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Rolando Drahorad A Vignola di Modena negli anni ’60 un gruppetto di esportatori ortofrutticoli intraprendenti si era riunito in una società cooperativa di nome Comunexport che aveva come scopo la conquista di nuovi mercati. Fin dall’anno di fondazione, il 1961, il direttore commerciale ero io. Vignola allora era uno dei tre centri più importanti per l’export di ortofrutta dopo Cesena e Ferrara che partendo dalle famose ciliegie comprendeva anche molte mele ed ancora le pere, arrivando a esportare in totale annualmente oltre un milione di quintali. Inizialmente furono principalmente nuove tipologie di clienti di Francia, Inghilterra, Scandinavia e Germania il terreno fertile su cui lavorare ma in seguito lo diventarono anche il mercato nordafricano (Libia) e quello del Medio Oriente (Arabia Saudita). Nel 1970 partirono circa 50 container di pere Kaiser per New York e fu il coronamento di un lungo lavoro preparatorio. Allora come ancora oggi l’ostacolo più grosso fu fitosanitario ed in particolare il controllo della mosca del Mediterraneo. La pianura padana non è un habitat naturale per questo insetto ma al Sud era la norma. Le carte dell'USDA (United States Department of Agricolture) dicevano che anche i prodotti importati dall’Italia dovevano sottostare al “cold treatment” che era stato sviluppato dalle autorità americane per garantire la morte delle larve durante un periodo di almeno 11 giorni a temperature di +1 °C. Per farla breve: in occasione di un unico incontro con tre funzionari del ministero a Washington fu sigillato l’accordo e si decise l’istallazione di tre celle frigorifere attrezzate con registratori Honeywell per il controllo documentato delle temperature. Così, tutto era pronto per la grande avventura. Per due mesi ospitammo a Vignola a nostre spese l’ispettore APHIS ed in quel periodo partirono 50 container Sealand refrigerati alla volta delle coste del Nordamerica. La merce, incartata al 100 per cento, sistemata in cartoni telescopici da 18 chili, fu accolta con grande favore perché il calibro e la rugginosità delle nostre pere Kaiser erano superiori a quelle

Quotazioni minime spingono l’export di pere Buone notizie per le esportazioni di pere italiane. Dall'agosto 2012 al giugno 2013 dall'invio di pere 16

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Pere italiane negli Usa la prima volta fu nel 1970 delle pere Bosc di produzione locale. Allora l’Abate era ancora agli inizi e di poco conto anche per noi. Prove con la Passa Crassana non diedero risultati positivi. Ma anche per le Kaiser si presentarono presto difficoltà sul mercato statunitense. Era richiesta una grande “shelf life” che però le nostre pere non avevano. Ci accorgemmo che gli americani vendevano pere che erano state raccolte in uno stato di maturazione molto meno avanzato. Questo non permetteva lo sviluppo pieno dei calibri e non riusciva a produrre una bella rugginosità simile alla nostra ma garantiva una serbevolezza molto più accentuata del nostro prodotto. I supermercati pertanto non sposarono il prodotto italiano ma rimasero legati al prodotto locale. Questo non ci permise di aumentare i quantitativi anno dopo anno, anzi essi diminuivano. Inoltre l’allarme che si era sparso fra i produttori di pere in USA aveva messo in moto le autorità fitosanitarie che dopo tre anni di import trovarono nelle pere italiane un insetto che ritenevano pericoloso per le loro produzioni: la Leucoptera Scitella, da noi chiamata comunemente “Cimiostoma”. Il risultato fu la sospensione del contratto di controllo della mosca del Mediterraneo e la fine delle esportazioni italiane verso quel mercato. In quei tempi le autorità italiane erano distratte da cose ritenute ben più importanti (per esempio l’industria) e non c’era verso di trovare una soluzione amichevole che permettesse la continuazione dei lavori. Adesso tutto è iniziato da capo ed i primi 10 container di pere Abate sono partiti il 27 di settembre scorso. Purtroppo le condizioni degli americani sono rimaste le stesse: niente mosca, niente Cimiostoma. Ma al bando anche altre quattro infestazioni che in misura molto limitata sono presenti nelle nostre zone di produzione. E’ sperabile che i controlli meticolosi anche delle autorità italiane sappiano prevenire eventuali contestazioni per poter aprire un mercato che senza dubbio sarebbe in grado di assorbire quantitativi di merce di qualità tali da alleggerire il mercato italiano in modo significativo. Automaticamente la pressione sui prezzi nazionali si attenuerebbe ed i produttori potrebbero tirare un sospiro di sollievo.

all'estero sono stati incassati 165 milioni di euro. Si tratta del valore più elevato mai registrato per questo prodotto, con un incremento di circa 20 milioni di euro rispetto alla campagna 2011/2012. Tra i fattori che hanno favorito questo ottimo risultato

c'è l'aumento del prezzo minimo. Le quotazioni minime sono state trainate verso l'alto da una limitata disponibilità di prodotto sia a livello nazionale, sia europeo. Infatti, tra agosto 2012 e maggio di quest'anno il prezzo medio all'export è cresciuto da 0,90 a 1,54 euN o v e m b r e

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