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Il sapore dolce e delicato del salame d’oca

Viene spesso paragonata al maiale, perché anche dell’oca “non si butta via niente”: nell’antichità le sue piume servivano per imbottire cuscini e materassi, le penne erano utilizzate per scrivere, il becco e le zampe per fare la gelatina, e tutto il resto, dalle uova alla carne, era cibo.

Conosciuta e apprezzata fin dall’antica Roma, l’oca è stata per lungo tempo l’emblema della tradizione contadina povera, grazie all’eccezionale convenienza del suo allevamento. Le zone della sua maggior diffusione sono quelle del nord Italia e in particolare il Friuli Venezia Giulia, dove uno dei salumi tradizionali è proprio il salame d’oca e dove oggi si registra il più alto numero di piccoli e medi allevamenti. Tra le razze più diffuse troviamo la Piacentina, la Romagnola, la Pezzata Veneta, l’oca di Lomellina e la Grigia di Padova.

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I salumi d’oca

I salumi d’oca sono sempre stati apprezzati anche perché – se preparati in purezza, senza alcuna aggiunta di suino – il loro uso era ammesso dalla religione ebraica e sostituivano perfettamente i classici salumi di maiale. Non è un caso, dunque, che si siano diffusi soprattutto dove era più consistente la presenza di comunità ebraiche.

Ce lo conferma anche Pellegrino Artusi, nel suo La scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene (Einaudi, 1995, p. 470, nota): “Con la carne dell’oca gli ebrei confezionavano anche il loro tradizionale salame (più simile, in verità, a un piccolo prosciutto o culatello) che sino a qualche anno fa si vendeva (e forse è possibile trovarne ancor oggi), in certe cittadine della Lomellina come Vigevano e Mortara”, situazione che si riferisce ai primi anni del XX secolo, periodo di pubblicazione del volume dell’Artusi.

Il petto d’oca affumicato (parente moderno della friulana ôcie fumade, l’oca affumicata, ricetta già conosciuta nel 1700) è ottenuto dal petto, protetto dalla sua pelle, rifilato, aromatizzato e lasciato stagionare per un periodo che si aggira sui 45 giorni.

Il salame invece esiste in due versioni, uno stagionato e uno cotto.

In Friuli quello stagionato viene anche chiamato 'salame giudeo'. Può essere realizzato con sola carne d’oca oppure può prevedere l’impiego di una parte di carne di maiale, comunque mai superiore al 50%.

Se il salame è fatto esclusivamente con carne d’oca ha un sapore molto deciso e piuttosto speziato. La carne, tagliata a cubetti, salata, pepata e arricchita di spezie, viene inserita nella pelle del collo dell’animale ed è fatta stagionare per un periodo che di solito varia da 1 a 5 mesi. Preparato nei mesi freddi, il salame giudeo deve essere pronto per Pèsach, la Pasqua ebraica.

Una seconda variante del salame d’oca è quella che ne prevede la cottura ed è realizzato solitamente a base di carne mista di oca e maiale. Diversamente da quello stagionato, il salame cotto si presenta al taglio con un colore tenue e un profumo delicato.

Il Salame d’oca di Mortara IGP

In Italia esiste anche un salame a marchio IGP: prodotto nei comuni della Lomellina, in provincia di Pavia, il Salame d’oca di Mortara affonda le proprie radici alla fine del ‘700, anche se il suo riconoscimento ufficiale è avvenuto solo all’inizio del secolo scorso.

Realizzato con un misto di oca e di maiale, le carni sono macinate e condite con sale, pepe e aromi vari. L’impasto viene insaccato nella pelle dell’oca, che è poi salata, rifilata e cucita. Dopo essere stato bucherellato e legato, viene lasciato ad asciugare per qualche giorno e infine sottoposto a cottura in un’apposita caldaia a temperatura di circa 80° e poi lasciato raffreddare.

Il Salame d’Oca di Mortara IGP ha la forma del collo dell’oca oppure tubolare, a seconda che l’impasto sia insaccato nella pelle del collo piuttosto che in quella del dorso o del ventre dell’animale. Il sapore è dolce e delicato, caratteristico della carne d’oca; il profumo è fine e morbido, contraddistinto dalla presenza delle spezie.

La curiosità

Le oche oggi sono diventate moderne alleate della viticoltura: per le aziende che seguono la filosofia biodinamica e le regole dell’agricoltura biologica, questi animali rappresentano infatti un valido aiuto nei vigneti. Lasciate pascolare liberamente, le oche concimano, fertilizzano e migliorano la qualità della sostanza organica, evitando l’impiego di diserbanti. È questo il principio dell’agroforestry, il sistema che prevede la combinazione sullo stesso terreno di coltivazioni verdi, semine e pascoli, gestiti anche con l’aiuto dell’attività zootecnica.

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