Covid-19 e SARS-CoV-2 Capitolo speciale online del Pocket Manual Terapia 2023

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COVID-19 E SARS-COV-2

CAPITOLO SPECIALE ONLINE DEL POCKET MANUAL TERAPIA 2023 IN CONTINUO AGGIORNAMENTO PER LA PANDEMIA 2019-23

Ultimo aggiornamento effettuato del capitolo

9 Febbraio 2023

Attenzione: in queste pagine si parla di una situazione in rapida evoluzione e quindi i contenuti, che sono in linea con quelle riportate dalle autorità nazionali ed internazionali, potrebbero non risultare sempre allineati con i dati e le informazioni più recenti disponibili. Si fa presente inoltre che questo capitolo speciale è indirizzato come il Pocket Manual di Terapia 2023, principalmente ai medici e agli operatori sanitari ma è stato utilizzato un linguaggio semplice qualora i medici volessero condividere parte di questo capitolo con i loro pazienti. Si ricorda inoltre che l’uso off-label dei farmaci è consentito unicamente nell’ambito del piano nazionale di gestione dell’emergenza COVID-19 e nel rispetto degli elementi di seguito riportati.

Il manuale completo pubblicato da COM edizioni è disponibile in formato cartaceo sui maggiori portali come Amazon al seguente link https://www.amazon.it/Pocket-manual-terapia-Sandro-Bartoccioni/ dp/8898870728 ed è disponibile anche via ebook su diverse piattaforme. Scegli quello più comodo per te al seguente link http://com4pub.com/ qr/?id=1033

Informazioni di base

Per approfondire: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/faq I coronavirus sono una grande famiglia di virus e possono causare diverse infezioni, dal comune raffreddore a malattie più gravi come la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) e la sindrome respiratoria acuta grave (SARS). La Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS) dovuta a un coronavirus è sempre stata gravata da una mortalità del 10% che sale al 50% nelle persone maggiori di 50 anni. Per “nuovo” coronavirus si intende un nuovo ceppo di coronavirus che non è mai stato identificato prima nell’uomo. Il nuovo coronavirus che sta causando la pandemia, il cui nome scientifico è SARS-CoV-2, è un virus a RNA rivestito da un capside e da un peri-capside attraversato da strutture glicoproteiche che gli conferiscono il tipico aspetto ‘a corona’. Fa parte della grande famiglia dei coronavirus ed è geneticamente collocato all’interno del genus Betacoronavirus, con un clade distinto nel lineage B del sub-genus Sarbecovirus così come due ceppi Sars-like non umani. Nell’uomo il virus SARS-CoV-2 è in grado di causare la malattia chiamata COVID-19.

Prognosi

Predittore prognosi online http://118.126.104.170/

Secondo l’OMS la maggior parte delle persone con COVID-19 ha una malattia semplice o lieve (81%), alcuni svilupperanno malattia grave che richiede ossigenoterapia e ricovero (14%) e circa il 5% richiederà un trattamento di terapia intensiva. Di quelli in condizioni critiche, la maggior parte richiederà ventilazione meccanica (Yang, Lancet Respir Med. 2020, doi: 10.1016/S2213-2600(20)30079-5) (Wu,

Chinese Center for Disease Control and Prevention). La diagnosi più comune nei pazienti con COVID-19 gravi è una polmonite grave. Nei casi più gravi, COVID-19 può essere complicato dalla sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), sepsi e shock settico, insufficienza multiorgano, tra cui danno renale acuto e danno cardiaco (Yang, Lancet Respir Med. 2020) nei bambini anche da sindrome di Kawasaki (vedi cap 33 par 12). L’età avanzata e le comorbidità sono state segnalate come fattori di rischio per la morte e recenti analisi multivariabili hanno confermato l’età avanzata, il punteggio SOFA (Sequential Organure Assessment) più elevato e il d-dimero> 1 µg/L al momento del ricovero erano associati a mortalità più elevata. Questo studio ha anche osservato una durata mediana della rilevazione dell’RNA virale di 20 giorni (IQR 17,0-24,0) nei sopravvissuti, ma il virus COVID-19 è stato rilevabile fino alla morte nei non sopravvissuti.

Trasmissione

Per approfondire: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/faq Il virus responsabile della COVID-19 è un virus respiratorio e si trasmette da uomo a uomo principalmente attraverso le minuscole goccioline emesse con starnuti o colpi di tosse o portando le mani alla bocca, al naso o agli occhi dopo aver toccato superfici od oggetti contaminati di recente. La principale via di trasmissione del virus, secondo l’OMS, in base ai dati attuali disponibili, avviene attraverso il contatto stretto con persone sintomatiche. È ritenuto possibile, sebbene in casi rari, che persone nelle fasi prodromiche della malattia, e quindi con sintomi assenti o molto lievi, possano trasmettere il virus. Poiché la trasmissione può avvenire attraverso oggetti contaminati, è sempre buona norma, per prevenire infezioni, anche respiratorie, lavarsi frequentemente e accuratamente le mani, dopo aver toccato oggetti e superfici potenzialmente sporchi, prima di portarle al viso, agli occhi e alla bocca. La durata maggiore osservata della diffusione virale nei sopravvissuti è stata di 37 giorni (Zhou, Lancet, 2020 doi: 1016/ S0140-6736(20)30566-3).

Nel corso della pandemia sono stati però notificati in diversi Paesi positività per SARS CoV-2 in animali sia allevati che domestici. Evidenze epidemiologiche dimostrano che felini (gatti domestici e selvatici) visoni e cani sono risultati positivi al test per SARS-CoV-2 a seguito del contatto con persone infette da Covid19 (https://www. epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-animali-domestici#writers ). Alcuni gatti hanno mostrato segni clinici di malattia (https://www. epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-animali-domestici#writers ). Nonostante ciò, non risulta che i felini o i cani giochino un ruolo nella diffusione della malattia (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/ sars-cov-2-animali-domestici#writers). Non esiste infatti alcuna evidenza che cani o gatti giochino un ruolo nella diffusione epidemica di SARS-CoV-2 che riconosce, invece, nel contagio interumano la via di trasmissione(https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/ dettaglioFaqNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=242)

Incubazione

Si stima che il periodo di incubazione varia in media tra 2 e 14 giorni.

Chi deve essere considerato a rischio

Per approfondire: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/faq

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Oggi sono considerate persone a rischio di sviluppare la malattia COVID-19 quelle che, negli ultimi quattordici giorni, si sono recate in zone in cui questa infezione si sta trasmettendo da persona a persona o che siano state a contatto con persone con infezione probabile o confermata in laboratorio da nuovo coronavirus SARS-CoV-2, o infine abbiano frequentato o lavorato in una struttura sanitaria dove siano ricoverati pazienti con infezione da SARS-CoV-2. Tra le categorie a rischio ci sono ovviamente gli operatori sanitari. Possono essere infettate dal virus e contrarre malattia persone di tutte le età anche se le persone anziane e quelle con condizioni mediche preesistenti sembrano essere soggette a manifestazioni cliniche più gravi a seguito di infezione da nuovo coronavirus SARS-CoV-2. L’OMS raccomanda agli operatori sanitari di applicare sistematicamente le misure adeguate al controllo delle infezioni.

Raccomandazioni per gli operatori sanitari

L’istituto superiore di sanità ha pubblicato e continua ad aggiornare il sito con le direttive per ministeriali. Il link di riferimento è http://www. salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoron avirus.jsp?lingua=italiano&id=5373&area=nuovoCoronavirus&menu =vuoto .Le ultime linee guida (aprile 2021) per la gestione della pandemia sono al link seguente: https://www.iss.it/rapporti-covid-19/-/asset_ publisher/btw1J82wtYzH/content/id/5659920#:~:text=Versione%20 del%2013%20marzo%202021.&text=Il%20documento%20 risponde%20a%20diversi,di%20SARS%2DCoV%2D2.

Sintomatologia

I sintomi dipendono dal virus, ma i più comuni che colpiscono l’uomo includono problemi respiratori e febbre. Sintomi comuni sono anche la perdita di gusto ed olfatto e, in alcuni casi, la diarrea. Nei casi più gravi, l’infezione può portare a polmonite, sindrome respiratoria acuta grave (SARS), insufficienza renale e persino morte. Esistono pochi dati sulla presentazione clinica di COVID-19 in popolazioni specifiche, come bambini e donne in gravidanza. Nei bambini con COVID-19 i sintomi sono generalmente meno gravi degli adulti e presentano principalmente tosse e febbre ed è stata osservata la coinfezione. Sono stati segnalati relativamente pochi casi di neonati confermati con COVID-19 e questi hanno avuto una sintomatologia lieve.

A chi rivolgersi per gli esposti e in caso di sintomi

Per approfondire:

http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioConten utiNuovoCoronavirus.jsp?area=nuovoCoronavirus&id=5364&ling ua=italiano&menu=vuoto

In caso di esposti a fattori di rischio: per prima cosa è opportuno contattare il numero verde 1500, attivo 24 ore su 24, messo a disposizione dal Ministero della Salute, per avere maggiori informazioni e indicazioni sui comportamenti da seguire, 112 o i numeri verdi regionali, ove presenti.

In caso di sintomi o dubbi: rimanere in casa, non recarsi al pronto soccorso o presso gli studi medici ma chiamare al telefono il medico di famiglia, il pediatra o la guardia medica, oppure chiamare il numero verde regionale. Le Regioni hanno attivato numeri dedicati per

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rispondere alle richieste di informazioni e sulle misure urgenti per il contenimento e la gestione del contagio del nuovo coronavirus in Italia di seguito la lista aggiornata al 9 aprile 2020:

Numeri verdi regionali

Per approfondire:

http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenuti NuovoCoronavirus.jsp?area=nuovoCoronavirus&id=5364&lingua=ita liano&menu=vuoto

utilità 1500 Attivo anche il numero di pubblica utilità 1500 del Ministero della Salute.

Contattare il 112 oppure il 118 soltanto se strettamente necessario.

Diagnosi

Alla stregua delle considerazioni di seguito riportate, si può affermare che: il test molecolare rimane tuttora il test di riferimento per la diagnosi di SARS-CoV-2 e i test antigenici rapidi su tampone naso-faringeo possono essere utili in determinati contesti, come lo screening rapido di numerose persone. La diagnosi deve essere eseguita nei laboratori di riferimento Regionale e in caso di positività al nuovo coronavirus SARS-CoV-2, la diagnosi deve essere confermata dal laboratorio di riferimento nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità. Qualora si sia stati esposti a fattori di rischio, quali viaggi nelle zone in cui il virus sta circolando o si abbia avuto un contatto con persone in cui l’infezione sia probabile o accertata in laboratorio, o si sia, ad esempio, passati in un ospedale con soggetti affetti da COVID-19, è possibile contattare

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Area o Istituzione Numero Numero
Numero unico
Basilicata 800 99 66 88 Calabria 800 76 76 76 Campania 800 90 96 99 Emilia-Romagna 800 033 033 Friuli Venezia Giulia 800 500 300 Lazio 800 11 88 00 Liguria 800 938 883 attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle 16 e il sabato dalle ore 9 alle 12 Lombardia 800 89 45 45 Marche 800 93 66 77 Piemonte 800 19 20 20 attivo 24 ore su 24; 800 333 444 attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 8 alle 20 Provincia autonoma di Trento 800 867 388 Provincia autonoma di Bolzano 800 751 751 Puglia 800 713 931 Sardegna 800 311 377 (per info sanitarie) oppure 800 894 530 (protezione civile) Sicilia 800 45 87 87 Toscana 800 55 60 60 Trentino Alto Adige 800 751 751 Umbria 800 63 63 63 Val d’Aosta 800 122 121 Veneto 800 462 340 Abruzzo Asl n.1 Avezzano-Sulmona-L’Aquila 800 169 326; Asl n. 2 Chieti-Lanciano-Vasto 800 860 146; Asl n.3 Pescara 800 556 600; Asl n. 4 Teramo 800 090 147 Liguria 112 Molise 0874 313000 e 0874 409000 Piacenza 0523 303600
di pubblica
di emergenza

i numeri in tabella sopra riportata per avere risposte da medici specificamente preparati e ricevere indicazioni su come comportarsi. Test attualmente disponibili in Italia per rilevare l’infezione da SARSCoV-2 sono i seguenti:

1) test che evidenziano la presenza di materiale genetico (RNA) del virus (test molecolari o PCR);

2) test che evidenziano la presenza di componenti (antigeni) del virus (test antigenici);

3) test che evidenziano la presenza di anticorpi contro il virus (test sierologici tradizionali o rapidi). Tali test rilevano l’avvenuta esposizione al virus e, solo in alcuni casi, sono in grado di rilevare la presenza di un’infezione in atto (individui con malattia lieve o moderata i cui sintomi siano iniziati almeno una settimana prima).

Per le modalità d’uso di tali test, si rinvia a quanto specificato nella circolare del Ministero della Salute – Direzione generale della prevenzione sanitaria prot. n. 16106 del 9 maggio 2020.

1. Test molecolare

È il test attualmente più affidabile per la diagnosi di infezione da coronavirus. Viene eseguito su un campione prelevato con un tampone a livello naso/oro-faringeo, e quindi analizzato attraverso metodi molecolari di real-time RT-PCR. L’analisi può essere effettuata solo in laboratori altamente specializzati, individuati dalle autorità sanitarie, e richiede in media dalle due alle sei ore dal momento in cui il campione viene avviato alla processazione in laboratorio.

2. Test antigenico

Questa tipologia di test è basata sulla ricerca, nei campioni respiratori, di proteine virali (antigeni). Le modalità di raccolta del campione sono del tutto analoghe a quelle dei test molecolari (tampone nasofaringeo), i tempi di risposta sono molto brevi (circa 15 minuti), ma la sensibilità e specificità di questo test – a seguito di una validazione effettuata su campioni conservati a -80°C – sembrano essere inferiori a quelle del test molecolare. Ciò comporta la possibilità di risultati falsonegativi in presenza di bassa carica virale (tC>25), oltre alla necessità di confermare i risultati positivi mediante un tampone molecolare. Ulteriori validazioni eseguite su campioni “freschi” (appena prelevati) hanno invece mostrato elevata sensibilità e specificità. Questo “tampone rapido” è stato recentemente introdotto per lo screening dei passeggeri nei porti e negli aeroporti, dove è importante avere una risposta in tempi rapidi. Pur considerando la possibilità di risultati falso-positivi (per questo i risultati positivi al test antigenico vengono confermati con il test molecolare) e di falso-negativi (la sensibilità del test non è pari al 100% e, inoltre, bisogna considerare il “periodo finestra” fra il momento dell’esposizione a rischio e la comparsa della positività), grazie all’uso di tali test rapidi è stato intercettato comunque un rilevante numero di contagiati, probabilmente con alte cariche virali, che non sarebbero stati individuati in altro modo. In una circolare del Ministero della Salute del 8 gennaio 2021, si parla di sovrapponibilità dei test antigenici di ultima generazione con quelli molecolari, e se ne raccomanda l’utilizzo.

3. Test salivari molecolari e antigenici

Recentemente sono stati proposti sul mercato test che utilizzano come campione da analizzare la saliva. Il prelievo di saliva è più semplice e meno invasivo rispetto al tampone naso-faringeo, quindi questa tipologia di test potrebbe risultare utile per lo screening di grandi numeri di persone. Come per i tamponi, anche per i test salivari esistono test di tipo molecolare e di tipo antigenico. In genere la saliva non si presta bene all’utilizzo con le apparecchiature di laboratorio altamente

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automatizzate, di regola utilizzate per processare elevati volumi di campioni molecolari, perché essa ha densità variabile e può creare problemi ai sistemi di pescaggio ad alta automazione. Inoltre, per quanto riguarda i test antigenici, la sensibilità del test è simile a quella dei test antigenici rapidi solo nel caso in cui il test venga effettuato in laboratorio, quindi, a meno che non si attivino unità di laboratorio presso i punti dove viene effettuato il prelievo, difficilmente è utilizzabile in contesti di screening rapido.

Prevenzione

Il lavaggio e la disinfezione delle mani sono la chiave per prevenire l’infezione. Bisogna lavarsi le mani spesso e accuratamente con acqua e sapone per almeno 20 secondi (meglio 40-60). Se non sono disponibili acqua e sapone, è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani a base di alcol con almeno il 60% di alcol. Il virus entra nel corpo attraverso gli occhi, il naso e la bocca, quindi si deve evitare di toccarli con le mani non lavate. Non ci sono prove che il risciacquo regolare del naso con soluzione salina protegga le persone da infezioni con il nuovo coronavirus SARS-CoV-2.

AREA PER PAZIENTI E CITTADINI

Sezione di contrasto alle Fake news:

who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/ advice-for-public/myth-busters

https://www.iss.it/covid-19-bufale

X L’esposizione al sole o a temperature superiori a 25 ° C NON previene la malattia di coronavirus (COVID-19).

X È possibile recuperare dalla malattia di coronavirus (COVID-19). Contrarre il nuovo coronavirus NON significa che lo avrai per tutta la vita.

X Essere in grado di trattenere il respiro per 10 secondi o più senza tossire o provare disagio NON significa che sei libero da coronavirus (COVID-19) o da qualsiasi altra malattia polmonare.

X Bere alcol non ti protegge da COVID-19 e può essere pericoloso.

X Il virus COVID-19 può essere trasmesso in aree con climi caldi e umidi.

X Il freddo e la neve NON POSSONO uccidere il nuovo coronavirus.

X Fare un bagno caldo non impedisce la nuova malattia da coronavirus.

X Il nuovo coronavirus NON PUO’ essere trasmesso attraverso le punture di zanzara.

X Gli essiccatori a mano non sono efficaci nell’uccidere il nuovo coronavirus.

X Le lampade UV non devono essere utilizzate per sterilizzare le mani o altre aree della pelle poiché le radiazioni UV possono causare irritazione alla pelle.

X Gli scanner termici sono efficaci nel rilevare le persone che hanno sviluppato la febbre (cioè hanno una temperatura corporea più alta del normale) a causa dell’infezione con il nuovo coronavirus. Tuttavia, non sono in grado di rilevare persone che sono infette ma non sono ancora malate di febbre. Questo perché ci vogliono dai 2 ai 10 giorni prima che le persone infette si ammalino e sviluppino la febbre.

X Spruzzare alcol o cloro su tutto il corpo non ucciderà i virus che sono già entrati nel tuo corpo. Spruzzare tali sostanze può essere dannoso

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per i vestiti o le mucose (ad es. Occhi, bocca). Essere consapevoli del fatto che sia l’alcool che il cloro possono essere utili per disinfettare le superfici, ma devono essere utilizzati secondo le raccomandazioni appropriate.

X Non ci sono prove che il risciacquo regolare del naso con soluzione salina abbia protetto le persone dalle infezioni con il nuovo coronavirus.

X L’aglio è un alimento sano che può avere alcune proprietà antimicrobiche. Tuttavia, non ci sono prove dell’attuale epidemia che il consumo di aglio abbia protetto le persone dal nuovo coronavirus Fake news riguardo al vaccino: domande e risposte dell’ISS

X I vaccini anti Sars-CoV-2 sono stati preparati troppo in fretta e non sono sicuri. Falso. I vaccini sono approvati dalle Autorità competenti solo dopo averne verificato i requisiti di qualità e sicurezza. L’Ema, l’Agenzia europea per i farmaci, ha già approvato il primo vaccino contro SARS-Cov-2.

X E’ inutile vaccinarsi contro il Sars CoV-2 perché il virus è già mutato e il vaccino è inefficace. Falso, non vi è alcuna evidenza al momento che la mutazione del virus rilevata nel Regno Unito possa avere effetti sull’efficacia della vaccinazione. I vaccini determinano la formazione di una risposta immunitaria contro molti frammenti della proteina cosiddetta Spike, quella, per intenderci, prodotta dal virus per attaccarsi alle cellule e infettarle. Quindi anche se ci fosse stata una mutazione in alcuni frammenti della proteina Spike è improbabile che possa essere sufficiente a rendere il vaccino inefficacie.

X I vaccini costano tanto, potranno vaccinarsi solo i ricchi. Falso, i vaccini in Italia saranno resi disponibili gratuitamente per tutti i cittadini, a partire dalle categorie individuate come prioritarie. La vaccinazione, seppur con tempi diversi, sarà offerta a tutti.

X Il vaccino a RNA è pericoloso perché modifica il codice genetico. Falso. Il compito dell’mRNA è solo quello di trasportare le istruzioni per la produzione delle proteine da una parte all’altra della cellula, per questo si chiama “messaggero”. In questo caso l’RNA trasporta le istruzioni per la produzione della proteina utilizzata dal virus per attaccarsi alle cellule, la proteina denominata Spike. L’organismo grazie alla vaccinazione produce anticorpi specifici prima di venire in contatto con il virus e si immunizza contro di esso.

X Il vaccino è inutile perché l’immunità dura solo poche settimane. Falso. La protezione indotta dai vaccini, sulla base dei dati emersi durante le sperimentazioni, durerà alcuni mesi. Solo quando il vaccino sarà somministrato a larghe fasce di popolazione sarà possibile verificare se l’immunità durerà un anno, come accade con l’influenza, più anni, come accade con la vaccinazione antipneumococcica o se sarà necessario sottoporsi a richiami.

X Il vaccino è inutile perché non uccide il virus e non ferma l’epidemia. Falso. Lo scopo del vaccino è quello di attivare il sistema di difesa dell’organismo contro il virus in modo che qualora dovesse venirne in contatto sia già pronto ad aggredirlo e renderlo inefficace.

X Dopo la vaccinazione potrò finalmente evitare di indossare la mascherina e potrò incontrare parenti e amici in libertà. Falso. Anche dopo essersi sottoposti alla vaccinazione bisognerà continuare a osservare misure di protezione nei confronti degli altri, come la mascherina, il distanziamento sociale e il lavaggio accurato delle mani. Ciò sarà necessario finché i dati sull’immunizzazione non

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mostreranno con certezza che oltre a proteggere sé stessi il vaccino impedisce anche la trasmissione del virus ad altri.

Gestione della maschere mediche per i cittadini e pazienti e operatori sanitari

who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/ advice-for-public/myth-busters

https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/332293/WHO2019-nCov-IPC_Masks-2020.4-eng.pdf?sequence=1&isAllowed=y

X Di seguito le raccomandazioni dell’OMS sull’uso della mascherina da parte degli operatori sanitari: https://www.who.int/publications/i/ item/WHO-2019-nCoV-IPC_Masks-Health_workers-Omicron_ variant-2021.1

X Il consiglio precedente di indossare la maschera se si è in buona salute, solo se ci si sta prendendo cura di una persona con sospetta infezione 2019-nCoV è stato modificato in indossare la maschera anche quando si è in luoghi pubblici o in presenza di altre persone.

X Indossa una maschera se tossisci o starnutisci.

X Le maschere sono efficaci solo se utilizzate in combinazione con una frequente pulizia delle mani con strofinamento a mano a base alcolica o sapone e acqua.

X Se indossi una maschera, devi sapere come usarla e smaltirla correttamente.

X Prima di indossare una maschera, pulire le mani con un detergente a base di alcool o sapone e acqua.

X Coprire la bocca e il naso con la maschera e assicurarsi che non vi siano spazi tra il viso e la maschera.

X Evitare di toccare la maschera mentre la si utilizza; se lo fai, pulisci le mani con un detergente a base di alcool o acqua e sapone.

X Sostituire la maschera con una nuova non appena è umida e non riutilizzare le maschere monouso.

X Per rimuovere la maschera: rimuoverla da dietro (non toccare la parte anteriore della maschera); scartare immediatamente in un contenitore chiuso; pulire le mani con acqua o sapone e strofinare a base di alcol.

Gestione del paziente, dell’ambiente e dei contatti

L’OMS raccomanda che tutti i casi confermati in laboratorio siano isolati e curati in una struttura sanitaria. In situazioni in cui l’isolamento in una struttura sanitaria di tutti i casi non è possibile, l’OMS sottolinea la priorità delle persone con la più alta probabilità di scarsi risultati: pazienti con malattia grave e critica e quelli con malattia lieve ma rischio di esito sfavorevole (età> 60 anni anni, casi con comorbilità sottostanti come ad esempio malattie croniche cardiovascolari, respiratorie, diabete, cancro). Se tutti i casi lievi non possono essere isolati nelle strutture sanitarie, allora quelli con malattia lieve e senza fattori di rischio potrebbero dover essere isolato in strutture non tradizionali, come hotel riproposti, stadi o palestre dove possono rimanere fino al loro risoluzione dei sintomi e test di laboratorio per il virus COVID19 sono negativi. In alternativa, i pazienti con malattia lieve e senza i fattori di rischio possono essere gestiti a casa.

Indicazioni per la durata ed il termine dell’isolamento e della quarantena (Circolare Ministero della Salute 32850 del 12 ottobre 2020 COVID) L’isolamento dei casi di documentata infezione da

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SARS-CoV-2 si riferisce alla separazione delle persone infette dal resto della comunità per la durata del periodo di contagiosità, in ambiente e condizioni tali da prevenire la trasmissione dell’infezione.

La quarantena, invece, si riferisce alla restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodo di incubazione, ma che potrebbero essere state esposte ad un agente infettivo o ad una malattia contagiosa, con l’obiettivo di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e identificare tempestivamente nuovi casi.

Parere formulato dal Comitato Tecnico Scientifico in data 11 ottobre 2020:

Casi positivi asintomatici: Le persone asintomatiche risultate positive possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test).

Casi positivi sintomatici: Le persone sintomatiche risultate positive possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test).

Casi positivi a lungo termine: Le persone che, pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare per SARS-CoV-2, in caso di assenza di sintomatologia (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi. Questo criterio potrà essere modulato dalle autorità sanitarie d’intesa con esperti clinici e microbiologi/virologi, tenendo conto dello stato immunitario delle persone interessate (nei pazienti immunodepressi il periodo di contagiosità può essere prolungato).

Gestione dell’assistenza domiciliare per i pazienti con COVID-19 che presentano sintomi lievi e gestione dei loro contatti pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO)

Per approfondire: https://apps.who.int/iris/rest/ bitstreams/1272288/retrieve

Gestione clinica dell’infezione respiratoria acuta grave (SARI) quando si sospetta la malattia di COVID-19

Per approfondire: https://www.who.int/docs/default-source/ coronaviruse/clinical-management-of-novel-cov.pdf

Supporto psicologico: elenco di servizi gratuiti di supporto per COVID-19: https://psicovid19.bedita.net/

APP IMMUNI E GREEN PASS

Per scaricare per Android: https://play.google.com/store/apps/ details?id=it.ministerodellasalute.immuni&gl=IT

Per scaricare per Apple: https://apps.apple.com/it/app/immuni/ id1513940977

Una volta scaricato Immuni sul proprio telefono, grazie alla sola tecnologia Bluetooth, sarà possibile entrare nel sistema di notifiche che avverte gli utenti se e quando sono stati esposti a un cittadino potenzialmente coronavirus contagioso, anche in caso di persona asintomatica (che in ogni caso per legge dovrebbe isolarsi e sottoporsi al

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regime di quarantena). Totalmente in anonimato in caso di contatto con un contagiato, arriverà una notifica sullo smartphone che comunicherà la vicinanza avvenuta tra i due utenti e quindi il possibile rischio di contagio, senza sapere chi siano effettivamente le persone e dove si sono incontrate. L’app Immuni infatti emette continuativamente un segnale Bluetooth che genera un codice casuale così da non tenere alcuna memoria dei vari dispositivi connessi. Una volta ricevuti una serie di avvisi, Immuni aiuterà il possibile contagiato nei comportamenti che dovrà seguire, essendo appunto venuto a contatto con una persona malata. Tra questi c’è l’invito alla prevenzione, l’autoisolamento e il test o tampone diagnostico. Fondamentale anche ridurre al minimo i contatti con le persone per non contagiarne delle altre. Così venendo informati tempestivamente, gli utenti posso (dovrebbero) contattare il proprio medico di base e ridurre così il rischio di contrarre il coronavirus. Non essendo obbligatoria ma solo facoltativa, Immuni si basa fondamentalemente sul buon senso dei cittadini, la responsabilità e l’ammissione virtuale coraggiosa di chi è positivo al COVID-19. La fase sperimentale è attiva in alcune regioni ma il numero di regioni si sta ampliando ogni giorno.

Dal 1 luglio 2021 è stata introdotta una certificazione detta “green pass”. La Certificazione attesta una delle seguenti condizioni:

-aver fatto la vaccinazione anti COVID-19 (in Italia viene emessa sia alla prima dose sia al completamento del ciclo vaccinale)

-essere negativi al test molecolare o antigenico rapido nelle ultime 48 ore

-essere guariti dal COVID-19 negli ultimi sei mesi È una certificazione digitale e stampabile (cartacea), che contiene un codice a barre bidimensionale (QR Code) e un sigillo elettronico qualificato. In Italia, viene emessa soltanto attraverso la piattaforma nazionale del Ministero della Salute. La Certificazione verde COVID19 è richiesta in Italia per partecipare alle feste per cerimonie civili e religiose, accedere a residenze sanitarie assistenziali o altre strutture, spostarsi in entrata e in uscita da territori classificati in “zona rossa” o “zona arancione”.

Dal 6 agosto servirà, inoltre, per accedere a qualsiasi tipo di servizio di ristorazione al tavolo al chiuso, spettacoli, eventi e competizioni sportive, musei, istituti e luoghi di cultura, piscine, palestre, centri benessere, fiere, sagre, convegni e congressi, centri termali, parchi tematici e di divertimento, centri culturali e ricreativi, sale da gioco e casinò, concorsi pubblici. Dal 1 luglio la Certificazione verde COVID-19 è valida come EU digital COVID certificate e rende più semplice viaggiare da e per tutti i Paesi dell’Unione europea e dell’area Schengen. Dal 6 dicembre anche in zona bianca per accedere a spettacoli, eventi sportivi, ristorazione al chiuso, feste e discoteche, cerimonie pubbliche si dovrà avere il green pass “rafforzato”, cioè un green pass di vaccinazione o di guarigione. Qui il link alla tabella riassuntiva del Ministero della Salute: https://www.an.cna.it/ wp-content/uploads/2021/12/governo_tabella_attivita_consentite.pdf

Il Ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato l’ordinanza di proroga al 31 maggio delle disposizioni per gli arrivi dai Paesi Esteri. La novità riguarda il “passenger locator form”, che dal 1° maggio non sarà più necessario. Il documento era stato introdotto nell’estate

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.

del 2021 per regolare le partenze e conteneva tutte le informazioni necessarie per localizzare il viaggiatore in caso di eventuale contagio da Covid durante lo spostamento. Il ministro, inoltre, dopo l’approvazione da parte della commissione competente della Camera dei Deputati del decreto “fine stato di emergenza”, ha firmato una seconda ordinanza, che recepisce il testo dell’emendamento sull’utilizzo delle mascherine al chiuso, come approvato dalla commissione. Resta l’obbligo di utilizzare le mascherine FFp2 per: aeromobili adibiti a servizi commerciali di trasporto di persone; navi e traghetti adibiti a servizi di trasporto interregionale; treni impiegati nei servizi di trasporto ferroviario passeggeri di tipo interregionale, Intercity, Intercity Notte e Alta Velocità; autobus adibiti a servizi di trasporto di persone, ad offerta indifferenziata, effettuati su strada in modo continuativo o periodico su un percorso che collega più di due regioni ed aventi itinerari, orari, frequenze e prezzi prestabiliti; autobus adibiti a servizi di noleggio con conducente; mezzi impiegati nei servizi di trasporto pubblico locale o regionale; mezzi di trasporto scolastico dedicato agli studenti di scuola primaria, secondaria di primo grado e di secondo grado; spettacoli aperti al pubblico che si svolgono al chiuso in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali assimilati, eventi e competizioni sportive che si svolgono al chiuso.

È obbligatorio indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie anche per i lavoratori, gli utenti e i visitatori delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, incluse le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistite (RSA), gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti. È inoltre raccomandato indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie in tutti i luoghi al chiuso pubblici o aperti al pubblico.

Terapia

Per approfondire:

https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/hcp/therapeutic-options. html ; https://www.ema.europa.eu/en/human-regulatory/overview/ public-health-threats/coronavirus-disease-covid-19

Non esistono farmaci o altre terapie approvate dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti per prevenire o curare COVID-19. Non esistono al momento terapie specifiche contro il nuovo coronavirus

SARS-CoV-2, vengono curati i sintomi della malattia, cosiddetta terapia di supporto, in modo da favorire la guarigione.

L’attuale gestione clinica comprende misure di prevenzione e controllo delle infezioni e cure di supporto come l’ossigeno supplementare e terapia sintomatica come antipiretici e supporto ventilatorio meccanico nei casi più gravi.

Quando si prescrivono o somministrano medicinali a pazienti COVID19, gli operatori sanitari devono esercitare il proprio giudizio clinico, tenendo conto i benefici e i rischi del medicinale come descritto nelle informazioni sul prodotto, compresi eventuali avvisi di orientamento pertinente emesso dall’EMA, dall’OMS e dalle autorità nazionali competenti pertinenti e linee guida nazionali.

I pazienti che già assumono medicinali prescritti non devono interrompere il trattamento, in particolare se utilizzato per la gestione di una condizione cronica e a lungo termine.

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Antivirali: Allo stato attuale non ci sono evidenze scientifiche che l’uso dei farmaci antivirali prevenga l’infezione da nuovo coronavirus SARS-CoV-2.

Antibiotici: Il SARS-CoV-2 è un virus e quindi gli antibiotici non vengono utilizzati come mezzo di prevenzione o trattamento, a meno che non subentrino co-infezioni batteriche. Somministrare antimicrobici empirici per trattare tutti i possibili agenti patogeni che causano SARI e sepsi il prima possibile, entro 1 ora della valutazione iniziale per i pazienti con sepsi (WHO).

Cortisonici: Non somministrare abitualmente corticosteroidi sistemici per il trattamento della polmonite virale al di fuori degli studi clinici. Una revisione sistematica degli studi osservazionali sui corticosteroidi somministrati a pazienti con SARS non ha riportato alcun beneficio in termini di sopravvivenza e possibili danni (necrosi avascolare, psicosi, diabete e clearance virale ritardata). Una revisione sistematica degli studi osservazionali sull’influenza ha riscontrato un rischio più elevato di mortalità e infezioni secondarie con corticosteroidi; l’evidenza è stata giudicata da molto bassa a bassa qualità a causa di confusione con l’indicazione. Uno studio successivo che ha affrontato questa limitazione adattandosi ai confondenti variabili nel tempo non ha riscontrato alcun effetto sulla mortalità. Infine, uno studio recente su pazienti in trattamento con corticosteroidi per MERS ha utilizzato un approccio statistico simile e non ha riscontrato alcun effetto dei corticosteroidi sulla mortalità, ma ha ritardato la clearance LRT di MERS-CoV). Data la mancanza di efficacia e possibili danni, i corticosteroidi di routine dovrebbero essere evitati a meno che non siano indicati per un altro motivo. Recentemente una metaanalisi di studi su pazienti con malattia da COVID-19 severa, ha mostrato un minor numero di morti per tutte le cause dopo somministrazione di desametasone contro placebo o cure standard

(https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/277027 9?guestAccessKey=af81e2ee-4085-462a-9b26-7f83ca21da96&utm_ source=silverchair&utm_campaign=jama_network&utm_ content=covid_weekly_highlights&utm_medium=email) Altre ragioni possono includere esacerbazione di asma o BPCO, shock settico e analisi rischio / beneficio che devono essere condotte per i singoli pazienti. Una recente linea guida emessa da un panel internazionale e basata sui risultati di due recenti RCT fa una raccomandazione condizionale per i corticosteroidi per tutti i pazienti con sepsi (incluso shock settico). Le linee guida per la sepsi sopravvissuta, scritte prima della segnalazione di questi RCT, raccomandano i corticosteroidi solo per i pazienti in cui fluidi adeguati e terapia vasopressoria non ripristinano la stabilità emodinamica. I medici che prendono in considerazione i corticosteroidi per un paziente con COVID-19 e sepsi devono bilanciare la potenziale piccola riduzione della mortalità con il potenziale svantaggio prolungato del coronavirus nel tratto respiratorio, come è stato osservato in pazienti con MERS. Se vengono prescritti corticosteroidi, monitorare e trattare l’iperglicemia, l’iponatremia e l’ipopotassiemia. Monitorare la ricorrenza di infiammazione e segni di insufficienza surrenale dopo l’interruzione dei corticosteroidi, che potrebbe richiedere una riduzione della dose. A causa del rischio di superinfezione da strongyloides stercoralis con terapia steroidea, in caso di uso di steroidi si devono prendere in considerazione diagnosi o trattamento empirico nelle aree endemiche. In caso di donne in gravidanza: l’OMS raccomanda la terapia con corticosteroidi prenatali per le donne a rischio di parto

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pretermine da 24 a 34 settimane di gestazione quando non ci sono prove cliniche di infezione materna ed è disponibile un’adeguata assistenza al parto e al neonato. Tuttavia, nei casi in cui la donna presenti un lieve COVID-19, i benefici clinici del corticosteroide antenatale potrebbero superare i rischi di potenziali danni alla madre. In questa situazione, l’equilibrio tra benefici e danni per la donna e il neonato pretermine dovrebbe essere discusso con la donna per garantire una decisione informata, poiché questa valutazione può variare a seconda delle condizioni cliniche della donna, dei suoi desideri e di quelli della sua famiglia e delle risorse sanitarie disponibili (https://www. who.int/reproductivehealth/publications/maternal_perinatal_health/ preterm-birth-highlights/en/). In data 18 settembre 2020, Il Comitato per i Medicinali per uso Umano dell’EMA ha completato la revisione dei risultati del braccio dello studio RECOVERY che includeva l’uso del corticosteroide desametasone nel trattamento dei pazienti affetti da COVID-19 ricoverati in ospedale e ha concluso che il desametasone può essere considerato un’opzione di trattamento in adulti e adolescenti (a partire dai 12 anni e con un peso corporeo di almeno 40 kg) che richiedono ossigenoterapia.

Gestione di un eventuale coagulazione intravasale disseminata (CID) o iperfibrinolisi: Sono stati descritti casi di CID e iperfibrinolisi. Si rimanda per la trattazione completa e per approfondimenti al cap 51 del Pocket Manual Terapia 2023.

Gestione dello shock: Per approfondire vedi cap 28 del Pocket Manual Terapia 2023 e le linee guida provvisorie per la Gestione clinica dell’infezione respiratoria acuta grave (SARI) quando si sospetta la malattia di COVID-19 (https://www.who.int/docs/default-source/ coronaviruse/clinical-management-of-novel-cov.pdf). Riconoscere lo shock settico negli adulti quando si sospetta o conferma l’infezione è fondamentale. Consigliati i vasopressori per mantenere la pressione arteriosa media (MAP) ≥ 65 mmHg E se il lattato è ≥ 2 mmol / L, in assenza di ipovolemia. Riconoscere lo shock settico nei bambini con ipotensione (pressione sistolica [SBP] <5 ° centile o> 2 DS al di sotto del normale per età) o due o più dei seguenti: stato mentale alterato; bradicardia o tachicardia (HR <90 bpm o> 160 bpm nei neonati e HR <70 bpm o> 150 bpm nei bambini); ricarica capillare prolungata (> 2 sec) o impulsi deboli; tachipnea; pelle chiazzata o fredda o eruzione petecchiale o purpurica; aumento del lattato; oliguria; ipertermia o ipotermia. Nella rianimazione per shock settico negli adulti, somministrare 250-500 mL di fluido cristalloide come bolo rapido nei primi 15-30 minuti e rivalutare i segni di sovraccarico di fluido dopo ogni bolo. Nella rianimazione da shock settico nei bambini, somministrare 10-20 ml / kg di fluido cristalloide come un bolo nei primi 30-60 minuti e rivalutare i segni di liquido dopo ogni bolo. La rianimazione fluida può portare a sovraccarico di volume, incluso insufficienza respiratoria, in particolare con ARDS. Se non vi è alcuna risposta al carico di liquidi o compaiono segni di sovraccarico di volume (ad es. distensione venosa giugulare, crepitio nell’ auscultazione polmonare, edema polmonare durante l’imaging o epatomegalia nei bambini), ridurre o interrompere la somministrazione di liquidi. Questo passaggio è particolarmente importante nei pazienti con insufficienza respiratoria ipossiemica. Gli amidi sono associati ad un aumentato rischio di morte e lesioni renali acute rispetto ai cristalloidi. Gli effetti delle gelatine sono meno

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chiari, ma sono più costosi dei cristalloidi. Le soluzioni ipotoniche (vs isotoniche) sono meno efficaci nell’aumentare il volume intravascolare. La sepsi sopravvissuta suggerisce anche l’albumina per la rianimazione quando i pazienti richiedono notevoli quantità di cristalloidi, ma questa raccomandazione condizionale si basa su prove di bassa qualità. Negli adulti, somministrare vasopressori quando lo shock persiste durante o dopo la rianimazione con liquidi. L’obiettivo iniziale della pressione arteriosa è MAP ≥ 65 mmHg negli adulti e miglioramento dei marker di perfusione. Nei bambini somministrare vasopressori in caso di uno dei seguenti casi:

1. Segni di shock come stato mentale alterato; bradicardia o tachicardia (HR <90 bpm o> 160 bpm nei neonati e H R <70 bpm o> 150 bpm nei bambini); ricarica capillare prolungata (> 2 secondi) o impulsi deboli; tachipnea; pelle chiazzata o fredda o eruzione petecchiale o purpurica; aumento del lattato; l’oliguria persiste dopo due boli ripetuti;

2. non sono stati raggiunti obiettivi di pressione sanguigna adeguati all’età.

3. sono evidenti segni di sovraccarico di fluido.

Se i cateteri venosi centrali non sono disponibili, i vasopressori possono essere somministrati attraverso un IV periferico, ma utilizzare una grande vena e monitorare attentamente i segni di stravaso e necrosi dei tessuti locali. In caso di stravaso, interrompere l’infusione. I vasopressori possono anche essere somministrati attraverso aghi intraossei. Se i segni di scarsa perfusione e disfunzione cardiaca persistono nonostante il raggiungimento del target MAP con fluidi e vasopressori, considerare un inotropo come la dobutamina.

Gestione della ventilazione: Per approfondire vedi cap 36 del Pocket Manual Terapia 2023 e le linee guida provvisorie per la Gestione clinica dell’infezione respiratoria acuta grave (SARI) quando si sospetta la malattia di COVID-19 (https://www.who.int/docs/default-source/ coronaviruse/clinical-management-of-novel-cov.pdf).

Adulti con segni di emergenza (respirazione ostruita o assente, grave difficoltà respiratoria, cianosi centrale, shock, coma o convulsioni) devono ricevere la gestione delle vie aeree e l’ossigenoterapia durante la rianimazione con un target di SpO2 ≥ 94%. Avviare l’ossigenoterapia a 5 L/min con un target di SpO2 ≥ 93% durante la rianimazione oppure usare la maschera con sacchetto del serbatoio (a 10-15 L/min) se il paziente è in condizioni critiche. Una volta che il paziente è stabile, l’obiettivo è> 90% di SpO2 in adulti e ≥ 92–95% in pazienti in gravidanza. I bambini con segni di emergenza (respirazione ostruita o assente, grave difficoltà respiratoria, centrale cianosi, shock, coma o convulsioni) devono ricevere la gestione delle vie aeree e l’ossigenoterapia durante la rianimazione con un target di SpO2 ≥ 94%. L’uso di punte nasali o cannule nasali è preferito nei bambini piccoli, perchè potrebbero essere meglio tollerati.

Consigliata una gestione conservativa dei fluido nei pazienti con SARI quando non vi è evidenza di shock. I pazienti con SARI devono essere trattati con cautela con liquidi per via endovenosa, poiché la rianimazione con liquidi aggressivi può peggiorare l’ossigenazione, soprattutto in ambienti in cui la disponibilità di ventilazione meccanica è limitata. Questo vale per le cure di bambini e adulti.

Attenzione a riconoscere l’insufficienza respiratoria ipossiemica grave quando un paziente con difficoltà respiratoria non riesce a rispondere all’ossigenoterapia standard e quindi si consiglia di preparare a fornire ossigeno supporto ventilatorio avanzato. I pazienti possono continuare

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ad avere un lavoro maggiore in fase di respirazione o ipossiemia anche quando l’ossigeno viene erogato tramite una maschera facciale con sacca di riserva (portare di 10-15 L / min, che è in genere la portata minima richiesta per mantenere l’inflazione della sacca; FiO2 0,600,50). L’insufficienza respiratoria ipossiemica nell’ARDS deriva comunemente da mancata corrispondenza o shunt di ventilazioneperfusione intrapolmonare e di solito richiede ventilazione meccanica.

I pazienti con ARDS, in particolare i bambini piccoli o quelli che sono obesi o in gravidanza, possono desaturare rapidamente durante l’intubazione. Pre-ossigenare con FiO2 al 100% per 5 minuti, tramite una maschera facciale con sacca serbatoio, maschera a sacco-valvola, HFNO o NIV. L’intubazione a sequenza rapida è appropriata dopo una valutazione delle vie aeree che non identifica segni di intubazione difficile. Implementare la ventilazione meccanica utilizzando volumi di marea più bassi (4-8 ml / kg di peso corporeo previsto, PBW) e pressioni inspiratorie inferiori (pressione del plateau <30 cm H2O).

L’applicazione della ventilazione prona è fortemente raccomandata per i pazienti adulti e può essere la gestione clinica dell’infezione respiratoria acuta grave (SARI) quando si sospetta la malattia COVID-19. Nei pazienti con ARDS moderata o grave, si suggerisce una PEEP più alta invece di una PEEP più bassa. In contesti con accesso all’esperienza nell’ossigenazione extracorporea della membrana (ECMO), prendere in considerazione la segnalazione di pazienti con ipossiemia refrattaria nonostante la ventilazione protettiva polmonare.

In caso di gravidanza e allattamento: Le donne in gravidanza con sospetto, probabile o confermato COVID-19, comprese le donne che potrebbero aver bisogno di trascorrere del tempo in isolamento, dovrebbero avere accesso a cure qualificate centrate sulla donna e rispettose, tra cui ostetrica, medicina fetale e cure neonatali, nonché salute mentale e supporto psicosociale, pronto a prendersi cura delle complicazioni materne e neonatali. Tutte le donne in gravidanza di recente con COVID-19 o che si sono riprese da COVID-19 devono ricevere informazioni e consulenza sull’alimentazione infantile sicura e misure IPC appropriate per prevenire la trasmissione del virus COVID-19. Non ci sono prove che le donne in gravidanza presentino un aumentato rischio di malattie gravi o fetali. Le donne in gravidanza e le donne in gravidanza recentemente guarite da COVID-19 dovrebbero essere abilitate e incoraggiate a frequentare le cure di routine prenatali, post partum o post-aborto, come appropriato. È necessario prestare ulteriore assistenza in caso di complicazioni. I bambini nati da madri con sospetto, probabile o confermato COVID-19 devono essere nutriti secondo le linee guida standard per l’alimentazione infantile, applicando le precauzioni necessarie per l’IPC. Come per tutti i casi confermati o sospetti di COVID-19, le madri sintomatiche che allattano al seno o praticano il contatto pelle a pelle o la cura della madre devono praticare l’igiene respiratoria, anche durante l’alimentazione (ad esempio, l’uso di una maschera medica vicino a un bambino se la madre ha sintomi respiratori), eseguire l’igiene delle mani prima e dopo il contatto con il bambino e pulire e disinfettare sistematicamente le superfici con le quali la madre sintomatica è stata in contatto. La consulenza sull’allattamento al seno, il supporto psicosociale di base e il supporto nutrizionale pratico devono essere forniti a tutte le donne in gravidanza e le madri con neonati e bambini piccoli, indipendentemente dal fatto che loro, i loro bambini abbiano sospetto o confermato COVID-19. In situazioni in cui

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una grave malattia in una madre con COVID-19 o altre complicazioni le impedisce di prendersi cura del suo bambino o le impedisce di continuare l’allattamento al seno diretto, le madri dovrebbero essere incoraggiate e sostenute ad allattare e fornire in modo sicuro il latte materno al bambino, cercando di applicare le misure IPC appropriate. Alle madri e ai bambini dovrebbe essere permesso di stare insieme e di praticare il contatto pelle a pelle, di stare insieme e di praticare il ricovero durante il giorno e la notte, specialmente immediatamente dopo la nascita, durante l’allattamento al seno, indipendentemente dal fatto che i bambini hanno un sospettato, probabile o confermato COVID-19. I genitori e i caregiver che potrebbero aver bisogno di essere separati dai loro figli, e i bambini che potrebbero aver bisogno di essere separati dai loro caregiver primari, dovrebbero avere accesso a operatori sanitari o non sanitari adeguatamente formati per la salute mentale e il supporto psicosociale.

LINEE DI INDIRIZZO AIFA SULLE PRINCIPALI CATEGORIE DI FARMACI DA

Farmaco Note

Desametasone

Eparine a basso peso molecolare a dosaggio profilattico

Eparine a basso peso molecolare a dosaggio intermedio/alto

Standard di cura in soggetti che necessitano di ossigenoterapia supplementare (con o senza ventilazione meccanica)

Uso raccomandato, in assenza di controindicazioni specifiche, nella profilassi degli eventi trombo-embolici nel paziente medico con infezione respiratoria acuta e ridotta mobilità.

Uso da considerare nei casi gravi di COVID-19 (classificabili nella fase IIB o III dell’evoluzione clinica della malattia) valutando il rapporto fra i benefici e i rischi nel singolo paziente.

Remdesivir Uso da considerare solo in casi selezionati di soggetti in ossigenoterapia standard (a bassi flussi) e con insorgenza di sintomi <10 giorni

Terapie immunomodulanti (antìJAK, anti-IL1, anti-IL6)

ldrossiclorochina/clorochina +/antibiotico-terapia

Lopinavir/ritonavir o darunavir/ ritonavir

Non raccomandato nella pratica clinica*

Non raccomandato nella pratica clinica**

Non raccomandato nella pratica clinica***

Uso routinario di antibiotici Non raccomandato

Legenda: verde = standard di cura; giallo = utilizzabile in casi selezionati; rosso = non raccomandato nella pratica clinica

* I’utilizzo è possibile nell’ambito di studi clinici

** I’utilizzo è possibile nell’ambito di studi clinici sul territorio

*** Ulteriori studi clinici randomizzati sono necessari per valutare l’efficacia del farmaco nei vari livelli di gravità della malattia.

Farmaci da usare per i pazienti a domicilio

FARMACI SINTOMATICI CON UN RUOLO DEFINITO

Terapia sintomatica

Paracetamolo o FANS possono essere utilizzati in caso di febbre o dolori articolari o muscolari (a meno che non esista chiara controindicazione all’uso).

Altri farmaci sintomatici potranno essere utilizzati su giudizio clinico.

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UTILIZZARE IN AMBITO OSPEDALIERO

FARMACI CHE POSSONO ESSERE UTILIZZATI SOLO IN SPECIFICHE CONDIZIONI

Corticosteroidi

Scheda

Informativa

AIFA:

https://www.aifa. gov.it/

L’uso dei corticosteroidi è raccomandato nei soggetti con malattia COVID-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno. Tale raccomandazione si basa sul fatto che attualmente esistono evidenze di un benefico clinico di tali farmaci solo in questo setting di pazienti. Si sottolinea, inoltre, che nella fase iniziale della malattia (nella quale prevalgono i fenomeni connessi alla replicazione virale) l’utilizzo del cortisone potrebbe avere un impatto negativo sulla risposta immunitaria.

L’uso dei corticosteroidi a domicilio può essere considerato in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, se in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia.

Lo studio che ha dimostrato la riduzione di mortalità con basse dosi di corticosteroidi ha utilizzato il desametasone al dosaggio di 6 mg una volta al giorno per un massimo di 10 giorni.

Eventuali altri corticosteroidi dovrebbero essere utilizzati a dosaggi equivalenti quali: metilprednisolone 32 mg, prednisone: 40 mg, e idrocortisone: 160 mg.

È importante, infine, ricordare che in molti soggetti con malattie croniche l’utilizzo del cortisone può determinare importanti eventi avversi che rischiano di complicare il decorso della malattia virale. Valga come esempio a tutti noto, quello dei soggetti diabetici in cui sia la presenza di un’infezione, sia l’uso del cortisone possono gravemente destabilizzare il controllo glicemico.

Eparine Scheda Informativa AIFA: https://www.aifa. gov.it

L’uso delle eparine nella profilassi degli eventi trombo-embolici nel paziente medico con infezione respiratoria acuta e ridotta mobilità è raccomandato dalle principali linee guida in assenza di controindicazioni e deve essere effettuato al dosaggio profilattico previsto in scheda tecnica

L’utilizzo routinario delle eparine non è raccomandato nei soggetti non ospedalizzati e non allettati a causa dell’episodio infettivo in quanto non esistono evidenze di un benefico clinico in questo setting. È importante ricordare che l’infezione da SARS COV2 non rappresenta una controindicazione a continuare la terapia anticoagulante orale (con AVK o NAO) o la terapia antiaggregante anche doppia già in corso.

FARMACI NON RACCOMANDATI PER IL TRATTAMENTO DEL COVID-19

Antibiotic

Scheda AIFA

Informativa

(relativa ad azitromicina):

https://www.aifa. gov.it

L’utilizzo routinario di antibiotici non è raccomandato. Come regola generale, si ricorda che l’utilizzo di antibiotici non è mai raccomandato per trattare le infezioni virali. In corso di un’infezione virale, il ricorso a tali farmaci può essere considerato solo quando la persistenza della sintomatologìa è superiore alle 48-72 ore e il quadro clinico fa sospettare la presenza di una sovrapposizione batterica o quando l’infezione batterica è dimostrata da un esame colturale. La mancanza di un, solido raziona le e l’assenza di prove di efficacia nel trattamento di pazienti con la sola infezione virale da SARSCoV-2 non consentono di raccomandare in tali pazienti l’utilizzo degli antibiotici, da soli o associati ad altri farmaci con particolare riferimento all’idrossiclorochina.

Un ingiustificato utilizzo degli antibiotici può inoltre determinare l’insorgenza e il propagarsi di resistenze batteriche che potrebbero compromettere la risposta a terapie antibiotiche future.

ldrossiclorochina

Scheda

Informativa

AIFA:

https://www.aifa.

gov.it

L’utilizzo di clorochina o idrossiclorochina non è raccomandato né allo scopo di prevenire né allo scopo di curare I’infezione*.

Numerosi studi clinici randomizzati ad oggi pubblicati concludono per un’inefficacia del farmaco a fronte di un aumento degli eventi avversi, seppur non gravi. Ciò rende negativo il rapporto fra i benefici e i rischi dell’uso di questo farmaco.

* L’uso può essere considerato nell’ambito di studi clinici sul territorio

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Lopinavir/ ritonavir oppure Darunavir/ ritonavir o cobicistat

Scheda

Informativa

AIFA: https://www.aifa. gov.it

L’utilizzo di lopinavir/ritonavir o darunavir/ritonavir (/cobicistat) non è raccomandato né allo scopo di prevenire né allo scopo di curare L’infezione.

Gli studi clinici randomizzati ad oggi pubblicati concludono tutti per un’inefficacia di questi trattamenti.

Le raccomandazioni fornite riflettono la letteratura e le indicazioni esistenti. Si basano anche sulle Schede Informative AIFA e sono aggiornate in relazione alla rapida evoluzione delle evidenze scientifiche. Per un maggiore dettaglio sulle singole schede è possibile consultare il sito istituzionale dell’AIFA al seguente link: https://www.aifa.gov.it/aggiornamento-sui-farmaci-utilizzabiIi-per-il-trattamento-della-malattia-covid 19 Dalle linee di indirizzo fornite è esclusa l’ossigenoterapia che rappresenta un presidio terapeutico essenziale in presenza di insufficienza respiratoria e per il cui corretto utilizzo si rimanda alle raccomandazioni specifiche.

Linee guida per il trattamento dei pazienti domiciliari aggiornate

ad aprile 2021: https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/detta glioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p= dalministero&id=5449

Aggiornamento dicembre 2021: https://www.aifa.gov.it/ documents/20142/1269602/IT_Raccomandazioni_AIFA_gestione_ domiciliare_COVID-19_Vers4_14.12.2021.pdf

Aggiornamento a febbraio 2022: https://www.quotidianosanita.it/ allegati/create_pdf.php?all=3418644.pdf

RACCOMANDAZIONI AIFA SUI FARMACI per la gestione domiciliare di COVID-19 Vers. 7 – Agg. 09/02/2022

FARMACI SINTOMATICI

Terapia sintomatica Paracetamolo o FANS possono essere utilizzati in caso di febbre o dolori articolari o muscolari (a meno che non esista chiara controindicazione all’uso). Altri farmaci sintomatici potranno essere utilizzati su giudizio clinico.

FARMACI DA UTILIZZARE SOLO IN SPECIFICHE FASI DELLA MALATTIA

Antivirali Recentemente sono stati resi disponibili tre antivirali (remdesivir, nirmatrelvir/ritonavir e molnupiravir) per il trattamento di soggetti adulti con COVID-19 che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono a maggior rischio di progressione verso forme severe di COVID-19.

Il paziente non deve essere ospedalizzato a causa di COVID-19, deve presentare una forma di grado lieve-moderato e almeno uno fra i seguenti fattori di rischio associati all’evoluzione in malattia severa:

z Patologia oncologica/oncoematologica in fase attiva

z Insufficienza renale cronica

z Broncopneumopatia severa

z Immunodeficienza primitiva o acquisita

z Obesità [(Body Mass Index, BMI) ≥30]

z Malattia cardiovascolare grave (scompenso cardiaco, malattia coronarica, cardiomiopatia)

z Diabete mellito non compensato

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Remdesivir – Veklury ® informazioni per gli operatori sanitari https://www.aifa.gov. it/aggiornamento-suifarmaci-utilizzabili-peril-trattamento-dellamalattia-covid19

Il remdesivir è un farmaco antivirale (profarmaco analogo nucleotidico dell’adenosina), già autorizzato da EMA per il trattamento del COVID-19 con polmonite che richiede ossigenoterapia supplementare, ha ottenuto a dicembre 2021 l’autorizzazione per l’estensione di indicazione relativa al trattamento del COVID-19 negli “adulti che non richiedono ossigenoterapia supplementare e presentano un aumento del rischio di progressione a COVID-19 severa”.

Il trattamento deve essere iniziato il prima possibile dopo la diagnosi di COVID-19 ed entro 7 giorni dalla comparsa dei sintomi.

Il dosaggio raccomandato di remdesivir negli adulti è: z giorno 1: singola dose di carico di remdesivir 200 mg somministrata tramite infusione endovenosa z dal giorno 2 in poi: 100 mg somministrati una volta al giorno tramite infusione endovenosa.

La durata totale del trattamento deve essere di 3 giorni.

I pazienti devono essere monitorati durante il trattamento con remdesivir.

La somministrazione del farmaco in ambiente ambulatoriale deve essere monitorata secondo la pratica locale. L’utilizzo deve avvenire in condizioni in cui è possibile trattare le reazioni di ipersensibilità severe, inclusa l’anafilassi.

Per la prescrizione ed il monitoraggio degli esiti è prevista la compilazione di un registro web AIFA.

Nirmatrelvir/ritonavir –Paxlovid ®

Informazioni per gli operatori sanitari https:// www.ema.europa.eu/ en/medicines/human/ summaries-opinion/ paxlovid

Paxlovid® (nirmatrelvir-ritonavir) è il primo farmaco antivirale orale ad essere stato autorizzato da EMA per il trattamento del COVID-19 in soggetti adulti, non ospedalizzati e ad alto rischio di sviluppare una malattia grave da COVID-19. Il medicinale contiene due principi attivi, nirmatrelvir e ritonavir, presenti in due compresse distinte: nirmatrelvir agisce riducendo la capacità del SARS-CoV-2 di replicarsi nell’organismo, mentre ritonavir (farmaco già da tempo utilizzato nel trattamento dell’infezione da HIV) non ha attività antivirale ma funziona da booster farmacologico prolungando l’azione di nirmatrelvir.

Paxlovid® deve essere somministrato il prima possibile dopo la diagnosi di COVID-19, non oltre 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. Il trattamento consiste nell’assunzione di due compresse di nirmatrelvir e una compressa di ritonavir, due volte al giorno, per 5 giorni.

Per le avvertenze e precauzioni d’impiego si veda il Riassunto delle Caratteristiche del prodotto - RCP (https://www.ema. europa.eu/en/documents/product-information/paxlovid-eparproduct-information_en.pdf).

Si richiama l’attenzione dei prescrittori sulla necessità di indagare in maniera accurata l’anamnesi farmacologica del paziente in quanto il ritonavir ha importanti interazioni farmacologiche con molti farmaci, in relazione alle quali nelle informazioni sul prodotto di Paxlovid sono state incluse avvertenze e raccomandazioni. Per un ulteriore supporto nella valutazione delle possibili interazioni farmacologiche si consiglia di consultare il sito: https://www.covid19-druginteractions.org/

Covid-19 e SARS-CoV-2 19

Molnupiravir –Lagevrio ®

informazioni per gli operatori sanitari https:// www.aifa.gov.it/usodegli-antivirali-oraliper-covid-19

Il molnupiravir è un farmaco antivirale (profarmaco metabolizzato all’analogo ribonucleosidico N-idrossicitidina), non ancora autorizzato da EMA, ma reso disponibile ai sensi del’Art.5.2 del DL 219/2006 (Decreto Ministeriale del 26 novembre 2021).

Molnupiravir deve essere somministrato il prima possibile dopo la conferma di diagnosi di COVID-19, non oltre 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi.

La dose raccomandata di molnupiravir è di 800 mg (quattro capsule da 200 mg) da assumere per via orale ogni 12 ore per 5 giorni.

Per le avvertenze e precauzioni d’impiego si vedano le informazioni per gli operatori sanitari (https://www.aifa. gov.it/uso-degli-antivirali-orali-per-covid-19). Si richiama l’attenzione sulla necessità di seguire appropriate misure contraccettive.

Nelle donne potenzialmente fertili utilizzare un metodo di contraccezione efficace (che includa necessariamente un metodo di barriera), per l’intera durata del trattamento e per almeno 4 giorni dopo la fine del trattamento stesso.

Negli uomini, partner di donna potenzialmente fertile, la contraccezione deve avvenire per l’intera durata del trattamento e per almeno 3 mesi dopo la fine del trattamento con molnupiravir.

Per la prescrizione ed il monitoraggio degli esiti a 30 giorni è prevista la compilazione di un registro web AIFA, inoltre, non essendo il farmaco autorizzato da EMA, ma disponibile in Italia tramite procedura emergenziale, è prevista la firma del consenso informato da parte del paziente.

Anticorpi Monoclonali

bamlanivimab/ etesevimab

informazioni per gli operatori sanitari

https://www.aifa.gov.

it/uso-degli-anticorpimonoclonali

casirivimab/ imdevimab–

Ronapreve® (600/600 mg)

informazioni per gli operatori sanitari

https://www.aifa.gov.

it/uso-degli-anticorpimonoclonali

sotrovimab – Xevudy ®

informazioni per gli operatori sanitari

https://www.aifa.gov.

it/uso-degli-anticorpimonoclonali

Gli anticorpi monoclonali disponibili in Italia sono: l‘associazione casirivimab/imdevimab, l’associazione bamlanivimab/etesevimab e il sotrovimab.

Gli anticorpi monoclonali casirivimab/imdevimab e il sotrovimab sono stati autorizzati dall’EMA, mentre l’associazione bamlanivimab/etesevimab, è stata resa disponibile ai sensi del’Art.5.2 del DL 219/2006 (Decreto Ministeriale del 6 febbraio 2021 e del 12 luglio 2021).

La popolazione candidabile alla terapia con i tre trattamenti è rappresentata da soggetti di età pari o superiore a 12 anni (e almeno 40 Kg), positivi al SARS-CoV-2, non ospedalizzati per COVID-19, non in ossigenoterapia per COVID-19, con sintomi di grado lieve-moderato e che sono ad alto rischio di COVID-19 severa. Tra i possibili fattori di rischio si includono i seguenti:

z età >65 anni;

z avere un indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI) ≥30,

z oppure >95% percentile per età e per genere;

z insufficienza renale cronica, incluse dialisi peritoneale o emodialisi;

z diabete mellito non controllato (HbA1c ≥9.0% o 75 mmol/ mol) o con

z complicanze croniche;

z immunodeficienza primitiva o secondaria;

z malattia cardio-cerebrovascolare (inclusa ipertensione con concomitante danno d’organo)

z broncopneumopatia cronica ostruttiva e/o altra malattia respiratoria cronica (ad es. soggetti affetti da asma, fibrosi polmonare o che necessitano di ossigenoterapia per ragioni differenti da SARS-CoV-2);

z Epatopatia cronica

Covid-19 e SARS-CoV-2 20

z Emoglobinopatie

z Patologie del neurosviluppo e patologie neurodegenerative.

COVID-19 deve essere di recente insorgenza (comunque da non oltre 7 giorni). Il trattamento è possibile oltre i sette giorni dall’esordio solo in soggetti con immunodeficienza che presentino: sierologia per SARS-CoV- 2 negativa e prolungata positività al tampone molecolare.

Per tutti i tre trattamenti è prevista un’unica somministrazione ai seguenti dosaggi:

bamlanivimab (700 mg) + etesevimab (1.400 mg) per via EV

casirivimab (600 mg) + imdevimab (600 mg) per via EV; l’associazione può essere somministrata alla stessa posologia per via sottocutanea, qualora la somministrazione endovenosa non sia fattibile e comporti un ritardo nel trattamento.

sotrovimab (500 mg) per via EV

Per le modalità e la durata si vedano le informazioni per gli operatori sanitari (https://www.aifa.gov.it/uso-degli-anticorpi-monoclonali).

La somministrazione deve essere monitorata fino ad un’ora dopo il termine dell’infusione da parte di un operatore sanitario adeguatamente formato ed in grado di gestire eventuali reazioni avverse gravi.

Per la prescrizione ed il monitoraggio degli esiti a 30 giorni è prevista la compilazione di un registro web AIFA. Per l’associazione bamlanivimab/etesevimab, non ancora autorizzato da EMA, ma disponibile in Italia tramite procedura emergenziale, è inoltre prevista la firma del consenso informato da parte del paziente.

L’efficacia degli anticorpi monoclonali potrebbe essere ridotta nei pazienti che presentano anticorpi anti SARS-COV-2 o per alcune varianti virali; di questo si dovrà tener conto in sede di scelta terapeutica anche in relazione alla situazione epidemiologica locale. Sulla base dei dati disponibili, si riporta nella tabella di seguito l’efficacia nei confronti delle VOC per ciascuno degli anticorpi monoclonali disponibili in Italia

Efficacia in vitro rispetto alle VOC circolanti degli anticorpi monoclonali disponibili in Italia (https://www.idsociety.org/covid-19-real-time-learning-network/emergingvariants/emerging-covid-19-variants/)

Variante (WHO label/ Pango Lineage)

Bamlanivimab + etesevimab casirivimab + imdevimab (Ronapreve)

Omicron B.1.1.529 Attività neutralizzante assente

Delta B.1.617.2 Attività neutralizzante conservata

Gamma P.1 Attività neutralizzante marcatamente ridotta

Beta B.1.51 Attività neutralizzante marcatamente ridotta

Alpha B.1.1.7 Attività neutralizzante conservata

Attività neutralizzante assente

Attività neutralizzante conservata

Attività neutralizzante conservata

Attività neutralizzante conservata

Attività neutralizzante conservata

Sotrovimab (Xevudy)

Attività neutralizzante conservata

Attività neutralizzante conservata

Attività neutralizzante conservata

Attività neutralizzante conservata

Attività neutralizzante conservata

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Corticosteroidi

Scheda Informativa

AIFA: https://www.aifa. gov.it/aggiornamentosui-farmaci-utilizzabiliper-il-trattamento-dellamalattia-covid19

L’uso dei corticosteroidi è raccomandato nei soggetti ospedalizzati con malattia COVID-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno.

Tale raccomandazione si basa sul fatto che attualmente esistono evidenze di un benefico clinico di tali farmaci solo in questo setting di pazienti/fase di malattia. Si sottolinea, inoltre, che nella fase iniziale della malattia (nella quale prevalgono i fenomeni connessi alla replicazione virale) l’utilizzo del cortisone potrebbe avere un impatto negativo sulla risposta immunitaria sviluppata.

L’uso dei corticosteroidi a domicilio può essere considerato nei pazienti che presentano fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia e qualora non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere.

Lo studio che ha dimostrato la riduzione di mortalità con basse dosi di corticosteroidi ha utilizzato il desametasone al dosaggio di 6 mg per un massimo di 10 giorni. Eventuali altri corticosteroidi dovrebbero essere utilizzati a dosaggi equivalenti (metilprednisolone 32 mg, prednisone 40mg, idrocortisone 160mg).

È importante, infine, ricordare che in molti soggetti con malattie croniche l’utilizzo del cortisone può determinare importanti eventi avversi che rischiano di complicare il decorso della malattia virale. Valga come esempio a tutti noto, quello dei soggetti diabetici in cui sia la presenza di un’infezione, sia l’uso del cortisone possono gravemente destabilizzare il controllo glicemico.

Eparine

Scheda Informativa

AIFA: https://www.aifa. gov.it/aggiornamentosui-farmaci-utilizzabiliper-il-trattamento-dellamalattia-covid19

L’uso delle eparine (solitamente le eparine a basso peso molecolare) nella profilassi degli eventi trombo-embolici nel paziente medico con infezione respiratoria acuta e ridotta mobilità è raccomandato dalle principali linee guida e deve continuare per l’intero periodo dell’immobilità.

L’utilizzo routinario delle eparine non è raccomandato nei soggetti non ospedalizzati e non allettati a causa dell’episodio infettivo, in quanto non esistono evidenze di un benefico clinico in questo setting di pazienti / fase di malattia. Nel caso di soggetto allettato possono essere usati i dosaggi profilattici dei vari composti eparinici disponibili.

È importante ricordare che l’infezione da SARS-CoV-2 non rappresenta una controindicazione a continuare la terapia anticoagulante orale (con AVK o NAO) o la terapia antiaggregante anche doppia già in corso.

FARMACI NON RACCOMANDATI PER IL TRATTAMENTO DEL COVID-19

Antibiotici

Scheda AIFA Informativa (relativa ad azitromicina): https://www.aifa. gov.it/aggiornamentosui-farmaci-utilizzabiliper-il-trattamento-dellamalattia-covid19

L’utilizzo di antibiotici non è raccomandato per il trattamento dell’infezione da SARS-CoV-2.

Recenti studi clinici randomizzati ben condotti (che nella maggior parte dei casi valutavano l’efficacia dell’azitromicina) hanno dimostrato che l’utilizzo di un antibiotico, da solo o associato ad altri farmaci, con particolare riferimento all’idrossiclorochina, non modifica il decorso clinico della malattia.

L’uso di un antibiotico può essere considerato solo quando si sospetta la presenza di una sovrapposizione batterica, in rapporto al quadro clinico generale del paziente.

Un ingiustificato utilizzo degli antibiotici può inoltre determinare l’insorgenza e il propagarsi di resistenze batteriche che potrebbero compromettere la risposta a terapie antibiotiche future.

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Idrossiclorochina

Scheda Informativa

AIFA: https://www.aifa. gov.it/aggiornamentosui-farmaci-utilizzabiliper-il-trattamento-dellamalattia-covid19

Lopinavir / ritonavir

Darunavir / ritonavir o cobicistat

Scheda Informativa

AIFA: https://www.aifa. gov.it/aggiornamentosui-farmaci-utilizzabiliper-il-trattamento-dellamalattia-covid19

L’utilizzo di clorochina o idrossiclorochina non è raccomandato né allo scopo di prevenire né allo scopo di curare l’infezione.

Gli studi clinici randomizzati ad oggi pubblicati concludono per una sostanziale inefficacia del farmaco a fronte di un aumento degli eventi avversi, seppure non gravi. Ciò rende negativo il rapporto fra i benefici e i rischi dell’uso di questo farmaco.

L’utilizzo di lopinavir / ritonavir o darunavir / ritonavir o cobicistat non è raccomandato né allo scopo di prevenire né allo scopo di curare l’infezione.

Gli studi clinici randomizzati ad oggi pubblicati concludono tutti per un’inefficacia di questi approcci farmacologici.

Linee guida NIH per il trattamento dei pazienti domiciliari (giugno 2021): https://www.covid19treatmentguidelines.nih.gov/management/ outpatient-management/

Linee guida NIH 02-2022: Le linee guida NIH1 ora raccomandano che i pazienti ad alto rischio con COVID-19 da lieve a moderata di età ≥ 12 anni e peso ≥ 40 kg ricevano un trattamento antivirale con (in ordine di preferenza):

1) un ciclo di cinque giorni di Nirmatrelvir orale con Ritonavir Paxlovid

2) un’infusione ev singola dell’anticorpo monoclonale Sotrovimab,

3) un ciclo di tre giorni di Remdesivir ev Veklury

4) negli adulti un ciclo di cinque giorni di Molnupiravir orale

5) Nirmatrelvir/Ritonavir e Sotrovimab sono preferiti al Remdesivir principalmente a causa dei problemi logistici associati all’infusione ev del Remdesivir per tre giorni consecutivi. Il Molnupiravir dovrebbe essere impiegato solo quando Paxlovid, Sotrovimab e Remdesivir sono inappropriati o non disponibili, poiché è meno efficace di queste opzioni d’elezione. Le associazioni di anticorpi monoclonali Casirivimab più Imdevimab (REGEN-COV-Ronapreve) e bamlanivimab più etesevimab non sono attualmente autorizzate per l’uso negli Stati Uniti e in Italia perché non esercitano alcuna attività contro la variante Omicron del SARS-CoV-2.

Suggerimenti ai pazienti affetti da cancro riguardo a Covid19 della lega Svizzera per la lotta contro il cancro: https://www. legacancro.ch/landingpages/fragen-und-antworten-zu-corona/ coronavirus-e-cancro-domande-e-risposte

Covid-19 e ipotetiche interferenze con farmaci in commercio analizzate dall’EMA a seguito di segnalazioni su social media: Antinfiammatori non steroidei (FANS) e Ibuprofene. Al momento non ci sono prove scientifiche che stabiliscano un legame tra ibuprofene e peggioramento di COVID-19 https://www.ema.europa.eu/en/news/ ema-gives-advice-use-non-steroidal-anti-inflammatories-covid-19

Inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) e i bloccanti del recettore dell’angiotensina (ARB, o farmaci sartani). Gli ACE-inibitori e gli ARB sono più comunemente usati per il trattamento di pazienti con ipertensione, insufficienza cardiaca o malattie renali. È importante che i pazienti non interrompano il trattamento con ACE-inibitori o ARB e non è necessario passare ad altri medicinali.

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Al momento non ci sono prove da studi clinici o epidemiologici che stabiliscano un legame tra ACE-inibitori o ARB e il peggioramento di COVID-19. Esperti nel trattamento dei disturbi del cuore e della pressione sanguigna, compresa la Società europea di cardiologia, hanno già rilasciato dichiarazioni in tal senso. Per raccogliere ulteriori prove, l’EMA sta raggiungendo in modo proattivo i ricercatori che lavorano per generare ulteriori prove negli studi epidemiologici. La speculazione secondo cui il trattamento con ACE-inibitori o ARB può peggiorare le infezioni nel contesto di COVID-19 non è supportato da prove cliniche. Questi medicinali agiscono sul sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS). Poiché il virus utilizza un target chiamato enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2), che fa parte di questo sistema, per entrare nelle cellule umane e i medicinali possono aumentare l’ACE2, uno dei suggerimenti tra l’altro è che potrebbero anche aumentare l’attività del virus. Tuttavia, le interazioni del virus con il RAAS nel corpo sono complesse e non completamente comprese.Recentemente uno studio su 43.000 pazienti ha escluso ogni possibile incremento o decremento della mortalità per tutte le cause in pazienti con COVID-19 che assumevano ARB o ACE-inibitori (https://sif-website.s3.amazonaws.com/uploads/ covid_doc/link/46/40264_2020_Article_994.pdf)

Rapporto con la sperimentazione durante COVID-19: Non ci sono prove attuali per raccomandare alcun trattamento specifico antiCOVID-19 per i pazienti con COVID-19 confermato. Ci sono molti studi clinici in corso che testano vari potenziali antivirali; questi sono registrati su https://clinicaltrials.gov/ o sul registro di sperimentazione clinica cinese (http://www.chictr.org.cn/abouten.aspx). Raccogliere dati clinici standardizzati su tutti i pazienti ospedalizzati serve per migliorare la comprensione della storia naturale della malattia.

Le terapie investigative anti-COVID-19 devono essere utilizzate solo in studi approvati, randomizzati e controllati.

L’OMS consiglia di fornire dati anonimi alla piattaforma di dati clinici globali COVID-19 dell’OMS; contattare EDCARN@who.int per ottenere le credenziali di accesso. Sono necessari dati disaggregati per bambini e donne in gravidanza. È urgente raccogliere dati standardizzati per la caratterizzazione clinica di COVID-19 per comprendere meglio la storia naturale della malattia con campionamento biologico seriale. Sono disponibili protocolli di ricerca per la caratterizzazione clinica https://isaric.tghn.org/protocols/severe-acute-respiratory-infectiondata-tools/ ).

Fare riferimento al sito Web dell’OMS R&D Blueprint per la definizione delle priorità più aggiornata delle terapie ( https://www.who.int/blueprint/priority-diseases/key-action/novelcoronavirus/en/ ).

Fare riferimento al protocollo di prova controllato randomizzato clinico di base dell’OMS per l’uso nella valutazione dell’efficacia e della sicurezza degli agenti terapeutici sperimentali in combinazione con gli standard di cura per il trattamento di pazienti ospedalizzati (https://www. who.int/blueprint/priority-diseases/key-action/multicenter-adaptiveRCT-ofinvestigational-therapeutics-for-COVID-19.pdf?ua=1). Se non è possibile condurre un RCT, allora la terapia sperimentale dovrebbe essere utilizzata in Monitoraggio dell’emergenza dell’uso di unregistered Intervent Framework (MEURI), fino a quando un RCT non può essere avviato (https://www.who.int/ethics/publications/infectiousdisease-outbreaks/en/ )

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Terapie in sperimentazione proposte sui siti di enti nazionali e internazionali

Istituto Superiore di Sanità (ISS)

Per approfondire:

http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieN uovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero &id=4351

L’Iss chiarisce che al momento non esiste nessun farmaco che abbia come indicazione terapeutica la prevenzione o il trattamento di COVID-19. In questa situazione di emergenza, evidenzia l’Istituto, alcuni farmaci già noti ed utilizzati per il trattamento di altre malattie possono essere usati in pazienti con COVID-19, ma tale trattamento (che si basa su conoscenze ancora incomplete ed è giustificabile solo a fronte della mancanza di alternative) può avvenire solo su prescrizione medica. Solo il medico può decidere quando usare questi farmaci e può controllarne la sicurezza nel singolo paziente. Attualmente l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sta semplificando ed accelerando le procedure di sperimentazione clinica su farmaci per il trattamento di COVID-19, e ad oggi sono stati autorizzati già diversi studi che hanno l’obiettivo di verificare l’efficacia e la sicurezza di diverse molecole

Agenzia Italiana del farmaco (AIFA)

Per approfondire: https://www.aifa.gov.it/aggiornamento-suifarmaci-utilizzabili-per-il-trattamento-della-malattia-covid19 L’uso off-label dei farmaci è consentito unicamente nell’ambito del piano nazionale di gestione dell’emergenza COVID-19 e nel rispetto degli elementi di seguito riportati.

X Azitromicina nella terapia dei pazienti adulti con COVID19: compresse da 500mg o polvere per sospensione orale alla concentrazione di 200 mg/5ml. Il dosaggio indicato è 500 mg al giorno per 3 giorni consecutivi.Il razionale dell’utilizzo di azitromicina nel trattamento di patologie virali si basa su studi in vitro e in vivo i quali hanno dimostrato che i macrolidi mitigano l’infiammazione e modulano il sistema immunitario. In particolare essi si sono mostrati in grado di causare la downregulation delle molecole di adesione della superficie cellulare, ridurre la produzione di citochine proinfiammatorie, stimolare la fagocitosi da parte dei macrofagi alveolari e inibire l’attivazione e la mobilizzazione dei neutrofili. Il meccanismo con cui i macrolidi esercitano questi effetti antinfiammatori e immunomodulatori non è ben noto. La mancanza di un solido razionale e l’assenza di prove di efficacia nel trattamento di pazienti COVID-19 non consente di raccomandare l’utilizzo dell’azitromicina, da sola o associata ad altri farmaci con particolare riferimento all’idrossoclorochina, al di fuori di eventuali sovrapposizioni batteriche. L’uso dell’azitromicina per indicazioni diverse da quelle registrate può essere considerato esclusivamente nell’ambito di studi clinici. Gli usi non previsti dalle indicazioni autorizzate e non raccomandati, restano una responsabilità del prescrittore e non sono a carico del SSN. Un recente studio in aperto e randomizzato condotto in Brasile su pazienti ospedalizzati non ha trovato differenze di mortalità e di tempo libero da ventilazione meccanica tra il gruppo trattato con Azitromicina ed il gruppo controllo X Darunavir/cobicistat (Rezolsta) nella terapia dei pazienti adulti con COVID 19: cp da 800 /150 mg. Dosaggio consigliato darunavir/ cobicistat 800/150 mg cp 1 cp/die assunto col cibo Idealmente la durata del trattamento dovrà essere di almeno 5-7 giorni, da stabilire secondo evoluzione clinica. È un inibitore delle proteasi potenziato

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con cobicistat. Cobicistat ne migliora il profilo farmacocinetico e inibendo il citocromo P450 isoenzima 3A4 rallenta il metabolismo di darunavir ed incrementa la sua esposizione farmacologica. L’associazione ha dimostrato la sua efficacia nell’ambito della ART per il trattamento dell’HIV. Diversi inibitori delle proteasi attualmente utilizzati per la terapia dell’HIV (lopinavir - LPV - darunavir - DRV - atazanavir, - ATV- ) possono, legandosi e inattivando le proteasi 3CLpro e PL2pro, inibire la replicazione virale; la proteasi 3CLpro è un obiettivo molecolare essenziale anche per la replicazione dei coronavirus. Modelli animali suggeriscono che l’inibizione della proteasi 3CLpro in animali in condizioni critiche si associa ad un miglioramento. Infine, precedenti esperienze con infezione da SARS-CoV-1 e MERS, suggeriscono che Lopinavir può migliorare alcuni parametri clinici dei pazienti. L’esperienza clinica con l’HIV ha dimostrato che nelle indicazioni autorizzate questi farmaci sono tendenzialmente sicuri, anche se variamente tollerati e con numerose interazioni farmacologiche. Studi clinici La sua efficacia rispetto a COVID-19 è solo aneddotica. È in corso un piccolo studio su darunavir/ cobicistat in Cina. Il suo vantaggio clinico attualmente individuato è la sua maggiore tollerabilità intestinale rispetto a lopinavir/ritonavir. In questa fase di emergenza, considerate le premesse sopradescritte, l’uso terapeutico di darunavir/cobicistat può essere considerato, in alternativa al lopinavir/ritonavir (nello stesso setting di pazienti) quando quest’ultimo non è tollerato per diarrea. Il prescrittore dovrà valutare caso per caso il rapporto rischio/beneficio considerando in particolare: - Le associazioni farmacologiche. In particolare l’associazione a farmaci metabolizzati attraverso il citocromo P450. Allo stato attuale delle conoscenze, non è consigliabile l’associazione di darunavir/cobicistat con idrossiclorochina né l’eventuale aggiunta di azitromicina. Ciò è sostenuto dai dati di sicurezza attualmente disponibili che richiamano ulteriormente alla cautela in caso di associazione con farmaci che potrebbero potenziarne la tossicità in assenza di chiare evidenze di un miglioramento dell’efficacia a seguito della combinazione. Non esiste alcuna prova che l’ulteriore aggiunta di antibiotici (es. azitromicina) sia sicura e che migliori l’evoluzione della malattia. Sono necessari studi clinici randomizzati per valutare l’efficacia del farmaco nei vari livelli di gravità della malattia. Il farmaco è normalmente soggetto a prescrizione limitativa da parte dello specialista infettivologo. Qualora tale limitazione risulti impraticabile sulla base di condizioni organizzative locali legate all’emergenza COVID-19, esclusivamente per la durata della suddetta emergenza la prescrizione potrà non essere limitata allo specialista definito nel regime di fornitura. La modalità di dispensazione potrà essere stabilita in base alle direttive delle autorità sanitarie locali. Trattandosi di un uso off label è necessario il consenso del paziente. L’acquisizione del consenso (in forma verbale o scritta) deve risultare dalla cartella clinica. Maggiori rischi e reazioni avverse:

z Insufficienza epatica grave (Classe C di Child-Pugh)

z Poiché cobicistat riduce la clearance stimata della creatinina, il farmaco non deve essere utilizzato in presenza di una clearance della creatinina < 70 mL/min in pazienti per i quali tale parametro è usata per guidare aspetti della loro gestione clinica.

z Interazioni farmacologiche: La combinazione DRV/c non deve essere prescritta ai soggetti con infezione da HIV, che vanno inviati al proprio specialista curante.

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z L’utilizzo di darunavir/cobicistat è controindicato in gravidanza in quanto nel 2° e 3° trimestre si sono osservati livelli di darunavir ridotti che causano bassa esposizione al farmaco.

X Idrossiclorochina (Plaquenil o corrispondente generico) nella terapia dei pazienti adulti con COVID 19: cp da 200 mg. Dosaggio in monoterapia: 1° giorno somministrare idrossiclorochina 400 mg x 2/die dal 2° giorno 200 mg x 2 /die. Il Trial sospeso dall’OMS in base al recente studio del Lancet è ripartito visto il ritiro dello studio pubblicato. Idealmente la durata del trattamento dovrà essere di almeno 5-7 giorni, da stabilire secondo evoluzione clinica. Analogo della clorochina chimicamente molto simile e che ne condivide il meccanismo d’azione. Attualmente nel nostro Paese è utilizzata in campo reumatologico alla dose di 200 mg x 2 anche per periodi molto prolungati; esiste quindi ampia esperienza clinica (superiore rispetto alla clorochina) riguardo alla sua tollerabilità. Idrossiclorochina (HCQ) e clorochina (CQ) (ed i loro metaboliti attivi) hanno dimostrato in vitro o in modelli animali di possedere un effetto antivirale attraverso l’alterazione (aumento) del pH endosomiale che è determinante per la fusione virus-cellula. Tali farmaci inoltre interferiscono sulla glicosilazione dei recettori cellulari di SARS-COV-2. Dati in vitro riportano che la CQ è in grado di bloccare la replicazione virale di SARS-COV-2 a dosi utilizzate nella pratica clinica. Oltre all’azione antivirale, entrambi i farmaci hanno un’attività immunomodulante che potrebbe sinergisticamente potenziare l’effetto antivirale in vivo. Da studi in vitro sembra inoltre che gli effetti sulle cellule siano osservabili sia quando il farmaco è presente prima sia quando è presente dopo l’inoculo virale. CQ e HCQ si distribuiscono in tutto il corpo incluso il polmone dove sembrano concentrarsi. La scelta di HCQ deriva da una maggiore efficacia in vitro; secondo uno studio recente, l’HCQ potrebbe essere attiva contro SARS-COV-2 a concentrazioni minori rispetto alla CQ. Studi clinici Rispetto alla patologia da COVID-19: - esistono alcuni risultati aneddotici; - i risultati preliminari su più di 100 pazienti trattati in Cina sembrano dimostrare la superiorità della clorochina rispetto al controllo nel migliorare il decorso della malattia in pazienti con polmonite associata ad infezione da Covid-19; - una consensus recentemente pubblicata in Cina ne caldeggia l’uso clinico e l’inserimento nelle LG. Uno studio osservazionale retrospettivo su una popolazione con patologia reumatologica sembra dimostrare che, nel lungo termine, l’HCQ è più tollerabile della clorochina (40% in meno di probabilità di sospensione per eventi avversi rispetto alla clorochina). In questa fase di emergenza, considerate le premesse sopradescritte, l’uso terapeutico dell’idrossiclorochina può essere considerato sia nei pazienti COVID-19 di minore gravità gestiti a domicilio sia nei pazienti ospedalizzati. Il prescrittore dovrà valutare caso per caso il rapporto rischio/beneficio considerando:

z le patologie associate. Si dovrà prestare particolare cautela nei pazienti con patologie cardiovascolari, (sindrome del QT lungo, aritmie maggiori, insufficienza epatica o renale, disturbi elettrolitici).

z le associazioni farmacologiche. In particolare l’associazione a farmaci che aumentano il QT, l’anamnesi di favismo (deficit di G6PD) o comunque elementi anamnestici sospetti per tale deficit congenito. Allo stato attuale delle conoscenze, non è consigliabile l’associazione di idrossiclorochina con lopinavir/ritonavir né l’eventuale aggiunta di azitromicina. Ciò è sostenuto dai dati di sicurezza attualmente disponibili che richiamano ulteriormente alla cautela in

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caso la si associ a farmaci che potrebbero potenziarne la tossicità, in assenza di chiare evidenze di un miglioramento dell’efficacia a seguito della combinazione. Non esiste alcuna prova che l’ulteriore aggiunta di antibiotici (es. azitromicina) sia sicura e che migliori l’evoluzione della malattia. Poiché l’uso terapeutico dell’idrossiclorochina sta entrando nella pratica clinica sulla base di evidenze incomplete, è urgente uno studio randomizzato che ne valuti l’efficacia clinica. Linee di Indirizzo per l’uso profilattico Al momento l’uso profilattico è basato esclusivamente su osservazioni in vitro, per cui non esistono indicazioni neppure in merito alle dosi da utilizzare. L’uso profilattico deve essere quindi considerato esclusivamente nell’ambito di studi clinici. Un recente studio Idrossiclorochina somministrata quotidianamente a personale sanitario non ha dimostrato di poter prevenire l’infezione da SARS-COV-2 (Abella, JAMA IM, 30/09/2020). Modalità di prescrizione: Non è richiesta la prescrizione specialistica. Trattandosi di un uso off label è necessario il consenso del paziente. L’acquisizione del consenso (in forma verbale o scritta) deve risultare dalla cartella clinica. La modalità di dispensazione potrà essere stabilita in base alle direttive delle autorità sanitarie locali. Il giorno 25 novembre 2020 AIFA , in seguito all’accumularsi di prove di inefficacia associate ad effetti avversi, sconsiglia l’uso terapeutico di idrossiclorochina nel trattamento del Covid-19. EMA ha recentemente avvisato di un possibile collegamento tra l’uso di clorochina ed idrossiclorochina ed effetti avversi psichiatrici tra i quali rischio di comportamento suicidario.

X In seguito alla pronuncia dell’AIFA è stato presentato un ricorso che ha portato il consiglio di stato a sospendere la nota dell’Agenzia Italiana del Farmaco del 22 luglio 2020, la quale vietava l’utilizzo off-label di idrossiclorochina per la cura del COVID-19, al di fuori degli studi clinici randomizzati controllati: “la scelta se utilizzare o meno il farmaco, in una situazione di dubbio e di contrasto nella comunità scientifica, sulla base di dati clinici non univoci, circa la sua efficacia nel solo stadio iniziale della malattia, deve essere dunque rimessa all’autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico, con l’ovvio consenso informato del singolo paziente, e non ad una astratta affermazione di principio, in nome di un modello scientifico puro, declinato da AIFA, con un aprioristico e generalizzato, ancorché temporaneo, divieto di utilizzo” i giudici rilevano che il provvedimento dell’autorità violi in maniera ingiustificata e sproporzionata, in assenza di valide ragioni scientifiche a sostegno della decisione amministrativa, il principio di libertà prescrittiva ed autonomia decisionale del medico curante, sancito dall’art. 3, c. 2, del d.l. n. 23 del 1998, nonché desumibile dagli artt. 9 e 33 della Costituzione, e limiti il fondamentale diritto alla salute tutelato dall’art. 32 della Costituzione, sia nella sua dimensione personalistica, negando al singolo paziente di usufruire di una possibile alternativa terapeutica, sia in quella solidaristica, intesa quale interesse della collettività

X Lopinavir/ritonavir (Kaletra e farmaci equivalenti) nella terapia dei pazienti adulti con COVID 19: cp da 200/50 mg ; soluzione orale: (80 mg + 20 mg)/ml. Dosaggio: lopinavir/ritonavir 200/50 mg cp 2 cp x 2/die assunto col cibo (se necessario utilizzare la soluzione orale: 5 ml x 2 per os) Idealmente la durata del trattamento dovrà essere di almeno 5-7 giorni, da stabilire secondo evoluzione clinica. È un inibitore delle proteasi boosterato con ritonavir. Ritonavir ne

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migliora il profilo farmacocinetico e inibendo il citocromo P450, isoenzima 3A4, rallenta il metabolismo di lopinavir ed incrementa la sua esposizione farmacologica. L’associazione si è dimostrata efficace nell’ambito della ART per il trattamento dell’HIV. Diversi inibitori delle proteasi attualmente utilizzati per la terapia dell’HIV (lopinavir - LPV - darunavir - DRV - atazanavir, - ATV- ) possonoinibire la replicazione virale inattivando le proteasi 3CLpro e PL2pro; la proteasi 3CLpro è un obiettivo molecolare essenziale anche per la replicazione dei coronavirus. Modelli animali suggeriscono che l’inibizione della proteasi 3CLpro in animali in condizioni critiche si associa ad un miglioramento. Infine, precedenti esperienze con l’infezione da SARS-CoV-1 e MERS, suggeriscono che Lopinavir può migliorare alcuni parametri clinici dei pazienti. L’esperienza clinica con l’HIV ha dimostrato che nelle indicazioni autorizzate questi farmaci sono tendenzialmente sicuri, anche se variamente tollerati e con numerose interazioni farmacologiche. Studi clinici

disponibile qualche dato di efficacia su piccole casistiche (associato o meno alla ribavirina) sul coronavirus responsabile della SARS o della MERS. Rispetto alla patologia da COVID-19: - Esistono evidenze aneddotiche e case report pubblicati su singoli pazienti; un case report su 5 pazienti affetti da COVID-19 trattati a Singapore, mostra che 3/5 hanno avuto una apparente buona e rapida risposta. - Una revisione della letteratura pubblicata nel 2020 (solo in lingua cinese) e riportata nella LG appena pubblicata in Cina sembra concludere per un’efficacia del lopinavir/ritonavir nel trattamento delle infezioni da coronavirus nel ridurre mortalità e consumo di glucocorticoidi se somministrato precocemente. - Sono in corso numerosi studi che coinvolgono lopinavir/ritonavir da solo o associato ad altri antivirali di cui si attendono i risultati nei prossimi mesi. - Il 18 marzo 2020 è stato pubblicato un RCT in aperto che ha confrontato lopinavir/ritonavir aggiunto alla usual care vs la sola usual care in pazienti (N = 199) ricoverati con polmonite da COVID-19, una SaO2 ≤ 94%, una PaO2/FiO2 ≤ 300 mg Hg ed un punteggio mediano NEWS2 di 5. Complessivamente, l’aggiunta dell’ antiretrovirale alla usual care non ha comportato un beneficio clinico in termini di riduzione di 2 punti sulla category scale a 7 punti che valuta lo stato di salute dei pazienti con malattie respiratorie gravi o di dimissione (esito primario dello studio). Un’analisi post-hoc condotta per valutare l’efficacia di LPV/r vs la sola usual care nei 2 sottogruppi di pazienti randomizzati entro 12 giorni dall’insorgenza dei sintomi o dopo più di 12 giorni dall’insorgenza dei sintomi non indica un beneficio clinico dell’ antiretrovirale in nessuno dei due sottogruppi. La mortalità (esito secondario dello studio, per cui non è stato potenziato) mostra una differenza assoluta del 5,8% a favore di lopinavir che però non raggiunge la significatività statistica. In conclusione Considerati i limiti dello studio (numerosità del campione, mancato bilanciamento tra i bracci rispetto ad alcune caratteristiche, quali la gravità e l’onset dei sintomi al baseline), e le caratteristiche della casistica prevalente studiata, si può affermare che i risultati siano trasferibili principalmente ad una popolazione di pazienti COVID-19 con un quadro clinico grave e instabile (SaO2 < 94%, necessità di ricorrere all’ossigenoterapia o a tecniche di ventilazione meccanica e che hanno manifestato i sintomi della patologia da più di 12 giorni). In tali pazienti la somministrazione di lopinavir/r non ha dimostrato un beneficio clinico rispetto alla

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È

usual care. La mortalità (esito secondario per la quale lo studio non era stato dimensionato) non è stata significativamente diversa rispetto al controllo pur mostrando un trend a favore del trattamento. I risultati dello studio non sono trasferibili a pazienti con un quadro clinico stabile e di minore gravità e che iniziano precocemente il trattamento, per i quali ancora non esistono dati consistenti che possano confermare o confutare l’efficacia e il rapporto rischio/ beneficio del farmaco. Nell’attuale fase di emergenza, considerate le premesse sopra descritte, l’uso terapeutico del lopinavir/ritonavir può essere considerato, limitandolo ai pazienti COVID-19 di minore gravità, gestiti sia a domicilio sia in ospedale in particolare nelle fasi iniziali della malattia. Il prescrittore dovrà valutare caso per caso il rapporto rischio/beneficio considerando in particolare le associazioni farmacologiche, in particolare l’associazione a farmaci metabolizzati attraverso il citocromo P450 o a farmaci che prolungano il QT. Allo stato attuale delle conoscenze, non è consigliabile l’associazione di lopinavir/ritonavir con idrossiclorochina né l’eventuale aggiunta di azitromicina. Ciò è sostenuto dai dati di sicurezza attualmente disponibili che richiamano ulteriormente alla cautela in caso di associazione con farmaci che potrebbero potenziarne la tossicità in assenza di chiare evidenze di un miglioramento dell’efficacia a seguito della combinazione. Non esiste alcuna prova che l’ulteriore aggiunta di antibiotici (es. azitromicina) sia sicura e che migliori l’evoluzione della malattia. Ulteriori studi clinici randomizzati sono necessari per valutare l’efficacia del farmaco nei vari livelli di gravità della malattia. Modalità di prescrizione: Il farmaco è normalmente soggetto a prescrizione limitativa da parte dello specialista infettivologo. Qualora tale limitazione risulti impraticabile sulla base di condizioni organizzative locali legate all’emergenza COVID-19, esclusivamente per la durata della suddetta emergenza la prescrizione potrà non essere limitata allo specialista definito nel regime di fornitura. La modalità di dispensazione potrà essere stabilita in base alle direttive delle autorità sanitarie locali. Trattandosi di un uso off label è necessario il consenso del paziente. L’acquisizione del consenso (in forma verbale o scritta) deve risultare dalla cartella clinica. Maggiori rischi e reazioni avverse: insufficienza epatica grave (Classe C di Child-Pugh) e Interazioni farmacologiche La combinazione LPV/r non deve essere prescritta ai soggetti con infezione da HIV, che vanno inviati al proprio specialista curante. I più comuni eventi avversi associati alla terapia con lopinavir/ ritonavir nella fase iniziale della somministrazione sono diarrea e nausea (molto comuni: ≥1/10), e vomito (comune: ≥1/100). L’utilizzo di lopinavir/ritonavir compresse non è controindicato in gravidanza. Kaletra soluzione orale è controindicato nelle donne in gravidanza e nei bambini di età inferiore ai 14 giorni, a causa del possibile rischio di tossicità dell’eccipiente glicole propilenico. Lopinavir e ritonavir sono entrambi inibitori di CYP3A, isoforma del citocromo P450. La co-somministrazione con altri medicinali metabolizzati principalmente da CYP3A può produrre un aumento delle concentrazioni plasmatiche di questi ultimi aumentandone gli effetti o gli eventi avversi.

X Colchicina (colchicina Lirca) Attualmente ci sono studi clinici in corso in Italia anche sull’uso di questa molecola utilizzata finora negli attacchi di gotta e nelle pericarditi. Il meccanismo con il quale agisce nell’infezione da SARS-COV-2 comprende l’inibizione

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della polimerizzazione della tubulina, proteina importante per la propagazione del virus, e sulla inibizione dell’inflammosoma, fondamentale per il rilascio di cotochine.Colchicina è un substrato del citocromo P4503A4 e della glicoproteina P, pertanto sono riportati casi di interazioni con inibitori dei due enzimi come ritronavir ed aumento della tossicità da Colchicina; gli effetti collaterali della molecola comprendono diarrea e vomito.

European medicines agency (EMA)

Per approfondire:

https://www.ema.europa.eu/en/news/update-treatments-vaccinesagainst-covid-19-under-development

Il team di risposta COVID-19 dell’EMA è stato in contatto con gli sviluppatori di circa 40 farmaci terapeutici, consentendo una migliore comprensione dei potenziali trattamenti. Tuttavia, a questo punto, sulla base dei dati preliminari presentati all’Agenzia, nessun medicinale ha ancora dimostrato l’efficacia nel trattamento di COVID-19. Tra i potenziali trattamenti per COVID-19 sottoposti a studi clinici per valutare la loro sicurezza ed efficacia contro la malattia ci sono:

Remdesivir (investigativo) l’OMS ha aggiornato le sue linee guida sconsigliando l’uso di remdesivir nei pazienti ospedalizzati con COVID-19, indipendentemente dalla severità della malattia sulla base di una recente meta-analisi (Solidarity). Questa ha rilevato che gli effetti di Remdesivir sulla mortalità nei pazienti COVID-19 sono minimi o addirittura nulli. Remdesivir è stato autorizzato nell’UE nel luglio 2020 con il nome di Veklury per il trattamento di COVID-19 in adulti e adolescenti a partire da 12 anni di età con polmonite che necessitano di ossigeno supplementare. Veklury è stato autorizzato sulla base dei risultati dello studio NIAID-ACTT-1, uno studio randomizzato controllato che ha coinvolto 1.063 pazienti ospedalizzati con COVID-19 che ha dimostrato un miglioramento dei tempi di recupero, riducendo il tempo trascorso in ospedale o in trattamento. Il resoconto dei dati è stato pubblicato sul sito web dei dati clinici dell’EMA. Recentemente è stata autorizzata da EMA un’estensione di indicazione relativa al trattamento dei soggetti non in ossigenoterapia ad alto rischio di COVID-19 grave e il farmaco può essere utilizzato fino a 7 giorni dall’insorgenza dei sintomi. La durata del trattamento, che consiste in una somministrazione endovenosa, è di 3 giorni. Anche per questa nuova indicazione è previsto l’utilizzo di un Registro di monitoraggio che è accessibile sul sito dell’Agenzia dal 30 dicembre 2021

z Lopinavir / ritonavir (attualmente autorizzato come medicinale anti-HIV)

z Clorochina e idrossiclorochina (attualmente autorizzata a livello nazionale come trattamenti contro la malaria e alcune malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide)

z Interferoni sistemici e in particolare interferone beta (attualmente autorizzato a trattare malattie come la sclerosi multipla)

z Anticorpi monoclonali con attività contro i componenti del sistema immunitario

Centers for Disease Control and Prevention (CDC)

Per approfondire:

https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/hcp/therapeutic-options.html

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X Remdesivir: è un farmaco endovenoso sperimentale con ampia attività antivirale che inibisce la replicazione virale attraverso l’interruzione prematura della trascrizione dell’RNA e ha attività in vitro contro SARS-CoV-2 e attività in vitro e in vivo contro betacoronavirus correlati. Le informazioni sugli studi clinici di remdesivir sono disponibili presso https://clinicaltrials.gov/ct2/ show/NCT04323761.Recentemente lo studio dell’OMS Solidarity, su un ampio numero di pazienti, ha mostrato una attività scarsa o nulla sulla mortalità da COVID-19

X Idrossiclorochina e clorochina: sono farmaci da prescrizione orale che sono stati utilizzati per il trattamento della malaria e di alcune condizioni infiammatorie. L’idrossiclorochina e la clorochina sono allo studio negli studi clinici per la profilassi pre-esposizione o post-esposizione dell’infezione da SARS-CoV-2 e nel trattamento di pazienti con COVID-19 lieve, moderato e grave. SI possono trovare questi studi nella tabella a fine capitolo. La FDA ha rilasciato un’autorizzazione all’uso di emergenza dalla scorta nazionale strategica per il trattamento di adulti e adolescenti ospedalizzati (peso ≥50 kg) con COVID-19 per i quali non è disponibile una sperimentazione clinica o la partecipazione non è fattibile. X La FDA ha pubblicato una guida per la somministrazione o lo studio dell’uso del plasma di convalescenti per il trattamento di pazienti con COVID-19 https://www.fda.gov/vaccines-blood-biologics/ investigational-new-drug-ind-or-device-exemption-ide-process-cber/ recommendations-investigational-covid-19-convalescent-plasma

L’Fda ha concesso l’autorizzazione all’uso d’emergenza (EUA) per l’anticorpo neutralizzante Bamlanivimab. La terapia, nota anche come LY-CoV555, è autorizzata a trattare COVID-19 diagnosticata di recente, da lieve a moderata, in pazienti dai 12 anni in su con un test COVID-19 positivo, che sono ad alto rischio di progredire verso la COVID-19 grave e/o di essere ricoverati in ospedale. Bamlanivimab è un anticorpo monoclonale IgG1 neutralizzante che si lega al dominio di legame del recettore della proteina spike della SARS-CoV-2.

un farmaco sperimentale e non è attualmente approvato per alcuna indicazione. I dati a supporto di questa autorizzazione di emergenza per bamlanivimab si basano su un’analisi intermedia di uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, in 465 adulti non ospedalizzati con sintomi COVID-19 da lievi a moderati. Di questi pazienti, 101 hanno ricevuto una dose di bamlanivimab di 700 milligrammi, 107 hanno ricevuto una dose di 2.800 milligrammi, 101 hanno ricevuto una dose di 7.000 milligrammi e 156 hanno ricevuto un placebo entro tre giorni dall’ottenimento del campione clinico per il primo test virale SARS-CoV-2 positivo. L’endpoint primario prespecificato nella fase due dello studio è stato il cambiamento della carica virale dal basale all’undicesimo giorno per il bamlanivimab rispetto al placebo. La maggior parte dei pazienti, compresi quelli che hanno ricevuto il placebo, ha eliminato il virus entro l’11° giorno. Tuttavia, la prova più importante che il bamlanivimab può essere efficace è stata data dall’endpoint secondario predefinito dei ricoveri ospedalieri correlati al COVID-19 o delle visite al pronto soccorso entro 28 giorni dal trattamento. Per i pazienti ad alto rischio di progressione della malattia, i ricoveri e le visite al pronto soccorso si sono verificati in media nel 3% dei pazienti trattati con bamlanivimab rispetto al 10% dei pazienti trattati con placebo. Gli effetti sulla carica virale e sulla riduzione dei ricoveri e delle visite al pronto soccorso, nonché

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È

sulla sicurezza, sono stati simili nei pazienti che hanno ricevuto una qualsiasi delle tre dosi di bamlanivimab Il farmaco appare meno utile per i pazienti più malati. Bamlanivimab non è riuscito ad aiutare le persone ricoverate con COVID-19 in uno studio condotto dal governo Usa ed è sconsigliato nei pazienti più gravi (https://www.nejm.org/doi/ full/10.1056/NEJMoa2029849?query=featured_home).

Il 18 giugno 2021 L’Agenzia Italiana del Farmaco, nell’ambito della rivalutazione continua sui farmaci utilizzabili per il COVID-19, ha deciso l’inserimento dei medicinali Tocilizumab Roactemra e Sarilumab Kevzara nell’elenco dei farmaci di cui alla L. 648/96 per il trattamento di soggetti adulti ospedalizzati con COVID-19 grave e/o con livelli elevati degli indici di infiammazione sistemica, in condizioni cliniche rapidamente ingravescenti (https://www. aifa.gov.it/documents/20142/1267737/Tocilizumab_09.06.2021. pdf; https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1123276/Sarilumab_ 28.09.2021.pdf).

X Dal 29 luglio 2021 sono stati oggetto di autorizzazione temporanea l’anticorpo monoclonale Bamlanivimab il cui utilizzo in monoterapia non è attuamente consentito e l’associazione di anticorpi monoclonali Bamlanivimab-Etesevimab, nonché l’associazione di anticorpi monoclonali Casirivimab-Imdevimab Ronapreve e l’anticorpo Sotrovimab Xevudy. Bamlanivimab ed Etesevimab in associazione, Casirivimab e Imdevimab in associazione e Sotrovimab sono indicati per il trattamento della malattia da COVID19 lieve o moderata, negli adulti e adolescenti di età ≥ 12 anni che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono ad alto rischio di progressione a COVID-19 severa. Si definiscono ad alto rischio i pazienti che soddisfano almeno uno dei seguenti criteri: indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI) ≥30, oppure >95° percentile per età e per genere; Insufficienza renale cronica, incluse dialisi peritoneale o emodialisi; diabete mellito non controllato (HbA1c>9,0% 75 mmol/mol) o con complicanze croniche; immunodeficienza primitiva o secondaria; età >65 anni; malattia cardio-cerebrovascolare inclusa ipertensione con concomitante danno d’organo; broncopneumopatia cronica ostruttiva e/o altra malattia respiratoria cronica ad es. soggetti affetti da asma, fibrosi polmonare o che necessitano di ossigenoterapia per ragioni differenti da SARS-CoV-2; epatopatia cronica con seguente box di warning: “gli anticorpi monoclonali non sono stati studiati in pazienti con compromissione epatica moderata o severa”; emoglobinopatie; patologie del neurosviluppo e patologie neurodegenerative. EMA ha approvato anche l’uso di Regdanvirmab Regikrona (non in commercio in Italia), un altro anticorpo monoclonale diretto contro il virus.

Un recente studio su 83 pazienti nei quali si è utilizzato Baricitinib Olumiant, cpr 2-4mg, inibitore delle Janus-Kinasi 1 e 2, ha riscontrato una riduzione del rischio di mortalità del 71%. Il meccanismo di azione sembra essere una inibizione della cascata di citichine ed un blocco dell’entrata del virus nella cellula (https://www.aifa.gov.it/ documents/20142/1123276/Baricitinib_28.09.2021.pdf).

X EMA sta valutando un nuovo antivirale, Molnupiravir (MK 4482), che agisce introducendo errori di copiatura nell’RNA virale; in uno studio della casa produttrice riduce il rischio di ospedalizzazione o morte del 50%: https://www.bmj.com/content/375/bmj.n2422

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almeno nei soggetti con malattia lieve o moderata. Effetti collaterali : finora è stato riportata diarrea, cefalea e nausea (https://www. sciencedirect.com/science/article/pii/S1871402121003490).

X Il 17 dicembre 2021 EMA ha raccomandato l’autorizzazione dell’anticorpo monoclonale Xevudy Sotrovimab, del quale si è accennato precedentemente per il trattamento di COVID-19. Il Comitato per i medicinali, per uso umano ha raccomandato l’autorizzazione di Xevudy per il trattamento di COVID-19 in adulti e adolescenti a partire dai 12 anni di età e di peso pari ad almeno 40 kg che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono a maggior rischio di progredire verso la forma grave della malattia.

X Il 17 dicembre 2021, Il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’EMA ha formulato un parere sull’uso di Paxlovid (Nirmatrelvir + Ritonavir) per il trattamento di COVID-19. A partire dal 21 aprile, anche i Medici di medicina generale possono prescriverlo Il medicinale, che non è ancora autorizzato nell’UE, può essere utilizzato per il trattamento di adulti con COVID-19 che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono ad alto rischio di progredire alla forma grave della malattia come ad esempio i pazienti affetti da patologie oncologiche, malattie cardiovascolari, diabete mellito non compensato, broncopneumopatia cronica e obesità grave. Paxlovid deve essere somministrato il prima possibile dopo una diagnosi di COVID-19 ed entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. I due principi attivi del medicinale, Nirmatrelvir e Ritonavir, disponibili sotto forma di compresse separate, devono essere assunti insieme due volte al giorno per 5 giorni. La prescrizione del farmaco richiede un’anamnesi farmacologica preventiva, per escludere la presenza di eventuali interazioni con farmaci assunti contemporaneamente dal paziente. Sul sito dell’AIFA sono disponibili il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto e il link ai principali siti web per la verifica delle interazioni farmacologiche. La prescrizione da parte del Medico di medicina generale avverrà mediante la compilazione di un Piano terapeutico (disponibile nel box “Documenti correlati”), che al momento è cartaceo e che sarà informatizzato nell’arco di alcune settimane. Tale piano terapeutico è mirato a sostenere l’appropriatezza d’uso e a fornire strumenti utili alla verifica delle interazioni incompatibili con l’assunzione di Paxlovid. Con la ricetta del Medico di medicina generale il paziente potrà ritirare il farmaco direttamente in farmacia, senza costi a carico del cittadino e senza aggravi per il SSN. La distribuzione alla rete delle farmacie (tramite la cosiddetta distribuzione per conto) avverrà gratuitamente da parte di farmacisti e grossisti, grazie a un Protocollo d’intesa. L’EMA ha formulato il parere in questione per supportare le autorità nazionali che potrebbero decidere sull’uso precoce del medicinale prima dell’autorizzazione all’immissione in commercio, ad esempio in situazioni di uso di emergenza, alla luce dell’aumento dei tassi di infezione e decessi a causa di COVID-19 in tutta l’UE. Il parere si basa sui risultati intermedi dello studio principale condotto su pazienti non ricoverati in ospedale e non vaccinati, che presentavano almeno una condizione di base che li esponeva al rischio di malattia grave. I dati hanno mostrato che Paxlovid ha ridotto il rischio di ricovero in ospedale e decesso quando il trattamento è iniziato entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. Circa l’1% (6 su 607) dei pazienti che hanno assunto Paxlovid nei cinque giorni successivi all’insorgenza dei sintomi è

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stato ricoverato entro 28 giorni dall’inizio del trattamento, rispetto al 6,7% (41 su 612) dei pazienti trattati con placebo. Nessuno dei pazienti del gruppo Paxlovid è deceduto rispetto a dieci pazienti del gruppo placebo.In termini di sicurezza, gli effetti indesiderati più comuni segnalati durante il trattamento e fino a 34 giorni dopo l’ultima dose del medicinale sono stati disgeusia (alterazione del gusto), diarrea e vomito. Paxlovid non deve essere usato con alcuni specifici medicinali perché, a causa del suo meccanismo d’azione, può portare ad aumenti dannosi dei livelli nel sangue di tali medicinali, oppure perché, al contrario, alcuni medicinali possono ridurre l’attività di Paxlovid. L’elenco dei medicinali che non devono essere utilizzati con Paxlovid è incluso nelle condizioni d’uso proposte. In aggiunta non deve essere impiegato nei pazienti che presentano una funzionalità dei reni o del fegato gravemente ridotta. Il medicinale non è raccomandato durante la gravidanza e nelle donne che possono iniziare una gravidanza e che non utilizzano un metodo contraccettivo. L’allattamento al seno deve essere interrotto durante il trattamento. Queste raccomandazioni vengono fornite poiché studi di laboratorio condotti sugli animali suggeriscono che dosi elevate di Paxlovid possono influenzare la crescita del feto.

X EMA ha raccomandato di estendere l’indicazione di Kineret Anakinra per includere il trattamento di COVID-19 in pazienti adulti affetti da polmonite che richiedono ossigeno supplementare, a basso o ad alto flusso, e che sono a rischio di sviluppare grave insufficienza respiratoria, come determinato dai livelli ematici di una proteina denominata suPAR, recettore solubile dell’attivatore del plasminogeno dell’urochinasi, pari ad almeno 6 ng/mL. Kineret è un medicinale attualmente autorizzato nell’UE per il trattamento dell’artrite reumatoide e della malattia di Still, nonché delle sindromi febbrili periodiche, ossia le Sindromi periodiche associate alla criopirina (CAPS) e la Febbre familiare mediterranea. Il principio attivo di Kineret, anakinra, è un immunosoppressore che agisce bloccando l’attività dell’interleuchina 1, un messaggero chimico coinvolto nei processi immunitari che portano all’infiammazione. Interleuchina 1 partecipa ai processi infiammatori associati alle malattie che Kineret è destinato a trattare. Legandosi ai recettori, target presenti sulle cellule, a cui l’interleuchina 1 si lega normalmente, anakinra ne blocca l’attività, contribuendo ad alleviare i sintomi di queste malattie Attualmente è autorizzato nell’UE per il trattamento di varie condizioni infiammatorie. Si ritiene che, nei pazienti con COVID-19, il medicinale riduca l’infiammazione associata alla malattia e diminuisca il danno alle basse vie respiratorie, impedendo che si sviluppi una grave insufficienza respiratoria. Il CHMP dell’EMA ha valutato i dati di uno studio condotto su 606 adulti ricoverati in ospedale con polmonite da COVID-19 moderata o grave e che presentavano livelli di suPAR pari ad almeno 6 ng/ mL. Questi pazienti hanno ricevuto Kineret o placebo mediante iniezione sottocutanea in aggiunta alla terapia standard, la quale, per la maggior parte dei pazienti, prevedeva ossigeno a basso o ad alto flusso e il medicinale corticosteroide desametasone. Alcuni pazienti hanno anche ricevuto anche remdesivir. Lo studio ha mostrato che i pazienti trattati con Kineret più terapia standard ottenevano un miglioramento più marcato dei sintomi clinici rispetto a quelli trattati con placebo più terapia standard. Rispetto al placebo, Kineret ha ridotto il rischio che la condizione dei pazienti peggiorasse alla

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forma più grave della malattia o alla morte durante il periodo di studio di 28 giorni. Il beneficio terapeutico di Kineret rispetto al placebo è stato supportato da un aumento del numero di pazienti che si sono completamente ripresi e da una riduzione del numero di pazienti la cui condizione è peggiorata a insufficienza respiratoria grave o morte. Lo studio ha inoltre indicato che la sicurezza di Kineret nei pazienti con COVID-19 era simile a quella osservata nei pazienti trattati per le altre indicazioni approvate. Di conseguenza, il CHMP ha concluso che i benefici del medicinale sono superiori ai rischi per quei pazienti che presentano le stesse caratteristiche di quelli arruolati nello studio clinico. L’efficacia di Kineret non è stata dimostrata in pazienti che necessitavano di ventilazione meccanica o non invasiva o di ossigenazione extracorporea a membrana.

X Molnupiravir o MK 4482, con il nome commerciale Lagevrio,è stato autorizzato dall’ AIFA il 22 dicembre 2021 per il trattamento di pazienti non ospedalizzati per COVID-19 con malattia lieve-moderata di recente insorgenza e con condizioni cliniche concomitanti che rappresentino specifici fattori di rischio per lo sviluppo di COVID-19 grave. Indicato entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. La durata del trattamento, che consiste nell’assunzione di 4 compresse da 200 mg 2 volte al giorno, è di 5 giorni. Il molnupiravir sarà distribuito da parte della Struttura Commissariale alle Regioni dal 4 gennaio e per la sua prescrizione è previsto l’utilizzo di un Registro di monitoraggio che sarà presto accessibile online sul sito dell’Agenzia. Stando ai risultati aggiornati, riferiti a 1408 soggetti, Lagevrio ha ridotto il rischio di ricovero in ospedale o di decesso nelle persone con COVID-19 maggiormente a rischio di sviluppare la forma grave della malattia dal 9,7% nel gruppo che ha ricevuto placebo al 6,8% nel gruppo trattato con Lagevrio.

X Vaccini

Dal 7 gennaio 2022 il governo italiano ha emanato un decreto legge che introduce l’obbligo vaccinale per gli adulti sopra i 50 anni di età e per altre categorie di lavoratori: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/ id/2022/01/07/22G00002/sg

Per quanto riguarda il fronte vaccini, ce ne sono diversi in sperimentazione al momento: https://www.who.int/publications/m/ item/draft-landscape-of-covid-19-candidate-vaccines. Quelli in fase più avanzata sono a base di RNA messaggero eventualmente veicolato da adenovirus, che dovrebbe codificare per le proteine di superficie del coronavirus ed innescare così la risposta immunitaria. Allo stato attuale ne sono stati approvati in Russia (Gam-COVID-Vac “Sputnik V”) ed altri in Cina, di produzione interna, In particolare BBIBP-CorV a base di SARS_CoV-2 inattivato, che non sono ancora approvati nell’UE. Regno Unito e Stati Uniti hanno approvato un vaccino BNT162b2 contenente RNA messaggero codificante per la proteina spike del coronavirus incapsulato in nanoparticelle lipidiche, che, stando a dichiarazioni dell’azienda produttrice, avrebbe un’efficacia protettiva superiore al 90% a partire da 7 giorni dopo la somministrazione della seconda dose. Le due dosi devono essere somministrate a distanza di 21 giorni una dall’altra. Questo vaccino è in corso di approvazione anche da parte dell’UE. In via di valutazione anche AZD1222, conosciuto anche come ChAdOx1, sviluppato grazie alla collaborazione tra un’azienda privata e un ateneo inglese, che avrebbe un tasso di efficacia simile al precedente. Questo vaccino utilizza RNA messaggero codificante

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per la proteina spike veicolato da un adenovirus di scimmia. In data 21 dicembre 2020 EMA ha dato il via libera per l’utilizzo del vaccino denominato Comirnaty (BNT162b2) della BioNtech/Pfizer, AIFA lo ha approvato di conseguenza per l’Italia e dal 27 dicembre sono iniziate le somministrazioni del vaccino prima di tutto al personale sanitario. Come spiegato sopra si tratta di mRNA codificante per la proteina spike del coronavirus incapsulato in nanoparticelle lipidiche, necessita di due somministrazioni e la copertura inizia dopo otto giorni dalla seconda dose, somministrata a 21 giorni dalla prima. Durante la sperimentazione effettuata su 36000 adulti sopra i 16 anni si è osservato un tasso di copertura del 95% e non sono stati osservati effetti collaterali rilevanti, se non arrossamento e dolore nel sito di iniezione, febbre, brividi, mal di testa, stanchezza, nausea passeggera https://www.aifa. gov.it/documents/20142/1279946/FAQ-Vaccinazione_anti_COVID19_con_vaccino_Pfizer.pdf/ea9099cd-c71c-d443-e447-6da60137da37. Il 7 gennaio 2021 L’Agenzia Italiana del Farmaco ha autorizzato il Covid 19 Vaccine Moderna (in seguito Spikevax) per la prevenzione della malattia da COVID-19 nei soggetti di età pari o superiore a 18 anni. Rispetto al vaccino Comirnaty, sulla base dei dati attualmente disponibili, il profilo di sicurezza e di efficacia del vaccino Moderna appare sostanzialmente sovrapponibile. Si rilevano alcune differenti caratteristiche: Il vaccino Moderna è indicato a partire dai 18 anni di età, anziché dai 16 anni. La schedula vaccinale prevede due somministrazioni a distanza di 28 giorni, invece che di almeno 21 giorni. L’immunità si considera pienamente acquisita a partire da 2 settimane dopo la seconda somministrazione, anziché una. Il vaccino viene conservato a temperature comprese tra i -15° e -25°, ma è stabile tra +2° e +8° per 30 giorni se in confezione integra. Il flaconcino multidose contiene 6,3 ml e non richiede diluizione, è quindi già pronto all’uso. Il 30 gennaio 2021 AIFA dopo EMA ha autorizzato il vaccino a vettore virale COVID-19 Vaccine AstraZeneca (in seguito denominato Vaxzevria). La Commissione tecnico-scientifica dell’Agenzia ha confermato la valutazione dell’EMA sull’efficacia (59,5% nella riduzione delle infezioni sintomatiche da COVID-19) e sul rapporto beneficio/rischio favorevole del farmaco. Il vaccino è composto da un adenovirus di scimpanzé incapace di replicarsi (ChAdOx1 - Chimpanzee Adenovirus Oxford 1) e modificato per veicolare l’informazione genetica per produrre la proteina Spike del virus SARS-CoV-2; è destinato a prevenire la malattia da COVID-19 nelle persone di età pari o superiore ai 18 anni fino ai 55 anni. Dati recenti indicano che l’efficacia del vaccino raggiunge l’82% se l’intervallo tra le due dosi da somministrare è di 12 settimane.

In data 12 marzo 2021 AIFA approva COVID-19 Vaccine Janssen (in seguito denominato Jcovden), vaccino usato per prevenire la malattia da COVID-19 nelle persone di età pari o superiore a 18 anni. Il vaccino induce il sistema immunitario a produrre anticorpi e globuli bianchi specializzati che agiscono contro il virus, offrendo protezione contro la malattia. È un vaccino monovalente composto da un vettore ricombinante basato su adenovirus umano di tipo 26 incompetente per la replicazione, che codifica per la sequenza completa della glicoproteina spike (S) di SARS-CoV-2 in una conformazione stabilizzata. Dopo la somministrazione, la glicoproteina S di SARS-CoV-2 viene espressa in maniera transitoria, stimolando sia anticorpi anti-S neutralizzanti che altri anticorpi specifici anti-S funzionali, così come risposte immunitarie cellulari dirette contro l’antigene S, che possono

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contribuire a proteggere contro COVID-19. Nelle forme gravi arriva fino al 77 % dopo 14 giorni dalla somministrazione e all’85% dopo 28 giorni dalla somministrazione. I dati attualmente disponibili hanno mostrato che nei soggetti over 65 non si è notata alcuna flessione nella efficacia. La Commissione Tecnico Scientifica di AIFA, nella riunione del 22 dicembre 2021, ha approvato l’utilizzo del vaccino Nuvaxovid Novavax, contenente una versione sintetica della proteina spike, rendendolo disponibile nell’intera indicazione autorizzata da EMA per i soggetti di età uguale o superiore ai 18 anni. La vaccinazione prevede un ciclo vaccinale primario di due dosi a distanza di tre settimane l’una dall’altra.I dati disponibili sul vaccino Nuvaxovid hanno mostrato una efficacia di circa il 90% nel prevenire la malattia COVID19 sintomatica anche nella popolazione di età superiore ai 64 anni. Il profilo di sicurezza si è dimostrato positivo, con reazioni avverse prevalentemente di tipo locale.

Il rapporto Covid-19 dell’istituto superiore di sanità del 16 marzo 2021

http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato7189094.pdf Chiarisce, tra l’altro, che: Sulla base dei dati delle procedure autorizzative, Il vaccino Comirnaty protegge al meglio dalla malattia COVID-19 sintomatica a partire da circa una settimana dopo la somministrazione della seconda dose di vaccino, che deve essere somministrata a distanza di 3 settimane (21 giorni) dalla prima dose.Tuttavia, le evidenze mostrano una certa protezione anche dopo una decina di giorni dalla prima dose.

Per quanto riguarda il vaccino Moderna, la vaccinazione prevede due dosi a distanza di 4 settimane l’una dall’altra (28 giorni) e la protezione risulta ottimale a partire da due settimane dopo la seconda dose. Infine, per quanto riguarda il vaccino prodotto da AstraZeneca, la protezione inizia circa 3 settimane dopo la somministrazione della prima dose e persiste fino alla dodicesima settimana, quando deve essere somministrata la seconda dose di vaccino. Gli studi clinici condotti finora hanno permesso di dimostrare l’efficacia dei vaccini nella prevenzione delle forme clinicamente manifeste di COVID-19, anche se la protezione, come per molti altri vaccini, non è del 100%. Inoltre, non è ancora noto quanto i vaccini proteggano le persone vaccinate anche dall’acquisizione dell’infezione. È possibile, infatti, che la vaccinazione non protegga altrettanto bene nei confronti della malattia asintomatica (infezione) e che, quindi, i soggetti vaccinati possano ancora acquisire SARS-CoV-2, non presentare sintomi e trasmettere l’infezione ad altri soggetti. Ciononostante, è noto che la capacità di trasmissione da parte di soggetti asintomatici è inferiore rispetto a quella di soggetti con sintomi, in particolare se di tipo respiratorio. Per quanto riguarda le persone con pregressa infezione da SARS-CoV-2 confermata da test molecolare, indipendentemente se con COVID-19 sintomatico o meno, dovrebbero essere vaccinate. È possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino anti-COVID-19 nei soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa. Fanno eccezione le persone che presentino condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici, che, anche se con pregressa infezione da SARS-CoV-2, devono essere vaccinate quanto prima e con un ciclo vaccinale di due dosi. Pazienti COVID-19 trattati con anticorpi monoclonali o con

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plasma di pazienti convalescenti dovrebbero attendere 90 giorni prima di ricevere il vaccino COVID-19

Il Ministero della Salute, riguardo alle vaccinazioni raccomandate nelle diverse popolazioni fragili ha emesso la seguente Nota: https://www. salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=5319 Dall’inizio della pandemia si sono verificate mutazioni del virus che hanno portato all’insorgere di varianti che, finora, hanno mostrato una maggiore capacità di trasmissione ed una maggiore gravità della malattia; Secondo l’ultimo rapporto dell’ISS (https://www.iss.it/ cov19-faq-varianti) Per quanto riguarda l’impatto sull’efficacia delle vaccinazioni i primi studi affermano che il ciclo completo dei quattro vaccini già approvati rimane protettivo nei confronti di tutte le Varianti, mentre diminuisce l’efficacia che si era evidenziata dopo la prima dose. Per quanto riguarda l’utilizzo di due diversi vaccini nel ciclo vaccinale, uno per la prima dose ed uno diverso per la seconda,( vaccinazione eterologa), recentemente EMA (https://www.aifa.gov.it/ documents/20142/1289823/2021.07.14_com-EMA_ECDC-updateon-COVID-19_IT.pdf) si è espressa in questo modo: La strategia di vaccinazione eterologa (talvolta denominata “mix and match”), in cui viene somministrato un vaccino diverso per la seconda dose nell’ambito di un ciclo a 2 dosi raccomandato, è stata storicamente seguita per alcuni tipi di vaccini. Esistono validi motivi scientifici per attendersi che questa strategia sia sicura ed efficace se applicata alla vaccinazione contro COVID-19. L’uso di una strategia di vaccinazione eterologa può consentire una protezione più rapida dei cittadini e un uso migliore delle scorte di vaccini disponibili. Attualmente, l’EMA e l’ECDC non sono in grado di formulare raccomandazioni definitive sull’uso di vaccini antiCOVID-19 diversi per le due dosi. Ciononostante, i risultati preliminari di studi condotti in Spagna, Germania e Regno Unito suggeriscono una risposta immunitaria soddisfacente e non evidenziano problemi di sicurezza. Tutte le novità sui vaccini attualmente disponibili e sulle loro caratteristiche sono disponibili qui: https://www.aifa.gov.it/vaccinicovid-19. Per quanto concerne la variante delta, che è attualmente la prevalente in circolazione, secondo uno studio (https://pubmed.ncbi. nlm.nih.gov/34289274/) del New England J. Med., la copertura dei vaccini Pfizer e Astrazeneca scende all’ 88% e al 67% dopo due dosi nell’evitare l’ infezione; rimane quindi valida al momento la strategia vaccinale. In una circolare (https://portale.fnomceo.it/wp-content/uploads/2021/08/com-169.pdf) il ministero chiarisce le controindicazioni alla vaccinazione, in particolare:

Vaxzevria (Astrazeneca):

- Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti (paragrafo 6.1 del RCP);

- Soggetti che hanno manifestato sindrome trombotica associata a trombocitopenia in seguito alla vaccinazione con Vaxzevria;

- Soggetti che in precedenza hanno manifestato episodi di sindrome da perdita capillare.

Janssen (J&J):

- Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti (paragrafo 6.1 del RCP);

- Soggetti che in precedenza hanno manifestato episodi di sindrome da perdita capillare

In data 14/9/2021 il Ministero della salute ha emanato una circolare concernente i modi ed i tempi per la somministrazione della terza dose di vaccino alle categorie più fragili: https://www.trovanorme.salute.

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gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2021&codLeg=82776&pa rte=1%20&serie=null

Vaccino COVID-19 Valneva: L’Agenzia Europea per i Medicinali e l’AIFA hanno autorizzato il primo vaccino virale inattivato antiCOVID-19. Si tratta di un vaccino inattivato e adiuvato dell’azienda farmaceutica Valneva. I vaccini a virus inattivato sono prodotti coltivando il virus SARS-CoV-2 in colture cellulari e successivamente inattivandolo chimicamente. Quando il vaccino viene somministrato, il sistema immunitario identifica il virus inattivato come estraneo e produce anticorpi e cellule T contro di esso.

VidPrevtyn Beta è un vaccino anti-COVID-19 (ricombinante, adiuvato) indicato come dose di richiamo per l’immunizzazione attiva nella prevenzione di COVID-19 in adulti che hanno precedentemente ricevuto un vaccino anti-COVID-19 a base di mRNA o vettore adenovirale Il 1 settembre 2022 l’AIFA ha autorizzato i due vaccini “aggiornati” Pfizer-BioNTech Comirnaty (Comirnaty Original/Omicron BA.1/ Comirnaty Original/Omicron BA.4-5), e Spikevax di Moderna( Spikevax bivalent Original/Omicron BA.1/ Spikevax bivalent Original/ Omicron BA.4-5) bivalenti. Tali vaccini hanno mostrato la capacità di indurre una risposta anticorpale maggiore di quella del vaccino monovalente originario sia nei confronti della variante Omicron BA.1 che delle varianti BA.4 e BA.5. La popolazione a maggior rischio di sviluppare malattia grave, per la quale quindi la dose booster è fortemente raccomandata in via prioritaria, è rappresentata dai soggetti che presentano fattori di rischio e dagli over 60 Di seguito la circolare ministeriale corrispondente: https://www.dottnet.it/ file/103675/circolare-bivalenti/ ; https://www.ema.europa.eu/en/news/ first-adapted-covid-19-booster-vaccines-recommended-approval-eu

A questo link si trovano gli ultimi aggiornamenti (2022) sui vaccini attualmente in commercio in Italia: https://www.aifa.gov.it/ vaccini-covid-19

Obbligo vaccinale per il personale sanitario: Decreto Legge n. 172 del 26 novembre 2021

L’obbligo vaccinale per i sanitari è decaduto il 01/11//2022. Sono gli Ordini territorialmente competenti a porre in essere gli adempimenti per accertare la sospensione con gli effetti conseguenti. Pertanto gli OMCeO diventano parte attiva nel processo di verifica della rispondenza dei propri iscritti alle norme dettate in materia di contenimento dell’epidemia da COVID-19 al fine di tutelare la salute pubblica. Entrando nel merito dell’articolato del decreto n. 172/2021 si evidenziano i punti salienti che emergono nei commi 3, 4, 5 e 6 fornendo i primi chiarimenti operativi, volti anche ad uniformare i comportamenti degli OMCeO.

1) Per i professionisti sanitari che si iscrivono per la prima volta agli Albi degli Ordini professionali territoriali, l’adempimento dell’obbligo vaccinale è requisito ai fini dell’iscrizione, fino alla scadenza del termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021.

2) La Federazione avvalendosi della Piattaforma nazionale digital green certificate (Piattaforma DGC), esegue la verifica automatizzata del possesso delle certificazioni verdi COVID-19 comprovanti lo stato di avvenuta vaccinazione anti-Sars–CoV2 degli iscritti agli Albi.

Il Ministero della Salute ha precisato che l’obbligo della dose di richiamo per i professionisti sanitari sussiste a partire dal momento

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in cui sono decorsi 5 mesi (150 giorni) dal completamento del ciclo primario, secondo i termini indicati dalla circolare n.53312 del 22 novembre 2021.

Sin dal 151esimo giorno successivo al completamento del ciclo vaccinale primario, per i medici che non risultino vaccinati con la dose di richiamo, il sistema informativo della piattaforma DGC utilizzata dalla FNOMCeO per la verifica restituirà il messaggio di “obbligo non rispettato”, in modo da consentire agli Ordini professionali e ai responsabili delle strutture di avviare la fase di accertamento in contraddittorio.

Pertanto, a partire dal 15 dicembre 2021, i professionisti sanitari che non risultino ancora vaccinati con la dose di richiamo e per i quali siano decorsi i 150 giorni dal completamento del ciclo primario, per evitare la sospensione, dovranno essere in possesso della richiesta di prenotazione della dose di richiamo da esibire all’Ordine professionale di appartenenza. L’iscritto non sarà sospeso laddove presenti la richiesta di vaccinazione, da eseguirsi entro un termine non superiore a 20 dalla ricezione dell’invito ad adempiere ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del D.L. 44/2021 e s.m.i..

3) L’OMCeO invierà, a ciascun sanitario presente in elenco, una comunicazione PEC con la quale si invita a produrre, nel termine di 5 giorni, la documentazione comprovante:

• l’effettuazione della vaccinazione;

• ovvero l’omissione o il differimento della stessa in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti-Covid-19 che dovranno essere acquisite agli atti degli Omceo;

• ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione da eseguirsi entro un termine non superiore a 20 giorni dal ricevimento della comunicazione specificando che, in tale ipotesi, il sanitario dovrà altresì trasmettere entro 3 giorni dalla suddetta somministrazione la certificazione attestante l’adempimento dell’obbligo vaccinale, in mancanza della quale l’Ordine procederà comunque alla sospensione;

• comunque l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale di cui al comma 1 del medesimo.

Il sanitario, se dipendente, dovrà inoltre fornire obbligatoriamente i dati del proprio datore di lavoro. L’omissione di tale comunicazione costituisce grave violazione di normativa di legge in quanto obbligo per i sanitari che abbiano un rapporto di lavoro dipendente in essere, oltre a illecito disciplinare.

4) Decorsi i termini dei 5 giorni, nel caso in cui il professionista non risponda o dalla documentazione venga accertato il mancato adempimento, l’Ordine deve:

a. adottare l’atto di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale e procedere alla immediata annotazione della sospensione sull’Albo;

b. dare comunicazione immediata alla FNOMCeO;

c. dare comunicazione al datore di lavoro, qualora a conoscenza, della sospensione del sanitario;

d. dare comunicazione alle Autorità e agli Enti di cui agli artt. 2 e 49 del DPR n.221/1950.

5) La sospensione ha efficacia fino alla data di comunicazione, effettuata dal sanitario, all’Ordine e al datore di lavoro per i sanitari dipendenti:

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a. del completamento del ciclo vaccinale primario;

b. per i professionisti che hanno completato il ciclo primario, della somministrazione della dose di richiamo,

c. comunque non oltre il 15 giugno 2022.

6) L’Ordine quando riceve dal sanitario la comunicazione dell’assolvimento dell’obbligo vaccinale, unitamente alla prova della comunicazione inviata al datore di lavoro, provvede ad adottare la delibera di cancellazione della sospensione, con decorrenza dal giorno di ricevimento della comunicazione medesima e la invia al sanitario per conoscenza. Nel caso in cui l’interessato ometta di dare prova della comunicazione inviata al datore di lavoro, la sospensione mantiene la propria efficacia sostanziale.

Con il Decreto n.06401/2021 il Consiglio di Stato afferma che la scelta di non vaccinarsi “assume una connotazione ancor più peculiare e dirimente allorché il rifiuto di vaccinazione sia opposto da chi, come il personale sanitario, sia - per legge e ancor prima per il cd. “giuramento di Ippocrate” - tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati...” Si evidenzia che l’esenzione o il differimento della vaccinazione possono essere attestate unicamente dal medico di medicina generale dell’assistito secondo le indicazioni fornite nelle circolari del Ministero della salute in materia, ai sensi del comma 2 dell’art. 4 del dl n.172/2021.

L’analisi delle attestazioni l’esenzione o il differimento dell’obbligo vaccinale sarà effettuata direttamente dall’OMCeO.

Elenco di farmaci e presidi in sperimentazione su AIFA e ClinicalTrials.gov:

Numerosi altri farmaci (ad es. Antivirali sperimentali, terapie immunoterapiche, terapia diretta dall’ospite) sono oggetto di indagine in studi clinici o vengono presi in considerazione per studi clinici di profilassi pre-esposizione, profilassi post-esposizione o trattamento di COVID-19 negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Si trovano al momento più di 300 farmaci sotto sperimentazione ma quasi tutti in fase 1 o fase 1 precoce e comunque sempre da associare a terapia di supporto. Ricordiamo che aperto il singolo studio sarà possibile leggere i dettagli dei dosaggi usati.

AIFA: Riportiamo l’elenco completo tramite link cliccabile di seguito https://www.aifa.gov.it/sperimentazioni-cliniche-covid-19

ClinicalTrials.gov: Riportiamo l’elenco completo tramite QRcode/link cliccabile https:// clinicaltrials.gov/ct2/results?cond=COVID-19.

Terapia +: Trials attivi sul Covid19

https://com4pub.com/ qr/?id=1120

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