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INTERVIEW: NICOLA BINI - DOC SHOW

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Intervista

NICOLA BINI

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DOC SHOW

Nicola, raccontaci come hai conosciuto e come ti sei approcciato a questo magico mondo della notte?

Nasce dal fatto che in natura sono un nottambulo in tutti i sensi, fin dai tempi della scuola, studiavo di notte mentre di giorno avevo tutt’altri impegni lavorativi, lavoravo in negozi di moda abbastanza importanti, come commesso, parallelamente allo studio, dove appunto, mi ricavavo i momenti notturni, dove in casa era tutto molto più rilassato e riuscivo a trovarmi con me stesso e i libri. Poi da li, un amore sfrenato per la musica, il ballo, l’incontro ecc... stare in mezzo alla gente, è diventata la mia passione, inizialmente come tutti, si inizia come p.r., a 15,16 anni, si va nei locali la domenica pomeriggio, si comincia a scoprire un mondo, un serie di incontri diversi da quelli a scuola, diversi da quelli dei classici amici di vicinato. Poi pian piano ti allarghi sempre più, inizi a uscire anche il sabato sera, magari ti allontani dalla tua città, per esempio io sono di Pistoia, ma ho vissuto tanti anni a Firenze, studiando architettura, avevo preso una residenza li, ho iniziato a frequentare i locali notturni fiorentini, finché un giorno ho fatto una mia prima uscita fuori dalla toscana, sono andato per la prima volta a Bologna, al Matis e al Kinki, sono rimasto affascinato dalla stravaganza, dall’innovazione, da tutto ciò che c’era di diverso in questo mondo notturno dell’Emilia Romagna, che in quel periodo era propositivo rispetto a quello standard a cui ero abituato.

Il Kinki, per primo, è stato uno dei posti che ho frequentato come club assiduamente, ci andavo sia il giovedì che il sabato sera, poi c’era il Matis, nel frattempo è arrivata la musica house in Italia, c’era Gianluca Tantini che organizzava con un folto gruppo di collaboratori molto validi, che tutt’ora sono sulla scena, Maurizio Monti, che conosci, la Barbara Fabbri, piuttosto che altri, insomma hanno creato delle situazioni molto innovative, sia su Bologna che su Riccione.

Quando ho scoperto Riccione appunto, imperversava l’house americana, i primi ospiti importanti internazionali, portati in Italia da Maurizio Clemente, sopratutto c’era un modo diverso di creare spettacolo rispetto al semplice discorso musicale. Quindi è nata tutta una situazione di animazione un po’ esterofila, venivano importati ballerini dall’estero, dalla Spagna piuttosto che dell’Inghilterra o dagli Stati Uniti, e i precursori di questo movimento hanno costruito un’immagine completamente diversa ai locali e questo mi ha affascinato ancora di più perché io venivo da un mondo dove si parlava di architettura, si parlava di moda, era la Firenze di Pitti, dove nascevano i party legata alla moda ed era un mondo che pullulava di novità, di idee e sopratutto di originalità e stravaganza.

Entrando sempre di più nel meccanismo notturno, mi sono creato un giro di amicizie che mi ha consentito di fare il pr, che all’epoca in realtà non sapevo neanche cosa fosse, perché i pr esistevano già da tempo, ma in realtà erano degli amici che ti invitavano a ballare, non era un lavoro vero e proprio, o perlomeno era ancora agli albori, allora non c’erano ancora dei meccanismi veri e propri come ora sono i social, si lavorava con i biglietti, si lavorava con gli inviti, si lavorava con le consumazioni e si lavorava con il telefono, am non con il telefonino.

Mi ricordo, quando Lucas Carrieri mi propose di entrare a far parte del Cellophane come pubbliche relazioni interne, ho dovuto prima capire cosa fossero, alla fine era conoscere nuova gente saperla intrattenere all’interno del locale, questo con gran piacere perché alla fine era uno sviluppo di quello che già facevo da cliente, allo stesso tempo mi trovavo a dover dare appuntamenti agli amici e quindi ai clienti, via via nel tempo senza la facilità di un telefonino, quindi mi recavo alle cabine telefoniche con la mia agendina, chiamavo tutti gli amici e fissavo gli appuntamenti per il sabato sera. In seguito mi propose al Cocoricò Ferruccio Belmonte, e li ho iniziato a fare veramente sul serio il mio lavoro, nel senso che da quel divertimento iniziale è diventato un impegno reale e li mi sono trovato in un ambiente che pullulava di energia nuova, di stimoli, di moda e personaggi della notte che col tempo sono diventati importanti in questo settore, sopratutto c’è sempre stato questo connubio tra moda e locali.

Il Cocoricò alla fine per me è stato una casa perché ho instaurato un rapporto molto stretto, oltre che con Ferruccio, anche con la proprietà e con la direzione artistica, cosi pian piano sono cresciuto in Emilia Romagna, poi è nata un esperienza sempre romagnola che era il Pacha, dove con due carissimi amici di Firenze abbiamo proposto una serata la domenica sera, non essendoci aperti altri locali la domenica, raccoglievamo un po’ tutti gli addetti ai lavori della riviera romagnola, dj italiani, da Ralf a _leo Mas a MBG del Kinki etc... così è nato questo nuovo percorso che è durato tanti anni, 13 o 14 circa.

Tutto questo mi ha dato modo di farmi conoscere un po’ di più anche in Toscana e da li Velzquez mi propose di andare all’Insomnia, che era già uno dei locali più innovativi e stravaganti in quel momento, dove sono nati e cresciuti tantissimi dj e personaggi della notte, li ho conosciuto Alex Neri che è diventato un compagno di vita e carriera per tantissimi anni, e lo è tutt’ora, poi da li si sono aperte le porte di tanti altri locali appunto in Toscana, su quel genere musicale.

Sono sempre stato più legato ai locali cosiddetti di tendenza che a quelli commerciali, dopo l’Insomnia c’è stato il Fitzcarraldo il venerdì, locale in Toscana che ha fatto veramente la grande musica house, poi lo Yab dove io ho iniziato come door selector, poi il Central Park, il Meccanò, il Tenax, che ha sviluppato un sabato sera a Firenze che regge tutt’oggi, che puntava molto sulla qualità musicale e sulla scelta di dj internazionali, ma sopratutto su un immagine molto forte, animazione particolare, personaggi bizzarri, ospiti importanti, è stata per me, via via che crescevo, una scuola che mi ha indirizzato a dei gusti e degli interessi fondamentalmente legati alla moda e allo spettacolo, al cinema, al teatro, perché in quegli anni, oltre a dilettarmi nel dipingere facevo anche una scuola di recitazione, lavoravo anche in teatro, quindi era tutto un insieme di cose artistiche che portavo a svilupparsi che reinserivo nel mondo della notte con la mia visione.

Questo col tempo mi ha portato a decidere di non fare più solo pubbliche relazioni per gli altri, ma di organizzare qualcosa di mio, insieme a degli amici con cui avevo una grossa affinità, perché da solo, probabilmente non avrei mai avuto lo stimolo di farlo, perché forse sono fondamentalmente un po’ pigro e mi adeguo molto, però se ho la persona giusta accanto che mi stimola, trovo la vitalità di affrontare un percorso e una strada diversa, così conoscendo degli amici nei locali, come Ettore Bartolini e Placido, da là è nata la volontà di creare qualcosa assieme, un po’ perché ci eravamo stancati del panorama che c’era in quel momento, poi dopo tanti anni di house di un certo tipo, di ospiti di un certo tipo che si ripetevano, di mancanza in Emilia Romagna di locali con una spiccata teatralità o con tanto riguardo nei confronti dello show e dello spettacolo, noi avevamo voglia di diversificarci, e quindi mentre io lavoravo al Tenax, Placido al Cocoricò, Ettore era uno dei pr più forti su Bologna, era al Kinki, era uno di quelli che se credeva nel tuo locale, riusciva a portarti anche 500 o 600 persone, quindi insieme avevamo una discreta forza, sopratutto su Bologna dove loro abitavano, per me era a metà strada tra Riccione e Firenze.

All’inizio, nel 1997..98 abbiamo deciso di creare una festa di sabato notte sulla domenica mattina, un vero e proprio matinée, con colazione, musica dove si poteva anche ballare, abbiamo fatto un paio di stagioni invernali, in questa piccola saletta di questo posto che si chiamava Chalet delle rose, che essenzialmente era una mezza balera, un posto da matrimoni, da convegni, aveva due sale antichissme, brutte, decadenti quasi, e avevano ristrutturato una saletta piccola nel semi interrato, dove c’era una discotechina, in una formula molto moderna, con un bel design, uno spazio limitato dove si inizio’ appunto a fare questi mattinée che ebbero un discreto successo. Da li, il locale prese un po’ di forza e la proprietà decise di ristrutturare tutto il locale e di creare anche un ristorante modernissimo, con una cucina attrezzatissima, e una sala al piano superiore molto grande con un restyling veramente notevole. Lì decidemmo di provare a fare anche altre serate e provammo con una sorta di serata pilota, a carnevale, che andò benissimo.

L’anno successivo, nel 1999 ad ottobre abbiamo deciso di iniziare una nuova esperienza che non era solamente un pomeriggio o tarda sera, differenziato in 3 sale, ma partiva e si sviluppava essenzialmente dal ristorante, quindi puntavamo molto sulla cena e sull’intrattenimento durante la cena stessa, tant’è che credo in quegli anni, siamo stati i primi o fra i primissimi a creare il famoso dinner show, che poi dopo è stato cosi inflazionato in tutta Italia.

Noi aprivamo alle 20, c’era la cena dove partecipavano fin da subito 400, 500 persone, la conformazione del locale e sopratutto la posizione delle sedute nei confronti di questo palco centrale, ci ha permesso di creare delle situazioni di intrattenimento più complesse, quindi scenografie particolari, allestimenti particolari, sopratutto tante situazioni che si creavano durante tutta la cena.

Poi la serata si sviluppava fino alle due o le tre di notte con le altre sale, questo locale ci ha dato la possibilità e lo stimolo di inventarci tante cose dal punto di vista artistico e dal punto di vista dell’intrattenimento, abbiamo iniziato dando un impronta al locale ispirata un po’ al cinema classico degli anni 50, alla Hollywood dei divi, avevamo fatto il primo anno delle gigantografie delle grandi attrici

e degli attori di quegli anni, avevamo dato alle zone del locale delle denominazioni che ricordassero un po’ Hollywood dei tempi d’oro, una sala per esempio si chiamava Paramount Square... questo occhio sul cinema ci ha dato poi modo di sviluppare degli argomenti che nel tempo abbiamo fortificato, come ad esempio i musical.

Diciamo che è stato un po’ fisiologico unire spettacolo e musica andando a riprendere quello che era nel cinema con l’unione dello spettacolo e la musica appunto.

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