Comicsweb #0

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PAROLE IN RETE

«Il problema nel pensare a un’audience per il tuo lavoro è capire chi ne fa parte. Se decido di scrivere un libro destinato solo ai ragazzi di 20 anni, decido di perdere molti altri possibili lettori. Chiunque pensa a un pubblico specifico per il proprio libro, film o fumetto, sta, di fatto, abbandonando tutti gli altri. Per come la vedo io, se hai un’idea per una storia e sei affascinato da essa, deve esserci qualcun altro là fuori che prova le stesse cose che provi tu. Limitare il target per il tuo libro ai ragazzi di 20 anni potrebbe voler dire perdere quel “qualcun altro”. Quindi, io sono il pubblico. Se faccio qualcosa è per comunicarla. L’arte è una porta aperta e non un oggetto opaco e impenetrabile agli altri. Tutto questo discorso sul fatto che io sono l’audience non vale però nel caso in cui si stia facendo qualcosa di specifico per i bambini. In questo caso è necessario evitare un certo tipo di immagini o di linguaggio o di forma, ma non sono convinto che si debbano evitare certe tematiche. Anzi. Credo che sia importante permettere ai bambini di confrontarsi con temi adulti. È il solo modo per far imparare loro che cosa è realmente il mondo». (da Scuola di fumetton.74 intervista di Laura Pasotti)


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