritieri o senza che sia stata eseguita, da parte dell’Ufficio dell’Agenzia, la validazione del predetto codice a causa della mancata presentazione dei prodotti presso il medesimo Ufficio.
4. Se la quantità di prodotti energetici è superiore a 10.000 chilogrammi la pena è della reclusione da uno a cinque anni, oltre la multa.
5. Se la quantità dei prodotti energetici, a eccezione del gas naturale, sottratti all’accertamento o al pagamento dell’accisa è inferiore a 1.000 chilogrammi, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al decuplo dell’imposta evasa.
6. Se la quantità di gas naturale sottratto all’accertamento o al pagamento dell’accisa è inferiore a 10.000 metri cubi si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, in ogni caso non inferiore a euro 5.000. ***
L’articolo in questione disciplina i reati relativi alla sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici. In particolare, punisce chiunque
destina ad usi soggetti ad imposta o a maggiore imposta prodotti esenti o ammessi ad aliquote agevolate. Questo reato si applica a tutti i prodotti energetici e prevede sanzioni per chi cerca di eludere il pagamento delle accise dovute.
Alterazione di congegni, impronte e contrassegni (art. 46 TUA)
1. È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, al fine di sottrarre prodotto all’accertamento:
a) contraffà, altera, rimuove, guasta o rende inservibili misuratori, sigilli, bolli, punzoni, marchi di verificazione od altri congegni, impronte o contrassegni prescritti dall’amministrazione finanziaria o apposti dalla Guardia finanza; b) fa uso di sigilli, bolli, punzoni, marchi di verificazione o altre impronte o contrassegni prescritti dall’amministrazione finanziaria o apposti dalla Guardia di finanza contraffatti od alterati, ovvero senza autorizzazione.
2. Chiunque detiene, senza autorizzazione, congegni, sigilli, bolli o punzoni identici a quelli usati dall’amministrazione finanziaria o dalla Guardia di finanza, anche se contraffatti, è punito con la reclusione da uno a sei mesi. La pena è della reclusione da un mese ad un anno se il fatto è commesso da un fabbricante.
3. Il fabbricante che, senza essere concorso nei reati di cui ai commi 1 e 2, ne abbia agevolato la commissione omettendo di adottare le opportune cautele nella custodia dei misuratori e degli altri congegni ivi indicati è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 258 euro a 1549 euro. 4. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, ove dal fatto sia conseguita un’evasione di imposta, resta salva l’applicabilità delle sanzioni di cui agli articoli 40 e 43. ***
La norma in analisi punisce chiunque, al fine di sottrarre prodotti all’accertamento, contraffà, altera, rimuove, guasta o rende inservibili misuratori, sigilli, bolli, punzoni, marchi di verificazione o altri congegni, impronte o contrassegni prescritti dall’amministrazione finanziaria o apposti dalla Guardia di Finanza. Le sanzioni previste includono la reclusione da uno a cinque anni per chi commette tali reati. Inoltre, chiunque detiene senza autorizzazione congegni, sigilli, bolli o punzoni identici a quelli usati
dall’amministrazione finanziaria o dalla Guardia di Finanza, anche se contraffatti, è punito con la reclusione da uno a sei mesi.
Deficienze ed eccedenze nel deposito e nella circolazione dei prodotti soggetti ad accisa (Art 47 TUA)
1. Per le deficienze riscontrate nella verificazione dei depositi fiscali di entità superiore al 2 per cento oltre il calo consentito si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al triplo della relativa accisa. Nel caso di prodotti denaturati, se la deficienza eccede l’uno per cento oltre il calo consentito, l’esercente è punito, indipendentemente dal pagamento dell’accisa commisurata all’aliquota più elevata gravante sul prodotto, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 10.000. Se la deficienza è di entità superiore al 10 per cento oltre il calo consentito si applicano le pene previste per il tentativo di sottrazione del prodotto al pagamento dell’accisa.
2. Per le eccedenze di prodotti nei depositi fiscali e per le eccedenze di prodotti denaturati non rientranti nei limiti delle tolleranze ammesse, ovvero non giustificate dalla prescritta documentazione si applicano le pene previste per la sottrazione dei prodotti all’accertamento o al pagamento dell’accisa, salvo che venga dimostrata la legittima provenienza dei prodotti ed il regolare assolvimento dell’imposta, se dovuta.
3. Per le deficienze, superiori ai cali ammessi, riscontrate all’arrivo dei prodotti trasportati in regime sospensivo si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal decimo all’intero ammontare dell’imposta relativa alla quantità mancante superiore al predetto calo a meno che l’Amministrazione finanziaria abbia motivi fondati di ritenere che la circolazione dei prodotti di cui al presente comma sia avvenuta in frode o comunque in modo irregolare, nel qual caso la predetta sanzione è applicata con riguardo all’imposta relativa all’intera quantità mancante. Se la deficienza è di entità superiore al 10 per cento oltre il calo consentito, si applicano le pene previste per il tentativo di sottrazione del prodotto al pagamento dell’accisa. Le eccedenze sono assunte in carico.
4. Le sanzioni di cui ai commi 1 e 3 non si applicano se viene fornita la prova che il prodotto mancante è andato perduto irrimediabilmente o distrutto.
5. Per le differenze di qualità o di quantità tra i prodotti soggetti ad accisa destinati all’esportazione e quelli indicati nella dichiarazione presentata per ottenere l’abbuono o la restituzione dell’accisa, si applica la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 96, commi 1 e 2, delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, di cui al decreto legislativo emanato ai sensi degli articoli 11 e 20¸commi 2 e 3, della legge 9 agosto 2023, n. 111, calcolata sulla somma indebitamente restituita o richiesta in restituzione..
5-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano ai tabacchi lavorati. ***
L’articolo prevede sanzioni amministrative per le deficienze riscontrate superiori al 2% oltre il calo consentito, con una multa che va dal doppio al triplo della relativa accisa. Inoltre, se la deficienza supera il 10% oltre il calo consentito, si applicano le pene previste per il tentativo di sottrazione del prodotto all’accertamento. Le eccedenze, invece, devono essere giustificate e, in caso contrario, possono comportare sanzioni simili.
Irregolarità nella circolazione (art. 49 TUA)
1. I prodotti sottoposti ad accisa, anche se destinati ad usi esenti od agevolati, ad esclusione dei tabacchi lavorati, del vino e delle bevande fermentate diverse dal vino e della birra, trasportati senza la specifica documentazione prevista in relazione a detta imposta, ovvero con documento falso od alterato o che non consente di individuare i soggetti interessati all'operazione di trasporto, la merce o la quantità effettivamente trasportata, si presumono di illecita provenienza. In tali casi si applicano al trasportatore ed allo speditore le pene previste per la sottrazione del prodotto all'accertamento o al pagamento dell'imposta.
2. Nei casi di cui al comma 1, se viene dimostrata la legittima provenienza dei prodotti ed il regolare assolvimento dell'imposta, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 516 euro a 3098 euro, salvo che per i cali di prodotti in cauzione,
per i quali si applicano le specifiche sanzioni previste dal presente testo unico.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano qualora i prodotti trasportati differiscano quantitativamente rispetto ai dati risultanti dal sistema informatizzato o dai documenti che accompagnano i medesimi prodotti, in misura non superiore all'uno per cento, se in più, o al 2 per cento oltre il calo ammesso dalle norme doganali vigenti, se in meno.
4. Nei casi di irregolare predisposizione della documentazione prescritta ai fini della circolazione, diversi da quelli previsti nel comma 1, si applica allo speditore la sanzione amministrativa di cui al comma 2. La stessa sanzione si applica al trasportatore che non esegue gli adempimenti prescritti.
5. Le sanzioni amministrative di cui ai commi 2 e 4 si applicano, altresì, per le violazioni previste nei medesimi commi relative ai trasferimenti dei prodotti di cui all'art. 21, comma 3. Qualora non venga fornita dimostrazione che il prodotto sia stato destinato ad usi diversi da quelli soggetti ad imposta si applica la presunzione di reato di cui al comma 1; l'imposta evasa è calcolata in base all'aliquota indicata all'art. 21, comma 2. 6. Qualora sia stabilita l'utilizzazione di documenti di cui all'articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1978, n. 627, quali documenti di accompagnamento specifici dei prodotti soggetti ad accisa, si applicano, in luogo delle sanzioni previste nel medesimo decreto, quelle contemplate nel presente articolo.
7. Le sanzioni previste dalle norme vigenti per le irregolarità relative alla documentazione prescritta ai fini della circolazione del vino o delle bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra si applicano anche nel caso in cui tali documenti siano quelli specifici dei prodotti sottoposti ad accisa. ***
L’articolo disciplina le modalità di movimentazione dei prodotti soggetti ad accisa in regime sospensivo, cioè prima che l’imposta sia stata assolta. Il trasporto deve avvenire tra depositi fiscali, impianti autorizzati o destinatari registrati, secondo le regole stabilite dall’Amministrazione finanziaria. È obbligatorio l’uso del documento amministrativo elettronico (eAD), che consente la tracciabilità del carico.
Il mancato rispetto delle condizioni di trasporto, come deviazioni non autorizzate o mancanza di documentazione, può comportare l’applicazione di sanzioni amministrative o penali. L’articolo mira a garantire il controllo fiscale e a prevenire frodi nel commercio di prodotti come alcolici, carburanti e tabacchi. ***
Rilevano ai fini della responsabilità amministrativa degli enti anche i reati di cui al citato TUA D,Lgs. 504/1995:
Art. 40-bis Sottrazione all'accertamento o al pagamento dell'accisa sui tabacchi lavorati
Art. 40-ter Circostanze aggravanti del delitto di sottrazione all'accertamento o al pagamento dell'accisa sui tabacchi
Art. 40-quinquies Vendita di tabacchi lavorati senza autorizzazione o acquisto da persone non autorizzate alla vendita Art. 41 Fabbricazione clandestina di alcole e di bevande alcoliche
Art. 42 Associazione a scopo di fabbricazione clandestina di alcole e di bevande alcoliche
Art. 45 Circostanze aggravanti
Art. 62-quater Imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo
Art. 62-quater.1 Imposta di consumo sui prodotti che contengono nicotina
Art. 62-quinquies Imposta di consumo sui prodotti accessori ai tabacchi da fumo qui meramente citati in quanto afferenti a fattispecie non applicabili a CPL Concordia.
2. FUNZIONE DELLA PARTE SPECIALE
Obiettivo della presente Parte Speciale è quello di definire le principali regole di condotta, nell’ambito dei Processi Sensibili, al fine di prevenire la commissione dei reati indicati nel precedente paragrafo. A tal fine, tutti i destinatari del presente Modello, una volta edotti sui contenuti, devono conformarsi alle regole ed ai principi ivi previsti.
Per questo motivo sono stati individuati: a) le aree e/o i processi aziendali definiti “sensibili” ovvero “a rischio di reato”; b) i principi generali di riferimento relativi alle procedure aziendali che devono essere osservati nei Processi Sensibili, ai fini della corretta applicazione del Modello;
c) i principi di riferimento che dovranno presiedere ai compiti di controllo, monitoraggio e verifica dell’Organismo di Vigilanza sul funzionamento, rispetto ed aggiornamento del Modello.
3. AREE POTENZIALMENTE "A RISCHIO REATO" E LE ATTIVITÀ "SENSIBILI"
In occasione dell’implementazione dell’attività di risk assessment connessa all’analisi dei rischi collegata ai reati in questione, sono state individuate, nell’ambito della struttura organizzativa ed aziendale della Società: le aree considerate "a rischio reato"; nell’ambito di ciascuna area "a rischio reato", sono state individuate le relative attività c.d. "sensibili", ovvero quelle specifiche attività al cui espletamento è connesso il rischio di commissione dei reati in questione; i controlli procedurali previsti con riferimento alle attività che sono poste in essere nelle aree "a rischio reato" oltre alle regole definite nel Modello di organizzazione, gestione e controllo e nei suoi protocolli (sistema di procure, Codice Etico, ecc.) - dirette ad assicurare la chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità degli attori coinvolti nel processo e l'individuazione dei principi di comportamento.
Sulla base di un’analisi delle principali attività svolte dalla Società, sono state individuate le seguenti aree a rischio di commissione dei reati sopra indicati:
• Gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione
• Approvvigionamento beni e servizi
Costituiscono situazioni di particolare attenzione nell’ambito delle suddette aree di attività a rischio:
• Gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione
- Gestione dei rapporti con la dogana per l’importazione o esportazione dei prodotti
- Gestione dei rapporti con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e con il GSE per le accise sui prodotti energetici
- Predisposizione e presentazione delle dichiarazioni accise per il mercato elettrico e per il gas naturale
- Gestione dei contatori
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
• Approvvigionamento beni e servizi:
- Gestione del fabbisogno di acquisto
- Gestione importazioni/esportazioni merci;
- Gestione dei rapporti con le società controllate appartenenti al gruppo CPL
4. I PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO
Il presente paragrafo è inerente alle condotte poste in essere dai Destinatari che svolgono, a qualsiasi titolo, le Attività sensibili identificate nella Parte Speciale.
I Destinatari hanno l’obbligo di rispettare le norme di legge, del Codice Etico e le regole previste dal presente Modello, con espresso divieto di porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti che realizzino le fattispecie di reato sopra elencate.
Ai Destinatari è fatto espresso obbligo di: 1. rispettare le previsioni contenute nel Codice Etico e nel Modello; 2. rispettare le policy, procedure, le linee guida e i protocolli interni e di Gruppo che disciplinano specificamente i comportamenti che i medesimi devono tenere per evitare la commissione delle fattispecie criminose di cui al precedente paragrafo;
3. individuare dei soggetti incaricati di avere rapporti con le autorità doganali, con l’Agenzia delle Entrate e con il GSE verificando il corretto possesso delle autorizzazioni/certificazioni per svolgere
l’attività, anche in rappresentanza della Società;
4. gestire le attività di inventario di modo che si possa tracciare qualsiasi movimento e procedere ad eventuali verifiche e rettifiche contabili;
5. verificare che siano rispettate le formalità documentali di carattere doganale sia in ordine al valore dei dazi doganali che delle accise che dell’IVA sulle importazioni;
6. verificare l’effettiva corrispondenza della consistenza delle merci oggetto di importazione e/o esportazione rispetto alla documentazione comprovante sia in termini di tipologia della merce che di quantità;
7. verificare che il sistema di logistica consenta di poter distinguere l’ubicazione delle merci unionali da quelle non unionali;
8. verificare che sia gestita periodicamente un’attività di inventario di modo che si possa procedere ad eventuali verifiche e rettifiche contabili;
9. verificare periodicamente l’eventuale sussistenza di registrazioni errate o incomplete nel sistema contabile;
10. verificare la correttezza e congruenza delle dichiarazioni doganali, anche ove gestite da terzi spedizionieri;
11. verificare che siano rispettate le procedure interne stabilite dalla Società per la gestione delle unità di carico e per le attività di magazzinaggio, ed effettuare delle verifiche a campione con cadenza regolare;
12. verificare l’integrità dei sigilli delle merci in entrata o che non vi siano ipotesi di manomissione di sigilli e in tali casi allertare immediatamente il superiore gerarchico e l’Organismo di Vigilanza
13. verificare il rispetto delle norme in materia di accise nella produzione di prodotti energetici, nel loro trasporto e deposito;
14. verificare l’integrità e la veridicità dei misuratori, sigilli, bolli, punzoni, marchi di verificazione od altri congegni, impronte o contrassegni apposti dalla competente Autorità;
15. garantire la correttezza e l’adeguata tracciabilità delle operazioni di movimentazione dei prodotti importati o soggetti ad accisa, nonché la veridicità delle informazioni contenute nelle bolle doganali e nei documenti di circolazione;
16. svolgere periodiche verifiche per accertare la effettiva destinazione d’uso
impressa ai prodotti esenti dal pagamento dell’accisa o accise agevolate;
In generale, è assolutamente vietato ai Destinatari:
1. porre in essere, concorrere in o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, anche solo in astratto o in via potenziale, i reati previsti all’art. 25-sexiesdecies del Decreto;
2. porre in essere o agevolare attività che siano in contrasto con le previsioni del Modello e del Codice Etico;
3. porre in essere o agevolare attività che siano in contrasto con le procedure, le policy e le prassi aziendali in materia di diritto d’autore;
4. porre in essere comportamenti che, sebbene risultino tali da non costituire di per sé ipotesi di reato, possano esserne il presupposto (ad esempio, mancato controllo) o possano potenzialmente diventare fattispecie di reato;
5. sottrarre prodotti soggetti ad accisa alla vigilanza fiscale e/o alle procedure di controllo;
6. alterare, falsificare o omettere dati relativi a qualità, quantità, origine o destinazione dei prodotti sottoposti ad accisa;
7. produrre, detenere o immettere in consumo prodotti soggetti ad accisa senza il regolare e corretto versamento delle imposte previste;
8. utilizzare documentazione falsa o irregolare (ad es., e-AD) per giustificare la circolazione di beni;.
5. ELEMENTI ESSENZIALI DEI PRESIDI ORGANIZZATIVI AZIENDALI NELLE
AREE A RISCHIO DI REATO
Come detto, le attività sensibili sopra richiamate, possono dare luogo al rischio di commissione dei reati di cui al paragrafo 1 Elemento essenziale dei presidi organizzativi volti a prevenire il rischio di commissione di tali reati, è costituito da un set di procedure adottate dalla Società. Sulla base, dunque, dell’analisi dei rischi svolta, ed in ragione della trasversalità dei processi aziendali coinvolti, l’azienda adotta più procedure a presidio della commissione dei reati di contrabbando e di violazione delle norme in materia di accise. L’elenco
delle procedure all’interno delle quali sono declinati i presidi organizzativi specificatamente definiti per la prevenzione di potenziali modalità attuative di un illecito è disponibile all’interno dell’Allegato 13 “PROCEDURE CHE DECLINANO LE CAUTELE GENERALI E LE CAUTELE PROCEDIMENTALI”.
Gli elementi essenziali dei presidi contenuti all’interno delle suddette procedure e rivolti a prevenire il rischio-reato possono essere individuati nelle seguenti cautele generali: livelli autorizzativi definiti nell’ambito di ciascuna fase operativa caratteristica del processo; segnatamente: gli atti che impegnano la società devono essere sottoscritti soltanto dai soggetti designati o incaricati esplicitamente o per ruolo organizzativo; la chiara e formalizzata individuazione dei soggetti che svolgono le attività previste all’interno della singola procedura; segregazione dei compiti tra i differenti soggetti coinvolti nei singoli processi. attività di controllo: riguardano i controlli di completezza, correttezza ed accuratezza delle informazioni. tracciabilità del processo (informatico e manuale), sì che ogni operazione svolta è documentata/registrata in via informatica ed archiviata presso la struttura di competenza.
In caso di modifica dei processi aziendali e, pertanto, delle possibili modifiche alle procedure poste a presidio della potenziale commissione dei reati di contrabbando e di violazione delle norme in materia di accise, la Società ha individuato un responsabile interno, il quale dovrà verificare che tali modifiche rispettino le cautele di cui alla presente Parte Speciale del Modello. Tale responsabile è individuato nella funzione del Risk & Compliance Manager il quale, in ogni caso, dovrà comunque confrontarsi con i vari Responsabili del controllo, sotto individuati, e ciascuno per i propri ambiti eventualmente impattati da tali modifiche.
6. RESPONSABILE DEL CONTROLLO
In considerazione dell’eterogeneità dei processi coinvolti, e fermo restando la responsabilità nell’effettuazione dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, la funzione di Risk & Compliance Manager, provvederà a pianificare i controlli in funzione della proporzionalità al rischio.
Per quanto attiene la responsabilità nello svolgimento dei controlli da parte delle direzioni coinvolte nell’ambito del processo regolato dalle cautele procedimentali applicabili alla presente Parte Speciale, i Responsabili del controllo per le suddette aree a rischio sono stati individuati nei seguenti ruoli aziendali: Direttore Generale, Direttore Finanziario, Direttore Amministrativo, Direttore Commerciale, Direttore Produzione, Direttore Settori, Direttore Ingegneria, Direttore Acquisti, Direttore Sviluppo Org.ne e Competenze, HRBP, Responsabile dell’Ufficio Affari Legali, Responsabile Aff. Societari e Uff. Legale Soc. Gruppo, Responsabile QSAE, RSPP, Resp. Tecnico Serv. Ispettivo.
7. COMPITI DELL’ODV E FLUSSI INFORMATIVI
Fermi restando i compiti e le funzioni dell’OdV statuiti nella Parte Generale del presente Modello, ai fini della prevenzione dei reati dei reati di cui all’art. 25 sexiesdecies del D.Lgs. 231/01, lo stesso è tenuto a:
verificare il rispetto da parte dei Soggetti Apicali e Sottoposti – nonché più in generale, dei Destinatari – delle prescrizioni e dei comportamenti esposti ai precedenti precedente paragrafi;
monitorare l’adozione ed effettiva implementazione delle azioni che la Società ha pianificato di porre in essere al fine di prevenire il rischio di commissione dei reati di cui all’art. 25 sexiesdecies del D.Lgs. 231/01;
verificare l’adozione di un sistema di deleghe conforme ai principi dettati dal D. Lgs. 231/2001;
monitorare il rispetto delle procedure adottate dalla Società.
Con riferimento ai flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza si richiama tutto quanto indicato a tale scopo nella Parte Generale, evidenziando, in particolare, l’obbligo di segnalare tempestivamente all’Organismo di Vigilanza qualsiasi fatto o circostanza da cui possa desumersi il pericolo di compimento di reati previsti dalla presente Parte Speciale in relazione allo svolgimento dell’attività della Società. Per ogni approfondimento e ulteriore dettaglio, si rinvia a quanto previsto dalle istruzioni interne in tema di flussi informativi.
ALLEGATI: Indice
Allegato 1. Struttura del Gruppo; Allegato 2. Organigramma funzionale; Allegato 3. Quadro sinottico dei poteri; Allegato 4. Manuale – Sistema di Gestione della Sicurezza OHSAS 18001 (e delle correlative procedure operative); Vedasi link https://intranet.cpl.it/ufficiservizi/qsae/Docu menti%20generali/Forms/Documenti_qualit a.aspx?RootFolder=%2Fufficiservizi%2Fqsae %2FDocumenti%20generali%2FMANUALI%2 FManuale%20del%20Sistema%20di%20Gesti one%20della%20Sicurezza%20e%20Salute% 20dei%20Lavoratori
Allegato 5. Certificazione BS OHSAS 18001; Vedasi link https://www.cpl.it/chisiamo/certificazioni/
Allegato 6. Documento Valutazione Rischi DVR; Vedasi link \\server\QSAE\Conformitàlegislativa\DVR
Allegato 7. Nomina Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione RSPP; Allegato 8. Atto Ricognitivo del 11 giugno 2024;
Allegato 9. Procure Speciali e deleghe di funzione in ambito sicurezza, salute, ambiente e privacy del 2024; Vedasi link S:\PROCURE\PROCURE 2024
Allegato 10. Manuale – Sistema di gestione ambientale UNI EN ISO 14001 (e delle correlative procedure operative)
Certificazione UNI EN ISO 14001; Vedasi link https://intranet.cpl.it/ufficiservizi/qsae/Docu menti%20generali/Forms/Documenti_qualit a.aspx?RootFolder=%2Fufficiservizi%2Fqsae %2FDocumenti%20generali%2FMANUALI%2
Allegato 11. Procedura sui flussi informativi verso l’Organismo di Vigilanza, ai sensi del D. Lgs. 231/2001 e del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo; Vedasi link
Allegato 12. Procedure Operative che declinano le cautele generali e le cautele procedimentali; Vedasi link https://intranet.cpl.it/ufficiservizi/qsae/Docu menti%20generali/Forms/Documenti_qualit a.aspx?RootFolder=%2fufficiservizi%2fqsae% 2fDocumenti%20generali%2fPROCEDURE& FolderCTID=0x012000E32835581D133B488A 483FBF812F619A