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SALUTI DA STOCCOLMA

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AFFINITÀ ELETTIVE

AFFINITÀ ELETTIVE

Dal 1° gennaio la Svezia ha assunto la presidenza di turno del Consiglio europeo. Dopo le elezioni di settembre i conservatori sono saliti al potere mettendo fine alla lunga stagione dei social-democratici. Ma il nuovo governo guidato premier Kristersson è dovuto scendere a patti con il partito ultranazionalista di Akesson. Che ha imposto la linea dura contro l’immigrazione. Con conseguenze anche sull’Europa

di Theodoros Koutroubas

Per molti europei, soprattutto nel Sud del “Vecchio Continente”, la Svezia è sinonimo di buon governo, trasparenza, democrazia, fair play e stato di diritto. Neutrale in entrambe le guerre mondiali e non allineato durante il periodo della guerra fredda, il Paese è stato governato per la maggior parte del tempo dai social-democratici ed è stato elogiato per aver realizzato la costruzione di una società egualitaria, pur mantenendo alcune delle antiche tradizioni legati alla sua identità, come l’istituzione popolare della monarchia. Ma quanto corrisponde questa narrazione idilliaca alla realtà politica dello Stato che dal 1° gennaio ha assunto la presidenza del Consiglio europeo per i prossimi sei mesi?

Conservatori al potere

L’alleanza dei partiti politici attualmente al governo a Stoccolma è salita al potere molto recentemente, dopo che le elezioni generali del settembre 2022 hanno posto fine alla coalizione a guida social-democratica che governava il Paese senza maggioranza in Parlamento dal 2014. Ulf Kristersson, attuale Presidente del Consiglio del Regno, è a capo del Partito Moderato, che ha agito come principale oppositore del Partito Socialdemocratico (SAP), e che all’interno del Parlamento europeo fa parte la famiglia dei Conservatori e riformisti europei. Insieme ai loro partner, i democristiani e i liberali, i moderati sono riusciti ad assicurarsi 103 dei 349 seggi del Riksdag (il Parlamento nazionale del Regno di Svezia).Guidato da Magdalena

Andersson, la prima donna a diventare primo ministro della Svezia, il SAP, passò nelle file dell’opposizione, guadagnando sempre più ampi consensi. Tanto che il suo risultato alle ultime elezioni è stato migliore di quello ottenuto nl 2018 (dal 28,26% al 30,33% dei votanti), mentre i suoi candidati si sono distinti nelle grandi città. Oggi, insieme ai suoi alleati, il Partito dei Verdi, il Partito di Centro e il Partito della Sinistra, ora controlla 173 dei 349 seggi del Riksdag.

L’appoggio degli ultranazionalisti

E questo ci porta al vero vincitore delle elezioni del 2022: The Sweden Democrats (SD), un partito fondato nel 1988 da personaggi con idee politiche ultranazionaliste e di estrema destra. Per molti anni SD, che contava tra i suoi membri numerosi skinhead e simpatizzanti nazisti, fu ostracizzata dalla politica mainstream, e non esitò ad abbracciare idee come il rimpatrio della maggior parte degli immigrati, il ritorno della pena di morte, o il divieto di adozione di bambini stranieri. Nel 2010, tuttavia, era riuscito a sbarazzarsi dei suoi elementi più estremisti e a entrare per la prima volta in Parlamento con il 5,7% dei voti. La sua ulteriore normalizzazione e una giovane leadership carismatica hanno ulteriormente migliorato i suoi risultati elettorali. Nel 2014 i Democratici rappresentavano già il 12,9% dell’elettorato che alle elezioni del settembre scorso è salito al 20,5%. Un esito senza precedenti che oggi vale 73 seggi nel Riksdag e che colloca l’SD come il secondo partito del Paese scandinavo.

Pugno duro contro l’immigrazione

Fortemente schierato contro l’immigrazione e la politica di allargamento e integrazione europea, con una retorica contraria al multiculturalismo ma favorevole a una società aperta per i cittadini svedesi, il partito guidato dal 44enne Jimmie Akesson, sollecitato dai partiti di centrodestra, ha concesso la fiducia al premier Kristersson (che può così contare su una maggioranza risicata in Parlamento), ottenendo in cambio una linea dura contro l’immigrazione. Una delle priorità del governo sovranista è infatti quella di ridurre da 5mila a 900 la quota annua di rifugiati destinati all’accoglienza e la revoca del diritto di asilo ai migranti che non riescono ad integrarsi. Non si tratta solo di questioni di politica interna, perché una delle prime mosse della presidenza svedese in seno al Consiglio europeo è stata quella di congelare il “Patto sui migranti”, annunciato dalla Commissione europea nel settembre 2020 e riformulato lo scorso novembre su sollecitazione della premier italiana, Giorgia Meloni e del presidente francese, Emmanuel Macron per riequilibrare il Trattato di Dublino e le politiche di accoglienza europee. Uno “schiaffo” all’Europa per rilanciare il ruolo di king-maker Akesson in patria, osservano a Bruxelles dove la favola bella della Svezia sembra sempre più sbiadita.

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