C mag 6/2015 (giugno)

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AMICI ANIMALI

C mag | Uomo e Natura | Giugno 2015 101 Nicoletta by Dog's

all'aperto, veniva fatto entrare in casa solo nelle notti più fredde e comunque solo per riscaldare l'uomo che talvolta lo ospitava anche nel suo letto. Per cui il cane era diventato un indicatore dell'intensità del freddo tanto che si diceva: “Fa un freddo cane”, o “Fa un freddo per due cani”... e da cui il modo di dire usato anche da noi. “Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino” nasce dal fatto che, in passato, il lardo veniva tagliato sul tagliere con la lama a mezzaluna, taglio fatto a ritmo veloce, da mani esperte. Sicuramente il gatto di casa, attratto dal profumo del lardo, allungava la zampetta per rubarne qualche pezzo. Dai e dai ci sarà stato certamente qualche gatto che ci “ha lasciato la zampina”.

“NUN C'È TRIPPA PE' GATTI” L

a nostra bella lingua italiana è talmente ricca che quando ci troviamo di fronte ad inutili parole prese in prestito da altri idiomi ci viene voglia, almeno ad alcuni di noi, di usare apposta parole ormai in disuso. E cosa dire di tutti quei modi dire che sono eredità del passato che pronunciamo spesso senza chiederci da cosa derivano, del perché sono diventati di uso comune? Per non allontanarmi troppo dal tema “a quattro zampe”, sapete per esempio da cosa deriva il detto “Non c'è trippa per gatti”? Sembra che risalga ai primi del

'900, quando era Sindaco di Roma Ernesto Nathan. Mentre analizzava il Bilancio Comunale si accorse che una notevole spesa era destinata all'acquisto mensile di trippa destinata a sfamare i gatti che servivano a dare la caccia ai topi, che in quell'epoca infestavano il Campidoglio. Considerata eccessiva la spesa venne depennata. Così venne riportata sul libro del Bilancio la frase che poi passò alla storia: “Nun c'è trippa pe' gatti”. E “Fa un freddo cane”? Sembra derivi essenzialmente dal fatto che, nei popoli artici il cane, abituato a vivere

Ma non è solo la nostra lingua ad essere ricca di modi di dire e di arzigogoli verbali sugli animali. Qualche anno fa, in Messico, nella cittadina di Xalapa, vennero affissi manifesti elettorali in occasione delle elezioni comunali che, sulla falsariga della campagna presidenziale di Barack Obama, citavano: “Yes, we cat”. Un simpatico gatto bianco e nero era stato candidato sindaco. “El candigato” prometteva di liberare la città dai topi, di dormire a lungo e di fare le fusa per tutti i cittadini, senza alcuna distinzione. Morris, il suo vero nome, fu il portavoce dell'insoddisfazione dei cittadini, il simbolo naturalmente non comparve sulla scheda elettorale ma i cittadini che volevano esprimere una protesta verso i candidati reali scrissero il nome del micio sulla scheda stessa. “I candidati qui non mantengono quasi mai le loro promesse. Il nostro candidato promette di dormire, mangiare, sbadigliare e giocare ed è proprio quello che farà se vincerà le elezioni”. Nel nostro Bel Paese dove, in occasione delle elezioni, non mancano certo i simboli che affollano le schede elettorali, non ci starebbe certo male quello di un

“candigato”, l'unico che manterrebbe senza ombra di dubbio le sue promesse elettorali e per il quale la voce in Bilancio della “trippa” ci costerebbe senz'altro meno di quella che sosteniamo oggi per i nostri politici. C'è da pensarci...


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