Confini 75

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EUROPA

QUALE FUTURO PER L’EUROPA? Innanzitutto bisogna intendersi sulla definizione d'Europa. Se per Europa s'intende l'Unione europea - ovvero l'apparato burocratico, finanziario, tecnocratico asservito al sistema bancario e alle multinazionali e che ha il proprio apparente centro decisionale tra Bruxelles e Francoforte allora il destino del Vecchio Continente è segnato. La fine dell'Europa è segnata! E non siamo solo noi a dirlo, addirittura siamo confortati nell'analisi da ben 6 primi Nobel per l'Economia. Tra questi financo Milton Friedman, il guru del liberismo reaganiano, il quale paragona "l'Unione europea ad un Soviet". Un parallelo dal quale è facile far discendere l'equivalenza che l'Unione europea sta all'Europa con l'Unione Sovietica sta(va) alla Russia. Una volta collassata l'Unione Sovietica - col crollo del muro di Berlino e il disfacimento della forza propulsiva del comunismo - è riemersa la Russia profonda, la Grande Madre, con tutto il suo portato spirituale, patriottico, intellettuale, filosofico, identitario. Sarà così per l'Europa? Dipende solo da noi europei. Un altro premio Nobel per l'Economia Joseph Stieglitz - prevede una nuova crisi dell'Euro, causata dalla ottusità della potenza dominante (la Germania) e dei Paesi del Nord, che si illudono di rimanere indenni dalle devastazioni che le loro ricette fallimentari stanno causando principalmente nei Paesi del Sud Europa. Infatti sottolinea Stieglitz che "l'Italia va male ma il resto dell'Eurozona non sta meglio" e osserva che nel 2000 (anno dell'introduzione della moneta unica) l'economia USA era appena il 13% più grande del complesso delle economie dell'Eurozona; oggi questo differenziale è raddoppiato, giungendo al 26%! Sentenzia Stieglitz: "Se un solo Paese va male, è colpa di quel Paese; se molti Paesi vanno male, è colpa del sistema". Il fallimento dell'Euro è insito nella sua progettazione. Quando si sottraggono ai governi i principali meccanismi finanziari di aggiustamento (cioè i tassi d'interesse e i tassi di cambio), senza prevedere una unione bancaria e fiscale ed una banca centrale che operi quantomeno come la Federal Reserve o la Banca del Giappone, si rallenta la crescita, si impoveriscono i popoli e si semina discordia. Le restrizioni alla crescita - osserva il premio Nobel - sono basate "su teorie economiche screditate", incentrate sul controllo del deficit e del debito pubblico. Invece di produrre benessere con massicci piani strutturali d'investimenti pubblici, aumentando di conseguenza il PIL e dunque - per tale via maestra - diminuire il rapporto col debito, l'Unione europea ha fatto e continua a fare l'opposto causando con la sua miopia macelleria sociale e desertificazione industriale. Se non si invertono le politiche comunitarie e la Bce non fa ciò che fatto - ammonisce Stieglitz - all'Italia conviene uscire dall'Euro. E la colpa del collasso conseguente dell'intera Eurozona - e della stessa Unione -


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