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LA CORONA D’ALLORO SNOBBA LA PROFESSIONE
Grazie alla collaborazione con Almalaurea, l’Osservatorio delle libere professioni ha approfondito la condizione occupazionale dei laureati a distanza di cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello. Risultato? Il posto fisso batte la professione
di Ludovica Zichichi
Prima la buona notizia: tra il 2009 e il 2016 è aumentato il numero dei laureati in Italia e a cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello (2014-2021) si registra un’impennata occupazionale tra i laureati. La brutta notizia è che la libera professione continua a perdere appeal a vantaggio del lavoro dipendente. Nel 2014 i professionisti stimati erano 21.643 e nel 2021 calano a quota 20.089, con una variazione del -7,2%. La flessione è trasversale a gran parte delle aree disciplinari e risparmia soltanto giuristi, psicologi e laureati in scienze dell’educazione e della formazione. La scelta per la libera professione si riduce soprattutto tra i laureati in economia e nel piccolo gruppo degli ingegneri industriali e dell’informazione. Lo scenario appare drasticamente mutato rispetto a pochi anni fa: nel 2014, infatti, l’approdo alla libera professione costituiva per giuristi, architetti, ingegneri civili, dottori in scienze agrarie e forestali e veterinari la scelta privilegiata, condivisa dal 5866% dei giovani laureati mentre nel 2021 scende al di sotto del 45%. Oggi il contesto occupazionale più favorevole comporta una forte domanda di lavoro dipendente altamente qualificato, che accresce la concorrenza interna al mercato del lavoro, sottraendo risorse alla libera professione.
Le donne un passo avanti
La propensione per la libera professione permane debolmente associata al genere maschile: sono il 22,6% i laureati che scelgono il lavoro indipendente, contro il 21,0% delle laureate. Il profilo degli occupati nella libera professione mostra così qualche lieve differenza rispetto a quello degli occupati dipendenti: le professioniste costituiscono il 55% mentre le dipendenti sfiorano il 58%. La componente femminile è comunque sempre maggioritaria, in quanto le giovani donne si laureano in misura superiore agli uomini. La propensione verso la libera professio - ne cala in tutte le macroaree territoriali mantenendo un maggiore appeal nel Mezzogiorno, dove la quota di laureati di secondo livello che a cinque anni dalla laurea svolge il lavoro indipendente si colloca sopra il 31%. L’occupazione all’estero coincide per lo più con il lavoro alle dipendenze: qui meno del 10% opera come indipendente, dato condizionato da una regolamentazione principalmente nazionale delle libere professioni.
Professionalità in cima alla wish list Inoltre, professionisti e dipendenti sono mossi dalle stesse leve motivazionali nella ricerca del lavoro: al primo posto vi è l’acquisizione di professionalità (76-77%) seguita dalle possibilità di carriera (6566%) e dalla stabilità/sicurezza del posto di lavoro (60-62%). Qualche differenza emerge invece in merito alla soddisfazione per il lavoro, infatti, i liberi professionisti esprimono maggiore soddisfazione per la propria occupazione (7,5 su 10 contro il 7,2 espresso dai dipendenti). Nello specifico al 2021 gli aspetti che riscuotono maggiore soddisfazione tra i professionisti, con voti superiori a 8, sono: il coinvolgimento nei processi decisionali e l’acquisizione di professionalità, il prestigio del lavoro ma anche l’utilità sociale del lavoro, le prospettive di guadagno, l’indipendenza e la flessibilità degli orari, la sicurezza e il rapporto con i colleghi. Per i dipendenti risultano al primo posto le prospettive di guadagno, la stabilità e il prestigio del lavoro. Anche la coerenza con gli studi svolti rappresenta un importante motivo di soddisfazione tra i dipendenti, forse proprio perché essa appare meno scontata di quanto non sia tra i liberi professionisti. In generale, per entrambi i gruppi la rilevazione più recente indica una maggiore coerenza tra percorso di studi e attività lavorativa rispetto alla rilevazione del 2014. Le ripercussioni della pandemia da Covid-19 sull’occupazione attuale e sulle opportunità future dei gio- vani laureati impattano maggiormente sui liberi professionisti: uno su tre ha infatti sperimentato una riduzione dell’attività e il 21% ha anche conosciuto un periodo di stop forzato. Di conseguenza, quasi il 30% dei giovani professionisti ritiene che molto probabilmente il danno economico sperimentato nella propria attività, a seguito dell’emergenza Covid-19, non si limiti a una battuta d’arresto ma rischi di avere delle ulteriori ripercussioni future.
Redditi “più alti” tra i professionisti Infine, la remunerazione a cinque anni dalla laurea cresce sia tra i professionisti che tra i dipendenti, ma i primi hanno una progressione più sostenuta, infatti, al 2021 il reddito medio mensile netto dei professionisti è pari a 1.678 euro mentre quello dei dipendenti si attesta sui 1.625 euro. La variazione positiva appare particolarmente accentuata tra le professioniste donne
(+58%), che al 2014 risultavano il gruppo a più basso reddito tra gli occupati mentre oggi hanno una remunerazione più elevata delle dipendenti. La libera professione resta caratterizzata da un maggiore divario reddituale di genere rispetto al lavoro dipendente. La crescita dei redditi tra i giovani professionisti è stata più intensa nel Mezzogiorno: nel 2021 il valore sale a circa 1.500 euro contro meno di mille euro percepiti nel 2014.
La crescita dei redditi medi ha riguardato indistintamente tutte le tipologie di occupati a prescindere dal settore disciplinare di studio. Il confronto tra la situazione economica dei laureati del 2009 e di quelli del 2016, a cinque anni dalla conclusione del percorso di studi, consente di osservare il chiaro svantaggio della prima coorte, che si è riversata sul mercato del lavoro negli anni più duri della crisi occupazionale.