Gli Agrumi - Mondo e Mercato

Page 1

Gli agrumi botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato


gli agrumi

mondo e mercato Agrumi in Italia Mario D’Amico, Carmelo Mennone

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465 (in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).


mondo e mercato Agrumi in Italia Clementine 18,1%

L’agrumicoltura italiana nel 2010 contribuisce alla ricchezza del paese con un valore delle proprie produzioni, ai prezzi di base, che si attesta intorno a 1,4 miliardi di euro, incidendo per poco meno di un terzo del valore complessivo della frutta (fresca e secca). Nel suo insieme il comparto agrumicolo contribuisce a poco meno del 3% del valore dell’agricoltura nazionale, attestandosi su livelli sostanzialmente analoghi a quelli riscontrati alla fine degli anni ’90 del secolo scorso. L’agrumicoltura, nelle sue connotazioni storiche e attuali, si caratterizza per una marcata polarizzazione nelle regioni meridionali della penisola e nelle isole, pur non mancando areali di coltivazione, di interesse non trascurabile, al di fuori di questi territori (Liguria, Lombardia ecc.). Il comparto agrumicolo nazionale, nell’ultimo ventennio, è stato interessato da notevoli cambiamenti che hanno coinvolto sia l’offerta sia la domanda. Tali mutamenti, non diversi da quelli registrati in altri comparti produttivi, hanno riguardato l’aumento dei prezzi reali del lavoro e degli input impiegati, l’inasprimento delle politiche fiscali e previdenziali, una marcata riduzione dei prezzi alla produzione e il concomitante smantellamento delle politiche comunitarie (in termini di tutela e di sostegno). Le difficoltà del comparto sono andate accentuandosi soprattutto negli ultimi 5-10 anni, sconfinando in situazioni di pesante squilibrio tra costi e ricavi, soprattutto nella fase produttiva (specialmente per limoni e mandarini). Questo ha generato una graduale disattivazione dei

Altre 0,1%

Mandarini 3,8%

Limoni 13,9%

Aranci 63,3%

Incidenza della specie sulla superficie totale (media 2008-2011)

Campania 2,0% Altre 0,6% Basilicata 4,7% Sardegna 4,8% Puglia 6,6%

Calabria 25,6%

Sicilia 55,7%

Incidenza della superficie agrumicola regionale

472


agrumi in Italia processi di produzione nell’intera agrumicoltura nazionale e, in talune aree marginali, persino l’abbandono della coltivazione, con effetti sfavorevoli sulle produzioni, sui redditi e sull’occupazione dell’intera filiera agrumicola nazionale. Tuttavia, anche in una fase certamente non favorevole, gli operatori del comparto hanno comunque reagito attraverso l’introduzione di un’ampia gamma di innovazioni di processo, di prodotto e di tipo organizzativo, mirate sia al contenimento dei costi di produzione sia agli adattamenti generati dall’evoluzione della domanda, sempre più caratterizzata da prodotti differenziati (tanto per il “fresco” quanto per i trasformati). In Italia le superfici agrumetate, nel 2011, si attestano intorno ai 170.000 ettari, con una netta preponderanza di quelle arancicole (60,1%), seguite a notevole distanza dai “piccoli frutti”, clementine e mandarini (22,2%), dai limoni (16,2%) e dalle “altre” (bergamotto, pompelmo ecc.) (1,1%). Le produzioni nel quadriennio 2008-2011 si attestano intorno ai 3,9 milioni di t, distribuendosi sostanzialmente con gli stessi ordini di grandezza delle precedenti, con il primato delle arance (63,3%), seguite dal gruppo dei “piccoli frutti” (21,9), dai limoni (13,9%) e dagli “altri” agrumi (0,9%). Riguardo alla distribuzione geografica degli investimenti, la Sicilia assume saldamente il ruolo di leader nazionale (55,8%), con quasi 95.000 ettari coltivati, seguita a notevole distanza dalla Calabria (25,6%), con poco più di 43.000 ettari investiti. Meno sviluppata l’agrumicoltura in Puglia (6,6%), con poco più di 11.000 ettari, in Sardegna (4,8%) e in Basilicata (4,7), dove si coltivano appena oltre 8000 ettari. La Campania (2%) si colloca al sesto posto con oltre 3000 ettari. Residuale l’agrumicoltura nelle altre regioni d’Italia (0,6%), con meno di 1000 ettari di coltivazione. Con riferimento alle produzioni, si rileva che i risultati dell’ultimo quadriennio (2008-2011) mettono in luce che la Trinacria conferma il proprio primato con più di 1,8 milioni di t di agrumi realizzati (47,4%), seguita dalla Calabria con circa 1,4 milioni di t (37,1%).

La Piana di Catania e le arance rosse

• La Piana di Catania, estesa per circa

43.000 ettari, di origine alluvionale, caratterizzata dalla “convivenza” delle colate laviche e della vegetazione in continua mutazione proprio a causa della lava, è una delle zone più calde d’Europa. Nella Piana, dai catanesi denominata “Chiana”, si trovano l’Oasi del Simeto e un’oasi protetta quale il Parco dell’Etna, oltre alla riserva marinara dei faraglioni ad Aci Trezza. La Piana ha una predisposizione naturale alla coltivazione degli agrumi, in particolare delle arance, con terreni fertilissimi vocati a una produzione agrumicola mediamente alta. Il microclima tipico della zona di Catania fa sì che le arance rosse abbiano un gusto, un colore e proprietà salutistiche e vitaminiche unici al mondo. Il clima secco con forti escursioni di temperatura tra il giorno e la notte nel periodo di maturazione, tra ottobre e dicembre, consente la produzione delle antocianine che sono alla base della colorazione rossa. Per quanto riguarda le cultivar, il Moro è l’arancia più ricca di tali sostanze e quindi la più pigmentata, seguita dal Sanguinello e infine dal Tarocco

Superfici e produzioni agrumarie in Italia per specie Specie

2011

2008-2011

ha

%

000 t

%

Aranci

102.191

60,1

2460,5

63,3

Limoni

27.561

16,2

541,1

13,9

Mandarini

9331

5,5

147,3

3,8

Clementine

29.183

17,2

701,5

18,1

Altre

1836

1,1

34,2

0,9

TOTALE

170.102

100

3884,7

100

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT.

473


mondo e mercato Distribuzione delle superfici agrumetate in Italia per specie e regioni (2011) Aranci

Regioni

Limoni

Mandarini

Clementine

ha

%

ha

%

ha

%

ha

%

Sicilia

59.976

58,7

23.952

86,9

5799

62,1

3644

12,5

Calabria

22.614

22,1

1461

5,3

2013

21,6

17.103

58,6

Campania

1211

1,2

1156

4,2

571

6,1

403

1,4

Puglia

6113

6,0

262

1

110

1,2

4780

16,4

Sardegna

5720

5,6

614

2,2

775

8,3

972

3,3

Basilicata

5842

5,7

52

0,2

37

0,4

2119

7,3

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT.

Anche in questo caso segue, molto indietro, la Puglia con 280.000 t (7,2%) e, ancora oltre, la Basilicata con quasi 160.000 t (4%), la Sardegna con 86.000 t (2,2%), la Campania con meno di 70.000 t e le altre regioni, nelle quali si producono non più di 9000 t di agrumi (0,2%). Sicilia L’introduzione degli agrumi in Sicilia, con l’arancio amaro, si fa risalire al IX-X secolo, mentre l’arancio dolce fu introdotto dai portoghesi e dai genovesi tra il 1400 e il 1500. Più recente (inizi del XIX secolo) è la diffusione del mandarino comune, proveniente dalla Cina come pianta ornamentale; solo nella metà dell’Ottocento furono realizzati i primi impianti a fini commerciali. La coltivazione degli agrumi si è diffusa con notevole facilità in Sicilia, dove ha trovato condizioni pedoclimatiche ideali per produzioni di particolare pregio. Gli agrumi coltivati nell’isola oggi sono concentrati prevalentemente lungo le fasce costiere tirrenica e ionica, nella Piana di Catania e in un breve tratto della costa meridionale, da Campobello di Mazara a Ribera.

Arance di Tarocco Rosso, particolarmente pigmentate

Distribuzione delle produzioni agrumarie italiane per specie e regioni (2008-2011) Regioni

Aranci

Limoni

Mandarini

Clementine

Altri agrumi

Totale

000 t

%

000 t

%

000 t

%

000 t

%

000 t

%

000 t

%

Sicilia

1225,3

49,8

470,1

86,9

75,5

51,2

61,7

8,8

7,5

22

1840,1

47,4

Calabria

848,6

34,5

35,3

6,5

49,9

33,9

482,3

68,7

26,6

77,8

1448,7

37,1

Campania

26,3

1,1

24

4,4

11,3

7,7

8,2

1,2

-

-

69,8

1,8

Puglia

167,2

6,8

4

0,7

2

1,3

107,6

15,3

-

-

280,8

7,2

Sardegna

63,1

2,6

5,9

1,1

7,9

5,4

9,1

1,3

-

-

86

2,2

Basilicata

123,1

5

1

0,2

0,6

0,4

31,8

4,5

-

-

156,4

4

Altre

7

0,3

0,7

0,1

0,2

0,2

0,8

0,1

0,03

0,1

8,8

0,2

TOTALE

2460,5

100

541,1

100

147,3

100

701,5

100

34,2

100

3884,7

100

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT.

474


agrumi in Italia L’arancio, anche se interessa tutte le province, è concentrato per oltre il 40% delle superfici regionali nei territori di Catania, Siracusa, Enna e Agrigento. L’areale più importante è la Piana di Catania, con la coltivazione delle varietà pigmentate (Tarocco, Moro e Sanguinello), di grande interesse economico per gli operatori della filiera agrumicola siciliana. La disponibilità, negli ultimi anni, di nuovi cloni di Tarocco ha consentito l’ampliamento del calendario di produzione, con una raccolta che parte a dicembre per continuare fino a giugno. Produzioni di elevata qualità sono presenti nell’area Palagonia-Scordia, caratterizzata da impianti piuttosto giovani e produttivi (Sanguinello e Tarocco). La provincia di Enna, dal punto di vista colturale, è un’appendice dell’areale catanese, con caratteristiche e problematiche simili. Nel siracusano, la coltivazione dell’arancio interessa il territorio compreso tra Carlentini, Lentini e Francofonte. L’eccellente qualità del prodotto ha permesso il riconoscimento con marchi come l’Arancia Rossa di Sicilia IGP, che comprende diverse varietà tra cui il Tarocco, il Moro e il Sanguinello. Il territorio di coltivazione si estende nelle province di Catania e Siracusa. Di indubbio interesse è la produzione di arance bionde ombelicate, o Navel, in provincia di Agrigento (Ribera e Sciacca); la varietà più diffusa è la Washington Navel, molto apprezzata sui mercati del Nord Italia. Le particolari condizioni ambientali hanno favorito lo sviluppo di un prodotto di qualità riconosciuto dal marchio Arancia di Ribera DOP, che comprende le varietà Brasiliano, Washington Navel (Brasiliano) e Navelina, coltivate nella provincia di Agrigento e una piccola appendice in provincia di Palermo.

Foto G. Pasciuta, Fotografi Associati

Aranceti della varietà Brasiliano a Ribera, che si nota sullo sfondo

Coltivazione di arancio Tarocco nella piana di Catania; sullo sfondo l’Etna innevato

475


mondo e mercato La coltivazione del limone si concentra lungo la costa ionica e quella tirrenica: in particolare, nelle province di Messina, Palermo, Catania e Siracusa, dove si concentra il 95% della superficie limonicola isolana e oltre l’80% di quella italiana. La parte regionale più a est dell’isola riveste la leadership produttiva, dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo. Oggi, le produzioni qualitativamente migliori provengono dal siracusano, precisamente dall’areale tra Augusta, Noto e Rosolini. In tale contesto è stato riconosciuto il marchio Limone di Siracusa IGP, noto come Femminello siracusano, con quattro periodi di produzione: da ottobre a dicembre si raccoglie il Primofiore, da gennaio a marzo il limone Invernale, da aprile a maggio il Bianchetto e da agosto a settembre il Verdello. Nel messinese e nel catanese i limoneti si coltivano lungo la costa nella fascia litoranea, dove le condizioni ambientali marittime mitigano tanto il caldo estivo quanto il rigore dei mesi invernali; il limone è coltivato su appezzamenti spesso terrazzati, frutto di capitalizzazioni del lavoro di epoche passate. La varietà Interdonato, ibrido naturale tra un clone di cedro e uno di limone, ha conseguito il marchio Limone Interdonato di Messina IGP, che interessa la parte ionica della provincia di Messina. Nel palermitano, invece, la coltivazione del limone rimane in alcuni angoli della splendida Conca d’oro, che deve il suo nome al colore dei frutti dell’agrume. Mandarino (quasi 5800 ettari) e clementine (oltre 3600 ettari) incidono per quasi il 10% sulla superficie agrumicola regionale; la loro coltivazione è localizzata nelle province di Catania, Palermo e, in misura minore, Ragusa, Messina e Siracusa.

La Conca d’oro e il mandarino di Ciaculli

• A partire dal XVI secolo, la Piana

circostante la città di Palermo si presentava interamente coltivata a limoni, aranci e mandarini, tanto da meritare il celebre appellativo di Conca d’oro. La dominazione araba comportò questi cambiamenti, mentre il successivo latifondismo limitò lo sviluppo delle colture arboree a vantaggio di quelle cerealicole. Solo con le condizioni favorevoli del mercato vennero reintrodotti gli agrumi. Nella contrada di Ciaculli si diffuse prima la coltura del limone; negli anni ’20 del XX secolo, con la crisi di questa coltura, venne introdotto il mandarino (inizialmente fu propagato l’Avana). Il pieno successo della coltura si ebbe alla fine della Seconda guerra mondiale quando si diffuse una nuova varietà, subito apprezzata per l’epoca tardiva in cui maturano i suoi frutti (febbraio-marzo) e per la ridotta incidenza dei semi, denominata Tardivo di Ciaculli. Grazie alla disponibilità idrica furono messi a coltura terreni anche declivi grazie ai terrazzamenti. Questa situazione mutò dopo gli anni ’70, per l’obsolescenza tecnica dei campi e per la forte urbanizzazione. Attualmente Ciaculli e Crocevia Giardina rappresentano una delle poche zone della Conca d’oro ancora coltivate. Il paesaggio è caratterizzato da terrazzamenti coltivati ad agrumi, prevalentemente mandarino tardivo, e dalla presenza di numerose strutture (bagli, ville, torri, pozzi ecc.) che testimoniano lo sviluppo dell’agricoltura attraverso i secoli

Foto G. Russo

Limoneti lungo la costa catanese, con i terrazzamenti che tutelano dall’erosione la costa declive

476


agrumi in Italia Nel catanese si concentra il 30% delle superfici regionali coltivate (Piana di Catania e area pedemontana etnea). Nella Piana si coltivano soprattutto i mandarini, che trovano qui condizioni pedoclimatiche favorevoli, con produzioni di elevato pregio; la varietà più diffusa è l’Avana, anche se negli ultimi anni si stanno affermando nuovi ibridi apireni di un certo interesse. Nella fascia collinare dell’Etna, precisamente nei territori di Mascali, Piedimonte Etneo, Santa Venerina, Belpasso, Paternò e Adrano, è principalmente coltivato il clementine, che raggiunge buoni livelli produttivi grazie all’equilibrio di diversi fattori, come la fertilità del suolo, la temperatura favorevole e la luminosità. Nel palermitano si concentra il 40% della superficie regionale di mandarini, ubicata nell’area periurbana del capoluogo (Palermo e Misilmeri), che all’importanza produttiva aggiunge quella paesaggistica. Difatti, intorno alla città di Palermo su caratteristici terrazzamenti, che hanno reso coltivabili terreni in forte pendio, si coltivano mandarineti della varietà Tardivo di Ciaculli, divenuti uno dei punti di forza della tradizione agrumicola isolana, valorizzato anche da uno specifico Consorzio. Nel ragusano la coltivazione si estende nelle pianure di Vittoria e Acate, e verso le aree più collinari di Comiso e Chiaramonte Gulfi. Nel messinese la coltivazione si concentra nella parte nordorientale dell’isola, con una presenza sul versante tirrenico (Barcellona Pozzo di Gotto, Rometta, Villafranca Tirrena, Monforte San Giorgio, Milazzo); poco rilevante, infine, è la presenza sul versante ionico (Messina). Nel siracusano i mandarini si estendono su limitate superfici e in vecchi impianti; maggiore è l’interesse per il clementine, con nuove varietà adatte alle condizioni pedoclimatiche della Piana di Siracusa, capaci di produrre frutti di buon livello quali-quantitativo.

La Piana di Sibari

• Tra il mar Ionio, la Sila e il massiccio

del Pollino, giace la Piana di Sibari, la più estesa delle pianure calabresi. Prende il nome dalla città greca Sybaris, una delle prime colonie greche in Italia, fondata da coloni Achei e Trezenii nel VII secolo a.C. Tra le attività produttive agricole del tempo si ricorda la coltivazione della vite. Nel Secondo dopoguerra è entrata in un periodo d’intenso rinnovamento economico-sociale, grazie all’opera di Sila, che con la bonifica del territorio ne ha fatto una tra le zone più prospere non solo della Calabria, ma dell’intero Mezzogiorno. Questo ha consentito la diffusione di impianti d’agrumeti, in seguito alla creazione di canali di scolo, che fanno sembrare questa Piana una grande distesa verde. Terreni diligentemente lavorati, minuziosamente coltivati, la vicinanza dei monti e l’assenza della traiettoria dei venti determinano un microclima ideale e fa sì che la Piana di Sibari risulti una delle zone più vocate in assoluto per la coltivazione dei clementine

477


mondo e mercato Calabria In questa regione la coltivazione interessa diverse aree legate fondamentalmente alle zone costiere tirrenica e ionica; la particolarità di questa agrumicoltura, oltre alla notevole estensione, è data dalla presenza di specie non diffuse in altri areali agrumicoli nazionali, cedro e bergamotto, per i quali la Calabria ha il primato a livello mondiale. Nel reggino la zona ionica è quella con le condizioni ambientali più idonee alla coltivazione. In questa area si coltivano diverse cultivar di arancio, clementine e soprattutto il bergamotto. Il marchio Bergamotto di Reggio Calabria DOP è riferito all’olio essenziale, prodotto nella zona costiera tra Villa San Giovanni e Gioiosa Ionica, tra il mar Ionio e il Tirreno, e comprende numerosi comuni della provincia di Reggio Calabria. L’olio essenziale di bergamotto viene usato nell’industria profumiera, farmaceutica, alimentare e dolciaria. Come in tutte le aree agrumicole storiche sono presenti varietà tipiche, soprattutto di arancio, tra le quali si ricorda il Biondo San Giuseppe, una particolare selezione del Belladonna che riesce a conservarsi bene sulla pianta fino al mese di giugno. Nel catanzarese la parte più rappresentativa è la costa tirrenica dove alle coltivazioni di arancio e clementine, nel corso degli anni, si è affiancata un’attività vivaistica, che ha rappresentato un punto fermo per la produzione di materiale di propagazione sia varietale che portinnesti. L’agrumicoltura più dinamica in quanto legata al mercato di consumo, pertanto in continuo aggiornamento varietale, è quella dell’arco ionico cosentino. In questa provincia si coltivano le produzioni

Attività vivaistica nel lametino

• Un settore importante della Piana

di Lamezia è quello del vivaismo agrumicolo, diffusosi a partire dagli anni ’50 dopo gli interventi di bonifica. Furono alcuni vivaisti provenienti da aree storiche vivaistiche siciliane a effettuare i primi investimenti nel territorio, diventando punto di riferimento per gli altri imprenditori locali. Questo scosse dal torpore le vecchie famiglie agrarie dedite a un’agricoltura estensiva, le quali capirono che per sopravvivere dovevano trasformare le loro aziende. Con essi, si svilupparono anche i piccoli coltivatori che, con l’arrivo dell’acqua e dell’energia elettrica, diedero impulso al settore. L’attività vivaistica diventò esempio per altri areali agrumicoli nazionali ed europei; si iniziò la produzione di materiale certificato, con l’introduzione di nuove varietà e portinnesti

Foto A. Pagliaro

Pianta di clementine comune nella piana di Sibari, areale particolarmente vocato alla coltivazione di questa specie e varietà

Campo di cedro, nell’areale di Diamante, con i rabbini che scelgono i frutti da utilizzare per i riti religiosi ebraici

478


agrumi in Italia di maggior pregio, come il clementine, tanto da primeggiare come area a livello nazionale per superficie coltivata. La coltivazione del clementine si è diffusa dopo il 1950, grazie alle vocate condizioni ambientali, che permettono al frutto di raggiungere ottime caratteristiche qualitative estrinseche e intrinseche e di maturare molto precocemente, già a partire dai primi di ottobre, con un calendario che continua fino a marzo. In Calabria si coltivano oltre 17.000 ettari, pari a quasi il 60% delle superfici nazionali. Le ottime caratteristiche produttive quanti-qualitative hanno consentito il riconoscimento del marchio Clementine di Calabria IGP, che vale per tutto il territorio regionale. Particolarità del territorio sono il cedro, coltivato sulla costa tirrenica in meno di 70 ettari, e il limone nell’alto cosentino, ai confini della Basilicata, nel comune di Rocca Imperiale, che ha conseguito il riconoscimento di Limone di Rocca Imperiale IGP.

Il Limone di Rocca Imperiale IGP

• Da oltre 500 anni in questo paese

dell’alto Ionio cosentino si coltiva un ecotipo di limone, denominato limone “Antico” (o Nostrano) di Rocca Imperiale, che appartiene al gruppo del Femminello comune. Nel corso degli anni oltre al Femminello sono stati coltivati altri cloni (Zagara bianca, Femminello siracusano) e altre varietà, come Interdonato e Lunario. A questi bisogna aggiungere un ecotipo locale denominato Lauretta, che anticipa la raccolta rispetto al clone tradizionale. Le caratteristiche del frutto sono pregevoli per colore, pezzatura e apirenia. Si effettuano tre produzioni: Primofiore (raccolto da novembre ad aprile), Bianchetto o Maiolino (raccolto da maggio a luglio) e Verdello (raccolto da agosto ad ottobre)

Puglia La coltivazione degli agrumi in Puglia è presente principalmente lungo l’arco ionico tarantino e leccese; una coltivazione di nicchia si pratica nel Gargano, con varietà tipiche locali. L’agrumicoltura si concentra quasi esclusivamente sull’arancicoltura, diffusa su oltre 6000 ettari, e sulla clementinicoltura, che interessa quasi 4800 ettari. La diffusione dell’agrumicoltura in coltura specializzata nell’area tarantina si fa risalire agli inizi del 1900, anche se dell’introduzione di tali frutti in questa zona si ha menzione con tutta probabilità già nel 1700. La scarsa disponibilità idrica ha condizionato la diffusione di questo gruppo di specie. È solo nel Secondo dopoguerra

• L’areale di coltivazione non presenta

particolari limitazioni climatiche, anzi è protetto dalle colline e usufruisce dell’azione mitigatrice del mare. La limonicoltura, oltre ad assumere una rilevante importanza economica, ha una valenza paesaggistica per il territorio, noto con il nome “Terre dei limoni”

Foto A. Caruso

Foto V. Vitelli

Limoneti in Agro di Rocca Imperiale, che si estendono ai piedi della zona collinare e a pochi metri dal mare, condizioni che ne favoriscono la coltivazione

Cedriera nella zona di Diamante; si notano le strutture per consentire la copertura con reti protettive

479


mondo e mercato

Clementine di circa 60 anni di età, coltivato in agro di Massafra in un particolare appezzamento denominato “partaggio”, dell’estensione di circa 2 ettari, che assicurava il sostentamento di un nucleo familiare

Arance del Gargano

Particolare delle strutture di protezione degli agrumeti dai venti salsi marini nel tarantino

• La tradizione agrumaria di quest’area

è frutto di una storia secolare, già fiorente nell’anno 1000. Nel 1600 si distinguevano nel paesaggio del Gargano, Vico e Rodi, “agrumi che rendevano i paesani ricchi per il continuo traffico che vi fanno i Veneziani e gli Schiavoni i quali vengono a caricare vini, arance e limoni”. Il prodotto è conosciuto con il nome dialettale di Portgall e già dalla seconda metà dell’Ottocento veniva esportato negli Stati Uniti e in Canada

che si assiste all’espansione e specializzazione della coltivazione di agrumi, grazie alla riforma fondiaria, che ha consentito di mettere a disposizione degli agricoltori adeguate risorse idriche. Nel tarantino la coltivazione, concentrata nei comuni di Massafra, Palagiano, Palagianello, Castellaneta e Ginosa, vede primeggiare il clementine, con un calendario di maturazione che parte da ottobre per protrarsi a marzo con le varietà tardive. Per l’arancio prevale il Navelina, mentre per il clementine spicca il Comune. Per quanto riguarda i portinnesti prevale l’arancio amaro; nei nuovi

• Una curiosità: a Vico nel Gargano vige

la tradizione secondo cui chi nel giorno di San Valentino stacca un’arancia dal trono del santo e ne ricava il succo, ottiene un potente filtro d’amore!

• Tre sono le varietà coltivate: la bionda,

la duretta del Gargano e il melangolo, caratterizzati da una maturazione a fine aprile-inizio maggio (talvolta ad agosto), in controtendenza con l’epoca di altre aree agrumicole italiane. Quest’area ha produzioni di qualità identificate con marchi come l’Arancia del Gargano IGP e il Limone Femminello del Gargano IGP

Aranceto dell’areale ionico leccese, dove le condizioni miti hanno favorito la diffusione della coltura con tecniche colturali innovative

480


agrumi in Italia impianti vengono inseriti i citrange Carrizo e Troyer, che incontrano limitazioni nei terreni calcarei e con acque di irrigazione di medio-alta salinità. La produzione è destinata, alla pari di quella nazionale, al mercato del “fresco” ed è fortemente indirizzata al soddisfacimento delle esigenze del consumatore in termini di calendari di offerta, prodotti innovativi e produzioni certificate. Da ricordare è il marchio di qualità Clementine del Golfo di Taranto IGP, prodotto nei comuni di Palagiano, Massafra, Ginosa, Castellaneta, Palagianello, Taranto e Statte. Sono comprese nella denominazione le seguenti cultivar e selezioni clonali: Comune, Fedele, Precoce di Massafra (o Spinoso), Grosso Puglia, ISA, SRA 63 e SRA 89. Nel leccese l’incidenza agrumicola non è particolarmente rilevante, però in passato diversi sono stati gli investimenti arancicoli e clementinicoli, che hanno consentito il conseguimento di produzioni di qualità, viste le condizioni ambientali miti che permettono di ottenere produzioni precoci.

La sagra dell’arancia di Montalbano Ionico

• Montalbano Ionico si sviluppa

su una collina costituita da rilievi argillosi, situata a una quindicina di chilometri dalle rive del mar Ionio, a un’altezza di 292 m s.l.m. L’area calanchiva sulla quale si sviluppa il centro abitato rappresenta una delle zone paesaggistiche più suggestive e spettacolari della Basilicata, riconosciuta riserva naturale, che comprende i vecchi giardini con cultivar di arancio locali

• La sagra, giunta alla 7

edizione, si svolge nel periodo invernale. La caratterizzano convegni con interventi specifici sull’agrumicoltura del litorale ionico e delle valli dell’Agri e del Sinni, laboratori del gusto e di educazione alimentare. A margine della sagra viene assegnato il premio “Arancia d’oro” ai montalbanesi che si sono distinti nell’attività svolta a

Basilicata Nel Metapontino, territorio che ha visto la colonizzazione greca e con questa una fiorente attività agricola, il clima particolarmente mite consente la coltivazione dell’arancio, soprattutto Navel, e del clementine. La coltivazione degli agrumi ha origini antiche, dato che sembra siano stati gli arabi a introdurli nelle valli dell’Agri e del Sinni, dove trovarono condizioni idonee di coltivazione grazie alla disponibilità di risorse idriche. Anche in questa regione l’agrumicoltura interessa quasi esclusivamente l’arancio, principalmente Navelina, su poco meno di

Impianti di clementine nel Metapontino con il sistema di baulatura e irrigazione a microportata di erogazione

Campo di arancio Staccia, vecchia varietà con frutti molto succosi e dalla forma schiacciata

481


mondo e mercato 6000 ettari, e il clementine, con cloni a maturazione precoce, intermedia e tardiva, messo a coltura su oltre 2000 ettari. Un’agrumicoltura destinata al consumo fresco deve soddisfare le esigenze del consumatore, per cui nell’ultimo decennio sono state inserite nuove varietà di agrumi a frutto piccolo, a maturazione precoce e tardiva. La presenza di condizioni pedoclimatiche vocate, nonché acque irrigue di buona qualità, hanno permesso il ricambio del portinnesto, per cui si è passati dall’arancio amaro ai citrange.

Le varietà tradizionali dell’agrumicoltura lucana

• Si hanno notizie di coltivazioni di

agrumi, e in particolare di aranci amari, nella zona di Tursi e Montalbano Ionico in una pubblicazione datata 1843. Altri citano i superbi giardini dove si coltivano aranci che non hanno niente da invidiare sia per dolcezza sia per grossezza a quelli di Sorrento e Palermo

Sardegna Gli agrumi in Sardegna sono concentrati per circa tre quarti delle superfici nel cagliaritano e nelle aree costiere orientali e meridionali dell’isola. La specie più coltivata è l’arancio, con oltre 5700 ettari, seguito dal clementine, con poco meno di 1000 ettari, dal mandarino, con quasi 800 ettari, e dal limone, con circa 600 ettari. Il patrimonio varietale è stato fortemente rinnovato negli anni ’70, grazie al concorso di strutture sperimentali (Consorzio Interprovinciale per la Frutticoltura di Cagliari), in linea con le esigenze del mercato, con l’introduzione di cultivar di arancio bionde ombelicate quali la Washington Navel, seguita, nel decennio successivo, dal Naveline. Per il clementine la varietà più diffusa è l’SRA 63, mentre per il limone la varietà più diffusa è stata l’Eureka, almeno, prima che il mal secco ne limitasse la sopravvivenza. Nell’ambito dei portinnesti, prevalgono i trifoliati con circa il 70% (soprattutto citrange, in particolare Carrizo, seguito da Poncirus trifoliata Pomeroy; qualche impianto con citrumelo Swingle), mentre il 30% è arancio amaro.

• Da questi documenti si evince che

queste zone della Basilicata sono particolarmente vocate e specializzate nella coltivazione degli aranci. Nel secolo scorso sono stati selezionati diversi ecotipi a polpa bionda e maturazione tardiva (Biondo o Golden di Montalbano e Biondo o Golden di Tursi). Particolare è l’arancia “Staccia” (u’ stacc in dialetto), nome che deriva da un vecchio gioco che ha origini molto antiche, simile al gioco delle bocce ma fatto con pietre piatte dette “stacce”, da cui prende il nome questa varietà del gruppo delle arance bionde, con frutto di forma oblata, fortemente schiacciata ai poli, con peso medio molto elevato (intorno ai 300 g) e apireno

Foto R. Zurru

Foto A. Caponero

Agrumeti storici compresi nella Riserva naturale dei Calanchi di Montalbano Ionico

Pianta di Washington Navel, che ha trovato in Sardegna idonee condizioni colturali

482


agrumi in Italia Fonte visitmuravera.it, R. Utzeri

Sagra di Muravera

• La sagra degli agrumi di Muravera,

giunta alla 40a edizione, nota in tutta la Sardegna, festeggia l’agrume, che è il principe della festa e le conferisce colore, sapore e gusto

• Vi si svolge la sfilata delle etnotraccas,

carri museo sui quali sono riprodotti, in piccolo, veri e propri spaccati della vita agropastorale d’un tempo: dal lavoro nei campi alla realtà domestica, ai mestieri tipici

• Arricchiscono la sagra le degustazioni

delle arance e dei prodotti locali, la parata dei gruppi in costume, dei cavalieri e delle amazzoni su cavalli. Colonna sonora dell’evento è il suono acuto e vibrante delle launeddas, il caratteristico e antico strumento a tre canne, suonato con la tecnica del fiato continuo

• A questo fanno da contorno visite guidate agli agrumeti, convegni, laboratori creativi, mostre tematiche, musei itineranti, un concorso fotografico, manifestazioni sportive, spettacoli di musica e danze tradizionali

Ragazze in costume sardo e agrumi a Muravera, dove da oltre 40 anni si celebra una della sagre agrumicole più antiche d’Italia

Foto G. Russo

Campania L’agrumicoltura campana, pur risultando marginale rispetto a quella italiana, riveste particolare rilievo sia per gli aspetti paesaggistico-ambientali sia per l’elevata qualità delle sue produzioni. In particolare nelle costiere sorrentina e amalfitana, grazie a tecniche colturali che hanno messo a coltura colline scoscese e i dirupi in terrazze, la coltivazione riveste un ruolo importante per la tutela del territorio. Il limone rappresenta il prodotto a più forti connotazioni storiche, oggi diffuso su poco meno di 1200 ettari. Le pregevoli qualità delle produzioni limonicole hanno consentito il conseguimento di marchi di qualità come l’IGP Limone di Sorrento e il Limone Costa d’Amalfi. L’arancicoltura interessa poco più di 1200 ettari, mentre minore è l’interesse per mandarini (571 ettari) e clementine (403 ettari).

Limoneti nella costiera amalfitana, che alla funzione produttiva associano quella paesaggistica

483


gli agrumi

mondo e mercato Agrumi in Spagna Salvador Zaragoza

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465 (in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).


mondo e mercato Agrumi in Spagna Areali di produzione La coltivazione degli agrumi in Spagna investe circa 315.000 ettari concentrandosi principalmente (per l’80%) lungo la fascia costiera e nelle valli fluviali del Levante e, per il resto, nel sud della penisola iberica (Andalusia), tra il 36º e il 40,5º di latitudine N. Al di fuori di questi areali, e con alcune eccezioni, la coltivazione degli agrumi è molto limitata a causa dei rischi di gelate. Le nuove piantagioni si trovano principalmente nelle province di Huelva e Siviglia. Le estati sono calde e gli inverni miti, anche se occasionalmente si registrano basse temperature che possono produrre danni di entità differenziata. La pluviometria, generalmente scarsa e variabile, oscilla tra i 300 e i 650 mm annui (a volte con massime di 900 mm). La distribuzione erratica rende necessaria la coltivazione in irriguo di tutte le aree citricole. In generale, i suoli sono calcarei, poveri di sostanza organica e con pH compreso tra 7,5 e 8,5. Eccezionalmente, in alcune aree del sud-est persistono suoli sabbiosi e leggermente acidi.

Francia

Portogallo

Tarragona zona di levante zona Castellón andalusa Valencia Córdoba Alicante Siviglia Huelva Murcia Málaga Almería

Principali aree di produzione agrumicola. Nella regione orientale (Castellón, Valencia, Alicante e Murcia) si concentra la maggior parte della produzione. Negli ultimi anni, l’agrumicoltura ha avuto grande diffusione nelle provincie di Andalusia e Huelva Nelle aree orientali le piantagioni sono di dimensioni ridotte e quelle nuove utilizzano l’irrigazione a goccia

484


agrumi in Spagna Caratteristiche degli impianti Gli impianti sono molto frammentati, in modo particolare nella regione del Levante, dove la superficie media investita oscilla intorno all’ettaro. A ogni modo, nelle nuove aree agrumicole di Murcia e Andalusia è molto frequente incontrare aziende con una superficie anche superiore a 100 ettari. Le distanze di piantagione sono molto variabili, con una forte tendenza verso il sesto in rettangolo e distanze tra e sulle file pari a 6 x 5 m, in funzione del vigore specifico raggiunto dalla combinazione d’innesto nei diversi ambienti di coltivazione. In seguito alla diffusione del virus della tristeza, l’uso dell’arancio amaro (C. aurantium L.) come portinnesto è limitato ai limoneti e agli agrumi ornamentali. Attualmente si stima che l’arancio amaro sia diffuso, come portinnesto, su non più del 10% della superficie coltivata. Le nuove piantagioni di arancio e mandarino fanno ricorso ai seguenti portinnesti: il 4% al citrange Troyer [C. sinensis (L.) Osb. x Poncirus trifoliata (L.) Raf.], il 75% al citrange Carrizo e l’8% al mandarino Cleopatra (C. reshni Hort. ex Tan.). Il C. macrophylla Wester e il C. volkameriana Ten. Pasc. sono i più utilizzati nei limoneti, anche se il primo si utilizza, nei suoli

Irrigazione localizzata

• L’irrigazione localizzata ha consentito

l’espansione dell’agrumicoltura in Murcia e Andalusia perché, con questo sistema, non è necessario livellare il suolo, né fare grandi movimenti di terra e si possono utilizzare terreni in aree con clima favorevole, sebbene montagnose, con dislivelli o suoli poco profondi. In questi casi è necessaria la coltivazione a porche

Piantagioni su curve di livello nella zona di Huelva

485


mondo e mercato salini e calcarei, anche come portinnesto di aranci e mandarini. La concimazione è perlopiù basata sull’analisi fogliare, del suolo e dell’acqua irrigua. Le dosi medie per ettaro in piantagioni adulte oscillano tra i 220-260 kg N, 60-80 kg P2O5 e 140-160 kg K2O. L’uso di sostanza organica è molto limitato. L’irrigazione è assolutamente necessaria nel periodo compreso tra la primavera e l’autunno. Il sistema tradizionale, per sommersione, è quasi completamente sostituito dall’irrigazione localizzata, che è ormai tipica di tutti i nuovi impianti ed è diffusa sul 70% della superficie destinata ad agrumi. La quantità di acqua utilizzata è estremamente variabile, ma può essere compresa tra i 4000 e i 6000 m3/ha/anno. Le piantagioni a porche si realizzano quando si devono prevenire fenomeni di gommosi (Phytophthora) o quando il suolo è molto superficiale. La potatura è una pratica molto costosa e laboriosa, che si rea­lizza totalmente a mano con seghetto e forbici. Il cambio di varietà è una pratica molto frequente. L’agrumicoltore tende a effettuare il sovrainnesto quando la varietà coltivata non è più economicamente redditizia, ovvero quando una nuova promette di garantire un reddito maggiore. Questo dinamismo diversifica l’offerta e facilita la presenza, nei mercati, di frutta desiderata dal consumatore.

I vivai

• Le piante prodotte dai vivai devono

essere certificate ed esenti da malattie riconosciute; devono avere parametri standard, in termini di altezza della pianta, circonferenza del tronco e altezza del punto di innesto. I vivai dispongono di almeno 40 varietà su diversi portinnesti. Si vendono annualmente 3 milioni di piante

Piantagione a porche in linee parallele in una nuova zona irrigua di Murcia

486


agrumi in Spagna La gestione del suolo si effettua con lavorazioni eseguite diverse volte l’anno, con motocoltivatori di bassa potenza o con trattori di tipo medio o grande. Gran parte degli impianti è trattata con diversi tipi di erbicida. Stato sanitario delle piantagioni I parassiti più importanti dell’agrumicoltura spagnola sono la cocciniglia rossa (Aonidiella aurantii Mask.) e la mosca del Mediterraneo (Ceratitis capitata Wied.) che vengono controllate con trattamenti polverizzati, e, in regime biologico, con la liberazione di maschi sterili e trappole sessuali. Esistono varie specie di afidi che colpiscono i mandarini, tra i quali i più diffusi sono l’Aphis spiraecola Patch. e l’A. gossypii Glover. Fortunatamente la Toxoptera citricida Kirkaldy non è presente nelle aree citricole. Il più diffuso tra gli acari è il ragnetto rosso (Tetranychus urticae Koch.); altri parassiti, come la mosca bianca (Aleurothrixus floccosus Mask.), il Prays citri (Mill.) e il Phyllocnistis citrella (Stainton), non causano danni di rilievo. Sporadicamente si possono presentare alcune cocciniglie: Saissetia oleae Bern., Planococcus citri Risso e Coccus hesperidum L. I nematodi non costituiscono un problema per l’agrumicoltura spagnola.

487


mondo e mercato La produzione integrata è in continua espansione: diversi parassiti vengono controllati con fitofagi utili come Criptolaemus montrouzieri Muls., Rodolia cardinalis Muls., Citrostrichus phyllocnistoides e Cales noacki How. L’insetticida in forma di emulsione è applicato con pompe a spalla e attraverso manichette collegate a taniche mobili, portate da trattori, per mezzo di turboventilatori, e, in aziende di grandi dimensioni, con elicotteri o piccoli aerei. Solo in zone particolarmente umide e in condizioni propizie possono rilevarsi danni da Phytophthora, mentre è insignificante la presenza di altri funghi che agiscono sulla parte aerea della pianta. Alternaria alternata causa danni importanti su mandarino Fortune. Non è stata rilevata la presenza di batteri patogeni. Le nuove piantagioni si realizzano con portinnesti selezionati e resistenti alla tristeza e varietà risanate, ottenute attraverso il programma di miglioramento genetico degli agrumi, dell’Instituto Valenciano de Investigaciones Agrarias. Produzione e distribuzione varietale I vivai producono più di 40 varietà di agrumi, ma solo una ventina hanno un reale interesse di mercato, perché possono rifornire i mercati quasi tutto l’anno. Si coltivano esclusivamente varietà apirene, anche se può succedere che l’impollinazione incrociata dia luogo a frutti con semi. La maggior parte di arance e mandarini è prodotta nelle province di Valencia e Castellón, mentre i limoni si producono prevalentemente in quelle di Murcia e Alicante. L’arancio amaro viene coltivato a Siviglia. Negli ultimi anni la produzione nazionale si è assestata sui 6 milioni di tonnellate. La metà circa di questa produzione (49,0%) è costituita da arance, il 35,9% da mandarini e il 14,3% da limoni. Insignificante la produzione di altre specie. Le ombelicate sono le arance più diffuse e tra esse il Naveline è la più importante, seguita dalla tardiva Lane late. Navelate, Washington Navel e Newhall hanno perduto interesse, mentre aumenta la diffusione di Powell, Barnfield, Chislett, Fukumoto,

Nei mercati la frutta si vende soprattutto sfusa. I clementine generalmente si raccolgono con le foglie, segno di freschezza. Nei supermercati oppure dove si ha a disposizione un ampio spazio, vengono venduti sfusi o confezionati in cassette di cartone, reti borse ecc.

Produzione e destinazione degli agrumi spagnoli Media delle campagne 2005-2006 a 2009-2010 (t x 10³) Produzione

Mandarini

Arance

Limoni

Pompelmi

Totale

2150,3

2929,3

856,8

46,7

5983,1

Consumo interno

301,5

818,7

139,8

2,0

1261,9

Industria

258,0

622,5

193,6

4,4

1078,5

Perdite

129,9

145,2

95,6

1,3

372,0

Export

1460,9

1342,9

427,9

39,0

3270,7

Fonte: CLAM

488


agrumi in Spagna Rohde. Valencia Late e altre varietà tardive come Barberina, Delta e Midknight continuano a diffondersi, mentre Salustiana rimane stabile. Clemenules è la varietà di mandarino più diffusa, seguita da altre a maturazione anche più precoce, come Marisol, Oronules e recentemente Clemenrubí, o più tardiva come Hernandina. Tra gli ibridi, Nova, Fortune e Ortanique sono i più importanti. Altri mandarini come Nadorcott sono molto ben accetti dal mercato. La produzione di Satsuma si mantiene stabile con le varietà Okitsu e Owari; recentemente si è diffusa la varietà Iwasaki. La produzione di limoni cresce lentamente; Fino è la varietà più richiesta, seguita da Verna. Tra i pompelmi, quelli a polpa pigmentata sono accettati sul mercato. Destinazione della produzione La Spagna produce tradizionalmente per il consumo fresco e l’esportazione. Negli ultimi anni la maggior parte della produzione (54,7%) viene esportata per il consumo fresco e una piccola parte (18%) è trasformata in marmellate, spremute o succhi di diverso tipo. Il resto (22,1%) viene consumato nel mercato interno, sebbene si debba sempre tener conto delle perdite dovute alle condizioni meteorologiche stagionali. I mercati destinatari della produzione spagnola sono i Paesi dell’Unione Europea e, tra essi, Germania e Francia sono i più importanti, seguiti da Gran Bretagna, Olanda, Polonia e Belgio. Di minore importanza sono, quali mercati di destinazione, gli Stati Uniti, la Russia e altri Paesi.

Distribuzione media percentuale della produzione di arance, mandarini e limoni durante l’annata % 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 Sett/Ott Nov

Dic Arance

Gen

Feb

Mar

Limoni

Apr

Mag

Mandarini

Giu Lug/Set Fonte: CLAM

489


gli agrumi

mondo e mercato Agrumi in Marocco Mohamed El Otmani

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465 (in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).


mondo e mercato Agrumi in Marocco Introduzione Il Marocco è situato nell’estremità nordoccidentale del continente africano. Gli agrumi vennero introdotti nel Paese dagli Arabi parecchi secoli fa e l’agrumicoltura prese il via durante la prima metà del XX secolo, sotto il protettorato francese. Fino agli anni ’80 il panorama agrumicolo era dominato da tre varietà principali: il clementine Cadoux (conosciuto anche come clementine Fina) e le arance Washington Navel e Valencia Late. Attualmente, lo spettro delle varietà è diversificato e include quelle a maturazione precoce, il cui raccolto avviene a metà settembre, e quelle tardive, raccolte in luglio. L’industria si basa principalmente sul mercato del fresco, mentre la percentuale di prodotto destinata alla trasformazione è inferiore al 10% del totale. Questo documento illustra, oltre agli impieghi convenzionali degli agrumi (consumo fresco o sotto forma di succhi), altri utilizzi meno noti, ma altrettanto importanti.

In un tradizionale souk, bancarella specializzata nella vendita di agrumi freschi (si possono distinguere le arance Navel sulla sinistra, le Valencia a destra e i mandarini Ortanique sullo sfondo)

Produzione e distribuzione degli agrumi La coltivazione di agrumi in Marocco copre una superficie di 92.000 ettari e gli agrumeti sono concentrati principalmente in quattro regioni. La principale, con 34.000 ettari, è quella di Souss, seguita da Gharb, con poco meno di 20.000 ettari, Oriental, con 18.000 ettari e Tadla, con 14.000 ettari. La superficie di terreni

Regioni di produzione agrumicola in Marocco Coltivazioni di agrumi

Tangeri Larache Kenitra Rabat

Oceano Atlantico

Casablanca Madeira (Portogallo)

Mar Mediterraneo Tetouan LOUKKOS GHARB Fes

ORIENTAL Oujda Berkane

Meknes

TADLA

Safi Marrakech

Beni Mellal

Essaouira Agadir SOUSS ISOLE CANARIE (Spagna)

490

ALGERIA


agrumi in Marocco Dati relativi a superficie coltivata, produzione ed esportazione dei diversi tipi di agrumi in Marocco (anni 2010-2011) Tipo

Superficie coltivata

Produzione

Esportazioni

.000 ha

%

.000 t

%

.000 t

%

Arance

45,5

49,3

904,0

51,5

175,2

33,1

Easy peeler

42,1

45,7

716,0

40,7

349,1

65,9

Limoni e altri agrumi

4,6

5,0

135,5

7,8

5,1

1,0

TOTALE

92,2

100,0

1755,5

100,0

529,4

100,0

coltivati ad agrumi nelle regioni di Haouz e Loukkos si attesta rispettivamente sui 5000 e 2000 ettari. La produzione di agrumi in Marocco nel 2010-2011 ammontava a 1,7 milioni di tonnellate per un totale di area coltivata pari a 92.900 ettari. Le arance costituiscono circa il 50% della produzio­ ne e la metà di questo volume è rappresentata dalle Valencia Late. I cosiddetti easy peelers, cioè gli agrumi di facile sbucciatura (che comprendono il clementine, i mandarini Nova e Ortanique ecc.), costituiscono il 46% della produzione, di cui oltre il 90% è di clementine (tra le numerose varietà: Nules, Brune, Orogrande, Cadoux, Nour ecc.). Negli ultimi 25 anni sono stati registrati grandi cambiamenti in ambito produttivo: fino agli anni ’90 le arance sono state protagoniste indiscusse del panorama produttivo, coprendo oltre il 70% della produzione totale e delle esportazioni, mentre oggi la produzione di arance è circa pari a quella degli easy peelers e il mercato delle esportazioni è dominato da questi ultimi. Questi dati sono indicativi di una svolta nelle preferenze di mercato. Il Marocco produce una scarsa quantità di pompelmi e di limoni. Destinazione degli agrumi Consumo fresco Furono i colonizzatori francesi insediatisi agli inizi del Novecento nella parte settentrionale del Paese, più in specifico nella regione di Gharb, a introdurre in Marocco la produzione di agrumi, destinata inizialmente all’esportazione verso la Francia e il re­sto d’Europa. Oggi, il prodotto fresco è rivolto tanto al mercato locale quanto a quello delle esportazioni. Sulle bancarelle di frutta e verdura fresche allestite nei mercati tradizionali (souk) si possono trovare solo agrumi o sia frutta e verdura. In genere, la frutta arriva nei mercatini locali senza transitare attraverso industrie di imballaggio e confezionamento: viene raccolta e trasportata direttamente al mercato. La frutta destinata all’esportazione, invece, dopo la raccolta, vie­ne trasportata nelle industrie preposte all’imballaggio dove è sottoposta a diverse operazioni mirate a tutelarne la qualità e

Bancarella che espone sia frutta sia verdura (in prima fila, sul banco, si vede una pila di limoni, mentre in fondo si scorgono delle arance)

491


mondo e mercato la freschezza durante il trasporto fino al consumatore e la fase successiva di immagazzinamento. I frutti vengono confezionati, secondo una particolare disposizione, in cassette di plastica, cartone o legno. I singoli colli vengono poi pallettizzati, ovvero trasferiti su bancali, e caricati su container refrigerati, all’interno dei quali compiranno l’intero tragitto fino al punto di destinazione. La proporzione delle esportazioni varia in base tanto alla produzione interna quanto a quella degli altri Paesi produttori ed esportatori. In genere, in Marocco si esporta circa il 40-50% della produzione agrumicola totale. La percentuale rimanente è destinata al mercato locale (40-50% della produzione totale) o alla trasformazione (5-10% del totale), in particolare alla produzione di succhi. Fino alla fine degli anni ’90 l’Europa occidentale, e soprattutto i Paesi dell’Unione Europea (UE), rappresentava il primo mercato di esportazione degli agrumi marocchini. Nell’ultimo decennio, tuttavia, il primato di maggior importatore di agrumi dal Marocco è passato alla Russia, che ha privilegiato le categorie easy peeling. Le destinazioni principali a cui sono rivolti gli agrumi marocchini nel mercato dell’UE sono i Paesi Bassi, la Francia e l’Inghilterra.

a)

b)

Trasformazione e sottoprodotti La trasformazione degli agrumi non ha mai rappresentato una priorità per i coltivatori di agrumi marocchini, e le ragioni sono da ricercarsi negli elevati costi di produzione e nei bassi ricavi del prodotto lavorato, che viene venduto a meno della metà del prezzo con cui viene commercializzata la frutta fresca sul mercato interno e in quello delle esportazioni. In effetti, è destinato alla trasformazione meno del 10% della produzione, principalmente costituito da arance (in seguito al calo delle esportazioni registrato negli ultimi anni) e scarti delle industrie di imballaggio. L’industria della trasformazione è incentrata principalmente sulla

c)

d)

Esportazioni di agrumi dal Marocco, suddivisi in base al tipo e alla destinazione Tipo di agrume Destinazione

Easy peelers .000 t

Confezionamento e trasporto della frutta. (a) Frutta confezionata in imballaggi di plastica o (b) in cassette di legno. (c) Pile di cassette trasportate in (d) container refrigerati

Arance .000 t

Totale %

.000 t

%

Unione Europea

93,4

26,8

99,4

56,7

192,8

36,8

Russia

183,4

52,5

72,3

41,4

255,7

48,9

Nordamerica

63,4

18,2

0,2

0,0

63,6

12,1

Africa

0,0

0,0

1,1

0,6

1,1

0,1

Altri

8,9

2,5

2,2

1,3

11,1

2,1

349,1

100,0

175,2

100,0

524,3

100,0

TOTALE

492

%


agrumi in Marocco produzione di succhi, oli essenziali (estratti dalla buccia) e pellet o mangimi per animali (derivati dall’essiccamento della buccia e di altre parti di scarto). La polpa rimasta dall’uso delle scorze d’arancia viene impiegata anche per la produzione di marmellate. Questi prodotti sono principalmente destinati al mercato locale. Altri impieghi Il limone è uno degli agrumi più versatili: lo ritroviamo in diverse forme e preparazioni, per esempio spremuto, a fette o in salamoia. Il succo estratto dal frutto fresco può essere utilizzato per insaporire piatti come le insalate, il tajine (piatto tradizionale marocchino, a base di carne rossa o bianca, oppure pesce, mescolato con verdure, olive ecc.) e il pesce. Sempre per dare aroma

Vasetto di marmellata d’arancia

Esempi di piatti marocchini che presentano il limone tra i propri ingredienti. In alto: insalata con olive e limoni in salamoia, decorata da limone a fettine. In basso, a sinistra: tajine marocchino con carne di pollo, olive in salamoia, carote e fettine di limone. In basso, a destra: teglia di pesce cotto al forno con succo di limone, olio d’oliva, pepe dolce e fette di limone per insaporire e guarnire il tutto

Limoni in salamoia venduti a peso o in barattolo (in alto), spesso in abbinamento alle olive (in basso)

493


mondo e mercato ai piatti, si può aggiungere limone fresco a fettine o in salamoia. In alcune ricette, i limoni in salamoia possono essere abbinati alle olive, da sole o accompagnate da altre verdure, sempre in salamoia. Le scorzette ricavate dalla buccia, infine, vengono utilizzate per conferire aroma ai secondi a base di carne e ai dolci. Una semplice bevanda ottenuta mescolando insieme succo di limone e acqua (il succo di mezzo limone diluito in un bicchiere d’acqua), bevuta al mattino a digiuno, garantisce all’organismo il giusto apporto di vitamina C, fornisce energia e aiuta a riequilibrare l’intestino. La stessa bevanda, assunta indifferentemente la mattina o la sera, rafforza il sistema immunitario e protegge dalle malattie da raffreddamento. Aggiungere alcune fettine di limone nelle bevande gassate, invece, oltre a renderle più fresche e dissetanti, aiuta a eliminare i gas intestinali in eccesso. L’acido citrico e gli altri acidi contenuti nel succo di limone fresco possiedono note proprietà battericide, particolarmente utili ai grandi consumatori di insalate crude per ridurre il rischio di intossicazioni alimentari. Inoltre, uno dei rimedi naturali più dif-

Saponette contenenti olio di limone

Estratti di oli essenziali in bottiglia

Negozio specializzato nella vendita di spezie ed erbe medicinali e aromatiche

494


agrumi in Marocco fusi per alleviare il mal di gola consiste nell’assumere il classico preparato della nonna a base di acqua calda, limone e miele. Vecchio di secoli è anche l’accorgimento, in caso di punture d’insetti, di applicare una fettina di limone per alcuni minuti sulla zona della puntura. L’industria di estrazione degli oli essenziali dai petali dei fiori è un’industria minore, ma ha radici molto antiche. Dai petali dell’arancio amaro si estraggono numerosi oli. Uno dei più noti è il “Dar Belamri”, che prende il nome dal villaggio (situato nella regione di Gharb) in cui si coltivano gli alberi dai cui fiori viene estratto l’olio. L’estratto di fiori d’arancio viene utilizzato principalmente nell’industria pasticcera per aromatizzare pasticcini, biscotti e dolci di vario tipo. Con le scorze degli agrumi o i petali dei fiori essiccati, lasciati in infusione, si ottengono deliziose tisane e tè aromatizzati; volendo, si possono unire anche ad altre erbe, come il timo. L’albedo, ovvero la parte bianca sotto la buccia, è ricca di fibre, che favoriscono il transito intestinale, e se ne consiglia l’aggiunta alle pietanze, ove possibile, in particolare a chi ha problemi di digestione.

Bottiglia di olio essenziale di mandarino (a destra) e crema idratante per le mani a base di olio essenziale di limone (a sinistra)

Altri prodotti dolciari all’aroma di agrumi Dolci e pasticcini aromatizzati con estratti di agrumi

495


gli agrumi

mondo e mercato Agrumi in Sud Africa Graham Barry

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465 (in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).


mondo e mercato Agrumi in Sud Africa Introduzione Il Sud Africa occupa soltanto il 14° posto nella classifica della produzione agrumicola mondiale, con una produzione di circa 2,3 milioni di tonnellate di agrumi (pari al 2% della produzione su scala globale) nel 2011. Tuttavia, è il secondo Paese esportatore mondiale di agrumi freschi dopo la Spagna. La produzione di agrumi in Sud Africa si pone come primo imperativo l’esportazione di frutta fresca; circa il 65% del raccolto viene esportato, il 20% lavorato e trasformato in succo e il 15% è destinato al consumo locale. Il ricavato delle esportazioni ammonta al 90% del reddito totale derivante dal settore agrumicolo. La produzione di agrumi dell’Africa del Sud si concentra essenzialmente in quattro aree: il Sud Africa (>95% della produzione totale), il regno dello Swaziland (<4%), lo Zimbabwe (<1%) e il Mozambico (<1%). L’industria agrumicola si colloca al primo posto nel mercato ortofrutticolo in termini di volume e rappresenta il secondo settore del comparto agricolo industriale come valore aggiunto, dopo l’industria della frutta decidua. Attualmente in Sud Africa vengono piantate circa 32 milioni di piante di agrumi e sono 58.000 gli ettari di terra coltivati ad agrumeto. In relazione alle notevoli variazioni climatiche (il clima varia da semitropicale a mediterraneo) vengono coltivate specie diverse di agrumi dalla fine di febbraio a metà ottobre. La regione agrumicola sudafricana comprende cinque zone di produzione principali, ulteriormente suddivise in 36 sottoregioni.

Namibia

Moz amb

Zimbabwe

ico

Regioni agrumicole del Sud Africa

Botswana

23° S

Sud Africa 33° S

496


agrumi in Sud Africa In passato, il mercato agrumicolo del Sud Africa era rigidamente controllato e la South African Co-operative Citrus Exchange Ltd. deteneva il controllo assoluto delle esportazioni, attraverso un sistema di distribuzione monocanale fondato sui consorzi. In seguito anche i Paesi produttori di agrumi confinanti, lo Swaziland, lo Zimbabwe e il Mozambico, decisero di aderire volontariamente alla cooperativa. Nel 1998, tuttavia, l’industria agrumicola sudafricana venne liberalizzata, attraverso la cosiddetta deregolamentazione degli enti di controllo delle esportazioni, l’attuazione dei principi del libero mercato e la nascita di una folta schiera di nuovi esportatori. Nel 2000 si contavano più di 200 esportatori di agrumi in Sud Africa. Oggi, oltre il 90% della frutta totale esportata è in mano a 10 aziende esportatrici. La produzione di agrumi in Sud Africa: prospettiva storica Le prime piante di agrumi coltivate in Sud Africa furono introdotte nel Capo di Buona Speranza nel 1654 e provenivano dall’isola di Sant’Elena, dove erano conosciute come alberi d’arancio di Sant’Elena. Il 25 luglio 1661, sette anni dopo, le pianticelle di arancio e limone iniziarono a dare i primi frutti. Nel diario di Jan van Riebeeck, comandante olandese fondatore dell’odierna Città del Capo, si legge: “Questo pomeriggio il comandante Riebeeck e sua moglie hanno raccolto i primi due limoni cresciuti su un giovane albero piantato nel giardino della Compagnia. Erano grandi e di un bellissimo colore giallo, della varietà Sant’Elena. L’albero è nato da una delle pianticelle che avevamo portato con noi tempo fa dall’isola e la nostra speranza è che presto ne inizino a crescere altri”. Dunque, al comandante van Riebeeck deve essere riconosciuto il merito di aver fondato l’industria degli agrumi sudafricana, con ben 1162 giovani piante di arancio, limone e pummelo piantate nel 1661. In Africa, quindi, i primi agrumeti furono realizzati oltre un secolo prima che in California, dove la coltivazione degli agrumi non fu avviata che nel 1769, a San Diego. Tuttavia la California e la Florida, coprendo l’ampio mercato degli Stati Uniti, recuperarono ben presto questo divario temporale, divenendo veri e propri poli della produzione agrumicola e compiendo una sorta di balzo in avanti di cent’anni rispetto a qualsiasi altro Paese del mondo; anticiparono persino i mercanti di frutta di Europa, Portogallo e Spagna. In Sud Africa l’industria agrumicola ebbe una crescita molto lenta. Dovevano trascorrere altri trecento anni prima che si realizzasse la possibilità di distribuire le arance via nave a città distanti oltre 10.000 chilometri. Dalla semina dei primi alberi di arancio nella punta più meridionale del continente, l’industria degli agrumi ha continuato a proliferare fino a oggi e, attualmente, la superficie 497


mondo e mercato coltivata è pari a 58.000 ettari, mentre l’esportazione di agrumi è passata da 3000 casse di arance nel 1907 a circa 100 milioni di cartoni di agrumi da 15 kg nel 2011 (= 1,5 milioni di tonnellate), facendo del Sud Africa e dei territori confinanti il secondo maggior esportatore di agrumi al mondo. Gli alberi d’arancio di Sant’Elena possono essere considerati gli antenati di tutte le successive varietà di agrumi coltivate in Sud Africa, a partire dalla zona originaria nel Capo di Buona Speranza fino alle regioni che si estendono oltre il fiume Limpopo. Non vi sono fonti, infatti, che documentino l’introduzione nel Paese di altre pianticelle di agrumi fino al 1850 quando i germogli dell’arancia Navel furono importati da Bahia, in Brasile, e trapiantati da Mr. W. Tuck dei giardini botanici di Grahamstown. All’inizio del XX secolo furono introdotte numerose nuove varietà provenienti dalla California, incluse la Washington Navel e le arance tardive di Valencia. Nei primi tempi, praticamente ogni coltivatore in Sud Africa possedeva un frutto con il proprio nome, regolarmente registrato e con marchio depositato. Questi marchi comparivano su ogni scatola di frutta venduta e alcuni divennero molto noti nel mercato londinese. In seguito, però, con la nascita del movimento cooperativo, cui aderirono i produttori agricoli, e la nascita della Co-operative Citrus Exchange Company Ltd, venne sancito che tutta la frutta esportata dal Sud Africa dovesse essere venduta sotto un unico marchio. Il nome scelto fu OUTSPAN, legato alle proprietà terriere Amanzi. La signora Cecily Niven, figlia di Sir Percy Fitz-Patrick, e il marito Jack Niven acconsentirono gentilmente all’uso del nome a fini commerciali. Tutte le altre marche, di conseguenza, caddero in disuso fino alla deregolazione dell’industria sudafricana alla fine degli anni ’90. Il termine outspan, a quel tempo, veniva utilizzato in Africa meridionale per descrivere la sosta effettuata dai carri bestiame, durante i lunghi tragitti, allo scopo di consentire ai buoi - liberati dal giogo - di potersi abbeverare alle vicine pozze d’acqua. Il verbo to outspan, tradotto letteralmente, significa “liberare dal giogo”; il sostantivo indica il punto di sosta di viaggiatori e animali esausti. Prospettiva attuale e tendenze della produzione agrumicola La produzione totale di agrumi ha subito un lieve calo scendendo da 700.000 tonnellate nel 1975 a 650.000 una decina di anni dopo. Alla fine degli anni ’80 si è registrato un aumento da 800.000 a 850.000 tonnellate, valori che si sono mantenuti stabili fino al 1994 quando la produzione totale ha raggiunto le 930.000 tonnellate, balzando poi al milione di tonnellate nel 1995. Da allora i dati hanno continuato a salire dalle 50.000 alle 100.000 tonnellate all’anno, fino a superare i 2,4 milioni di tonnellate nel 2011, ricavati da circa 48.000 ettari di agrumeti in grado di produrre un raccolto medio superiore alle 40 tonnellate per ettaro di terra. 498


agrumi in Sud Africa La tendenza al continuo incremento nella produzione agrumicola registrata nel corso degli ultimi 30 anni si deve al rapido aumento delle superfici coltivate ad agrumeti. All’inizio degli anni ’80 venivano piantati circa 700.000 alberi di agrumi all’anno, mentre verso la metà dello stesso decennio, la quantità di annuale di piante si aggirava intorno al milione (2600 ettari), per poi sfiorare i 3 milioni di alberi nel 1998 (6500 ettari). Questa impennata si spiega con una serie di fattori: il passaggio da situazioni di siccità a periodi segnati da un netto miglioramento delle condizioni e dall’implementazione delle tecniche agricole; la svalutazione della moneta locale rispetto alle valute dei maggiori partner commerciali del Sud Africa, che ha favorito il rapido sviluppo delle esportazioni; la disponibilità di germogli sani, non intaccati da virus, certificati dal Citrus Improvement Scheme (CIS); l’introduzione di nuove, ricercate varietà di agrumi, come il pompelmo rosa Star Ruby, il clementine, le arance Valencia Delta e Valencia Midknight. Durante la metà degli anni ’90, la regione settentrionale è stata colpita da un periodo di disastrosa siccità che ha decimato i raccolti, superato il quale il Sud Africa ha sperimentato un incredibile boom nella produzione agrumicola; tra il 1993 e il 2001 il CIS fornì 30 milioni di germogli ai vivai specializzati nella produzione di piante di agrumi. Questa fornitura si tradusse in circa 32.000 ettari coltivati ad agrumeto tra il 1994 e il 2002, con picchi nel 1998 (6500 ettari) seguiti da una brusca flessione nel 2001 (2200 ettari). Negli ultimi anni gli agrumi più coltivati sono stati le arance Navel, Valencia Delta, Valencia Midknight e Tarocco, il pompelmo Star Ruby, i mandarini Nadorcott, il clementine e i limoni.

Periodi approssimativi di maturazione di alcune varietà di agrumi prodotte in Sud Africa Cultivar

Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43

Arancia Navel Arance Midseason Arancia Valencia Pompelmo Limoni Satsuma Clementine Nova Minneola Orri Nadorcott Mor

499


mondo e mercato Varietà di agrumi La produzione agrumicola sudafricana comprende un’ampia gamma di varietà ed è costituita per il 69% da arance dolci (43% arance Valencia, 24% arance Navel e 0,5% arance di mezza stagione), per il 14% da pompelmo, per l’8% da mandarini (2% satsuma, 4% clementine, 2% altri) e per il 9% da limoni (quasi esclusivamente della cultivar Eureka). Il boom nelle coltivazioni degli anni ’90 ha interessato prevalentemente il pompelmo Star Ruby, le arance Valencia Midknight e Delta, i mandarini Satsuma e i clementine. Dalla fine degli anni ’90 all’inizio del 2000 si è registrato un calo, dovuto in gran parte all’andamento negativo del mercato, contrastato in seguito dall’aumento delle coltivazioni di arance Valencia Turkey e Cara Cara Navel, e dei mandarini tardivi. Sono numerose le varietà locali ad aver assunto un notevole valore commerciale in Sud Africa. La maggior parte di esse deriva da mutazioni gemmarie spontanee e da semi provenienti da embrioni nucellari, più che da coltivazioni programmate. I periodi di maturazione delle diverse varietà cambia in base alla regione di produzione, ma in generale l’esportazione di agrumi dal Sud Africa va da marzo a ottobre. Arance Le arance Valencia, che comprendono Valencia Delta e Valencia Midknight, e le arance Navel dominano l’industria agrumicola sudafricana. Le arance Navel costituiscono il 24% della produzione totale di agrumi in Sud Africa. Le varietà coltivate a scopo com-

Tendenze della produzione agrumicola per gruppi di varietà dal 1990 al 2005 Anno

Arance

Pompelmi

Limoni

Mandarini

TOTALE

1990-91

775.750

100.710

63.915

39.911

980.286

1991-92

711.897

112.539

66.934

37.878

929.248

1992-93

755.831

101.844

63.367

41.610

962.652

1993-94

782.429

89.367

61.360

44.212

977.368

1994-95

875.662

120.196

74.302

78.823

1148.983

1995-96

745.051

128.046

73.006

128.324

1074.427

1996-97

919.068

157.589

88.060

162.368

1327.085

1997-98

978.416

155.477

88.901

162.362

1385.156

1998-99

963.593

196.029

103.304

172.360

1435.286

1999-00

1158.403

212.762

101.917

263.168

1736.250

2000-01

1117.964

267.669

120.121

206.924

1712.678

2001-02

1262.527

233.312

169.789

220.188

1885.816

2002-03

1266.634

268.290

190.118

173.224

1898.266

2003-04

1148.333

256.187

182.456

183.415

1770.391

2004-05

1113.100

264.523

182.780

161.620

1722.023

500


agrumi in Sud Africa merciale sono la Navelina, la Palmer (una selezione locale di arance Navel da seme), la Bahianinha, la Washington, la Robyn® (una varietà locale a maturazione tardiva) e la Lane Late. Tra le varietà locali a maturazione tardiva nate più di recente vi sono la Cambria Navel® e la Witkrans Navel®. Riscontrano sempre più successo anche la Navel Cara Cara (a polpa rossa) e le varietà australiane a maturazione tardiva, per citarne alcune la Autumn Gold®, la Chislett®, la Powell® e la Summer Gold®. Le arance di mezza stagione costituiscono approssimativamente lo 0,5% della produzione totale e questa percentuale è in costante calo. Le varietà che hanno suscitato maggior interesse a fini commerciali sono la Shamouti (38% di arance di mezza stagione), la Clanor (24%), la Tomango (21%) e la Salustiana (10%). Le arance Clanor e Tomango sono coltivate a livello locale. Tra le varietà semicommerciali di mezza stagione vi sono le arance Tarocco, Moro, Maltese e di Siviglia. L’arancia Valencia è la regina incontrastata tra tutti gli agrumi coltivati in Sud Africa, rappresentando ben il 42% della produzione agrumicola totale. Storicamente, veniva data la precedenza alla coltivazione delle arance Valencia con i semi (ora circa il 50% delle arance Valencia totali), cioè la Valencia Late, l’Olinda, la Du Roi, la Amanzi e la McClean (le ultime due sono varietà nucellari locali). Negli ultimi vent’anni, tuttavia, si è registrata un’inversione di tendenza e la predilezione è andata a due varietà locali senza semi, ovvero la Delta (19% delle arance Valencia) e la Midknight (14% delle arance Valencia). Più di recente, la disponibilità di nuove varietà protette dalla Plant Breeders’ Rights (PBR), coltivate localmente e a maturazione precoce, come la Turkey® e la Benny®, ha riacceso l’interesse verso la coltivazione di arance nelle zone più calde del Sud Africa. Pompelmi e pummeli Il pompelmo rappresenta il 14% della produzione agrumicola totale. Le varietà commerciali si suddividono in tre categorie, vale a dire a) a polpa gialla (16%), come la Marsh e la Nartia, b) a polpa rosa (4%) come la Redblush, e c) a polpa rossa (80%) come la Star Ruby. Tra i cultivar semicommerciali, vi sono le varietà Ray Ruby e Henderson (rosa), e Nelruby® e Rio Red (rosse). Negli ultimi anni, le preferenze di mercato si sono bruscamente spostate dalla varietà Marsh alla Star Ruby; il pompelmo a polpa bianca ha avuto un andamento altalenante tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, mentre le varietà a polpa rosa sono state in gran parte rimpiazzate da quelle a polpa pigmentata, in particolare dalla Star Ruby. Quest’ultima ha incontrato molto successo in Sud Africa; la selezione nucellare locale deriva da pianticelle della varietà Star Ruby importata dal Texas ed è superiore alla Star Ruby originaria. Gli ottimi ricavati ottenuti dai coltivatori stimolarono le coltivazioni, generando un vero e proprio boom tra la fine degli anni ’80 e la metà degli anni ’90. La grande produzione attuale, tuttavia, 501


mondo e mercato potrebbe indurre una riduzione dei prezzi nell’immediato futuro, causando problemi all’economia. La varietà Nartia è una selezione locale della Marsh, particolarmente apprezzata per l’apparente minore vulnerabilità al virus della tristeza. La Nelruby® è una varietà molto pigmentata, derivata dalla nucellare Ray Ruby, e garantisce ottimi risultati particolarmente nelle zone molto calde, aride e calcaree poco adatte alla Star Ruby. La produzione di pummeli rimane bassa; ne vengono prodotti meno di 1000 tonnellate. I tipi principali sono la Pomelit®, una varietà da tavola a polpa rosa di ottima qualità, e la Java, con una produzione su bassa scala di Oroblanco® e Melogold®, entrambi coltivati in California. Limoni e lime I limoni rappresentano il 9% della produzione totale di agrumi. La varietà più coltivata è l’Eureka (nonostante le limitate opportunità di crescita a rizomi), che costituisce il 95% della produzione totale di limoni. I limoni Lisbon e Fino sono meno coltivati e vengono prediletti, per i loro rizomi più grossi, per i trapianti. Più di recente sono stati coltivati i limoni Limoneira 8A e Genoa. Alla fine degli anni ’90, l’ARC – Istituto di ricerca per le colture tropicali e subtropicali – ha presentato il primo limone senza semi, Eureka! Il limone Eureka SL® è stato riconosciuto come la prima varietà al mondo di limone completamente senza semi e si è preannunciato subito come un prodotto in grado di distinguersi a livello commerciale. Il lime persiano, conosciuto anche come lime Tahiti o lime Bears (senza semi), viene prodotto su piccola scala in zone con condizione climatiche da semi- a subtropicali. Mandarini I mandarini rappresentano l’8% della produzione complessiva di agrumi. Il 22% della produzione totale di mandarini appartiene alla varietà Satsuma: tra le principali cultivar, una selezione nucellare del Miho Wase, che costituisce la principale varietà commerciale, e l’Owari. I clementine coprono il 40% della produzione di mandarini e le principali varietà commerciali sono la Nules, la Oroval e la Marisol. Il rimanente 38% della produzione è fornito da altri tipi di mandarino, tra i quali il Tangelo Minneola, il Tambor (= Ortanique), il Thoro Temple e il Nova Tangor. Più di recente sono state apprezzate varietà a maturazione tardiva, come la Nadorcott® (=AfourerTM) proveniente dal Marocco e le Mor® e Orri® coltivate in Israele, in grado di colmare il favorevole mercato di fine stagione. Aree di produzione agrumicola L’industria sudafricana degli agrumi è altamente diversificata e ciò è dovuto alle notevoli differenze geografiche, topografiche e climatiche presenti all’interno del Paese. Le aree di maggior produzione di agrumi sono situate a latitudini comprese tra 17° S e 34° S, nei pressi di valli fluviali caratterizzate da clima mite, fertilità del suo502


agrumi in Sud Africa lo e abbondanza di risorse idriche, tutte condizioni favorevoli alla coltivazione degli agrumi. Il clima delle diverse regioni è poi notevolmente influenzato dall’altitudine e questo condiziona, di conseguenza, il tipo di coltivazioni. Esempi tipici di differenze climatiche si riscontrano tra le Lowveld, terre basse a clima semitropicale a est (Zimbabwe, Mozambico e Limpopo, e nelle province Sud Africane di Mpumalanga e Kwazulu-Natal), la regione dell’Highveld, a clima subtropicale (Nelspruit, Letaba, e nel Middleveld dello Zimbabwe), e le fredde aree costiere del Capo orientale e occidentale. Le regioni settentrionali e orientali del Sud Africa sono tutte caratterizzate da piogge abbondanti durante la stagione estiva, mentre il Capo occidentale e meridionale godono di un clima mediterraneo con precipitazioni soprattutto in inverno. Nel Capo orientale le piogge, leggere e di breve durata, si concentrano durante le stagioni intermedie (primavera e autunno). Le notevoli variazioni del clima, da semitropicale a mediterraneo, assicurano una serie di vantaggi, tra i quali la possibilità di coltivare un’ampia gamma di varietà di agrumi a partire dalla fine di febbraio fino a metà ottobre. Inoltre, eventuali calamità naturali o problematiche fitosanitarie difficilmente possono colpire tutte le regioni con la stessa intensità e questo tutela la produzione agrumicola sudafricana, rendendola stabile di anno in anno. Tuttavia, questa diversità comporta anche alcuni svantaggi, soprattutto in termini di qualità tra agrumi appartenenti alla stessa varietà ma prodotti in regioni diverse, nonché problemi nella gestione di tecniche di coltivazione e politiche aziendali differenti. La distanza dai porti, infine, implica problematiche di natura logistica, che si traducono in aumenti dei costi. I confini delle aree agrumicole non sono stati stabiliti in base a specifiche caratteristiche topografiche, quali l’altitudine, o a fattori climatici come la temperatura, bensì valutando semplicemente la resa delle diverse varietà in ciascuna area. La regione agrumicola sudafricana comprende cinque zone climatiche o aree di produzione principali, ulteriormente suddivise in 36 sottoregioni o aree di produzione commerciale. Le aree di produzione più importanti vengono classificate in base alle differenze climatiche e definite valutando le caratteristiche di adattabilità e la resa delle diverse varietà in ciascuna area specifica. Le regioni più calde, per esempio, sono considerate propizie alla coltivazione del pompelmo e delle arance Valencia, mentre nelle aree con clima più rigido si producono arance Navel e mandarini di ottima qualità. Le temperature estive delle regioni fredde possono talvolta superare quelle delle regioni calde. La differenza principale tra le varie regioni, che le rende più o meno adatte alla coltivazione di una varietà specifica, è la temperatura notturna. Le regioni con temperatura notturna relativamente alta sia in estate sia in inverno (tipicamente quelle calde e umide) producono pompelmi qualitativamente eccellenti, con buccia sottile e bassi livelli di naringina. Le 503


mondo e mercato regioni fredde con temperature estive notturne inferiori ma elevate temperature diurne e molte ore di sole producono arance Navel di ottima qualità con buoni livelli di zuccheri e di acidità. 1)  La regione agrumicola calda, divisa in regione calda e umida (al di sotto dei 300 m di altitudine) e calda e secca (da 300 a 600 m di altitudine), è particolarmente adatta alla produzione di pompelmi e arance Valencia di alta qualità e, in misura minore, arance di mezza stagione e alcuni tipi di mandarino come il tangelo Minneola; limitata è anche la produzione di limoni, lime Tahiti e West Indian e pummeli. Circa la metà dell’intero raccolto di agrumi proviene dalle regioni calde, umide e calde e secche. Due terzi delle arance Valencia e praticamente l’intero raccolto di pompelmi vengono prodotti nelle regioni calde. Queste zone si estendono a una quota relativamente bassa e si trovano sulla costa orientale sudafricana nel Sud dello Zimbabwe e del Mozambico, e nelle province di Limpopo, Mpumalanga e Kwazulu-Natal della Repubblica del Sud Africa. 2)  La regione cosiddetta “intermedia” si estende tra la zona calda a bassa quota e quella fredda e più elevata, ovvero compresa tra 600 e 900 m di altitudine: le temperature sono diverse e di conseguenza anche le varietà che vi si possono coltivare. Queste zone costituiscono le aree più elevate delle province di Mpumalanga e Limpopo e sono adatte alla produzione di arance e limoni Valencia e di mezza stagione e solo marginalmente a quella di pompelmi (è troppo freddo) e arance Navel (è troppo caldo). 3)  La regione fredda interna si estende a oltre 900 m di altitudine nelle province del Nord-Ovest e del Kwazulu-Natal e vi si producono arance Navel e limoni. Microclimi più caldi favoriscono la produzione di arance Valencia e, in misura minore, varietà di mandarino quali Clementine, Nova e anche Temple Tangor. 4)  La regione fredda è costituita dalle zone semicostiere meridionali, a latitudini comprese tra 32°30' e 34°30' S, nelle province del Capo orientale e occidentale. Vi si producono arance Navel di ottima qualità, satsuma, clementine, Nova, mandarini tardivi e limoni, mentre microclimi più caldi si rivelano favorevoli alla produzione di arance Valencia. 5)  La regione semidesertica produce agrumi da relativamente poco tempo ed è caratterizzata da estati molto calde e inverni freddi con possibilità di gelate dovute a moti avvettivi. Nella zona di Vaalharts, più fredda, si producono arance Navel e Valencia, mentre pompelmi e arance Valencia sono prodotti nella zona più bassa e calda dell’Orange River. 6)  A causa nella latitudine maggiormente settentrionale dello Zimbabwe, compresa tra 17° S e 22° S, sono necessarie altitudini più elevate per creare condizioni simili a quelle che si verificano in regioni più distanti dall’equatore. Di conseguenza, 504


agrumi in Sud Africa le regioni calde (Lowveld) si trovano a un’altitudine inferiore a 900 m (rispetto ai 600 m di quelle del Sud Africa), quelle intermedie (Middleveld) sono comprese tra 900 e 1200 m, mentre le regioni fredde (Highveld) si situano oltre 1200 m. Mercati e marketing Alla base della produzione agrumicola sudafricana vi è il forte imperativo dell’esportazione di frutta fresca. I guadagni provenienti dalle esportazioni (approssimativamente il 65% della produzione totale di agrumi viene esportata) corrispondono a circa il 90% dell’introito globale degli agrumicoltori dal momento che il mercato interno è relativamente ristretto e non può garantire profitti elevati a fronte di una consistente produzione di frutta. Fino al termine della seconda guerra mondiale, il Regno Unito assorbiva praticamente l’intera esportazione agrumicola sudafricana. Nel 1957 le esportazioni raggiungevano ben 48 Paesi, mentre oggi gli agrumi del Sud Africa vengono venduti in 60 Paesi. Mentre l’Europa ha rappresentato tradizionalmente il principale sbocco per le esportazioni (nel 2011 il 45% è stato destinato al Regno Unito e all’Unione Europea), il Medio Oriente (21%), la Russia (13%), il Giappone e l’Estremo Oriente (13%) sono divenuti mercati importanti. Si prevede inoltre che il mercato nordamericano (Canada e Stati Uniti, attualmente con il 5,5%) continuerà a espandersi benché, a causa dei requisiti fitosanitari, solo ad alcuni specifici distretti delle province del Capo occidentale e del Capo Nord sia attualmente permessa l’esportazione di agrumi negli Stati Uniti. Nel 1998 la deregolamentazione dell’industria agrumicola sudafricana, che è passata da un sistema di mercato monocanale e consorziale rigidamente controllato a un sistema di mercato libero e multicanale, ha portato a una frammentazione e a una competizione interna che ha provocato una drastica diminuzione dei profitti. Nel 2000 vi erano oltre 200 agenti registrati, ma fortunatamente il numero è diminuito a circa 100 unità, e i 10 principali esportatori trattano circa il 90% degli agrumi destinati all’esportazione. La deregolamentazione ha causato un crollo dei profitti dei produttori e ora si assiste a uno sforzo congiunto da parte di produttori ed esportatori per coordinare le strategie di mercato. La collaborazione tra gli esportatori riguardo a specifici mercati si sta consolidando a beneficio di una maggiore stabilità dell’industria. Già prima del 2005 si erano registrati segni di un cambiamento da un’industria frammentata e polarizzata verso la catena di distribuzione agrumicola fondata sul passaggio dal mercato al cliente. Le prospettive di crescita e sviluppo dell’industria agrumicola dipendono in gran parte dalla disponibilità idrica, dalla capacità di cogliere le esigenze del mercato e dal superamento di problemi fitosanitari. Il costo di produzione relativamente basso, la diversità climatica, la ricerca e il supporto tecnico, la capacità di pro505


mondo e mercato durre agrumi di alta qualità, l’importanza dell’industria agrumicola sudafricana garantiranno al Paese il ruolo di attore principale sul mercato internazionale. Pratiche colturali CIS e vivaismo Tutti i vivai di agrumi presenti nel Sud Africa aderiscono al CIS, Citrus Improvement Scheme, che attraverso il CFB, Citrus Foundation Block, vicino a Port Elizabeth, fornisce innesti all’intera industria agrumicola. Il CIS si sviluppò negli anni ’70 (e anche precedentemente) e attualmente il CFB rifornisce tutti i prodotti di propagazione certificati ai vivai accreditati. Portinnesti Fino alla fine degli anni ’70 l’industria agrumicola utilizzava il limone selvatico come principale portinnesti. Negli anni ’80, e ancora di più negli anni ’90, i citrange Carrizo e Troyer e il citrumelo Swingle divennero gradualmente i portinnesti preferiti. Questo aspetto è importante per la competitività dell’industria agrumicola sudafricana nella produzione di frutti di alta qualità rispetto a Paesi quali Argentina, Uruguay e Australia, dove l’arancio trifogliato viene preferito per la resistenza al freddo che trasferisce alla marza. Attualmente i portinnesti maggiormente utilizzati sono i citrange (Carrizo, Troyer e C-35). Impianti: tempi e procedure Dal momento che tutti i vivai di agrumi producono piante in vaso, il periodo della messa a dimora non risulta determinante anche se, nelle regioni più fredde e ventose, il periodo preferito è l’inizio della primavera (settembre/ottobre). Le piante di vivaio vengono generalmente cimate a un’altezza compresa tra 60 e 70 cm per consentire ai rami principali di svilupparsi fino a un’altezza compresa tra 40 e 60 cm. Di recente si rileva un certo interesse commerciale verso impianti a traliccio con alberi non cimati, finalizzato a una produzione precoce in regioni dove la crescita è più lenta, per esempio quella del Capo occidentale. Modelli di impianto Tendenzialmente gli agrumi sono piantati in modo estensivo in determinate aree, specialmente nelle regioni calde. A causa dell’aumento dei costi di impianto e della necessità di un tempestivo pareggio economico, unita a quella di avere alberi con chiome compatte, carichi di frutti, in posizione soleggiata, la densità delle piante negli agrumeti è andata via via aumentando. Inoltre, la nuova ondata di sviluppo tecnologico relativamente al mantenimento delle dimensioni degli alberi, e in modo particolare la potatura, conferisce agli agrumicoltori maggiore familiarità con gli impianti a più elevata 506


agrumi in Sud Africa densità. Nelle regioni più calde, dove si producono arance Valencia e pompelmi, la distanza tra le piante comunemente adottata è di 7 x 3 m o 6 x 3 m, mentre nelle regioni fredde, dove si producono arance Navel, clementine e mandarini satsuma, si va da distanze più ampie, di 6 x 3 m, a distanze più ravvicinate, di 4,5 o 5 x 2 m. Preparazione del suolo Sui terreni delle regioni settentrionali, il cui elevato potenziale richiede leggere correzioni di pH o non le necessita affatto, viene generalmente eseguita solo la rippatura (o ripuntatura o scarificazione) e i costi della preparazione del suolo risultano di conseguenza abbastanza contenuti. Nella provincia del Capo occidentale, la preparazione del terreno è più dispendiosa a causa degli elevati costi richiesti dalla rippatura e dall’aratura. La correzione del pH del terreno e altri potenziamenti (fosforo e, a volte, microelementi) vengono aggiunti in una doppia aratura. Spesso sono necessari costosi sistemi di drenaggio del terreno e, inoltre, in molti casi si ritiene che la porca costituisca un drenaggio aggiuntivo là dove vi sia un elevato contenuto di argilla nel terreno. Barriere frangivento Praticamente tutti gli agrumeti del Sud Africa sono dotati di barriere frangivento e molti sono i tipi testati oppure utilizzati. L’albero che maggiormente si presta a questo impiego è la Casuarina cunninghamiana Miq., ma a volte vengono utilizzati anche il pino di Monterey (Pinus radiata D. Don) e la Grevillea robusta A. Cunn. Nella provincia del Capo occidentale, alberi a foglie decidue vengono spesso utilizzati come barriere frangivento secondarie insieme con Casuarina cunninghamiana: è il caso, per esempio, di Alnus cordata e Populus simonii (sin. P. obtusa). Orientamento dei filari Anche se non è così determinante piantare filari in direzione nordsud nelle regioni settentrionali (bassa latitudine, inverni secchi), ciò viene ancora comunemente fatto. A latitudini più meridionali, dove l’angolo del sole è estremo e dove pioggia o rugiada mantengono l’albero bagnato per lunghi periodi durante il raccolto, è essenziale piantare filari in direzione nord-sud. Irrigazione e fertirrigazione I più comuni sistemi di irrigazione sono rappresentati da microirrigatori a spruzzo, mentre in alcuni agrumeti si utilizzano sistemi aerei. Di recente, comunque, i sistemi di irrigazione a goccia sono diventati sempre più comuni insieme con l’impiego sempre maggiore della fertirrigazione a goccia dove il pH e la conduttività elettrica sono controllati grazie a una bilanciata soluzione nutritiva, fornita giornalmente per limitare lo sviluppo delle radici nel tentativo di controllare la fenologia della pianta. 507


mondo e mercato Per ottenere una buona qualità alimentare degli agrumi, la carenza di acqua nel periodo di pre-raccolta (irrigazione limitata o mancanza di irrigazione) è divenuta una pratica acquisita, per esempio nel caso del satsuma. Fertilizzazione La fertilizzazione degli alberi da frutto si basa esclusivamente su dati di analisi fogliare svolte annualmente sulle foglie di rametti terminali fruttiferi e sui rapporti relativi ai precedenti raccolti degli agrumeti per quanto attiene alla resa, alle dimensioni dei frutti, alla loro qualità e alle precedenti fertilizzazioni. Il terreno viene fertilizzato con fosforo e magnesio, mentre la concimazione fogliare viene adottata per la somministrazione, se necessaria, di magnesio e microelementi (rame, boro, zinco, manganese e molibdeno). La correzione del pH del terreno viene ottenuta con l’aggiunta di limo ricco di calcite e dolomite, mentre i problemi dovuti a penetrazione dell’acqua e salinità vengono affrontati attraverso l’utilizzo di gesso. Potatura In alcune regioni si assiste a una tendenza verso la potatura selettiva manuale o con l’ausilio di attrezzature pneumatiche. Molti agrumeti di estensione considerevole vengono comunque potati meccanicamente. Manipolazioni colturali Le tecniche di miglioramento della pezzatura e dell’allegagione dei frutti vengono applicate a seconda delle esigenze delle varietà

508


agrumi in Sud Africa di agrumi. Generalmente, l’acido gibberellico e l’anulazione del tronco o delle branche sono impiegati per migliorare l’allegagione, e le diluizioni chimiche con auxina sintetica oppure la diluizione manuale sono utilizzate per influire sul peso del raccolto e/o aumentare la pezzatura dei frutti. Insetti nocivi e malattie In primavera e in estate, le regioni Sud Africane più calde e maggiormente umide sono infestate da insetti in grado di compromettere, in un tempo relativamente breve, un raccolto altrimenti perfetto. I problemi principali sono causati da Scirtothrips citri su giovani frutti e richiedono l’utilizzo di prodotti chimici, sconvolgendo in tal modo il naturale equilibrio e causando, più avanti nel tempo, ripercussioni da parte di altri insetti nocivi, per esempio acari. La cocciniglia rossa forte resistente ai fosforganici è un problema ovunque, così come lo pseudococco, mentre la drosofila (mediterranea e nativa) e la Thaumatotibia (Cryptophlebia) leucotreta possono risultare problematiche in molte regioni in determinati anni. Si registra una tendenza comune verso i programmi IPM (Integrated Pest Management), che prevedono l’introduzione di predatori e un intervento chimico minimo. Le principali malattie trasmesse attraverso il terreno sono rappresentate dal marciume radicale causato da Phytophthora e dal nematode degli agrumi; la maculatura nera degli agrumi (causata da Guignardia citricarpa) e la maculatura bruna (dovuta ad Alternaria alternata) causano, nelle regioni subtropicali, malattie fogliari con un importante impatto commerciale.

509


gli agrumi

mondo e mercato Agrumi in Israele Nir Carmi, Eran Raveh

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465 (in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).


mondo e mercato Agrumi in Israele Il territorio di Israele si estende su una superficie di circa 20.700 km2, all’estremità orientale del mar Mediterraneo. L’area coltivata è intorno ai 350.000 ettari, di cui 18.200 destinati alla coltivazione degli agrumi. La maggior parte degli agrumeti si concentra lungo la costa, caratterizzata dal tipico clima mediterraneo. La scarsità d’acqua rappresenta un problema di primaria importanza. Le precipitazioni si concentrano prevalentemente tra settembre e aprile, con una distribuzione disuniforme nelle varie regioni: si registrano dai 700 mm nel Nord del Paese ai 50 mm nel Sud. L’80% degli agrumeti viene irrigato con acqua riciclata (in genere le acque reflue vengono sottoposte a trattamento secondario o terziario). Dei 18.000 ettari coltivati, circa 15.000 (pari all’83%) sono costituiti da alberi in produzione. Nel 2011 e nel 2010 sono stati piantati ad agrumi, principalmente mandarini (72%), 1954 ettari di

Nuovi impianti di agrumi (ettari per anno) Specie Arancio

2010

2011

Totale (ettari)

135

116

251

Pompelmo

29

13

42

Limone

53

53

106

Mandarino

942

461

1403

Altre Totale

9

11

20

1168

654

1822

Produzione di agrumi freschi (in tonnellate), suddivisa per varietà, nel 2011-2012 2011-2012

Quota di mercato

Shamuti

Varietà

58,500

10,1%

Valencia

28,000

4,8%

Navel

42,000

7,3%

Altre

2,500

0,4%

Arance totali

131,000

22,6%

Pompelmi a polpa gialla

63,000

10,9%

Sunrise

111,000

19,2%

Sweetie

30,000

5,2%

Altri Pompelmi totali

Mandarino della varietà Orri

• In Israele vengono coltivate oltre 20

diverse varietà di agrumi (delle quali 4 sono varietà di arancio, 4 di pompelmo e 12 di mandarino). La maggior parte degli alberi è costituita da portinnesti citrange Troyer, arancio amaro o limone Volkameriano

510

0,2% 35,5%

Or

53.500

9,3%

Ora

10.300

1,8%

2000

0,3%

Hadas

Le varietà

1,000 205.000

Topaz

9000

1,6%

Mor

4000

0,7%

Murcott

9200

1,6%

Michal

24.000

4,2%

Minneola

17.100

3,0%

Merav

4400

0,8%

Nova

22.900

3,9%

Chasuma

8500

1,5%

Rishon

1900

0,3%

Altri

2200

0,4%


agrumi in Israele Produzione di agrumi (in migliaia di tonnellate) suddivisa per specie Produzione totale

Arance

Mandarini

Limoni e lime

Pompelmi

Altri agrumi

2007-2008

Anno

560,0

125,0

145,0

35,0

242,0

13,0

2008-2009

567,0

155,0

139,0

29,0

232,0

12,0

2009-2010

595,0

148,0

150,0

48,0

235,0

14,0

2010-2011

455,0

100,0

125,0

30,0

190,0

10,0

2011-2012

578,0

131,0

169,0

61,0

205,0

12,0

terreno (http://agriexchange.apeda.gov.in/marketreport/Reports/ Citrus%20Annual_Tel%20Aviv_Israel_12-22-2011.pdf). Fin dal 1840 in Palestina (poi in Israele) ha predominato la varietà di arancio Shamouti. La produzione di questo agrume ha subito un calo a partire dal 1980, quando la preferenza del mercato agrumicolo mondiale è andata ai mandarini easy peelers. Oggi, quindi, i ricercatori israeliani si dedicano soprattutto alla selezione di questi ultimi. Sul totale delle nuove coltivazioni, il 50% è rappresentato dalla varietà Orri, che fa parte del programma di miglioramento genetico israeliano. Parallelamente, a causa del basso profitto, nel 2011 sono stati estirpati circa 530 ettari di piante d’agrumi, principalmente arance Shamouti (238 ettari), pompelmi Star Ruby (88 ettari), arance Valencia (88 ettari), pompelmo bianco (46 ettari) e mandarini easy peelers (71 ettari). In quell’anno, il 29,3% degli agrumeti aveva da 0 a 5 anni di vita, il 13,4% da 5 a 10 anni, l’11,6% da 10 a 15 anni, il 14,6% da 15 a 20 anni e il 31,1% intorno ai 20 anni.

Produzione di agrumi

• La produzione agrumicola israeliana

annuale (valori relativi al periodo compreso tra il 2007 e il 2011) si attesta sulle 550.000 tonnellate, il 40% delle quali è rappresentato da pompelmi. Circa un terzo del raccolto viene esportato, un altro terzo è destinato alla trasformazione e l’ultimo terzo viene venduto al mercato del fresco. Tra le varietà esportate, le principali sono il pompelmo a polpa rossa e il mandarino Or

Incidenza percentuale di ogni specie in rapporto alla produzione totale Arance

Mandarini

Limoni

Pompelmi

Altri agrumi

2007-2008

Anno

22,3

25,9

6,3

43,2

2,3

2008-2009

27,3

24,5

5,1

40,9

2,2

2009-2010

24,9

25,2

8,1

39,0

2,8

2010-2011

22,0

27,5

6,6

41,7

2,2

2011-2012

22,7

29,2

10,5

35,5

2,1

Quantità di agrumi (in tonnellate) suddivise in base alla destinazione Periodo Anno

Esportazioni totali

Industria della trasformazione

Mercato locale del fresco

Quantità

%

Quantità

%

Quantità

%

2007-2008

172,059

30,7

212,097

37,9

175,844

31,4

2008-2009

173,413

30,6

223,310

39,4

170,277

30,0

2009-2010

179,039

30,0

182,203

30,6

234,531

39,4

2010-2011

154,708

34,1

139,906

30,1

160,000

35,8

2011-2012

181,000

31,3

195,000

33,7

202,000

35,0

511


gli agrumi

mondo e mercato Agrumi in Cina Ziniu Deng

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465 (in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).


mondo e mercato Agrumi in Cina Storia dell’agrumicoltura in Cina La storia dell’agrumicoltura in Cina risale a più di 4000 anni fa. Le prime citazioni riguardanti gli agrumi risalgono al 2200 a.C., quando comparvero in un trattato geografico intitolato Yu Gong, nel libro Xia Shu (Classico della Storia) dedicato alla dinastia Xia. Nell’articolo, con i termini “Ju You” (mandarini e pummeli) si indicavano frutti offerti come tributo all’imperatore. In seguito, la produzione commerciale degli agrumi ha avuto un rapido sviluppo in Cina e questi frutti hanno iniziato a comparire in un numero sempre maggiore di pubblicazioni. Nella tomba di Ma Wang Dui, appartenuta a una nobile famiglia della dinastia Han (200 a.C.) e situata a Changsha, nella provincia dello Hunan, gli archeologi hanno rinvenuto semi di agrumi nel corredo funerario. In un’altra tomba della dinastia Han, portata alla luce nella provincia di Hubei, furono ritrovate bucce essiccate di Xiang Cheng, ovvero di yuzu (Citrus junos). Si tratta di esemplari unici di agrumi risalenti a 2000 anni fa. La raccolta in tre volumi Ju Lu, scritta da Han Yanzhi nel 1178 d.C., rappresenta la prima pubblicazione specializzata sugli agrumi. Al suo interno sono citate 27 varietà di agrumi, con descrizioni dettagliate di mandarino, tangerine, arancio dolce, arancio amaro, limone, arancio trifogliato e kumquat. Per la prima volta, inoltre, vengono illustrate le tecniche di coltivazione, tra le quali: la selezione nucellare, la preparazione delle talee, l’innesto, la concimazione e l’irrigazione del terreno, il controllo di malattie e parassiti e i trattamenti post-raccolta.

La storia dell’agrumicoltura cinese

• Risalente a oltre 4000 anni fa, la storia dell’agrumicultura in Cina vanta le più antiche testimonianze scritte

• Semi di agrumi (Citrus junos) furono

ritrovati 2000 anni fa nella tomba di Ma Wang Dui, appartenente alla dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) e situata nella città di Changsha, capitale della provincia dello Hunan

• In Cina il germoplasma agrumicolo è ricchissimo: si contano 3 generi, 32 specie e 533 varietà di agrumi

• Tra le specie selvatiche, due varietà

di mandarino (C. daoxianensis e C. mangshanensis), un cedro (C. hongheensis), due Ichang papeda (C. ichangensis e C. macrosperma), due ibridi (C. junos e C. limonia), un kumquat (Fortunella hindsii). La Cina è senza dubbio uno dei principali centri di origine degli agrumi

Le origini degli agrumi in Cina Le prime specie selvatiche, molto rustiche, di mandarino sono state individuate negli anni ’70 del secolo scorso in due aree situate nella provincia dello Hunan e in una zona della provincia dello Jiangxi. Il C. mangshangensis ritrovato nello Hunan meridionale è considerato il primo germoplasma del mandarino selvatico. Nuovi ritrovamenti hanno poi dimostrato che l’origine e l’evoluzione del mandarino hanno avuto luogo in Cina. Il limone selvatico e frutti simili al limone furono scoperti nella provincia cinese dello Yunnan. Anche il kumquat (Fortunella spp.) è nativo della Cina; in particolare, furono identificati molti kumquat selvatici nel sud del Paese. La cultivar Hong Kong kumquat (Fortunella hindisii) rappresenta una delle varietà più note di agrume cinese selvatico. L’arancio trifogliato, l’unico agrume deciduo e il più tollerante al freddo, è caratterizzato da notevole variabilità genetica e da una vasta distribuzione: la sua coltivazione è molto estesa e va dal sud al nord della Cina, fino alla regione del Fiume Giallo.

• Il primo libro specifico

sull’agrumicoltura è stato scritto nel 1178: vi sono descritte 27 cultivar e le diverse tecniche relative alla coltivazione e diffusione degli agrumi, al controllo di malattie e parassiti e ai trattamenti di post-raccolta

Produzione e distribuzione Negli ultimi trent’anni si è registrato un rapido sviluppo dell’industria agrumicola cinese in termini sia di produzione sia di distribu512


agrumi in Cina

Coltivazione degli agrumi: caratteristiche

• Gli agrumi si coltivano in collina

o nella parte più bassa delle montagne, raramente in pianura. Le aziende agrumicole sono in genere di piccole dimensioni, da 1 a 10 ettari, tuttavia i piccoli coltivatori hanno iniziato ad unirsi in associazioni. Negli ultimi anni, inoltre, si sta assistendo alla nascita di aziende agrumicole di maggiori dimensioni

• La coltivazione è quasi del tutto effettuata manualmente, perché non è ancora possibile l’utilizzo delle macchine. È auspicabile, visto l’aumento del costo della manodopera, l’inserimento di macchine di piccole dimensioni.

Una delle specie selvatiche di mandarino (nel riquadro) trovata nella catena montuosa di Mangshan al confine tra le province di Hunan e Guangdong

zione. Nel 1980 la superficie coltivata ad agrumi si attestava su 0,26 milioni di ettari, con una produzione annuale di 0,071 milioni di tonnellate; tanto le aree coltivate quanto il volume della produzione hanno continuato poi ad aumentare fino a raggiungere ripettivamente 1,14 milioni di ettari e 0,486 milioni di tonnellate nel 1990, con un tasso di crescita media annua pari al 16,1%. Nel 2007 la produzione ha sfiorato i 20,6 milioni di tonnellate, supe-

• La produzione è destinata in prevalenza

al consumo interno, visto che l’export dei frutti freschi rimane al di sotto del 10%. Assai limitata anche la trasformazione industriale che occupa meno dell’8%

Superfici di coltivazione (migliaia di ha) e produzioni (migliaia di t) di 50 anni (1961-2010) in Cina anno

1961

1962

1963

1964

1965

1966

1967

1968

1969

1970

produzione

235,0

275,0

257,0

346,0

372,0

417,0

439,0

457,0

451,0

454,0

superficie

80,5

86,7

86,7

103,9

109,8

115,9

122,8

124,6

125,0

131,4

anno

1971

1972

1973

1974

1975

1976

1977

1978

1979

1980

produzione

496,0

595,0

638,0

699,0

685,0

664

767

758

954

1111

superficie

133,5

142,6

146,2

155,4

156,7

157,5

163,3

169,5

236,8

269,4

anno

1981

1982

1983

1984

1985

1986

1987

1988

1989

1990

produzione

1188

1330

1676

1852

2226

2935

3747

3120

5131

5385,0

superficie

284,2

326,4

354,1

397,3

549,5

706

902,3

970,2

1091,5

1102,5

anno

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

produzione

6876

5689

7073

7283

8707

8930

10607

9083

11286

9236

superficie

1163,5

1128,7

1166,7

1163,1

1248,6

1312,7

1344,1

1295,3

1316,5

1304,1

anno

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

produzione

12083

12463

13980

15516

16415

18423

19617

20658

23088

23938

superficie

1356,3

1436,8

1536

1659

1755,5

1882,2

2008,7

2136,8

2076,5

2011,1

Fonte: FAO

513


mondo e mercato rando il Brasile, e da allora la Cina detiene il primato mondiale. Nel 2010, l’area totale coltivata ha raggiunto 2,21 milioni di ettari e la produzione ha subito un’impennata fino a 26,45 milioni di tonnellate, facendo guadagnare agli agrumi il secondo posto, dopo le mele, nella classifica dei frutti più coltivati in Cina. Gli agrumi si coltivano principalmente nelle regioni tropicali e subtropicali comprese tra il 20° e il 33° parallelo nord e tra il 95° e il 122° parallelo est. La loro coltivazione interessa in particolar modo 19 province. Nove di esse, Hunan, Guangdong, Fujian, Guangxi, Sichuan, Hubei, Zhejiang, Jiangxi e Chongqing, contribuiscono al 95% del totale della produzione agrumicola nazionale. Le aree coltivate ad agrumi possono essere suddivise in tre zone in base al clima. A sud, l’area subtropicale include le regioni di Guangdong, Fujian, Taiwan, Hainan e quelle meridionali dello Yunnan, dove le medie stagionali sono intorno a 22 °C e le temperature più basse, in genere, non scendono mai sotto 0 °C. La media delle precipitazioni annuali è compresa tra 1200 e 2200 mm. Qui l’arancio, il mandarino, il pummelo e le varietà a maturazione tardiva crescono bene. La parte centrale della regione subtropicale comprende le province di Zhejiang, Hunan, Jiangxi, Sichuan, Chongqing, Hubei e le regioni settentrionali del Guangxi e del Guangdong. In quest’area le temperature medie annue vanno da 17 a 21 °C e la temperatura minima assoluta generalmente si attesta intorno a –3 °C. Le precipitazioni annuali raggiungono valori che variano da 1000 a 2000 mm. Si tratta della più importante tra le aree coltivate ad agrumi: le varietà principali sono il mandarino, l’arancio dolce e il pummelo. La regione settentrionale include le province di Jiangsu, Anhui, Henan, Shaanxi e Gansu.

Superficie e produzione di agrumi nelle principali provincie cinesi (2010) Provincia

Superficie Produzione (migliaia di ha) (migliaia di t)

Hunan

379,0

3889,2

Guangdong

282,6

3500,4

Guangxi

197,9

3132,1

Hubei

229,2

3010,4

Sichuan

253,2

2929,4

Fujian

175,4

2723,0

Jiangxi

300,6

2686,0

Zhejiang

114,5

1907,8

Chongqing

138,0

1390,2

Panoramica di un’area di produzione di arance Navel nella parte meridionale della provincia di Jiangxi

Foto Nai Zhengfan

514


agrumi in Cina In quest’area le temperature medie annuali sono comprese tra 15 e 17 °C, la temperatura più bassa registrata va da – 7 a –5 °C e le precipitazioni annuali ammontano a 1000-1500 mm. Qui la coltivazione degli agrumi è poco diffusa. Considerate la distribuzione delle risorse e la collocazione sul mercato, il Ministero dell’Agricoltura cinese ha varato un piano di sviluppo denominato “Piano di sviluppo delle predominanti regioni agrumicole in Cina” per il periodo compreso tra il 2003 e il 2008, poi revisionato e prorogato fino al 2015. I punti principali su cui si fonda sono: “determinazione della superficie coltivata, implementazione delle strutture dell’industria agrumicola, coltivazione in aree circoscritte e coltivazione su larga scala”. Il piano individua “quattro zone d’elezione, ciascuna con proprie caratteristiche distintive”: il tratto superiore e medio del fiume Yangtze (dove la produzione consiste prevalentemente in arance Navel e Valencia destinate al mercato del fresco o alla trasformazione), le zone di Zhejiang, Fujian e Guangdong (che producono in prevalenza mandarini destinati al mercato del fresco o alla trasformazione), la zona compresa tra la parte meridionale dello Jiangxi, il sud dello Hunan e il nord dello Guangxi (qui la produzione consta essenzialmente di arance dolci per il mercato del fresco) e l’area che va dalla zona ovest di Hubei a quella occidentale dello Hunan (dove la produzione si concentra su mandarini destinati al mercato del fresco o alla trasformazione); alla base della produzione vi sono cinque prodotti caratteristici: il mandarino tardivo del Lingnan (Guangdong), il tangerine Nanfengmiju di Jiangxi, il mandarino a maturazione precoce dello Yunnan, il mandarino Dajiangkou coltivato in un’area limitata nella parte settentrionale della provincia di Hubei e il limone di Sichuan e dello Yunnan.

L’agrumicoltura cinese attuale

• Occupa il primo posto nel mondo sin

dal 2007; nel 2010 la superficie coltivata ad agrumi si estendeva su 2,21 milioni di ettari, mentre la produzione arrivava a 26,45 milioni di tonnellate

• Gli agrumi si coltivano in 19 su 31

province nella Cina, anche se il 95% della produzione avviene in 9 province: Hunan, Guangdong, Guangxi, Hubei, Sichuan, Fujian, Jiangxi, Zhejiang e Chongqing

• Tra le cultivar domina il mandarino con

quasi il 70% della produzione; l’arancio dolce invece è al secondo posto con il 18,5%. La Cina è il piu grande produttore di pummelo del mondo, con 2,83 milioni di tonnellate nel 2010. Le rimanenti sono limone e kumquat

• In Cina si possono raccogliere

gli agrumi quasi tutto l’anno, grazie a condizioni microecologiche favorevoli che permettono di allungare il periodo di raccolta

Area della coltivazione di agrumi cinese

• Il portinnesto dominante è il Poncirus

trifoliata; altri come C. junos, tangerine rosso, tangerine amaro, C. limonia sono poco usati

Zone principali Heilongjiang

Coltivazione limitata

Jilin Xingjiang

Gansu Qinghai

Tibet

Liaoning Mongolia interna PECHINO Lianjin Hebei Ningxia Shanxi Jiangsu Shaanxi Henan

Shanghai Hubei Anhui Sichuan Zhejiang Chongqing Jiangxi Fujian Guizhou Hunan Yunnan Guangxi Guangdong Taiwan Hong Kong Hainan

515


mondo e mercato Cultivar e portinnesti Il mandarino è la specie principale in Cina: nel 2010 rappresentava ben il 70,7% della produzione totale, a fronte del 17,0% delle arance dolci, la cui produzione ha sfiorato i 3,5 milioni di tonnellate. Il pummelo si è attestato sull’11%, mentre la quota relativa agli altri agrumi (principalmente kumquat e limone) è pari all’1,3%. Nelle regioni subtropicali a sud del Paese, come il Guangdong, il Fujian, lo Hainan, Taiwan e lo Yunnan meridionale, si coltivano in prevalenza arance dolci, con in testa le varietà Xinhuicheng, Liucheng, Xiangshuicheng e Xuegan; mandarini, tra cui Ponkan, Tankan e Shatangju; e pummeli, soprattutto appartenenti alle varietà Shatianyou e Guanximiyou. Di recente sono state introdotte in differenti aree di produzione varietà di pummeli a polpa rossa o gialla, che hanno incontrato subito un grande successo grazie alla colorazione accattivante. Il mandarino Shatangju è ampiamente coltivato nelle province di Guangdong e Guangxi, con una copertura di oltre 200.000 ettari nelle regioni subtropicali meridionali. Frutto piccolo, facile da sbucciare e di sapore molto dolce, ha incontrato i gusti dei consumatori. La varietà a maturazione tardiva Nianju, coltivata nella provincia di Guangdong, matura in marzo-aprile e ha buone prospettive di affermazione sul mercato del fresco. I portinnesti preferiti in queste aree sono il mandarino acido, il tangerine rosso e l’arancio trifogliato. Nella regione subtropicale centrale, che comprende le province di Zhejiang, Hunan, Jiangxi, Hubei, Sichuan, Chongqing e la parte settentrionale di Guangxi, le cultivar principali sono: arance dolci, tra le quali si annoverano le Navel d’inizio stagione e le varietà Jincheng, Bingtangcheng, Xuegan, Valencia e l’arancio pigmentato;

18,49 1,3 10,68

69,53

Mandarino

Pummelo

Arancio

Altri

Produzione in percentuale delle principali specie di agrumi in Cina (2010)

Sezione di pummelo a polpa rossa apireno Pianta di mandarini di Shatangju

516


agrumi in Cina mandarini, tra i quali il Satsuma, il Ponkan e il tangerine rosso; pummeli, tra cui lo Shatianyou, il Dianjiangbaiyou e l’Anjiangxiangyou; infine, limoni Eureka. La varietà principale di arancia Navel è la Newhall, che copre l’80% della produzione totale in Cina. Alcune cultivar a maturazione tardiva come le Langfeng e Wanfeng sono state ottenute dalla Washington Navel, rispettivamente, nello Hunan e a Chongqing. Le varietà a polpa rossa, compresa la cultivar Tarocco, vengono coltivate soprattutto nel distretto di Zhizhong, appartenente alla provincia di Sichuan, e in misura minore in altre province come lo Hunan. Il frutto ha polpa e buccia di colore rosso intenso e un elevato grado zuccherino. La varietà Bingtangcheng deriva da una mutazione semenzale dell’arancio comune, viene coltivata nello Hunan ed è molto apprezzata per il basso grado di acidità e l’elevato contenuto di solidi solubili totali (TSS Brix≥14). Il portinnesto più utilizzato in queste aree è l’arancio trifogliato; in alcune zone del Sichuan e di Chongqing si predilige la varietà C. junos (diffusa a Xiangcheng) nei terreni a pH elevato. La regione subtropicale settentrionale comprende le regioni di Zhejiang, Hubei, Jiangxi, Hunan e il sud di Shanxi: qui prevalgono cultivar particolarmente resistenti al freddo come i mandarini satsuma Wase, Nanfengmiju, il tangerine Bendizao ecc.; il portinnesto principale è l’arancio trifogliato, ma lungo la costa viene ampiamente utilizzato l’arancio amaro di Goutoucheng. Il periodo di maturazione degli agrumi dura quasi 10 mesi, da fine luglio a fine maggio. Le cultivar di mezza stagione, che maturano in novembre-dicembre, rappresentano il 75% della produzione. I mandarini satsuma Wase precoci come i Miyamoto, Miyagawa

Arance Tarocco coltivate nella provincia di Sichuan

Arance Bingtangcheng

Satsuma Miyagawa Mano di Buddha, cedro di origine cinese

517


mondo e mercato e Okitzu, spesso producono frutti che giungono a maturazione tra fine luglio e agosto nello Yunnan meridionale e nel Guangxi, e tra settembre e ottobre nelle altre province. Cultivar tardive, come le arance Valencia, e selezioni quali le arance Navel tardive, i mandarini tardivi e cultivar mandarino-simili, maturano tra marzo e maggio. Alcune arance locali e i mandarini Ponkan possono essere immagazzinati e conservati per 2-4 mesi in stanze a temperatura ambiente, adeguatamente ventilate, e questo consente di decidere il periodo di commercializzazione migliore. La Cina vanta un ampio e ricco germoplasma agrumicolo, che include numerose varietà. Alcuni genotipi non sono commestibili, ma possono fungere da piante ornamentali. Il kumquat e i suoi ibridi sono molto utilizzati a questo scopo; il kumquat selvatico (F. hindisii), in particolare, è l’agrume che produce i frutti più piccoli in assoluto e viene molto sfruttato come pianta decorativa. Anche la varietà di cedro nota come “Mano di Buddha” è molto apprezzata come pianta ornamentale in vaso. Coltivazione Gli agrumi vengono generalmente coltivati sulle colline, raramente ai margini delle risaie, e le aziende agrumicole sono di piccole dimensioni, da 1 a 10 ettari. Recentemente, grazie all’iniziativa di alcune compagnie private, sono nate aziende agricole più grandi, che raggiungono 100-500 ettari di estensione. La coltivazione degli agrumi avviene in un terreno argilloso, pesante, con pH acido e povero di sostanze organiche ed elementi nutritivi (tipica terra rossa). Il bacino di Sichuan è caratterizzato dalla tipica terra viola, con un pH elevato e ricco di elementi nutri-

In autunno il terreno dell’agrumeto viene coperto da film di plastica

Tipica terra rossa per la coltivazione di agrumi

518


agrumi in Cina tivi. La preparazione del suolo per la coltivazione è una fase delicata e richiede un duro lavoro. Prima della messa a dimora delle piante, bisogna predisporre delle buche, ovvero scavare solchi di 1 m di ampiezza per 1 m di profondità, all’interno dei quali vanno distribuiti e mescolati con il terriccio sostanze organiche, fertilizzanti a base di Ca+Mg e altri fertilizzanti. Per quanto riguarda la distanza tra le piante, nel tempo si sono alternate diverse teorie: fino agli anni ’80 si manteneva una distanza minima, mentre in seguito si è ritenuto più corretto distanziarle maggiormente per poi ritornare a privilegiare una minore densità ai giorni nostri. Oggi si contano ancora numerosi agrumeti con una densità di piante elevata, compresa tra 1200 e 1800 piantine per ettaro, ma quelli nati più di recente presentano, per la maggior parte, dalle 600 alle 900 piante per ettaro. Nello scorso decennio sono state introdotte nuove tecniche in agrumicoltura. Si è visto, per esempio, che lo sfoltimento della chioma per lasciare filtrare una maggiore quantità di luce all’interno favorisce un aumento della produzione di frutti; la copertura del terreno con film di plastica, effettuata in prossimità della maturazione per evitare che l’acqua piovana causi un’eccessiva irrigazione, invece, determina l’incremento di 1-2° Brix. Il controllo efficace dei sistemi di fertilizzazione, irrigazione e potatura consente di ottenere abbondanti raccolti di mandarini Satsuma di ottima qualità. Nella provincia del Zhejiang, queste tecniche vengono sfruttate in molti agrumeti; un coltivatore che coltiva mandarino Miyagawa adottando queste misure può permettersi di vendere i propri frutti fino a 5 euro al chilo, il prezzo più alto registrato in Cina, superiore di dieci volte rispetto a quello medio.

Pianta di Satsuma con frutti di elevata qualità

Piante di Satsuma colpite da gravi gelate

519


mondo e mercato Nelle aree subtropicali, circa ogni 10 anni si verifica un abbassamento della temperatura in grado di arrecare notevoli danni alle coltivazioni di agrumi. Il più recente risale al 2008, quando si è scesi a temperature comprese tra –4 e – 6 °C; in quel caso il clima rigido si è protratto per oltre 20 giorni, danneggiando un elevato numero di alberi. In altri casi, il freddo ha provocato danni alle piante solo in occasione di gravi, ma sporadiche, gelate. Nella coltivazione degli agrumi, la gran parte del lavoro viene svolta a mano, ma è comune anche l’utilizzo di macchine specifiche, come i nebulizzatori. Essendo la maggior parte degli agrumeti situata in zona collinare, anche il trasporto delle merci deve essere effettuato manualmente. Quest’operazione si rivela piuttosto complicata, considerato anche il fatto che la manodopera giovanile lavora principalmente nelle città. Allo scopo di facilitare la consegna di fertilizzanti e altri prodotti agli agrumeti e l’arrivo della frutta nei mercati, sono state installate linee di trasporto apposite. Benché ancora in fase sperimentale, questa soluzione si sta dimostrando efficace. Si continua a riscontrare, invece, un urgente bisogno di macchine agricole specifiche per la coltivazione degli agrumi.

Linea di trasporto installata in un agrumeto

Post-raccolta, lavorazione e commercializzazione In Cina i coltivatori di agrumi hanno una lunga tradizione e una grande esperienza nell’immagazzinaggio dei frutti per lunghi periodi. Quest’attività prese il via all’inizio degli anni ’80, quando si cominciarono a impacchettare singoli frutti in confezioni di plastica, poi conservate in ambienti ventilati; all’inizio di questo secolo vennero introdotte nuove metodologie di lavaggio, lucidatura e selezione degli imballaggi e nel 2011, a Hunan, è stato introdotto il primo metodo non distruttivo per misurare gli indici di qualità interna (grado Brix e acidità) delle arance dolci. L’industria di produzione dei succhi ha conosciuto un grande sviluppo fin dagli anni ’80. Oggi solo il 5-10% della produzione di agrumi è destinata all’industria della trasformazione (soprattutto sciroppo di agrumi) e sta prendendo il via il processo di elaborazione dei succhi. In Cina la commercializzazione degli agrumi si fonda principalmente sul mercato della frutta fresca, in particolare mandarini e arance, che coprono rispettivamente il 55% e il 32% del consumo totale di agrumi freschi. Tradotto in consumo annuo pro capite, si tratta di circa 20 kg a testa, una cifra in linea con la media mondiale. Al fine di incentivare il mercato, molti governi locali mettono a disposizione degli agrumicultori fondi e aiuti destinati all’organizzazione di sagre e manifestazioni di vario genere dedicate alla promozione degli agrumi. Questi eventi si rivelano ottime occasioni di incontro tra commercianti e coltivatori, cui in genere conseguono aumenti nelle vendite.

Torre di condensazione del succo di arance in una fabbrica nella provincia di Hunan

Macchine per la spremitura delle arance

Festa del pummelo a Meizhou, nella provincia di Guangdong

520


agrumi in Cina La produzione di agrumi destinata al consumo domestico e alle esportazioni rappresenta una porzione molto piccola. Nel 2010 il volume delle esportazioni si è attestato sul milione di tonnellate, per la maggior parte costitute da mandarini Satsuma, Ponkan ecc. I principali Paesi di destinazione sono quelli confinanti dell’Asia sudorientale, la Russia ecc. Da qualche anno viene esportata nel mercato europeo anche una modesta quantità di pummelo Guanximiyou del Fujia. La Cina, tuttavia, rimane il maggior esportatore di sciroppo di agrumi in scatola a livello mondiale, con 339.000 tonnellate (260 milioni di dollari) di prodotto esportato nel 2007, diretto principalmente ai mercati di Stati Uniti, Giappone, Germania, Paesi Bassi e Thailandia. Per non dimenticare La provincia del Zhejiang è sempre stata tra i maggiori produttori di agrumi in Cina, ma oggi il rapido sviluppo industriale e commerciale sta causando il declino dell’industria agrumicola. Per non dimenticare la lunga tradizione di quest’industria, il governo provinciale ha deciso di dedicarle un museo, il Museo cinese degli agrumi. Si tratta del primo, e probabilmente unico, museo degli agrumi del Paese. Il rapporto tra l’agrumicoltura cinese e italiana si fonda su parecchi anni di collaborazione, durante i quali sono stati effettuati una lunga serie di scambi scientifici e industriali. Questa cooperazione ha portato – e di certo continuerà a portare – grandi benefici a entrambi i Paesi.

Museo cinese degli agrumi nella provincia di Zhejiang

Mappa della Cina realizzata con mandarini nel Museo cinese degli agrumi

La grande muraglia costruita con frutti di agrumi all’interno del Museo cinese degli agrumi

Simposio cinoitaliano sulla frutticoltura organizzato a Changsha, Hunan, nel 2006

521


gli agrumi

mondo e mercato Agrumi in Brasile Duccio Caccioni

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465 (in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).


mondo e mercato Agrumi in Brasile L’arancio e altri tipi di agrumi sono stati introdotti in Brasile dai portoghesi all’inizio del XVI secolo. La più antica testimonianza riguardante la coltivazione dell’arancio in Brasile si data al 1540, anche se il grande sviluppo della coltura risale agli anni ’30 del secolo scorso. La crisi della coltivazione del caffè che interessò il Brasile in quegli anni diede spazio all’arancio, che già alla fine del decennio figurava tra le dieci colture agricole più esportate dal paese sudamericano. Dopo il blocco delle esportazioni a seguito della seconda guerra mondiale la coltivazione degli agrumi, e in special modo dell’arancio, ha continuato a crescere in Brasile. Fin dall’inizio degli anni ’50 la coltivazione dell’arancio si è legata alla produzione di succhi, con lo sviluppo di grandi impianti industriali. Un notevole impulso allo sviluppo della coltivazione dell’arancio e della produzione di succhi in Brasile arrivò nel 1962, quando una grande gelata colpì la Florida, all’epoca il maggiore produttore mondiale di arance. Il consolidamento dell’industria brasiliana dei succhi di frutta è avvenuto negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, sempre a discapito della Florida, colpita da eventi meteorologici avversi. Dalla fine degli anni ’80 gli elevati prezzi del succo di arancia hanno attirato numerosi investitori e i nuovi impianti sono cresciuti per alcuni anni con tassi annui del 12-18%. Nel 1980 si contavano 511 impianti industriali per l’estrazione del succo, mentre nel 2010 erano saliti a 1178. Dove non esplicitamente indicato i dati riportati sono frutto di stime dell’autore su dati FAO, USDA, SACEX/MIDC, CACEX, Banco do Brasil, Università di San Paolo.

522


agrumi in Brasile Oggi il Brasile è il maggiore produttore del mondo di arance, oltre che di succo di arancia, ed è di gran lunga il maggiore esportatore mondiale dii succo di arancia. Secondo i dati FAO (fonte: FAO STAT) nel 2010 in Brasile sono stati prodotte 19 milioni di tonnellate di arance per un valore di 3,7 miliardi di dollari. Sempre dalle stesse statistiche, il Brasile figura come il primo produttore mondiale, con quantità e valori doppi rispetto agli Stati Uniti, che occupano il secondo posto. Il 70% delle arance prodotte in Brasile viene utilizzato dall’industria di trasformazione. In totale la produzione di succo di arancia (calcolata come FCOJ equivalente; vedi oltre) nel 2010-2011 è stata stimata (Fonte: USDA) in 1,47 milioni di tonnellate (2009-2010: 1,095 milioni di tonnellate). La restante parte dei raccolti (30% circa) soddisfa il mercato interno del prodotto fresco. L’esportazione di arance fresche brasiliane è ridotta e marginale: in valore 14,5 milioni di dollari per 31.800 tonnellate (fonte: SECEX, 2011-2012) avviate principalmente in Olanda, Spagna e Regno Unito. Nonostante dagli anni ’90 la superficie coltivata si sia ridotta dell’8%, la produzione di arance in Brasile si è incrementata del 22%. Questo è dovuto a una migliore produttività degli agrumeti: nel 1990 si producevano in media 257 box per ettaro (1 box = 40,8 kg) mentre nel 2010 si è saliti a 475. Da investimenti di 250 piante per ettaro si è oggi passati a 470 piante per ettaro, e i più moderni impianti ad alta densità contano fino a 833 piante per ettaro. Le coltivazioni di arancio in Brasile coprono circa 800.000 ettari (2012: 808.000 secondo l’USDA). Queste (e i relativi impianti di

523


mondo e mercato trasformazione industriale) sono per la maggior parte (84%) collocate nello stato di San Paolo, e in particolare a nord del fiume Tiete. In misura minore (per percentuali tra il 2 e il 4% della produzione totale) vi sono coltivazioni nelle aree di Sergipe (4%), Rio de Janeiro (3%), Bahia (2%), Rio Grande do Sul (2%) e Minas Gerais (3%). In generale quando si parla di “Brasilian Citrus Belt” si intende lo stato di San Paolo e la regione del “Triângulo Mineiro”, aree nelle quali l’86% della produzione è destinata alla trasformazione industriale. Negli anni recenti i maggiori sviluppi della coltivazione si sono tuttavia registrati nelle aree di Sergipe e Bahia, dove si producono per la maggior parte (77%) arance per il mercato del fresco, un mercato crescente visto il forte aumento di popolazione e di potere di acquisto in Brasile. La fioritura avviene da agosto a settembre e la raccolta delle arance in Brasile inizia alla fine di aprile per terminare con il mese di dicembre. Il mercato del succo di arancia brasiliano Il Brasile detiene il 53% della produzione mondiale di succo di arancia e il 98% dell’export globale totale del succo. Dal 1962 al 2009 l’industria agrumicola brasiliana ha accumulato qualcosa come 60 miliardi in introiti dall’export del succo di arancia, con una media di 1,3 miliardi all’anno. È tuttavia da notare che dal 1995-1996 al 2010 il settore della produzione di succhi di arancia nel mondo ha registrato un calo del 13% (308.000 tonnellate), decrescita dovuta anche ai differenti stili di consumo dei paesi occidentali. La maggiore perdita è stata peraltro accusata dalla Florida (ñ295.000 tonnellate), mentre il Brasile ne ha risentito in misura assai minore (ñ31.000 tonnellate). Comunque, i due stati coprono ancora l’81% della produzione totale di succo di arancia a livello mondiale. Il Brasile nel campo della produzione dei succhi di arancia detiene oggi il maggiore dinamismo imprenditoriale e il primato nell’innovazione tecnologica per quanto riguarda l’estrazione. A partire dal 2002 questo paese si è dedicato all’esportazione di succo di arancia NFC (Not From Concentrate), che ha caratteristiche qualitative (gustative) migliori e più gradite ai consumatori rispetto al succo concentrato e surgelato (FCOJ, Frozen Concentrated Orange Juice). Una tonnellata di FCOJ a 65 °Brix corrisponde a 5,6 tonnellate di succo NFC a 11,6 °Brix. Bisogna poi aggiungere che una parte del fatturato in esportazione dell’industria agrumicola brasiliana è rappresentata da altri prodotti della trasformazione, quali per esempio gli oli essenziali, il terpene e il d-limonene. Il 90% del mercato dei succhi di frutta brasiliani è rappresentato dall’Europa e dagli Stati Uniti. Negli ultimi anni le industrie brasiliane hanno cercato di diversificare le destinazioni dei loro 524


agrumi in Brasile prodotti puntando maggiormente sull’Asia e sui paesi del Medio Oriente. Negli ultimi venti anni la quota destinata agli Stati Uniti è nettamente diminuita, passando dal 26% (media degli anni ’90) al 16% dell’esportazione totale brasiliana (prima decade del 2000). Al contrario, la quota destinata al mercato europeo è salita dal 63 al 71%. Le destinazioni verso altri paesi sono passate dal 9 al 13%. Nel 2010 il Brasile ha esportato succo di arancia in 70 differenti paesi, 12 dei quali sono già pienamente recettivi per quanto riguarda i succhi NFC. In totale nel 2010-2011 l’esportazione di succo di arancia (FCOJ/65 °Brix equivalente) è stata stimata dalla SECEX pari a 1,21 milioni di tonnellate. In totale in quell’anno il Brasile ha avuto un’esportazione di succhi pari a 1779 milioni di dollari. È da notare che a partire dall’anno 2000 si è registrato un crescendo delle esportazioni in valore anche per effetto della crescita dei prezzi sulle piazze internazionali: il massimo è stato toccato nel 2007, con esportazioni complessive pari a 2507 milioni di dollari, dopodiché vi è stata una regressione. I minori quantitativi esportati verso gli Stati Uniti sono dovuti a una minore vitalità di questo mercato, ma anche ad alcuni fatti contingenti. Per esempio, nel 2011 vi sono state notevoli polemiche negli Stati Uniti e l’importazione è stata talora bloccata per il ritrovamento in partite di succo di arancia brasiliano del fungicida Carbendazim, non permesso dalla legislazione statunitense dal giugno 2009 oltre il limite di 10 ppb. Negli Stati Uniti i dazi di entrata sono calcolati come prelevamento fisso per tonnellata di prodotto importato. Nell’Unione Europea (UE), come anche in Giappone, Corea del Sud, Cina e Australia, il valore della tassazione è calcolato come percentuale a seconda del volume importato e del suo valore. Nell’UE negli ultimi anni sono cresciute le richieste per quanto riguarda la qualità igienicosanitaria del prodotto (per esempio contaminanti e livelli di fitofarmaci) e la tracciabilità. La maggiore piazza di arrivo dei succhi brasiliani in Europa è rappresentata di gran lunga dal Belgio, seguito dall’Olanda; si può anzi dire che (con la piccola eccezione della Svizzera) la quasi totalità del succo di arancia consumato in Europa provenga da questi due paesi. Problematiche fitosanitarie Si tratta del maggiore problema che affligge l’agrumicoltura brasiliana. Negli ultimi dieci anni fitopatie quali il citrus canker, la Citrus Variegated Chlorosis (CVC), la sudden death e il greening sono state responsabili dell’eradicazione di 39 milioni di piante nel Brasilian Citrus Belt. In pratica, il tasso di mortalità delle piante per impianto varia dal 4,5 al 7,3%. La maggiore incidenza di mortalità delle piante è dovuta alla CVC, clorosi dovuta al batterio Xylella fastidiosa, le cui prime segnalazioni risalgono al 1987. 525


gli agrumi

mondo e mercato Mercato italiano e internazionale Alessandro Scuderi, Carmelo Sturiale

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465 (in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).


mondo e mercato Mercato italiano e internazionale Foto Sibarit

Caratteri strutturali del mercato La coltura degli agrumi interessa un gran numero di paesi e rivela notevolissimo dinamismo geografico, onde il ruolo dei diversi paesi si modifica nel tempo, soprattutto per il forte sviluppo del comparto che nel secolo scorso e nel breve scorcio di quello corrente è avvenuto nell’America latina (Brasile, in primo piano) e in Asia (con posizione apicale della Cina). Tale fenomeno ha dato luogo a un inarrestabile trend espansivo, tuttora in corso. Il volume complessivo degli agrumi a livello mondiale nel periodo 2007-2010 ha raggiunto il ragguardevole traguardo di 121 milioni di tonnellate, con una crescita del 16% rispetto a un decennio fa; le arance (68 milioni di tonnellate) rappresentano quasi il 56,2%, i piccoli frutti (mandarini, clementine, tangerini) (21,2 milioni di tonnellate) il 17,5%, limoni e lime (13,9 milioni di tonnellate) l’11,5% e le altre specie (17,9 milioni di tonnellate) il rimanente 14,8%. In tale contesto, l’Italia nel periodo sotteso accresce il suo peso relativo, passando l’apporto alla produzione dal 2,9 al 3,0%, risultato che, pur non essendo incisivo, è tuttavia apprezzabile, tenuto conto del gran numero di paesi agrumicoli esistenti sul pianeta, nonostante nel passato più o meno remoto il contributo italiano in termini relativi fosse congruentemente superiore. Lo scenario delineato è stato costruito con i dati FAO, la cui affidabilità non sempre è elevata, essendo correlata all’efficienza dei servizi statistici dei singoli paesi; tuttavia il trend del fenomeno non dovrebbe essere inficiato significativamente, poiché eventuali errori possono considerarsi sistematici sul piano temporale. Un connotato significativo per comprendere l’indirizzo prevalente della filiera agrumaria nei diversi paesi può dedursi dalla destinazione della produzione. Trattasi di dati generali di prima approsimazione, non disponibili tra l’altro per l’intero novero dei

Dinamica della produzione mondiale e italiana di agrumi distinta per specie (*) 1997-2000 Specie Aranci

000 t Mondo

Italia

63.293

1681

2007-2010 % 2,7

000 t Mondo

Italia

68.002

2377

% 3,5

Limoni e lime

10.382

548

5,3

13.925

535

3,8

Piccoli frutti

18.350

502

2,7

21.175

655

3,1

Altre

11.418

20

0,2

17.937

31

0,2

Totale

103.743

3051

2,9

121.040

3598

3,0

(*) Fonte: FAO varie annate

526


mercato nel mondo Destinazione delle produzioni agrumarie dei principali Paesi produttori di agrumi (2007-2010) (000 t) Mercato interno

Industria

Esportazioni

Perdite e varie

Totale produzione

Italia

Paese

1596

1231

337

434

3598

Spagna

1407

704

3383

96

5590

Grecia

383

217

309

91

1000

Turchia

1481

439

835

520

3275

Marocco

610

20

535

8

1173

Egitto

2163

27

924

361

3475

Tunisia

308

32

25

8

393

Israele

191

161

193

40

585

Sud Africa

435

405

1282

40

2162

Argentina

1085

1025

596

107

2813

Brasile

2525

16.785

64

1287

20.661

Stati Uninti

4962

4685

552

268

10.467

Fonte: Clam, FAO e USDA, 2011

paesi produttori di agrumi, concernente il periodo più recente (2007-2010), tuttavia molto espressivi delle diversità esistenti tra le varie nazioni. Vi sono paesi nei quali il mercato interno assume notevole rilievo, con assorbimento di aliquote prossime o superiori al 40% (Italia, Turchia, Tunisia, Argentina), altri nei quali l’esportazione è prevalente o ha peso non molto dissimile dal mercato interno (Spagna, Marocco, Egitto, Sud Africa, Maroc-

Dinamica delle esportazioni medie di arance per principali Paesi nell’ultimo decennio 1997-2000 Paese

2007-2010

Quantità (000 t) (a)

(b)

Spagna

1287

1364

Italia

114

105

Grecia

288

Turchia Olanda Egitto Sud Africa

1997-2000

Variazione (b/a ↔ 100)

2007-2010

Valore (milioni $)

Variazione (d/c ↔ 100)

(c)

(d)

106

611

1153

189

92

53

85

160

227

79

88

138

157

85

214

252

35

103

294

153

203

133

77

199

258

100

458

458

27

225

833

482

983

204

151

387

256

Stati Uniti

516

497

96

292

373

128

Marocco

351

248

71

125

133

106

Argentina

78

167

214

29

67

231

Brasile

84

41

49

18

16

89

Totale

4467

5586

125

1899

3450

182

Fonte: nostre elaborazioni su dati FAO, varie annate

527


mondo e mercato co), altri ancora in cui assolve un ruolo fondamentale e significativo l’industria dei derivati (Brasile, Stati Uniti, Argentina, Italia); infine vi sono paesi nei quali si rileva un certo equilibrio tra le diverse destinazioni (Israele, Grecia e in parte Argentina). Trattasi di realtà consolidatesi nel tempo, in rapporto alle caratteristiche strutturali delle locali agrumicolture, unitamente alle scelte strategiche delle corrispondenti politiche economicheagrarie di settore, ma che possono evolversi sotto la spinta di svariati fattori socioeconomici, tecnologici e politici, sicché la fotografia attuale è diversa da quella del passato (basti pensare all’agrumicoltura italiana) e potrà modificarsi anche radicalmente nel futuro. La produzione agrumicola alimenta un fiorente commercio internazionale sia come frutto fresco sia come derivati (essenze e succhi, in particolare). Per le arance, la Spagna rappresenta il più importante paese esportatore, ma un certo peso assumono anche Egitto, Marocco, Sud Africa e Stati Uniti; in particolare si richiama l’attenzione sui forti sviluppi esportativi avvenuti dal 1997-2000 al 2007-2010 per Egitto e Sud Africa, oltre che per la Turchia. È importante notare che in tale intervallo la crescita del valore delle arance esportate (espresso in valori correnti) è largamente superiore a quella corrispondente in termini di quantità fisiche, il che testimonia un aumento dei prezzi unitari delle arance oggetto delle esportazioni. A margine si fa notare che l’Olanda si inserisce tra i paesi esportatori di arance, pur non avendo alcuna produzione propria, il che è il risultato dei cosiddetti fenomeni di triangolazione commerciale (il paese importa e poi riesporta lo stesso bene), messi in pratica dai

Foto P. Inglese

Pummelo in Libano

Dinamica delle esportazioni medie di arance per principali Paesi nell’ultimo decennio 1997-2000 Paese

2007-2010

Variazione (b/a ↔ 100)

Quantità (000 t)

1997-2000

2007-2010

Valore (milioni $)

Variazione (d/c ↔ 100)

(a)

(b)

(c)

(d)

Spagna

473

432

91

254

382

150

Italia

30

45

150

18

55

306

Olanda

79

99

125

56

131

234

Turchia

137

309

226

65

186

286

Argentina

184

329

179

86

208

242

Stati Uniti

122

126

103

93

130

140

Sud Africa

50

186

372

17

64

376

Cile

14

39

279

33

10

30

Messico

226

460

204

62

221

356

Totale

1501

2340

156

751

1640

218

Fonte: nostre elaborazioni su dati FAO, varie annate

528


mercato nel mondo sistemi organizzativi degli scambi che manifestano alte qualità strategico-manageriali sul piano commerciale. Per limoni e lime è il Messico che occupa il primo posto, grazie alla crescita di produzione dell’ultimo decennio, tanto da scavalcare la Spagna, le cui esportazioni viceversa sono diminuite in ragione di specifiche scelte strategiche di questo paese. La riconversione dei limoneti è legata sia alla constatazione che il mercato europeo è ormai maturo e non c’è da aspettarsi una crescita dei consumi interni, sia all’aumentata concorrenzialità nel mercato da parte dei limoni turchi, sudafricani e argentini. Anche per i limoni si assiste, nell’arco di tempo sotteso all’analisi, a un incremento dei valori del prodotto largamente superiore a quello delle quantità esportate, determinato da un aumento dei prezzi unitari. Per i piccoli frutti, posizione dominante assume la Spagna, benché i ritmi di sviluppo, maggiori nell’arco di tempo sotteso, si riconducano alla Cina, al Sud Africa e alla Turchia. Nell’arco di tempo preso in esame l’aumento relativo dei valori monetari è anche per i piccoli frutti largamente superiore a quello corrispondente alle quantità, onde pure per essi si registra un progressivo aumento dei prezzi unitari. Le correnti di traffico sono state in passato e sono tuttora principalmente dirette verso le aree più ricche del pianeta, tanto che il bacino europeo (in primo luogo quello centro-occidentale) importa oltre il 60% della complessiva esportazione mondiale di agrumi. Altre correnti sono indirizzate verso i paesi asiatici (con posizione preminente del Giappone), nonché in altre aree del nuovo continente.

Agrumi commercializzati, naturalmente, con la foglia

Dinamica delle esportazioni medie di arance per principali Paesi nell’ultimo decennio 1997-2000 Paese Spagna

2007-2010

Quantità (000 t) (a)

(b)

1997-2000

Variazione (b/a ↔ 100)

2007-2010

Valore (milioni $) (c)

(d)

Variazione (d/c ↔ 100)

1246

1529

123

860

1624

189

Italia

54

73

135

26

58

223

Grecia

31

40

129

13

28

215

Olanda

74

93

126

53

107

202

Turchia

125

305

244

52

167

321

Sud Africa

50

106

213

19

65

342

Marocco

204

257

126

119

178

150

Argentina

34

97

285

21

67

319

Cina

179

538

301

51

256

502

Totale

2475

3730

151

1466

3005

205

Fonte: nostre elaborazioni su dati FAO, varie annate

529


mondo e mercato Uno spaccato specifico merita l’Italia, che in forza del mercato chiuso fino al 1992, godeva di una rendita legale (quasi rendita di marshalliana memoria) ed era Paese esclusivamente esportatore, ma che dopo l’abbattimento delle barriere doganali è diventato terreno di conquista. Oggi si assiste a un saldo importexport negativo per le diverse tipologie di agrumi presi in esame, poiché il sistema delle imprese del comparto non è riuscito a riposizionare la propria attività commerciale, in un mercato aperto (a carattere asimmetrico per la diversità dei prezzi di offerta relativi a merce sostanzialmente omogenea) e ipercompetitivo, in cui per concorrere con successo occorre una strategia fondata sul mercato, ancora oggi piuttosto carente nel sistema delle imprese italiano. Le fasi del mercato degli agrumi Il luogo e le circostanze che fanno incontrare la domanda e l’offerta, da cui scaturisce lo scambio, originano il mercato, che per il comparto agrumario ha caratterizzazioni estremamente articolate, nelle diverse fasi in cui esso si snoda. Le innovazioni immanenti che caratterizzano i sistemi delle comunicazioni e dei trasporti, con la conseguente “morte della distanza”, hanno impresso processi evolutivi ai mercati dei beni e dei servizi tali da provocare straordinari cambiamenti nelle modalità di scambio, nell’ambito delle quali la contemporanea presenza di offerenti, acquirenti e merci nello stesso luogo tende a cedere il passo alle altre modalità, in cui ciò non è necessario, potendosi avvalere gli operatori di mercato di tutte una serie di strumenti di comunicazione innovativi, la cui utilizzazione è favorita dalla messa a punto, e dal rispetto, di standard qualitativi dei prodotti definiti e riconosciuti a livello internazionale. Tuttavia, tale dinamismo ha manifestazioni diverse passando da una fase all’altra del mercato dei prodotti agrumari destinati al consumo diretto. La fase di mercato all’origine sottende le operazioni di passaggio dall’azienda agrumicola alle imprese di commercializ-

La raccolta tradizionale degli agrumi in Italia

Agrumi in occasione della ricorrenza dell’Unità d’Italia

Dinamica delle importazioni agrumicole italiane nell’ultimo decennio 1997-2000 Prodotto

2007-2010

Variazione (b/a ↔ 100)

Quantità (000 t)

1997-2000

2007-2010

Valore (milioni $)

Variazione (d/c ↔ 100)

(a)

(b)

(c)

(d)

Arance

81

121

149

46

95

207

Limoni e lime

60

97

162

42

96

229

Piccoli frutti

64

89

139

50

92

184

Altri

1

1

100

1

1

100

Totale

206

308

150

139

284

204

Fonte: nostre elaborazioni su dati FAO, varie annate

530


mercato nel mondo zazione, le successive attività di “condizionamento” e la relativa confezione del prodotto negli stabilimenti di lavorazione. In real­tà tale fase è molto articolata, poiché accanto al tradizionale rapporto produttore-commerciante (con al centro la figura del mediatore) si collocano le imprese industriali, che acquistano direttamente dai produttori gli agrumi per trasformarli (in parte o nella loro totalità), le imprese associative di produttori, che disimpegnano, per conto e nell’interesse dei soci, la lavorazione della merce, come pure gli stessi produttori, che curano in proprio le funzioni di mercato e collocano direttamente il prodotto “condizionato” nei vari canali di distribuzione. A quanto appena esposto occorre aggiungere la comparsa e il progressivo sviluppo dei farmers’ market (mercati nei quali possono operare solo le figure agricole), nei quali gli agrumicoltori veicolano la propria merce, allo stato grezzo, realizzando il cosiddetto canale diretto. Il peso relativo delle diverse modalità non solo ha subito un profondo dinamismo temporale, ma assume valore diverso nello stesso momento sul piano geografico, ferma restando la crescita del ruolo dei produttori (in forma autonoma o associata) nelle funzioni di mercato all’origine e non solo. Il modello organizzativo appena delineato proprio per l’Italia si rinviene anche per gli altri paesi agrumicoli, ancorché l’importanza relativa delle suddette figure vari da area ad area. Così in Spagna, Marocco, Sud Africa e Grecia le imprese commerciali svolgono un ruolo preminente; in Israele e negli Stati Uniti l’aggregazione dei produttori appare di grande rilievo (notissima l’associazione dei produttori Sunkist negli Stati Uniti, nata all’inizio del XX secolo), mentre in Sud America (in particolare in Brasile) posizione dominante ha l’industria di trasformazione. La fase di mercato all’ingrosso, cioè il processo di trasferimento, fisico ed economico, del prodotto confezionato dai luoghi di produzione a quelli di consumo, è andata incontro a sostanziali cambiamenti. In passato, ruolo rilevante assumeva il mercato

I flussi delle produzioni agrumicole

• Il paradosso della nostra agrumicoltura è che, pur essendo l’Italia un grande paese produttore, essa presenta saldi export-import negativi (eccezione fatta per le arance per il periodo 1997-2000) e crescenti nel tempo

• Situazione diversa per quanto riguarda

il commercio con l’estero si registra per i derivati agrumari, dove gli scambi hanno dato un saldo positivo di oltre 121 milioni di euro nell’ultimo quadriennio, al quale hanno contribuito per il 65% i succhi e per 35% gli oli essenziali. Nel complesso, il comparto agrumicolo, grazie ai derivati, ha prodotto un saldo della bilancia commerciale in valore positivo, con 36 milioni di euro, da imputare alle ridotte importazioni di agrumi freschi del 2010 e alla crescita delle esportazioni dei derivati del limone

Foto P. Inglese

Bilancia commerciale degli agrumi freschi in Italia Arance Limoni Mandarini e clementine Totale

Quantità (t)

Valori ($)

1997-2000

+33.000

+7.000.000

2007-2010

–16.000

–10.000.000

1997-2000

–30.000

–24.000.000

2007-2010

–52.000

–41.000.000

1997-2000

–10.000

–24.000.000

2007-2010

–16.000

–34.000.000

1997-2000

–7000

–41.000.000

2007-2010

–84.000

–85.000.000

Frutto di pummelo in Libano

531


mondo e mercato generale (o all’ingrosso), nel quale posizione dominante aveva la figura del commissionario, che riceveva la merce dagli operatori dalle zone di produzione e la vendeva agli operatori al dettaglio (tradizionali e della Grande Distribuzione Organizzata [GDO]). Tale figura non acquistava la merce, ma fungeva da mediatore tra offerta e domanda e riceveva un compenso, la commissione, variabile dal 5 al 15% del valore del prodotto trattato. Accanto a tale canale si collocavano quelli in cui gli operatori della fase di mercato all’origine si interfacciavano direttamente con operatori “internisti” ed esportatori, ovvero i primi fornivano direttamente le figure tipiche del mercato al dettaglio. Questo intreccio di rapporti di scambio, definito “fuori mercato”, ha caratterizzato e continua a caratterizzare tutte le aree di mercato dei paesi produttori e consumatori di agrumi e rivela tendenze irreversibilmente crescenti, con il corrispondente progressivo ridimensionamento del ruolo storicamente nodale dei mercati generali. La fase di mercato al dettaglio, avente la funzione di approvvigionare i consumatori finali, è stata interessata da incisivi processi evolutivi, con la moltiplicazione delle tipologie strutturali di vendita: in primo luogo l’avvento e il successivo inarrestabile sviluppo della GDO, attraverso la quale passa oggi una notevole aliquota degli acquisti dei consumatori finali, con parallelo ridimensionamento del piccolo dettaglio, con la comparsa dell’e-

Le figure presenti sul mercato alla produzione

• Negli anni recenti in Italia il peso relativo delle diverse figure che intervengono sul mercato alla produzione per gli agrumi può essere rappresentato così: operatori commerciali 60% del prodotto totale; industria di trasformazione 32%, produttori singoli o associati 18%. È da notare che il ruolo dell’industria dei derivati agrumari è molto incisivo per le arance e, soprattutto, per i limoni (i cui succhi ed essenze sono molto apprezzati sul mercato rispetto a quelli della concorrenza per superiori qualità intrinseche)

Foto P. Inglese

Arance a Katmandu Il Marocco e i suoi tesori

532


mercato nel mondo commerce e dei farmers’ market, cui si aggiunge, soprattutto nei paesi in ritardo di sviluppo, il potenziamento dei mercati rionali e dell’ambulantato. Naturalmente, il peso relativo dei diversi modelli distributivi sui mercati al dettaglio è diverso tra i vari paesi e nell’ambito delle diverse zone geografiche dello stesso paese, per quanto possa affermarsi che nelle aree di mercato dei paesi a più avanzato sviluppo, come Nord America, Europa occidentale, Giappone ecc., prevalga in maniera molto netta la GDO. I fenomeni predetti hanno accorciato in una certa misura i canali commerciali, con aumento dell’importanza di quelli corti (produttore-dettagliante-consumatore) e lunghi (produttore-grossista-dettagliante-consumatore), a scapito di quelli lunghissimi e tortuosi (caratterizzati nel comparto agrumario da numerosi passaggi, con forte aggravio dei costi della distribuzione e rea­le impossibilità di assicurare la cosiddetta “tracciabilità” del prodotto). Tuttavia, tali evoluzioni non hanno sempre comportato una riduzione del differenziale tra il prezzo pagato dal consumatore e quello ricevuto dal produttore, registrandosi anzi un ampliamento della forbice, come accade in Italia. Tutto ciò si vuole motivare con l’aumento dei servizi di mercato incorporati nel prodotto offerto al consumo (migliori standard qualitativi, imballaggi più idonei, confezioni personalizzate ecc.), per quanto un ruolo importante giochino le strutturali vischiosità dei circuiti distributivi (con notevoli incrementi di prezzo nei singoli passaggi)

La distribuzione degli agrumi in Italia

• La struttura distributiva al dettaglio

negli ultimi anni in Italia (in base ai dati ISMEA-Nielsen) si caratterizza come segue: - GDO 51% (iper- e supermercati 41%) dei consumi complessivi di agrumi - dettaglio tradizionale 22% - ambulanti e mercati rionali 21% - altri (farmers’ market, vendite dirette ecc.) 6%

Foto P. Inglese

Un marchio indelebile inciso nel frutto Foto P. Inglese

Confezioni di clementine sul mercato di Londra Arance nei mercati di Buenos Aires

533


mondo e mercato Dinamica dei prezzi correnti medi delle arance per fase di scambio in Italia (€/kg)

Prezzi medi (€/kg)

2,00 1,60 1,20 0,80 0,40 0,00 Origine Ingrosso Dettaglio

2002 0,29 0,87 1,05

2003 0,30 0,91 1,10

2004 0,27 0,83 1,09

2005 0,25 0,82 1,03

2006 0,24 0,77 1,08

2007 0,23 0,79 1,08

2008 0,25 0,79 1,09

2009 0,29 0,88 1,17

2010 0,23 0,77 1,23

2011 0,28 0,86 1,23

e il forte potere contrattuale della GDO che, in un mercato aperto e con un’offerta di agrumi eccedente il consumo, impone ai fornitori prezzi e condizioni contrattuali tali da determinare livelli di prezzo bassi e poco remunerativi per i produttori. Questo fenomeno è largamente presente in Italia, come dimostra il trend del prezzi medi nel decennio 2002-2011 di arance, limoni, mandarini e clementine registrati nelle tre fasi di mercato (origine, ingrosso e dettaglio), illustrato nei grafici. Il livello assoluto dei prezzi deve ritenersi solo largamente indicativo, dato che è l’espressione di situazioni fortemente cangianti durante la stessa annata, con quotazioni differenti per le diverse cultivar o ibridi racchiusi nel medesimo gruppo.

Dinamica dei prezzi correnti medi dei limoni per fase di scambio in Italia (€/kg)

Prezzi correnti (€/kg)

2,00 1,60 1,20 0,80 0,40 0,00 Origine Ingrosso Dettaglio

2002 0,25 0,71 1,35

2003 0,26 0,73 1,41

2004 0,27 0,71 1,35

2005 0,28 0,76 1,39

534

2006 0,25 0,66 1,43

2007 0,26 0,79 1,52

2008 0,48 1,13 1,87

2009 0,35 0,93 1,66

2010 0,37 1,16 1,54

2011 0,34 0,98 1,55


mercato nel mondo Dinamica dei prezzi correnti medi dei clementine per fase di scambio in Italia (€/kg)

Prezzi correnti (€/kg)

2,00 1,60 1,20 0,80 0,40 0,00 Origine Ingrosso Dettaglio

2002 0,32 1,04 1,48

2003 0,39 1,02 1,60

2004 0,33 0,91 1,40

2005 0,34 0,81 1,26

2006 0,26 0,82 1,29

2007 0,33 0,97 1,41

2008 0,40 0,89 1,46

2009 0,34 0,98 1,48

2010 0,40 1,05 1,31

2011 0,30 0,91 1,32

Tuttavia, quello che colpisce è il differenziale che si osserva tra il prezzo al consumo e quello al produttore per la stessa tipologia di agrumi, il quale oscilla in un rapporto tra 4 e 6. Questo fenomeno può ricondursi anche alla scarsa efficienza dei circuiti commerciali della filiera agrumicola, ove si consideri che si tratta di prodotti allo stato fresco che non subiscono alcuna trasformazione nella forma, e le attività di mercato sono da riferirsi al condizionamento del prodotto e al trasporto, nonché alle attività di negoziazione, servizi questi che non possono giustificare, in un mercato funzionale, prezzi al produttore agrumicolo a volte inferiori al 15% di quello pagato dal consumatore finale.

Dinamica dei prezzi correnti medi dei mandarini per fase di scambio in Italia (€/kg)

Prezzi correnti (€/kg)

2,00 1,60 1,20 0,80 0,40 0,00 Origine Ingrosso Dettaglio

2002 0,33 0,98 1,12

2003 0,32 1,87 1,22

2004 0,30 0,80 1,28

2005 0,35 0,84 1,11

2006 0,30 0,77 1,10

2007 0,23 0,69 1,06

535

2008 0,28 0,78 1,17

2009 0,38 1,07 1,35

2010 0,29 0,86 1,29

2011 0,31 0,94 1,22


gli agrumi

mondo e mercato Aspetti commerciali Roberto Piazza

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465 (in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).


mondo e mercato Aspetti commerciali Ci fu un tempo in cui produrre e commercializzare agrumi, di qualsiasi specie e varietà, rappresentava un fatto quasi sacrale e poetico: la raccolta avveniva prevalentemente nei meravigliosi “giardini” siciliani, o sulle terrazze della Calabria, sotto i pergolati della Costiera Amalfitana, o sopra i terreni pietrosi di Puglia. Le operazioni venivano effettuate quasi tutte manualmente: gli uomini si occupavano del carico e dello scarico dei pesi, mentre le donne avevano il compito di cernire, ornare, calibrare e imballare i frutti; di seguito, nella fantasia dei consumatori del nord, ma anche in alcune realtà delle zone di produzione, i prodotti agrumari venivano visti come portati da coloratissimi e artistici carretti. Bei tempi! Ma se è vero che per preparare il futuro è necessario non dimenticare la storia passata, dopo questo breve cenno, non si può dimenticare che le prime commercializzazioni di agrumi, rifacendoci alla storia recente dell’inizio del Novecento, avvenivano trattando un prodotto che era stivato alla rinfusa in vagoni ferroviari contenenti all’incirca cento quintali di prodotto. Quanto detto diventò assolutamente importante per le contrattazioni delle arance e dei limoni, poiché il termine “vagone” assunse il significato di unità di misura relativa alla produzione di un certo campo, o “giardino”, o appezzamento di terreno investito con la coltura dell’agrume in oggetto. Ancora oggi non sono pochi i produttori che alla domanda: “Quanto stimi di produrre su dieci ettari di agrumeto?” rispondono: “Da trenta a trentacinque vagoni, dipende dalle piogge e dal momento della raccolta, negli anni buoni ho prodotto anche trentotto vagoni di arance!”. Fino all’inizio degli

Le “ecoarance” richiamano la naturalità del prodotto selezionato e commercializzato nei principali mercati ortofrutticoli italiani e stranieri

Questa marca storica valorizza il Tarocco della Piana di Catania

536


aspetti commerciali anni ’60 fu il vagone a essere protagonista della logistica degli agrumi, e fino a quegli anni va dato atto alla gestione delle Ferrovie dello Stato di aver svolto un servizio a volte buono, a volte ottimo, raramente insufficiente. Fu proprio negli anni compresi tra il 1970 e 1975 che il meccanismo si inceppò: non solo i vagoni arrivavano sui mercati del centro e nord Italia con ritardi inaccettabili, ma durante la stagione fredda parte del carico veniva compromesso dall’eccesso di gelo e durante i caldi primaverili-estivi la carenza di vagoni frigoriferi creava non pochi problemi alla qualità del prodotto; come se ciò non bastasse, il costo, per portare i vagoni dalle piattaforme di smistamento fino ai raccordi dei mercati, era simile a quello sostenuto per effettuare, dalla partenza all’arrivo, un percorso di mille o milletrecento chilometri. Inoltre, non era raro il caso di “perdita” di qualche vagone, che dopo giorni o settimane si ritrovava in sosta su qualche binario morto tra Eboli e Battipaglia, obbligando speditore e destinatario a fare causa alle Ferrovie, a periziare il danno, a distruggere la merce avariata, a perdere tempo e a non trovare mai il “colpevole”. In ogni caso, quando il vagone arrivava e veniva portato con i camion “millepiedi” (o mille ruote) alla soglia del magazzino del ricevente, erano le “donne cernitrici”, generalmente riunite in cooperativa, a provvedere alla selezione e al condizionamento del prodotto; si mettevano sulla soglia dello sportello del vagone, e, rapide come saette, calibravano (a occhio), cernivano e imballavano le arance o i limoni in casse che contenevano un numero ben preciso di frutti, per un peso netto complessivo corrispondente a 18 chili. In pratica, a numero maggiore corrispondeva un calibro minore e viceversa: 180 – 160 – 108 – 90 – 72 – 60 – 48

Anche per i cedri il mercato richiede un imballaggio dignitoso e un’attenta presentazione

Un “pellerossa” distingue i pompelmi a polpa rossa

537


mondo e mercato erano le “pezzature” che andavano per la maggiore. Gli agrumi venivano confezionati in strati ordinati o alla rinfusa; i limoni e le arance della varietà Ovale dovevano essere sistemati con l’asse maggiore dei frutti disposto orizzontalmente, mentre gli altri agrumi dovevano presentarsi con l’asse maggiore in verticale. Fino all’inizio degli anni ’80, tutte le vendite dei prodotti ortofrutticoli venivano effettuate con la regola del “tara × merce”: in pratica, il prezzo del prodotto comprendeva anche il peso dell’imballaggio, che però non poteva superare il 15% del peso lordo per i contenitori aperti e il 18-20% rispettivamente per le casse e le cassette chiuse. La misura degli imballaggi era una vera e propria giungla, in quanto non si era ancora sviluppata la pallettizzazione e carichi, scarichi e stivaggio venivano effettuati prevalentemente a mano. Ancora alla fine degli anni ’70 l’ICE (Istituto per il Commercio Estero) faceva rispettare alcune norme, relative agli imballaggi, che derivavano dai D.M. 21 luglio 1962 e 13 maggio 1970 e che fissavano le seguenti dimensioni interne dei contenitori: – casse chiuse: 63 × 32 × 27 cm (limoni) o 62 × 30 × 28 cm (arance); – cassette chiuse: 63 × 32 × 14 cm (limoni), 62 × 30 × 13 cm (arance) o 69 × 30 × 9 cm (mandarini, tangerini, clementine e satsuma); – gabbie chiuse: 51 × 34 × 11/13 cm (limoni), 50 × 30 × 11/13 e 18/20 cm (limoni, arance, mandarini, tangerini, clementine e satsuma), 43 × 33 × 12 cm (mandarini) o 49 × 33 × 18/20 cm (arance); – cassette aperte: 40 × 30 × 5/15 cm o 50 × 30 × 5/15 cm o 54 × 34 × 5/15 cm; – gabbie aperte: 50 × 30 × 16/30 cm o 54 × 34 × 16/30 cm.

Lime del Messico, la concorrenza è veramente perfetta come un assunto teorico

E tonnellate di “lime” arrivano dal Brasile

538


aspetti commerciali Come si vede, era alta la disformità dei diversi imballaggi ed era più che mai necessario progettare una maggiore modularità dei contenitori, cosa che fu fatta all’inizio degli anni ’80 con la legge che regolò le vendite a peso netto e diede indicazioni precise sull’utilizzo dei diversi imballaggi: si trattava della Legge 5 agosto 1981, n. 441 (G.U. n. 218 del 10 agosto 1981) e successive modifiche, che semplificò la vita di tutti quelli che dovevano operare immediatamente a valle della raccolta. In pratica la misura degli imballaggi fu portata a tre dimensioni di base: 30 × 40 cm; 30 × 50 cm; 40 × 60 cm con altezza libera da 8 a 32 cm. Come si può facilmente notare, le dimensioni delle tre basi corrispondevano alla possibilità di pallettizzare su bancali di 80 × 120 cm (europallett) o di 100 × 120 cm (pallett per uso interno al magazzino o al mercato di riferimento). Successivamente furono autorizzati multipli e sottomultipli relativamente alle dimensioni previste dalla legge, purché avessero sempre dimensioni pallettizzabili con l’europallett di 80 × 120 cm e fossero inderogabilmente nuovi o come nuovi (infatti, dovevano essere per legge integri, puliti e asciutti). Infine, spezziamo una lancia a favore della legge sul peso netto, emanata per ovviare agli abusi e agli eccessi che si ritrovavano là dove non si facevano controlli sulla regolarità delle tare, cioè in buona parte dei mercati alla produzione, ma anche sui grandi mercati di ridistribuzione, dove, a seconda dell’andamento dei prezzi su un determinato prodotto e della quantità di domanda, le tare erano ben al di sopra del generico 15 o 20% per le lattughe. Chi scrive, che a quei tempi era uno degli incaricati ai controlli sul mercato ortofrutticolo all’ingrosso di Bologna, sovente riscontrava eccessi di tara che andavano dal 25 al 40% del peso lordo,

La “Mariarosa” si fa ancora apprezzare per l’elevata qualità presentata sui mercati

“El Cuatrimotor” è un marchio storico del prodotto spagnolo di alta qualità

539


mondo e mercato e ciò accadeva quasi sempre quando i prezzi erano alti e quel determinato prodotto era ricercato dagli acquirenti; non solo, le ammende erano generalmente basse e lasciate alla gestione delle direzioni dei mercati, mercati prevalentemente a gestione comunale, dove spesso erano i vigili urbani e non personale specializzato a effettuare i controlli e dove, nei più, valeva la pena rischiare anche la rilavorazione del prodotto per rientrare nei limiti di tara. Il viaggio degli agrumi verso il consumatore È proprio un viaggio quello che i nostri agrumi (arance, limoni, clementine, mandarini o pompelmi) fanno verso le case dei consumatori italiani e stranieri, un viaggio che inizia quando al mattino, appena l’agrumeto o il “giardino” si è asciugato dalla rugiada, la “ciurma”, composta da sei o sette persone, tutte di sesso maschile, varca i confini dell’azienda e inizia la raccolta oltre che il delicato posizionamento dei frutti in cesti rivestiti di juta, o in secchi di plastica di colore giallo, e poi dai cesti alle casse sul camion, o direttamente nelle casse; la ciurma, durante la giornata lavorativa, che generalmente è di sei ore e quaranta minuti, escluse le soste per un bivacco tanto frugale quanto saporito, raccoglie mediamente dai 55 ai 65 quintali di arance, a volte 70, come la portata del camion che trasferirà il prodotto fino al magazzino di lavorazione.

Da Israele il marchio “Jaffa” ha accompagnato su tutti i mercati europei pompelmi di ottima qualità

Il magazzino di condizionamento Oggi, le soluzioni tecnologiche relative al funzionamento di un magazzino di condizionamento, o di lavorazione per gli agrumi, e più in particolare per le arance e i limoni, sono le più diverse. In

Chi avrebbe mai pensato di importare arance anche dallo Zimbabwe? Eppure c’è chi lo fa

540


aspetti commerciali ogni caso, le principali fasi di una catena o linea di lavorazione per gli agrumi sono le seguenti: – ingresso nel bunker di alimentazione della linea: a seconda che la raccolta sia avvenuta con il posizionamento dei frutti in casse o cassoni. All’inizio della linea troviamo un “polmone” che serve per l’alimentazione continua della linea stessa, dopodiché le casse o i cassoni vengono rovesciati in acqua da una sorta di depalettizzatore; – lavaggio dei frutti: può essere effettuato con un’apposita lavaspazzolatrice o per immersione completa in vasca; non di rado e sempre più frequentemente, in un’apposita sezione, viene effettuato anche il trattamento anticrittogamico con agrofarmaci autorizzati e il meno aggressivi possibile; – trattamento con agrofarmaci: serve a creare una barriera all’attacco prevalente di Penicillium (muffa azzurra e verde). Questo trattamento può avvenire anche durante la fase di ceratura, mischiando la cera inerte con l’agrofarmaco e avendo ben cura che il principio attivo sia in percentuale sempre mantenuta costante e venga distribuito uniformemente su tutta la superficie del frutto; – ceratura: prima e dopo questa operazione, è opportuno che i frutti vengano asciugati, anche con aria calda forzata a una temperatura attorno ai 40 gradi centigradi. La ceratura ha due funzioni prevalenti: una cosmetica e una fisiologica (infatti diminuisce l’attività respiratoria e traspiratoria chiudendo gli stomi del frutto) e dopo tale trattamento è necessario che i frutti vengano inviati alla commercializzazione; infatti, uno stoccaggio più o meno lungo provocherebbe opacizzazione degli stessi;

Prima di iniziare il confezionamento i frutti vengono calibrati a campione

Di Pisa, del mercato di Bologna, mette la firma per un prodotto coltivato e selezionato in esclusiva

541


mondo e mercato – selezione: è generalmente fatta a mano ma ora anche con macchine elettroniche, che possono individuare i frutti con difetti tali da essere scartati, da cui si ricavano tre categorie merceologiche: la extra, la prima e la seconda; – calibratura: viene effettuata prima o dopo la separazione dei frutti nelle tre classi di qualità extra, prima e seconda, in funzione della disposizione delle macchine automatiche che provvederanno a dividere i frutti stessi nei calibri previsti e che verranno meglio indicati in seguito; – confezionamento: l’operazione consiste nel vestire al meglio i frutti alla fine delle linee di lavorazione: si mettono bollini, carte avvolgenti richiamanti messaggi gradevoli o immagini tipiche del territorio, si dispongono i frutti in strati ordinati e si inseriscono in imballaggi che nel tempo da “contenitori” sono diventati “espositori”. Questa operazione è importantissima in quanto diventa la carta d’identità del prodotto o comunque di quella partita. Terminata l’opera di riempimento dei contenitori, inizia il loro posizionamento sui pallett, oltre che la legatura degli stessi con rete avvolgente, con materiale plasticato, o con angolari ben legati. A questo punto saranno i muletti elevatori a disporre le unità di carico sui camion e questi ultimi partiranno per le diverse destinazioni.

Operazione di avvolgimento dei frutti negli incarti colorati di carta velina Imprenditore del Nord trapiantato in Calabria garantisce l’alta qualità dei suoi pompelmi

542


aspetti commerciali Le norme di qualità per gli agrumi L’Unione Europea ha emanato alcune norme che col tempo sono state sempre più osservate, in particolare da chi ha avuto la necessità di rapportarsi con operatori commerciali stranieri. Per le diverse specie, le norme a cui occorre attenersi per circolare all’interno dell’Unione, o per esportare i prodotti agrumari, sono indicate sinteticamente di seguito. Norme di qualità per le arance Caratteristiche minime dei frutti: le arance devono essere intere, sane, pulite, esenti da danni da gelo, lesioni o ammaccature cicatrizzate, prive di odori e sapori estranei, esenti da umidità esterna anormale. Il frutto non deve presentare corpi estranei; in ogni caso è ammesso, aderente allo stesso, un corto ramoscello non legnoso portante qualche foglia verde. Contenuto minimo in succo: per le varietà sanguigne o pigmentate 30%, per le varietà tipo Washington Navel 33%, mentre per altre varietà 35%. Colorazione: deve essere quella tipica della varietà. I frutti con colorazione verde chiara sono ammessi a condizione che la stessa non superi 1/5 della superficie totale del frutto. Le arance prodotte in zone con temperature atmosferiche elevate e forte umidità possono presentare detta colorazione su più di 1/5 della superficie, pertanto è essenziale che il contenuto in succo sia almeno del 33% per le varietà Mosambi, Sathgudi e Pacitan, e superiore al 45% per le altre varietà.

I limoni argentini sono ormai di casa in Europa

Le disposizioni relative all’etichettatura prevedono che gli imballaggi debbano riportare: – la ragione sociale dell’imballatore e/o dello speditore; – il termine “arance” se il prodotto non è visibile; – la denominazione della varietà (sempre); – l’origine del prodotto (sempre la nazione, e, se del caso, comune, provincia, regione); – la categoria merceologica, indicata in una di queste due forme: extra, prima, seconda, oppure ex, I, II; – il calibro, espresso conformemente alle scale di calibrazione, dal numero di riferimento della scala, qualunque sia la presentazione, e, in caso di presentazione in strati ordinati, dal numero dei frutti; – eventualmente, l’indicazione dell’impiego di agenti conservanti o additivi; – il Numero Registro Operatori (BNDOO). Calibrazione e omogeneità dei calibri: la calibrazione è determinata dal diametro massimo della sezione normale all’asse del frutto. Il calibro minimo è di 53 mm per tutte le categorie.

Questa marca storica valorizza il “Tarocco” della piana di Catania

543


mondo e mercato Arance – Calibrazione e omogeneità dei calibri

Segno della crescente globalizzazione le arance dell’Uruguay

Calibro in millimetri

Numero convenzionale

Numero di frutti per casse di 30 × 50 × 22 cm

Da 92 a 110

0

Da 87 a 100

1

Da 84 a 96

2

Da 81 a 92

3

Da 77 a 88

4

72

Da 73 a 84

5

Da 70 a 80

6

90

Da 67 a 76

7

Da 64 a 73

8

108

Da 62 a 70

9

120

Da 60 a 68

10

160

Da 58 a 66

11

Da 56 a 63

12

180

Da 53 a 60

13

Quanto all’omogeneità, per tutti i frutti presentati in strati ordinati, la differenza tra il più piccolo e il più grosso non deve superare: – 11 mm per i calibri 0, 1, 2; – 9 mm per i calibri 3, 4, 5, 6; – 7 mm per i calibri 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13. Tolleranze di qualità nello stesso imballaggio: – per la categoria extra è tollerato il 5% in peso o in numero di frutti non rispondenti alla categoria extra ma conformi alla categoria I; – per la categoria I è tollerato il 10% in peso o in numero di frutti non rispondenti alla categoria I ma conformi alla categoria II; – per la categoria II è tollerato il 10% in peso o in numero di frutti non rispondenti a questa categoria né alle caratteristiche minime, esclusi i frutti colpiti da marciume o da alterazioni che li rendano inadatti al consumo. Norme di qualità per i limoni Per quanto riguarda le disposizioni relative all’etichettatura degli imballaggi, sono le stesse previste per le arance e già citate sopra. Relativamente al contenuto in succo, è previsto che per i limoni “verdelli” e “primofiore” sia superiore al 20% in peso, mentre per gli altri limoni il succo deve superare il 25% del peso del frutto.

“Mamma li turchi!” Per fortuna solo con le armi della qualità!

544


aspetti commerciali Per la colorazione della buccia è consentita una colorazione verde, purché non scura, se il contenuto in succo è pari o superiore a quanto indicato sopra. Anche per le tolleranze relative alle caratteristiche qualitative, per le categorie extra, prima e seconda, si applicano quelle indicate per le arance. La calibrazione, come per le arance, è determinata dal diametro massimo della sezione normale all’asse del frutto e i calibri di riferimento sono quelli riportati nella tabella sottostante. Il calibro minimo è di 45 mm per le categorie extra, prima e seconda. La differenza massima nello stesso imballaggio non deve superare i 7 mm. Norme di qualità per clementine, mandarini, tangeli, satsuma, tangerini Citrus reticulata e loro ibridi Le disposizioni relative all’etichettatura prevedono che gli imballaggi debbano riportare: – la ragione sociale dell’imballatore e/o dello speditore; – obbligatoriamente la dicitura “Clementine senza semi” o “Clementine” se i frutti hanno da uno a dieci semi, “Clementine con semi” se hanno più di dieci semi; obbligatoriamente, se del caso, occorre indicare i termini “Mandarini”, “Tangerini” e “Satsuma” o il nome di altri piccoli agrumi. Per il contenuto in succo, per tutti è previsto un contenuto minimo del 33%; solo nel caso delle clementine il succo deve superare il 40% del peso lordo dei frutti. La colorazione deve essere quella tipica della varietà per almeno un terzo della superficie della buccia. Per la calibrazione, che è sempre determinata dal diametro massimo della sezione normale all’asse del frutto, si fa riferimento alle misure e convenzioni riportante nella tabella a pagina successiva. Il calibro minimo è di 45 mm per satsuma, tangerini, tangeli e altri mandarini e loro ibridi. Per le clementine il calibro minimo è di 35 mm.

Una locandina mette in risalto il luogo di produzione e di selezione

Limoni – Calibri di riferimento Calibro in millimetri

Numero convenzionale

Da 83 e oltre

0

Da 72 a 83

1

Da 68 a 78

2

Da 63 a 72

3

Da 58 a 67

4

Da 53 a 62

5

Da 48 a 57

6

Da 45 a 52

7

Un piccolo imballaggio, un colore gradevole, una locandina promopubblicitaria, non si può fare di meglio

545


mondo e mercato Tolleranze di calibro: – per i calibri compresi tra 1 x e 4 la differenza massima consentita è di 9 mm; – per i calibri 5 e 6 la differenza massima consentita è di 8 mm; – per i calibri compresi tra 7 e 10 la differenza massima non deve superare i 7 mm. Considerazioni dell’autore sulle norme di qualità Nel secondo decennio del XXI secolo, potrebbe sembrare inutile avere una guida che indichi i confini della libertà degli imprenditori, relativamente all’utilizzazione dei diversi sistemi commerciali, per proporre la vendita di un prodotto agroalimentare quale è il paniere degli agrumi. Ma è stata proprio la globalizzazione dei mercati a convincere il legislatore europeo, e, in seguito, quello nazionale, sul fatto che precisare alcune regole non era poi tanto male, anche se le esperienze millenarie dei mercati e dei mercanti hanno messo in evidenza come da sempre ci si sia riusciti a intendere al di là delle regole scritte o imposte. Oggi, le norme di qualità sopra descritte potrebbero sembrare anacronistiche, in quanto i sistemi di comunicazione per via telematica, anche visiva, sono sempre più usati dal grande pubblico degli addetti ai lavori, non è così, però, per la stragrande maggioranza dei produttori (non solo italiani), per migliaia di acquirenti dettaglianti e grossisti, oltre che per milioni di consumatori. E allora siamo favorevoli a sottolineare che un utilizzo intelligente delle norme rappresenta ancora un valido strumento per migliorare la produzione, fare aumentare i consumi e rendere più agevole il trasferimento di beni tanto deperibili e coltivati generalmente tanto lontani dalle grandi metropoli o aree di consumo.

Le arance “Riberella” sono pronte per affrontare i mercati italiani e stranieri

Mandarini, clementine e piccoli agrumi – Calibri di riferimento

La “Rosaria” è ormai su tutti i mercati d’Italia e d’Europa, ma anche alla radio, in televisione e in tutti gli appuntamenti fieristici nazionali e internazionali

546

Calibro in millimetri

Numero convenzionale

Da 78 e oltre

1xxx

Da 67 a 78

1xx

Da 63 a 74

1x

Da 58 a 69

2

Da 54 a 64

3

Da 50 a 60

4

Da 46 a 56

5

Da 43 a 52

6

Da 41 a 48

7

Da 39 a 46

8

Da 37 a 44

9

Da 35 a 42

10


aspetti commerciali Occorre inoltre che gli addetti ai lavori pongano maggiore attenzione alla necessità di fare crescere il bisogno degli agrumi da parte del consumatore medio europeo, un consumatore che in buona parte ha tagliato il cordone ombelicale con la cultura contadina, che non riconosce più i frutti di stagione o le stagioni dai frutti, un consumatore che, se maschio, non è attirato particolarmente dal consumo di frutta, la cui presenza all’interno della propria casa non è vista come una necessità inderogabile, ma come un fatto appena gradevole, per avere a portata di mano un alimento che nel tempo, troppo spesso, viene gettato, in quanto deperisce o viene dimenticato e ricordato solo in particolari circostanze (quando la donna di casa pela, sbuccia e taglia o divide gli spicchi di un frutto, proprio come faceva la mamma!). Relativamente alle norme sopra descritte, va osservato che i principali confezionatori italiani, dalla Sicilia alla Puglia, dalla Calabria alla Sardegna e alla Campania, dove si coltivano i limoni di Sorrento e della Costiera Amalfitana, hanno ben capito che il mercato necessita, oltre che di un buon prodotto, anche di frutti o frutticini belli, regolari, forniti al giusto grado di maturazione, con una presenza praticamente continua per quasi tutto l’arco dell’anno, condizionati in piccoli imballaggi che si possano acquistare interi e riportanti, oltre alle precise indicazioni delle zone di produzione, oltre a tutte le didascalie previste dalle norme, anche la carta d’identità del prodotto: chilocalorie per 100 grammi di parte edibile, vitamine, sali minerali, zuccheri, contenuto in pigmenti antocianici, in carotenoidi, in acqua ecc. Fare mercato non è più solo agevolare l’incontro tra domanda e offerta, ma, oggi più che mai, è diventato anche stimolare il bisogno di un determinato prodotto, e su quel prodotto cercare di attirare l’attenzione di un consumatore ovviamente distratto dall’offerta di tutto il resto. Si pensi che nel caso dei nostri agrumi, se prendiamo l’esempio delle arance, il cui consumo stagionale dovrebbe appartenere ai mesi che vanno da dicembre ad aprile, ma che, ovviamente, dovrebbe e potrebbe prevedere un arco temporale di quasi tutto l’anno, estate compresa, per un crescente consumo delle nostre dissetanti spremute, le arance, solo relativamente ai prodotti nazionali, devono competere con mele, pere, kiwi, uva da tavola, cachi, fragole, ciliegie, albicocche, pesche, susine, frutti di bosco, meloni e angurie (considerati, per il modo in cui vengono consumati, impropriamente “frutti”), oltre che con tutte le altre specie di agrumi e con i due capisaldi dei prodotti di importazione, che sono le banane e gli ananas. Ecco allora che è la corretta comunicazione, fino al consumatore finale, che potrà aumentare l’interesse per le nostre arance, le nostre clementine, e poi i mandarini, i limoni e ogni altro agrume che trova nel nostro Paese la sua dimora ideale, per fare sognare i consumatori, ma anche gli artisti e i poeti che li descrivono e li decantano.

Da Cipro, limoni di buona qualità in imballaggi gradevoli

La fantasia italiana non ha limiti: bandiera a scacchi per un prodotto da Formula 1!

547


gli agrumi

mondo e mercato Richieste del consumatore Daniele Tirelli

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465 (in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).


mondo e mercato Richieste del consumatore I consumi Il consumo di agrumi in Italia costituisce, per svariate ragioni che verranno illustrate, un fenomeno di particolare rilevanza e complessità. Ancorato a profonde e lontane tradizioni nella parte meridionale del paese, esso ha goduto di un impetuoso sviluppo nelle regioni più a nord, sull’onda della modernità commerciale dell’ultimo quarto del secolo scorso. Contrariamente agli stereotipi del pensiero comune, il consumo di massa di buone arance e mandarini è, alla luce dei ritmi secolari della storia alimentare, un fenomeno recente; ancor di più lo è il consumo del prodotto trasformato in puro succo confezionato, e di quello fresco in particolare. La prima deduzione che potrebbe trarre un osservatore superficiale che non conoscesse il paese sarebbe che la fruizione di questo frutto sia entrata ormai a far parte della dieta e della consuetudine alimentare di un gran numero di nostri connazionali; in breve, che gli agrumi rappresentino ormai una commodity deproblematizzata, di cui tutto si conosce e attorno alla quale il marketing ha espresso gran parte delle sue potenzialità. Ma si tratterebbe di una deduzione errata poiché anche questo comparto, come tutti gli analoghi segmenti dei vari prodotti agroalimentari, nasconde molte interessanti peculiarità. Data questa condizione, numerosi sono infatti gli spunti per un’auspicabile maggior differenziazione del prodotto destinato alla vendita al dettaglio e, conseguentemente, per una sua maggior valorizzazione. Il consumo familiare, da tenere ben distinto da quello fuori casa, di agrumi sottintende potenzialmente un’ampia gamma di alternati-

L’indagine

• SmartResearch ha realizzato

un’indagine su un campione di: - 1264 individui (50% maschi, 50% femmine) - popolazione > 18 anni - rappresentativo di Nord, Centro e Sud Italia

548


richieste del consumatore ve, che si declinano non solo in una serie di utilizzi differenziati, ma anche in diversi posizionamenti nell’immaginario collettivo di questa frutta. Occorre partire dal presupposto che un agrumeto, al contrario di altre coltivazioni, costituisce una realtà di cui una buona parte della nostra popolazione non ha alcuna esperienza diretta. Con una frase paradossale potremmo dire che per gran parte del pubblico italiano le arance “maturano nel retro del supermercato”. In ogni caso, due sono le considerazioni da cui partire. La prima è che gli agrumi godono di un’immagine di elevata valenza salutista: arance, mandarini, pompelmi fanno molto bene alla salute in quanto veicolo di vitamina C, che non presenta controindicazioni. La seconda è che il consumo di arance costituisce una voce importante del commercio di frutta fresca, che viene dopo banane, mele, pesche e pere, ma che se sommata agli altri agrumi (mandarini, limoni, pompelmi) conta per il 15-17% del venduto totale nel canale super- + ipermercati. Se a ciò si aggiunge che la loro (tuttora notevole) stagionalità ne restringe gli acquisti nel corso dell’anno, si può dedurre come il loro peso sia strategico e destinato ad aumentare nel tempo. Le forniture in controstagione consentite dallo sviluppo dei trasporti e dal commercio internazionale, al pari di quel che è avvenuto per esempio negli Stati Uniti, potranno aumentarne progressivamente i volumi consumati. Spostandoci sul piano qualitativo, l’analisi del vissuto da parte del consumatore è stata condotta tramite un’indagine su un campione di 1264 individui rappresentativi della popolazione italiana adulta con meno di 65 anni. La ricerca ha puntato a combinare le informazioni sulle abitudini di consumo con quelle sull’insieme più vasto dei riferimenti culturali e psicologici di un pubblico che, nella sua quasi totalità, conosce e consuma un prodotto che può essere davvero definito “ecumenico”. Il consumo dichiarato di arance è pressoché totale. Quando passiamo all’offerta degli altri agrumi definiti “a frutto piccolo” incontriamo invece un problema semplice, ma irrisolvibile. Al secondo posto degli agrumi più consumati, dopo l’arancia, si collocano clementine e mandarino, apprezzati rispettivamente dal 65% e 61% degli italiani. Il mandarancio, che agli occhi dei consumatori è (giusto o sbagliato che sia) qualcosa di distinto dai primi due, scende a un modesto 28% di acquisti dichiarati. Resta peraltro irrisolto il problema su che cosa il grande pubblico intenda per mandarino e che cosa per clementine, cioè se nel vissuto quotidiano il dato si riferisca: a) al prodotto classico, ovvero a un frutto di forma sferoide appiattita la cui polpa arancione chiaro si trova in spicchi ben divisi contenuti in una buccia granulosa più o meno sottile quasi staccata da essa; oppure b) al clementine o a frutti che ad esso rimandano, spesso chiamati genericamente mandarini. Questo problema influenza ovviamente le modalità con cui condurre la ricerca di mercato. L’informazione fornita dai media, ma

Quali di questi agrumi (come frutto fresco) consumi con una certa frequenza? (Totale Italia)

549

Tipo

%

Arancia

87,8%

Clementine

64,8%

Mandarino

61,0%

Limone

57,7%

Mandarancio

27,8%

Pompelmo

13,1%

Cedro

3,7%

Lime

3,3%

Pomelo

2,4%

Altro

1,7%


mondo e mercato soprattutto da un circuito distributivo molto articolato che spazia dai discount e dalla distribuzione moderna sino ai venditori ambulanti più tradizionali, gioca in questo caso un ruolo fuorviante. La ricerca di marketing, in altre parole, deve tenere conto dello stato di fatto delle conoscenze verbali e visive che si accumulano nell’immaginario del grande pubblico. Quindi i suoi riscontri attraverso il dichiarato possono divergere dalla pura oggettività statistica del mercato. In breve, anche gli agrumi, come altri vegetali, sono poco conosciuti in termini di varietà e specifici attributi. Lentamente, il bagaglio culturale degli italiani si arricchisce di qualche nome più preciso e legato soprattutto all’origine, ma i tratti distintivi, che nascono in primo luogo dall’apprendimento di una pur semplice tassonomia, sono ancora scarsamente percepiti, lasciando prevalere tra la massa della clientela del circuito distributivo una diffusa genericità delle informazioni disponibili. Dare un nome a un prodotto è il primo passo della conoscenza umana e, ovviamente, del marketing. A oggi il termine qualificativo più ricorrente per l’ortofrutta è quello della località geografica. Nel caso delle arance il nome per antonomasia che si associa al frutto è Tarocco, menzionato dal 75% della popolazione, con una punta dell’81% a Nord-Ovest e una percentuale del 65% al Sud. Una buona arancia si identifica con questo nome. È interessante notare, tuttavia, che posti di fronte all’immagine di arance Tarocco, solo il 42% degli intervistati attribuisce loro il nome corretto. Si tenga presente, peraltro, che l’immagine fotografica non esaurisce tutta

Il grado di conoscenza di varietà e marchi

• Gli agrumi sono poco conosciuti dai

consumatori in termini di varietà o specifici attributi. Un prodotto che resta generico implica genericità di prezzo a detrimento della qualità effettiva, lasciando tendenzialmente al cliente il compito di giudicare, in base ai pochi elementi informativi in suo possesso, se quelle che ha di fronte siano davvero “belle” (e buone) arance

Quale varietà di arance preferisci? (La tabella contiene anche nomi di fantasia per valutare la reale conoscenza degli elementi menzionati)

550

Totale

Uomo

Donna

Tarocco

75,3%

75,0%

75,7%

Sanguinello

44,8%

47,2%

42,3% 37,5%

Siciliano

41,9%

46,1%

Sanguigno

17,8%

20,0%

15,5%

Washington Navel

16,1%

19,2%

12,8%

Moro

14,2%

13,9%

14,5%

Navellina

12,2%

13,1%

11,2%

Calabrese

11,3%

12,3%

10,3%

Di Sorrento

9,0%

8,9%

9,0%

Vaniglia

8,8%

7,4%

10,4%

Valencia Late

4,4%

4,2%

4,5%

Red Sun

4,2%

5,0%

3,3%

Picciotto

2,8%

3,4%

2,2%

Altro

1,3%

1,3%

1,3%

Del Muso

1,2%

1,9%

0,6%


richieste del consumatore l’informazione potenziale a disposizione del cliente per evocare le caratteristiche del prodotto e sviluppare il processo associativo. Pur nell’impossibilità di provarlo empiricamente in un’indagine estesa a livello nazionale, possiamo avanzare l’ipotesi che anche in un test gustativo “cieco” la capacità del consumatore generico di distinguere correttamente le varietà sarebbe molto bassa. Ne consegue che idealmente, come già avviene con le azioni promozionali per le mele, si potrebbe, in un futuro non troppo lontano, affinare la competenza dei consumatori circa la qualità degli agrumi grazie ad attività di “demo” e di assaggio nei luoghi di acquisto più frequentati. Per i mandarini le considerazioni svolte sinora acquistano ancor più rilevanza. Il concetto di varietà è praticamente sconosciuto, oltre alla confusione menzionata tra mandarino, mandarancio e clementine. Il 77% del campione dichiara semplicemente di non ricordare un nome particolare di mandarini. Come si osserva nella tabella a pagina seguente, il più menzionato è il nome (errato) di Tangeli, attribuito agli usuali mandarini dall’8% degli intervistati, probabilmente per l’assonanza con la parola tangerine, mutuata dall’inglese. Nomi di fantasia come Splendor o Starlight superano, in termini di presunta conoscenza, i nomi reali di alcune varietà, come si deduce dalla tabella. In sintesi, lo score per nomi “falsi” presenti nel questionario dimostra che ancor più di carciofi, pomodori e pere, il frutto “mandarino” soffre della più totale genericità. Un aspetto rilevante dell’analisi svolta riguarda poi le modalità di consumo di queste produzioni. Le arance sono fruite prevalente-

Varietà di arance riconosciute dai consumatori

• Il nome per antonomasia che si associa all’arancia è Tarocco (75% della popolazione)

• Al secondo posto in termini di

conoscenza vi è il Sanguinello con un più modesto 45% dichiarato, mentre la varietà Moro raccoglie solo un 14%, sebbene di fronte all’immagine essa venga riconosciuta dal 66% degli intervistati. La conoscenza della varietà Washington Navel invece resta marginale: solo il 35% è stato in grado di distinguerla dalle altre. Concludendo, il nome “Tarocco” appare quasi essere un sostituto del sostantivo generico “arancia”, a dimostrazione di quanto spazio abbia la valorizzazione della selezione varietale posta in atto sino a oggi

551


mondo e mercato mente “tali e quali”, in vari momenti della giornata, in quanto dotate di straordinari, naturali attributi di prodotto. Si tratta di frutti con una loro “confezione” protettiva che ne agevola il trasporto. Al contrario di altra frutta, si sbucciano facilmente. Sono dissetanti, nutrienti e salutari allo stesso tempo: un insieme perfetto. Grazie a queste proprietà estremamente positive, cresce anche il loro consumo in forma di succo, prodotto nel 71% dei casi in casa e nel 10% in forma di bevanda industriale confezionata, sia nella versione shelf stable, sia in quella refrigerata. Ancora nell’ambito della sperimentazione è il succo freschissimo predisposto dal supermercato, che invece riscuote un notevole successo, per esempio, negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Chi consuma succo di arancia lo preferisce rosso, preferibilmente con polpa rispetto al succo limpido. Solo un consumatore su cinque preferisce i mix di agrumi al succo tale e quale. Il mercato dei succhi, tuttavia, presenta una notevole complessità e richiederebbe un ulteriore studio specifico e approfondito. Va fatto comunque notare che il dato riportato nella tabella a pagina seguente per il prodotto confezionato appare decisamente sottostimato per un semplice motivo: l’indagine è stata condotta nel pieno della stagione degli agrumi. I soggetti intervistati tipicamente non hanno una “memoria lunga” circa i propri comportamenti nel corso dell’intero anno ed essi stessi sottostimano la frequenza e l’entità dei loro consumi nei mesi in cui non vi è disponibilità del prodotto. In breve, si può assumere che esista per particolari argomenti anche una “stagionalità” del ricordo nel processo di verbalizzazione delle risposte. Il dichiarato sul consumo di succo di arancia confezionato è affetto da questa distorsione ed esistono pertanto pochi dubbi sul fatto che, con il lento susseguirsi delle generazioni, la soluzione “a contenuto di servizio”, che evita le operazioni di spremitura casalinga, prenderà sempre più spazio. Il vantaggio

Foto P. Inglese

Foto P. Inglese

Quali varietà di mandarini conosci e preferisci? (La tabella contiene anche nomi di fantasia per valutare la reale conoscenza degli elementi menzionati)

552

Totale

Uomo

Donna

Non conosco le varietà

76,5%

76,1%

77,0%

Tangeli

8,4%

6,3%

10,6%

Splendor

8,2%

8,7%

7,7%

Starlight

7,8%

7,2%

8,4%

Tardivo di Ciaculli

6,4%

8,2%

4,5%

Miami

4,9%

4,8%

4,9%

Satsuma

4,2%

4,3%

4,1%

Avana

3,4%

3,9%

2,9%

Altro

0,5%

0,6%

0,4%


richieste del consumatore di godere di un succo in tetrapak, dal sapore e dalla consistenza “stabilizzati”, viene apprezzato in particolare dal pubblico della fascia di età 20-30 anni, dalle giovani coppie e dai residenti nel Nord-Ovest, che coltiveranno questa abitudine nel tempo con gli ovvi effetti di crescita. In sintesi il consumo del succo di arancia e di agrumi è destinato a crescere ancora per molti anni. Nonostante si stiano lentamente irrobustendo i flussi commerciali volti ad attenuarne la stagionalità dei mesi primaverili ed estivi, l’acquisto e la fruizione di arance sono tuttora visti dal 61% della popolazione come eventi tipicamente invernali. Esiste tuttavia un buon terzo della popolazione che concepisce questo consumo come continuativo, mostrando quindi un certo apprezzamento (fatto salvo l’ancora modesto fatturato sviluppato) per l’offerta di agrumi d’importazione, che la moderna distribuzione riesce ad assicurare sempre meglio in controstagione. Gli agrumi, si è detto, sono rispetto ad altri frutti un prodotto “facile”. Lo dimostra il fatto che i canali della moderna distribuzione, costituiti da super- e ipermercati, sono ritenuti, nonostante dibattiti e polemiche, in grado di proporre al 64% della clientela un assortimento di “ottima” qualità, sebbene l’aggettivo non è detto corrisponda ai giudizi di tecnici ed esperti, che ravvisano invece molte aree di miglioramento! Ciononostante, i tre quarti degli intervistati avvertono qualche “dissonanza”: hanno l’impressione che la qualità vari a seconda delle settimane, percependo in questo modo l’essenza di una problematica ben evidenziata anche dai buyer della distribuzione circa la difficoltà di ottenere partite sufficientemente omogenee. La filiera ha difficoltà nel mantenere quella stabilità dell’offerta che è il prerequisito del consumo di massa in epoca contemporanea. A ciò si aggiunge a volte la pratica dei buyer di alcune insegne di reagire alla “guerra dei prezzi” in atto attraverso piccoli e grandi down-grading qualitativi, per poter divenire competitivi o per rispondere ad attacchi promozionali della concorrenza. Il fatto si riflette sul percepito della metà dei nostri connazionali, che rilevano come le arance confezionate nei sacchetti dei supermercati non siano tutte della stessa “varietà” o, meglio, dello stes-

Foto P. Inglese

Tu come consumi le arance? Totale

18-24 anni

25-34 anni

35-44 anni

45-54 anni

55-64 anni

82,4%

84,8%

83,3%

83,0%

79,2%

83,1%

Sotto forma di spremuta fatta in casa

70,8%

68,8%

67,2%

76,3%

68,6%

70,7%

In insalata

12,2%

8,4%

14,6%

6,4%

7,6%

8,3%

Sotto forma di spremuta fresca confezionata

9,5%

7,5%

14,0%

9,9%

6,5%

9,0%

Sbucciate e mangiate

Sotto forma di spremuta fatta al bar

8,9%

6,1%

16,4%

11,4%

8,5%

16,8%

In tutti i modi

1,7%

1,6%

1,0%

0,7%

2,8%

0,0%

Altro

1,2%

1,2%

1,8%

1,4%

3,6%

0,0%

553


mondo e mercato so calibro. Vero o falso che sia sul piano oggettivo, la cosa che conta è che agli occhi del cliente resta un’area di non perfetta trasparenza, la quale non fa collimare adeguatamente la qualità con il prezzo pagato. Il dato è ancor più interessante se si considera che questa convinzione caratterizza sia i responsabili dell’acquisto sia gli altri membri della famiglia. A ciò si aggiunga che ben il 57% dei rispondenti ritiene che sia frequente trovare frutti difettosi o avariati nelle confezioni. Un difetto riscontrato da un terzo dei consumatori riguarda la difficoltà di sbucciare certe arance messe in commercio dalla moderna distribuzione. Un inconveniente a cui si aggiunge la presenza eccessiva di semi riscontrata da un consumatore su quattro: un altro punto su cui riflettere, in quanto il miglioramento non solo del prodotto ma anche della comunicazione messa in atto dai vari retailer concerne i limiti di conservabilità delle arance. Da qui discende la propensione, dimostrata dai tre quarti della popolazione, a comprare questa frutta preferibilmente sfusa, così da poter sceglierla personalmente.

Di solito in famiglia comprate agrumi... Sfusi

73,5%

In sacchetti

26,5%

Le motivazioni del consumo di arance Passando all’analisi delle motivazioni di consumo o alle sue eventuali controindicazioni, va detto che gli agrumi godono di un posizionamento eccezionalmente positivo. In generale non sono considerati frutti calorici che possano mettere in discussione la dieta. Questa preoccupazione tocca infatti solo un individuo su dieci. Sempre muovendoci nell’ambito degli stereotipi della cultura alimentare corrente, notiamo il dato più evidente che riguarda il potere attribuito agli agrumi di prevenire l’influenza: un’affermazione che raccoglie ben il 76% di adesioni. Arance e mandarini sono inoltre, nel percepito dei loro consumatori, una notevole fonte di zuccheri “buoni” e, per tutta la popolazione senza distinzioni di età, costituiscono uno snack ideale salubre e gradevole. Soprattutto gli agrumi costituiscono, secondo i parametri della cultura popolare, un vero e proprio concentrato di vitamine. L’arancia equivale a tanta vitamina C, la più “amata dagli italiani” che, come risulta da altre indagini, sembrano non averne mai abbastanza. Curiosamente, gli italiani appaiono invece poco consapevoli della

Quanto sei d’accordo con le seguenti affermazioni riguardo alle arance confezionate nei sacchetti acquistate al supermercato o all’ipermercato?

Molto

Sono generalmente di ottima qualità

Variano qualitativamente a seconda delle settimane

Sono tutte della stessa varietà

Sono diffidente in quanto mi è capitato di trovarne di ammaccate o avariate

4,2%

16,1%

9,5%

17,3%

Abbastanza

60,0%

59,5%

39,7%

40,2%

Poco

34,6%

22,5%

36,5%

37,6%

Per niente

1,3%

1,9%

14,3%

4,9%

554


richieste del consumatore presenza dell’altrettanto utile vitamina A e di quella di altri apporti nutrizionali. In termini generali, le preferenze degli italiani sembrano andare alle arance a polpa rossa (31%) rispetto a quelle bionde (21%). La metà dei consumatori acquista entrambi i tipi. Nello specifico, le arance rosse sono meno apprezzate nel Nord-Est. Una breve notazione sulla valenza del “rosso” in quanto segnale di proprietà salutiste e di qualità superiore ci ricorda l’importanza di una comunicazione intelligente, che sia capace di trasmettere efficacemente a un vasto pubblico messaggi importanti attraverso gli stereotipi del linguaggio simbolico. In virtù di questa percezione, le arance rosse, essendo considerate (indipendentemente dalla varietà) superiori a quelle bionde, sono ritenute dal 46% degli individui più care di quelle bionde. Quasi la metà ritiene invece che non vi siano differenze di prezzo significative tra i due tipi. Il valore dell’arancia rossa è apprezzabilmente più elevato agli occhi delle popolazioni del Nord-Est (53%). Tra le poche controindicazioni al loro consumo viene evidenziato il timore dell’acidità di stomaco qualora vengano assunte in quantità eccessive, mentre solo il 15% ritiene si possano generare fenomeni di intolleranza. Anche questo tipo di frutta non sfugge tuttavia all’odierna tendenza verso il romanticismo alimentare, ovvero la propensione a coltivare una visione enfatica di un passato felice con un’alimentazione più sana e gustosa. Gli operatori del settore dovrebbero riflettere sul fatto che, nonostante gli apporti della selezione varietale, i grandi progressi compiuti nelle tecniche di trattamento delle coltivazioni e gli enormi progressi della logistica, una larga maggioranza di consumatori (il 65%) continui a pensare che le arance coltivate nel passato fossero “migliori” di quelle odierne. Siamo di nuovo di fronte a quella lontananza psicologica dalla realtà agricola moderna che porta a non comprendere la sua realtà effettiva e gli enormi vantaggi che ha apportato ai comuni standard di vita. La comunicazione del mondo agricolo è deficitaria. Nell’immaginario collettivo si è fissata, per svariati motivi, l’idea che i coltivatori pratichino eccessivi e inutili trattamenti chimici, che la frutta subirebbe sull’albero. Il pensiero che il sistema produttivo, mosso esclusivamente dall’obiettivo di massimizzare i profitti, abusi del-

Gli agrumi sono particolarmente ricchi di: (La tabella contiene dei “falsi” per valutare la reale conoscenza degli elementi menzionati)

Quale tipo di arance preferisci consumare? Totale

Uomo

Donna

A polpa rossa

30,8%

28,6%

33,1%

A polpa bionda/gialla

21,1%

18,6%

23,7%

Entrambe

48,2%

52,8%

43,2%

555

Vitamina C

96,4%

Fruttosio

27,0%

Vitamina A

17,5%

Vitamina E

13,2%

Potassio

12,8%

Magnesio

9,0%

Acido folico

8,4%

Vitamina D

7,3%

Ferro

7,3%

Calcio

5,3%

Antociani

4,6%

Riboflavina

3,7%

Fosforo

2,7%

Folacina

2,7%

Niacina

2,3%

Betaglucani

2,1%


mondo e mercato Quanto sei d’accordo con le seguenti affermazioni riguardo alle arance confezionate nei sacchetti acquistate al supermercato o all’ipermercato?

Foto P. Inglese

Sono uno snack ideale

Sono ricche di vitamine

Sono una notevole fonte di zuccheri

36,4%

63,7%

16,2%

Abbastanza

52,0%

32,4%

46,1%

Poco

10,0%

3,7%

34,0%

Per niente

1,7%

0,2%

3,7%

Molto

la “chimica” è una componente ben radicata nella psicologia di massa. In breve, pur non conoscendo né i cicli, né le tecniche di coltivazione degli agrumi, il 72% dei nostri connazionali condivide questa idea. Questa è la ragione per cui un 62% dei consumatori afferma di preferire, ogni qualvolta sia possibile, prodotti biologici a quelli “normali”, anche se i primi costano apprezzabilmente di più. Si noti però che in realtà la produzione biologica di arance e agrumi è tuttora una piccola nicchia di un mercato enorme e che il dichiarato non corrisponde alla pratica quotidiana. Questa “dichiarazione di intento” eccede la reale dimensione dell’acquisto di prodotto biologico, ma è anche un segnale importante per il marketing di filiera. È un dato da tener presente per comprendere adeguatamente una tendenza da governare. Infine, da dove proverrebbero le arance migliori? Le risposte sono un’attestazione di orgoglio nazionale. La supremazia qualitativa italiana, nell’immaginario collettivo, lascia poco spazio ai concorrenti. Solo la Spagna raccoglie un consenso del 50%, mentre Israele (con un 13% di preferenze) si colloca al terzo posto. In pratica risultano mentalmente rifiutate le arance prodotte negli Stati Uniti, in Cile, in Perù e in altri paesi. Oltre a essere tipicamente italiana, una buona arancia è per il 95% dei casi di origine siciliana; seguono con il 43% di preferenze la Calabria, con il 18% la Puglia e poi la Campania e la Sardegna.

Quanto sei d’accordo con le seguenti affermazioni riguardo alle arance confezionate nei sacchetti acquistate al supermercato o all’ipermercato?

Molto

Sono sempre preferibili quelle biologiche, anche se costano di più

Il supermercato dovrebbe informarci meglio sulla loro qualità, dolcezza e provenienza

Mettono a rischio la dieta dimagrante

Prevengono l’influenza

23,2%

35,4%

3,3%

27,6%

Abbastanza

38,6%

49,7%

8,0%

48,3%

Poco

31,0%

13,0%

46,3%

20,8%

Per niente

7,1%

1,9%

42,4%

3,3%

556


richieste del consumatore Quanto sei d’accordo con le seguenti affermazioni riguardo alle arance confezionate nei sacchetti acquistate al supermercato o all’ipermercato? Possono causare bruciori di stomaco

Danno intolleranza

Quelle di un tempo erano migliori di quelle attuali

I primi agrumi e gli ultimi della stagione sono di qualità scadente

Purtroppo subiscono troppi trattamenti chimici sull’albero

Molto

6,0%

2,6%

22,5%

12,7%

16,8%

Abbastanza

40,2%

12,3%

42,1%

41,7%

55,5%

Poco

42,8%

50,9%

30,3%

39,5%

25,6%

Per niente

11,0%

34,1%

5,1%

6,0%

2,1%

Date tutte queste premesse, resta da chiedersi quale prezzo può spuntare un chilogrammo di arance di buona qualità in piena stagione. La risposta è nel 45% dei casi “2 euro o più” e nel 30% dei casi “1 euro o più”. Sembrerebbe dunque che l’arancia goda della percezione di un rapporto qualità/prezzo più elevato rispetto a quello realmente praticato nei punti di vendita. Questo significa che, contrariamente a ciò che si ritiene, lo shopper memorizza un prezzo più elevato di quello che normalmente paga. Le offerte speciali e le promozioni non sembrerebbero quindi così” determinanti ai fini della fissazione del ricordo. Naturalmente quando esse vengono messe in atto il cliente certamente non le rifiuta e risponde positivamente alla sollecitazione; tuttavia, come molti studi di marketing hanno dimostrato, egli “sconta lo sconto”. La questione riporta a un tema altrettanto noto: qual è il ritorno effettivo dell’investimento in promozioni di prezzo, rispetto al reale “goodwill” della clientela? Entrando nel merito dei criteri di scelta su cui si basa il giudizio della clientela, al primo posto viene la succosità (58% in tutta Italia, con una punta del 73% nel Nord-Est) e a seguire la zona di provenienza, il profumo e il colore. Sorprendentemente, tratti distintivi come la buccia sottile, liscia o rugosa (che invece carat-

In quali di questi paesi secondo te si producono le arance migliori?

Qual è il prezzo di un chilogrammo di arance di buona qualità in stagione?

Paese

Totale

Italia

96,9%

Spagna

49,8%

Israele

12,9%

Marocco

9,1%

Grecia

8,2%

Totale

Uomo

Donna

Tunisia

7,9%

Non lo so

13,9%

12,1%

15,8%

Brasile

3,6%

0,50 euro

2,2%

1,5%

2,9%

Stati Uniti

3,6%

1 euro

29,6%

29,9%

29,3%

Argentina

2,8%

2 euro

44,8%

46,0%

43,6%

Cile

1,7%

3 euro

7,6%

8,4%

6,7%

Perù

0,9%

4 euro

1,3%

1,8%

0,8%

Cina

0,8%

5 euro

0,4%

0,2%

0,5%

Altro

0,8%

6 euro

0,2%

0,0%

0,3%

557


mondo e mercato Quali di questi attributi ti guidano nell’acquisto delle arance che consumi? Totale

Uomo

Donna

Succosità

58,3%

56,3%

60,4%

Zona di provenienza

48,7%

52,4%

44,8%

Profumo

46,7%

43,3%

50,2%

Colore

42,0%

41,1%

43,0%

Assenza dei semi

24,3%

22,1%

26,6%

Poca acidità/dolcezza

23,0%

18,7%

27,6%

Buccia sottile

14,2%

11,9%

16,6%

Buccia rugosa

13,8%

15,1%

12,4%

Nome della varietà

13,4%

14,9%

11,7%

Buccia liscia

12,7%

15,5%

9,8%

Altro

2,7%

2,3%

3,0%

terizzano le diverse varietà) non sembrano essere indicatori molto utilizzati dal pubblico e neppure dalle responsabili dell’acquisto. Con tutti i limiti che comporta la traduzione nel linguaggio corrente delle reali opinioni di chi partecipa a una ricerca di mercato, va inoltre detto che il 60% ritiene che le arance comprate nei punti di vendita abituali marciscano troppo facilmente, anche se il termine “facilmente” dovrebbe essere declinato molto più in dettaglio per comprenderne il reale significato. È probabile che una parte della clientela pretenda dalle arance una durata in casa forse impossibile da garantire. Il fatto rappresenta tuttavia un limite alle vendite

Arance rosse alle pendici dell’Etna

Cronolitografia del 1930 da A. Buttitta “Dove fiorisce il limone”, Sellerio Ed. 1984

558


richieste del consumatore in grandi quantità: cassette o grandi sacchetti e così via. Infine, la mancanza di conoscenze reali circa le varietà, e le specifiche caratteristiche di dolcezza e provenienza che le caratterizzano, viene attribuita alle insegne della distribuzione, che per l’85% di chi le frequenta dovrebbero migliorare la loro informazione al consumatore. Con riferimento al secondo agrume più consumato, il mandarino, il primo dato da cui partire è la dichiarazione di consumo del mandarino “classico”, pratica condivisa dal 40% degli italiani, rispetto al grande favore che incontrano i clementine (77%), mentre la sua versione definita “mandarancio” viene dichiarata dal 22% dei nostri connazionali e dal 41% di coloro che vivono nelle isole, dove evidentemente la conoscenza del prodotto è connaturata alle tradizioni del luogo. Oltre a condividere le valenze salutiste delle arance, i consumatori di mandarini valutano positivamente la loro qualità in base a due fattori principali: l’assenza di semi e la succosità. In una percentuale minore (26%) la scelta è guidata dal profumo e dalla dolcezza. Peso e dimensione influenzano soltanto un individuo su dieci. Esistono comunque alcuni fattori che sembrano influire negativamente sugli acquirenti. Il primo di essi è la “secchezza degli spicchi”. Mandarini poco sugosi costituiscono una delusione che spesso si ritorce sulla fedeltà al prodotto. Un secondo inconveniente è la presenza, almeno in una parte dell’offerta che circola nei grandi circuiti commerciali, di frutti con molti semi. La mancanza di sapore costituisce un altro fattore scoraggiante. Questo

Che tipo di mandarino consumi di preferenza? Tipo

Totale

Uomo

Donna

Mandarino “classico”

39,6%

45,3%

33,3%

Clementine

77,4%

76,3%

78,5%

Mandarancio

21,6%

21,3%

22,0%

Sulla base di quali di questi elementi valuti positivamente i mandarini o i clementine che consumerai? Attributi

Totale

Uomo

Donna

Pochi (o assenza) semi

47,1%

43,9%

50,7%

Succosità

43,7%

40,7%

47,0%

Profumo/Aroma

25,8%

30,2%

20,9%

Dolcezza

22,8%

22,6%

23,1%

Varietà o provenienza

19,4%

18,8%

20,1%

Peso/dimensione

15,4%

16,9%

13,8%

Buccia sottile

12,5%

10,4%

14,8%

Altro

0,9%

1,3%

0,3%

559


mondo e mercato Quali difetti ti inducono a non acquistare o a consumare pochi mandarini o clementine? In quali di questi paesi secondo te si coltivano i mandarini migliori?

Totale

Uomo

Donna

Secchezza degli spicchi

72,4%

70,0%

75,1%

Molti semi

40,5%

38,7%

42,5%

Paese

%

Poco sapore

38,9%

41,5%

36,0%

Italia

96,9%

Facilità ad ammuffire

17,0%

20,3%

13,5%

Spagna

49,8%

Pelle spessa degli spicchi

12,9%

10,8%

15,2%

Israele

12,9%

Altro

0,6%

0,8%

0,4%

Marocco

9,1%

Grecia

8,2%

Tunisia

7,9%

Brasile

3,6%

Stati Uniti

3,6%

Argentina

2,8%

Cile

1,7%

Perù

0,9%

Cina

0,8%

Altro

0,8%

significa che il marketing di prodotto con la conseguente sua differenziazione è un’area nella quale le aziende leader della distribuzione possono avere un ruolo importante per valorizzare la propria funzione di garante della qualità e della ricchezza dell’offerta proposta alla loro clientela. I mandarini, al pari delle arance, sono un prodotto tipicamente italiano per la totalità degli intervistati, i quali concedono un riconoscimento alla Spagna nel 50% dei casi e ad Israele nel 13%. Tutte le altre produzioni sono considerate inferiori a quella nazionale. Anche in questo caso la Sicilia gioca la parte del leone (85%) come terra nella quale maturano produzioni eccellenti. Ne risulta invece parzialmente sminuita la Calabria, che viceversa si distingue sul piano oggettivo per la bontà dei propri mandarini/clementine. Come nel caso delle arance, anche i mandarini nell’immaginario collettivo spuntano un prezzo più elevato di quello reale. Il 75% delle responsabili dell’acquisto reputa il prezzo al chilogrammo in stagione di un prodotto di buona qualità collocarsi tra 1 e 3 euro, mentre quasi il 14% non conserva il ricordo. Ne consegue che questo indicatore mostra come anche il mandarino abbia un valore percepito idealmente superiore a quello praticato nelle varie catene. Il consumo di agrumi si fonda, come si è detto, anche sulla loro trasformazione in succo. Il mandarino però è ritenuto, forse per

In quali di queste regioni secondo te si coltivano i mandarini migliori? Regione

%

Sicilia

84,6%

Qual è il prezzo di un chilogrammo di mandarini di buona qualità in stagione? Totale

Uomo

Donna

14,8%

12,8%

17,0%

Calabria

45,7%

Non lo so

Campania

25,9%

0,50 euro

5,1%

4,9%

5,2%

Puglia

22,8%

1 euro

38,4%

40,7%

35,8%

Basilicata

8,4%

2 euro

35,4%

33,5%

37,4%

Sardegna

5,2%

3 euro

5,3%

6,7%

3,8%

4 euro

1,1%

1,4%

0,7%

5 euro

0,0%

0,0%

0,0%

560


richieste del consumatore Dove acquisti abitualmente arance e mandarini? Nel mio supermercato

56,7%

Nei mercatini rionali

38,2%

Negli ipermercati

34,1%

Nei negozi specializzati di frutta e verdura

32,4%

Dagli ambulanti

19,4%

Direttamente dagli agricoltori

8,5%

Altro

2,2%

le sue piccole dimensioni e per la sua ricchezza di profumo e sapore, poco adatto alla spremitura. Infatti, solo il 20% degli italiani ne preferisce il succo (in gran parte confezionato e pronto all’uso) a quello dell’arancia. Si tratta di una minoranza di consumatori che preferisce il succo al consumo del frutto tale quale (16%). In un terzo dei casi un consumo eccessivo viene ritenuto responsabile di bruciori di stomaco, mentre per la metà degli intervistati il mandarino risulta essere molto più ricco di zucchero delle arance. Le fonti di acquisto Va infine sottolineato il ruolo decisivo della distribuzione moderna, che attrae il 57% degli acquisti nel formato supermercato e il 34% negli ipermercati, mentre i mercatini rionali sono frequentati dal 38% del totale e il 19,4% si rivolge ai venditori ambulanti. In conclusione, pochi mercati come quello degli agrumi presentano un vissuto e un immaginario altrettanto positivi. Si tratta di una constatazione che dovrebbe essere interpretata come una grande opportunità per migliorare ulteriormente la capacità competitiva della produzione nazionale. La crescita attesa del consumo delle famiglie è infatti un fattore attrattivo anche per la produzione estera. Con essa è doveroso confrontarsi positivamente in termini di rapporto qualità/prezzo, in una logica di continuo miglioramento piuttosto che di mera lotta per il prezzo più basso. Un grande parco di consumatori è pronto ad accogliere e ripagare questi sforzi verso l’eccellenza.

Quanto sei d’accordo con le seguenti affermazioni?

Molto

Preferisco il succo di mandarino a quello dell’arancia

Il mandarino in grandi quantità provoca bruciori di stomaco

Il mandarino è molto più ricco di zucchero delle arance

Preferisco il succo di mandarino confezionato al consumo del frutto fresco

6,3%

5,7%

8,8%

4,3%

Abbastanza

14,3%

27,8%

41,7%

11,4%

Poco

38,4%

44,3%

42,2%

16,4%

Per niente

41,0%

22,2%

7,3%

68,0%

561


gli agrumi

mondo e mercato DOP e IGP Alessandro Scuderi, Giuseppe Pasciuta

www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti - DreamsTime: p. 145 (in basso). Fotolia: pp. 96 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 110 - 116 (in basso, a sinistra) - 126 - 127 - 310 (in alto) - 316 (in basso) - 318 - 320 - 330 - 452 - 453 - 465 (in alto) 466 - 524 (in alto) - 548 - 549 - 551 - 554 - 555 558 - 559 - 561. IstockPhoto: pp. 144 (in alto) - 145 (in alto).


mondo e mercato DOP e IGP Foto Fotografi Associati Palermo

A partire dal 1992 l’Unione Europea, attraverso i Regolamenti 2081e 2082 con i quali si istituiscono le Indicazioni Geografiche Denominazione di Origine Protetta (DOP) e Indicazione Geografica Protetta (IGP), si dota di uno strumento normativo avanzato per la protezione delle produzioni agroalimentari e per il rilancio della cultura della qualità. Uno strumento essenziale di differenziazione e di rilancio competitivo del mondo rurale. Le Indicazioni Geografiche (IG) sono contrassegni comunemente utilizzati per differenziare i prodotti sulla base delle loro qualità, del loro legame con il territorio di origine e delle caratteristiche unanimemente riconosciute dai consumatori; sono altra cosa rispetto alle Indicazioni di Provenienza, come per esempio il “Made in Italy”, che si limita a garantire lo standard dei processi di produzione. Le IG indicano esclusivamente il luogo di realizzazione del bene. Questo sistema di tutela dei prodotti di qualità di un territorio ha diverse ragioni d’essere e contribuisce al raggiungimento dei seguenti fondamentali obiettivi: 1. proteggere il nome geografico del prodotto: è un modo efficace per difendere un prodotto da abusi e contraffazioni. I consumatori possono individuare facilmente l’“originale” e fidarsi della sua qualità, mentre i produttori malintenzionati sanno che eventuali contraffazioni sono passibili di azioni legali; 2. salvaguardare e difendere il territorio e i prodotti tradizionali: in particolare, contribuisce a preservare questi ultimi nel tempo e mantenerne la qualità conferita dai processi di produzione originari;

Le virtù salutistiche dell’Arancia Rossa di Sicilia nello spot TV

562


DOP e IGP 3. favorire differenti colture e diverse pratiche di allevamento: questo significa preservare la biodiversità e contribuire a sostenere un modello di agricoltura e di sviluppo rurale in armonia con gli insegnamenti della tradizione, da sempre madre di conoscenza. Le DOP e le IGP offrono al consumatore una garanzia unica di trasparenza su metodi di produzione, genuinità e salubrità. Per ottenere la certificazione ed essere immesse al consumo con i rispettivi marchi, le denominazioni registrate devono, infatti, superare un rigoroso sistema di controllo. La notorietà delle DOP e IGP si è andata affermando “per vie naturali” e in alternativa a un marketing aggressivo, basato su una spettacolarizzazione del cibo che poco garantisce rispetto alla qualità. I marchi sono un concentrato e un simbolo di conoscenze serie e approfondite dei prodotti, e contrastano con efficacia una comunicazione spregiudicata volta a creare poco auspicabili tendenze consumistiche, specialmente nei giovani. Nell’attuale sistema di mercato, le scelte di consumo sono troppo spesso il risultato di frenetiche strategie industriali basate sull’induzione del bisogno, più che sulla risposta ai veri bisogni del consumatore. In questo panorama, i prodotti di qualità certificata diventano simbolo e strumento per affermare un’altra idea di alimentazione e di produzione.

Foto G. Casaburi

Le produzioni agrumicole DOP e IGP Nell’ambito delle produzioni agroalimentari e dei prodotti ortofrutticoli certificati, un peso notevole assumono gli agrumi, in particolare per l’Italia. Su 19 tipologie di agrumi riconosciute nel mondo,

Arancia di Ribera DOP in una pagina promozionale

563


mondo e mercato ben 12 denominazioni ricadono nel nostro paese, in Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. Altri due agrumi, il mandarino Tardivo di Ciaculli in Sicilia e il cedro di Calabria, hanno avviato le procedure per il riconoscimento. Si tratta di un settore determinante e strategico per l’economia nazionale, in particolare per il Meridione, che però da qualche tempo soffre di una grave crisi, con perdite progressive di quote di mercato e di redditività per i produttori. Su tale situazione si innesta la cronica ritrosia di gran parte dei produttori ad accogliere le innovazioni, un forte individualismo e una scarsa propensione verso una gestione imprenditoriale delle aziende agrumicole, cui si aggiunge un radicato e storico individualismo. La carente diffusione della cooperazione e il limitato scambio di informazioni e conoscenze aggravano il contesto. Emerge, pertanto, la necessità di intervenire sul piano strutturale, oltre che economico-finanziario, per superare la crisi. Se ne deduce che, per realizzare un armonico sviluppo dell’intero settore agrumicolo, è necessario mirare a una maggiore integrazione delle attività economiche che fanno capo alla filiera di comparto. Oltre al miglioramento dell’efficienza produttiva e, di conseguenza, dei profitti degli agricoltori, bisogna porre una particolare attenzione allo sviluppo economico rivolto all’intero contesto produttivo, curando al contempo il concetto di qualità globale. La nuova strategia di ammodernamento dell’agrumicoltura italiana passa attraverso due obiettivi prioritari: la sicurezza alimentare per la tutela del consumatore e la valorizzazione della qualità delle produzioni agroalimentari. Il tutto nell’ambito di un’ottica di filiera nella quale gli attori della catena agroalimentare partecipino a un comune e condiviso

Arancia di Ribera DOP su carretto siciliano

Mandarino di Ciaculli nella Conca d’Oro, a Palermo

564


DOP e IGP codice di responsabilizzazione a garanzia della trasparenza dei processi produttivi, dei sistemi di tracciabilità delle fasi del ciclo produttivo, di certificazione e di tipicizzazione dei prodotti. L’adozione preferenziale dell’approccio di filiera implica un insieme articolato di obiettivi più specifici, con la finalità di conseguire il miglioramento delle condizioni della fase produttiva della filiera (il sistema delle imprese agricole e dalle imprese di trasformazione) e il miglioramento dell’efficienza del mercato delle produzioni agroalimentari.

Foto G. Casaburi

Aspetti tecnico-economici delle produzioni agrumicole DOP e IGP In questo contesto le produzioni agrumicole DOP e IGP rappresentano certamente un punto di partenza e non la fine di un percorso, un valore aggiunto e un vero e proprio traino allo sviluppo dell’intero comparto agrumicolo. Al fine di delineare gli aspetti specifici dei singoli prodotti di qualità in Italia, vengono di seguito riportate le principali caratteristiche degli agrumi DOP e IGP, desunte dai disciplinari di produzione vigenti e approvati dagli organi competenti a livello nazionale e comunitario. Arancia Rossa di Sicilia IGP L’Arancia Rossa di Sicilia IGP rappresenta la produzione agrumicola di eccellenza della Sicilia orientale nei territori delle province di Catania, Siracusa ed Enna, con una superficie di circa 32.000 ettari. La denominazione Arancia Rossa di Sicilia è riservata alle cultivar Tarocco, Moro e Sanguinello nei diversi cloni. Le arance sono Agrumeto

565


mondo e mercato raccolte da dicembre ad aprile. Quelle di calibro maggiore sono destinate al consumo fresco, i frutti più piccoli all’ottenimento di spremute e succhi. Le operazioni colturali prevedono il rispetto dell’ambiente e dell’agroecosistema al fine di preservare la salute del consumatore e la qualità del frutto. La polpa, dal colore rosso brillante, si caratterizza per le qualità sensoriali che le impartiscono un profumo fresco e delicato e un gusto dolce-acidulo, ma sono soprattutto le qualità nutrizionali a rendere speciale questo agrume. Le proprietà dell’Arancia Rossa di Sicilia sono legate alle sue potenzialità terapeutiche e farmacologiche, derivanti dall’elevato contenuto di vitamina C e dagli effetti delle antocianine, elementi che nell’insieme hanno dimostrato di contribuire alla salute dell’uomo, agendo da antiossidanti nei confronti dei radicali liberi presenti nell’organismo. Arancia di Ribera DOP In questa parte della Sicilia, l’agrumicoltura nasce nelle valli intorno a Ribera, in provincia di Agrigento, agli inizi dell’Ottocento. Ma è nel 1930 che le cultivar Brasiliano prima e Washington Navel poi trovano in questo territorio le condizioni ideali per raggiungere uno standard qualitativo eccellente, sostituendo gradualmente le vecchie cultivar molto acide e ricche di semi. Una specializzazione che si è andata affinando nei decenni successivi, privilegiando tecniche di produzione innovative.

Linee di lavorazione dell’Arancia di Ribera DOP

Distretto degli agrumi di Sicilia

566


DOP e IGP L´esperienza, l’impegno e la passione di circa 3000 piccoli agrumicoltori ogni anno permettono di produrre, selezionare, confezionare e mettere sul mercato le Arance di Ribera DOP con il marchio Riberella. La denominazione Arancia di Ribera DOP è riservata alle varietà Brasiliano, Washington Navel e Navelina nei diversi cloni. Si tratta di un’arancia bionda del gruppo Navel, senza semi, dalla buccia facilmente staccabile dalla polpa, dal gusto gradevolissimo e croccante, dall’alto contenuto in vitamine (C, A, B, PP), sali minerali e zuccheri. Rappresenta una ricchezza naturale capace di fornire una dieta sana con sostanze importantissime per la crescita. Consumata sia allo stato fresco sia come succo, costituisce la fonte principale di vitamina C, che è antiscorbuto e contribuisce al potenziamento del sistema immunitario. Può essere consumata anche la sera per la sua elevata digeribilità. Arancia Bionda del Gargano IGP La zona di produzione interessa i territori di Vico del Gargano, Ischitella e Rodi Garganico, precisamente il tratto costiero e subcostiero del promontorio del Gargano in Puglia. La denominazione è riservata alle cultivar Biondo Comune del Gargano e al tipo locale Duretta del Gargano, quest’ultima conosciuta come “arancia tosta” per la particolare durezza della

Progetto “il colore degli agrumi di Sicilia” (regione siciliana) Tipici agrumeti del Gargano

567


mondo e mercato buccia, che consente una spiccata capacità di conservazione, al punto che nella seconda metà dell’Ottocento, quando la distribuzione non conosceva ancora la catena del freddo, questi agrumi venivano esportati negli Stati Uniti potendo affrontare viaggi di oltre quaranta giorni senza subire alterazioni nel gusto e nell’aspetto esteriore. La raccolta inizia ai primi di dicembre e si protrae fino ad aprile con la Duretta, prosegue da aprile ad agosto con la Bionda. L’Arancia del Gargano, ottenuta in questo particolare ambiente e con una tecnica consolidata nella tradizione, si caratterizza per la buccia sottile, di colore uniforme giallo dorato intenso, per la polpa e il succo di colore giallo-arancio, per il sapore dolce e il profumo caratteristico.

Foto Fotografi Associati Palermo

Clementine di Calabria IGP Il Clementine di Calabria è coltivato nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Vibo Valentia e Crotone. L’indicazione designa esclusivamente il frutto del clementine afferente alle seguenti cultivar, selezioni clonali e mutazioni gemmarie: SRA 63, Spinoso, Fedele, Comune, Tardivo, Hernandina, Marisol e Nules. Il frutto è di forma sferoidale leggermente schiacciata ai poli, con epicarpo liscio e colore arancio, ha la polpa succosa e aromatica. Come il mandarino, si sbuccia e si divide in spicchi con facilità ed è caratterizzato dall’assenza di semi. Le Clementine di Calabria IGP, che crescono in una zona a clima mite e regolare, sono gli unici che giungono a maturazione molto precocemente, ai primi di ottobre. L’irrigazione, la concimazione e le altre pratiche colturali e agronomiche devono essere effettuate secondo le modalità tecniche indicate dai competenti servizi della Regione Calabria.

Agrumeti storici Castello Poggio Diana nei pressi di Ribera, Sicilia Foto Sibarit

Clementine del golfo di Taranto IGP Il Clementine del golfo di Taranto viene coltivato nell’intero territorio dei comuni di Palagiano, Massafra, Ginosa, Castellaneta, Palagianello, Taranto e Statte, in provincia di Taranto. L’indicazione è riservata alle cultivar e selezioni clonali: Comune, Fedele, Precoce di Massacra (o Spinoso), Grosso Puglia, ISA, SRA 63, SRA 89. Oltre a possedere un elevato contenuto di vitamina C, il clementine è rinfrescante e diuretico. Può essere consumato al naturale o impiegato per preparare succhi, sciroppi, sorbetti, marmellate. Il clima caldo, soleggiato e poco umido del territorio che si affaccia sul golfo di Taranto influenza la crescita e la maturazione del frutto, conferendogli caratteristiche qualitative eccellenti.

Clementine di Calabria IGP nella Piana di Sibari

568


DOP e IGP Limone costa d’Amalfi IGP Il Limone costa d’Amalfi IGP è un agrume appartenente allo Sfusato amalfitano, prodotto in piccoli lotti di terreno. La zona di produzione comprende il territorio del comune di Atrani e parte dei territori di Amalfi, Cetara, Conca dei Marini, Furore, Maiori, Minori, Positano, Praiano, Ravello, Scala, Tramonti e Vietri sul Mare, in provincia di Salerno. Il prodotto ammesso a tutela, all’atto del consumo o quando è destinato alla trasformazione, deve avere una forma ellittico-allungata e dimensioni medio-grosse, con peso non inferiore a 100 g. Le unità colturali tipiche prevalenti sono costitui­ te da terrazzamenti inglobati in muretti di contenimento (macere), con la presenza di coperture e impalcature di legno. Caratteristiche particolari sono: profumo intenso, forma affusolata, polpa succosa, semi quasi assenti. Il frutto è ricco di vitamina C e oli essenziali.

Albero di Limone della costa d’Amalfi

Limone di Siracusa IGP La zona di produzione del Limone di Siracusa IGP copre interamente o parzialmente i territori amministrativi di 10 comuni della provincia di Siracusa, in Sicilia. L’indicazione è riservata alla cultivar Femminello di Siracusa. Trattandosi di una cultivar rifiorente, la caratteristica principale è che avvengono tre fioriture all’anno, da cui si originano il Primofiore, il Bianchetto o Maiolino e il Verdello. Il Limone di Siracusa presenta caratteri qualitativi di pregio, riconosciuti e apprezzati da oltre un secolo dai consumatori di tutto il mondo. La ricchezza di ghiandole oleifere e l’elevata qualità degli oli essenziali, la pezzatura medio-grande omogenea, il colore e la finezza della grana della buccia, l’alto contenuto in acido citrico e l’elevata capacità produttiva gli assegnano un primato nell’ambito delle produzioni limonicole italiane. Limone di Sorrento IGP La zona di produzione del Limone di Sorrento comprende parte dei territori dei comuni di Vico Equense, Meta, Piano di Sorrento, Sant’Agnello, Sorrento, Massa Lubrense, Capri e Anacapri, in provincia di Napoli. Botanicamente è un ecotipo locale della specie Citrus limon (limone comune), noto anche come Limone di Massa o “Massese”, e Ovale di Sorrento. Il frutto ha una buccia ricca di oli essenziali che lo rendono molto profumato. La polpa, di colore giallo paglierino, è molto succulenta, ricca di vitamina C e sali minerali. Viene coltivato nelle colline che scendono verso il mare: questo ambiente, grazie al saldo positivo tra il clima e la natura argillosa del terreno, conferisce al prodotto caratteristiche organolettiche uniche. La tecnica tradizionale di produzione consiste nel coltivare le piante sotto impalcature di pali di legno, utilizzando stagionalmente coperture di riparo dagli agenti atmosferici avversi, che inoltre garantiscono una scalarità di maturazione dei frutti. La raccolta deve essere effettuata a mano e va impedito il contatto diretto dei limoni con il terreno.

Limone di Siracusa IGP

569


mondo e mercato Limone di Rocca Imperiale IGP La zona di produzione e condizionamento dell’IGP Limone di Rocca Imperiale ricade nel comune di Rocca Imperiale (CS), situato nell’alto Ionio cosentino, al confine con la regione Basilicata. Le cultivar ammesse, appartenenti al gruppo Femminello, sono: Comune, Siracusano, Adamo e Zagara Bianca. All’atto della sua immissione al consumo e secondo l’epoca di raccolta, i frutti di Limone di Rocca Imperiale si distinguono in: Primofiore (con frutti raccolti da novembre ad aprile), Bianchetto o Maiolino (con frutti raccolti nel periodo maggio-luglio) e Verdello (con frutti raccolti nel periodo agosto-ottobre). Le lavorazioni del terreno nel limoneto dovranno avere lo scopo di conservare la capacità idrica, diminuire la competitività delle erbe infestanti, interrare i nutrienti apportati e, soprattutto, favorire l’arieggiamento del terreno. Limone Interdonato IGP La zona di produzione dell’IGP Limone Interdonato Messina comprende interamente i territori comunali della provincia ionica messinese, nella regione Sicilia. L’indicazione è riservata alla cultivar Interdonato, ibrido naturale tra un clone di cedro e uno di limone. Limone Interdonato IGP

Foto G. Pasciuta

570


DOP e IGP Il frutto ha una pezzatura medio-elevata, peso compreso tra 80 e 350 g, forma ellittica e colore giallo alla maturazione nei mesi di settembre-dicembre, con estremità verdi opache. L’epicarpo è lucido e sottile. La polpa è gialla e il sapore risulta particolarmente dolce e delicato grazie al modesto contenuto di acido citrico. Bergamotto di Calabria DOP La zona di produzione della DOP Bergamotto di Reggio Calabria - Olio essenziale comprende l’area vocata di 45 comuni della provincia di Reggio Calabria. La denominazione è riservata esclusivamente all’olio essenziale estratto con il metodo cold pressed dal frutto Citrus bergamia Risso delle cultivar Femminello, Castagnaro e Fantastico. Il frutto è simile all’arancia ma di colore che varia dal verde al giallo. Ha la buccia sottile e liscia ed è molto ricco di oli essenziali. Il Bergamotto di Reggio Calabria è impiegato dall’industria profumiera per fissare il bouquet aromatico dei profumi e armonizzare le note di freschezza e di fragranza di altre essenze. Per il suo potere antisettico e antibatterico, è usato anche in farmacologia e come abbronzante, oltre a trovare largo impiego nel settore alimentare e dolciario come aromatizzante di liquori, dolci e bevande.

Arance del Gargano IGP, Limone del Gargano IGP Clementine del golfo di Taranto IGP

Limone Femminello del Gargano IGP La zona di produzione, che coincide con quella dell’arancia, interessa i territori di Vico del Gargano, Ischitella e Rodi Garganico e precisamente il tratto costiero e subcostiero del promontorio del Gargano, in Puglia. L’indicazione è riservata alle cultivar Femminello Comune, con i cloni locali: Limone a Scorza Gentile (Citrus limonum tenue Risso, detto anche Lustrino) e Limone Oblungo (Citrus limonum oblungum Risso, conosciuto come Fusillo). I Limoni Femminello del Gargano IGP possono essere raccolti durante tutto l’anno, poiché cultivar rifiorenti, ma anche grazie alle condizioni pedoclimatiche particolarmente favorevoli della zona.

Clementine di Calabria IGP Limone di Rocca Imperiale IGP Bergamotto di Calabria IGP Mandarino di Ciaculli Limone di Siracusa IGP Arancia di Ribera DOP Limone Interdonato IGP Arancia rossa di Sicilia IGP Cedro di Calabria Limoni di Amalfi IGP Limoni di Sorrento IGP

Quale futuro per le produzioni agrumicole di qualità In un mercato sempre più competitivo, gli agrumi DOP e IGP devono proporsi come punto di forza nello sviluppo dei sistemi agroalimentari locali. Devono perciò operare in sinergia con il sistema economico locale attraverso attente relazioni commerciali. Ma è prezioso anche il loro ruolo di simbolo e strumento per affermare un’altra idea di alimentazione e di produzione. Al riconoscimento comunitario va affiancato un adeguato sviluppo commerciale e promozionale del prodotto a marchio, per far conoscere al consumatore le sue caratteristiche peculiari.

Localizzazione delle produzioni agrumicole di qualità DOP e IGP

571


mondo e mercato Produzioni DOP e IGP in Italia Logo

Foto Fotografi Associati Palermo

Denominazione

Anno di riconoscimento

Regione

Arancia del Gargano IGP

2007

Puglia

Arancia di Ribera DOP

2011

Sicilia

Arancia Rossa di Sicilia IGP

1996

Sicilia

Bergamotto di Calabria DOP

2001

Calabria

Clementine del golfo di Taranto IGP

2003

Puglia

Clementine di Calabria IGP

1997

Calabria

Limone Costa d’Amalfi IGP

2001

Campania

Limone di Rocca Imperiale IGP

2012

Calabria

Limone di Siracusa IGP

2000

Sicilia

Limone di Sorrento IGP

2000

Campania

Limone Femminello del Gargano IGP

2007

Puglia

Limone Interdonato IGP

2009

Sicilia

È auspicabile che ciò avvenga mediante l’adozione di un serio piano integrato di comunicazione, con informazioni puntuali e corrette indirizzate alla specificità dei prodotti di qualità certificata. È di importanza fondamentale che questo percorso, già intrapreso in Sicilia dal distretto produttivo Agrumi di Sicilia e dai consorzi di tutela, sia avviato in forma coordinata con il resto dei consorzi, le imprese e le istituzioni. Altri agrumi DOP e IGP nel mondo Oltre alle produzioni nazionali si rilevano nel mondo le produzioni agrumicole IGP e DOP elencate di seguito. 572


DOP e IGP Citricos Valencianos IGP - Spagna La zona di produzione del Citricos Valencianos IGP è compresa tra i comuni di Valencia, Alicante e Castellon De La Plana, nella comunità autonoma di Valencia. La Citricos Valencianos IGP è una denominazione che riguarda arance delle specie Citrus sinensis varietà Washington Navel, mandarini comprendenti frutti della specie Citrus reticulata e varietà di satsuma, clementine e ibridi, oltre ai limoni delle varietà Verna e Fino.

Foto Fotografi Associati Palermo

Clementinas de las Tierras del Ebro IGP - Spagna La zona di produzione comprende i comuni della regione di Beix Ebre e Montsia nel distretto di Tarragona, situato nella Comunità autonoma della Catalogna. La denominazione Clementinas de las Tierras del Ebro IGP comprende la specie Citrus reticulata e le varietà Clementina Fina, Clementina Hernandina Clemenules e Clementina de Nules. Koum Kouat Kerkyras IGP - Grecia La zona di produzione del Koum Kouat Kerkyras IGP è situata esclusivamente sull’isola di Corfù, nell’arcipelago delle Ionie. Questo è l’unico territorio in Europa in cui viene coltivata la varietà Margarita Fortunella, l’unica che si mangia con la buccia, ricca di oli essenziali e vitamina C. Portokalia Maleme Chanion Kritis DOP - Grecia L’arancia Portokalia Maleme Chanion Kritis è coltivata nell’isola di Creta, nella provincia di Chania. Appartiene alla cv Washington Navel, che grazie al particolare microclima ha ottime qualità organolettiche.

Foto Bulbhead

Citrinos do Algarve IGP - Portogallo Il Citrinos do Algarve IGP comprende una grande varietà di agrumi, principalmente arance (Laranjeiras, Navale, Umbigo e Comum), Clementinas (clementine della Fina, Nules, Oroval, Arrufantina, Marisol, Hernandina), Tangerineiras, mandarini (mandarini del Setubalense, Okitsu, Satsuma Clauselina), Toranjeiras (pompelmi della palude, Seedless, Star Ruby e varietà Blush Red), Limoeiros (limoni della Eureka, Lisboa, Lunario e la varietà di Vila Franca), coltivati nella regione dell’Algarve. Clémentine de Corse IGP - Francia Prodotta nell’isola di Corsica, la Clémentine de Corse IGP è un agrume appartenente al gruppo dei clementine. Si Guanxi Mi DOP - Cina Guanxi Mi Si DOP è l’unico agrume non europeo recentemente riconosciuto. La denominazione è riservata ai frutti di pummelo della specie Citrus grandis, coltivati in Cina nella provincia del Fujian. 573


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.