OK ARTE Dicembre 2008

Page 1

ok Arte MAGAZINE

Dicembre 2008

M

G R AT U I T O

I

L

D I A RT E

A

N

E

C U LT U R A

Anno VII - N.4

O

Per informazioni e pubblicità: 02 92889584 - 347 4300482 info@okarte.org www.okarte.org

Brera e dintorni:

Itinerari fuori porta:

Lo Specchio dell’Arte, Progetto blocco 21, Rubrica “Parliamo di...” del Prof. Purpura a pagina 15 L’artista Pho all’Istituto Mario Negri a pagina 17

Lodi Vecchio, Basilica di San Bassiano a pagina 6 Mantova, Palazzo Te, Il Cammeo Gonzaga a pagina 7 Franciacorta, Santa Maria in Favento a pagina 8

I beni del FAI intervista a Marco Magnifico

I

l FAI è la più importante fondazione no profit per la salvaguardia e la tutela del patrimonio artistico e naturalistico italiano ed è la terza in Europa solo dopo il National Trust inglese e scozzese. Il Fondo per l’Ambiente Italiano na-

to nel 1975 grazie all’impegno e alla determinazione di Giulia Maria Mozzoni Crespi (Presidente del FAI) e degli altri soci fondatori, attualmente dispone di 39 beni tra castelli, ville, monasteri, giardini e parchi naturali dislocati in tutto il nostro Paese. Il nostro giornale, che valorizza gli splendidi gioielli d’arte di Milano e della Lombardia spesso sconosciuti dagli stessi abitanti, nei numeri precedenti ha dedicato ampi spazi alle proprietà del FAI. Abbiamo parlato del-

la Villa Necchi Campiglio, un capolavoro del ‘900 che ha riaperto al pubblico nel cuore di Milano, dell’Abbazia di S. Fruttuoso magicamente preservata dal clamore e dal forte richiamo di Portofino, ci siamo occupati inoltre dell’ot-

tocentesca Casa Carbone di Lavagna. In questo numero descriviamo la Villa Balbianello (pagina 9) sul lago di Como, la splendida Villa Panza a Varese (pagina 9) e il Monastero di Torba (pagina 10). Abbiamo incontrato il Dott. Magnifico Direttore del FAI durante la conferenza stampa del 29 ottobre scorso in cui si annunciava un’altra importante donazione: il Bosco di San Francesco. La Selva boschiva è situata al fianco della Basilica del Santo di Assisi...segue a pag .10

Arte a Milano

Nuove tangibili realtà contemporanee I

l magazine di dicembre è ancora più ricco di notizie e di eventi. Grazie ai numerosi contatti e all’apprezzamento dei lettori, disponiamo dal gennaio 2009 di spazi all’interno di dimore storiche, in zone centrali di Milano dove presentare le ultime opere degli artisti amici e sostenitori di OK ARTE. Gli artisti giovani ed emergenti interessati a collaborare con il nostro giornale possono inviare biografia, critiche e foto delle opere per partecipare alle nostre selezioni loro dedicate. Riserviamo spazi prestigiosi anche per mostre personali di artisti affermati interessati al nostro progetto e disponibili a collaborare con noi. Ringraziamo i nuovi “amici di OK ARTE” selezionati dai nostri critici per le loro recenti iniziative che contribuiscono allo sviluppo artistico e culturale del nostro territorio. In questo numero evidenziamo fra gli altri: Nando Chiappa, Galleria Tina Parotti, Roberta Musi, Roberto Denti, Giacobino, Endza, Caroline Culubret, Nicola Brindicci. OK ARTE raggiunge sempre nuovi consensi e quanti desiderino diventare nostri “amici” possono contattarci all’indirizzo

Fra storia, arte e cultura nelle vie di Milano

P

ossiamo camminare piacevolmente per le vie del centro e dopo aver fatto shopping, giunti in Piazza Duomo concederci qualche momento per una visita all’interno della Chiesa alla scoperta del “Sacro Chiodo”, uno dei quattro usati per crocifiggere Gesù, e della “Cesta della Nivola” progettata, sembra, da Leonardo da Vinci. I più

previdenti che hanno provveduto a prenotarsi, possono visitare la terrazza del Duomo, unica percorribile fra tutti gli edifici gotici a tetto spiovente e godere a distanza ravvicinata delle guglie e di un panorama unico della città ( di M. Moriconi a pag. 2). Ad un centinaio di metri di distanza in Piazza Pio XI, ci aspetta la

Mostre a Milano:

Caravaggio a Palazzo Marino a pagina 7, Il “Nouveau Realisme” al PAC a pagina 19, “Oltre la realtà” alla Galleria Zamenhof a pagina 22

Pinacoteca Ambrosiana, con la sua Pinacoteca, la Scuola, la Biblioteca. All’interno si trovano opere di Leonardo, di Raffaello, del Caravaggio e tanti altri (di L. Ganci a pag. 2). In questo numero parliamo inoltre (a pag. 3) de la Torre Branca “ Sequoia di acciaio” all’interno del Parco Sempione e l’Anfiteatro Romano “Colosseo di Milano” nella centralissima via De Amicis di J. M. Mangiameli. Presentiamo il Palazzo Arese Litta, storica dimora milanese ( a pag. 4) e la Chiesa di San Bernardino alle Monache in via Lanzone, vicino alla Chiesa di S. Ambrogio, (a pagina 5) a cura di Giuditta Pellizzoni. Paolo Deotto ci racconta de “La Chiesa del Torchio Mistico” (di Corso Garibaldi a pag. 5). Infine imperdibile “La Conversione di Saulo” a Palazzo Marino (di Giuliana De Antonellis a pag. 7).

Nando Chiappa, Maria Teresa Ruta ed il soprano Elena D’Angelo all’ antologica del pittore

info@okarte.org. Ai nuovi soci ed amici garantiamo un trattamento speciale riservando spazi e recensioni dei critici del nostro staff. Il mensile gratuito è a vostra disposizione presso gli abituali punti fra cui citiamo

i più importanti: Palazzo Reale, Spazio Cobianchi (ex APT), Biblioteca Sormani, Triennale, Pac, Rotonda della Besana, Umanitaria, Spazio Oberdan, Palazzo della Permanente, etc.; la lista completa dei pun-

ti di diffusione è reperibile su www.okarte.org. Sul sito è anche possibile leggere tutti i numeri della rivista. Auguriamo ad amici e sostenitori ed a tutti i lettori i migliori auguri di buone feste.

Palazzo Arese Litta Storica dimora milanese

P

er oltre duecento anni, Palazzo Litta, fu il centro nevralgico della vita mondana e culturale milanese, la dimora più prestigiosa della città che ha visto amori, chiacchiere e memorabili ricevimenti. Palazzo Litta, ora sede della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, ha riscoperto la propria vocazione a rappresentare uno spazio

S

i è svolta con grande successo di pubblico e di critica dal 5 al 23 novembre presso la Galleria Zamenhof : “FormArt” il primo ciclo di mostre di pittura e di scultura. “Infinite realtà” titolo della prima collettiva nell’ambito della rassegna “FormArt” finalizzata alla valorizzazione delle arti ed in particolare degli artisti emergenti. L’evento organizzato dalla rivista “Ok Arte” dedicata alla promozione del patrimonio del nostro territorio, è caratterizzato da quattro mostre collettive che si svolgeranno entro giugno 2009 in collaborazione con la nuova Galleria

Zamenhof. Hanno partecipato: Claudia Amadesi, Anna Maria Belli, Antonella Campi, Angelo De Boni, Natali Grunska, Yvonne Manfrini, Marco Nones, Stefania Presta, Rino Gaetano Tammaro. L’intento di FormArt è quello di porre attenzione, dopo un’accurata selezione, agli artisti emergenti e non solo che dimostrino una spiccata sensibilità, creatività, dinamismo e talento in ogni forma d’arte. Sono aperte le iscrizioni agli artisti di tutta Italia per partecipare alle prossime mostre collettive che si svolgeranno dal Febbraio a Giugno 2009. info@okarte.org

di promozione culturale nel centro di Milano attraverso l’organizzazione di mostre, seminari e convegni. Nel 2007 ha aperto le fastose stanze seicentesche ai visitatori proprio attraverso una mostra, rendendo così possibile la visita ai diversi ambienti riccamente decorati e mai fino ad ora aperti al pubblico. Il Palazzo è oggi considerato, soprattutto per la sua facciata settecentesca, uno degli esempi più importanti di barocchetto lombardo, diffusosi a Milano nel XVIII sec. ...segue a pag .4

wilbur a pagina 23


2

OK Arte Milano

DICEMBRE 2008

Il Duomo di Milano Curiosità che pochi conoscono

Milena Moriconi

C

apita a tutti noi di passare ore al computer per cercare di accaparrarci il volo “last minute” che ci permetta di fuggire da una Milano grigia ed indaffarata, che ci risucchia giorno dopo giorno nel vortice del “devo fare tutto e in fretta”, e sgattaiolare verso spiagge bianche e piene di sole, o verso esotiche città. Tutto pur di fuggire da Milano, questo nostro splendido involucro di arte, cultura e storia, pregno di un passato che, solo se passeggi in pieno centro, ti avvolge come uno scialle profumato e ti getta all’indietro di centinaia di anni. Parliamo di una Milano lacera e sontuosa nello stesso tempo, dove i Signori di turno, Visconti o Sforza che fossero, avevano un unico chiodo fisso: lasciare una traccia del proprio passaggio con la costruzione di opere artistiche portentose e bellissime, tali da lasciare tutti a bocca aperta. E diciamo che ci sono riusciti. Vediamo, prima di svolazzare verso lidi stranieri, di conoscere bene la

nostra Milano, perché se lo merita e perché, soprattutto, anche noi ce la dobbiamo meritare. Sull’onda di quanto già scritto sul numero scorso di Ok Arte, aggiungiamo qualche notizia strana in più sul nostro Duomo, fonte perenne di curiosità che non si mettono troppo in mostra da sole, ma che hanno bisogno di essere scovate “ad hoc”. Per esempio, lo sapevate che il 13 di Settembre di ogni anno, si svolge una antica cerimonia in onore del Santo Chiodo, uno dei quattro usati per crocifiggere Gesù, e rinvenuto da Sant’Ambrogio in persona presso la fucina di un fabbro? In questa occasione, l’arcivescovo di Milano, con 5 canonici, viene sollevato, a bordo di un particolarissimo contenitore in metallo, denominato “Cesta della Nivola” e abbellito con angeli dipinti, sino a raggiungere la volta dell’abside del Duomo, a 45 mt. d’altezza. Lì giunto, preleva, dall’interno di una croce, una custodia, contenente il Santo Chiodo ed un frammento della Croce, per portarla poi in processione

all’interno del Duomo stes- dei chiodi usati nella croso. La “Cesta della Nivola” cefissione di Gesù (ma cosembra sia stata progettata me avrà fatto???...), lo portò da Leonardo da Vinci, pro- immediatamente in salvo babilmente in un momen- nella basilica di Santa Tecla, to di relax dopo l’impegno poi demolita per consentire speso nella progettazio- la costruzione del Duomo. ne della chiusa sui navigli. Trattiamo adesso di una peGli autori delle ricerche ri- culiarità del Duomo, rapguardo a questa cerimo- presentata dalla presenza nia, Francesca Bellotti e di ben 8000 mq di terrazGian Luca Margheriti, de- ze, alle quali si può accescrivono con dovizia di dere, previa prenotazione, particolari il momento del con ascensore. E’ un clasritrovamento della reli- sico, soprattutto per i gioquia. In un afoso pomerig- vani, andare a mangiare un gio estivo, Sant’Ambrogio, panino a 70 metri d’altez- sione fra chiesa e laicismo tezza, superava i 108,5 delcoerentemente col suo biz- za e, appoggiati al parapet- diventava sempre più la Madonnina. Ed allora, zarro e simpatico modo di to, ammirare tutto il centro evidente, l’arcivescovo per non venire meno a essere e di vivere, anzi che storico della città. Ma per- Pozzobonelli decideva di quanto voluto dalla trastarsene immobile nell’im- ché peculiarità? Perché, al rinvigorire la Fede con l’in- dizione popolare, si ovprobabile, ma tanto spe- contrario di qualsiasi altro nalzamento di una guglia viò ponendo sul tetto del rata, frescura di qualche edificio europeo in stile go- d’appoggio per la statua “Pirellone” una copia perchiostro, decise di andar- tico, con tetto spiovente, il di una Madonnina tut- fetta della Madonnina. sene a spasso per Milano. Duomo è il solo ad avere ta d’oro. Con l’ausilio del- Ma per i milanesi quella “veE così, girovagando, udì un terrazze percorribili a piedi, la Veneranda Fabbrica del ra” è una ed una sola: quelmartellio furioso proveni- con la possibilità di gustar- Duomo si passava, nel 1774, la che nelle belle giornate re dalla bottega di un fab- si da vicino le 135 fanta- dal progetto alla realizzazio- di sole, con l’aria profumabro che, a metà tra l’adirato stiche guglie fra le quali ne. L’intento dell’arcivesco- ta di tramontana, quando ed il “ce la voglio fare a tut- troneggia quella Maggiore vo Pozzobonelli era quello anche Piazza del Duomo è ti i costi”, cercava dispera- con la Madonnina. Ma sa- di erigere una scultura che, sfolgorante e bollente di lutamente ed inutilmente di pete come si è arrivati ad in Milano, sovrastasse ce, e quando alle spalle della forgiare un chiodo che, an- innalzare questa guglia? qualsiasi altra costruzione... Cattedrale si scorgono, niche se incandescente, non Si era nel 1765, in pie- Ciò si è verificato, per an- tide, le montagne, risplenne voleva sapere di muta- no illuminismo lombardo. ni, sino a quando, nel de luminosa e dorata, con re forma. Sant’Ambrogio si Nell’epoca della Ragione, 1960, non venne ultima- le braccia aperte e rivolte fece consegnare l’oggetto e, mentre il feudalesimo vol- to il Grattacielo Pirelli che, al cielo, ad invocare protesubito, riconoscendo uno geva al termine e la scis- con i suoi 127 metri di al- zione sulla nostra cara città.

Una domenica “all’Ambrosiana” Per gustare la bellezza distillata dal passato

Lucia Ganci

I

l moderno impianto espositivo dell’Ambrosiana ne fa una delle più interessanti Pinacoteche di Milano, e più all’avanguardia in Europa. La ristrutturazione conclusasi nel 1997 ci svela valorizzati i capolavori della collezione personale del fondatore, ma non solo, pregiandoli grazie a una disposizione che ci permette di fruire di tutta la loro superba bellezza, fra i quali: il “Musico” di Leonardo, il grandioso cartone preparatorio di Raffaello per l’affresco “La scuola di Atene”, parecchie opere di Bernardino Luini compresa la prediletta “Sacra famiglia con Sant’Anna e San Giovannino” magistralmente leonardesca. La “Canestra di frutta” di Caravaggio fa da anello di congiunzione nel percorso che ci guida attraverso il fascino dei paesaggi naturali fiamminghi, di cui tanto amava circondarsi il Cardinale. Paul Bril e Jan Brueghel sono gli autori che più apprezzava, per l’assonanza di sensibilità artistiche condivise.

Paul Bril (Anversa 1554 - Roma 1626)-Paesaggio con Rebecca al pozzo-olio su tela, cm 95x120 Donazione Cardinale Federico Borromeo, 1618-Pinacoteca, sala 7

“Ho fatto decorare la mia stanza con quadri, badando che fossero della miglior qualità; non ve n’è uno che sia volgare o dozzinale. E il piacere che provo con-

templando queste vedute dipinte mi è sempre parso non minore di quello che danno gli spazi aperti della natura…” Parole del Borromeo (1564-1631).

Mecenate, protettore delle Arti, teologo, umanista, archeologo, la sua munifica produzione di scritti arrivò ad essere raccolta in cento volumi. Ritratto di profilo

mentre stringe fra l’indice e il pollice la penna d’oca sospesa sul foglio, in un dipinto esposto nel vestibolo del museo c’introduce alla rara rassegna. La visita si snoda lungo ventitrè sale, e superate le prime due ci si addentra nel labirinto di spazi che si susseguono in un ordine imprevedibile: si sov rappongono raddoppiando, si restringono in passaggi, si schiudono improvvisamente davanti a uno scalone di marmo e mosaico scintillante, si frazionano attorno a colonne di pietra venata, e il visitatore smarrisce l’invisibile filo che lo ancora al frastuono della realtà urbana. Finché si ritrova nell’ultima sezio-

Trovi l’elenco dei punti di diffusione della rivista su www.okarte.org

ne riservata alla pittura dell’Ottocento e primi decenni del Novecento. Qui campeggia una schiera di personaggi ritratti dalla mano austera di Hayez, di Appiani, mentre il Gola spande luce soffusa di rosa e grigio nella malinconia del crepuscolo invernale sulle cascine dei navigli, che popola di lavandaie. Due bimbe in abiti dimessi uscite dal pennello inquieto di Emilio Longoni fissano il visitatore dal centro di una parete, e la più piccola delle due sorride così spontaneamente che disincanta. Il Borromeo all’origine articolò la sua raccolta con intento didattico riservato agli studenti dell’”Accademia del Disegno”, e ritenendo com’era d’uso nel Rinascimento, che la formazione artistica non potesse prescindere da quella umanistica, riunì in un’unica Istituzione la Pinacoteca, la Scuola, e la famosa Biblioteca, edificandone la sede tra il 1603 e il 1630 dove tuttora si trova: in piazza Pio XI, sotto l’insegna del fondatore romano della diocesi di Milano S.Ambrogio.


3

OK Arte Milano

DICEMBRE 2008

Una “Sequoia d’acciaio” all’interno del Parco La Torre Branca si svela tra passato, presente e futuro

Immagine di Jean Marc Mangiameli Jean Marc Mangiameli

I

n una Milano europea, città con ancora la caratteristica di avere edifici al di sotto di una certa altezza, dove normalmente chiese e cattedrali hanno la meglio su palazzi e grattacieli, spicca per i suoi

108 metri la Torre Branca. Situata all’interno del Parco Sempione, nei pressi del Palazzo dell’Arte, con la sua particolare architettura metallica, la torre è uno dei punti di osservazione più alti della città. Denominata Littoria nel 1933, quando venne costruita su pro-

getto di Giò Ponti, Cesare Chiodi ed Ettore Ferrari per la “V Mostra Triennale di Arti Decorative”, prese poi il nuovo nome grazie ad un restauro promosso e finanziato dalle distillerie Fratelli Branca, che resero nuovamente agibile la struttura nel 1997. Dopo anni di chiusura, con il destino della torre ancora incerto, dopo la lentezza dei restauri, gli immancabili disaccordi tra pubblico e privati, le leggendarie lentezze burocratiche italiane, i milanesi (e non) hanno potuto finalmente risalire la cima. Oggi si ha ancora la fortuna di godere di una vista unica della città. Il Parco Sempione, che si estende ai suoi piedi riempie di suggestione il panorama che comprende molti dei monumenti più importanti: dall’Arco della Pace al Castello Sforzesco, dal Duomo di Milano ai campanili e cupole delle basiliche. Salire in cima alla torre è anche un’occasione per rendersi conto dell’estensione dell’area urbana, nonché della prossimità delle Alpi che, in una giornata limpida, offrono uno spettacolo mozzafiato. Nonostante l’anima futurista che aleggiava fortemente all’epoca, con la propensione a slan-

ciarsi sempre più verso l’alto, gli architetti, Giò Ponti in primis, decisero che la torre non doveva superare il Duomo, lasciando alla Madonnina il primato di altezza. Il record venne battuto successivamente dal Pirellone. Oggi la Torre è considerata una vera e propria opera d’arte e monumento dell’epoca.

Costruita in tempi record (poco più di due mesi), sfidava le regole della stabilità proponendo un’architettura slanciata leggera e metallica. Quelli erano gli anni della Milano che guardava al futuro, della città del nord Italia che ospitava eventi di rilievo mondiale. Oggi i cittadini guardano con orgoglio alla torre rina-

ta, anche luogo di tendenze e mondanità grazie al rinomato ristorante nato ai suoi piedi. E chi è nostalgico e ci salì per la prima volta negli anni ’30 sicuramente oggi avrà l’occasione di ammirare una Milano nuova, quella del presente, quella dei cantieri, una città cambiata ma con sempre la voglia di guardare al futuro.

Immagine di Jean Marc Mangiameli

L’anfiteatro romano; anche Milano aveva il suo “Colosseo” Una visita all’interno del Parco Archeologico, tra reperti e ricostruzioni storiche

Jean Marc Mangiameli

N

on tutti i milanesi sanno che nella centralissima e caotica via De Amicis si nascondono (letteralmente) i resti dell’antico anfiteatro romano. Difatti al civico 17 della via, all’interno del complesso di S. Maria della Vittoria, che accoglie prima l’Antiquarium e poi il chiostro, si trovano le fondamen-

ta romane dell’imponente struttura. Circondate da un verde e curato parco di 11.500 metri quadri, i resti del “Colosseo di Milano” (così veniva chiamato perché terzo in grandezza dopo l’anfiteatro di Capua e il Colosseo di Roma) ci riportano indietro a quanto era grande la città nel II secolo, in piena epoca romana. Del sito, intitolato all’archeologa scomparsa Alda

Levi e reso fruibile al pubblico nel 2004, fa parte anche l’Antiquarium, spazio che ospita alcuni reperti archeologici rinvenuti durante gli scavi e la ricostruzione storica del quartiere. Curioso che alcuni elementi della struttura, dal IV secolo in poi, siano stati riutilizzati per l’edificazione della Basilica di San Lorenzo, all’insegna di un riciclo dei materiali, al-

Immagine di Jean Marc Mangiameli

Immagine di Jean Marc Mangiameli

lora pratica diffusissima. Il Parco Archeologico di Milano ci aiuta a ricostruire la storia fantasticando sui vecchi splendori nonché permettendoci di capire come l’area urbana si sia stratificata nel corso dei secoli. Così, resti di fondamenta, elementi che provengono da altre strutture, oggetti e manufatti diventano indizi indispensabili per la lettura del passato

a beneficio di un arricchimento culturale per il presente. Lo splendido e quieto parco, inoltre, è aperto tutti i giorni e rimane un luogo ancora poco frequentato, un’oasi di pace dove possiamo trovare persone intente a leggere un libro, mamme a passeggio con bambini, colombi che vivono indisturbati dal traffico metropolitano. Insomma, Milano è affascinante an-

Informazioni per pubblicità e redazionali:

info@okarte.org - 347 4300482

che per questo, per celare al di là delle mura (quelle nuove e moderne, ovvero le facciate dei palazzi) piccoli tesori che una volta scoperti fanno riflettere su quanto sia magica questa città, unica e ricca di storia. Non solo da visitare, quindi, ma anche da vivere personalmente da parte di tutti i milanesi. La villa sarà aperta al pubblico da mercoledì a domenica dalle 10 alle 18.


4

OK Arte Milano

DICEMBRE 2008

Palazzo Arese Litta Storica dimora milanese, fulcro della vita culturale

Giuditta Pellizzoni

I

l Palazzo Arese Litta è oggi considerato, soprattutto per la sua facciata settecentesca, uno degli esempi più importanti di barocchetto lombardo, stile che si diffonde a Milano e nei dintorni nel secondo decennio del XVIII secolo. Fu nel 1648 che Bartolomeo Arese commissionò all’architetto Francesco Maria Richini il progetto di un palazzo che avrebbe dovuto celebrare i fasti ed il potere della sua famiglia, nonché servire da maestosa residenza per i numerosi festeggiamenti. Si ricordano infatti solenni feste per Elisabetta Cristina di Bruswick, Maria Teresa d’Austria, Eugenio Beauharnais e addirittura per l’arrivo di Napoleone. Del nucleo originario sei-

San Bernardino alle Monache Un piccolo gioiello a due passi dal Duomo

Giuditta Pellizzoni

N

el pieno centro della città, proprio a due passi dal Duomo, sorge una piccola chiesa, conosciuta a pochi milanesi, denominata San Bernardino alle Monache e facente parte di un complesso in cui era inserito un monastero di monache Umiliate. Purtroppo ad oggi si conserva soltanto la chiesetta dedicata a San Bernardino da Siena e titolata alle monache perché edificata per loro. La Chiesa di San Bernardino alle Monache ha subito nel corso dei secoli un alternarsi di trasformazioni, splendori e decadenze fino alla sua chiusura al culto avvenuta nel 1989 a causa di gravi lesioni strutturali. Nel 1997, grazie all’Abate Emerito di Sant’Ambrogio, mons. Franco Verzeleri, si è costituita l’Associazione Culturale “Amici

di S. Bernardino alle Monache”ed è così cominciato il ripristino del monumento. L’Associazione, che ha raccolto ed ancora raccoglie il denaro necessario per le opere di restauro, ha concluso gli interventi di recupero e conservazione presentando la rinata chiesa al pubblico nel maggio del 2006. La Chiesa di San Bernardino alle Monache ebbe origine nel 1290 e gli studiosi sono concordi nel ritenere che autore del progetto sia stato Pietro Antonio Solari. Le successive notizie riguardanti il Monastero, facente parte del grande complesso in cui era inserita la chiesa, sono davvero scarse a parte le notevoli modifiche e i ripetuti ritocchi effettuati intorno al 1600-1700. La trasformazione più significativa è stata fatta nel 1645 da Suor Maria Galimberti che fece rinnovare la chie-

sa alla quale fu aggiunta un’ala con facciata barocca. Nel 1782 il convento venne soppresso e diventò in principio casa di ricovero per monache anziane, successivamente vi prese posto una caserma, ed infine venne utilizzato come dipendenza dell’Ospedale Maggiore in funzione di locale di servizio. La chiesa sprofondò poi nel totale disinteresse per oltre un secolo. Gli edifici furono gradatamente demoliti e nel 1913 fu costruita l’attuale sede del Liceo Manzoni. I successivi bombardamenti del 1943 causarono ingenti danni alla struttura con conseguente stato di abbandono di essa fino all’intervento di recupero iniziato, appunto, nel 1997. L’aspetto esterno, in mattoni a vista, conserva l’originale decorazione in cotto ad archetti pensili intrecciati, tipico di molte chiese lombarde

di quel periodo. Gli affreschi quattrocenteschi che impreziosiscono l’Arco Trionfale e l’Abside sono di scuola lombarda e sono fatti risalire ai modi del Borgognone, del Foppa, del Bramantino ed altri ancora. I recenti restauri hanno inoltre rivelato un’interessante decorazione a squame multicolore attorno alle chiavi di volta, ed alcune stelle rosse e verdi su intonaco bianco che ricordano decorazioni tipiche del Trecento già segnalate nella Abbazia di Chiaravalle, nelle chiese di Viboldone e di San Marco a Milano. Un piccolo gioiello da scoprire nel contesto del patrimonio culturale della città di Milano che merita sicuramente una visita di riguardo. La Chiesa di san Bernardino, via Lanzone 13, è aperta ai visitatori il venerdì pomeriggio dalle 16 alle 18 e la domenica mattina dalle 10 alle 12.

centesco del Richini si conserva ad oggi il grande cortile a colonne architravate che rappresenta uno dei più begli esempi di cortile seicentesco milanese. Al Richini si riconduce anche un oratorio gentilizio, consacrato nel 1671, e trasformato nel secondo Settecento nell’attuale teatro. A partire dalla metà del settecento l’edificio venne rimaneggiato acquistando così la superba veste barocchetta che ancora oggi lo contraddistingue. I principali interventi commissionati dai Litta, che trasformarono il corpo del palazzo, furono la costruzione dello scenografico scalone “a forbice” che conduce agli appartamenti nobili e progettato da Francesco Merlo nel 1740. Dopodichè la decorazione pittorica affidata alla bottega di Giovanni Antonio Cucchi, pittore di molte dimore patrizie dell’epoca. Nello stesso periodo, tra il 1752 e il 1761, Bartolomeo Bolli realizzò la nuova facciata dell’abitazione costituita da due corpi ad andamento oriz-

Cerchiamo collaboratori per la redazione

info@okarte.org - 347 4300482

zontale ed uno centrale più alto ed aggettante. Accanto al cortile centrale risalta quello dell’Orologio sul quale si affaccia il corpo di fabbrica del teatro e da cui si accede anche al giardino Arese e agli altri corpi di fabbrica edificati nei secoli successivi. Il Palazzo, nel 1873, fu rilevato tramite un’asta, prima, dalla Società Ferroviaria Alta Italia e poi dalle Ferrovie Italiane nel 1905, trasformandosi così a luogo di lavoro. All’interno del complesso trova sede anche il Teatro Litta, il più antico in attività a Milano, che utilizza per le sue attività culturali il teatrino settecentesco affacciato sul cortile dell’Orologio. Ancora oggi Palazzo Litta è tra gli edifici che meglio caratterizzano dal punto di vista storico-artistico la città di Milano. E con l’ausilio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la nobile sede potrà tornare ad essere luogo di incontro ed officina di cultura per i milanesi e per tutti i visitatori, una sorta di Cittadella della Cultura.


DICEMBRE 2008

5

OK Arte Milano

Santa Maria Incoronata

La Chiesa del Torchio Mistico un tesoro che meriterebbe maggior fama

Paolo Deotto

I

l vocabolario della lingua italiana ci spiega che la “dote” è l’assegno, in beni o in denari, che la donna, quando contrae il matrimonio, porta al futuro marito come parte integrante dell’economia familiare. Ora, quando Bianca Maria, figlia naturale di Filippo Maria Visconti, andò sposa a Francesco Sforza, portò in dote, nientemeno, la città di Cremona, di cui era Signora, che andò così a in-

re di Milano, al civico 116 di Corso Garibaldi. Perché parliamo di Chiesa “singolare”? Perché si tratta di una Chiesa doppia, nel vero senso della parola. La seconda (quella di destra) di queste due “chiese unite”, in tutto uguale alla prima, venne edificata nel 1460 su ordine di Bianca Maria, che volle così pubblicamente suggellare la fedeltà tra gli sposi. Nella Diocesi ambrosiana troviamo solo un altro esempio di “chiesa doppia”, S. Cristoforo sul

riori lavori, sia per abbellire l’edificio sacro, sia per ingrandire la parte esterna conventuale. Giungiamo così al 1451 quando, terminati i lavori di restauro nello stile dell’epoca (il tardo gotico), la Chiesa viene definitivamente intitolata a Santa Maria Incoronata, e dedicata a Francesco Sforza, in occasione della sua incoronazione a Duca di Milano. Poi, come vedevamo, nel 1460 venne edificata, per volere della consorte del Duca, la Chiesa gemel-

immagine di Maurizio Redaelli

grandire il territorio dello sposo. Eravamo nel 1447 e non vi era nulla di strano se nobili e signori contraevano matrimoni che servivano solo per fini politici; successivamente, il 26 febbraio 1450, Francesco Sforza debellò l’Aurea Repubblica Ambrosiana, fondata tre anni prima da un gruppo di notabili, approfittando della mancanza di eredi dei Visconti, e divenne nuovo Duca di Milano, ristabilendo, almeno “pro forma” i diritti della moglie sul trono ducale. Insomma, la novella sposa aveva portato allo Sforza nuove terre e il titolo di Duca di Milano. Del resto, ancora agli inizi del XIX secolo quasi tutte le Case regnanti in Europa erano in qualche modo imparentate tra di loro. Eppure Bianca Maria, fossero stati o meno gli interessi politici alla base del suo matrimonio, era una sposa devota e innamorata del marito. Tanto che volle lasciare una forte e perpetua testimonianza del suo amore e della sua fedeltà. Una testimonianza che è arrivata sino ai giorni nostri, ed è costituita da una delle Chiese più singolari di Milano, la Chiesa Parrocchiale di S. Maria Incoronata, sita nel cuo-

Naviglio, non paragonabile però a S. Maria Incoronata, perché la chiesetta doppia sul naviglio è formata da due corpi tra loro ben differenti. La storia di S. Maria Incoronata inizia ben prima della devota edificazione voluta da Bianca Maria. La Chiesa di sinistra infatti esisteva già nell’età comunale, retta dai Padri Eremitani di San Marco e intitolata a Santa Maria di Garegnano. Con la bolla Licet Ecclesia del 9 aprile 1256 Alessandro IV riunisce le varie congregazioni di eremiti negli Eremitani di S. Agostino, e dall’incontro di questa piccola Chiesa con gli agostiniani inizia la Storia del suo sviluppo artistico e culturale. Divenuto centro dell’Osservanza agostiniana, la Chiesa viene restaurata e rinnovata e dedicata a S. Nicola da Tolentino, mentre negli edifici attigui (dei quali, come vedremo, resta solo una piccola parte) trovano posto il Convento e lo Scriptorium, ossia la Biblioteca, parte essenziale in ogni insediamento degli Agostiniani. La Chiesa diviene così (come tutti i centri agostiniani) luogo non solo di devozione, ma anche di studio e nel tempo si rendono necessari ulte-

la, e nel 1484 i due edifici vennero messi definitivamente in comunicazione, costituendo così un unicum architettonico, su progetto attribuito a Guiniforte Solari. Chi entra oggi in S. Maria Incoronata ammira un interno di due navate di uguale altezza, divise da pilastri, ognuna su tre campate. Sono numerosi, e illustri, gli artisti che hanno arricchito col loro talento questa Chiesa. Al Bambaia (Agostino Busti) sono attribuite le lapidi funerarie di Aloisino Bossi (consigliere

di Francesco Sforza) e del figlio Giovanni, mentre la lastra tombale in marmo di Candoglia dell’arcivescovo Gabriele Sforza (fratello di Francesco) è attribuita a Francesco Solari. Frammenti di affreschi quattrocenteschi fanno supporre una decorazione con storie della Vergine e una raffigurazione di S. Antonio Abate. Ma senza dubbio l’affresco più importante e ben conservato, è quello concordemente attribuito ad Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone, raffigurante Cristo premuto sotto il torchio. E proprio su questa singolare raffigurazione della Passione di Nostro Signore conviene soffermarsi un attimo. Per esprimere il concetto eucaristico l’arte cristiana scelse di rappresentare alcuni elementi reali desunti dalla Bibbia o dalla liturgia, combinandoli tra loro in un insieme chiaramente evocativo. Punto di partenza per queste creazioni artistiche furono le parole stesse di Gesù («Io sono il pane della vita», Giovanni 6, 24), il miracolo della moltiplicazione dei pani, la mutazione dell’acqua in vino a Cana (manifestazione della gloria di Gesù), e, naturalmente, l’Ultima Cena, in cui viene istituita l’Eucaristia. Non mancarono, tuttavia, anche vere e proprie raffigurazioni allegoriche del mistero eucaristico, diffusesi soprattutto in età medievale. Tra queste la più interessante, e per molti versi la più suggestiva, è quella del “Torchio mistico”, che mostra Cristo stesso gravato della croce, il cui peso sembra spremere letteralmente il sangue dalle sue ferite. Il simbolismo che derivò da questa immagine si espanse da allora in tutta la cri-

immagine di Maurizio Redaelli

immagine di Maurizio Redaelli

immagine di Maurizio Redaelli

stianità, sotto forma di sermoni, inni e preghiere. E, a partire dal XII secolo, anche attraverso raffigurazioni artistiche. Le prime immagini (miniature, soprattutto) mostrano Cristo che spreme i grappoli con i piedi in un torchio da cui scorre il vino che viene distribuito ai fedeli, evidenziando così il ministero della Chiesa. In un secondo tempo, invece, tra il Quattro e il Cinquecento, Cristo stesso è mostrato sotto la morsa del torchio, con il sangue che trasuda dalle sue piaghe raccolto in un calice, a ricordare con vivace evidenza non solo la Passione, ma anche e soprattutto il miracolo della transustanziazione. Questa iconografia della “ torchiatura mistica” ebbe particolare fortuna nel centro e nel nord Europa, concentrandosi soprattutto nelle Fiandre. A Bruges, infatti, verso la fine del XIV secolo, era nata una delle prime e delle più importanti confraternite del Preziosissimo Sangue, che venerava le gocce del sangue di Cristo che il crociato Thierry d’Alsazia aveva portato con sé dalla Terra Santa. La fama di questa reliquia promosse e divulgò queste immagini eucaristiche. Orbene, la rappresentazione del “Torchio mistico” attribuita al Bergognone e che si può ammirare in S. Maria Incoronata, oltre

Diventa socio dell’Associazione Amici di OKArte

info@okarte.org - 0292889584

l’alta qualità artistica, è la prima di tale soggetto realizzata in Italia, e una delle pochissime di cui si ha notizia nel nostro Paese. All’esterno della Chiesa troviamo ancora una parte del Chiostro, con affreschi quattrocenteschi e il piano delle celle dei monaci. Ma soprattutto, importantissima e restaurata con grande cura, troviamo la preziosa biblioteca, a tre navate e con volte a croce, databile al 1487, con affreschi riproducenti Dottori agostiniani. È questa una delle otto biblioteche agostiniane ancora conservate in Italia, testimonianza di un grande amore per lo studio e la riflessione, come via per giungere alla Fede. Insomma, caro amico che fin qui hai avuto la pazienza di leggerci, speriamo di aver suscitato in te abbastanza interesse per spingerti a fare una passeggiata in corso Garibaldi, entrare in S. Maria Incoronata e trovarti così tra pietre che parlano della Storia della nostra città, di devozione, di amore, trasmessi attraverso grandi espressioni d’arte. E speriamo di ricordarci sempre che questa nostra amata Milano non è fatta solo di visi cupi, impegni d’affari, ore stritolate in metropolitane o a mangiare panini di corsa per tornare al lavoro. È fatta anche di tante cose, ben più grandi, che non muoiono mai.


6

OK Arte Milano

DICEMBRE 2008

Basilica dei XII Apostoli detta di San Bassiano Conversazione con don Antonio Spini

Ivana Metadow

I

n un’atmosfera rarefatta, in mezzo ai campi che hanno ancora un antico sapore, in un’area poco abitata, si staglia nel cielo, limpido o nebbioso, la bella Basilica dei XII Apostoli, detta anche di San Bassiano. Fondata nel 387 da San Bassiano, in stile romanico, appare in tutta la sua maestosità in fondo all’antico paese di Lodi Vecchio (Lo). Tradizione e cultura rendono il clima di questa Basilica dolce e piacevolmente mistico perchè, nella sua semplicità, trasporta l’anima a riflettere, senza magnificenza, sul valore interiore della spiritualità. L’attuale struttura non è quella edificata da San Bassiano, ma risale al X e XIV secolo. Nel 1330 ha il suo massimo degrado con la caduta del tetto. Restaurata in quegli anni la Basilica si innalza, ispirandosi allo stile gotico, la risultanza è uno stile romano-gotico che rende questo tempio notevolmente suggestivo e meta di pellegrinaggi non solo religiosi, ma anche di estimatori dell’arte in esso contenuta. La facciata a vela con bifore a cielo aperto è divisa in tre parti da due poderose colonne. E’ mossa da monofore e oculi e sul frontone centrale, tripartito da sottili lesene, vi è un’edicola con la statua in ceramica del San Bassiano, inserita durante i lavori di restauro del 1960. Rifatto in quegli anni anche il campanile, che viene ironicamente definito “disgraziata aggiunzione”. Le pareti esterne sono sostenute da robusti contrafforti che sostengono gli archi in stile gotico. Splendido il rosone a 16 petali e il portale con una piccola lunetta che mantiene traccia di un antico affresco, il tutto con una corniciatura ad archetti in laterizio.

Nella parte orientale vi è la massiccia abside divisa in tre corpi da robuste lesene sporgenti. Sulla parete cispidale vi sono due piccole monofore e un rosone. A fianco due absidine.

vere la continuità storica di questo luogo perché le radici si sviluppano continuamente, anche nelle avversità. La cultura preferisce l’arte in se stessa che non l’uso dell’arte a servi-

acuto vi sono dipinte immagini del sole. Sulla parete centrale l’affresco dell’ “Annunciazione” in stile giottesco. Ma l’occhio è attratto dal grandioso affresco del catino absidale posto lastri portanti che dividono la navata centrale dalle due laterali, hanno i capitelli istoriati risalenti al X sec. Don Antonio racconta poi un simpatico aneddoto: “Una turista giapponese appena entrata in Basilica si è messa a gridare, tutti preoccupati siamo corsi per soccorrerla, ma l’interprete divertita, ci ha tranquillizzato dicendoci che le urla erano di stupore, la meraviglia che la signora aveva provato appena entrata in Chiesa”. Infine Don Spini esprime un suo ultimo timore legato all’ambiente in cui sorge la Basilica. “Temo che l’espansione edilizia possa occupare il cono panoramico che, dalla provinciale 115, mostra al viaggiatore la struttura della Basilica in tutta la sua maestosa semplicità.” E noi non possiamo fare altro che augurargli buon lavoro e sperare che l’indifferenza dell’uomo non turbi uno spettacolo che da secoli abbellisce le morbide campagne lodigiane.

Le molte finestre di stile lombardo, danno grande luce all’interno. Alle 15.30 di una calda domenica di Settembre apre il portone don Antonio Spini, un dolce sacerdote di 72 anni che nei modi ha qualcosa di antico come il “Tempio” che custodisce. E’ lui il Delegato Vescovile del “Centro Bassianeum” annesso alla Basilica e Responsabile della Basilica stessa da circa 30 anni. Alla domanda “Cosa si prova ad essere custodi di un Tempio così antico?” Risponde che prova “Una grande emozione nel vi-

zio della evangelizzazione. Si entra nella Basilica e si vive la bellezza, senza chiedersi il perché.” La Basilica entra nella visione didattica dell’arte come strumento religioso per essere “letta” anche da chi, nei tempi passati, non sapeva leggere. Don Antonio spiega “Tutto serviva, attraverso le immagini ad imparare il messaggio cristiano, ciò che non si può imparare con la scrittura, lo si impara con la pittura. La Basilica diventa un testo da leggere, pieno di simbolismi. lo stile romanico con la struttura architettonica non slanciata e a forma di capanna, ricorda il riparo che l’uomo offre a Dio accogliendolo nella sua umile dimora; lo stile gotico, indica il desiderio dell’uomo di elevarsi fino a Dio.” Entrando dalla porta centrale si trova una acquasantiera a forma ottagonale, simbolo numerico della Risurrezione, che richiama la purificazione dell’anima. Molti gli affreschi risalenti al XVI sec., di autore ignoto chiamato “Maestro di San Bassiano”. Al di sotto dell’arco a sesto

a oriente che viene chiamato “Deesis” cioè ”preghiera”. Si va verso il sole e il Sole è il “Cristo Pantocratore”, un affresco dove il Cristo è racchiuso nella mandorla, seduto su un arcobaleno con la mano docente e benedicente, alla sinistra la Madonna che lo addita e San Bassiano; alla destra San Giovanni Battista e San Cristoforo. Le piccole navate terminano con un’ absidina; sulla destra, verso sud, otto tele, commissionate nel 1565, che rappresentano 8 episodi della vita di San Bassiano e in fondo una bella statua del Santo del XVII sec. L’altra navata ha al centro un grandioso organo e tre affreschi “Madonna in trono”, “San Zeno” e “San Fermo”. Sopra quest’ultimo affresco vi è una formella con un bassorilievo di grande importanza storica, sia per la scritta in caratteri gotici che per l’immagine di un bovaro in divisa. La scritta tradotta significa: “1323. il paratico [corporazione] dei bovari ha fatto fare questo cielo”. In fondo una meravigliosa statua della Madonna con il Bambino. I cruciformi pi-

Villa Cigno A

tmosfera suggestiva, servizi di qualità e un ottimo ristorante uniti al fascino di un parco con ampia piscina: un soggiorno tranquillo nel cuore di Magenta. Questo bel ristorante, ubicato in una zona tranquilla della cittadina in cui è comodo parcheggia-

di ogni tipo e per pranzi nuziali. Il tutto con un’ ampia scelta del menù a prezzi contenuti. I proprietari professionali e cortesi sono parte integrante della calorosa accoglienza riservata agli ospiti, e sono a disposizione dei clienti per assecondare ogni esigen-

re, è caratterizzato da uno stile elegante e funzionale. Oltre a diverse sale coperte e al terrazzo ideale per le cene romantiche, offre un giardino con piscina, ambiente ideale per cerimonie

za e per suggerire i piatti del giorno più gustosi.

Disponi di spazi e organizzi mostre? Collabora con noi.

info@okarte.org - 347 4300482

Villa Cigno è in Via Primo Maggio n° 90 a Magenta (Mi), tel: 02 97298019. w w w.v i l l a c i g no. it


DICEMBRE 2008

Grande evento a Palazzo Marino:

Caravaggio e Milano La Conversione di Saulo della collezione Odescalchi

Giulana de Antonellis

I

l 16 novembre a Milano si è aperta a Palazzo Marino una straordinaria mostra: Michelangelo Merisi detto il Caravaggio e il suo capolavoro, la Conversione di Saulo della Collezione

7

OK Arte Milano

la cittadinanza milanese. La straordinarietà dell’evento sta nella possibilità di ammirare da vicino un’ opera proveniente da una collezione privata, al centro della Sala Alessi di Palazzo Marino. Unico esempio rilevante di pittura su tavola

giunge vette sublimi. L’opera non venne mai esposta nella chiesa e all’improvvisa morte del cardinale l’opera inizia un tortuoso percorso che la conduce in Spagna. Solo un secolo dopo, grazie all’acquisizione da parte della famiglia Balbi di Ge-

Il Cammeo Gonzaga Arti preziose alla corte di Mantova

gda

A

Palazzo Te dal 12 ottobre 2008 all’11 gennaio 2009 è in corso la mostra “Il Cammeo Gonzaga”. Le arti preziose alla corte di Mantova è un affascinante viaggio nella corte dei Gonzaga a partire dal Quattrocento, con la creazione della straordinaria collezione che diventerà celebre in tutto il mondo. Tra le moltissime gemme antiche e moderne, ci sono anche alcuni preziosi cammei, tra i quali, spicca lo splendido Cammeo Gonzaga, di grandi dimensioni e con doppio ritratto di una coppia imperiale, attualmente conservato presso il Museo dell’ Ermitage di San Pietroburgo, e appartenente ad Isabella d’Este, come testimonia l’inventario redatto dal notaio Stivini tra il 1540 e il 1542. La storia del Cammeo Gonzaga è avventurosa come un romanzo: da Vincenzo I il prezioso oggetto passa nelle mani di Rodolfo II di Praga, dal saccheggio di Praga a Cristina di Svezia, poi è in Italia nella collezione di Decio Azzolino a

Roma, passa a Livio Odescalchi, a Papa Pio VI, esce dall’Italia per approdare in Francia nella collezione di Napoleone e Giuseppina e infine arriva in Russia dallo zar Alessandro. Un prezioso gioiello per una splendida mostra che ne celebra il ritorno a casa dopo

quasi quattrocento anni. Palazzo Te - Viale Te (MN) Orari: lunedì, dalle 13 alle 18; dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 18. Ingresso: Intero, 10€; Ridotto, 8€. Info: Tel 0376.369198/ Tel. 199 199 111 www.cammeogonzaga.it w w w. m a n t o v a . c o m

CHIAR DI LUNA Ristorante Dal 1977 Ricerchiamo la qualità

Odescalchi. Questa magnifica tavola sarà esposta dal 16 novembre al 14 dicembre a Palazzo Marino, nel luogo simbolo della città, per un mese a ingresso gratuito per tutti. II capolavoro torna nella Milano che ne riconobbe la paternità proprio durante la prima grandissima mostra monografica sul Caravaggio organizzata da Roberto Longhi nel 1951, e vi arriva a pochi mesi dalla scoperta del certificato di nascita di Caravaggio, che ne ha attestato

del grande maestro, l’opera, eseguita nel 1601, ha avuto un destino avventuroso che solo recentemente è stato del tutto ricostruito e compreso. Commissionata a Caravaggio nell’anno 1600 da Tiberio Cerasi, da lui definito “egregius in Urbe pictor” per la sua Cappella in Santa Maria del Popolo, fu rifiutata dal committente in quanto contraria agli Atti degli Apostoli, che parlano di grande luce e non di apparizione di Cristo a Saulo, caduto da cavallo sulla via di Damasco. Caravaggio mostra in questo quadro la propria idea cristiana di conversione, utilizzando tutti gli espedienti di verismo, colore e luce per rendere drammaticamente i sentimenti suscitati dalla visione di Cristo nel giovane cavaliere. Nel dipinto Odescalchi Cristo, infatti, irrompe sulla scena quasi trattenuto dall’angelo, sconvolgendo non solo Saulo, ma lo scudiero e lo stesso cavallo imbizzarrito. Una scena d’azione quasi convulsa dove l’artista rag-

nova, la Conversione torna in Italia diventando la punta di diamante di una delle più prestigiose collezioni dell’epoca, prima di tornare negli anni cinquanta nella città che ne aveva visto l’origine, passando lungo l’asse ereditario alla Famiglia Odescalchi, che ne è l’attuale proprietaria e custode. Subito dopo il restauro, nel 2006, la tavola fu esposta per breve tempo in S. Maria del Popolo accanto alla versione su tela dipinta dal Caravaggio allocata a tre metri d’altezza. A Milano invece sarà possibile ammirare da vicino ogni singolo particolare di questo capolavoro essendo l’opera posta ad altezza d’uomo in una particolare teca che ne permette la visione a 360°. Si tratta un evento indiscusso che vuole trasmettere il messaggio che da oggi Milano si appresta a diffondere nel mondo in vista di EXPO 2015: conoscenza e coscienza della storia italiana attraverso lo specchio dell’arte, uso di un linguaggio comune indispensabile alla vita di tutti.

Nelle nostre dispense vengono custoditi preziosi e rari formaggi e salumi provenienti dall’Europa, essi rappresentano il nostro vanto La pasta prodotta quotidianamente da noi vi permetterà di apprezzare i relativi sughi Il vitello olandese ed il manzo della Baviera trovano consenso per il loro sapore e la loro tenerezza Infine i dolci di nostra produzione ultimeranno, unitamente ad un buon vino, il vostro pasto Il tutto nel rispetto della cucina tipicamente all’italiana, con il mantenimento di alcuni piatti della nostra tradizione La famiglia Trabattoni Chiar di Luna chiuso martedì e mercoledì via Gandolfi, 12 24042 Capriate S. Gervasio (Bergamo) www.chiardiluna.it info@chiardiluna.it

Informazioni per pubblicità e redazionali:

info@okarte.org - 347 4300482


8

OK Arte Milano

Santa Maria in Favento

Gloria Guerrini

A

l viaggiatore che si incammina verso il lago di Iseo, dal ciglio delle colline che formano l’anfiteatro morenico del Sebino si presenta un panorama incantevole che ricorda molto da vicino la Brianza. È la parte più vasta e stupenda della Franciacorta nonché la più antica dove vengono a segnarsi gli antichi confini del lago d’Iseo e del ghiacciaio dell’Adamello. In questo locus amoenus trovano collocazione diverse località tra le quali ce ne è una chiamata Favento che spicca per bellezza e particolarità. Questa località accoglie un piccolo gioiello architettonico di epoca medioevale conosciuto come Santa Maria in Favento. La chiesetta si presenta agli occhi del visitatore immersa in un contesto suggestivo, circondata da una piccola valletta ricca di vigneti e vegetazione, dalla quale deriva molto probabilmente il significato del termine Favento, forse perché nel luogo soffia un continuo venticello oppure perché in passato vi era un faggeto -faeto- dal quale prende origine dalla forma

dialettale “faet” che ne ri- colo, con immagini della corda l’origine. Dal punto Vergine, dell’Annunciaziodi vista architettonico, la ne e della Crocefissone. Per chiesa presenta all’esterno quanto riguarda il risvolto un piccolo pronao, che ac- storico Santa Maria in Facompagna il visitatore verso vento vanta antiche origini,

porre la primitiva esistenza in qualità di xenodochium. Questa tesi, proposta dallo storico adrense Umberto Perini, sarebbe avvalorata da particolari affreschi

Percorso enogastronomico in Franciacorta

I

l’interno che presenta una costruzione a navata unica arricchita da un arco trionfale e da numerosi affreschi, alcuni dei quali opera di un pittore vicino a Pietro di Cemmo o Giovanni da Marone, risalenti al XV se-

tanto da essere considerata uno dei primi esempi di manifestazione del cristianesimo locale, poiché la sua particolare posizione sul tracciato del diverticulum consolare dell’itinerario antoniniano lascerebbe sup-

presenti all’interno della chiesa rappresentanti San Cristoforo, protettore dei viandanti, che secondo la tradizione medioevale avrebbe protetto per qual giorno dalla morte chi lo avesse osservato.

DICEMBRE 2008

n Franciacorta, terra incantevole, ormai internazionalmente famosa grazie al suo vino, alle sue spumeggianti “bollicine”., è tempo di vendemmia. Vale la pena compiere una gita fuori porta per poter constatare di persona come questo splendido angolo di terra lombarda, con le sue origini millenarie possano accogliere e coniugare i più diversi elementi per poter soddisfare nel migliore dei modi le esigenze di chi ne visita i suoi territori. Scegliere poi le cantine della Franciacorta per compiere un itinerario enogastronomico non significa solo scoprire un vino. Ogni cantina racconta la storia

delle famiglie franciacortine che hanno voluto con tenacia e determinazione dare seguito alle tradizioni e continuare la produzione del Franciacorta, oggi vino a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), famoso in tutto il mondo. La Franciacorta non è solo vino ma miele, nocino e grappa, olio extra vergine, ma soprattutto il famoso manzo all’olio, tipico di Rovato che si potrà degustare facilmente ovunque e soprattutto nell’agriturismo Solive, a Nigoliine di Cortefranca che ne rappresenta il fiore all’occhiello senza sminuire i numerosi prodotti realizzati all’interno dell’azienda agricola

delle attività produttive del complesso - evidenziando l’importanza dello studio storico come spazio di conoscenza finalizzato alla gestione, all’intervento di restauro, alla pianificazione, etc. La seconda sessione affronterà il problema della conservazione e manutenzione dei giardini in rapporto alle competenze degli operatori (giardinieri, ditte specializzate, tecnici specialistici, etc.). Gli esperti tratteranno i temi mediante il confronto con operatori e tecnici del settore, affrontando problematiche relative al ruolo dei proprietari o gestori di giardini e parchi storici aperti al pubblico, e presentando alcune esperienze odierne. Si affronteranno le più comuni e condivise problematiche di gestione di giardini e parchi storici di pubblica fruizione, valutando la

compatibilità tra valore storico-culturale di tali beni e il loro uso attuale. I lavori si svilupperanno attraverso fasi di discussione e tavole rotonde. La terza sessione è dedicata al problema della formazione degli operatori e al tema della gestione di giardini, parchi, architetture vegetali, coordinata tra Amministrazioni pubbliche e associazioni di volontari. Sarà affrontato il problema di una garanzia di qualità per le professionalità coinvolte negli interventi di conservazione e manutenzione, raccogliendo indicazioni per la messa a punto di un regolamento. Si discuteranno inoltre alcune esperienze di “messa in rete” di realtà culturali, monumentali e paesaggistiche, sia italiane che europee, valutando gli effettivi apporti dei soggetti e degli organismi coinvolti.

Un convegno per la ReGiS

sui giardini storici aperti al pubblico Laura Pelissetti e Laura Sentina

D

ue anni fa, nel novembre 2006, nell’ambito del convegno “A 25 anni dalla Carte di Firenze…” nasceva il progetto per la creazione di una rete di giardini storici aperti al pubblico, per mettere in contatto tra loro vari siti relativi al territorio del Nord Milano e Brianza e promuovere lo scambio e il confronto delle esperienze tra Enti territoriali possessori o gestori di tali giardini. L’idea era infatti nata per rispondere alla necessità di condividere aspetti e problematiche in riferimento alla tutela, valorizzazione, manutenzione e gestione di questi beni paesaggistici in continuo mutamento, portatori di storia e cultura. Possiamo oggi affermare che l’autunno 2008 vedrà la nascita della Regis come associazione, con la sottoscrizione formale della carta costitutiva da parte dei legali rappresentanti degli enti e delle istituzioni aderenti al progetto. La ReGiS parteciperà quindi all’incontro/tavolo di lavoro organizzato dal Centro di Documentazione Storica del Comune di Cinisello Balsamo e Politecnico di Milano nella tradizione, ormai consolidata, dei “Convegni di Cinisello” sui giardini storici e il pae-

saggio, che ha fatto di Villa Ghirlanda Silva un luogo d’incontro internazionale per gli operatori del settore. Quest’edizione del convegno di Cinisello, dedicato a La gestione dei giardini storici aperti al pubblico: confronti e riflessioni tra esperti e operatori di settori, vuole infatti fornire un contributo operativo all’avvio della Rete dei Giardini Storici e si svol-

gerà in forma di incontro di informazione/formazione destinato a studiosi, appassionati e operatori del settore. Principale finalità dell’incontro è raccogliere contenuti – sia su problemi teorici, sia sugli aspetti pratici – utili a coloro che prestano la propria professionalità nei giardini storici aperti al pubblico, fornendo loro informazioni e risposte, fornendo un

contributo alla risoluzione di problemi aperti, evidenziando ragioni, finalità e soluzioni adottate durante il lavoro di ricerca o operativo. Le giornate di studi saranno dunque organizzate in tre sessioni/tavoli di lavoro aperti al pubblico, destinati agli operatori di giardini/parchi/architetture vegetali che presentano caratteristiche e problematiche simili a quelli della ReGiS. Sono previste brevi relazioni introduttive alle tre sessioni e, a seguire, interventi di specialisti, studiosi e tecnici che hanno maturato un’esperienza nel settore, e poster. Le sessioni saranno dedicate ai temi: A. Produttività oltre il giardino/ B. Conservazione e gestione/ C. Operatori per la gestione e valorizzazione La prima sessione affronterà temi storici dedicati ad esempi italiani e internazionali di complessi agricoli fondiari, con particolare attenzione al ruolo della villa nella costruzione del paesaggio. Il tema della produttività sarà quindi affrontato dalla duplice prospettiva, interna - nelle componenti del frutteto, orto, vivaio, sperimentazione botanica, produttiva e tecnica - ed esterna al giardino - sistema agricolo governato dai proprietari fondiari quali conduttori e beneficiari

Informazioni per pubblicità e redazionali:

info@okarte.org - 347 4300482


DICEMBRE 2008

9

OK Arte Milano

lenno, como

Villa del Balbianello

A

ffacciata sulla spon- contesto ideale per il pro- preso fra Tremezzo e da occidentale del lago prio cenacolo letterario Bellagio), uno dei punti più di Como, Villa Balbianello (a cui aderì anche Parini, suggestivi di tutto il Lario, sorge sull’estrema pun- che dedicò all’amico l’Ode tra Otto e Novecento meta ta del Dosso di Lavedo, un XXII, La Gratitudine), di villeggiatura prediletta promontorio boscoso che si all’insegna del motto “Fai non solo della nobiltà miprotende verso le acque la- ce que voudras” (“Fa’ ciò lanese ma anche di un colriane formando una picco- che vuoi”) inciso sul pavi- to turismo europeo. Due la penisola. Fu il cardinale mento del portico sovra- ampie stanze affiancano le Angelo Maria Durini a edi- stante il porticciolo. Una arcate della Loggia, una è ficare il complesso, sul fini- splendida loggia corona occupata dalla biblioteca e re del Settecento, sui resti l’edificio principale dall’al- l’altra era originariamente di un convento francesca- to del promontorio, per- adibita a sala della musica. no del XIII secolo, di cui at- mettendo di ammirare Alla morte del cardinale, la

Immagine di Diego Cottino

tualmente resta la facciata dell’antica Chiesa, caratterizzata da due snelli campanili. Già proprietario della vicina Villa Balbiano, costruita nel Cinquecento per il cardinale Tolomeo Gallio, egli riconobbe in questo splendido angolo il

dette la proprietà all’amico Giuseppe Arconati Visconti. Con donna Costanza, moglie del marchese, la residenza tornò ad animarsi, divenendo un importante salotto estivo, frequentato da Berchet, da Giusti e perfino da Manzoni. Al figlio Giammartino, erudito orientalista e convinto anticlericale, si devono nuovi arredi e libri. Dopo quasi quarant’anni di totale abbandono, nel 1919 la dimora venne acquistata dal generale americano Butler Ames, che la sottopose a un attento restauro. A vent’anni dalla sua scomparsa, nel 1974 gli eredi vendettero il complesso all’imprenditore Guido Monzino, appassionato esploratore e alpinista. Esponente di una delle più solide famiglie della borghesia milanese, egli si dedicò con caparbietà a una nuova opera di ristrutturazione, che interessò non solo gli edifici ma anche lo splendido giardino, cui venne conferito l’aspetto attuale. Un curatissimo viale conduce, dal sagrato della piccola Chiesa (raggiungibile sia dal già citato porticciolo, sia da un elegante imbarcadero), fino alla sommità del promontorio. Grandi placontemporaneamente due Villa passò al nipote Luigi tani potati “a candelabro”, opposti paesaggi lacustri: Porro Lambertenghi, at- alternati a statue e ad anda una parte il più selvag- tivo patriota antiaustria- nosi glicini, ingentiliscono gio golfo di Diana, a sud, co che, tra i carbonari che la scenografica salita, che si verso il Balbiano e l’isola invitò in Villa, volle anche snoda tra ripidi tappeti erComacina, dall’altra quello Silvio Pellico, in veste di bosi, delimitati da siepi di di Venere, a nord, affaccia- precettore per i propri figli. bosso e di lauro. Sparsi nel to sulla celebre Tremezzina Costretto ad abbandonare parco si possono ammira(lo specchio d’acqua com- l’Italia, Lambertenghi ven- re anche esemplari di lecci,

varese

Villa e collezione Panza

I

mmersa in uno splendido parco di 33,000 metri quadrati, Villa Menafoglio Litta Panza si affaccia sulla città di Varese dal colle di Biumo Superiore. La dimora venne edificata intorno alla metà del XVIII secolo su una preesistente “casa da nobile” per volere del marchese Paolo Antonio Menafoglio, vivace uomo di mondo e abile banchiere con interessi a Milano e a Modena. Lo schema a “U”, tipico della dimora barocca, con il cortile rivolto verso gli spazi pubblici, venne rovesciato: la nuova Corte d’onore fu infatti orientata verso il parco anziché verso la facciata d’ingresso, privilegiando quell’atmosfera d’intimità e isolamento propria delle cosiddette “ville di delizia”. Nei giardini il Menafoglio fece realizzare tre scenografici parterres “alla francese”, con eleganti aiuole geometriche e grandi fontane. Dopo vari passaggi di proprietà seguiti alla morte del marchese

(1769), nel 1823 la Villa venne acquistata dal duca Pompeo Litta Visconti Arese, discendente di uno dei più facoltosi e illustri casati milanesi e committente dei nuovi lavori affidati a Luigi Canonica, allievo del Piermarini e architetto di Stato in età napoleonica. All’illustre maestro si devono la costruzione di un nuovo Salone di rappresentanza, e la realizzazione dell’ala dei rustici, destinata alle scuderie e alle rimesse per le carrozze. Il parco venne ridisegnato “all’inglese” con vaste zone verdi e luoghi romantici come il laghetto e la collina con la grotta per la ghiacciaia, dominata dal tempietto classicheggiante. Dopo un periodo di abbandono, nel 1935, il complesso di Biumo fu acquistato dal milanese Ernesto Panza di Biumo, che diede inizio a un’importante opera di ristrutturazione, affidandone il progetto all’architetto Piero Portaluppi. Tra gli interventi, spiccano la realiz-

zazione del cortiletto verso piazza Litta e quella di un secondo parterre. Alla morte di Ernesto Panza, la Villa di Biumo passò ai suoi quattro figli: Giulia, Alessandro, Giuseppe e Maria Luisa. Tra questi, fu Giuseppe ad abitarla e ad amarla più degli altri, legando la Villa di Varese alla propria celeberrima collezione di arte contemporanea, oggi parzialmente distribuita tra i maggiori musei internazionali. Fin da giovane Giuseppe Panza manifestò un profondo interesse per la storia dell’arte. Nei primi anni cinquanta, trasferitosi dopo la laurea negli Stati Uniti, venne in contatto con gli esordi dell’espressionismo astratto, rimanendone fortemente colpito. Tornato in Italia, approfondì la conoscenza delle nuove tendenze europee e americane e cominciò ad acquistare le prime tele, orientando da subito la sua ricerca verso personalità artistiche ancora sconosciute al grande

pubblico. L’ampio appartamento al primo piano si arricchì quindi di molte opere d’arte americana (tra i tanti artisti citiamo: Robert Morris, Claes Oldenburg, Robert Rauschenberg e James Rosenquist), creando reazioni controverse nei numerosi ospiti della casa. Ben presto la collezione Panza iniziò a essere conosciuta nel mondo, divenendo meta di studiosi e appassionati, che resero omaggio alla lungimiranza e alla straordinaria sensibilità artistica del proprietario. Dopo aver occupato lo spazio disponibile del piano nobile, dalla fine degli anni sessanta Giuseppe Panza adattò gli ambienti delle scuderie e dei rustici per ospitare le installazioni d’arte ambientale dei californiani James Turrel, Maria Nordman e Robert Irwin. Alcuni di questi lavori – in prevalenza interventi sullo spazio e sulla luce che tendevano a creare nuove situazioni percettive – fu-

canfore, magnolie e cipressi, oltre a splendidi cespugli di azalee e rododendri, che nella tarda stagione primaverile regalano ai visitatori straordinarie fioriture. La particolare conformazione geologica di questo terreno ostacolò nei secoli la creazione di un giardino formale “all’italiana”, così come la realizzazione di un parco romantico “all’inglese”. Il Balbianello rappresenta quindi un vero e proprio unicum, un mondo a sé stante, il cui fascino è accentuato dalla perfetta fusione con il paesaggio lacustre che lo circonda. Per volere del conte Monzino, inoltre, la Villa venne completamente riarredata con importanti mobili inglesi e francesi del SetteOttocento, tappeti orientali, arazzi della Manifattura di Beauvais e boiserie francesi. Oggetti di arte africana, cinese, maya e azteca, esposti in eleganti vetrine accanto a ceramiche cinesi di epoca Tang e Ming, si affiancarono a un’ampia raccolta di stampe del lago e a una delImmagine di Giorgio Majno

rono progettati e realizzati permanentemente per Biumo dagli stessi artisti fra il 1973 e il 1976. Ampiamente rappresentato in questa ala anche il newyorkese Dan Flavin, di cui la collezione Panza vanta la più grande concentrazione di opere perennemente esposte. A partire dagli anni ottanta, è la volta di Phil Sims, David Simpson, Ruth Ann Fredenthal, Stuart Arends, Max Cole e altri ancora: artisti meno noti dei precedenti ma identificati da Panza come i possibili depositari dell’arte delle generazioni future. Nelle splendide sale dell’ala padronale i loro lavori sono mirabilmente

Informazioni per pubblicità e redazionali:

info@okarte.org - 347 4300482

le più cospicue collezioni di dipinti su vetro oggi conosciute. Nella Biblioteca della Loggia egli sistemò il suo importante fondo librario dedicato alle spedizioni alpinistiche e polari, ancora oggi patrimonio di inestimabile valore per gli studiosi di queste materie. Nel sottotetto fece infine allestire un piccolo Museo dedicato alle sue imprese più significative: tra i tanti cimeli conservati, spicca, al centro della sala, una delle slitte trainate da cani con cui, nel 1971, raggiunse il Polo Nord. Molte anche le immagini e i ricordi relativi alla prima ascensione italiana dell’Everest, da lui compiuta nel 1973. Fu lo stesso Monzino – le cui ceneri sono state tumulate, per sua precisa volontà, nelle rocce dell’antica ghiacciaia del parco – a decidere di lasciare la Villa, insieme con gran parte del Dosso di Lavedo, in eredità al FAI, che dal 1988 la gestisce con cura e passione, sottoponendola a periodici interventi di manutenzione.

accostati a mobili di alta epoca e a opere d’arte africana e precolombiana, altre passioni del collezionista milanese. Nel 1996 Giuseppe Panza decise di donare al FAI l’intera proprietà con l’intento di consegnare intatta ai posteri non solo la sua abitazione, ma anche il vasto patrimonio artistico in essa raccolto, scrigno europeo di quell’arte americana ancora oggi riconosciuta come una delle più alte testimonianze culturali della seconda metà del XX secolo. Il complesso, aperto al pubblico nel settembre del 2000 dopo un’impegnativa campagna di restauri, ospita mostre di livello internazionale.


10

I

OK Arte Milano

DICEMBRE 2008

Il Monastero di Torba

l complesso monumentale di Torba, situato ai piedi del parco archeologico di Castelseprio e immerso nei boschi della valle del fiume Olona, è testimone di una vicenda antichissima. La presenza dell’uomo ha trasformato il luogo prima in presidio militare, poi in monastero benedettino e infine in cascina agricola, definitivamente abbandonata nel 1970. Al limite del degrado, il complesso è stata acquistato nel 1976 da Giulia Maria Mozzoni Crespi allo scopo di donarlo al Fondo per l’Ambiente Italiano, che, al termine dei necessari lavori di recupero e restauro, nel 1986 lo ha aperto al pubblico. La storia di Torba ha origine in età tardo-imperiale, epoca in cui, per proteggersi dalla minaccia dei barbari, i Romani avevano elaborato un articolato sistema difensivo che dalle Alpi e dai laghi scendeva fino alla pianura ed era costituito da possenti capisaldi collegati da torri di vedetta. Tra i principali capisaldi vi era il castrum romano, posto sul crocevia tra tre laghi (Verbanus, Ceresius e Larius). Torba ne divenne l’avamposto militare situato a valle, con funzione di controllo lungo il fiume Olona.

Immagine dall’ archivio FAI

Testimonianza di quest’epoca è il Torrione, eretto tra il V e il VI secolo e ancora oggi visibile, inglobato nelle strutture del successivo Monastero. Il sistema tardoromano venne in seguito ripreso dai Goti e dai Bizantini, i quali crearono un distretto militare che assunse il nome di Sibrium e che fu mantenuto anche durante la dominazione longobarda. Nell’VIII secolo, al fragore delle armi si sostituirono i sussurri delle preghiere: Torba, infatti, divenne sede di una comunità di monache benedettine. A far luce su questa significativa trasformazione, non essendo note fonti scritte, vi sono gli splendidi affreschi che ancora oggi decorano il secondo piano della Torre e che sono legittimamente datati al-

ON POO DE DIALETT Milano sino all’inizio del secolo scorso poteva considerarsi città d’acqua, coi suoi fiumi, i suoi navigli, le sorgenti, le darsene: è perciò normale che tanti detti e proverbi vi facciano ricorso. Ne proponiamo alcuni con le traduzioni in italiano risalenti alla metà dell’Ottocento e pertanto talvolta in forma alquanto arcaica. ACQUA DE RAPINNA = TORRENTE

la fine del secolo, quando le monache riutilizzarono il Torrione come oratorio, costruendo in seguito la Chiesa e il Monastero adiacente. La Sala superiore era interamente affrescata: sulla parete est è ancora visibile l’immagine di Cristo benedicente seduto in trono e affiancato da due angeli, mentre sono scomparsi la Vergine e gli apostoli che l’accompagnavano. Nello zoccolo vi è la raffigurazione di sei veli tra loro differenti, uno dei quali (con una croce al centro fra quattro croci di Sant’Andrea) deve essere attribuito a Maria. Nella parete sud vi sono, sul lato sinistro, frammenti di alcuni personaggi, probabilmente martiri, mentre, sulla parte destra, campeggia la figura della Vergine

ACQUA SPESSA = ACQUA TORBIDA

V

CHI E’ STAA SCOTTAA DE L’ACQUA COLDA, SE GUARDA DE LA FREGGIA = CHI E’ SCOTTATO UNA VOLTA, L’ALTRA VI SOFFIA SU EL GIUGARAV IN L’ACQUA = DICESI DI CHI E’ APPASSIONATO AL GIOCO FA’ ON BOEUCC IN L’ACQUA = FARE UN BUCO NELL’ACQUA L’ACQUA LA FA MARSCI I FONDAMENT – L’ACQUA L’E’ BONNA DE LAVASS I PEE = COSI’ DICONO I BEVITORI DI VINO PRETTO LASSA ANDA’ L’ACQUA DOVE LA VOEUR = LASCIARE CHE LE COSE CAMMININO PER IL LORO CORSO LASSAS VEGNI’ L’ACQUA ADOSS = E’ MAL PER CHI HA TEMPO E TEMPO ASPETTA, CHE’ MENTRE PISCIA IL CAN LA LEPRE SBIETTA. L’OEIL EL STA DESURAVIA DE L’ACQUA = LA VERITA’ STA SEMPRE A GALLA METT ACQUA = RAPPACIFICARE PESTA’ L’ACQUA IN DEL MORTEE = FARE COSE INUTILI LA PRIMA ACQUA D’AGOST LA PORTA VIA UN SACCH DE PURES E UN SACCH DE MOSCH = LA PIOGGIA AGOSTINA RINFRESCA SUBITO L’ARIA QUANDO EL SO EL SE VOLTA INDREE, LA MATINA L’ACQUA AI PEE = QUANDO IL SOLE TRAMONTA SOTTO UNA BASSA STRISCIA DI NEBBIONI, LA MATTINA DOPO SUOL PIOVERE

le monache fecero ritorno a Torba per un breve periodo, fino al definitivo trasferimento a Tradate, avvenuto nel 1482. Seguì la trasformazione del Monastero in complesso rurale finché, in epoca napoleonica, con la soppressione degli ordini religiosi, Torba perse definitivamente lo status di monastero. Iniziò così il lento declino del complesso che si protrasse tristemente fino all’arrivo del FAI, che, negli anni, ha restituito al sito coerenza e dignità, animandone inoltre la vita con numerose manifestazioni.

Immagine dall’ archivio FAI

Il Dott. Magnifico Direttore del FAI ci parla della recente donazione

Francesca Bellola

AVE’ ( O VESS) CONT ON PE’ A MOEUI E L’OLTER IN L’ACQUA = ESSERE TRA L’INCUDINE E IL MARTELLO

Chiesa abbaziale, il cui restauro, curato dal FAI, ha riportato alla luce la cripta dell’ VIII secolo. Risale, invece, al XIII secolo l’abside attualmente visibile e che ha sostituito quella originaria. La distruzione del vicino castrum, avvenuta nel 1287 per mano di Ottone Visconti durante la lotta contro i Della Torre, non toccò fortunatamente il Monastero, che restò in attività per i due secoli successivi. A causa della povertà di questi luoghi e della mancanza di sicurezza, nel 1426 le religiose furono però costrette ad abbandonare Torba, trasferendosi nel monastero di Luvinate. Dopo alcuni anni di difficile convivenza, anche per la condotta spregiudicata di alcune di esse,

La selva di San Francesco

ACQUA IN GIAZZ = ACQUA GELATA

A QUELL’ACQUA CHE NO ME BAGNA NO GHE BADI = DICESI DI COSA PER NOI INDIFFERENTE

con il Bambino, circondata da santi, vescovi e da una donna offerente. Sulla parete ovest vi sono due ordini di figure rappresentate in una scena d’intercessione: un gruppo di sante in alto e una teoria di otto monache in basso. Queste ultime sono ritratte frontalmente con una mano aperta in segno di preghiera e una croce nell’altra. A causa di annose infiltrazioni d’acqua, si sono perduti i lineamenti dei loro volti e soltanto le due figure all’estremità destra conservano i tratti fisionomici. Di notevole raffinatezza, al contempo, è l’agile gestualità delle mani. Il primo piano della Torre, originariamente adibito a sepolcreto, ha subito danni notevoli, prima nel Quattrocento, con l’apertura, nell’angolo sud-est, di una finestra ogivale e, in seguito, con la trasformazione in locale cucina durante il periodo agricolo. Tra le tracce delle monache sepolte nella torre e lì effigiate, rimane l’affascinante volto di Aliberga, simbolo della spiritualità di Torba, il cui nome longobardo è stato sostituito, in una scritta successiva, da Casta Abba(tissa). È databile alla metà dell’ XI secolo la costruzione della piccola

arcando la porta di un muro che delimita il confine della piazza del Santuario, si giunge in sessanta ettari di bosco incontaminato, dove la natura prende il sopravvento regalando un paesaggio ancora intatto con boschi, uliveti e alberi da frutta. Attraversando la valle percorsa da un torrente, si giunge alla Chiesa di Santa Croce del XII° secolo, nella quale è custodito l’affresco di una croce senza il corpo di Cristo. La simbologia del dipinto è particolarmente attuale: rappresenta, infatti, un luogo di culto riservato alle persone di tutte le religioni che vogliono radunarsi in meditazione. In questo sublime paesaggio dove si possono ammirare i ruderi di un convento benedettino, un antico mulino e il trecentesco Ponte dei Galli, passeggiava San Francesco parlando ai fiori e predicando l’amore per l’universo. Dott. Magnifico può fare un bilancio sulla vostra attività? La nostra perseveranza e la nostra tenacia è stata premiata, a distanza di trent’anni abbiamo raggiunto oltre settantottomila iscritti e siamo orgogliosi di poter vantare beni di inestimabile valore.

Come investe Milano nell’arte? Molti musei compreso Palazzo Reale programmano un calendario basato sulle grandi mostre, rivolgendosi sempre ai nomi di richiamo, come gli impressionisti, o artisti celebrati migliaia di volte, noi vogliamo dire alle persone che oltre a questi eventi “di massa” c’è molto altro da scoprire. Lei ha definito questo incantevole panorama “Museo del paesaggio” e ha anche ribadito che necessita della collaborazione di tutti noi per facilitare la tutela del territorio. Ha trovato difficoltà a tal proposito? Certo, mi rivolgo soprattutto al turismo irresponsabile, quello “becero” dove i turisti arrivano in massa, sporcano, si fermano

in più tappe col pullman; un giorno ad Assisi, uno a Roma l’altro a Venezia e poi ripartono. Cosa avranno capito della nostra cultura? Abbiamo riscontrato numerose difficoltà per portare a termine questo progetto, ma forse i problemi ci temprano, del resto lei non ne ha mai avuti? In effetti….. Non pensa che si corra il rischio senza severi controlli, di subire atti vandalici in un’area così vasta e tranquilla? Non sussiste questo problema, infatti, quando la gente capita in un giardino ben curato o per le strade pulite, cerca di non sporcare evitando così di lasciare le solite cartacce o mozziconi di sigarette per terra. Danneggiamenti o cose spiacevoli sono capi-

tati nelle vostre dimore storiche nel corso degli anni? Per fortuna, che io ricordi, abbiamo subito solo un furto di una lampada dalla chiesetta (XI secolo) del Monastero di Torba (Va). Può riassumere in che cosa consiste il restauro ambientale di questo meraviglioso bosco? Questo luogo di preziosissimo valore storico, artistico e spirituale, è stato per anni tenuto in uno stato di abbandono, così anche la vegetazione si è impoverita. Noi dobbiamo semplicemente svolgere il lavoro che un tempo facevano i contadini, concimare il terreno, potare le piante, piantare alberi da frutta, ristrutturare gli appezzamenti coltivati a ulivo, rendere percorribili i sentieri. Dobbiamo restituire al bosco la sua identità, facendo rinascere i profumi dei fiori e della vegetazione per ripopolarlo di piante e animali come decantava San Francesco nel “Cantico delle Creature”. La passione che ha Marco Magnifico nel comunicare i propri desideri è prorompente e contagiosa. I beni culturali sono patrimonio di tutti e forse, se riuscissimo a rispettare di più il nostro pianeta preservandolo da inutili scempi, potremmo beneficiare delle risorse del nostro Bel Paese.


DICEMBRE 2008

11

OK Arte Milano

La Porta dell’Arte, IN & OUT

Venerdì 12 dicembre l’opera di Carla Cardinaletti installata presso l’arco trionfale di Porta Nuova L’arte pubblica, una delle tendenze più interessanti e feconde del panorama internazionale, interagisce con il tessuto sociale e con la struttura del territorio, determinando una specifica modalità di relazione tra opera e fruitore. Nella città l’arte si sovrappone a stratificazioni storiche ed effimere, all’architettura, all’arredo urbano, alla pubblicità e si confronta con un pubblico eterogeneo, culturalmente e socialmente. IN&OUT, l’opera di Carla Cardinaletti installata presso l’arco trionfale di Porta Nuova, sede dell’Associazione Castelli e Ville aperti in Lombardia, in occasione del suo decennale (dicembre 2007), ha inaugurato una serie di manifestazioni a cadenza annuale, capaci di coniugare arte contemporanea, dimensione pubblica e valorizzazione di un sito monumentale di primaria importanzaperlacittàdiMilano. Ogni anno, nel mese di dicembre, l’Associazione Castelli e Ville aperti in Lombardia invita

un giovane artista a realizzare un’installazione d’arte contemporanea appositamente ideata per la propria sede, l’ottocentesca Porta Nuova di Milano. L’idea è quella di mettere a disposizione le proprie ri-

sorse e competenze per realizzare ogni anno un’opera d’arte pubblica che possa concorrere a rigenerare lo spazio intorno a sé, modificandone non solo la percezione ma anche l’uso, per migliorare la qualità della

vita dei cittadini. Con questa iniziativa, l’Associazione intende offrire alla città il proprio contributo nel valorizzare uno dei suoi luoghi più suggestivi e carico di memorie storiche, aprendosi nello stesso tem-

po alle nuove energie creative presenti sulla scena artistica contemporanea. Catturando lo sguardo del pubblico, lo si invita inoltre a soffermare l’attenzione su un luogo che, normalmente percepito come mero punto di passaggio, sarà invece nevralgico in un’area interessata da importanti trasformazioni urbanistiche. Il successo ottenuto durante la prima edizione e, soprattutto, lo studio sulla Porta Nuova seguito da Carla Cardinaletti nell’arco di questi mesi, ci hanno spinto a ricoinvolgere l’artista nel 2008, riconoscendole un’importante continuità di lavoro. L’Arco di Porta Nuova, luogo storico di Milano depositario della nostra memoria, diventa il contenitore dell’installazione di Carla Cardinaletti “PortaMi Via”. In contrapposizione alla monumentalità del luogo l’artista propone l’impalpabilità dell’aria e l’immaterialità del pensiero. Tramite un’installazione che si articolerà nell’arco di una serata l’Arco si riempirà di pallonci-

Arte italiana a Shangai

segrate cultura

aestri di Brera nell’intento di creare nuovi e proficui rapporti artistici tra Italia e Cina, hanno realizzato un interessante progetto sostenuto dalla provincia di Milano. Quello di portare a Shangai nel prestigioso Museo di Arte Moderna Liu Hai Su, settantasei gallerie d’arte lombarde che presentano centoventi artisti. Sicuramente un’operazione di grande interesse in un momento nel quale Shangai è diventata un centro di crescita economica e culturale. Una delegazione italiana sarà presente all’inaugurazione per tessere scambi e contatti con le gallerie locali. Ci auguriamo che questi eventi aprano nuove prospettive, sia per gli artisti cinesi che per quelli italiani. Tra i tanti artisti presenti, ne segnaliamo due che abbiamo già presentato sulle nostre pagine. Clara Bartolini con le sue opere polimateriche realizzate con legno, smalto, ferro, calco in gesso ed elementi computerizzati.

Concerti del Vespro patrocinati dalla Regione Lombardia, dalla Provincia e dal Comune di Segrate, sono nati con l’intento di creare per la città di Segrate (Mi) un’alternativa alle svariate offerte culturali e musicali di Milano. Il loro inizio risale al 7 ottobre 2001 e da subito hanno ottenuto un imponente successo di pubblico. I Concerti, di Musica classica, che inizialmente si tenevano solo nella antica Chiesa prepositurale di S. Stefano in Segrate centro, da qualche anno vengono distribuiti nelle diverse Chiese del territorio. Ogni mese, da ottobre ad aprile dell’anno successivo, si alternano concertisti o ensemble famosi provenienti da diversi stati europei, o talvolta di nazionalità extra-europea ma residenti in Italia. Sono stati ospitati in questa Rassegna concertisti italiani, polacchi, belgi, svedesi, spagnoli, giapponesi, coreani, americani, sud africani, austriaci, bulgari, ucraini, tedeschi.

ni bianchi pronti a spiccare il volo all’unisono. Ad ogni palloncino gli avventori potranno agganciare un messaggio che travalicherà lo spazio circoscritto dell’arco per raggiungere il cielo. Il palloncino diventa veicolo del pensiero silente intimo di chi vorrà interagire con l’Arco. Così gli Ex Caselli daziari di Porta Nuova si aprono non solo architettonicamente al nuovo assetto urbano di Milano, ma anche alle aspettative, ai pensieri e ai desideri di chi vorrà confrontarsi con l’opera “PortaMi Via”. Durante la serata del 12 Dicembre, nello spazio interno dei caselli daziari, verrà presentato il progetto di musica contemporanea “Musica da cucina”, ispirato al tema della Porta. Contatti: Associazione Castelli e Ville aperti in Lombardia. Tel. 02 65589231, Gaia Brambilla, relazioni.esterne@castellieville.it. P.zza Principessa Clotilde, 12 – 20121 Milano Tel. +39 02 65589231 info@castellieville.it www.castellieville.it

Museum of Modern Art Liu Hai Su Rassegna Internazionale di Concerti Vespro 8 Novembre - 10 Dicembre M I

Nicola Brindicci che porterà i suoi lavori più ispira-

ti realizzati, come sempre, con fotografia analogica.

Sono stati inoltre presentati strumenti di raro ascolto in concerto come l’armonica cromatica, la fisarmonica, le nacchere, etc., e non c’è ambito della musica classica che non sia stato esplorato e proposto come fine di un assoluto impegno alla conoscenza delle tecniche, degli stili, delle correnti compositive. Il profilo della Stagione 2008/2009 conferma l’indirizzo artistico delle precedenti Stagioni: oltre ad un concerto in collaborazione col Conservatorio di

Diventa socio dell’Associazione Amici di Ok Arte

info@okarte.org - 02 92889584

Musica ‘G. Verdi’ di Milano, anche la partecipazione del famoso direttore di Coro M° Mino Bordignon. I concerti avranno inizio alle ore 16 Ingresso libero www.comune.segrate.mi.it tel. +39 02 26.90.22.61 Direttore Artistico M° Anna Gemelli Comune di Segrate, Ufficio Cultura - tel. +39 02 26.90.22.61 www.comune.segrate.mi.it email: iconcertidelvespro@gmail.com, tel e fax +39 02 213.77.77

CALENDARIO: 14 dicembre 2008

UN CORO PER MILANO MINO BORDIGNON direttore FRANCO CACCIA - CAMILLA MARONE BIANCO pianoforte. Chiesa ‘S.S. Carlo e Anna’, S. Felice di Segrate

1 febbraio 2009

MAURIZIO CARNELLI pianoforte Chiesa ‘Dio Padre’, Milano 2 – Segrate


12

OK Arte Milano

Kōan

Personale di Giacobino al B ART di Milano Davide Corsetti

S

i è inaugurata il 12 novembre al locale B ART- Bar Music Gallery, la mostra personale di Giuseppe Giacobino a cura di Davide Corsetti intitolata “Kōan. Con le sue nuove opere, Giacobino ci presenta una delle possibili direzioni della sua ricerca artistica, esplorando le pieghe di quegli “spazi in-

determinati” che si delineano nelle sue composizioni. Questo nuovo ciclo di opere infatti, si inoltra, forse ancor più dei precedenti, in quel “gioco dell’esistenza” elegante e poetico, questa volta facendosi contemplativo, raffinandosi, assottigliandosi, in modo da esprimersi ed imporsi con la ieratica incisività di parole sussurrate. Poesia silenziosa. Colore ed incolore. Ombre portate e trasparenza. Echi di percorsi intellettuali che in queste opere rimandano alla Pittura Analitica, all’Arte Concettuale, all’Astrattismo, all’Arte Minimale. Rifiutando, in modo simile a Kelly Ellsworth, distinzioni tra pittura e scultura;

abbracciando, in un istinto simile a Cézanne e Yves Klein, la forza espressiva e meditativa del colore; racchiudendo, in una scatola alla Cornell, un elegante mondo espressivo intimo e minimale. Tuttavia non vi è nulla, nelle intenzioni dell’artista di voler in qualche modo interloquire con l’Arte Minimale o l’Arte Concettuale. Quello che ci vuol dire è che non impor-

ta il senso dell’opera. Non vi sono significati cerebrali o rimandi a nulla se non ciò che compone l’opera. Importa l’esistere. Importa l’azione dialettica tra il fruitore e l’opera senza che vi sia un’ermeneutica di essa. Importa ciò che, meditando di fronte ad un’opera, si scopre di sé, e non ciò che si scopre dell’opera. A questo ora Giacobino, nel suo “gioco dell’esistenza”, ci pone di fronte. La ricerca di un segreto che ci sfuggirà sempre fino a quando non lo accetteremo per ciò che è: un mistero. E come un mistero non va interpretato o capito, ma contemplato ed assaporato nella sua profonda incomprensibilità ed indeterminazione. Come avvie-

Realismo e sensualità

La pittura di Caroline Culubret Alejandro de Luna

elle opere della pittrice spagnola Caroline Culubret stilisticamente si osserva una concezione realistica con un’intimista traccia simbolica che ha come vera protagonista la figura umana, spesso femminile e nuda. La perfezione nel disegno, sia come fine dell’opera sia come preparazione per la pittura, sconvolge per la sua qualità tecnica. Eugenio Serrano, critico d’arte spagnolo, definisce l’opera dell’artista come “ sottile, intuitiva, perfetta...” con una “espressività comunicativa” che non lascia indifferenti. Caroline Culubret certamente, continua la ricerca artistica e umana sulla linea della pittrice madrilena Soledad Fernandez. Il loro simbolismo, senso tecnico, tematico ed estetico si avvicinano, nonostante Culubret possieda una iconografia più contemporanea. Nel suo virtuosismo pittorico mani e volti di donne percorrono i nostri sentimenti. La donna dipinta per la donna ricerca davanti allo specchio, le immense sfaccettature della psicologia dell’universo femminile. L’eleganza dei corpi nudi e seminudi, dove tradizione e contempo-

raneità si coordinano senza rifiutarsi, cercano qualcosa di specifico: l’eternità della bellezza; l’olio e la matita in una mano, nell’altra il cuore. Possiamo sottolineare brevemente la biografia della Culubret; sposata con un artista e madre di tre figli, inizia il suo percorso artistico guidato dalla pittrice Renèe Pauthal. Entra a far parte del gruppo artistico «Jóvenes Realidades» (sotto la direzione di Antonio Lòpez ), svolgendo i propri studi in diverse Scuole d’arte come: La Palma, López Torres, l’Accademia di Belli Arti di San Fernando che alla fine lascia per dedicarsi in modo professionale alla pittura. L’artista ha ricevuto numerosi premi in diversi concorsi come: VI Certamen Virgen de las Viñas, Campo de Criptana, Ciudad de Tomelloso e Torralba de Calatrava. Inoltre, ha partecipato ad importanti eventi come il Curso Internacional de Pittura Universidad de Cádiz. Caroline Culubret dotata di un enorme potenziale tecnico ed espressivo, presenterà le sue opere al pubblico milanese, durante la mostra collettiva: “FormArt” organizzata da “OK Arte”, il prossimo 25 febbraio 2009 presso la Galleria Zamenhof.

ne appunto nella lettura di un Kōan, uno dei dilemmi del buddismo Ch’an e dello Zen, in cui non vi è risposta. Poiché la risposta non è importante. Poiché nel cercare di trovare un senso ad una domanda senza senso, ciò che è importante si ritrova nel recupero del nostro essere bambini, della nostra genuina libertà di stupirci, di meravigliarci di fronte al “nonsenso”;

di pensare all’Isola Che Non C’è e sorridere ed accettare la sua indeterminazione; di immaginarsi il suono che può fare il battito di mani di una mano sola e stupirsi di fronte al solo fatto di avervi pensato. Alzaia Naviglio Grande 54 ang. via Casale. Fino al 7 dicembre dal lunedì alla domenica dalle ore 9 alle 2 di notte (sabato matt. chiuso) info tel. 02.45.47.46.40

N

“Espressionismo fotografico” di Roberto Denti

Tra fototele quantistiche e fotosculture Jean Marc Mangiameli

P

rima di essere un fotografo Roberto Denti è un creativo. Anziché immortalare passivamente soggetti esistenti ama avventurar-

si nella rappresentazione di pensieri, concetti, formule. Studia fotografia dai primi anni ’70 e da subito incomincia a giocare con l’obiettivo. Tecniche di ripresa e studi sull’illumi-

DICEMBRE 2008

nazione l’hanno introdotto poi ad un’ampia sperimentazione; da li, sempre nuovi spunti, sempre nuove idee. Così i suoi lavori si possono definire vere e proprie creazioni, fotografie che non sono solo scatti ma vere e proprie tele, palcoscenici sui quali egli studia, elabora, gioca. “Espressionismo fotografico” una visuale interna, personale che non è creata da un’abile mano ma è pura istantanea. Un concetto, che si materializza, che prende realtà. Un vero e proprio frame interiore di un artista che è arrivato a rendere fedelmente riproducibile la sua emozione, il suo sogno, attraverso la commistione di oggetti reali. Forte influenza nelle opere

di Denti è la fisica quantistica che si riflette vivacemente su alcuni suoi lavori. Il punto di incontro tra arte, fisica e matematica genera contrastanti risultati cromatici come anche conflitti tra supporti fotografici e pittorici. E qui, quando sembra che l’artista si indirizzi deciso verso l’astratto lo si scopre intento ad intrappolare un’altra dimensione. Denti “fotografa” le vibrazioni energetiche della materia che, attraverso una particolare tecnica di rappresentazione grafica, portano ad un risultato decisamente suggestivo. Questo è il lavoro di Denti: un continuo immortalare quello che gli altri non si aspettano.

Endza

I colori dell’Anima

Marco Marsili

“L’

artista è colui che trasfigura la realtà, mettendoci di fronte ad una nuova visione del mondo che a volte non riusciamo a percepire, perché nell’arte i drammi e gli entusiasmi degli uomini vengono trasmessi senza le quotidiane sovrastrutture mentali che la vita ci costringe a costruire. Questo Endza lo regala in ogni sua immagine che ci propone, i suoi passaggi di vita che potrebbero essere quelli di ognuno di noi, li propone alla nostra vista schietti e detonanti. A volte cupi nei colori e nei tratti, a volte brillanti e sinfonicamente movimentati, così come la vita di ognuno si dipana negli anni. Fermarsi ad osservare un’opera di Endza è un po’ come possedere uno specchio che porta con se la memoria della nostra vita, come una finestra dalla quale non abbiamo mai il coraggio di affacciarsi. E’ proprio così che Endza vuole farsi ricordare ed è

proprio così che nascono le sue opere, con il suo mite approccio al mondo e la sua tenacia nella vita, i suoi viaggi tra Armenia, Israele e Italia, il desiderio di crescere fino alla maturità artistica, lasciarsi dietro ciò che gli ha fatto da maestro e del quale se ne è appropriato, per poter da qui partire verso la “sua” arte. Così come è vero che l’arte è genio, intraprendenza, ricerca e rischio, così è vero che soltanto chi ha desiderio di farsi ascoltare può riuscire ad aprire un varco nella sordità emotiva che ci invade.” Questo è scritto sull’ultima biografia dell’Artista pubblicata in occasione delle nuove mostre che Endza proporrà in Italia a partire dal prossimo anno. Pittore armeno nato nel 1968 e che, dopo aver vissuto ed esposto in Palestina, Gerusalemme, Giordania, Canada ed America, ha deciso di trasferirsi in Italia, paese, che come afferma lui, sarebbe la patria della pittura, e, suo nuovo stimolo di produzione artistica.


DICEMBRE 2008

13

OK Arte Milano

Poesia e ritorno all’infanzia nelle opere di Nando Chiappa

Carla Ferraris

S

i è svolta il 31 ottobre scorso presso Villa Ghirlanda, a Cinisello Balsamo, la presentazione della mostra antologica allestita in occasione del cinquantennale di attività artistica di Nando Chiappa, artista lombardo che vanta al suo attivo più di un centinaio di mostre nazionali ed internazionali, cui si sommano premi e riconoscimenti di importanti Istituzioni del settore artistico-culturale italiano. La serata inaugurale è stata presentata da Maria Teresa Ruta, a cui si sono affiancati il soprano Elena D’Angelo, in qualità di madrina dell’evento, ed il critico Domenico Montaldo, curatore della presentazione del catalogo monografico dedicato al maestro. Nato a Cinisello Balsamo (1934), Nando Chiappa è artista del tutto lombardo, narratore fuoricampo di realtà agresti e contadine ormai sopraffate dal contemporaneo tecnologico, ma che vivono nitide nei dialoghi pittorici da lui fortemente sentiti e voluti, in flash back nostalgici di ciò che fu e che rimane nella mente di colui che in queste terre nacque e crebbe. Il paesaggio è punto di vista principale di fronte all’interezza della natura: l’artista si addentra in quest’ultima cogliendone gli elementi primi, la sinuosità con cui spes-

so egli si unifica inseguendone le forme. La natura si confronta con l’uomo-artista in chiave immaginativa e sensoriale; da ciò deriva la scoperta più inconscia di un paesaggio celato nel Sé, velato interiormente in una sorta di microfisiologica tradizione conoscitiva. Pittura sincera ed onesta è quella realizzata da Nando Chiappa, sentimentale, innocente, idilliaca ed agreste; sinergicamente suggestiva, atmosferica, la “maniera” di questo artista crea spesso soggetti che acquistano valenza pittoricamente

apotropaica. Si tratta di un segno poetico ed intrinsecamente onirico, di un naturalismo contemplativo di una realtà perlopiù contadina ormai soffocata e messa a tacere dall’industrializzazione contemporanea, ma che rivive nella ricerca artistica di Chiappa. La sua arte risulta a suo modo entusiasmante ed energica dal punto di vista narrativo, sebbene velata dal sentimento e dall’espressività di un gesto soggettivo. E’ presente, nelle sue opere, una lieve sospensione del reale contemporaneo,

un annientamento dei crudi canoni estetici odierni in favore di una più marcata rivalsa percettiva dell’ imitatio naturale. Già nel Settecento Charles Batteux sosteneva che l’imitazione è l’unico principio comune alle arti ed è sempre fonte di diletto (“Le Belle Arti ricondotte ad un unico principio”, 1746); dunque il genio creatore deve rifarsi ad una natura ideale, così come potrebbe concepirla lo spirito. La natura, imperfetta in sé, dovrebbe essere perfezionata dal gesto artistico, con

l’unico scopo di raggiungere la vera bellezza; da ciò deriva una sorta di idea selettiva del dato naturale, che prescinde la mera mimesis di particolari insignificanti in favore di più espliciti significati espressivi. Precedentemente anche Leon Battista Alberti aveva sottolineato il piacere derivante dalla visione di dipinti raffiguranti luoghi faceti, scene agresti e contadine, paesaggi di fiori e fronde. In relazione a ciò, la pittura di Chiappa esula dal puro paesaggismo mimetico ed accademico per elevarsi a narrazione spirituale di sentimentalismi più reconditi e umani. Non semplice fissazione di scene arcadiche dunque, ma più precisamente invenzione artistica, derivante da ricordi impressionisti e divisionisti ben calibrati nel gesto e nel segno grafico di pennellate al-

quanto lievi ed impalpabili. L’impressionismo è la stagione cara all’artista, da cui egli sembra carpire, oltre alla preparazione tecnicoformale, anche la ricerca basilare: l’applicazione cioè di una nuova verità ottica, mediante cui esprimere la poetica naturale di un attimo fuggente, del cambiamento luminoso sulla scena, della matericità degli elementi. Chiappa rappresenta infatti, nei suoi dipinti, l’incessante mutamento di attimi che scorrono e fuggono nelle azioni fissate sapientemente sulla tela, raccontando il mutamento degli eventi in via di accadimento. Più tecnicamente c’è, nelle sue opere, una visione che sembra voler rappresentare al massimo grado l’intensità luministico-tonale della natura, negando grevi chiaroscuri in virtù di un più calibrato utilizzo cromatico della tavolozza.

“Tau”: Percorsi di Artigianato e Fede Roberta Musi realizza una Croce in Legno per l’Evento F.B.

A

rtigiani, artisti e fotografi insieme per una rassegna dedicata alla valorizzazione dell’artigianato, in particolare “religioso”, sviluppata nell’ambito delle iniziative della Regione Piemonte. Si potranno quindi apprezzare le opere dell’artigenialità piemontese frutto dell’esperienza, fantasia e creatività degli artigiani in possesso del riconoscimento di “Eccellenza Italiana”. Il tema della Croce e quella del Volto Santo sono realizzati dai maestri italiani con i loro materiali (legno, vetro, ceramica, metallo, carta, pietra) e fotografati con

professionalità ed artistica interpretazione dai fotografi artigiani per il catalogo della manifestazione. L’evento è organizzato con il Patrocinio della Regione Piemonte in collaborazione con la Diocesi di Novara Uffici Beni Culturali e Confartigianato Imprese Novara, Verbano Cusio Ossola. Tra gli artisti invitati per l’occasione, non poteva mancare la poliedrica Roberta Musi la quale ha realizzato un bozzetto su tela da cui ha ideato, dipinto e decorato una croce lignea realizzata dalla falegnameria Piaterra di Nebbiuno che sarà collocata nella chiesetta sconsacrata di San Sebastiano e

San Fabiano sul lago di Lesa (NO). Si tratta di una chiesa romanica del 1100 attualmente in fase terminale di restauro e il manufatto verrà esposto in permanenza il prossimo anno, dopo la fine dei lavori. L’evento è nato da un’idea del Dott. Renzo Fiammetti di Confindustria il quale durante un viaggio del 1° novembre dell’anno scorso nel convento dei Cappuccini di Addis Abeba, rimase folgorato dalle croci copte. La magia e la spiritualità del luogo diventò fonte d’ispirazione per l’attuale progetto. La Croce è stata presentata insieme ad altre 15, al Sermig Arsenale della Pace di Torino il 14 novembre scor-

so durante un convegno a cui sono intervenuti numerose autorità. Tra i prestigiosi ospiti segnaliamo: Mario Giuliano Presidente Confartigianato Imprese Piemonte, S.E.R Mons. Debernardi Presidente della Consulta Regionale ai Beni Ecclesiastici, Mons. Albertazzi Direttore Ufficio Liturgico Diocesiano di Vercelli e Direttore Commissione Liturgica Regionale, Francesco Pernice Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Piemonte. Dal 21 al 25 gennaio 2009 le opere verranno esposte nella Saletta della Fabbrica Lapidea della Basilica di San Gaudenzio a Novara.


14

OK Arte Milano

DICEMBRE 2008

Infinite Realtà

Rassegna d’Arte contemporanea Ivan Belli

in alto: Natali Grunska con l’organizzatrice Francesca Bellola Marco Nones

Antonella Campi

Si è svolta con grande successo di pubblico e di critica dal 5 al 23 novembre presso la Galleria Zamenhof: “FormArt” il primo ciclo di mostre di pittura e di scultura. “Infinite realtà” titolo della prima collettiva nell’ambito della rassegna “FormArt” finalizzata alla valorizzazione delle arti ed in particolare degli artisti emergenti, prevede una serie di esposizioni curate da Francesca Bellola, rivolte ad un pubblico attento e sensibile alle espressioni del panorama artistico contemporaneo. L’evento organizzato dalla rivista “Ok Arte” dedicata alla promozione del patrimonio del nostro territorio, è caratterizzato da quattro mostre collettive che si svolgeranno entro giugno 2009 in collaborazione con la nuova Galleria Zamenhof. Lo spazio di 180 metri quadrati, inaugurato il 24 settembre scorso a Milano in zona navigli, dispone di ampie sale ideali per esposizioni di sculture ed in-

stallazioni anche di grandi dimensioni. Durante l’inaugurazione del 5 novembre scorso, sono state presentate una ventina di opere nella sala Vedova della galleria. Hanno partecipato: Claudia Amadesi, Anna Maria Belli, Antonella Campi, Angelo De Boni, Natali Grunska, Yvonne Manfrini, Marco Nones, Stefania Presta, Rino Gaetano Tammaro. Siamo orgogliosi delle numerose testimonianze di apprezzamenti da parte di artisti, giornalisti, critici, collezionisti ma anche di persone che svolgono attività in altri settori, che ogni giorno giungono in redazione. La nostra rivista si occupa prevalentemente della valorizzazione delle dimore storiche di Milano e della Lombardia e quindi non è diretta a un’élite di esperti d’arte ma si prefigge lo scopo di estendere il godimento delle bellezze del nostro Paese a tutti, coordinando e organizzando anche mostre di buon livello. La nostra prima esposizione si è chiusa con un

bilancio estremamente positivo e rassicurante per il futuro artistico italiano. I luoghi comuni sono molti, tutto si è già visto, chi cerca di imitare i maestri del passato spesso ne esce completamente stremato dalle delusioni e dalle mancate vendite. L’intento di FormArt è quello di porre attenzione, dopo un’accurata selezione, agli artisti emergenti e non solo che dimostrino una spiccata sensibilità, creatività, dinamismo e talento in ogni forma d’arte. Questa esposizione “Infinite realtà” in particolare, ha avuto il merito di evidenziare nove artisti diversi tra loro, ma simili nella concezione e nella volontà di esprimere attraverso la creazione delle loro opere, le emozioni più profonde. Per l’occasione, attraverso le molteplici tecniche pittoriche: si va dall’astrattismo delle pennellate calde ed intense di Tammaro, Manfrini e Presta agli originali figurativi di Campi e ai paesaggi decorativi di Grunska, dai polima-

Per partecipare alla selezione e richiedere ulteriori informazioni sulle prossime mostre, è necessario inviare curriculum e fotografie di almeno 5 opere via email a:

francescabel@okarte.org - info@okarte.org o tel: 347-4300482 entro il 15 dicembre 2008.

Anna Maria Belli

Natali Grunska

Angelo De Boni

in alto: un momento dell’inaugurazione

terici di Belli e Amadesi all’elaborata ricerca di essenzialità del bianco di De Boni, si scoprono mondi infiniti e complessi estremamente suggestivi. Inoltre, sono state presentate due sculture di notevole espressività scolpite in legno da Nones. Il logo di FormArt è stato ideato da Ann Mari Johansen che ha anche concesso le immagini dell’inaugurazione insieme ad Alessandro Baito. Sono aperte le iscrizioni agli artisti di tutta Italia per partecipare alle prossime mostre collettive.

Yvonne Manfrini

Calendario: 25 Febbraio - 15 Marzo 2009 8 Aprile – 26 Aprile 2009 20 Maggio – 07 Giugno 2009.

Stefania Presta

Rino Gaetano Tammaro

Claudia Amadesi


15

OK Arte Milano

DICEMBRE 2008

parliamo di... a cura del prof. purpura

Quando le percezioni diventano Arte

F

ino ad oggi abbiamo parlato delle percezioni e quindi di come il mondo entra in relazione con l’organismo, non abbiamo trascurato la motivazione, importante elemento che sostiene l’intensità e la qualità della percezione e da cui ovviamente dipende la soluzione dei problemi. Ecco, allora, possiamo dire: l’intelligenza organizza il mondo riorganizzandosi. Da questo principio, si sviluppano infatti i fenomeni della percezione e della cognizione stessa considerando le elaborazioni mentali scaturite come prodotti dell’interazione tra l’uomo e il mondo. Il pensiero tra l’altro non è solo trascendente, ma dipende da codesta interazione; i significati si dipanano dalle relazioni tra le funzioni e le esigenze non solo del corpo fisico e del cervello, ma anche in rapporto con i sentimenti scaturiti. La realtà quindi non è da considerarsi oggettiva, ma è come noi la percepiamo. L’animo di un artista ad esempio sarà più sensibile a certi stimoli piuttosto che ad altri e

ma anche da un linguaggio pittorico e iconico: è il modo con cui l’intelligenza e la razionalità si intersecano con le sensazioni e le emozioni che dà forma e significato al mondo organizzato. Tutto ciò porta all’azione che diventa conoscenza e cultura: l’aspetto cognitivo appare quindi come fatto integrante della vita stessa. Mi è capitato non molto tempo fa, di incontrare un artista o meglio di scoprire un artista, ripeto scoprire, in quanto conoscevo già Leonardo Scaglioni, persona amabilissima, di grande sensibilità e cultura, professore e ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano, ma non ne conoscevo le doti artistiche. Nato a Milano nel 1957, Leonardo Scaglioni segue corsi di

Leonardo Scaglioni

le percezioni possono avere valenze più intense tali da far nascere reazioni emotive e creative che lo portano

ad una espressione artistica. Infatti molti atti mentali sono dipendenti non solo da un linguaggio verbale,

Lo specchio dell’Arte

Attivo scambio creativo fra Oriente e Occidente Ambra Viola

D

i prossima uscita è il catalogo della mostra d’arte contemporanea Lo Specchio dell’Arte, evento espositivo conclusosi il mese scorso nel suggestivo Castello Visconteo di Trezzo sull’Adda, e nel quale ha partecipato un gruppo di giovani artiste giapponesi –Rika Akahori, Makiko Asada, Yuka Imai, Kazumi Kurihara, Kaori Miyayama. Le loro interessanti e sensuali opere installative sono riflessioni tra pensiero e realtà, spazio e tempo, visibile e invisibile, nate da una dimensione sempre aperta e in perenne interazione sensoriale e culturale. La mostra è stata curata da Pier Luigi Buglioni, artista e docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano e dalla giovanissima critica d’ arte Ambra Viola, entrambi redattori del catalogo, il quale raccoglie, documenta e analizza l’esperienza di notevole sinergia creatosi dall’incontro fra due culture di provenienza diverse: orientale-asiatica, quella delle artiste, ed occidentale-europea quella dei curatori. Questo progetto di scambio –Lo Specchio dell’Arte– è rivelativo infatti dei due fenomeni che hanno caratterizzato e riconfigurato il panorama artistico contemporaneo del nuovo

millennio: l’avvento di una forte e sempre più numerosa presenza delle donne nell’arte, che si affermano come vere e proprie protagoniste all’interno dello star system internazionale; e l’avanzare con ritmo sempre più incalzante e rapido dei Paesi extra-occidentali, i quali forniscono e propongono in maniera sempre più frequente i loro rappresentanti nella scena artistica contemporanea

(rilevante è il continuo proliferare di Biennali in tutte le parti del mondo). Due fenomeni questi, che ancora oggi, continuano a plasmare e mutare il nuovo volto dell’arte. Lo Specchio dell’Arte è un esempio, dunque, di cooperazione attiva di una rete di rapporti culturali tesi all’innovazione della ricerca e dell’indagine artistica contemporanea in tutti i suoi aspetti: dalla produzione alla critica.

pittura per affinare quelle che poi si rivelano doti di grande spessore artistico. In Lui è evidente come le sue percezioni molto peculiari, derivate da un’attenta osservazione del mondo, si trasformino in bisogno di produrre rappresentazioni pittoriche. Ricercare un riscontro percettivo significa ricercare la verità, egli infatti è un ricercatore non solo di una verità, ma di verità multiple: le verità della natura che è in continua trasformazione. Spesso la verità è rinchiusa anche in noi, ecco che allora la ricerca intrapersonale del dialogo e della riflessione è inevitabile. Le percezioni di forme, colori, ombre, luci producono così emozioni che si trasformano in linguag-

gio pittorico. Le pastose pennellate e il magico cromatismo di Leonardo raccontano di una realtà che è quella di tutti i giorni, ma vista con gli occhi di colui che con la sua comunicazione pittorica fissa nelle tele, con un senso liberatorio, le proprie emozioni. Ecco che le percezioni magicamente diventano Arte, stimoli che si tramutano in un linguaggio, quasi un’alchimia che permette alle sue emozioni di veicolarsi in altri uomini. Il percorso pittorico di Leonardo si può considerare di grande interesse, intenso nella ricerca dei volumi del colore e degli equilibri, efficace nei risultati che mirano sempre più ad obbiettivi di pregevole interesse artistico.

Accademia di Brera: progetto blocco 21 Auschwitz

agosto 2008: 32 studenti della Scuola di Restauro dell’Accademia di Brera accompagnati dai docenti Marco Duilio Tanchis e Armando Romeo Tomagra, dal Direttore della Scuola di Restauro Sandro Scarrocchia, dai rappresentanti dell’Isrec e dei Sindacati Confederati, hanno raggiunto Auschwitz in Polonia per una missione di studio, documentazione e conservazione del Memo-

potente veicolo sentimentale e spirituale, secondo i rappresentanti A.N.E.D. il più potente. Il lavoro artistico è testimone e l’arte si fa carico dell’impegno di testimoniare: questa l’originalità del Memoriale che si impone come documento della storia italiana del novecento. L’ A.N.E.D. legittima proprietaria dell’opera, in questa missione ha difeso il memoriale dalla presunta volontà della Direzione del Museo di Auschwitz di stravolgere l’opera ritenuta

riale in onore degli italiani caduti nei campi di sterminio nazisti sito nel Blocco 21. L’ Associazione Nazionale ex deportati (A.N.E.D.) fin dall’inizio si assunse la responsabilità di affidare all’arte la funzione di testimone dello scempio, scelta coraggiosa perché l’arte è spesso difficile da comprendere e richiede conoscenze specifiche, ma è anche un

troppo discordante dalla linea documentale dei memoriali all’interno di Auschwitz. L’installazione è una complessa opera d’arte contemporanea collettiva realizzata su un progetto del 1979 dello studio di architettura milanese BBPR (Belgiojoso, Banfi, Rogers, Peressutti), concepita come un nastro spiraliforme all’interno del quale corre

Emanuela Nolfo

31

Informazioni per pubblicità e redazionali:

info@okarte.org - 347 4300482

una passerella di traversine ferroviarie.Primo Levi scrisse il testo che dà voce al Memoriale, Pupino Samonà, artista palermitano, dipinse la tela che avvolge la spirale metallica, Nelo Risi curò la regia e Luigi Nono concesse la sua musica Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz. Il gruppo di 32 studenti di Brera ha realizzato la mappatura del degrado mediante rilievi grafici, metrici e fotografici che hanno incrementato e accertato le informazioni già a disposizione segnalando le modifiche dello stesso Samonà dalla prima stesura alla seconda e restituendo in scala i danni che presenta la spirale. È stata anche rilevata l’entità del danno all’impianto sonoro e valutata la possibilità di ripristino. L’intervento di pulitura si è limitato alla spolveratura con pennelli morbidi e aspiratori eliminando gli spessi strati di polvere soprattutto nelle parti inferiori della spirale. In isolati casi sono state utilizzate le spugne wishab. L’intervento sulla passerella in legno è consistito nella preparazione della superficie con lana d’acciaio e aspiratori e nella stesura e lucidatura di cera naturale. Appare chiaro che questo è stato l’inizio di una serie d’interventi che occorrerà effettuare per mantenere nel tempo il significato del Memoriale. Su Auschwitz e sul Cantiere Blocco 21 è stata inaugurata il giorno 27 settembre 2008 al Campo Fossoli di Carpi una mostra itinerante.


16

OK Arte Milano

Ubelly Guerrero Martinez I. V.

T

ra i tanti artisti che abbiamo presentato nelle nostre pagine delle scorse edizioni, diamo il benvenuto alla generosa e poliedrica Ubelly Guerrero Martinez in qualità di Socio dell’Associazione “Amici di Ok Arte”.

Wild Soul by Gianluigi Alberio LUOGO: Via De Amicis, 28 - Milano - Web: www.arsitalica.it

Curatori: Kristina Snajder e Mariasole Brivio Sforza VERNISSAGE: martedì 25 Novembre 2008 dalle 19.00 alle 21.00 APERTURA MOSTRA 26 Novembre 2008 FINISSAGE: 8 Dicembre 2008

Pittura del vero tra Lombardia e Canton Ticino (1865 - 1910) aesaggi suggestivi e frammenti di vita quotidiana, pervasi da grande forza espressiva, sono il filo conduttore della mostra La pittura del vero tra Lombardia e Canton Ticino (1865 -1910) che si tiene alla Pinacoteca Giovanni Züst di Rancate (Mendrisio - Canton Ticino, Svizzera) dal 21 settembre all’8 dicembre 2008. Coordinata da Mariangela Agliati Ruggia, curatrice della Pinacoteca Züst, e da Alessandra Brambilla, collaboratrice scientifica, la rassegna si collega al ciclo di esposizioni precedenti - fra cui quella dedicata alla Scapigliatura nel 2006 – e prosegue il percorso di studio e di ricerca rivolto all’Ottocento italiano e ticinese, iniziato nel 1990 dall’Istituzione svizzera. Un’importante esposizione che pone al centro dell’attenzione il Naturalismo e il Verismo. Due movimenti artistici ispirati alla descrizione della realtà che, insieme alla Scapigliatura, al Divisionismo e al Simbolismo, hanno caratterizzato il complesso e variegato panorama culturale milanese tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Le origini e gli sviluppi della pittura del vero costituiscono inoltre il punto di osservazione per documentare il determinante influsso esercitato dal capoluogo lombardo sull’area ticinese. Curata da Giovanni Anzani ed Elisabetta Chiodini, la mostra propone una carrellata di circa 70 opere che permettono di cogliere il fermento culturale e le nuove tendenze in atto fra gli artisti dell’epoca. I pittori, che manifestano una forte attenzione per la realtà e per la società a loro contemporanea, raffigurano personaggi e immagini a cui è affidato il compito di narrare la vita di tutti i giorni, per arrivare a una dimensione più allargata che affronta temi sociali. Il percorso espositivo accosta i dipinti dei grandi maestri della tradizione pittorica lombarda - fra i quali Capriolo morto di Giovanni Segantini o La sostra di pietra di Eugenio Spreafico - a quelli di importanti artisti svizzeri - come Berta, Franzoni, Rossi, Preda

Milano, 25 Novembre 2008

GALLERIA: The New Ars Italica - Tel.: 02876533, Fax: 0292877351

Seguiremo con attenzione la sua attività artistica. Nella foto vediamo Ubelly in posa con il Console colombiano durante una sua mostra personale.

P

DICEMBRE 2008

o Galbusera -, offrendo al visitatore un’accurata ricognizione dei soggetti con cui si è espressa la pittura del vero tra Milano e l’area ticinese. Elemento di novità della mostra è la presenza di numerose opere “quasi inedite”: presentate al pubblico in occasione della loro realizzazione, le tele successivamente non sono state mai più viste perché conservate in collezioni private o acquistate

Gignous e Emilio Longoni. L’attenzione per il vero non si limita al paesaggio, ma guarda anche alla città. I nostalgici navigli di Emilio Gola, vivacizzati dalla presenza delle sue inconfondibili lavandaie, e le vedute della Milano innevata di Mosè Bianchi, offrono un’immagine singolare del capoluogo lombardo che contrasta con il vedutismo più tradizionale. La mostra è accompagnata

ABSTRACT: La produzione più recente dell’artista comasco viene ripercorsa in questa mostra che propone al suo pubblico una ricca selezione di “volti” di animali selvaggi, che rivivono, tanto che li senti quasi respirare, svelando nella complessità della loro raffinatezza come una forza creatrice, capace di confrontarsi con la Natura stessa e di sfidarla a un gioco di specchi. DURATA: Dal 26 Novembre all’8 Dicembre 2008 ORARI DI APERTURA: da Martedì a Venerdì dalle 11.00 alle 14.00 e dalle 16.00 alle 19.00. Lunedì e Sabato dalle 16.00 alle 19.00. Domenica e festivi su appuntamento telefonando al numero 02 876533. BIGLIETTO: INGRESSO LIBERO GENERE: Wildlife art

La Stella del Fiume

A

pochi minuti da Milano è possibile rilassarsi e godersi la natura sulle sponde del fiume Adda. Gli amanti delle passeggiate e del trekking possono godersi il panorama della riserva naturale che regala, specialmente al tramonto, dei colori incan-

direttamente dall’autore. LA PITTURA DI PAESAGGIO. Nella rassegna svolge un ruolo di primo piano la pittura di paesaggio il cui rinnovamento ha aperto la strada verso il Naturalismo e il Verismo. Protagonista assoluto di questo rinnovamento è la figura di Filippo Carcano, a cui è dedicata una sorta di “personale” con la quale si apre l’esposizione. L’artista milanese porta infatti a compimento un processo di innovazione che modifica il modo di rappresentare il paesaggio: da veduta legata a schemi stilistici predefiniti, si evolve verso la ricerca e la restituzione sulla tela delle impressioni che derivano dall’osservazione del vero. Al Maestro del naturalismo lombardo, e al nuovo modo di indagare la realtà, si riferisce una folta schiera di autori fra cui Eugenio

da un catalogo edito da Silvana Editoriale (www.silvanaeditoriale.it) con saggi di Giovanni Anzani ed Elisabetta Chiodini e schede di Giovanni Anzani, Mariangela Agliati Ruggia, Matteo Bianchi, Elisabetta Chiodini, Nicoletta Colombo, Giulio Foletti, Monica Vinardi. PINACOTECA CANTONALE GIOVANNI ZÜST - CH 6862 Rancate (Mendrisio – Canton Ticino) Tel. +41 (0)91 646 45 65 - Fax.+41 (0)91 646 30 20; email: decs-pinacoteca.zuest@ti.ch Web: www.ti.ch/zuest Orari: martedì - sabato 9-12 / 14-17; domenica 1018; chiuso lunedì Visite guidate su prenotazione Uff, stampa: Laura Doronzo Cell. + 39 335 204948 - +39 02 655 89 021; email: laura.doronzo@gmail.com

tevoli e indimenticabili ai fortunati visitatori. In questo clima poetico di Trezzo d’Adda, si trova il ristorante: “La stella del Fiume”. Il locale dispone oltre che di una sala per banchetti, cerimonie, pranzi e cene aziendali, di una veranda immersa nel verde con vi-

sta sul fiume ideale per le cene romantiche a lume di candela. Il menù dai prezzi modici è allettante, offre infatti tra le specialità: pesce, carne alla griglia e risotti preparati con cura dal giovane proprietario e Chef Alberto. E’ il desiderio di molti trascorrere una giornata serena degustando i piatti tipici in piacevole compagnia. La Stella del Fiume rispetta la tradizione e il sapore anche con la pizza, rigorosamente cucinata in forno a legna, sempre oggetto di soddisfazione dei clienti. Ampio parcheggio Via Alzaia, 13 20056 Trezzo S/Adda (MI) Info e prenotazioni: Tel. 02-9091693 www.lastelladelfiume.it


DICEMBRE 2008

17

OK Arte Milano

Inaugurata a Milano alla Bovisa la nuova Sede dell’Istituto Mario Negri L’artista Pho dona la sua opera al Prof. Garattini

Francesca Bellola

N

el quartiere Bovisa sorge una nuova cittadella scientifica con tecnologie d’avanguardia e 42 mini appartamenti riservati ai ricercatori, il tutto ad un costo complessivo di 80 milioni di euro. ’Istituto farmacologico diretto dal Prof. Silvio Garattini, inaugurato l’ottobre scorso alla presenza del ministro alla Salute Sacconi e di prestigiosi ospiti intervenuti per l’occasione, oltre allo stesso Garattini, si estende su una superficie 30mila metri quadrati. La struttura privata dotata di laborato-

L

ri tecnologicamente avanzati distribuiti su cinque piani, si avvale di ricercatori altamente qualificati provenienti da tutto il mondo. L’Istituto è nato nel 1961 da una donazione di Mario Negri, gioielliere e filantropo milanese, al giovane ed intraprendente Garattini che in quel periodo, era già uno dei più ambiti ricercatori in America. L’arte è diventata protagonista insieme alla scienza, con la donazione di una delle maggiori opere pittoriche di Marco Grassi, in arte Pho. L’opera di ampie dimensioni (vedi foto) esposta precedentemente alla Triennale, ha trova-

to una nuova collocazione permanente nella hall della Clinica. Pho viene influenzato dall’arte di strada per la prima volta, sui muri e treni di Parigi e dalla GraffitiArt parigina e newyorkese. Si afferma sulla scena della street art intorno agli anni ’90, sino a raggiungere una più personale e meditata pittura. Sarebbe auspicabile portare la bellezza artistica in tutte le strutture ospedaliere, ospitando i degenti in ambienti più armoniosi, affrescati e decorati fondamentali per riequilibrare il corpo e la psiche. Nella fotografia l’artista Pho con il Prof. Garattini

Una concreta astrattezza: l’immagine della Malinconia Sabrina Panizza

1

842, Romanticismo italiano. Francesco Hayez dà alla luce uno dei suoi capolavori. Non ancora tuttavia la trepidante emozione del Bacio, segreto e forse fuggevole, ma intensamente vissuto, appassionato sigillo tra due popoli e nazioni; non ancora il dominante magnetismo dell’abbraccio, non ancora l’emblema dell’unione, ma la rappresentazione della più amara solitudine: l’immagine della Malinconia. La fanciulla dell’opera qui riprodotta, conservata a Milano nelle sale della Pinacoteca di Brera, è infatti splendida e singolarissima rappresentazione del pensiero malinconico, allegoria di quella profonda mestizia tutta interiore, cupa disposizione d’animo provocata dall’influsso di Saturno. La sua personificazione è qui mollemente e languidamente appoggiata alla fredda pietra, priva di quella forza interiore che le permetta di ergersi fiera ed attiva nei confronti della vita e del mondo: la scura rassegnazione conferisce alla fanciulla una sorta di grigia sterilità, così come il sasso e la pietra che ne costituiscono l’inanimata cornice. “…il melanconico, è duro, sterile di parole & di opere, per se, & per gli altri, come il sasso che non produce herba, ne lascia che la produca la terra, che gli sta sotto.” Già con tali parole si esprime infatti Cesare Ripa, nel suo più antico e florido trattato d’Iconologia.

Nell’opera di Hayez si respira un’aria quasi decadente: si percepisce infatti una spinta verso il basso, come se una potente ed oscura forza magnetica proveniente dalle viscere della Terra esercitasse la propria attrazione, trascinando inesorabilmente la fanciulla nell’infimo baratro della depressione. I capelli, umilmente acconciati, sono infatti lasciati liberi di caderle sulle spalle, a loro volta liberate dalla veste, che fiaccamente si abbassa lasciandole nude e senza protezione; a nulla può essere utile, in tal sede, la ricchezza dell’abito, cangiante in un azzurro metallico, ad indicare forse come i beni terreni nulla possano di fronte alla più cupa depressione. Ulteriore elemento che si ricollega al concetto della latina vanitas, che, come a breve vedremo, è sovente stata sottolineata nell’iconografia della Malinconia, è il vaso di fiori posto in primo piano a fianco della fanciulla; la ricca composizione, d’ispirazione fiamminga, è infatti ben lontana dalla vigorosa floridezza di un fresco mazzo appena colto. I fiori, seppur non ancora appassiti, sono anch’essi in procinto di cadere con ormai debole dolcezza , privati del turgido vigore; il vaso è quindi patente latore della ben nota idea di caducità dei beni terreni, concetto iconograficamente associato alla malinconia soprattutto nelle opere del periodo barocco; talvolta la personificazione della profon-

da depressione, totalmente concentrata nel proprio mondo interiore, è rappresentata con una teschio (canonicamente presente in qualità di memento mori), simbolo appunto della vanità degli sforzi interiori. L’opera di Brera è tuttavia molto singolare, mostrando un’iconografia piuttosto inusuale rispetto alla documentata tradizione di tale allegoria. Delineando per sommi capi le più comprovate caratteristiche della figura della malinconia nel corso dei secoli, possono essere individuate alcune sostanziali linee iconografiche, seppur tra loro intrecciate; la prima trova un proprio manifesto nella xilografia di Albrecht Dürer Melancolia I (1514), dove la figura è femminile e dotata di ali ed è ritratta nella sua tradizionale posa, ossia con il mento appoggiato sulla mano chiusa a pugno, probabile rimando alla chiusura del soggetto nella propria cupa interiorità. L’incisione mostra anche tutta una serie di elementi che evocano da un lato la sovracitata caducità della vita e dei beni terreni, ulteriore motivo di depressa disperazione, come la clessidra, mentre dall’altro la Geometria, quella, tra le sette Arti Liberali, legata a Saturno: sono infatti strumenti relativi a tale arte il compasso e il righello, così come l’enigmatico quadrato magico posto alle spalle della figura. Tanta ricchezza e densità di simboli viene invece abbandonata se si fa riferimento alla descrizione della Malinconia regalataci

da Cesare Ripa nella sua “Iconologia”: egli la descrive infatti come una “donna vecchia, mesta, & dogliosa, di brutti panni vestita, senz’alcun ornamento” , immaginandola poi ritratta seduta con i gomiti posati sopra le ginocchia ed entrambe le mani sotto il mento. Accanto ad essa solo un albero spoglio, ad indicare la sterilità, e nient’altro che un paesaggio brullo e roccioso. Nulla, dunque, della fanciulla di Hayez. Un’ulteriore rappresentazione della Malinconia è quella che l’assimila all’allegoria della Carità, rappresentandola contornata da bambini; questo è però, con tutta probabilità, solo un rimando al già citato Saturno (mitologico padre della malinconia), che si narra abbia divorato i propri figli. Nel corso dei secoli poi, la donna alata di Dürer si è trasformata, sotto l’inquieto e vibrante tratto di Van Gogh, in una corrucciata figura maschile, ed in particolar modo nel Ritratto del dottor Gachet, rassegnatamente adagiato sul proprio gomito. L’identificazione di Van Gogh con il medico li rendi uniti in una sorte comune: entrambi, come afferma il pittore, sono affetti da un “male nervoso”, colpiti da quella vorticosa ed angosciante sensazione di completo malessere interiore. Varietà di elementi e simboli, dunque, ma una condivisa disgrazia: neppure un misero bagliore di salvezza, né una piccola speranza, solo un tenebroso orizzonte di angoscia.

Richiedete la rivista in abbonamento scrivendo a: info@okarte.org - 347 4300482


18

OK Arte Milano

DICEMBRE 2008

Laboratorio sperimentale Arti visive Carla Ferraris

H

a inaugurato giovedì 20 novembre il Laboratorio di Arti Visive di Valeria Modica e Alessandro Ghezzi, in via Plinio 46. Si tratta di un piccolo scrigno a due piani in cui opere plastiche e sperimentali, realizzate dai due artisti, trovano la loro giusta collocazione come piccoli tesori tanto cari ai loro creatori, da mostrare al pubblico curioso. Ho sempre creduto che artista sia colui che esprime un messaggio attraverso il proprio operato, sia esso riconoscibile a livello visivo oppure celato dietro rappresentazioni estetiche non convenzionali. Mediante il proprio lavoro l’artista si fa mentore, voce distinta di una narrazione riguardante più disparati temi del vissuto quotidiano, della propria essenza inconscia o di messaggi subliminali ai più sconosciuti, ma che si possono apprendere attraverso la semplice comprensione di opere pubblicamente esposte. Questo il fulcro di ogni ricerca artistica, che spesso avviene mediante contaminazioni

derivanti da svariati settori culturali ed artigianali, oltre che pittorici e scultorei. All’interno del Laboratorio di Arti Visive oggi inaugurato si agglomerano differenti forme artisticoespressive contemporanee quali la pittura, la ceramica, la manipolazione artistica, grazie a cui è possibile vivere esperienze emozionanti e personalissime. Qui protagonisti d’eccezione sono i lavori di Alessandro Ghezzi e Valeria Modica. Ho conosciuto l’opera di Ghezzi grazie alla sua mostra personale allestita nei locali della Galleria San Pietro la scorsa primavera. Artista autodidatta, ha esordito negli anni ’60 con creazioni paesaggistiche ed urbane ricche di contaminazioni fantasticamente concepite, per rinascere, a livello pittorico e lessicale, nel 2002 con una ricca e florida produzione multisoggettiva espressa con la realizzazione di tele alternanti paesaggi e ritratti. Nei lavori di recente fattura poi l’accento è stato posto su di un nuovo genere creativo, in cui soggetti sacralmente mitologici si plasmano in

composizioni ambientali pressoché meta-storiche e di vago gusto surrealista. Ad oggi Ghezzi affronta una nuova sfida artistica, cimentandosi nell’arte scultorea e dell’assemblage e proponendo al suo pubblico opere plurimateriche su tela, in cui corpi femminili fuoriescono dall’alto rilievo per prender vita nella realtà ambientale circostante. In questa nuova ricerca espressiva Ghezzi è affiancato dalla collega ed artista Valeria Modica, creatrice fin dagli anni ’90 di lavori ceramici e pittorici e protagonista di numerose mostre e manifestazioni. La professoressa Modica è artista matura nei cui lavori vengono filtrate esperienze formalmente evolutive e interpretazioni del reale attraverso il linguaggio scultoreo tridimensionale; nelle sue creazioni si leggono rilievi, spessori materici, contrasti coloristici dettati da scelte cromatiche ben definite e calibrate, che spesso sfociano nel non-colore monocromo di lavori plurimaterici e per questo storicamente informali. Con estrema libertà di spe-

Milano misteriosa

Jacopo M. Colucci

«I

l paesaggio invisibile condiziona quello visibile, tutto ciò che si muove al sole è spinto dall’onda che batte chiusa sotto il cielo calcareo della roccia». Con questa citazione dalle Città invisibili di Italo Calvino si apre un libro che ci dischiude l’affascinante, e misconosciuto, mondo della Milano «underground». Frutto di oltre un ventennio di ricerche dell’associazione Speleologia Cavità Artificiali Milano (SCAM) e scritto a quattro mani da Gianluca Padovan, che ne è il fondatore, e dal giallista e mercante d’arte Ippolito Edmondo Ferrerio, Milano sotterranea e misteriosa coniuga felicemente il racconto delle esplorazioni e la documentazione fotografica e d’archivio con leggende, superstizioni e misteri della città sommersa (per quanto certi excursus letterari, da Tolkien a Lovecraft, paiano un po’ introdotti a forza). Dalle origini celtiche di Medhelan alla capitale economica dell’Italia unita, passando per la Mediolanum romana, il comune medievale, la signoria visconteo-sforzesca e le dominazioni spagnola e austriaca, l’insediamento urbano ha imposto di necessità la creazione di «servizi» ipogei (pozzi, cisterne, acquedotti, ghiac-

ciaie, ecc.). Ma non solo: cave e miniere, cripte e ossari, grotte artificiali, cunicoli e opere d’uso militare innervano il sottosuolo della città; e tutto questo senza dimenticare la fitta rete di canali che da sempre hanno servito i commerci e le comunicazioni di Milano e che nel corso dei secoli sono state dotate di volte di copertura, rimanendo oggi sotto l’attuale piano di calpestio. Il resoconto, adattato in forma narrativa, delle attività della SCAM apre le porte (o forse sarebbe meglio dire: solleva i tombi-

ni) su una Milano inedita, capace di sorprese insperate. Misteriose gallerie sotto Sant’Eustorgio, passaggi segreti del Castello di Porta Giovia, templi massonici in Gorla scoperti nel parco di villa OttolenghiBattyani-Finzi. Ma non vogliamo rivelare troppo, rovinando il piacere della scoperta a chiunque sia interessato alla città, alla sua storia, alle sue leggende. Recensione a: Ippolito Edmondo Ferrario e Gianluca Padovan, Milano sotterranea e misteriosa, Mursia, Milano, 2008, € 16.

rimentazione materica, con addizioni di carta, gesso, colori acrilici e tele, l’artista plasma forme femminee spesso parziali come un solo braccio, oppure corpi idealizzati di esseri fantastici come le sirene, in cui è sempre presente una più soggettiva sensibilità creatrice percepibile proprio nell’uso tonale del colore.

E se per Hume la bellezza non è qualità intrinseca alle cose, ma esiste solo in colui che le contempla; se ogni mente è dunque in grado di percepire una differente bellezza estetica; se il senso comune del gusto non ha regolamentazioni aprioristiche, ma nasce da emozioni spirituali più inconsce ed appartiene perciò

solo a colui che sa liberarsi dai pregiudizi tradizionalmente accademici, allora tale lezione è necessaria per meglio comprendere l’operato di Ghezzi e Modica, nelle cui opere è celato tutto l’entusiasmo e la capacità narrativa di coloro che artisticamente portano il proprio messaggio al servizio del pubblico fruitore.

Un esempio di restauro

Ospitiamo su questo numero l’articolo e la sequenza fotografica del restauro di un’opera pittorica ad olio effettuato dalla professoressa Valeria Modica presso il Laboratorio Sperimentale per le Arti Visive. Ho potuto assistere personalmen-

te ad alcune fasi del lavoro, che ha richiesto competenze di tecnica pittorica e di alchimia dei colori oltre a magistrali abilità manuali e sartoriali ed una notevole dose di certosina pazienza. Sull’esito del restauro voglio certificare la piena sod-

disfazione del proprietario dell’opera, affermato professionista della nostra città. Alessandro Ghezzi Le due immagini fotografiche mostrano il quadro prima (a sinistra) e dopo (a destra) il restauro.

Programma delle mostre a Milano

Palazzo Reale Lorenzo Capellini La mano di Palladio MI, piazza Duomo, dal 13/10/08 al 18/1/09

Sculture in palmo di mano MI, piazza Pio XI, 2 dal 24/11/08 al 1/3/09

Pinacoteca di Brera Restauri per Brera I cartoni della collezione restaurati dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze MI, Via Brera, 28 dal 12/11/08 al 20/12/08

Palazzo Reale Georges Seurat, Paul Signac E i Neo impressionisti MI, dal 28/10/08 al 30/1/09 Palazzo della Ragione L’eredita’ di Luigi Einaudi La nascita dell’Italia repubblicana e la costruzione dell’Europa MI, via Gerolamo Morone, 6 dal 19/11/08 al 23/12/08 Museo Poldi Pezzoli Netsuke

Fondazione Antonio Mazzotta Walter Cremonini La grafica, i dipinti, la scultura. Presentazione della monografia curata da Ietta Buttini Damonte MI, foro Buonaparte, 50 dal 13/11/08 al 22/2/09 Padiglione d’Arte Contemporanea - PAC

Il Nouveau Realisme dal 1970 ad oggi Omaggio a Pierre Restany Milano, via Palestro, 16 dal 11/11/08 al 14/12/08

Museo della Permanente Ada Marchetti e Orazio Barbagallo Composizioni e figure MI, c.so di Porta Ticinese, 95 dal 11/11/08 al 21/12/08 Triennale di Milano Ugo La Pietra Le ceramiche MI, Viale Alemagna, 6 dal 10/11/08 al 8/2/09 Triennale di Milano Alberto Burri - Retrospettiva MI, Corso Magenta, 63 dal 23/10/08 al 4/12/08

Cerchiamo collaboratori per la redazione

info@okarte.org - 347 4300482

Centre Culturel Francais Jean Cocteau le joli coeur Omaggio “alla moda” di un seduttore MI, Corso Magenta, 63 dal 22/9/08 al 5/12/08 ’Oora Monochrome Milano, via Tadino, 26 dal 18/11/08 al 23/12/08 Fondazione Arnaldo Pomodoro Arnaldo Pomodoro Grandi Opere 1972 - 2008 Milano, Via Giuriati, 9 dal 14/11/08 al 20/12/08 Rotonda della Besana Migrart Volti di una nuova Milano. Foto di Alex Majoli e Lorenzo Pesce

MI, via Solferino, 44 dal 20/11/08 al 31/1/09


DICEMBRE 2008

19

OK Arte Milano

The unusual café

Il Codice Magritte -II parte Alessandro Ermesi

“G

iovanni carissimo, buon g ior no” d ic e Davide rivolgendosi al barista mentre si avvicina al bancone. “Buongiorno a lei signor Davide. Come va?” “Bene, bene... e lei?” “Tutto bene. Il solito caffè?” “Sì, grazie. Ho pensato a lei in questi giorni...” “Come mai? Non è stato di suo gradimento l’ultimo caffè?” risponde Giovanni con un’aria tra il serio e il faceto. “Sempre il solito burlone. Lo sa benissimo, su... non mi dica che non ricorda la conversazione che ab-

biamo avuto su Magritte” “Certo che sì, la ricordo benissimo. Non capitano spesso conversazioni del genere” “E non riesce a immaginare perché ho pensato a lei? La devo ringraziare per l’indicazione che mi ha dato, ricorda?” “Mmm... quale?” dice Giovanni aggrottando le sopracciglia, “Si riferisce a «la mappa non è il territorio»?” “Precisamente. Quel suggerimento mi ha permesso finalmente di mettere insieme le tessere del puzzle. Ricorda che le avevo parlato di un senso di sconcerto, di incompletezza di fron-

te alle opere di Magritte? Ecco, almeno per quanto riguarda la Trahison des images penso di aver compreso ciò che mi sfuggiva, il «messaggio», l’«idea» all’origine ed essenza stessa del dipinto” dice Davide indicando la riproduzione alle spalle del barista “Perdonatemi” interviene un uomo, al bancone affianco a Davide, che aspetta di essere servito, “non ho potuto fare a meno di ascoltare...” “Oh... professore, buongiorno” dice cordiale Giovanni, “vi conoscete? Davide, le presento il professor Rocco, insegna storia dell’arte

serate musicali Concerti del mese di DICEMBRE 2008 Sala Verdi del Conservatorio – Via Conservatorio, 12 MI - ore 21.00 Teatro Dal Verme – Via San Giovanni Sul Muro, 2 – MI- ore 21.00 Lunedì 1 dicembre 2008 – ore 21.00 Conservatorio G. Verdi Violinista SHLOMO MINTZ - Pianista TORLEIF TORGERSEN B. MARTINU: 5 Pezzi brevi H. 193 E. DOHNANYI: Sonata per violino e pianoforte in do diesis minore op. 21 J. BRAHMS: Scherzo Sonata n. 3 in re maggiore op. 108 A. SKOUMAL: Djinnia A. BAZZINI: La Ridda dei Folletti Biglietti: Intero € 20,00 Ridotto € 15,00 Sabato 13 dicembre 2008 – ore 21.00 Teatro Dal Verme “Natale con Bach” ORCHESTRA DI PADOVA E DEL VENETO J. S. BACH: I Concerti brandeburghesi (BWV 1046-1051) Biglietti: Intero € 20,00 Ridotto € 15,00 Lunedì 15 dicembre 2008 – ore 21.00 Conservatorio G. Verdi Violinista LEONIDAS KAVAKOS - Pianista PETER NAGY F. SCHUBERT: Sonata per violino e pianoforte in la maggiore D 574 (Grand Duo) L. JANACEK: Sonata per violino e pianoforte B. BARTOK: Sonata n. 1 per violino e pianoforte Sz 75 Biglietti: Intero € 15,00 Ridotto € 10,00 Venerdì 19 dicembre 2008 – ore 21.00 Teatro Dal Verme “NataleProfano” ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI - Direttore JADER BIGNAMINI STRAUSS: Valzer Biglietti: Intero € 20,00 Ridotto € 15,00 Lunedì 22 dicembre 2008 – ore 21.00 Conservatorio G. Verdi Violinista DOMENICO NORDIO – Pianista HANS FAZZARI Biglietti: Intero € 15,00 Ridotto € 10,00 D.D.D “Natale Sacro” ACCADEMIA INTERNAZIONALE DELLA MUSICA – I CIVICI CORI Direttore MARIO VALSECCHI PALESTRINA: Missa aeterna Christi Munera Biglietti: Intero € 20,00 Ridotto € 15,00 CONCERTI FUORI ABBONAMENTO IN ALTRE SEDI Domenica 14 dicembre 2008 – ore 17.00 SpazioTeatro89, Via Fratelli Zoia 89 Milano Violoncello MATTEO TABBIA – Pianista VIVIANA LASARACINA L. v. BEETHOVEN: Sonata op. 5 n. 2 J.S. BACH: Suite per violoncello in re minore J. BRAHMS: Sonata in mi minore op. 38 Giovedì 18 dicembre 2008 - ore 21 Chiesa di San Bartolomeo, Via della Moscova 6/8 Milano Flauto dolce MITSUKO OTA - Clavicembalo MICHELE BENUZZI R. COBB: Suite in sol maggiore (Playford, London 1655) M. LOCKE: Suite III in la minore, maggiore W. CROFT: Ground in do minore (per cembalo solo) ANONIMO: A division on a Ground (Walsh, London 1706) J.CARR: Italian Ground (Playford, London 1686) ANONIMO: Old Simon the King (Walsh, London 1706) CH. SIMPSON: Suite in re minore (Playford, London 1655) J. OSWALD: Collection of courious Scots tune (London 1742 ca.) When absent from the Nymph I love Magie Lawder Per informazioni e prenotazioni: Serate Musicali Uff. Biglietteria Tel: 02/29409724 dal lun. al ven. 10.00 - 17.00 e-mail: seratemusicali@alice.it sito: www.seratemusicali.it

all’accademia qui vicino, quella in Via della Scorza.” “Buongiorno professore” “Buongiorno a lei” “Si parlava di Magritte e delle «idee» all’origine dei suoi dipinti” riprende Davide, “naturalmente sarei felice di sapere cosa ne pensa lei a proposito” “È molto semplice” inizia il professore, “non c’è nessun messaggio, nessuna idea. Ed è una perdita di tempo arrovellarsi per cercare di trovare a tutti i costi un significato nelle sue opere. Magritte, come quasi tutti gli artisti moderni, ha perseguito l’originalità a tutti i costi a scapito dell’estetica... o forse, proprio perché incapace di opere che colpissero e lasciassero il segno per la loro intrinseca qualità estetica, ha ripiegato su queste stramberie per impressionare il pubblico e far parlare di sé. Insomma, ha dovuto sopperire in questo modo alla sua mancanza di talento. Ma non vedete come tutti i suoi quadri siano così “piatti”, poco rappresentativi della realtà, e come in essi sia del tutto assente ogni virtù estetica? Dov’è la bellezza che emoziona e rapisce, che lascia incantati e senza parole, ammutoliti di fronte alla sua grandezza? Signori miei, l’arte moderna non è arte, la stessa parola “ar-

te” in questo caso è usata a sproposito, è solo un imbarbarimento che ottunde lo spirito. Ma sapete quale lavoro faceva Magritte prima di conquistare una certa notorietà con le sue trovate? Disegnatore di carte da parati... e non si può negare che ciò traspaia chiarissimamente dalle sue opere... Magritte un pittore? Un artista? Ma nossignore... tutt’al più un illustratore... L’arte è cosa ben più nobile” “Comprendo bene il suo punto di vista...” dice Giovanni “Lo comprendo anch’io” aggiunge Davide, “le vostre parole, professore, sono davvero convincenti, però...” “Però” domanda il professore “Però” prosegue Davide,

“non le posso condividere incondizionatamente. Nonostante l’autorevolezza che le deriva dai suoi studi e dal suo titolo, aldilà di quanto ha detto sull’arte in generale, ciò che lei afferma a proposito di Magritte contrasta con la mia esperienza personale...” “Cosa intende dire?” interviene Giovanni mentre dispone davanti a sé i piattini per i caffè che sta preparando “Voglio dire che aldilà delle considerazioni artistiche e tecniche del professore su Magritte, le sue opere contengono un «messaggio». O meglio, esprimono delle idee ben precise, affatto banali, e, a mio parere, anche molto interessanti. Oggettivamente interessanti oserei dire...” continua....

Il Nouveau Realisme dal 1970 ad oggi

Mauro De Sanctis

N

on di rado la fine di qualcosa si tramuta in un nuovo inizio. Potrà certo rendersene conto chi si trovi a visitare le sale della mostra, che dal 6 novembre scorso sino al 2 febbraio 2009 è ospitata al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano. Celebrare “Il Nouveau Realisme dal 1970 ad oggi” significa ripercorrere la storia del movimento artistico, nato nel 1960, a partire dalla data del suo ufficiale scioglimento, deciso dagli stessi artisti esattamente in occasione dei festeggiamenti per il primo decennale. «È vero che proprio in quell’occasione i membri del gruppo ne avevano decretato la morte, ma in seguito quasi tutti hanno continuato a lavorare nel medesimo solco, producendo in genere opere più impressionanti per mole e qualità». Nelle parole del curatore della rassegna, Renato Barilli, si ritrova il motivo della forza e dell’importanza storico-

artistica di un evento ideato come omaggio che la città di Milano doveva all’opera di Pierre Restany – che aveva nel capoluogo lombardo la sua seconda patria – cui appartiene la paternità del Nouveau Realisme, come la propria maggiore impresa critica. I “frammenti postumi” del Nouveau Realisme raccolti al Pac riuniscono undici dei tredici artisti che costituivano il gruppo, ad eccezione di Y. Klein e M. Raysse. Le sale del Padiglione ospitano così una decina di compressioni di César, le accumulazioni, le collere, i tagli di Arman, gli inquietanti idoli totemici di Daniel Spoerri, oltre ai lavori dei décollagisti Dufrene, Hains, Rotella e Villeglé, ai progetti per gli impacchettamenti di

Informazioni per pubblicità e redazionali:

info@okarte.org - 347 4300482

Christo e Jean Claude ed alle ricerche sul kitsch e sugli elementi soffici e di cattivo gusto rispettivamente portate avanti da N. de Sainte Phalle e G. Deschamps. Ci sarà infine spazio anche per un richiamo a Klein, morto prima del ’70, in “Derniere collaboration avec Yves Klein” di Jean Tinguely. Completa il percorso espositivo la rievocazione dei festeggiamenti per il decennale del 1970, con il documentario girato da Mario Carbone e le testimonianze fotografiche registrate da Ugo Mulas, mentre un filmato di Marc Israel-Le Pelletier testimonia del marchio indelebile lasciato, nella sua industriosa presenza milanese, dal grande Pierre Restany. PAC, Via Palestro, 14 MI


20

OK Arte Milano

Qui casca l’asino: animali e risorse pubbliche

Ettore Degli Esposti

S

ussidiarietà: parola ormai diffusa ed entrata piano piano nel lessico prima amministrativese e poi, più lentamente, nel vocabolario della solidarietà, del terzo settore, dell’assistenza ai piu’ deboli. La sussidiarietà è uno dei principi cardine nel rapporto tra Stato e cittadino, tanto da essere stata introdotta nella nostra Costituzione, che all’articolo 118 recita “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Più concretamente, questo principio si sdoppia in due concetti, quello della sussidiarietà orizzontale e verticale. Quest’ultima prevede come la ripartizione gerarchica delle competenze sia spostata verso gli enti più prossimi al cittadino e – attenzione a questo punto - più vicini ai bisogni del territorio. Quella orizzontale è invece il principio per cui il cittadino, come singolo o in gruppo, come associazione, deve poter cooperare con le istituzioni per definire gli interventi che incidono sulle realtà sociali a lui vicine. Fino qui, tutto bene. Le istituzioni hanno da tempo imparato a fare i conti, con questo principio antropologico che ha scardinato molti paradigmi del potere. Dapprima restie, come un cane randagio che ci guarda, ringhia e scodinzola, pian piano sindaci e amministratori negli anni hanno imparato a mangiare dalle mani, a capire che dal rapporto con le associazioni (e quindi con i cittadini) ci si guadagna. In qualità (la motivazione dei volontari), in comprensione dei bisogni (io, associazione, li vivo quotidianamente), in prossimità. Le istituzioni hanno digerito il fatto che i loro fondi nel sistema sociale, impiegati in progetti con le associazioni, erano spesi bene. Fino qui, ancora tutto bene. Non benissimo, ahimè, perché il nostro welfare è ancora sgangherato, ma in qualche modo la macchina, con qualche cigolio, funziona. Poi ci sono gli animali. E qui, magicamente, tutto diventa minore, trascurabile, leggero. La sussidiarietà sparisce e subentra un nuovo meraviglioso sostantivo: surroga. La tutela degli animali e il randagismo, dopo decenni da una norma che li

pone in capo alla pubblica amministrazione, sono ancora e sempre vaste ferite aperte nel nostro Paese e mentre le associazioni lavorano, si indebitano, le amministrazioni in linea di massima guardano, ringraziano, con le mani ben chiuse in tasca. Qualcuno è riuscito nel tempo a strappare qualche convenzione con il Comune per gestire canili o gattili ed è costretto a difenderla come Leonida alle Termopili ad ogni cambio di amministrazione. Qualcun altro ha avviato progetti qua e là, creando qualche “isola felice”, ma in linea di massima un grande e sincero apprezzamento per il lavoro svolto e un portafoglio vuoto sono tutto quello che viene concesso alle associazioni che come ENPA si occupano di animali. Una montagna di normativa in Italia, statale e regionale, proclama i diritti degli animali e la loro tutela come prioritaria, stimolando e più spesso obbligando le istituzioni a intervenire direttamente. Le pubbliche amministrazioni, tranne rari esempi di eccellenza dovuti più alla capacità ed alla tenacia dei singoli funzionari che al sistema stesso, si limitano al minimo sindacale. Il resto lo devono fare le organizzazioni come ENPA ma qui casca l’asino, perché di risorse non se ne parla proprio. Parlo di risorse nel vero senso della parola, non di piccoli contributi erogati con lo stile della mancia al parcheggiatore; quelli, che alla politica costan poco e fanno comodo, se ne vedono anche molti. Prendete, ad esempio, la nostra Sezione milanese. 365 giorni all’anno, pasqua natale e capodanno compresi, dalle 9 di mattina a mezzanotte. Cinquanta volontari circa, dodici medici veterinari che lavorano su 250 mq di clinica, con quattro sale visita e due aree chirurgiche. 1655 animali soccorsi nel 2007 (tra cui 362 gatti randagi). 300 mq di reparti di degenza condizionati estate/inverno. Complessivamente una macchina grande, importante, che svolge un lavoro su Milano e provincia non sostituibile. Questo significa in poche parole che la grande maggioranza di questi animali (feriti, malati o comunque in difficoltà) se non fosse curata nella nostra struttura non avrebbe molte chance di sopravvivenza. Il Comune di Milano ci ha però annunciato che per quest’anno il contributo, previsto da uno

specifico regolamento, non ci sarà causa mancanza di fondi a disposizione. Il problema è che però ENPA non potrà continuare all’infinito se non troverà le risorse che servono per alimentare questa grande macchina e, visto il panorama politico amministrativo, non ci resta che ricorrere una vol-

Sara Moriconi Ghezzi

“... L

ta ancora alla sensibilità, all’attenzione, al cuore e alla passione di tutta la comunità che ci sostiene. Perché a fronte di una indifferenza globale di chi gestisce la cosa pubblica, ci sentiamo in diritto di chiedere a tutti voi, una volta ancora, di sostenerci perché il nostro lavoro, come tutte le atti-

vità che esprimono qualità, costa parecchio denaro. Non c’è un euro solo che sia sprecato, ma la gestione di un sistema complesso come ENPA a Milano ha bisogno di un sostegno economico forte. Abbiamo quindi bisogno di voi, che avete un modo molto semplice di aiutarci: diventare

DICEMBRE 2008

soci, darci un contributo, fare volontariato, adottare un animale e, perché no, pensare alla nostra sezione nelle vostre volontà testamentarie. Sul sito www. enpamilano.org troverete tutto quello che vi potrà essere utile per questo.

Intervista a Ivan

a poesia di strada nasce gettando parole tra le vie, pugni di semi nel vento, è sensazione precipitata in sassi d’assalto tra lo snocciolarsi scomposto di questa città. Versi come pioggia tra le genti, inzuppate fin’oltre l’orlo dell’attenzione, senza corte di dotti nè corona, perché d’ovunque e da sempre, una pagina bianca è una poesia nascosta...” Siamo stati compagni di scuola, media: “Rinascita”, col suo approccio artistico e la sua precorritrice meta-didattica. Ed Ivan, ora spirito creativo e rivoluzionario nel senso più letterale del termine, rende orgogliosa me, che ho avuto onore e piacere di crescere un po’ accanto a lui, e quanti sappiano scorgere in lui quella costante vibrazione di pensieri e sentimenti che, tradotti in parole, egli è tanto abile a far suonar melodia. 1) Un linguaggio comprensibile (ai più), canali di diffusione tanto innovativi quanto raggiungibili: la tua poesia parla a noi di te e di noi, e lo fa in maniera romanticamente cruda, semplicemente ricercata... Quali ispirazioni ti hanno guidato, magari spinto od, addirittura, travolto; in quali radici le tue idee d’assalto? La poesia di strada e l’assalto poetico nascono da un’istanza critica che vede la poesia chiusa negli angoli bui della nostra società, soffocata nelle pagine di libri che troppi stampano e pochi leggono, affidata ad un élite letteraria auto referenziale, invece al suo luogo naturale, la collettività. Credo che pubblicare, nella sua accezione più vera, voglia dire rendersi pubblici, confrontarsi e scontrarsi per proporre responsabilmente le proprie convinzioni, generare dal conflitto dialettica e dalla dialettica condivisione. Ho imparato che diffondere i propri contenuti a viso aperto e liberamente, è possibile ed efficace

anche al di fuori dei classici sistemi editoriali. La strada è una ribalta libera e di libertà, è il luogo in cui espongo e sono esposto, dove critico e vengo criticato, dove spiego e spesso imparo. 2) Le tue orme a Milano, Bari e Torino; impronte indelebilmente impresse su lidi bohemienne quali Amsterdam, l’Avana e Parigi: cosa pensi d’aver lasciato a/in quei luoghi; quanti mondi convivono invece in te, quante realtà ormai espiri ed i(n)spiri? Di certo ho lasciato i miei semi d’assalto poesia e tanto tanto crederci. Viaggiare, per chi come me fa arte pubblica o ha costante necessità di condivisione e contaminazione, è fondamentale, forse obbligato. Ogni luogo che ho attraversato è stato scelto per il suo carattere sociale, per l’intorno urbano di riferimento ora architettonico ora d’immaginario. Mi piacciono le strade dense di gente, le periferie, le università, i luoghi di potere, gli spazi sociali. Fino ad oggi ho visitato e portato il mio assalto tra le strade di Milano, Torino, Vercelli, Bologna, Roma, Amsterdam, l’Avana, Parigi, Beirut, Città del Messico e altrove ancora. Viaggiare è la cosa più stancante che faccio, ma l’unica che mi carichi di energie pure. 3) La tua eco è risuonata nei quotidiani nazionali, nei magazine di culto, persino nelle riviste di moda; Ivan che interessa ed incuriosisce, una voce che risuona e rimbalza diametralmente

lontana: per quale motivo, tu credi, le tue onde riescono a vibrare tanto lunghe? Spesso lo dico e lo ripoeto: il poeta, per come la vedo io, sei tu che leggi. Luogo, poesia e vernice sono per me strettamente legati. Parlo di luogo propriamente, nel senso di territorio identitario, di spazio attraversato e non di superficie ritagliata dal contesto. E’ nel solco di questa relazione tra me ed il sociale d’intorno che si strutturano le mie tematiche e il mio decorare il tessuto sociale: la mia poesia richiama situazioni comuni, vissuti particolari personali e non, piccoli eroismi invisibili, eventi fondanti della nostra memoria collettiva, i viaggi e le genti che ho incontrato, le notte ubriache finite in rissa tra amici, il tifo della curva sud, l’esclusione sociale e la condizione dei migranti, l’ode alla malinconia o alle notti qualunque, ritratti di volti a cui sono sbattuto contro, istanze di critica sociale, osterie e periferie... forse per questo è poesia viva che il pubblico sente vicina. Circa la street art in generale credo, nel mio caso, che più che un tratto estetico riconoscibile, sia il particolare assetto comunicativo che propongo (l’altro protagonista) che mi permette di vibrare, quindi di produrre suono, e di far vibrare, quindi di far correre onde.4) “Il sapere non s’accresce se non condiviso”, opere nocopyright ed un mai celato disinteresse per la

Informazioni per pubblicità e redazionali:

info@okarte.org - 347 4300482

pubblicazione delle stesse... Come già accennavo credo pubblicarsi significhi sostanzialmente rendersi pubblici. Un libro oggi ha un prezzo, un luogo deputato, un circuito ed un target di riferimento, delle esigenze commerciali generali. Io preferisco sviare a questi vincoli e proporla libera e liberamente; non che la diffusione di letteratura a mezzo libro sia un demone da combattere, anzi è stata fondamentale in tempi passati, solo sento un poco la necessità di trovare il mio luogo naturale per la poesia e di declinarla con contenuti rinnovati in contesti innovativi. Credo poi appunto che la circolazione del sapere sia tra i pochi beni necessari e universali da garantire all’umanità tutta...e poi come si può pensare di “possedere una parola” ? 5) Un saluto ai lettori di “OK Arte” che, già danzante e viva lo attendo, sarà densa armonia. Cos’altro se non gettate i vostri semi il vento che di certo farete fiorire il cielo. Ho infatti imparato che credere fortemente nelle proprie convinzioni, anche qualora possano sembrare folli o scomode, dia, prima o poi, i suoi frutti; l’idea di fondo è sostanzialmente esser convinti che “se ci credi prima o poi s’avvera”. Di fatto, col mio assalto poetico, getto semi tra l’asfalto, voi ne fate vento soffiandone per strada le parole, poi tutti insieme terra fertile e domani primavera.


Il Fatto

Nicoletta ed Alberto

uando ci siamo sposaQ ti (1984) avevo detto a mio marito di non provar-

ci nemmeno a portare a casa un cane, o qualsiasi altro animale, visto e considerato che lui aveva sempre vissuto con animali, addirittura con una scimmietta. Furono le mie ultime parole famose. In un momento molto difficile della mia vita, Alberto mi ha convinta a portare a casa, per me e per nostra figlia Veronica, un cane. Da qui comincia una bellissima ed entusiasmante avventura (anche se un animale non si può definire così perchè un animale è per sempre !!) Il 29 Novembre 1999 arriva Casper. Faceva parte di una cucciolata di otto bellissimi meticci, la classica scelta di chi non sterilizza il proprio cane e poi si ritrova a cercar padrone per ben 8 cuccioli!) Sin dal primo giorno Casper si è rivelato vivace e

birbante (come tutti i cuccioli, direte voi). Ma non era così. Anche da adulto, infatti, dava il suo bel da fare. Era un “dominante” e non cedeva molto facilmente . Con noi era un gran coccolone, ma con gli estranei e con gli altri cani.... Ma andava bene così. Anche gli umani non hanno tutti un bel carattere. O no ? Casper è sempre venuto in vacanza con noi (se è un componente della famiglia, non vedo perchè lasciarlo a casa), e così, nel 2001. siamo andati tutti in Puglia. Ed ecco che qui qualcosa cambia. Il primo giorno Alberto va in spiaggia, alle 14 circa, orario per me insopportabile per il gran caldo. Arrivando in spiaggia assiste ad una scena raccapricciante: un uomo, con una bimba piccola a fian-

21

OK Arte Milano

DICEMBRE 2008

co, abbandona un cuccioletto di circa 350 grammi e poi scappa via. Alberto non può restare indifferente (purtroppo molti lo fanno!). Ferma il tipo, splendido esemplare di “homo improbus”, che, con molta arroganza e leggerezza, dice che non può tenere il cucciolo, che non è il suo, che l’ha salvato dalla strada dove era finito perchè lanciato dal finestrino di un’auto che precedeva la sua.... E voi ci credete??? Come lasciare quel piccolino sotto quel sole? Sarebbe morto to mattina. Ci farà vedere dizioni, ne aveva chiesto la sicuramente e.... come po- Achille, il cane che abbia- soppressione.... Ho parlatete immaginare .........Birba mo visto sul sito dell’En- to con Alberto e, superata è ancora con noi. E’ una pa di Monza....” Che dire ? l’impressione per la cicafemmina meticcia, incro- Va bene, aspettiamo Sabato trice, ci siamo detti subito cio tra uno yorkshire ed un mattina... Arriva Francesca che il terzo cane in famibassotto: uno spettacolo di con un cucciolotto nero fo- glia doveva essere come lei: pelo! Per Casper accettarla cato ed in lui notiamo su- un cane bisognoso, un canon è stato facile, ma dopo bito la somiglianza con ne rifiutato da un padrone un impegno non indiffe- Casper. E’ fatta! Anche ingrato, un cane che aveva rente di 2 mesi da parte no- Francesca si meraviglia del- sicuramente ancora molto stra diventano inseparabili. la nostra scelta immedia- da dare. Con immenso piaDormono e mangiano in- ta: non le era mai successo cere oggi dico che è stato sieme, anche perché Birba, prima di affidare un ca- proprio così. Quando siaal contrario di Casper, è gnolino al primo incontro. mo andati a trovarla, la pribuona, affettuosa e dolcis- Ritiene però che siamo ma volta, nel nostro cuore la famiglia giusta per lui sapevamo già come sareb, così, anche senza sape- be andata a finire: alla prire quasi nulla di noi (le ma carezza di Alberto è sensazioni, in chi si oc- stato amore a prima vista. cupa dell’affidamento di Ci siamo spostati tutti a caanimali, sono fondamen- sa per verificare che Birba tali). Achille, chiamato e Aky l’accettassero. Così è Aky, è buono e tremendo. stato. Era il 22 Giugno del Ha solo una prerogati- 2008. Sissi (questo è ora il va, della quale Francesca suo nome) era molto proci aveva già informati: è vata. Non mangiava, non un abbaione. E’ stato sal- beveva e gli occhi erano vato da Enpa nella pineta tristissimi. Ma, accudita di Ostia, figlio di una lupa con amore e pazienza, sono randagia. Entra subito nei bastati pochi giorni per venostri cuori. Qualche gior- dere i primi miglioramenno dopo, però, notiamo che ti. Abbiamo sempre sentito ha una coscia piena di pal- parlare della soddisfazione sima, soprattutto col suo lini da caccia. Non abbia- che si prova ad aiutare anisalvatore Alberto... E sì, lo- mo parole. Cosa avrà mai mali in condizioni difficili, ro capiscono tutto e an- fatto di male un cucciolo ma certe emozioni bisogna che di più. Peccato che il per meritarsi tanto dolore? provarle per capirle.... Sono 29 Dicembre 2005 Casper Sì, crediamo abbia soffer- inspiegabili... Vedere ora ci lascia ed il dolore è inde- to, povero piccolo, e cre- Sissi che corre (ogni tanscrivibile. Aveva scelto me diamo anche che qualche to scorda di essere tripode come padrona ed ha fat- fratellino non ce l’abbia fat- e cade, ma non si arrende), to in modo di morire tra le ta. Bene, credete sia finita che si relaziona benissimo mie braccia. La decisione qui? No, perché il bello de- con gli altri cani (si ceristintiva è di non voler pro- ve ancora arrivare. Nel me- cano a vicenda), che gioca vare ancora un altro dolo- se di Giugno di quest’anno con la pallina da tennis, è re così grande. Ma, ogni ricevo un messaggio da bello e gratificante. Ma la giorno, il pensiero è rivol- Francesca, con la quale non cosa più toccante è sentirla to a tutti i cani che soffro- abbiamo mai interrotto i mugugnare per chiamarti, no, chiusi nei canili, anche contatti, e vedo la richiesta sentirla piangere dalla conse accuditi da volontari che di aiuto per una setter ir- tentezza quando si rientra fanno un lavoro strepitoso landese la cui storia è sta- a casa e vederla rilassata a per alleviare le loro soffe- ta pubblica sul precedente pancia in su, alla sera, sul renze. Quindi si naviga su numero di Okarte. Ebbene, divano, davanti alla televiInternet e si vedono tanti per chi non lo sapesse, a sione insieme a noi. E ieri cani in cerca di padrone....e questo cane, investito da Veronica, nostra figlia, l’ha un bel giorno Alberto mi un treno, sono state am- anche sentita abbaiare per dice :”Ho fissato un appun- putate coda ed una zampa la prima volta. Cosa voletamento con una ragazza di posteriore. Il vecchio pro- re di più da un’adozione ? nome Francesca per saba- prietario, viste le sue con- Grazie Sissi !!!!!!

Noi...per loro “La civiltà di un popolo si misura dal rispetto che ha verso gli animali” (Mahatma Gandhi )

Milena Moriconi

N

icoletta ed Alberto. Ovvero l’altra faccia della medaglia. Da un lato, coloro che gli animali non li amano, e quindi li ignorano (cosa totalmente accettabile. L’amore non si può imporre: o c’è o non c’è). Oppure coloro che gli animali non li amano ma amano perseguitarli, arrivando anche a maltrattarli fisicamente, perché, considerati esseri senz’anima ed a disposizione dello sfizio dell’uomo, concepito invece, ed a loro differenza, intelligente e superiore (cosa indegna, che fa desiderare, alle persone normali, di potersi dissociare dall’appartenenza a questo così detto “genere umano” che di umano non ha nemmeno un vago sentore). Oppure coloro che gli animali dicono di “amarli tanto”, a condizione che siano sani, belli, buoni, docili, coccoloni, che si facciano vivi, o che spariscano dalla circolazione, a comando (cosa preoccupante perché totalmente a rischio abbandono per l’animale che non appaghi appieno le aspettative ). Questo, a mio avviso, è il lato in ombra della medaglia, Anche se non siamo sempre di fronte ad azioni deprecabili, o addirittura delinquenziali,

diciamo che anche il semplice atto di ignorare gli animali non li aiuta certo a vivere meglio. Ma facciamola ruotare questa medaglia e ne vedremo la parte splendente. Qui troveremo persone che gli animali li raccolgono, ed accolgono in famiglia con tutto l’affetto possibile. Li portano con loro nei viaggi (basta organizzarsi e tutto diventa fattibile), li curano con amore quando si ammalano, spendono del tempo per educarli ad un comportamento corretto in mezzo agli altri, soffrono per la loro perdita etc.. etc.. etc.. La storia che segue, storia vera e raccontata in prima persona da chi l’ha vissuta, è un chiaro esempio di come la convivenza con gli animali possa dare grande felicità ad entrambe le parti e di come possa arricchire l’individuo in termini di sensibilità e rispetto verso l’ambiente che lo circonda. Perché non la fate leggere ai vostri bimbi? Sicuramente è dolce come una fiaba ed educativa come i messaggi trasmessi dai genitori buoni e dai buoni genitori. Permettetemi, infine, di esprimere un’opinione personale: se esistessero più persone come Nicoletta ed Alberto forse questo nostro sconquassato mondo andrebbe un po’ meglio!

ASSICURAZIONI IN TUTTI I RAMI PREVIDENZA COMPLEMENTARE GESTIONE DEI SINISTRI PRESENTANDO LA TESSERA DELL’ASSOCIAZIONE AMICI DEL GIORNALE OK ARTE SARANNO PRATICATE CONSISTENTI AGEVOLAZIONI AGENZIA GENERALE DI MILANO LORETO CORSO BUENOS AIRES 45 – 20124 MILANO TEL. 0229406125 – FAX 0229535031

Posta Elettronica: milanoloreto@cattolica.it

www.cattolicamilano.it


22

OK Arte Milano

Pezzi da Museo

Laura Veroli e Carlo Vittalone

N

el nostro lavoro la ricerca è una attività difficile, talune volte faticosa, ma sempre interessante, che, ogni tanto offre l’emozione e la felicità di imbattersi in pezzi di assoluto valore e pregio, come quelli che mi accingo a descrivervi Diverse centinaia di anni fa (vi sono testimonianze che risalgono all’ottavo secolo dopo Cristo) l’inventiva dell’uomo consentì di passare dal coltello a lama fissa a quello chiudibile o a serramanico. Molte volte, per coltello a serramanico, si intende il coltello a scatto, ma è un errore tecnico. Il motivo per cui così si può chiamare è perché la lama si “serra” all’interno del manico e non perché scatta all’uscita Questa evoluzione ed innovazione ha consentito di creare moltissime varianti di coltelli, tutte caratterizzate dalla possibilità di dimezzare le dimensioni, semplicemente ripiegando il coltello su stesso. Si è aperta così la strada alla nascita di nuovi modelli di coltelli dagli usi e forme più disparati. Dai coltelli da lavoro con manico in legno, che tutti, almeno una volta nella nostra vita abbiamo utilizzato, alle roncole, dai coltelli multilama grezzi a quelli di lusso. In passato, quando l’ambientazione storica lo esigeva e la legge ancora lo consentiva, sono stati realizzati importanti coltelli da difesa personale, caratterizzati spesso da ragguardevoli dimensioni. Ne esistono esemplari che misurano 250 cm aperti! Uno dei più antichi esemplari di coltello pieghevole è quello di seguito presentato (un esemplare molto simile è custodito presso il Deutsches Klingenmuseum di Solingen) che è databile attorno agli ultimi anni del XVI secolo. Il coltello misura 16,5 cm, con manico da 9 cm in argento massiccio, scolpito e cesellato, in modo da rappresentare una figura antropomorfa e dotato di lama anch’essa in argento da 7,5 cm. Come si vede dai dettagli la figura rappresenta un bambino od un “putto”, con un copricapo ed una capigliatura fluente. La testa è formata da due parti che combaciano solo quando il coltello è chiuso e la lama va a lambire i due lati interni del manico. La difficile lavorazione interamente artigianale fa si che le due metà non siano perfettamente identiche e che l’espressione nelle due parti del viso sia leggermente differente, senza comunque togliere nulla alla magistralità del pezzo Si tratta probabilmente di un coltello da donna o da bambino, date le dimensioni molto ridotte, che mal si addicono alla manualità di un uomo, seppur considerando la statura media

di allora, che faceva si che anche gli uomini potessero avere delle mani di dimensioni molto contenute. Il coltello ha le rifiniture del classico oggetto realizzato come dono importante che, nel contempo, avrebbe potuto essere utilizzato e portato appresso tutti i

sellano e scolpiscono i manici raggiunge il suo apice ed i coltelli diventano delle vere e proprie opere d’arte. Ne è un sicuro esempio un pezzo esposto al Museo de la Coutellerie di Thiers in Francia, caratterizzato da uno splendido manico in bosso scolpito che raffi-

giorni, come per altro deve essere accaduto perché, nonostante il perfetto stato di conservazione dell’oggetto, che ha più di 420 anni, la lama risulta affilata. Il sistema di blocco della lama è “a molla semplice” che significa che la lama, una volta aperta, poggia su di una molla racchiusa tra le due guancette in argento, che fa si che la lama possa risultare fissata anche in posizione aperta, pur se non agganciata. Questo sistema permette di utilizzare il coltello in quasi tutte le posizioni evitando che le lama si richiuda inavvertitamente su se stessa e possa ferire le dita di chi lo maneggia Il caso ci aveva già consentito di imbatterci in un pezzo simile un paio di fa in Francia quando reperimmo un pezzo quasi identico, contraddistinto però da una lama in acciaio al carbonio, come quella montata sul coltello esposto a Solingen. Questo secondo ritrovamento ci fa ragionevolmente supporre che, in origine, questi coltelli, fossero parte di un set composto dai due coltelli stessi racchiusi in una custodia od in un fodero, come spesso capita ai coltelli “da gentiluomo” francesi. La necessità di un set composto da due coltelli, con lame diverse, nasceva dall’esigenza di utilizzare materiali diversi per scopi diversi; la lama in acciaio, per il taglio della carne e del pesce, mentre quella in metallo nobile, per il taglio della verdura e della frutta, in modo da evitare eccessive ossidazioni L’evoluzione e la popolarità del coltello, sia esso fisso o chiudibile, fanno si che esso non venga più solo visto come uno strumento di lavoro, ma come un oggetto che può essere abbellito ed impreziosito nei modi più svariati. Nel XVII secolo la maestria degli artigiani che intarsiano, ce-

gura due divinità agresti; la prima, Flora, dea romana e italica della fioritura dei cereali e delle altre piante utili all’alimentazione e la seconda, Pomona, dea romana dei frutti. Oltre ogni nostra più rosea aspettativa siamo riusciti a trovare un coltello simile a quello di Thiers, ma ancora più ricco nel manico che, in questo caso, non si limita a due sole figure, ma rappresenta cinque cherubini scolpiti in differenti posizioni. I primi due in basso paiono sorreggere il resto della scultura, composta a sua volta da un cuore e da una serie di volute, sulle quali sono arrampicati gli altri tre cherubini che a loro volta paiono sorreggersi a vicenda La volontà di conferire tridimensionalità e movimento al pezzo coincide con la grande difficoltà tecnica che l’artigiano ha dovuto affrontare lavorando il manico da tutte le angolazioni con particolare riferimento alle tre figure superiori, che non sono solo scolpi-

DICEMBRE 2008

La realta’ e i suoi doppi Appunti e spunti di riflessione sul rapporto tra Realta’ e Arte

Virgilio Patarini

N

samenti sulla questione nella mente del fruitore. Tuttavia gia’ nell’impostazione generale della mostra affiorava una prima essenziale, ineludibile domanda: di quale realta’ stiamo parlando? Per semplicita’ di esposizione diro’ che la mostra in oggetto e’ divisa sostanzialmente in due parti: da una parte Butt, Crini, e Natali, che hanno un approccio che possiamo definire spiccatamente “icastico”; dall’altra Bluer, Pedotti e Carluccio che sono decisamente piu’ “iconici”. Nel mezzo la Polichtchouk di cui si presentano opere che oscillano tra i due poli. Entrambi i gruppi affrontano “di petto” il rapporto con la realta’. Butt, Crini e Natali si relazionano con una realta’ che in prima istanza potremo definire “fenomenica”: osservano (e riproducono) la realta’ in quanto “fenomeno”, ossia manifestazione fisica,

le’ di poesia: bucolica quella di Butt, elegiaca quella di Crini, epica quella di Natali. Bluer, Pedotti e Carluccio si occupano invece della realta’ dal punto di vista, per cosi’ dire, “noumenico”: ossia della realta’ intesa come essenza, come pensiero. Se dipingono una sedia o un albero, non dipingono una sedia o un albero particolare, bensi’ l’idea dell’albero o della sedia. Un albero o una sedia “sub specie aeternitatis”. Per questo la stilizzazione e’ spiccata e la pittura (o la scultura) e’ prepotentemente “iconica”: e’ la forma stilizzata, “iconizzata” che allude alla cosa che si vuole raffigurare. Olga Polichtchouk costituisce il ‘trait d’union’ tra i due gruppi e la dimostrazione concreta di come, in qualche modo, approccio “noumenico” e approccio “fenomenico” siano due facce della stessa medaglia…“Tra

elle ultime settimane, lavorando alla selezione delle opere per una mostra di prossima inaugurazione (“Oltre la realta’”, galleria Zamenhof, dal 26 novembre al 14 dicembre 2008, opere di Bluer, Butt, Carluccio, Crini, Natali, Pedotti, Polichtchouk), mi e’ capitato di tornare a riflettere sulla piu’ antica e vessata questione della storia dell’arte: vale a dire il rapporto tra Arte e Realta’. (Ci sono questioni cosi’ cruciali, domande cosi’ fondamentali, che le risposte che si trovano finiscono sempre per essere parziali e provvisorie). Come deve porsi un’opera d’arte nei confronti della realta’? Deve rappresentarla, reinventarla, alluderla, ignorarla? Dai tempi di Aristotele con la sua teorizzazione sul concetto di mimesis fino al ready made di Duchamp o al nouveau realisme teorizzato da Pierre Restany non solo la questione e’ rimasta sempre aperta, ma il modo in cui artisti e teorici l’hanno anche solo impostata e’ stato determinante nella definizione della loro concezione estetica. Ora per quanto riguarda la causa occasionale di queste riflessioni, non avevo certo velleita’ ermeneutiche o anche solo blandamente filosofiche. Mi ero posto, con Valentina Carrera, co-curatrice della mostra di cui sopra, il semplice obiettivo di indagare come concretamente sette artisti contemporanei affrontino la questione. Nella speranza che la mostra stessa poi possa far scaturire, direttamente, con lo squadernarsi delle opere esposte, riflessioni e ripen-

visiva. Tutti e tre costoro partono dal dato fenomenico per poi esasperarlo grazie all’ausilio della specifica tecnica pittorica adottata, con esiti decisamente e ugualmente poetici. Anche se si tratta di un diverso ‘sti-

l’idea e la realta’ cade l’ombra”, scriveva T.S. Eliot. Ma io, personalmente, ancora ho qualche difficolta’ a distinguere l’ombra dall’idea e dalla realta’. E se tutto fosse, al tempo stesso, sia ombra che idea che realta’?

no un disegno che simula così bene il movimento che da un effetto plastico e

convincente a tutta l’opera. Il tutto in 8 cm di manico ed in 15 cm di col-

tello in posizione aperta. A dispetto della preziosità del manico pare che il coltellino sia stato utilizzato, dato il livello di consunzione e di molatura della lama ma fortunatamente salvo piccolissime imperfezioni questa magnificenza è arrivata intatta sino a noi dal XVIImo secolo. In caso di domande non esitate a contattarci sul nostro sito www.fineandmint. com od alla nostra email: info@f inea ndmint.com

Alessandro Crini

te “a basso rilevo” ma sono lavorate anche all’interno in modo da creare tre statuette * a tutto tondo* Il livello di dettaglio è veramente eccezionale sino a distinguere le espressioni, i muscoli, gli ombelichi ed i capelli di tutti i cherubini, le volute han-

Aggiornamenti e notizie ulteriori su:

info@okarte.org


CruciArte

astroarte di yari

Antonio Ligabue

L’

O R I Z Z O N TA L I 1. Bruno, artista e designer italiano del XX secolo – 5. Stanislaw, scrittore, medico e filosofo polacco contemporaneo, autore di Solaris – 8. Preposizione semplice – 9. Hugo Alvar Henrik, architetto e designer finlandese a cavallo tra il XIX e il XX secolo – 11. Il cuore di Sanzio – 12. Catania sulle targhe – 14. Pari in senza – 15. Matematico greco autore di un famoso teorema – 18. Gomito del fiume – 19. Joseph Fernand Henri, pittore francese a cavallo tra il XIX e il XX secolo – 20. Salvador Domingo Jacinto Domènech marchese di Pùbol, pittore, scultore, scrittore e cineasta spagnolo del XX secolo – 21. Rialzo posteriore della scarpa – 23. Imposta sul Valore Aggiunto – 25. Insieme a “Hop” è un tipo di musica – 26. Il nome dell’attore statunitense Grant – 28. Costruì la biblica Arca – 29. Il biondo metallo – 30. Vocali in Balla.

23

OK Arte Milano

DICEMBRE 2008

2. Né sì, né no – 3. Lamina flessibile all’imboccatura degli strumenti a fiato – 4. I confini dell’Iowa – 5. Iniziali del cantante Ligabue – 6. Liquido volatile facilmente infiammabile usato come anestetico – 7. Johannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus, compositore e pianista austriaco del XVIII secolo – 10. Beato, pittore e religioso italiano a cavallo tra il XIV e il XV secolo – 13. Iniziali del Tasso, autore della Gerusalemme Liberata – 15. Insieme ad “Amore” in una celebre scultura di Antonio Canova – 16. Si spiega per volare – 17. Arco o volta a sesto acuto – 20. Poi, in seguito – 22. A noi – 24. Altare pagano – 27. La fine di Goya.

V E R T I C A L I 1. L’isola con Wall Street –

18 dicembre 1899 – 27 maggio 1965

arte nasce dalla natura e si impossessa prepotentemente dello zodiaco ma in egual misura irradia l’universo di colori celestiali e diavoleschi. Costui è Antonio Ligabue principe incontrastato di un mondo astrale dove i pianeti s’inchinano solennemente alla bizzarrerie di un pennello così solenne e goliardico. Uomo e pittore, unico ed ineguagliabile quanto a mostruosità talentuosa insita alla sua straordinaria umanità acclamata da una luna ai suoi piedi. Il destino lo colloca nell’isolamento incontrastato di una natura sagace ma ispiratrice e non è un caso, ma una magia di Giove che sommo delle sue maestrie, lo consegna alla benevolenza di noi esseri umani. La sua arte trae ispirazione dai fiori, dalle piante e dagli animali. Una Venere ingrata certo non lo privilegia, non gli regala la sontuosità di un Adone, ma lo trasporta nella casa della bellezza interiore; gli bussa vanamente le porte dell’amore, gli assegna un trono nel paradiso degli artisti e con l’aiuto di Marte, gli disegna una mano angelica per la sensibilità dei colori, agguerrita invece per le forme e le pennellate funeste. Nato sotto il segno del sagittario, traspare la ferocia nelle sue opere che aggrediscono lo spettatore così caparbiamente da offuscare gli occhi da tanta bellezza così suprema da catturare i

OroscopAr te ARIETE

Tempesta di stimoli nuovi e di situazioni in rapida evoluzione ma vi faranno sentire la brutta copia di Guernica.

BILANCIA

Vi attende un bacio più appassionato di quello di Hayez e il colore dell’amore riempirà le vostre tele e la vostra casa.

TORO

SCORPIONE

GEMELLI

SAGITTARIO

Momenti folgoranti e innamoramenti fulminei vi faranno sentire in mezzo ad un campo di grano dipinto da Van Gogh. Con Mercurio siete pronti a cogliere ogni buona occasione, prendete ispirazione dall’Ercole di Canova e sarete imbattibili.

I vostri progetti verranno accolti con favore. Tutti saranno incantati dal vostro fascino come davanti al Duomo di Milano. Assecondate la vostra naturale curiosità e andrete lontano, in tutti i sensi. Un viaggio rivoluzionerà le vostre preferenze artistiche.

CANCRO

CAPRICORNO

LEONE

ACQUARIO

VERGINE

PESCI

Su di voi si addensano nubi come ne La Tempesta del Giorgione. Dopo vi attenderanno il sereno e la gloria. Un buon periodo per la vostra attività professionale: avrete opportunità assolutamente invidiabili. Producete, lavorate, create! Mercurio e Marte favoriscono le attività contabili. La teconologia migliorerà qualità del lavoro e del guadagno.

Il viola! questo il colore da cui trarre ispirazione, questa unione di colore caldo e freddo esprime le correnti dal vostro animo. Enigmatici come la Gioconda non avete però la fila di estimatori che aspettano di incontrarvi. Ci vorrebbe un po’ di modestia. La storia dell’arte e’ piena di grandi artisti, che hanno avuto vita dura. La popolarità arriverà, ma ci vorrà ancora un po’ di pazienza.

sentimenti di chi lo ammira. La determinazione di Giove e l’ingegno di Mercurio, proiettano il poeta del colore in una sfera tridi-

mensionale acuita da un sole particolarmente raggiante nel suo percorso di vita. Difficilmente qualcuno riuscirà a specchiar-

si ai suoi livelli, in quella che si definisce espressione pittorica naif, la più ambita e ricercata dai nostri artisti contemporanei.

Ok Arte Milano

Edito dall’Associazione Culturale Ok Arte Direttore responsabile Avv. Federico Balconi Direttore editoriale Francesca Bellola Progetto Grafico e impaginazione Kerr Lab kerr@email.it 02 8321963 Stampato dalla Igep Via Castelleone 152 CR Testata OK Arte Reg. Tribunale di Milano del 6 maggio 2008 n. 283

Hanno collaborato: Enpa Lombardia Ivan Belli Francesca Bellola Clara Bartolini Castelli e Ville della Lombardia Jacopo Colucci Davide Corsetti Alejandro De Luna Paolo Deotto Giulana de Antonellis Alessandro Ermesi Ettore Degli Esposti Mauro De Sanctis FAI Carla Ferraris Lucia Ganci Sara Moriconi Ghezzi Alessandro Ghezzi Gloria Guerrini Jean Marc Mangiameli Marco Marsili Ivana Metadow Milena Moriconi

MAGNIFICO!!

Ncoletta ed Alberto Emanuela Nolfo Sabrina Panizza Virgilio Patarini Laura Pelissetti Giuditta Pellizzoni Antonio Purpura Laura Sentina Laura Veroli Ambra Viola Carlo Vittalone AmarenaChicStudio Yari

Informazioni e pubblicità 02-92889584 3474300482 info@okarte.org OK ARTE sede in c.so Buenos Aires 45 presso agenzia Cattolica

OGGI MR. WILBUR È DI OTTIMO UMORE!

SUBLIME!!

AVRÀ AGGIUNTO UNA NUOVA OPERA D’ARTE ALLA SUA COLLEZIONE?

IMPAREGGIABILE!!!

UNICO!!

PERFINO UN MILIARDARIO COME LUI, UN UOMO CHE POSSIEDE GIÀ TUTTO, SA ANCORA EMOZIONARSI DI FRONTE ALLA BELLEZZA!


24

OK Arte Milano

DICEMBRE 2008

Galleria d’Arte 2000

Tina Parotti: artista e gallerista nel cuore di Brera Jean Marc Mangiameli

Il contemporaneo si esalta alla Galleria d’Arte 2000 situata nel cuore di Brera, meta indiscussa del panorama artistico milanese. Da sempre appassionata d’arte, l’effervescente ed eclettica Tina Parotti che oltre ad essere gallerista è anche artista, vanta una grande produzione grafica che spazia dai disegni ai biglietti d’arte su carta pregiata personalizzati, dai gioielli in argento e oro all’oggettistica in legno. Il suo fermento creativo non conosce limiti e abbraccia anche la scrittura, sfociando nella composizionediversipoetici.

Tina Parotti

Coen

Da due anni l’artista conduce anche una sua Ga l ler yHouse ad A rc on at e dove, acc a n t o alla collezione perm a nente , sta allestendo una nuova galleria e uno show r o o m . Una pas-

sione per l’arte cresciuta con gli anni ed espressa attraverso differenti forme che raccontano di una donna sempre in cerca di nuove ispirazioni. Nel nome del confronto e della collettività, il suo spazio milanese di via Statuto dona visibilità ad artisti affermati e ai giovani esponenti del panorama italiano. Nel corso degli anni, assieme ai lavori della Parotti, sono state presentate anche opere di Christian Angeloro, Patrizia Cigoli, Coen, Marco del Corso, Fabian, Cristina Fumagalli, Simone Lammando, Ilaria Locati, Giacomo Lusso,

Veniero e Stefan Zarkov. In prevalenza si tratta di opere pittoriche, sculture e fotografie. Alcuni degli artisti citati espongono fino a fine novembre, in una collettiva che ospiterà anche alcuni lavori della Parotti. Questa piccola galleria, è il ritrovo ideale per gli artisti, appassionati d’arte e creativi che possono confrontarsi in un’atmosfera genuina e discreta. La Galleria d’Arte 2000 è un luogo gentile, che lascia le sue pareti a disposizione di chi ambisce a rappresentare le proprie passioni. Tina Parotti si impegna anche ad organizzare mostre in ambiti pubblici. A tal proposito il 30 novembre, ad Arconate, nella rotonda del Gelso, verrà inaugurato “L’Angelus”, monumento bronzeo realizzato dall’artista Marco Del Corso, tratto esattamente dall’omonimo famoso dipinto di Jean Francois Millet. Collaborazioni vengono intraprese anche con Enti pubblici e privati. Inoltre, in novembre, la galleria promuove oltre alla collettiva a cui partecipano P. Cigoli, Coen, Fabia, S. Lammardo, M. Levo Rosemberg, G. Lusso, Veniero e la stessa Parotti, la personale: “Entropica-

Ilaria Locati

Mente” di Antoh presso la Cantina di Manuela, di via Procaccini 41fino al 6 gennaio 2009. Per tutti gli appassionati ed interessati d’Arte contemporanea l’invito è quello di visitare lo spazio anche nel periodo natalizio, non mancheranno infatti occasioni ed idee per regali originali senza spendere un capitale. La galleria è aperta dal lunedì al sabato dalle 16 alle 19 o su richiesta, tramite appuntamento; a dicembre è aperta tutti i giorni. w w w. t i n a p a r o t t i . c o m via Statuto 13 tel. 0229 0 049 6 0/338-21052 47

Coen

L’artista Nicola Brindicci visto dal filosofo Schiavocampo

Clara Bartolini

Nicola Brindicci, artista fotografo dalla personalità inconfondibile, dopo aver presentato nel mese di Settembre a Bologna alla Galleria 18, una parte della sua più riconoscibile produzione artistica, e ancora alla galleria Zamenhof di Milano alcuni suoi lavori di “scrittura fotografica minimalista”, e di “arte cosmica”, eccolo nuovamente proporre a Milano, presso la storica Libreria Bocca, le sue opere più rappresentative in una mostra curata da Clara Bartolini e Antonio D’Amico. Poiché il lavoro di questo artista si distingue per il tentativo di rappresentare il mondo dell’anima, interessante ne risulta la lettura dell’opera da parte del critico e filosofo Giovanni Schiavocampo. Qui proponiamo una parte delle sue riflessioni. “Quello di Nicola Brindicci si caratterizza come un percorso eterodosso rispetto al campo della fotografia che interpreta. L’intento è evidentemente quello di esplicitare una visione interiore, cosa in cui l’obiettivo della macchina riesce perfettamente, ma col risultato di mettere in crisi i processi di identificazione dell’oggetto, trasposto su un orizzonte in primo piano la cui ubi-

cazione, in un’alterità spaziale indefinita, ne varia la percezione, senza che ne risulti d’altra parte contraddetta la natura e quindi la possibilità di intuirlo anche per ciò che è realmente. L’immagine si presta

me fenomeni. Non manca, per collocarli all’interno della situazione, quello che si potrebbe chiamare un espediente: una macchina, nel senso in questo caso, se vogliamo, originariamente etimologico, greco, di truc-

tire dall’idea progettuale: dalla composizione di questi stessi reperti che scaturisce dalle forme e valenze di combinazione di ciascuno di essi. Peculiare la tecnica di ingrandimento che conferisce dimensioni am-

così a molteplici livelli di lettura sottesi come chiavi concettuali, associative, psicologiche, sullo sfondo di un nucleo esplorativo di concetti elementari di spazio, di luce, di geometria, di tempo astronomico, che è al tempo stesso un campo in cui poterli cogliere co-

co scenico. Ciò in cui consiste è di solito l’allestimento di un repertorio minimale: cocci di bottiglia, sassi, steli di piante, fiori. Frammenti di un microcosmo a prima vista scelti si direbbe casualmente, ma che, in realtà, non lo sono, perché tutto è invece preordinato a par-

bientali, a volte addirittura monumentali al particolare... e il senso del viaggio, in quanto, per chi lo compie, a maturare è un’esperienza interiore che coincide infine con un apprendimento di sé, una conoscenza dei propri mezzi e potenzialità. E che è anche, quindi,

la possibilità di costituirsi un repertorio di memorie, di luoghi e di situazioni: un bagaglio di emozioni di cui – al di là del fatto che ci si trovi di fronte a un itinerario immaginario anziché reale - interessa soprattutto il punto di vista, ciò che è in grado di riferirne l’osservatore e il modo in cui lo racconta. Punto di osservazione che è quasi sempre lo stesso, o con minimi cambiamenti, in cui in gioco è il tempo: il levarsi del sole o della luna al variare delle condizioni atmosferiche della giornata. Evento il cui riferimento astronomico impone quasi un secondo livello di lettura dei rapporti che si determinano tra il piano di base, i riflessi di luce che vi interagiscono, gli oggetti installati e la posizione dell’astro. Inquadratura che segna di quest’ultimo “il momento di stasi”, come lo intende Brindicci, e che si può considerare un punto di equilibrio, anche psicologico, nel campo in cui sorge, ma che presuppone concettualmente due porte: una di ingresso e una di uscita. Ci troviamo quindi di fronte a un osservatorio, delimitato e costruito, che sussiste in virtù di una registrazione, ma che, in definitiva, diventa un modello di astrazione: un modo per concettualiz-

zare il fenomeno. Di qui un’accezione dello spazio che finisce per diventare irreale, se non persino surreale: virtualmente indefinibile dal punto di vista delle coordinate di orientamento. L’alba costituisce un orizzonte polare, non misurabile cronologicamente e quindi invariabile. Ma proprio questa sospensione nel tempo e nello spazio ne fa una dimensione mitica, in cui il motivo del viaggio, e quindi il ripetersi delle osservazioni di ciò che si fa incontro – isole, vele, personaggi o quant’altro queste microinstallazioni lasciano immaginare –, acquista una concretezza che ha a suo modo il valore di una testimonianza del vedere, del vissuto. Insomma, proprio quello che l’artista – definizione preferibile a quella di fotografo - si propone di mettere in rilievo: una propria visione e un proprio mondo interiori.” Acuto e profondo, lo sguardo del filosofo non si è lasciato sfuggire nulla. Ne emerge un artista che ha usato la macchina fotografica, come dice spesso Brindicci, perché non sa dipingere, ma è quasi esclusivamente dall’arte, e non dalla fotografia, che ha tratto le sue ispirazioni, per tentare di tradurre in immagini analogiche gli spazi dell’anima.


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.