Cambiamenti climatici e gestione delle aree protette

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Cambiamenti climatici e gestione delle aree protette: gli studi sulla biodiversità, i flussi di visitatori e l’efficienza energetica A cura di: Matej Vranješ, Iztok Škornik, Stefano Santi, Massimiliano Costa

Disegno di copertina: Iztok Škornik Fotografie in copertina: Borut Mavrič, Dan Briški, David Cappellari, Massimo Bertozzi, Iztok Škornik, Marco di Lenardo, Tomaž Mihelič

Il progetto Climaparks è finanziato nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007–2013 dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali.

Il contenuto della presente pubblicazione è sotto l’esclusiva responsabilità degli autori. Il contenuto della pubblicazione non riflette necessariamente la posizione ufficiale dell’Unione europea.

© 2013 SOLINE Pridelava soli d.o.o., Portorož, & Triglavski narodni park, Bled Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, modificazione e distribuzione, anche parziale, della presente pubblicazione, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, senza previa autorizzazione.


Indice Prefazione

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Uso dell’habitat del camoscio (Rupicapra rupicapra) nel Parco nazionale del Triglav Miha Krofel, Roman Luštrik, Matija Stergar e Klemen Jerina

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Le foreste nel Parco nazionale del Triglav sotto il profilo dei cambiamenti climatici Andrej Arih

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Analisi di alcuni dati riguardanti le visite alle destinazioni turistiche delle Alpi Giulie e del Parco nazionale del Triglav Božo Bradaškja e Matej Vranješ

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Monitoraggio della biodiversità marina nella Riserva naturale di Strugnano (Golfo di Trieste, Slovenia) con particolare riguardo all’impatto dei cambiamenti climatici su elementi biologici selezionati Lovrenc Lipej, Martina Orlando Bonaca, Borut Mavrič, Martin Vodopivec e Petar Kružić

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Monitoraggio del tempo atmosferico sulle visite nel Parco naturale di Strugnano Luka Kastelic Contributo alla conoscenza dell’impatto dei cambiamenti meteorologici sulla biodiversità e le visite nel Parco Naturale delle Saline di Sicciole Iztok Škornik Monitoraggio degli uccelli (Aves), delle specie vegetali protette e relitte, della fauna terrestre troglobia e della fauna dell’acqua di percolazione (epicarso) nel Parco Škocjanske jame Samo Šturm

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Caratteristiche climatiche e cambiamenti climatici previsti nell’ampio territorio del Parco Škocjanske jame Tanja Cegnar

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Prime considerazione sulla metodologia di monitoraggio della flora e vegetazione e della campagna di rilevamento 2012 nel Parco Naturale delle Prealpi Giulie Giuseppe Oriolo

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Progettazione di una metodologia uniforme per il monitoraggio dell’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità Nicoletta Cannone, Massimo Buccheri, Paolo Glerean, Fabio Stoch, Giuseppe Bogliani, Valeria Lencioni e Mauro Gobbi

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Risultati del primo anno di monitoraggio di habitat e specie floristiche dell’area del ghiacciaio del Canin (Parco Regionale delle Prealpi Giulie) Nicoletta Cannone

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Monitoraggio di habitat e specie floristiche del Ciadin della Meda (Parco Naturale Dolomiti Friulane) Alberto Scariot, Michele Cassol e Simonetta Vettorel

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Prime considerazioni sulla metodologia uniformata di monitoraggio e di analisi dei cambiamenti climatici sulla biodiversità e sul primo anno di rilievi della flora e della vegetazione effettuati nel 2012 Giuseppe Oriolo Attività di monitoraggio dei flussi turistici nell’area del Parco Naturale Dolomiti Friulane negli anni 2011 e 2012 e analisi dell’impatto dei cambiamenti climatici sulle visite dei parchi Federica Minatelli e Elettra Mian Piano dell’energia del Parco Naturale Dolomiti Friulane Elisa Tomasinsig Monitoraggio delle popolazioni di passeriformi ed altre specie, mediante la metodica dell’inanellamento a sforzo costante presso la Golena di Ca’ Pisani, Delta del Po (RO) Emiliano Verza, Danilo Trombin, Andrea Favaretto, Luca Sattin, Albertino Frigo e Michele Bovo Piano energetico dell’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità nel Delta del Po Francesco Silvestri, Paolo Vincenzo Filetto, Marco Gavioli, Antonio Kaulard e Christian Cavazzuti Monitoraggio degli effetti dei cambiamenti climatici sulle biocenosi del Parco regionale del Delta del Po dell’Emilia Romagna Stefano Mazzotti, Fausto Pesarini, Teresa Boscolo, Sara Lefosse, Danio Miserocchi, Elisabetta Tiozzo e Luciano Massetti

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Il cambiamento climatico e la gestione delle aree protette: indagine sui flussi turistici e sulle modifiche della domanda di turismo in relazione ai cambiamenti climatici Stefano Dall’Aglio

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Analisi della dieta di chirotteri tramite lo studio del guano nel Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola (Chiroptera, Arthropoda) Roberto Fabbri

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Monitoraggio delle popolazioni di chirotteri (Chiroptera) nel Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola Massimo Bertozzi

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Monitoraggio delle popolazioni di uccelli nidificanti, svernanti e migratrici nel Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola, mediante la metodologia di inanellamento a sforzo costante Fabrizio Borghesi Analisi dell’impatto delle condizioni meteo sul movimento turistico nei parchi: monitoraggio dei visitatori dei parchi Alessandro Lepri, Aureliano Bonini, Alberto Paterniani e Alice Catellani

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Prefazione Ecco davanti a voi la raccolta di testi tecnici e scientifici generati nell’ambito delle attività di ricerca del progetto Climaparks - cambiamenti climatici e gestione delle aree protette. Per ben tre anni e mezzo, nove aree protette della Slovenia e dell’Italia hanno collaborato al progetto. Come già il titolo potrebbe suggerire, il progetto Climaparks non è stato solo un progetto di ricerca, bensì ha incluso anche molte altre attività. Sommariamente, le varie attività del progetto erano raggruppate in tre principali workpackages. Nel primo workpackage, i partner si sono dedicati alle attività di monitoraggio e di ricerca della biodiversità, i cui risultati rappresentano la parte più rilevante della presente pubblicazione. In questa sezione è stata acquistata anche l'attrezzatura che a lungo termine consentirà di effettuare il monitoraggio e la ricerca, essenziali per poter sorvegliare l'impatto dei cambiamenti climatici. Nel secondo workpackage sono stati realizzati nei parchi i cosiddetti “progetti pilota”, investendo nell’infrastruttura e nell’attrezzatura finalizzata a una gestione delle aree protette efficiente dal punto di visto energetico. Ciò comprende gli investimenti nella ristrutturazione o nella costruzione di centri di informazione e di amministrazione in conformità con gli standard moderni di efficienza energetica: una costruzione con materiali naturali, il passaggio alle fonti di energia rinnovabili, la razionalizzazione del consumo energetico, la riduzione delle perdite e l’elaborazione di programmi di efficienza energetica. Alcuni partner hanno investito anche nella promozione di forme ecocompatibili per la visita dei parchi (biciclette, veicoli elettrici). Nel terzo workpackage, i partner si sono occupati di varie attività legate all’educazione e all’affluenza alle aree protette. Sono stati introdotti nuovi contenuti didattici nei parchi attraverso la realizzazione di mostre, programmi educativi, laboratori, punti informativi e sentieri didattici, destinati alla sensibilizzazione delle persone riguardo al tema dei cambiamenti climatici, all'importanza della conservazione della biodiversità e ad un rapporto di sostenibilità ambientale. Anche in questa sezione sono state effettuate alcune nuove ricerche sull’affluenza alle aree protette, con l'obiettivo di predisporre i parchi a soluzioni gestionali adeguate, basate su un monitoraggio delle tendenze a lungo termine. In poche parole, il progetto Climaparks ha incluso varie attività, ma in ognuna di queste sezioni una parte degli sforzi è stata finalizzata anche alla ricerca. E vario com’era il nostro progetto, varia è anche la presente pubblicazione – una collezione variegata di testi scientifici e di ricerca. La maggior parte dei testi è costituita da articoli metodologici e di ricerca, nati sulla base del monitoraggio delle specie indicatrici selezionate. Ogni parco ha scelto le specie o gli habitat che, come si prevede, potranno essere a lungo termine un buon indicatore degli effetti dei cambiamenti climatici, ovvero quelle specie che per l'area protetta sono di particolare importanza. Con l'eccezione di alcuni parchi che già dispongono di dati rilevanti per un periodo abbastanza lungo da poter identificare con ragionevole certezza gli impatti dei cambiamenti climatici, nella maggior parte dei casi si tratta dei primi studi, collocati “nell’anno zero”, all'inizio di un monitoraggio e di una ricerca mirata a lungo termine. La maggior parte dei parchi, infatti, fino ad oggi non ha veramente implementato un monitoraggio e una ricerca regolare e mirata, legata ai cambiamenti climatici. Pertanto, lo scopo principale di questo workpackage era quello di selezionare nei parchi le specie e gli habitat indicatori e, con l'aggiornamento o l’introduzione di nuovi metodi, impostare un monitoraggio e una ricerca regolare e a lungo termine, volti a definire i potenziali impatti dei cambiamenti climatici e gli altri fattori ambientali. Bisogna sottolineare che la percezione e la comprensione dei cambiamenti nei parchi non è importante solo per la “ricerca in sé”, ma anche per poter predisporre delle risposte gestionali adeguate nel caso di specie particolarmente vulnerabili e a rischio.

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Per quest'ultimo motivo, i partner hanno realizzato anche delle ricerche iniziali o sperimentali sulle tendenze dell’affluenza dei visitatori alle aree protette. È noto che le visite dei parchi sono uno dei principali fattori che influenzano l'ambiente naturale. Non per ultimo, la conoscenza delle tendenze delle visite è importante anche per pianificare uno sviluppo sostenibile delle aree protette, anche con la collaborazione dei gestori. E infine, ma non meno importante, nella raccolta viene incluso lo studio dedicato al miglioramento dell'efficienza energetica. Crediamo, infatti, che adottando nei parchi delle misure atte a migliorare l'efficienza energetica e passando alle fonti rinnovabili di energia, anche noi stessi diamo il buon esempio e incoraggiamo un’attitudine sostenibile verso l'ambiente. Al progetto Climaparks hanno collaborato i gestori delle aree protette con diversi status e provenienti da diversi ambienti naturali e sociali. Nel senso geografico abbiamo compreso il mondo alpino e prealpino, il territorio carsico e le aree costiere del nord Adriatico. Tenendo conto di tale diversità, ci auguriamo che le ricerche svolte e le metodologie impostate a lungo termine possano essere una buona base per ulteriori confronti e per un’eventuale collaborazione professionale e di ricerca. Gli articoli selezionati sono in gran parte degli estratti ricavati da rapporti di ricerca molto più lunghi e approfonditi. I lettori interessati all’argomento sono invitati a leggere i rapporti sul nostro sito (wwww.climaparks.eu) oppure di mettersi in contatto direttamente con gli autori dei testi. Nel redigere la raccolta, gli editori hanno voluto informare l’opinione pubblica non solo con gli argomenti presentati, ma anche far conoscere le aree protette che si trovano in questa parte d'Europa. Per questo motivo gli articoli non sono stati classificati in base al contenuto, bensì in base ai partner, nell’ordine in cui hanno partecipato nell’ambito del progetto. La raccolta è stata interamente pubblicata in tre lingue: sloveno, italiano e inglese. In linea con il nostro impegno di non gettare legna da ardere sul focolare della serra, abbiamo deciso di pubblicare la raccolta in forma elettronica. Tuttavia, abbiamo stampato alcune copie esemplari in lingua inglese. Volendo utilizzare in modo più razionale possibile i fondi del progetto, abbiamo investito molto lavoro volontario nella realizzazione della pubblicazione. Ci scusiamo con i lettori se per questo motivo le versioni elettroniche possono non essere del tutto perfette dal punto di vista tecnico, linguistico o del design. Suppongo sia doveroso che come leader del progetto scriva alcuni brevi ringraziamenti. Ringrazio i colleghi di tutti i partner del progetto e gli altri collaboratori per i tre anni e mezzo di fruttuosa e divertente cooperazione. La realizzazione della presente raccolta è dovuta, oltre a loro, anche a tutti gli autori e ai colleghi editori. Ringrazio Pika Valentič e Boris Kobeja per la redazione, il design e la revisione dei testi particolarmente meticolosi. Ma il ringraziamento più forte va a Iztok Škornik. Senza Iztok non avremmo potuto letteralmente tenere la pubblicazione tra le mani.

Matej Vranješ

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Uso dell’habitat del camoscio (Rupicapra rupicapra) nel Parco nazionale del Triglav Miha Krofel,a Roman Luštrik,b Matija Stergar,c Klemen Jerinad Dipartimento delle scienze forestali e delle fonti forestali rinnovabili, Facoltà di Scienze Biotecnologiche, Università di Lubiana, Večna pot 83, SI-1000 Lubiana, Slovenia. Corrispondenza: a miha.krofel @gmail.com, b roman.lustrik@gmail.com, c matija.stergar@bf.uni-lj.si, d klemen.jerina@bf.uni-lj.si.

Riassunto Il camoscio (Rupicapra rupicapra) rientra fra le specie montane di ungulati più importanti dal punto di vista dell’ecologia e della caccia. I cambiamenti climatici dovrebbero avere un impatto significativo su molte specie e ecosistemi, soprattutto nelle Alpi, così anche sul camoscio che può quindi essere considerato una specie indicatrice. Realizzando l’habitat (regressione logistica e metodo MaxEnt) sulla base di osservazioni sistematiche dei camosci e un’analisi preliminare del primo studio telemetrico del camoscio in Slovenia è stato esaminato l’uso dell’habitat da parte dei camosci nel Parco Nazionale del Triglav. I risultati indicano che l’idoneità dell’habitat del camoscio nell’area del PNT probabilmente si ridurrà, sia a causa dell’inselvamento eccessivo e la conseguente riduzione degli habitat alimentari, sia a causa del cambiamento climatico previsto – in particolare l’aumento della temperatura, che può avere un impatto diretto o indiretto sulla specie. Probabilmente riducono in modo significativo la qualità dell’habitat del camoscio anche i disturbi causati dall’uomo a causa dell’attività ricreativa, motivo per cui sarebbe opportuno pensare ad una zonizzazione al fine di alleviare il suo impatto negativo. Parole chiave: camoscio, modellazione dell’habitat, cambiamenti climatici, uso dell’habitat, telemetria, Parco nazionale del Triglav.

Introduzione Il camoscio (Rupicapra rupicapra) è oggi la specie montana di ungulati più comune e più diffusa nelle Alpi. Nelle zone in cui è presente, rientra fra le specie più importanti dal punto di vista ecologico e più interessanti dal punto di vista della caccia (Miller e Corlatti, 2009). Allo stesso tempo è una specie ecologicamente sensibile, minacciata principalmente dalla scabbia dei camosci e dal disturbo provocato dalle attività dell’uomo – due fattori che sono anche collegati l’uno con l’altro. Nel periodo a lungo termine, il camoscio, considerato principalmente una specie montana, potrebbe essere minacciato anche dai cambiamenti climatici che si prevede avranno in futuro un impatto significativo su molte specie ed ecosistemi (IPCC, 2007). Con l’aumento della temperatura, i cambiamenti nel regime delle precipitazioni e gli altri cambiamenti climatici previsti che attiveranno qui un cambiamento della diffusione delle forme di vegetazione, si verificherà certamente una serie di cambiamenti nelle popolazioni animali; si prevede anche il rischio di estinzione di molte specie (IPCC, 2007; European environment agency, 2012). In Europa è prevista l’espansione delle specie meridionali sud verso Nord e delle specie di pianura su quote più alte e, dall’altra parte, la riduzione dell’habitat delle specie settentrionali e montane. Proprio nel caso di queste ultime specie, a causa dell'isolamento verificatosi e dovuto all’habitat frammentato, la migrazione è bloccata e si prevede allo stesso tempo una maggiore competizione con le specie di pianura. Per questo motivo le specie di montagna sono classificate come quelle potenzialmente più a rischio, mentre le Alpi

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rientrano tra le aree più soggette ai cambiamenti climatici (European environment agency, 2012). Diversi studi hanno dimostrato che i cambiamenti climatici, in particolare attraverso i cambiamenti nella fenologia della vegetazione, influiscono anche su molte specie montane di ungulati, incluso il camoscio (Pettorelli et al., 2007; Rughetti e Festa-Bianchet, 2012). In Slovenia, il camoscio è più o meno diffuso in maniera chiusa, soprattutto nel mondo alpino e prealpino in cui è maggiore anche la densità della sua popolazione. Nel resto del paese invece la specie dimostra una forma altamente metapopolazionale di distribuzione, con delle isole di popolazioni più piccole nella parte centrale, meridionale e orientale della Slovenia (Stergar et al., 2009). Oggi l’area di popolazione della diffusione del camoscio è soprattutto un riflesso delle sue preferenze specifiche riguardo all’habitat. Sulla diffusione odierna hanno influito ben tre insediamenti di successo: nel 1954 a Snežnik nella regione di Notranjska, nel 1956 nella regione di Kočevsko e nel 1959 sul monte Nanos (Galjot, 1998). Dal punto di vista delle caratteristiche ecologiche, il camoscio rientra in Slovenia fra gli animali selvatici ungulati meno studiati. Per colmare questa mancanza di informazioni e conoscenze, e perché il camoscio è una specie indicatrice potenzialmente idonea per monitorare gli effetti dei cambiamenti climatici sull'intera regione alpina, è stato analizzato l'uso dell’habitat da parte dei camosci nel Parco Nazionale del Triglav (di seguito: PNT) che rappresenta il nucleo della popolazione slovena dei camosci (figura 1). In questo contributo presentiamo i risultati acquisiti nell’ambito del progetto Climaparks nell’ambito del quale l’uso dell’habitat del camoscio è stato studiato con l’aiuto della modellazione dei dati riguardanti l’habitat e raccolti nel quadro di un monitoraggio sistematico dei camosci, realizzato nel PNT durante gli anni 1993–2011. Questo approccio ci ha consentito di valutare l'impatto dei vari fattori ambientali, inclusi i parametri climatici, sull’uso dell’habitat del camoscio e di richiamare l’attenzione sui cambiamenti attesi riguardo l’uso dell’habitat del camoscio, alla luce dei cambiamenti climatici previsti per il futuro. Allo stesso tempo presentiamo nel contributo i dati preliminari del primo monitoraggio telemetrico dei camosci in Slovenia, il che costituirà probabilmente una base per un monitoraggio più accurato dei potenziali cambiamenti legati all’uso dell’habitat in futuro.

Metodi Il Parco Nazionale del Triglav è attualmente l'unico parco nazionale della Slovenia. Con 880 km2 comprende la maggior parte delle Alpi Giulie orientali (figura 1). I camosci che vivono nel PNT costituiscono il nucleo della popolazione slovena dei camosci e molto probabilmente anche della zona donatrice per le metapopolazioni circostanti. A livello statale, ad eccezione della registrazione del prelievo, attualmente non si svolge alcun monitoraggio sistematico dei camosci. Vale il contrario per l'area del Parco Nazionale del Triglav, dove sotto varie forme (osservazioni sistematiche, osservazioni casuali, prelievo, telemetria GPS) si svolge il monitoraggio del camoscio già dal 1980 (per una rassegna vedi Krofel et al., 2013).

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Figura 1. Diffusione e densità locale del camoscio in Slovenia, stimate sulla base dei dati del prelievo con i confini delimitati del Parco Nazionale del Triglav. Fonte: adattato da Stergar et al. (2009).

Modellazione dell’habitat La modellazione spaziale esplicita dell’habitat è un approccio analitico contemporaneo che si è potuto affermare solamente con lo sviluppo dei metodi di rilevamento a distanza in grado di fornire le informazioni elementari, nonché di computer più potenti e di metodi di elaborazione dei dati. La modellazione ha lo scopo di identificare i fattori chiave fondamentali che hanno un impatto e di capire quali sono i fattori ambientali che più influiscono sulla presenza della specie e in quale modo, sulla previsione del futuro sviluppo territoriale della specie ovvero indicano dove la specie studiata potrebbe diffondersi nel futuro. Per modellare l’idoneità dell’habitat dello spazio dei camosci nel PNT sono stati utilizzati i dati provenienti dalle osservazioni sistematiche e, tra tutti i dati al momento disponibili, sono stati applicati quelli presumibilmente meno parziali (Krofel et al., 2013). I dati sulle osservazioni occasionali e sull’abbattimento sono più di parte perché le osservazioni non sono casuali. Gli addetti al censimento/i cacciatori infatti spesso scelgono dei siti specifici per effettuare il computo o per cacciare (durante il proprio lavoro o scegliendo la zona di caccia di interesse), esiste inoltre anche il pericolo che alcuni habitat non siano coperti. Il censimento sistematico dei camosci nel PNT si esegue annualmente, di norma in autunno. Nelle zone di caccia selezionate si attraversano tutti i sentieri di caccia e si registra il numero e l'appartenenza demografica di tutti i camosci osservati, per poi geolocalizzarli nella rete dei quadranti chilometrici che copre l'intero territorio del Parco Nazionale del Triglav. L'analisi comprende i dati tra il 1993 e il 2011. Negli anni 1994, 1995 e 1998 è stato eseguito un censimento anche nei mesi estivi ma questi dati non sono stati inclusi per il raffronto. Nel 1998, il censimento è stato effettuato solo nel mese di giugno, pertanto quell'anno è stato completamente escluso dall'analisi. Per la modellazione dell'habitat sono stati applicati usato due metodi, la regressione logistica (Faraway, 2006) e il modello MaxEnt (Elith et al., 2011). C’erano a disposizione solo i dati sulla presenza dei camosci

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ma per la modellazione c’era bisogno anche delle informazioni sulla disponibilità. Sono state prese in considerazione tutte le celle disponibili nella zona del PNT. Poiché i dati relativi alla presenza erano significativamente maggiori rispetto al numero disponibile di celle all’interno del PNT, sono stati presi dei campioni a caso dei dati relativi alla presenza ed è stato ridotto il campione a 1000 unità, al fine di diminuire un combaciamento indesiderato dei dati. Durante l'analisi, il campionamento è stato ripetuto diverse volte, confermando che i risultati non cambiano in modo significativo. Le variabili ambientali (tabella 1) sono state riassunte dalla banca dati gestita dal Dipartimento delle foreste e delle risorse forestali rinnovabili della Facoltà di Scienze Biotecnologiche. Le variabili delle coppie sono state testate e, se mostravano una eccessiva correlazione, una è stata esclusa della coppia (è stato utilizzato il limite |0,75|). In tal modo si è ridotta la multicollinearità dei dati di ingresso che non è desiderata e può causare dei modelli instabili e poco realistici. Successivamente è stata calcolata per ogni cella 1 × 1 km del PNT la probabilità di presenza del camoscio con l’aiuto dei due modelli basati sui segni della presenza e delle variabili ambientali. È stato inoltre verificato in che modo l'ambiente in cui è stato registrato il camoscio differisca dall'ambiente in cui non vi è stato osservato. Se si fosse notata una differenza, ciò avrebbe potuto indurre ad una scelta preferenziale dell’habitat. La densità di ciascun fattore ambientale è stata calcolata in base alla presenza o all’assenza del camoscio rilevato nella cella. La densità indica la frequenza con cui si verifica un certo valore e si può presentare sotto forma di istogramma per le variabili continue. In questo contesto è importante rendersi conto che si opera sulla risoluzione spaziale di 1 × 1 km, il che è una risoluzione relativamente bassa per un singolo camoscio e molti dettagli possono essere offuscati. Tabella 1. Una rassegna delle variabili che sono state usate come fattori esplicativi nella modellazione della presenza dei camosci con l’aiuto di due modelli (regressione logistica e MaxEnt) Abbreviazione

Descrizione della variabile

naklon eksp_mod eksp_pest padavine_mean temp_mean travniki zarascanje odd_do_gozda iglavci_delez st_zdruzb odd_do_krmisca gozdna_zaplata_max

Mediana delle classi di pendenza Esposizione prevalente (modus) Diversità delle direzioni espositive Quantità media annua di precipitazioni Temperatura media annua Parte prativa Aree in fase di inselvamento + altri usi Distanza media delle aree non forestali dal margine più vicino della foresta Percentuale di aghifoglie nelle risorse legnose Numero di associazioni diverse nella foresta Distanza dalla stazione di alimentazione più vicina Dimensione dell’appezzamento di bosco maggiore

Telemetria GPS Con la telemetria GPS è possibile, ad intervalli di tempo facoltativi durante un lungo periodo, raccogliere in modo continuativo una grande quantità di dati molto accurati circa le posizioni geografiche e l’attività funzionale degli esemplari monitorati appartenenti alla specie studiata. Con il sostegno del sistema di informazione geografico è possibile, in base a questi dati, determinare che tipo di habitat è stato usato da un esemplare in un dato momento, valutare le dimensioni della zona di attività, i movimenti medi, i cambiamenti stagionali legati all’uso dell’habitat ecc. In un senso più ampio, questi dati rappresentano un'ottima base per lo studio delle caratteristiche dell'habitat della specie, per conoscere e comprendere l'impatto dei fattori ambientali naturali e antropogenici, nonché per una modellazione dell’habitat.

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Nell’ambito del progetto, al fine di munire gli esemplari di collari telemetrici, è stata effettuata la cattura dei camosci in diverse località del PNT. Nel settembre del 2012 si è riusciti a catturare due femmine adulte sul Vršič e a Tamar, a novembre del 2012 sono stati catturati un capriolo di due anni a Vršič e nell’aprile del 2013, nei dintorni di Kranjska Gora, un’altra femmina adulta. Tutti gli animali hanno sopportato la cattura e il montaggio dei collari senza problemi evidenti. Le informazioni sugli animali catturati sono presentate nella tabella 2. Tabella 2. Analisi dei dati telemetrici raccolti da quattro camosci provvisti di collari telemetrici GPS nell'ambito del progetto nel Parco Nazionale del Triglav Num. collare

Nome Luogo di Genere dell'animale cattura

Data di cattura

32829 32828 4532 32167

Irena Mojca Tone Luna

11/9/2012 28/9/2012 14/11/2012 20/4/2013

♀ ♀ ♂ ♀

Vršič Tamar Vršič Kranjska Gora

Dimensione Dimensione della Dimensione della Spostament N. della zona di zona di attività zona di attività o medio – posizioni attività durante distanza di nel periodo nel periodo rilevate il monitoraggio due ore autunnale invernale 2467 1877 1712 36

157 ha 146 ha 58 ha 54 ha 288 ha 190 ha 132 ha 58 ha 132 ha 123 ha 50 ha 66 ha numero di posizioni insufficiente per l'analisi

Nota: Sono presentati i dati raccolti fino al 22/04/2013 (il monitoraggio si sta ancora svolgendo). Le dimensioni delle zone di attività sono state stimate con l'aiuto del metodo dei minimi poligoni convessi al 100%. Per distribuire i dati nel periodo invernale e autunnale, abbiamo utilizzato la data del 15/01/2013, quando condizioni invernali si sono inasprite e i dati tra le stagioni risultano più contrastanti.

I camosci sono stati dotati di collari telemetrici GPS-VHF-GSM del produttore americano "Lotek" (figura 2). Il tipo di collare adottato consente l'acquisizione continua di grandi quantità di posizioni molto dettagliate sul movimento dei camosci che il collare invia regolarmente all'utente sotto forma di messaggi SMS. I collari sono stati programmati per raccogliere le posizioni GPS ogni due ore. I collari sono stati dotati anche di un sistema che permette al collare di staccarsi automaticamente dall’animale dopo un anno.

Figura 2. Il camoscio maschio Tone dotato di collare telemetrico catturato sul Vršič il 14 novembre 2012. Foto: Zvonko Kravanja.

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Risultati Modellazione dell’habitat Per la modellazione dell'habitat sono stati utilizzati i dati derivanti dal monitoraggio sistematico per un periodo di 18 anni che ha compreso 2221 osservazioni e nell'ambito delle quali sono stati registrati 17.666 animali (approssimativamente 500–1500/anno). I risultati della modellazione dell'habitat con la regressione logistica e il MaxEnt sono evidenti dalla figura 3. I due modelli dell’habitat dimostrano un determinato grado di analogia nelle prospettive territoriali. Prevedono che il nucleo dell'habitat più adatto si possa sistemare nella parte settentrionale-centrale del parco, considerando la parte meridionale di quest’ultimo invece tra gli habitat meno adatti. Secondo il modello della regressione logistica l’importanza delle zone prevalentemente boschive (la parte meridionale-orientale che si estende nella direzione di Bled e una stretta striscia di terreno nella parte occidentale del parco) sarebbe alquanto inferiore, la parte settentrionale, che raggiunge la valle della Sava Dolinka, sarebbe invece ritenuta l’habitat relativamente adatto per il camoscio. Il modello MaxEnt evidenzia un’idoneità relativamente alta dell'habitat delle zone boschive rispetto al modello della regressione logistica, considerando un habitat meno adatto invece le cellule settentrionali che raggiungono la valle della Sava Dolinka.

Figura 3. Due modelli dell’habitat in cui si dimostra l'idoneità dell’ambiente per il camoscio nel Parco nazionale del Triglav – a sinistra il modello della regressione logistica, a destra il modello MaxEnt. I colori si riferiscono all'idoneità relativa dell'habitat in base al modello e ai dati derivanti dal monitoraggio sistematico (verde – habitat più adatto, bianco – habitat meno adatto). I valori dei due modelli non sono direttamente comparabili. Tra i fattori ambientali statisticamente rilevanti il modello della regressione logistica sottolinea la pendenza del terreno, la varietà delle esposizioni, la quantità media di precipitazioni, la quota di aghifoglie nella riserva del legno e le dimensioni dell'appezzamento maggiore di terreno boschivo nel singolo quadrante (tabella 3). I fattori indicativi secondo il modello MaxEnt sono la quantità media di precipitazioni e le dimensioni dell'appezzamento maggiore di terreno boschivo, gli altri elementi sono invece considerati fattori che apportano informazioni di rilievo relativamente scarso per il modello finale

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(figura 4). In base ai risultati dei due modelli è possibile dedurre che l'habitat più adatto per il camoscio sarebbe l'habitat dei pendii ripidi con scarsa vegetazione forestale, in posizioni alte che non superano i 2000 m s.l.m., e che è sensibile ai fattori climatici – la temperatura e le precipitazioni (in correlazione con l'altezza sul livello del mare). Tabella 2. Risultati del modello della regressione logistica (Intercept) Naklon eksp_mod eksp_pest padavine_mean temp_mean Travniki zarascanje odd_do_gozda iglavci_delez st_zdruzb odd_do_krmisca gozdna_zaplata_max

Estimazione 3.4050 0.0341 0.0294 -0.0044 -0.0015 -0.0202 0.0752 2.1432 0.0000 0.8607 -0.0189 0.0000 0.0000

SE 0.7677 0.0081 0.0235 0.0014 0.0002 0.0471 0.6710 1.1463 0.0007 0.2759 0.0247 0.0000 0.0000

z 4.44 4.24 1.25 -3.05 -9.28 -0.43 0.11 1.87 0.03 3.12 -0.77 -0.45 -6.70

Pr(>|z|) 0.0000 0.0000 0.2115 0.0023 0.0000 0.6683 0.9108 0.0615 0.9795 0.0018 0.4429 0.6556 0.0000

x

e 30.11 1.03 1.03 1.00 1.00 0.98 1.08 8.53 1.00 2.36 0.98 1.00 1.00

Nota: La variabile dipendente è la presenza del camoscio nella cellula, le variabili indipendenti sono le variabili ambientali. Le abbreviazioni sono elencate nella tabella 1.

Figura 4. Rilevanza delle singole variabili nella valutazione dell'idoneità dell'habitat per il camoscio, in base al modello MaxEnt. Le abbreviazioni sono elencate nella tabella 1. Traduzione dei termini della figura: percentage = percentuale.

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I risultati del confronto delle variabili ambientali tra le varie località in cui è presente il camoscio e le località in cui il camoscio non è stato registrato, sono evidenti dalla figura 5. La revisione delle singole variabili rivela risultati paragonabili ai risultati dei due modelli dell'habitat descritti nei capitoli precedenti. Alcune differenze tra le singole cellule si sono evidenziate per quanto riguarda l’inclinazione media, l'esposizione dominante, le precipitazioni, la temperatura media, la quota di aghifoglie e le dimensioni dell'appezzamento maggiore di terreno boschivo. Le differenze più evidenti si riferiscono invece alla quota delle precipitazioni, la quale si è rivelata come fattore principale anche secondo il modello MaxEnt. La presenza del camoscio è aumentata soprattutto nei prati, nelle foreste con la vegetazione prevalentemente ad aghifoglie e nel territorio con ridotte dimensioni di appezzamenti di terreno boschivo.

Figura 5. Densità dei valori delle variabili nelle cellule in cui la presenza del camoscio è stata registrata nel corso delle osservazioni sistematiche (linea azzurra) e in quelle in cui tale presenza non è stata registrata (linea rossa).

La telemetria GPS I risultati finora ottenuti del monitoraggio telemetrico dimostrano che il movimento dei camosci nell'ambito del Parco nazionale del Triglav si svolge in zone relativamente limitate, soprattutto nel periodo diurno. Il movimento dei tre camosci (due femmine e un maschio), osservati nei primi cinque ovvero sette mesi, si è svolto all'interno di una zona da 132 a 288 ha, in media di 192 ha (100% del minimo poligono convesso; tabella 2). L'osservazione del quarto camoscio al momento non ha fornito informazioni sufficienti per un'analisi globale. Nel periodo coperto dalla coltre di neve (dopo il 15/1) l'ambito delle attività dei tre animali è diminuito notevolmente (in media del 48%), è stato registrato anche uno spostamento degli animali nelle zone di altezza inferiore (vedere figura 6). È stata registrata una distanza media dello spostamento di 54–66 m (in media di 59 m; tabella 2) in un intervallo temporale

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di due ore. Nella dinamica giornaliera del movimento sono stati registrati, in tutti e tre i casi monitorati, due picchi evidenti in cui il movimento dei camosci ha raggiunto la dinamica massima. Il primo picco è avvenuto al mattino, tra le 9 e le 10, e il secondo nelle tarde ore pomeridiane, tra le 16 e le 17 (figura 7). In pieno giorno, tra le 12 e le 14, l'attività dei tre animali è diminuita. I movimenti minimi sono stati registrati nel periodo notturno, con i valori minimi nel periodo più freddo della notte, prima dell'alba ovvero tra le 4 e le 5.

Figura 6. Mappa del movimento del camoscio "Irena", munito del collare telemetrico nel periodo autunnale (prima del 15.1.; rosso) e invernale (dopo il 15.1.; azzurro). I cerchietti rappresentano le singole località GPS, i poligoni invece i territori delle attività dell’animale nel singolo periodo (100% del minimo poligono convesso).

Figura 7. L'attività circadiana dei tre camosci, monitorati tramite la telemetria GPS nel periodo dal 28/10/2012 al 31/3/2013. L'attività è stata valutata mediante le distanze effettuate in intervalli di due ore. L'attività della singola ora x si riferisce alla distanza tra l'ora x – 1 e x + 1.

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Discussione La realizzazione dei modelli dell’habitat, basati sui dati fornitici dalle osservazioni sistematiche e l'analisi preliminare del primo studio telemetrico del camoscio nell'ambito sloveno, ci ha offerto una nuova visione dell'uso del territorio del camoscio nell'ambito del Parco nazionale del Triglav. I risultati ottenuti con i due metodi ci hanno rivelato la notevole rilevanza dei fattori climatici nell'uso dello spazio del camoscio, il che potrebbe suggerire il potenziale e considerevole influsso dei cambiamenti climatici pronosticati su questa specie, consolidando contemporaneamente il valore del camoscio come specie indicatrice per il monitoraggio degli effetti dei cambiamenti climatici. I risultati esposti delle analisi del Parco nazionale del Triglav che, nel caso del camoscio, dimostrano l'importanza chiave dei fattori climatici, dell'altezza sul livello del mare, della pendenza del terreno e della sua boscosità per l'uso del territorio, concordano considerevolmente con le ricerche effettuate da scienziati stranieri (Pompilio e Meriggi, 2001) e con il modello dell'habitat realizzato per l'intero ambito sloveno in base ai dati del prelievo (Jerina et al., 2010), e confermano le caratteristiche ecologiche del camoscio finora note (Miller e Corlatti, 2009). Le ragioni per l'uso osservato e la scelta degli habitat da parte dei camosci nell'ambito del Parco nazionale del Triglav, considerati i singoli fattori, si può probabilmente ricercare nelle richieste nutrizionali e nelle caratteristiche fisiologiche del camoscio (fattori climatici, altezza sul livello del mare, boscosità), nella ricerca di rifugi dai predatori potenziali e dai disturbi provenienti dalle attività dell'uomo (la pendenza del terreno, la boscosità) e in una maggiore competitività rispetto ad altre specie di ungulati (altezza sul livello del mare, boscosità). Anche le analisi preliminari dei dati telemetrici dimostrano un notevole grado di conformità con gli studi effettuati all'estero. Le dimensioni stimate dell’attività dei camosci sono simili ai rilevamenti nelle Alpi austriache e italiane, nelle quali è stata notata, in analogia con il Parco nazionale del Triglav, la diminuzione delle zone stagionali di attività nel periodo invernale (Miller e Corlatti, 2009). Una conclusione analoga sarebbe valida anche in riferimento all'attività circadiana, siccome i due picchi giornalieri dell’attività dei camosci sono abbastanza tipici per il loro comportamento nel periodo invernale. Nel periodo estivo è invece probabile che la distanza temporale tra l'inizio e il termine dell'attività diurna aumenti, in conformità all'allungarsi delle giornate, e che avvenga anche un terzo picco di attività, intorno a mezzogiorno, come è già stato notato nelle ricerche precedenti, effettuate all'estero (Miller e Corlatti, 2009). Nell'interpretazione dei nostri dati è necessario prendere in considerazione anche i loro limiti. I risultati dei modelli dell'habitat riflettono ad esempio anche il metodo del campionamento, la cui intensità ha raggiunto i valori massimi nel nucleo di un habitat idoneo. Il quadro delle previsioni sarebbe probabilmente alquanto differente qualora il monitoraggio sistematico avesse raggiunto una copertura più uniforme dell'intero territorio del parco. Non avendo a nostra disposizione i dati relativi alla variabilità spaziale dello sforzo investito nel monitoraggio non ci è stato purtroppo possibile correggere questo effetto. La registrazione precisa dello sforzo del monitoraggio con osservazioni sistematiche è una delle raccomandazioni principali per le future osservazioni del camoscio nell'ambito del Parco nazionale del Triglav (Krofel et al., 2013). La realizzazione di modelli dell'habitat in base alle osservazioni può essere abbastanza limitata anche dalle differenze nella registrazione dei camosci nei diversi ambienti naturali. I camosci, infatti, si avvistano con maggiore difficoltà negli habitat più movimentati e con più vegetazione, quindi i dati relativi alla diffusione delle osservazioni non possono considerarsi un fattore indicativo della distribuzione della presenza del camoscio. Il nostro caso potrebbe ad esempio indicare che i risultati dei modelli dell'habitat, i quali classificano gli appezzamenti boschivi di maggiori dimensioni tra gli habitat

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meno adatti per il camoscio, sono in parte anche conseguenza del lacunoso avvistamento dei camosci nei suddetti habitat. Bisogna anche sottolineare che i dati acquisiti nel censimento sistematico dei camosci sono stati ricavati nel periodo autunnale, quindi il modello finale potrebbe anche non indicare l'idoneità dello spazio abitativo per tutte le stagioni dell'anno. Siccome è difficile con le osservazioni dirette fornire la rappresentatività necessaria dei dati attraverso tutto l'anno, è di solito più utile utilizzare il modello dell'habitat, preparato in base ai dati offertici dalla telemetria, soprattutto se si tratta di telemetria GPS, la quale non dipende dall'accessibilità del terreno, fattore da cui invece dipendono i ricercatori. I dati telemetrici preliminari, elencati in questo documento, sono stati comunque limitati al periodo autunnale – invernale. Dati più affidabili saranno disponibili al termine del monitoraggio annuo. Il numero di animali monitorati è stato relativamente basso. Ai fini di comprendere in modo dettagliato l’uso del territorio e le reazioni dei camosci ai fattori ambientali e umani è quindi raccomandabile aumentare il campione dei camosci monitorati con la telemetria GPS. Le analisi preliminari hanno infatti fornito alcune conclusioni utili, confermando l'efficacia del metodo per il monitoraggio dei camosci nell'ambiente alpino. Una maggiore quantità di dati faciliterebbe la valutazione dei modelli dell'habitat, realizzati in base alle osservazioni sistematiche, ovvero la realizzazione di nuovi modelli, più precisi, non gravati dalla parzialità, causata da un basso fattore di avvistamento dei camosci in alcuni tipi di habitat, e non limitati a una stagione determinata. L’acquisizione di dati precisi sull'uso dello spazio abitativo di camosci costituirebbe probabilmente anche il metodo migliore per accertare gli impatti dei cambiamenti climatici potenziali. Sarebbe utile ripetere periodicamente il monitoraggio con l'aiuto della telemetria GPS per poter registrare in modo sistematico le eventuali modifiche nell'uso dello spazio abitativo da parte dei camosci all’epoca e in conseguenza di cambiamenti nell'ambiente. Questo monitoraggio è particolarmente importante nel caso del camoscio perché è possibile dedurre, in base ai risultati derivanti dai modelli dell'habitat descritti, che i cambiamenti climatici attesi, i quali prevedono un aumento della temperatura nell'ambito alpino, accompagnato da alcune modifiche nella distribuzione delle precipitazioni (European environment agency, 2012), si rifletterebbero negativamente sulla popolazione del camoscio nell'ambito del Parco nazionale del Triglav. Le ricerche straniere hanno dimostrato che il riscaldamento atmosferico e le modifiche nel regime pluviometrico si riflettono nella diminuzione della massa corporea del camoscio, causata probabilmente dai cambiamenti nella fenologia della vegetazione (Rughetti e Festa-Bianchet, 2012). Possiamo comunque prevedere che i cambiamenti climatici influirebbero sul camoscio soprattutto a causa dei cambiamenti relativi alla vegetazione, la quale si è dimostrata nei modelli uno dei fattori chiave per l'idoneità dell'habitat per il camoscio. La boscosità elevata ha comunque dei riflessi negativi sulla presenza del camoscio e sulle condizioni nutrizionali per la specie ma, nonostante la diminuzione delle possibilità nutritive e la maggiore esposizione ai predatori, l'aumento della boscosità potrebbe avere anche alcuni riflessi positivi. È stato infatti notato che gli appezzamenti boschivi sono di importanza fondamentale per il camoscio perché quest’ultimo li può utilizzare come rifugio dai disturbi dell’uomo, nella fattispecie il parapendio (Schnidrig-Petrig e Ingold, 2001). Anche l'inselvamento può avere momentaneamente degli effetti positivi poiché l'aumento della quota della boscaglia fornisce buone condizioni nutrizionali. L'inselvamento a lungo termine ha invece, con lo sviluppo delle fasi successive, conseguenze molto meno adatte per il camoscio. L'aumento della temperatura ambientale condurrà all'innalzamento del limite della vegetazione arborea forestale e all'inselvamento delle praterie alpine, i più importanti pascolei di camosci, peggiorando le loro condizioni nutrizionali. Nonostante il conseguente miglioramento delle condizioni nutrizionali nelle zone più alte, in cui la vegetazione ottimale per il camoscio (le superfici erbose e la boscaglia) non riesce attualmente a prosperare, le potenziali nuove superfici ottimali saranno

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nelle loro dimensioni notevolmente inferiori alle superfici ottimali attuali, le quali probabilmente spariranno a causa dei cambiamenti atmosferici. Oltre ai fattori considerati nella presente ricerca, possono influire in modo considerevole sulla vitalità, diffusione territoriale e dinamica della popolazione del camoscio anche i disturbi antropogenici, causati dalle attività ricreative dell'uomo sul territorio, il che è stato segnalato già da numerosi studi stranieri e anche da uno studio nazionale riassuntivo (Krofel et al., 2013a). Tra le varie forme di attività ricreativa è problematico soprattutto il parapendio, poiché la strategia di difesa del camoscio è la fuga, spesso molto lunga e orientata verso terreni inferiori, boschivi o con altri tipi di vegetazione di crescita verticale, il che comporta anche una notevole perdita di energia. Probabilmente si tratta di una strategia di fuga che i camosci hanno imparato ad utilizzare nel corso dell'evoluzione e alla quale ricorrono nel caso di predatori volanti come ad esempio le aquile. Con l'obiettivo di contenere gli effetti negativi delle attività ricreative si mette spesso in atto, nell'ambito mondiale, il limite totale o stagionale delle attività ricreative negli habitat più importanti e più esposti. Tale strategia sarebbe da prendere in considerazione per l'intero territorio del Parco nazionale del Triglav dato che alle già frequenti attività ricreative, estese su praticamente tutto il territorio del Parco, se ne aggiungeranno altre nel futuro provocate dall'aumento del numero di visitatori del Parco, atteso nel futuro.

Ringraziamento Vorremmo ringraziare i collaboratori del Parco nazionale del Triglav e del Dipartimento delle Scienze Forestali della Facoltà di Biotecnologia dell'Università di Lubiana: Danijel Borkovič, Irena Kavčič, Dean Kovač, Berta Kravanja, Jernej Legat, Jure Legat, Tone Štular, Martin Završnik e specialmente Sašo Hrovat, Zvono Kravanja, Rado Legat e Miha Marenče (rimuovere se saranno inseriti tra i coautori), per l'assistenza offertaci nella cattura dei camosci e per l’elaborazione dei dati nell'ambito del monitoraggio sistematico. Vorremmo ringraziare anche tutti gli altri ispettori, i guardacaccia e altri collaboratori che hanno raccolto e registrato i dati relativi alle osservazioni sistematiche dei camosci nel Parco. Questa ricerca è stata finanziata nell'ambito del progetto Climaparks.

Bibliografia Elith, J., Phillips, S. J., Hastie, T., Dudik, M., Chee, Y. E., & Yates, C. J. (2011). A statistical explanation of MaxEnt for ecologists. Diversity and Distributions, 17, 43–57. European Environment Agency. (2012). Climate change, impacts and vulnerability in Europe 2012. An Indicator-Based Report. Copenhagen, Denmark: EEA. Faraway, J. J. (2006). Extending the Linear Model with R. Taylor & Francis. Galjot, B. (1998). Gams v Sloveniji. In J. Bizjak et al. (Eds.), Gams (Rupicapra rupicapra, l. 1758) – varstvo in upravljanje na zavarovanih območjih Alp in v Sloveniji (pp. 25–32). Bled, Slovenia: Triglavski narodni park. IPCC. (2007). Climate Change 2007: Impacts, adaptation and vulnerability. Contribution of working group II to the fourth assessment report of the intergovernmental panel on climate change. Cambridge, United Kingdom: Cambridge University Press. Jerina, K., Stergar, M., Videmšek, U., Kobler, A., Pokorny, B., & Jelenko, I. (2010). Prostorska razširjenost, vitalnost in populacijska dinamika prostoživečih vrst parkljarjev v Sloveniji: preučevanje vplivov okoljskih in vrstno-specifičnih dejavnikov ter napovedovanje razvojnih trendov. Zaključno poročilo o rezultatih opravljenega raziskovalnega dela na projektu v okviru ciljnega raziskovalnega programa

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(CRP) “Konkurenčnost Slovenije 2006–2013.” Ljubljana: Oddelek za gozdarstvo in obnovljive gozdne vire, Biotehniška fakulteta. Krofel, M., Luštrik, R., Stergar, M., Marenče, M., Hrovat, S., & Jerina, K. (2013). Monitoring vpliva klimatskih in drugih okoljskih dejavnikov na populacijo gamsa Rupicapra rupicapra v Triglavskem narodnem parku. Ljubljana: Oddelek za gozdarstvo in obnovljive gozdne vire, Biotehniška fakulteta. Krofel, M., Simčič, B., Stergar, M., Luštrik, R., & Jerina, K. (2013). Vpliv antropogenih motenj na gamsa v Alpah in priporočila za zmanjšanje negativnih posledic motenj. Ljubljana, Slovenia: Oddelek za gozdarstvo in obnovljive gozdne vire, Biotehniška fakulteta. Miller, C., & Corlatti, L. (2009). Das Gamsbuch. Melsungen, Germany: Neumann-Neudamm. Pettorelli, N., Pelletier, F., von Hardenberg, A., Festa-Bianchet, M., & Cote, S. D. (2007). Early onset of vegetation growth vs. rapid green-up: Impacts on juvenile mountain ungulates. Ecology, 88, 381– 390. Pompilio, L., & Meriggi, A. (2001). Modelling wild ungulate distribution in alpine habitat: A case study. Italian Journal of Zoology, 68, 281–289. Schnidrig-Petrig, R., & Ingold, P. (2001). Effects of paragliding on alpine chamois. Wildlife Biology, 7, 285– 294. Stergar, M., Janozovič, M., & Jerina, K. (2009). Območje razširjenosti in relativne gostote avtohtonih vrst parkljarjev v Sloveniji. Gozdarski vestnik, 67(9), 367–380.

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Le foreste nel Parco nazionale del Triglav sotto il profilo dei cambiamenti climatici

Andrej Arih Javni zavod Triglavski narodni park, Ljubljanska cesta 27, SI-4260 Bled, Slovenia. Corrispondenza: andrej.arih@tnp.gov.si.

Riassunto Il contributo delinea le caratteristiche fondamentali della vegetazione e lo stato di salute delle foreste, uno degli elementi paesaggistici che maggiormente caratterizzano il Parco nazionale del Triglav. I dati utilizzati si basano sulle analisi dell’ambiente forestale nell’ambito della gestione e pianificazione forestale, nonché del monitoraggio nazionale sullo stato di salute degli ecosistemi forestali. La raccolta sistematica di tali dati, durata molti anni, consente di gestire la foresta secondo i principi delle molteplici finalità, della sostenibilità e della naturalezza, mentre il monitoraggio di alcuni indicatori consente anche di seguire l'impatto a lungo termine dei cambiamenti climatici sulle foreste. Si sottolinea la necessità di continuare con il sistema di monitoraggio e di migliorarlo, in quanto gli effetti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi forestali montani potrebbero cambiare radicalmente il significato generale delle foreste nel Parco nazionale del Triglav. Parole chiave: Parco nazionale del Triglav, vegetazione forestale, cambiamenti climatici, specie selvatiche, monitoraggio, uso delle foreste.

Introduzione Nell’area del Parco Nazionale del Triglav, la foresta è uno degli elementi paesaggistici fondamentali e più caratteristici del parco (Ferreira, 2005; Šolar, 1999), visto che con 47.722 ettari ricopre ben il 57% della superficie (Gartner, 2011; Kozorog, 2011). Se invece per foresta intendiamo anche le aree non forestali all'interno di una zona forestale omogenea e la fascia in cui cresce il pino mugo, la copertura forestale all’interno del Parco Nazionale sale a 66.000 ettari, il che rappresenta quasi l’80%. Nella prima area protetta, le foreste sono generalmente lasciate crescere secondo i processi naturali (ZNTP-1, 2010), mentre le foreste della seconda e della terza area protetta sono gestite secondo i principi delle molteplici finalità, della sostenibilità e della naturalezza. La copertura boschiva si differenzia nelle singole aree protette del Parco Nazionale del Triglav, la più alta è nella terza area (77%), mentre le foreste nella prima area protetta ricoprono solo il 38% della superficie (Gartner, 2011; Kozorog, 2011). L'importanza della foresta nel Parco Nazionale del Triglav è universale e svolge le funzioni ecologiche, sociali e produttive. Se confrontate con la situazione in Slovenia, alcune di queste funzioni sono rappresentate in percentuale superiore alla media e rivestono di conseguenza un interesse nazionale più ampio. Si tratta principalmente della funzione di conservazione della biodiversità e tutela dei valori naturali, nonché la funzione protettiva, di tutela, estetica, turistica e ricreativa. Le foreste vengono analizzate sistematicamente sia nel contesto della vegetazione che per quanto riguarda il loro stato di salute. Si costata che gli alberi del parco nazionale sono più vitali rispetto alla media slovena (Skudnik e Japelj, 2011). Che lo stato dell'aria e della conservazione delle foreste nel parco nazionale sia migliore rispetto ad altre parti della Slovenia, è confermato anche dai dati del monitoraggio dell'inquinamento

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atmosferico tramite l’analisi della copertura dei tipi vegetali elementari di lichene epifitico (Skudnik e Japelj, 2011). Così, sia la defogliazione e i danni alle foreste, sia il rilevamento indiretto dell’inquinamento atmosferico con i licheni epifitici, sia la biomassa legnosa morta, sono tra l'altro degli indicatori adatti per il monitoraggio a lungo termine dell'impatto dei cambiamenti climatici sulle foreste che, secondo alcune previsioni di esperti, entro la fine del secolo potrebbero cambiare radicalmente anche l'aspetto attuale degli ecosistemi forestali montani nel nostro paese (GIS, 2008; GIS, 2011).

Metodi La descrizione della vegetazione forestale del Parco Nazionale del Triglav, presentata in questo contributo, si basa su dati provenienti dalle Unità territoriali dell’Ente forestale sloveno relativi ai Piani di gestione forestale delle aree di Bled e Tolmino per il periodo 2011–2020, acquisiti nel 2011 nell’ambito di una piattaforma analitica per la redazione del piano di gestione del Parco Nazionale del Triglav. I dati utilizzati e le analisi sono stati elaborati sulla base dei dati informatici del sistema informatico forestale e sono stati adattati per l'area del parco nazionale. Per presentare lo stato di salute delle foreste sono stati utilizzati i dati del monitoraggio dello stato delle foreste e degli ecosistemi forestali, compiuto dall'Istituto forestale sloveno nel 2007 nell’ambito del programma di monitoraggio delle foreste e degli ecosistemi forestali (MFEF) su una rete di superfici campione di 4 × 4 km.

Risultati Descrizione della vegetazione L'intera area del Parco Nazionale del Triglav si trova nella regione fitogeografica alpina (Wraber, 1969) in cui a causa delle condizioni climatiche estreme si assiste prevalentemente alla comparsa di elementi vegetali alpini, adattati alle condizioni di crescita fredde e umide, con inverni lunghi e una breve stagione vegetativa. L’area forestale è dominata da faggete di montagna, di media montagna e della zona subalpina, che cresce su roccia calcarea e mista (55%). La maggior parte della superficie è coperta dall’associazione climatogena di faggio alpino con l’anemone trifogliata (Anemono trifolio – Fagetum var. geogr. Helleborusniger) che occupa una larga fascia che si estende da 600 a 1600 m sul livello del mare (figura 1). Il faggio è regolarmente mischiato all’abete rosso, nelle quote più alte anche al larice. Ad altitudini superiori a 1500 m, la foresta alpina di faggio lascia spazio al pino mugo alpino (RhododendroRhodothamnetum) che svolge un importantissimo ruolo protettivo. Sul limite superiore della vegetazione arborea è questa un’associazione pionieristica per la sovracrescita delle superfici nude che appare anche nelle torbiere di alta quota (tabella 1). Nel Parco nazionale del Triglav, l’abete rosso è una specie arborea comune che domina nella parte centrale e settentrionale del parco nazionale ma, a causa dell’influenza dell’uomo, il soprassuolo spesso è di carattere secondario. Le abetaie pure e tipiche dal punto di vista floristico appaiono solo nelle associazioni di abete rosso e adenostile alpina (Adenostyloglabrae-Piceetum) e nella foresta di abete rosso subalpino (Piceetumsubalpinum). Il larice non costituisce associazioni indipendenti ma è compreso nell’associazione di pino mugo e si ferma al limite superiore della vegetazione arborea. Nella parte meridionale del parco, nella Valle del fiume Isonzo, appaiono delle associazioni termofili di carpinella e di orno (Ostryocarpinifoliae-Fraxinetum orni) che a causa delle condizioni di crescita sfavorevoli o dell’influenza dell’uomo sono di forma cespugliata. È di carattere termofilo anche il pino nero

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(Pinetumaustroalpinum) che troviamo nella valle di Koritnica. Sono associazioni tipiche dell’area del parco anche i salici che troviamo in prossimità dei fiumi e dei torrenti alpini.

Figura 1. Il faggio alpino con l’anemone trifogliata (Anemono trifolio – Fagetum var. geogr. Helleborusniger) è l’associazione forestale più tipica del Parco nazionale del Triglav. Tabella 1. Superficie e percentuale di rappresentatività dei tipi di vegetazione nell’area del Parco nazionale del Triglav Tipo di vegetazione salice, pioppo, ontano nero e ontano bianco rovere-carpine bianco su roccia calcarea e mista faggio sub-montano su roccia calcarea e mista faggio sub-montano su roccia silicea faggio di montagna, di alta montagna e della zona subalpina su roccia calcarea e mista faggio di montagna, di alta montagna su roccia silicea abete-faggio acero, frassino e tiglio faggio termofilo foreste e lande cespugliose di latifoglie termofile pino silvestre e pino negro alcalofili abete e abete rosso su roccia calcarea e mista abete e abete rosso su roccia silicea abete rosso di torbiera e pino mugo larice pino mugo TOTALE

Fonte: Gartner et al. (2011), Kozorog et al. (2011).

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Superficie (ha) 29,96 27,30 815,49 142,96

Superficie (%) 0,06 0,06 1,71 0,30

26.041,94

54,57

640,46 4.893,72 35,35 1.571,38 1.539,63 474,43 3.930,96 5,77 659,78 2.055,34 4.857,39 47.721,86

1,34 10,25 0,07 3,29 3,23 0,99 8,24 0,01 1,38 4,31 10,18 100,00


Nelle foreste della prima area protetta del Parco nazionale del Triglav domina l’associazione di faggio alpino con l’anemone trifogliata che insieme ricoprono 5.539 ettari, ovvero il 46% dell’intera superficie forestale di questa zona protetta. Seguono il pino mugo alpino e il larice con 2.662 (22%) e 1.607 ettari (13%). L’abete rosso subalpino su una base di carbonato ricopre 741 ettari, mentre il pino dinarico ricopre 453 ettari nella prima area protetta del parco. Il faggio alpino con l’anemone trifogliata domina anche nella seconda (57%) e nella terza area protetta del parco (46%) (figura 2). Faggeti calcicoli sub-montano prealpini Faggeti del Litorale Faggeti acidofili di montagna – di alta montagna con erba lucciola bianca Abeti rossi di torbiera

Associazione forestale

Faggeti ombrosi con regina dei prati Pino negro alcalofilo Faggeti termofili prealpini-alpini Faggeti prealpini di alta montagna con ranuncolo a foglie di platano Faggeti prealpini di montagna Abeti rossi su roccia calcarea Altro Abeti – faggeti prealpini dinarici Foresta di latifoglie termofile alpina-prealpina Pino mugo dinarico Abeti rossi sub-alpini su base calcarea Larice Pino mugo alpino Faggeti alpini con anemone trifogliata 0

10

20

30

40

50

60

% 3

2

1

Figura 2. Superficie e percentuali delle associazioni forestali più comuni distribuite secondo le singole aree protette del PNT. Fonte: Gartner et al. (2011), Kozorog et al. (2011).

Lo stato di salute delle foreste nel Parco nazionale del Triglav In Slovenia, il monitoraggio sistematico dello stato di salute delle foreste si svolge dal 1985 (Legge sulla ratifica... 1986; Regolamento sulla protezione..., 2000). Si usano come indicatori per monitorare la vitalità degli alberi la valutazione visiva della defogliazione delle chiome e il computo dei danni presenti sugli alberi che offrono una panoramica dei cambiamenti spaziali e temporali dello stato delle foreste e permettono di individuare l'impatto dei fattori di stress. Secondo i dati dell’Istituto forestale sul monitoraggio dello stato delle foreste e degli ecosistemi forestali nell’ambito del programma di monitoraggio delle foreste e degli ecosistemi forestali (MFEF) su una rete di superfici campione di 4 × 4 km, gli alberi nel Parco nazionale del Triglav risultano essere, per quanto riguarda l’indicatore della defogliazione, più vitali rispetto alla media slovena (Skudnik & Japelj, 2011). La defogliazione media degli alberi analizzati nel parco (20,8%) è più bassa del 7,3% rispetto alla media slovena (tabella 2). Si riscontrano delle differenze significative anche confrontando l’indice dei danni sugli alberi. Nel 2007 il numero di alberi con defogliazione della chioma superiore al 25% risultava essere nel Parco nazionale del Triglav del 24,0%, mentre in Slovenia era di ben il 39,4%. Anche se significativamente inferiore in confronto al restante ambiente forestale sloveno, tuttavia, anche nel parco nazionale è maggiore la defogliazione delle chiome delle aghifoglie (23,8%) rispetto a quella delle latifoglie (21,5%). Con questo tipo di valutazione è necessario considerare la dimensione del campione e il grado di

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affidabilità dei risultati. In caso di defogliazione e dei danni sugli alberi, questi ultimi sono infatti calcolati sulla base dei dati ottenuti solo da 650 alberi in 25 aree campione che si trovano dentro la rete di 4 × 4 km all'interno della zona forestale del Parco nazionale del Triglav. Tabella 2. Stato di defogliazione e danni sugli alberi nel Parco nazionale del Triglav nel 2007 Numero alberi aghifogl latifogli [N] ie [N] e [N]

Defogliazione media alberi aghifogl latifogli [%] ie [%] e [%]

Danni alberi aghifogl latifogli [N] ie [N] e [%]

Indice dei danni alberi aghifogl latifogli [%] ie [%] e [%]

PARCO NAZIONALE DEL TRIGLAV Num. di superfici Media aritmetica Deviazione standard Mediana Errore standard Intervallo di confidenza lim. inf. Intervallo di confidenza lim. sup.

25

22

20

25

22

20

25

22

20

25

22

20

26

18

12

20.8

23.8

21.5

6.7

5.0

2.9

24.0

30.0

27.5

11.5

11.5

10.9

9.2

9.5

12.8

5.4

3.9

3.5

15.3

16.8

30.0

28

16

9

23.6

25.7

21.6

6.0

3.5

1.0

25.0

26.4

18.8

2.3

2.5

2.4

1.8

2.0

2.9

1.1

0.8

0.8

3.1

3.6

6.7

21

13

7

17.0

19.6

15.5

4.5

3.3

1.2

17.7

22.6

13.5

31

24

17

24.6

28.0

27.5

8.9

6.7

4.5

30.3

37.5

41.6

SLOVENIA Num. di superfici Media aritmetica Deviazione standard Mediana Errore standard Intervallo di confidenza lim. inf. Intervallo di confidenza lim. sup.

738

549

699

738

549

699

738

549

699

738

549

699

26.8

13.7

17.6

28.1

30.1

26.6

10.7

5.6

6.9

39.4

45.2

36.0

10.2

10.8

10.9

10.8

14.5

12.1

8.1

6.0

7.5

24.9

33.1

28.2

27.0

11.0

17.0

27.0

28.3

26.1

9.0

4.0

5.0

36.3

40.0

31.6

0.4

0.5

0.4

0.4

0.6

0.5

0.3

0.3

0.3

0.9

1.4

1.1

26.1

12.8

16.8

27.3

28.9

25.7

10.1

5.1

6.4

37.6

42.4

33.9

27.6

14.7

18.4

28.9

31.4

27.5

11.3

6.1

7.5

41.3

48.1

38.2

Nota: L’intervallo di confidenza ovvero l’intervallo di stima del parametro (del 95 percento) viene calcolato utilizzando la distribuzione t statistica (per N=25 e α=0.05 abbiamo tn-1=24=2.064 – bilateralmente; N=22 e α=0.05 abbiamo tn-1=20=2.080 – bilateralmente; N=20 e α=0.05 abbiamo tn-1=19=2.093 – bilateralmente; per N=737 e α=0.05 abbiamo tn-1=736=1.95996). Fonte: Skudnik e Japelj (2011).

19


Figura 3. Distribuzione spaziale delle superfici del monitoraggio delle foreste e degli ecosistemi forestali (MFEF) su una rete campione di 4 × 4 km nel territorio del PNT. Traduzione dei termini della legenda: ploskve MGGE 2007 TNP = superfici MFEF 2007 PNT; MKGP gozdni rob TNP = bordo della foresta PNT MKGP; območje TNP = area del TNP; državna meja = confine di stato. Fonte: Skudnik e Japelj (2011). In generale, la defogliazione degli alberi nella parte meridionale e centrale del parco nazionale è inferiore rispetto alla situazione nella sua parte orientale. I più colpiti sono le latifoglie morbide e l’abete, mentre sono meno defogliati i pini, i larici e le latifoglie nobili e dure. Tuttavia, lo stato delle foreste nel Parco nazionale del Triglav è buono e al di sopra della media slovena. Il carico ambientale all'interno del parco è infatti relativamente piccolo, ad eccezione di alcune zone strette nella valle che sono gravemente sollecitate dal turismo e dal trasporto. Sullo stato di salute delle foreste ha un significativo impatto negativo l’elevata concentrazione dell’abete rosso nel soprassuolo, soprattutto sull’altopiano della Pokljuka e della Mežakla, che a causa di una scarsa stabilità sono più suscettibili ai danni meccanici dovuti a vento e neve e alla proliferazione delle scolitidi o funghi parassitari. L'assenza dei bioindicatori chiave, come il lichene epifitico in alcune aree delle Alpi Giulie, in particolare sull’abete rosso nella parte occidentale del parco, dimostra l'impatto a distanza dell’inquinamento atmosferico. Il metodo di monitoraggio dell'inquinamento atmosferico che si avvale dei bioindicatori, con l’analisi di copertura dei tre tipi elementari di lichene epifitico, è incluso tra l’altro in Slovenia nel sistema MFEF. Nel Parco nazionale del Triglav è stata realizzata nel 2007 un'analisi della flora lichenica epifitica su un totale di 22 aree campione MFEF e in cui solo su una superficie non si è costatata la presenza di nessuno dei tre tipi di lichene. Superfici con un vasto manto di lichene cespuglioso e screziato erano presenti a Pokljuka e Uskovnica (Skudnik & Japelj, 2011). Secondo le categorie di copertura in cui la classe 0 rappresenta delle condizioni scarse e il grado 7 delle condizioni buone per la crescita di licheni, il maggior numero di superfici rientra nella quarta categoria, dove la copertura con i licheni crostosi e screziati è inferiore o

20


uguale al 10%. Il confronto dei dati MFEF per l'intero Paese dimostra che lo stato dell'aria e della conservazione delle foreste nel PNT è migliore che altrove in Slovenia, dove predominano le superfici dalla classe 1 con un manto di licheni crostosi fino al 10% (figura 4).

35,0

Numero di superfici (%)

30,0 25,0 20,0 15,0 10,0 5,0 0,0 0

1

2

3

4

5

6

7

8

Categoria di copertura Slovenia

PNT

Figura 4. La distribuzione delle superfici espressa in percentuale e comparativamente tra la Slovenia e il PNT, per categoria di copertura dei licheni epifitici. Categoria di copertura: 0 = non ci sono licheni, 1 = solo crostosi ≤ 10%, 2 = solo crostosi > 10%, 3 = solo screziati, 4 = crostosi e screziati ≤ 10%, 5 = crostosi ≤ 10% e screziati > 10%, 6 = crostosi > 10% e screziati ≤ 10%, 7 = crostosi e screziati > 10%, 8 = tutti e tre i tipi di lichene. Fonte: Skudnik e Japelj (2011). Lo stesso vale quando si mette a confronto lo stato della flora lichenica screziata sull’abete rosso. Nel parco predominano le superfici con una copertura tra lo 0 e il 20%, mentre nel Paese predominano quelle senza la presenza del tipo di lichene menzionato. Per quanto riguarda i licheni crostosi su faggio, la situazione nel PNT è simile a quella in Slovenia. In entrambi i casi predominano le superfici con una copertura tra lo 0 e il 20% (figura 5).

21


70,0

Numero di superfici (%)

60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 0

1

2

3

4

5

Categoria di copertura Slovenia – abete rosso

PNT – abete rosso

Slovenia – faggio

PNT – faggio

Figura 5. La distribuzione delle superfici espressa in percentuale e comparativamente tra la Slovenia e il PNT, per categoria di copertura in base al manto dei licheni screziati sull’abete rosso e il manto dei licheni crostosi su faggio. Categoria di copertura: 0 – non ci sono licheni, 1 – tra 0 e 20%, 2 – tra 20 e 40%, 3 – tra 40 e 60%, 4 – tra 60 e 80% e 5 – tra 80 e 100%. Fonte: Skudnik e Japelj (2011).

Discussione Nel parco nazionale del Triglav le specie arboree più comuni sono l’abete rosso con il 57% e il faggio con una percentuale del 32% delle risorse legnose in totale (Gartner, 2011; Kozorog, 2011). Entrambe le specie contribuiscono maggiormente all'immagine tipica della vegetazione e al ruolo multifunzionale delle foreste del parco nazionale. Tuttavia, poiché la longevità non consente agli alberi un rapido adattamento ai cambiamenti nell'ambiente, gli ecosistemi forestali sono particolarmente vulnerabili anche per quanto riguarda i cambiamenti climatici (Lindner et al., 2010) che, insieme ad altri cambiamenti globali, secondo le previsioni di numerosi studi, andranno a colpire fortemente gli ecosistemi forestali in Europa (Shaver et al., 2000 Askeev et al., 2005;. Kellomäki e Leinonen, 2005; Maracchi et al., 2005; IPCC, 2007). Nell’Europa occidentale e centrale dovrebbe verificarsi uno scambio di boschi di aghifoglie con i boschi di latifoglie (Maracchi et al., 2005; Koca et al., 2006), tra i più vulnerabili sono infatti proprio l’ecosistema artico e l’ecosistema forestale montano. Gli effetti dei cambiamenti climatici dovrebbero essere nelle Alpi anche tre volte superiori rispetto al resto del mondo (OECD, 2007; Convenzione delle Alpi, 2009). I cambiamenti nel regime delle precipitazioni e della temperatura sono stati identificati e confermati negli ultimi anni anche per la Slovenia (Bergant, 2007) e nei prossimi decenni dovrebbero, con un graduale predominio della vegetazione termofila su quella mesofila, produrre un cambiamento di tipo vegetativo nella maggior parte delle aree forestali del paese (Kutnar et al., 2009). Così, secondo lo scenario più pessimistico, il faggio di alta montagna nella zona alpina e subalpina, caratteristico del Parco nazionale del Triglav e dell’ampia zona alpina, si ridurrebbe nel 2099 dall'attuale 8,7% a un totale di 0,2% di superficie forestale nel paese, mentre le aree di pino mugo scomparirebbero del tutto, se allo stesso tempo non si alzasse il limite della vegetazione arborea

22


(Kutnaretal. 2009, GIS, 2008). L’abete rosso e il faggio, elementi fondamentali delle associazioni forestali nel parco nazionale, sono anche le specie arboree più sensibili ai fattori di stress e ad altri effetti che accompagnano i cambiamenti climatici, legati alla limitata disponibilità di acqua, all’aumento delle temperature, al prolungamento dei periodi di siccità, alla minore capacità competitiva e alla resistenza degli alberi ai fattori biotici (Ellenberg, 1996; Fotelli et al., 2002; Peuke et al., 2002; Gessler et al., 2007; Ogris et al., 2008, Profft in Frischbier, 2009). I più grandi cambiamenti del soprassuolo si prevedono proprio al livello dei soprassuoli naturali e secondari di abete rosso a Pokljuka (GIS, 2011) e su altri altipiani alpini. Gli effetti dei cambiamenti della vegetazione forestale influiranno sicuramente sulla diffusione e sulle dimensioni della popolazione di altre specie selvatiche, dei rapporti tra le specie e dello stato degli habitat. La riduzione delle risorse legnose di abete rosso e l’aumento della percentuale delle latifoglie termofili, dovuti all'effetto dei cambiamenti climatici, influenzeranno direttamente la gestione delle foreste del Parco nazionale del Triglav. Oltre alla funzione produttiva saranno colpite anche le note e riconosciute funzioni ecologiche e sociali che oggi consideriamo come scontate, immutabili e durature nelle foreste del Parco nazionale del Triglav.

Conclusioni I cambiamenti climatici accertati in Slovenia negli ultimi anni e le previsioni legate alle loro conseguenze potrebbero, nei prossimi decenni, cambiare radicalmente la composizione, le caratteristiche e il significato degli ecosistemi forestali nel Parco nazionale del Triglav. Il sistema in vigore MFEF, in grado di monitorare alcuni indicatori come la defogliazione e i danni forestali, la biomassa legnosa morta e la rilevazione indiretta dell’inquinamento atmosferico con i licheni epifitici, già oggi consente di monitorare a lungo termine l'impatto dei cambiamenti climatici sulle foreste che, insieme ai dati dell'inventario forestale regolare eseguito dal servizio forestale pubblico, contribuisce in modo significativo alla buona conoscenza dello stato delle foreste. In futuro è quindi indispensabile continuare con queste attività, considerando che per una visione più credibile dello stato delle foreste nel Parco nazionale del Triglav, bisognerebbe addensare la rete esistente delle superfici campione MFEF e migliorarne i contenuti con il monitoraggio delle condizioni di quelle specie selvatiche e di quegli habitat, che si sono dimostrati, sulla base di precedenti ricerche, dei bioindicatori adatti dei cambiamenti climatici. Oltre al rilevamento obiettivo e critico degli effetti dovuti ai cambiamenti climatici, questa è l'unica via per poter adeguare già a livello sistematico in maniera idonea, corretta e tempestiva l'uso delle foreste come una risorsa naturale che però deve rimanere orientata su una gestione sostenibile e con molteplici finalità e, per quanto possibile, deve garantire una composizione naturale delle specie arboree.

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24


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Analisi di alcuni dati riguardanti le visite alle destinazioni turistiche delle Alpi Giulie e del Parco nazionale del Triglav Božo Bradaškja,a Matej Vranješb a

Trenta 20, SI-5232 Soča, Slovenia. b Triglavski narodni park (Parco nazionale del Triglav), Ljubljanska cesta 27, SI-4260 Bled, Slovenia. Corrispondenza: a bozo.bradaskja@siol.net, b matej.vranjes@gmail.com.

Riassunto In questo articolo sono presentati dei risultati selezionati, ottenuti dall'analisi delle visite alla destinazione turistica delle Alpi Giulie e dell'area protetta del Parco Nazionale del Triglav (PNT) per il periodo tra il 2000 e il 2009. Sono analizzati i dati sul numero e la componente periodica degli arrivi turistici, sulla visita alle attrattive e ai centri di informazione turistica del PNT e sui pernottamenti nei rifugi all'interno del parco. Il numero degli arrivi turistici nelle Alpi Giulie è in aumento, con un forte rilievo sulla componente stagionale estiva. Non ci sono dati di qualità sufficienti circa le visite all'area protetta del PNT. Sarebbe necessario elaborare un protocollo con cui acquisire e analizzare i dati a lungo termine, anche con l'aiuto dei contatori automatici nel parco. Parole chiave: analisi delle visite, turismo, aree protette, Alpi Giulie, Parco Nazionale del Triglav.

Introduzione Anche se nell'economia del turismo e nelle organizzazioni internazionali sono ormai già da molti anni consapevoli dei potenziali impatti che i cambiamenti climatici avranno a lungo termine sui flussi turistici (e viceversa), le ricerche in questo settore sono recenti. La maggior parte degli autori osserva giustamente che non è possibile dimostrare con adeguata certezza l'impatto dei cambiamenti climatici sui flussi turistici, sia a causa del gran numero di altri fattori, sia a causa della mancanza di conoscenza dei "modelli" di comportamento dei turisti (Dawson, 2007; Gossling e Hall, 2006a, 2006b; Fischer, 2007; Scott et al., 2005). Molti inoltre sottolineano che l'impatto della crescita della popolazione e dello sviluppo economico sul flusso turistico è e sarà molto più grande (Bigano et al., 2006; Hamilton e Tol 2006; McEvoy et al., 2006). Coloro che tuttavia trovano il coraggio di guardare nella sfera di cristallo dei cambiamenti climatici, fanno delle supposizioni ragionevoli sul fatto che a lungo termine ci si può aspettare un aumento del numero di visitatori verso nord e verso quote più alte, cioè verso le destinazioni turistiche di montagna (Bigano et al., 2006; Hamilton e Tol, 2006). Poiché nel caso di quest'ultime si tratta spesso di aree protette, che già per il loro status attirano molti visitatori, si potrebbe quindi prevedere che in futuro aumenti il numero dei visitatori dei parchi. Ad esempio, Scott e Jones (2006) presuppongono in uno studio dei parchi in Canada che (solo) per ragioni dovute ai cambiamenti climatici entro il 2080 le visite aumenteranno dal 10 al 40 per cento, soprattutto durante i periodi da aprile a giugno e da settembre a novembre. A prescindere da queste discussioni incerte della ricerca, è importante monitorare le tendenze delle visite ai parchi durante il periodo dei cambiamenti climatici previsti. Si può dire con un grado di certezza molto più elevato che i cambiamenti climatici avranno (e hanno già) un impatto a lungo termine sui diversi ecosistemi. Solo per l'impatto che le visite possono avere su alcune specie e ecosistemi sensibili, e considerando il fatto che a causa dei cambiamenti climatici le loro caratteristiche e la sensibilità si 27


altereranno, il monitoraggio del numero di visitatori nelle aree protette dovrebbe essere un compito sistematico dei gestori. A tal fine, il Parco Nazionale del Triglav (PNT) ha acquisito per l'ultimo decennio (2000–2009) un'analisi preliminare delle linee di tendenza del movimento del numero dei visitatori in una vasta zona e nei dintorni del PNT (Bradaškja, 2012). Lo scopo dell'analisi era quello di individuare le tendenze generali delle variazioni del numero dei visitatori e la loro distribuzione (approssimativa) spaziale e stagionale. Lo studio è generale e serve principalmente per verificare la disponibilità e la qualità dei dati esistenti, mentre il gestore potrebbe, su questa base, impostare un sistema di monitoraggio a lungo termine e una raccolta dei dati che combacia con il suo obiettivo. Di seguito sono riportati alcuni risultati selezionati di quest’analisi, ossia i risultati sugli arrivi turistici, sulla visita delle attrattive e dei punti di informazione del PNT e sul pernottamento nei rifugi di montagna. Grazie alla disponibilità dei dati, abbiamo utilizzato come area di riferimento, oltre al PNT, anche una zona più vasta delle Alpi Giulie (AG). Anche se quest’area è più grande dell'area del parco, abbiamo pensato che era una cosa sensata da fare perché possiamo dedurre con una buona dose di certezza che le tendenze in una vasta zona delle AG sono simili a quelle nell’area del parco.

Arrivi turistici alla destinazione delle Alpi Giulie Il numero degli arrivi turistici è un dato che si riferisce al numero delle persone che a scopo di visita pernottano almeno una notte in una determinata zona. Nell’area della destinazione turistica delle Alpi Giulie operano cinque organizzazioni turistiche locali (OTL) che raccolgono e trasmettono i dati sugli arrivi turistici. Bisogna sottolineare che solo due di queste OTL registrano gli arrivi sulla base delle tasse turistiche pagate, mentre il resto dei dati è ottenuto dall'Ufficio di Statistica della Repubblica di Slovenia, questi ultimi sono in genere meno precisi e i valori risultano leggermente inferiori. Per raccogliere dei dati comparabili e di qualità sarebbe utile che le OTL gestissero una statistica unitaria tenendo conto delle tasse turistiche pagate. Dai dati disponibili si può comunque evincere che nel periodo 2000–2009 il numero degli arrivi turistici alla destinazione delle AG è aumentato in media in tutti i comuni, complessivamente del 32,2%. Il maggiore aumento relativo degli arrivi turistici è stato registrato durante questo periodo dai comuni di Kobarid (Caporetto) (108,4%) e Tolmin (Tolmino) (79,7%), mentre in senso assoluto il maggior incremento è stato registrato dal comune di Bled, che anche generalmente è il comune all’interno dell’area delle AG di gran lunga più visitato (in media quasi il 40% di tutti gli arrivi turistici) (Bradaškija, 2012, 6). Per verificare se questo "aumento" ha le caratteristiche di una tendenza, vale a dire un trend di crescita costante verificato anche statisticamente, abbiamo utilizzato l'analisi del trend lineare1.

1

La stima dei parametri delle funzioni del trend avviene dal punto di vista tecnico allo stesso modo dell’analisi di regressione in cui il processo può essere semplificato con l’introduzione del c.d. tempo tecnico (che ha un’origine (valore 0) al centro della linea temporale). La funzione lineare stimata del trend è la seguente: Y˝= a + bX, essendo a e b delle stime dei parametri α e β.

28


Figura 1. Movimento del numero degli arrivi turistici nei singoli comuni nel periodo 2000–2009. Fonte: Bradaškja (2012). Come si può vedere dalla figura 1, le tendenze degli arrivi turistici nel periodo osservato sono in aumento in tutti i sei comuni dell’area delle AG, il che significa che il numero degli arrivi turistici in media è aumentato, con diverse velocità da comune a comune. È importante considerare che hanno delle forti tendenze positive non solo i comuni con un basso numero assoluto di visitatori, ma anche quelle con un numero maggiore, in particolare Bled, Bohinj e Bovec (è un’eccezione forse solo Kranjska Gora). Abbiamo calcolato anche i coefficienti di correlazione che mostrano qual è il rapporto tra il numero di turisti in una particolare zona e il tempo lineare tecnico. La tabella 1 mostra che il coefficiente di correlazione in tutti i sei comuni, nonché nella destinazione delle AG, è stato positivo e relativamente elevato (ad eccezione del comune di Kranjska Gora), il che significa che la correlazione tra il numero di turisti e il tempo lineare tecnico è positiva ed elevata. In una maniera un po’ semplificata si potrebbe quindi dire che esiste una possibilità abbastanza rilevante – se non si verificano dei cambiamenti anomali nei fattori importanti (ad esempio la crisi economica) – che anche nel prossimo futuro nella maggior parte dei comuni il numero di arrivi continui a crescere. La stima della "crescita media" per l'intera area delle AG per il periodo analizzato è stata ad esempio di oltre 14.500 arrivi all'anno (coefficiente di regressione per le AG)..2 Tabella 1. Coefficiente di correlazione e funzioni stimate delle tendenze per il numero degli arrivi turistici Area Bled Bohinj Bovec Kobarid Kranjska Gora Tolmin Alpi Giulie

Coefficiente di correlazione r = 0,915 r = 0,851 r = 0,784 r = 0,965 r = 0,594 r = 0,917 r = 0,949

Funzione stimata Bled'' = 179.130,0 + 6.884,5x Bohinj'' = 97.053,0 + 2.146, 9x Bovec'' = 54.446,4 + 1.537,1x Kobarid'' = 24.519,4 + 1.909,1x Kr. Gora'' = 122.767,6 + 1.125,2x Tolmin'' = 12.406,3 + 996,0x JA'' = 490.323,0 + 14.698,9x

Fonte: Bradaškja (2012).

2

In tutte le stime dei trend è stata anche respinta l’ipotesi nulla (H0: β = 0) con un basso livello di significatività, il che conferma che i coefficienti di regressione erano diversi da 0 e che il numero di arrivi turistici nelle singole aree nel periodo preso in considerazione è effettivamente aumentato.

29


Componente periodica (stagionale) degli arrivi turistici A causa del potenziale impatto delle visite di massa sull'ambiente naturale e sociale, è importante per il gestore del parco conoscere la distribuzione media temporale e annua degli arrivi. Per l'analisi della componente periodica è stato utilizzato il metodo dei quozienti su una serie di medie mobili.3 Nel calcolare gli indici della componente periodica (stagionale), abbiamo preso in considerazione i dati sugli arrivi turistici mensili per un periodo di sei anni (2004–2009), ossia per un intervallo di tempo che disponesse di un numero sufficiente di informazioni di buona qualità. Gli indici periodici per il numero di arrivi turistici per l'area AG dimostrano che l'intera zona è fortemente caratterizzata dalla componente stagionale (figura 2), con la maggior parte degli arrivi in luglio e agosto, e in misura minore ma ancora sopra la media anche nel mese di giugno e settembre. È importante sottolineare che una spiccata stagione estiva è caratteristica di tutti i comuni della destinazione delle AG, con indici che superano il 300. Registrano una stagionalità leggermente meno pronunciata solo Bled (una stagione superiore alla media e più lunga: maggio–ottobre) e Kranjska Gora (è importante anche la stagione invernale) (vedi Bradaškija, 2012, 10).

Figura 2. Indici periodici per il numero di arrivi turistici nel periodo 2004–2009. Fonte: Bradaškja (2012). Dato che il picco della stagione turistica avviene nei mesi estivi, quando si prediligono le attività all'aperto, incluse le visite alle attrattive, si può dedurre che la stagionalità degli arrivi turistici nelle AG si rifletta anche nelle visite all'interno dell'area protetta del PNT. A causa dei noti effetti collaterali negativi

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Il metodo dei quozienti su una serie di medie mobili è indicato per il seguente modello di serie storiche: Y = Tlm pm εlm dove Tlm è il valore che riflette l’effetto totale del trend e del ciclo, nel periodo l e nel lasso di tempo dentro il periodo m; pm è il coefficiente periodico per il lasso di tempo dentro il periodo m; εlm è la deviazione casuale nel lasso di tempo dentro il periodo m e nel periodo l; m = 1, 2, 3 … M (m = lasso di tempo dentro il periodo, M = numero di periodi); l = 1,2,3 ... L (l = periodo, L = numero di periodi).

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della stagionalità sull’ambiente naturale e sociale, questi dati dovrebbero essere presi in considerazione durante la progettazione delle pratiche di gestione. Tuttavia, l'effettiva ed esatta conoscenza delle caratteristiche delle visite nell’area protetta del parco è molto più difficile rispetto alla destinazione delle AG perché i dati sono relativamente pochi, non sono confrontabili tra loro o non riflettono sufficientemente la situazione reale. In seguito saranno analizzati tra i dati disponibili: la visita delle attrattive e dei centri d'informazione del PNT e i pernottamenti nei rifugi all’interno del parco.

Visite ai Centri di informazione del PNT e alle attrattive all’interno del parco Nel Parco Nazionale del Triglav i dati sul numero dei visitatori sono registrati nei tre centri di informazione. Dom Trenta è il centro più visitato che si trova nell’abitato di Trenta, al centro dell'area protetta. Triglavska roža è il centro più moderno (dal 2006) e si trova al di fuori dell'area protetta a Bled, dentro l’Ufficio amministrativo del parco. Un punto di informazione più piccolo, Pocarjeva domačija, si trova in un piccolo borgo all'interno dell'area protetta. Come si evince dalla tabella 2, il numero delle visite nei centri del PNT è molto variato nel corso degli anni, riducendosi in media a Dom Trenta e a Pocarjeva domačija, ma aumentando a Triglavska roža a Bled. Tuttavia, questi dati non sono un buon indicatore delle tendenze delle visite al parco, in quanto comprendono solo i visitatori che visitano le mostre o partecipano agli eventi organizzati. Una buona parte dei primi è rappresentata da scolaresche organizzate e non da altri turisti e ospiti abituali che visitano il parco, mentre la gran parte degli altri è rappresenta dalla popolazione locale. Il calo delle visite a Dom Trenta e a Pocarjeva domačija è in gran parte dovuto alla riduzione del numero di scolaresche organizzate (a Trenta anche ai disastri naturali), mentre a Triglavska roža la crescita è associata soprattutto al programma di eventi sviluppato intensamente negli ultimi anni. Si può concludere affermando che la registrazione esistente del numero di visite nei centri di informazione è importante per il gestore ma i dati non sono un indicatore rilevante delle tendenze di visita della zona protetta in generale. Sulla visita annuale di questi centri influiscono, infatti, molti fattori e i dati non sono nemmeno comparabili tra loro. Tabella 2. Numero di visitatori nei centri di informazione del PNT Anno 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Dom Trenta 19.209 22.440 17.210 20.425 21.421 19.440 18.443 17.085 16.029 17.396 14.941 15.063 15.775 12.244 12.625

Triglavska roža — — — — — — — — — — 178 7.907 9.866 10.166 10.960

Pocarjeva domačija — — — — 800 816

2.000 1.956 1.308 1.311 784

Fonte: PNT (2011).

Un indicatore migliore del movimento del numero dei visitatori sono le visite alle attrattive naturali e culturali all'interno del parco. Per il presente schema abbiamo selezionato quattro siti in cui, grazie alla

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vendita dei biglietti, il numero dei visitatori è registrato abbastanza accuratamente. La chiesa di Javorca e le Gole di Tolmino (Tolminska korita) si trovano nella parte inferiore e superiore del corso del fiume Tolminka, sul lato del parco che si trova nella regione del Litorale, mentre la gola di Blejski vintgar e la cascata della Savica, sul lato della Gorenjska, sono le due attrazioni naturali più visitate all'interno del PNT. I dati sui biglietti venduti sono buoni e adatti all'analisi delle tendenze delle visite turistiche nel parco, ma per il periodo analizzato non sono completamente disponibili per tutte le attrattive (ciò è legato all’inizio della vendita dei biglietti), per cui un’analisi più complessa delle tendenze (per ora) non avrebbe senso (figura 3). Tuttavia, in generale, si può concludere che per la maggior parte delle attrattive selezionate il numero di visitatori oscilla nel corso degli anni, ma in media sta evidentemente aumentando, tranne nel caso della cascata Savica, dove le oscillazioni sono più pronunciate. Un po’ prematuramente si potrebbe concludere che questi dati in qualche misura riflettono le tendenze degli arrivi turistici nella destinazione delle AG. Per conclusioni più rilevanti dal punto di vista statistico, avremmo bisogno di una serie più lunga di dati (lassi temporali), e insieme all'analisi dovremmo tener conto del fatto che le condizioni meteorologiche influiscono in modo significativo sul numero dei visitatori delle attrattive.

Figura 3. Visita delle attrattive nell’area del PNT nel periodo 2000–2010. Fonte: OTL Sotočje, 2011; Ass. turistica Bohinj, 2011; Ass. turistica Gorje, 2011.

Visita ai rifugi di montagna Nell’area del PNT operano ben 37 rifugi, gestiti da 20 associazioni alpinistiche. Tra tutti i dati che in questo momento sono disponibili, le visite dei rifugi offrono le informazioni più rilevanti circa le tendenze sul numero dei visitatori dell'area protetta. Questi dati sono molto rilevanti anche perché la maggior parte dei rifugi sono situati nella prima area protetta in cui il regime di protezione è più rigoroso. Proprio per questo è sorprendente che durante la ricerca molte associazioni alpinistiche non avevano o non hanno voluto fornire i dati sui pernottamenti. Purtroppo nemmeno la gestione del parco dispone di tali dati. Alla richiesta di fornire i dati hanno risposto positivamente solo 12 delle 20 associazioni alpine. Dato che le associazioni alpinistiche sono tenute per legge a comunicare i dati sui pernottamenti all’Ufficio di statistica della RS, sarebbe utile che la gestione del PNT raggiungesse un accordo su una comunicazione periodica dei dati, anche per le finalità di gestione dell'area protetta. La tabella 3 mostra il numero di pernottamenti nei 25 rifugi alpini nel periodo 2000–2009. Dai dati si può vedere che il maggior numero di pernottamenti è registrato proprio dai rifugi nel cuore del parco, nelle vicinanze del Triglav e dai rifugi nella prima area protetta in generale. Poiché questi rifugi sono anche i

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più distanti dai punti di partenza dei sentieri escursionistici, tali dati sono preventivati. Sulla base dei dati raccolti è impossibile fare delle previsioni sulla tendenza dei cambiamenti del numero di pernottamenti perché variano molto da rifugio a rifugio. In generale, possiamo concludere che il più alto numero totale di pernottamenti è stato raggiunto nel 2003, che è stato anche il primo anno in cui i dati erano disponibili per tutti i rifugi inclusi nella ricerca. Tabella 3. Pernottamenti nei rifugi di montagna nel periodo 2000–2009 Rifugio Erjavčeva koča na Vršiču, 1525 m Koča pri Izviru Soče, 886 m Tičarjev dom na Vršiču, 1620 m Zavetišče pod Špičkom, 2064 m Dom na Komni, 1520 m Koča pri Savici, 653 m Koča pri Triglavskih jezerih, 1685 m Triglavski dom na Kredarici, 2515 m Koča pod Bogatinom, 1513 m Planinska koča na Uskovnici, 1154 m Planinska koča na Vojah, 690 m Vodnikov dom na Velem polju, 1817 m Dom dr. Klementa Juga v Lepeni, 700 m Gomiščkovo zavetišče na Krnu, 2182 m Planinski dom pri Krnskih jezerih, 1385 m Aljažev dom v Vratih, 1015 m Šlajmarjev dom v Vratih, 1015 m Dom Planika pod Triglavom, 2401 m Koča na Doliču, 2151 m Bregarjevo zavetišče na planini Viševnik, 1620 m Koča na planini pri Jezeru, 1453 m Dom Zorka Jelinčiča na Črni Prsti, 1835 m Zasavska koča na Prehodavcih, 2071 m Pogačnikov dom na Kriških podih, 2050 m Koča na planini Razor, 1315 m TOTALE

Mesi

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

12 6 6 3 12 6 4 12 4,5 6 4 3 4 3 4 6 6 3 3 4

2.318 515 1.359 637 n.d. n.d. n.d. n.d. 2.331 1.167 167 2.588 876 820 2.398 n.d. n.d. 4.899 5.258 12

1.826 555 1.423 532 n.d. n.d. n.d. n.d. 2.684 1.121 246 2.633 1.011 589 1.648 n.d. n.d. 4.373 4.540 12

2.429 600 1.907 516 n.d. n.d. n.d. n.d. 2.460 1.227 506 2.736 808 831 2.583 n.d. n.d. 4.501 5.297 12

1.840 328 2.008 445 3.689 648 8.236 10.984 2.377 1.487 589 2.945 533 765 3.766 2.647 1.098 4.908 4.246 12

1.339 372 1.420 280 1.161 581 7.845 8.686 4.014 1.255 572 3.178 703 440 2.877 2.647 482 4.334 3.829 12

912 148 1.421 228 3.409 775 6.807 8.209 2.742 1.280 663 2.806 778 427 2.849 2.287 477 4.059 4.259 12

507 191 1.583 263 2.808 656 6.875 7.824 1.816 860 747 2.825 781 573 3.511 2.267 741 3.835 3.946 12

482 181 1.287 351 3.447 654 6.262 8.954 2.185 780 430 3.091 961 620 3.494 2.445 907 4.012 4.259 12

605 110 1.133 322 2.993 818 6.050 8.973 2.060 951 341 2.771 635 518 2.666 2.603 757 3.022 4.584 12

462 111 987 256 3.817 728 4.688 10.217 2.089 774 316 3.062 578 437 2.558 2.589 826 5.567 805 12

4 4 3 3 4

2.530 2.234 2.103 2.302 2.413 2.091 1.786 2.220 2.814 2.248 566 519 445 558 571 427 521 665 442 615 1.381 819 1.287 1.662 1.834 1.428 1.600 1.539 1.430 2.101 3.717 3.225 3.853 3.593 2.861 2.644 2.914 2.743 2.923 2.634 1.164 1.280 1.357 1.003 958 1.224 1.315 985 1.244 596 34.703 31.270 35.458 62.669 54.664 52.362 50.757 52.966 50.777 49.073

Fonte: Ass. alpinistica Jesenice, 2011; Ass. alpinistica Ljubljana-Matica, 2011; Ass. alpinistica Srednja vas a Bohinj, 2011; Ass. alpinistica Nova Gorica, 2011; Ass. alpinistica Dovje-Mojstrana, 2011; Ass. alpinistica Gorje, 2011; Ass. alpinistica Drago Bregar, 2011; Ass. alpinistica Integral, 2011; Ass. alpinistica Podbrdo, 2011; Ass. alpinistica Radeče, 2011; Ass. alpinistica Radovljica, 2011; Ass. alpinistica Tolmino, 2011.

Successivamente il numero totale dei pernottamenti è calato in media, ma il numero di pernottamenti cambia molto da rifugio a rifugio. Se volessimo stabilire delle tendenze statisticamente rilevanti del cambiamento del numero di pernottamenti, sarebbe necessario prendere in considerazione le condizioni meteorologiche che hanno un impatto significativo sulla visita alle montagne, così come alcuni altri fattori importanti (orari di apertura, ristrutturazione dei rifugi ecc.) Va inoltre considerato che i dati relativi al numero dei pernottamenti comprendono una piccola parte dei visitatori della montagna, poiché la maggior parte di essi fanno delle escursioni di una giornata. Capire la situazione reale delle visite alle montagne del PNT e all’area protetta in generale richiederebbe, pertanto, un'analisi più completa che comprenda il metodo di conteggio dei visitatori nella natura basato sui campioni, ma regolare e continuo, manuale e automatico.

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Conclusione Il monitoraggio a lungo termine del numero di visitatori nei parchi è importante per i gestori, non tanto per verificare a titolo incerto “l’impatto” dei cambiamenti climatici sui flussi turistici, ma per monitorare e adeguare le pratiche di gestione al cambiamento delle tendenze delle visite. Dal momento che i cambiamenti climatici si riflettono nei mutamenti degli ecosistemi e nella sensibilità di alcune specie, grazie alla risposta adeguata da parte della gestione, la conoscenza delle caratteristiche e delle tendenze delle visite nell’area protetta è tanto più importante. Sarebbe quindi opportuno che i parchi avessero un protocollo regolare e a lungo termine per l’acquisizione e l’analisi dei dati rilevanti. In questo articolo abbiamo presentato i risultati selezionati dell'analisi delle visite nella destinazione turistica delle Alpi Giulie (Bradaškja, 2012). L'obiettivo era non solo individuare le tendenze, ma, in particolare, verificare i dati esistenti e valutarne la qualità e la rilevanza. Si osserva che non è disponibile un numero sufficiente di dati di qualità, e le tendenze possono essere dedotte solo sulla base degli indicatori indiretti. I dati più rilevanti e di qualità sembrano essere quelli sul numero di arrivi turistici nella destinazione delle AG. Anche se si tratta di una vasta area, si può supporre che la parte di turisti che visitano l'area protetta non cambia in modo significativo nel corso degli anni. È stato dimostrato che le tendenze degli arrivi turistici sono in aumento in tutta la zona delle Alpi Giulie e che nella gran parte dei comuni la distribuzione è soprattutto stagionale con un picco nel mese di luglio e agosto. I dati sui visitatori dei centri di informazione del PNT sono abbastanza precisi, ma non sono comparabili, sia a causa delle differenze di posizione e del programma dei centri, sia perché non distinguono tra visitatori di mostre, persone in cerca di informazioni e coloro (gente locale) che assistono solo a degli eventi. Molto più rilevanti per identificare le tendenze delle visite del parco sono le informazioni sulle visite delle attrattive, ma queste non sono disponibili per un periodo di tempo sufficientemente lungo. I dati più idonei tra quelli esistenti sono quindi quelli sui pernottamenti nei rifugi di montagna perché sono abbastanza precisi e la maggior parte di essi si trova in una zona ristretta del parco. Consigliamo al gestore di stipulare un accordo con le associazioni alpinistiche riguardo a una comunicazione periodica dei dati. In questo articolo non c'era spazio per presentare i dati sul traffico in cui è stato similmente dimostrato che il conteggio non automatizzato offre dei dati piuttosto inaffidabili (Bradaškja, 2012, 21). Possiamo concludere affermando che per poter monitorare regolarmente le tendenze e le caratteristiche delle visite nella zona protetta del PNT sarebbe necessario elaborare un protocollo a lungo termine per la raccolta e l’analisi dei dati. Inoltre, sarebbe necessario ottenere un programma informatico per la memorizzazione e l'elaborazione dei dati. Oltre all’acquisizione regolare dei dati da fonti esterne, sarebbe opportuno definire anche le modalità del conteggio periodico regolare dei visitatori in punti selezionati del parco. A tal fine sarebbe utile allestire dei contatori automatici sui sentieri escursionistici e sulle piste ciclabili selezionati.

Bibliografia Bigano, A., Hamilton, J. M., & Tol, R. (2006). The impact of climate change on holiday destination choice. Climatic Change, 76(3–4), 389–406. Bradaškja, B. (2012). Analiza obiska v turistični destinaciji Julijske Alpe v obdobju 2000–2009 (poročilo). Disponibile il 6 giugno 2013 from http://www.climaparks.eu/cp2/sites/default/files /Analiza_%20obiska_TNP_2.pdf

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Dawson, J. (2007). Climate change and behavioural adaptation in the tourism-recreation sector. University of Waterloo. Disponibile il 5 luglio 2013 presso http://www.ahs.uwaterloo.ca/~garls /2007abstracts/Dawson.pdf Fischer, J. (2007). Current isues in the interdisciplinary research field of climate change and tourism. Doublin. Disponibile il 5 luglio 2013 presso http://tourism-climate.de/documents/Julian_Fischer_CCTourism_14-02-2008.pdf Gössling, S., & Hall, M. (2006a). An Introduction to tourism and global environmental change. In S. Gössling & M. Hall (Eds.), Tourism and Global Environmental Change: Ecological, Social, Economic and Political Interrelationships (pp. 1–33). London, United Kingdom: Routledge. Gössling, S., & Hall, M. (2006b). Uncertainties in predicting tourist flows under scenarios of climate change. Climatic Change, 79(3–4), 163–173. Scott, D., & Jones, B. (2006). Climate change and nature-based tourism: Implication for park visitation in Canada. Faculty of Environmental Studies, University of Waterloo. Disponibile il 5 luglio presso 2013 http://www.geography.uwaterloo.ca/faculty/danielscott/PDFFiles/NATURE_Final%20copy.pdf Scott, D., Wall, G., & McBoyle, G. (2005). The evolution of the climate change issue in the tourism sector. In M. Hall & J. Higham (Eds.), Tourism, Recreation and Climate Change (pp. 44–61). Clevedon, United Kingdom: Channel View.

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Monitoraggio della biodiversità marina nella Riserva naturale di Strugnano (Golfo di Trieste, Slovenia) con particolare riguardo all’impatto dei cambiamenti climatici su elementi biologici selezionati Lovrenc Lipej,a,* Martina Orlando Bonaca,a Borut Mavrič,a Martin Vodopivec,a Petar Kružićb a

Morska bioloska postaja Piran (Stazione di biologia marina), Nacionalni inštitut za biologijo (Istituto nazionale di biologia), Fornače 41, SI-6330 Piran, Slovenia. b Prirodoslovno Matematički Fakultet (Facoltà delle Scienze naturali), Sveučilište u Zagrebu (Università di Zagabria), Biološki odsjek (Sezione biologica), Rooseveltov trg 6, HR-10000 Zagreb, Croatia. * Corrispondenza: lipej@mbss.org.

Riassunto Per accertare eventuali impatti dei cambiamenti atmosferici sulla biodiversità del Parco regionale di Strugnano sono stati selezionati come gruppi target la madrepora a cuscino (Cladocora caespitosa) e la comunità ittica costiera. Poiché le variazioni di temperatura sono risultate un buon indicatore di eventuali impatti dei cambiamenti atmosferici in un determinato ambiente, è stata analizzata la sequenza delle oscillazioni della temperatura in un periodo di 10 anni, su scala annuale, ottenuta con le misurazioni ordinarie effettuate dalla boa oceanografia della Stazione di biologia marina dell’Istituto nazionale di biologia (NIB) e da alcune sonde posizionate a diversa profondità. Si è dimostrato che nell’area esaminata sono presenti specie ittiche associate alla tropicalizzazione. Sono stati registrati inoltre casi di sbiancamento dei coralli e una maggiore velocità di crescita annuale dei coralliti della madrepora a cuscino. Tali fenomeni sono collegabili alla presenza di temperature estive più elevate rispetto agli anni precedenti. Parole chiave: biodiversità, cambiamenti atmosferici, madrepora a cuscino, pesci termofili, Parco regionale di Strugnano, Nord Adriatico.

Introduzione La biodiversità è oggi a rischio più di quanto non lo sia mai stata nella storia della Terra. Ci confrontiamo con la cosiddetta crisi della biodiversità. Negli ultimi decenni il mare Mediterraneo, unitamente all’Adriatico, si trova ad affrontare vari processi che in un modo o nell’altro influiscono sulla biodiversità. Numerosi sono i fattori che portano a tali conseguenze, tra i quali i più importanti sono il degrado e la perdita degli habitat, l’inquinamento dell’ambiente, l’uso irrazionale delle popolazioni, l’introduzione di specie alloctone e anche i cambiamenti climatici (sensu Kryštufek, 1999). In Slovenia quasi non ci sono testimonianze relative ad un impatto concreto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità, ad eccezione di poche relazioni (Lipej e Dobrajc, 2008) e scritti relativi alla tropicalizzazione (ad es. Lipej et al., 2009). Due fenomeni che si possono collegare ai cambiamenti climatici e, ancor più in modo specifico, all’aumento delle temperature del mare Mediterraneo, sono la tropicalizzazione e lo sbiancamento dei coralli. Nel caso della tropicalizzazione, si verifica un ampliamento verso nord degli areali delle specie termofile (Francour et al., 1994). In particolare, si può evidenziare come la fauna ittica sia un buon indicatore delle variazioni di temperatura del mare, visto che i pesci non sono capaci di regolare la propria temperatura corporea (Stebbing et al., 2001), mentre il monitoraggio della loro diffusione è

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relativamente semplice. Negli ultimi decenni, vistele temperature più elevate anche nelle aree più settentrionali del Mediterraneo, si assiste alla caduta delle barriere ecologiche che impedivano la diffusione delle specie verso nord. A causa dell’innalzamento delle temperature sono comparse nell’Adriatico (Dulčić et al., 1999) e, in ultima analisi anche nel Golfo di Trieste, alcune specie (Lipej et al., 2009) caratteristiche delle aree meridionali del Mediterraneo. Lo sbiancamento dei coralli si verifica invece quando le alghe endosimbiotiche, le zooxantelle, abbandonano i polipi a causa dello stress fisiologico, che avviene soprattutto a causadelle temperature troppo elevate, o a seguito di intense radiazioni solari, o come conseguenza di alcune malattie. Una delle specie di coralli nota per essere un buon indicatore delle condizioni atmosferiche è la madrepora a cuscino (Cladocora caespitosa) (vedi ad es. Rodolfo-Metalpa et al., 2008), che è diffusa anche nel mare sloveno. Nell’articolo presentiamo un rapporto sui potenziali impatti delle condizioni atmosferiche su alcuni elementi biologici nello specchio d’acqua del Parco regionale di Strugnano.

Metodi Area di ricerca L’area di ricerca comprende lo specchio d’acqua della Riserva naturale di Strugnano (Foto 1). In quest’area protetta sono tipiche le falesie di Flysch ben conservate, che si estendono dal golfo di San Simone sino ad arrivare a Villa Tartini a Strugnano. La fascia costiera tra il capo di Strugnano e il capo Kane è in assoluto il tratto più lungo di costa naturale nel Golfo di Trieste, e comprende habitat molto ricchi e vari. La parte marina dell’area protetta ricopre 16 ettari. . I piani sopralitorale e mediolitorale sono naturali, con substrato prevalentemente ghiaioso. Le formazioni più straordinarie sono quelle costituite da una serie di blocchi giganteschi di calcare turbiditico presso Bele skale e nella baia della Luna (Mesečev zaliv). Con l’aumentare della profondità, la grandezza del frantumato di Flysch va diminuendo e, in alcuni punti prima, in altri dopo, lascia il posto ad un fondale fangoso.

Rt Ronek

Rt

Str

Ja dr an sk o

Mesečev zaliv un j an

N

W

E

S 0

0.25

0.5 km

Figura 1. Area esaminata nel Parco regionale di Strugnano.

38

mo r

je


Elementi biologici selezionati per accertare i cambiamenti atmosferici Madrepora a cuscino Per accertare eventuali conseguenze dei cambiamenti atmosferici sulla biodiversità sono state selezionate alcune specie che vivono a lungo, per le quali è noto che le loro caratteristiche biologiche, quali la prosperità e la crescita, sono direttamente collegate alla temperatura del mare. Una specie di corallo, la madrepora a cuscino, è stata scelta in quanto nota per essere un buon indicatore delle condizioni atmosferiche (vedi ad es. Rodolfo-Metalpa et al., 2008). In base ai dati raccolti durante il campionamento su transetti verticali, svolti nel periodo 1998-2012 e negli anni 2011 e 2012 per le esigenze del progetto Climaparks, si è valutata la diffusione della madrepora a cuscino all’interno dell’area protetta. Nel periodo 2011-2012 sono stateverificate, rilevate e fotografate le condizioni delle singole colonie di madrepora a cuscino, al fine di documentare eventuali conseguenze dei cambiamenti atmosferici, quali lo sbiancamento dei coralli. Il fenomeno è stato suddiviso in tre gradi, precisamente minore (lo sbiancamento è evidente su meno di un terzo della superficie della colonia), intenso (solo una piccola parte della superficie non è sbiancata) e completo (l’intera superficie della colonia è sbiancata). Per accertare la crescita dei coralliti, singoli esemplari che costituiscono le colonie della madrepora a cuscino, è stato utilizzato il metodo radiografico. . Per l’analisi sclero-cronologica dei coralliti secondo la metodologia standard della radiografia a raggi X (Kružić e Benković, 2008, Kružič et al., 2012) sono stati utilizzati 10 campioni di coralliti, raccolti il 16 settembre 2011. . La crescita annuale dei coralliti è stata calcolato in base alle fotografie radiografiche.

Specie ittiche termofile Per accertare gli elementi alloctoni nella fauna ittica sono stati esaminati tutti i dati acquisiti durante i censimenti regolari e i monitoraggi delle comunità ittiche costiere nell’area della Riserva naturale di Strugnano, effettuati nel periodo 1998-2012, nonché i dati raccolti casualmente sulla pesca di tali specie nell’area della riserva (e in senso lato nel mare sloveno). Nel determinare le specie associate al processo di tropicalizzazione sono state utilizzate diverse fonti bibliografiche che trattano la comparsa di tali specie termofile nell’area slovena del mare Adriatico, come pure l’elenco riportato nel testo Ključ za določevanje vretenčarjev Slovenije “Chiave per la determinazione dei vertebrati della Slovenia”) (Lipej, 1999, Classe Pesci cartilaginei, 18-46; Marčeta, 1999, Classe: Teleostei, 47-210).

Impatto della temperatura sugli elementi biologici Le variazioni di temperatura sono uno degli indicatori più caratteristici di eventuali cambiamenti in un determinato ambiente, legati ai cambiamenti atmosferici. A tale scopo sono state analizzate le sequenze decennali dell’oscillazione delle temperature su scala annuale, ottenute con le misurazioni ordinarie effettuate dalla boa oceanografica della Stazione di biologia marina dell’Istituto nazionale di biologia (NIB). In varie zone del mare sloveno, inclusa la riserva naturale di Strugnano, sono state inoltre posizionate 15 sonde per la misurazione continua della temperatura, alle profondità di 5, 10, 15 e 20 m, il che coincide con la diffusione in profondità della madrepora a cuscino. In tal modo si sono volute monitorare le variazioni anomale di temperatura nel mare sloveno e, contemporaneamente, confrontare eventuali divergenze tra i dati delle sonde e della boa oceanografica. Durante il periodo di misurazione alcune sonde sono purtroppo scomparse dalle località in cui erano state posizionate, tra cui anche due della Riserva naturale di Strugnano. 39


Le misurazioni della temperatura superficiale del mare nel sito della boa oceanografica (45° 32' 55,68'' N, 13° 33' 1,89'' E) vengono effettuate dalla sonda Seacat dell’azienda Seabird, fissata sulla struttura della boa, ad una profondità di 3 m. La temperatura di fondo viene misurata dal misuratore di correnti marine AWAC dell’azienda Nortek, che si trova nelle vicinanze della boa ad una profondità di 22 m (http://buoy.mbss.org). I valori vengono rilevati ogni mezz’ora e registrati correntemente sulla base MySQL della Stazione di biologia marina. Per una maggiore trasparenza alcuni grafici mostrano i valori arrotondati della temperatura. Per il filtraggio è stato utilizzato un filtro a bassa frequenza, sulla base della trasformazione di Fourier veloce (FFT) inserito nell’ambiente Matlab. Lo spettro di frequenza è stato tagliato ad un periodo di 144 ore.

Risultati e discussione Madrepora a cuscino e impatto della temperatura sulle sue popolazioni Nel sito di ricerca la madrepora a cuscino è diffusa più o meno ovunque, non solo nell’area tra il promontorio di Strugnano e la spiaggia di Strugnano (Foto 2). Le densità maggiori della specie si trovano nell’area del promontorio di Strugnano e in un’ampia area del promontorio Ronco, ad un intervallo di profondità tra i 5 e i 10 m. Il corallo è più raro nelle aree in cui prevalgono le praterie marine di fanerogame (Cymodocea nodosa), i banchi di sabbia e la sabbia in acque basse.

Figura 2. Stima della diffusione della madrepora a cuscino (Cladocora caespitosa) nell’area della Riserva naturale di Strugnano. Legenda: 0 –madrepora a cuscino assente, 1 – presenza di pochi esemplari, 2 – rara, 3 – moderatamente frequente, 4 – frequente, e 5 – molto frequente. L’analisi di 10 campioni di coralliti ha mostrato che l’incremento annuale in lunghezza dei coralliti varia da 3,0 a 5,7 mm all’anno. Il valore massimo è stato rilevato nel 2010. L’incremento superiore ai 5 mm all’anno è stato calcolato per due volte nel 2008 e una volta nel 2004 (tabella 1). In media, la crescita dei coralliti nel nostro mare varia tra i 4,32 e i 4,74 mm all’anno, ed il valore medio massimo è stato registrato nel 2008. L’incremento estivo varia da 1,99 a 2,23 mm all’anno, l’incremento invernale va dai 2,23 ai 2,51 mm all’anno (tabella 2).

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Tali valori sono superiori ai valori medi di incremento dei coralliti nelle altre aree della parte orientale dell’Adriatico, in cui la velocità media di crescita dei coralliti varia da 1,92 a 4,21 mm all’anno (Kružić, 2005; Kružić et al., 2012). Supponiamo che tale differenza di crescita sia influenzata da diversi fattori. Come primo crediamo che la maggiore concentrazione di nutrienti nel mare sloveno rispetto alle altre aree dell’Adriatico, possa portare ad maggior incremento annuale della lunghezza dei coralliti. A tale fattore si aggiunge l’incremento della temperatura del mare, che sicuramente influenza la crescita dei coralliti. Tabella 1. Incremento in lunghezza dei coralliti (n=10) di madrepora a cuscino (in mm/anno) in base ai singoli anni e incremento medio annuale (in mm/anno) Corallite/anno 2010 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997

1 4,46 4,17 4,79 4,58 3,00 4,42 4,20 3,04 4,45 4,24 4,55 4,64 4,53 4,42

2 4,37 4,22 4,34 4,46 4,21 4,39 4,84 4,49 4,70 4,77 4,38 3,94 4,91

3 4,03 4,40 5,22 4,50 4,20 4,45 4,20 4,61 4,80 4,25 4,62

4 4,81 4,65 4,85 4,71 4,26 4,94 4,45 4,98 4,13 4,66 4,68 4,72

5 5,70 4,11 4,58 4,70 4,88 4,47 4,37 4,91

6 5,13 4,88 4,93 4,36 4,93 4,75 4,18 4,50 4,73

7 3,84 4,32 5,23 4,67 4,53 4,66 4,58 4,69 4,42 4,69

8 3,43 4,76 4,63 4,45 4,53 4,85 5,03 4,72

9 4,74 4,59 4,37 4,65 4,64 3,99 4,55 4,39 4,48 4,25 3,70 4,34 4,45 4,52

10 3,69 3,84 4,44 4,03 4,02 4,47

media 4,50 4,46 4,77 4,56 4,35 4,55 4,49 4,48 4,53 4,48 4,39 4,41 4,63 4,47

Tabella 2. Incremento medio dei coralliti di madrepora a cuscino (in mm). Abbreviazioni: H – incremento invernale, L – incremento estivo, ed E – incremento medio annuale dei coralliti 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

E

H

L

4,47 4,63 4,41 4,39 4,48 4,53 4,48 4,49 4,54 4,32 4,51 4,74 4,39 4,42

2,34 2,48 2,37 2,29 2,34 2,43 2,37 2,34 2,36 2,33 2,33 2,51 2,29 2,23

2,13 2,15 2,05 2,09 2,14 2,10 2,11 2,15 2,18 1,99 2,11 2,23 2,10 2,19

Le sequenze temporali della temperatura nel 2012, misurate con le sonde poste a diverse profondità (5, 8 e 10 m) e in diverse località (Debeli rtič, Piranček e Punta Madonna), nonché sulla boa oceanografica (0 e 20 m), indicano una stratificazione caratteristica della temperatura nella parte più calda dell’anno e una situazione omogenea (colonna d’acqua ben mescolata – isotermia) nel periodo più freddo dell’anno (foto 3, sopra e al centro). Se confrontiamo tra di loro i dati delle sonde in tre località e ad una profondità tra i 5 e i 10 m (in cui sono più frequenti le colonie della madrepora a cuscino), non si riscontrano differenze

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evidenti tra le stazioni (figura 3, al centro). Ăˆ però evidente in entrambi i diagrammi (foto 3 sopra e al centro) che la temperatura nel periodo estivo, tra luglio e settembre, oltrepassa i valori di 25oC (a volte in modo considerevole). Ciò significa che le colonie di madrepora a cuscino sono sottoposte in quel periodo ad uno stress dovuto alla temperatura.

Figura 3. Confronto tra le sequenze di temperatura misurata dalla boa oceanografica e dalle sonde nel 2012. Dati filtrati (sopra), variazioni di temperatura rilevata con le sonde in diversi siti di ritrovamento della madrepora a cuscino (al centro), e media dei dati filtrati provenienti dalla boa oceanografica nel periodo 2003-2012 (in basso).

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I dati della sequenza temporale della temperatura in un periodo decennale, indicano notevoli oscillazioni della temperatura nella sequenza annuale e soprattutto differenze rilevanti tra i singoli anni. Interessanti sono soprattutto gli ultimi anni, in cui le temperature massime rilevate hanno superato i 27oC (2008– 2012). I valori massimi rilevati sono stati misurati nel 2010, quando sono stati raggiunti i 30oC circa. Nel 2011 e nel2012 il periodo con una temperatura superiore ai 25°C è proseguito ulteriormente nel mese di settembre (Foto 3, in basso). Negli altri anni è sempre stato presente un calo delle temperature in questo mese. La temperatura è strettamente collegata al fenomeno dello sbiancamento (»coral bleaching«). Ad agosto del 2011 abbiamo notato alcuni esemplari affetti dallo sbiancamento sul promontorio di Strugnano (tabella 3). Tabella 3. Casi di sbiancamento delle colonie di madrepora a cuscino nella parte slovena dell’Adriatico Data del campionamento

Sbiancamento

Temperatura (°C)

26.8.2011 15.9.2011 6.10.2011

minore 3 5 33 41

28,8 26,3 24,1 N. di tutte le colonie

intenso 0 5 21 26

completo 0 3 5 8

A settembre abbiamo notato, sempre nella stessa località, nuovi casi di sbiancamento dei coralli, alcuni molto intensi, ed abbiamo riscontrato anche alcuni casi di sbiancamento completo. Tale fenomeno ha raggiunto estensioni ancora maggiori all’inizio di ottobre, quando un numero significativamente maggiore di esemplari presentavano uno sbiancamento sia minore, che intenso e completo. Contemporaneamente sono stati notati casi di sbiancamento dei coralli anche nelle aree protette di Punta Madonna e Punta grossa, nonché nelle località del golfo di San Simone (Isola), a Pazzugo e presso Piranček, sulla costa meridionale di Pirano. Anche nel 2012 si sono verificati casi di sbiancamento dei coralli in diverse località all’interno della Riserva naturale di Strugnano (Foto 4).

Figura 4. Casi di sbiancamento di madrepora a cuscino nell’area esaminata. Oltre alla colonia completamente sbiancata di madrepora a cuscino in entrambe le fotografie, nella foto a destra sono visibili anche due esemplari completamente sbiancati di madrepora solitaria Balanophyllia europaea. Foto: B. Mavrič.

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Specie ittiche termofile Sinora nel mare sloveno sono state registrate almeno 16 specie ittiche termofile associate al processo di tropicalizzazione. La maggior parte dei pesci termofili è presente con un esemplare solo (tabella 4). Alcune specie sono presenti sporadicamente, altre fanno invece già parte della popolazione ittica della parte slovena dell’Adriatico. Sporadicamente arrivano nel nostro mare le lampughe, i pesci serra (Pomatomus saltator) e le fighe o moroni (Centrolophus pompilio), nonché alcuni pesci mesopelagici come il pesce nastro (Trachipterus trachypterus) e il pesce sciabola (Lepidopus caudatus) (Foto 5). Noti sono anche casi di comparsa nel mare sloveno del grande pesce luna (Mola mola) (Lipej et al., 2007).

FIgura 5. 1 – Figa o morone Centrolophus pompilius (Foto: T. Rus), 2 – pesce serra Pomatomus saltator (Foto: B. Šuligoj), 3 – pesce sciabola Lepidopus caudatus (Foto: B. Šuligoj), 4 – pesce balestra Balistes carolinensis (Foto: B. Mavrič), 5 – pesce nastro Trachypterus trachipterus (Foto: B. Šuligoj) e 6 – donzella Coris julis (Foto: B. Mavrič). Fanno oggi ormai parte della popolazione ittica locale la donzella (Coris julis), il trigone viola (Pteroplatytrigon violacea) e il pesce balestra (Balistes carolinensis). Quest’ultimo, insieme alla donzella pavonina (Thalassoma pavo), è definito quale indicatore della tropicalizzazione (Lipej et al., 2008). La donzella pavonina non è ancora stata trovata nel mare sloveno, però è stata osservata, a settembre del 2008, vicino alla punta estrema della penisola istriana (Kružić, osservazioni personali). È presente

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regolarmente anche l’alaccia (Sardinella aurita), che è una tipica specie termofila (Sabates et al., 2006), tuttavia i dati sulla sua presenza sono molto incostanti. Solitamente è presente nel periodo estivo, noti però anche casi in cui grandi banchi di tale specie sono stati ritrovati nel nostro mare d’inverno (come nel febbraio 2009). In quel periodo sono stati registrati anche casi di moria di massa dovuta allo stress delle variazioni di temperatura. Ipotizziamo che sia legata al processo di tropicalizzazione anche la presenza della balena megattera (Megaptera novaeangliae), che dopo il 1990 ha fatto la sua comparsa nel Mediterraneo in più di una dozzina di casi, e tra questi anche nel mare sloveno nel febbraio del 2009 (Genov et al., 2009). Nell’area della Riserva naturale di Strugnano, tra tutte le specie citate è presente regolarmente solo la donzella. La sua prima comparsa nell’area nel risale al 1999, quando furono avvistati singoli esemplari. Nel 2006 è stata notata per la prima volta nella Riserva naturale di Miramare, presso Trieste (Piron et al., 2007). Sottolineiamo che, nello specchio d’acqua della suddetta organizzazione, viene condotto già da 25 anni un monitoraggio regolare, quindi è più o meno da escludere la possibilità che non sia stata vista negli anni precedenti. Oggi la donzella è presente regolarmente e compare in piccoli gruppi. Negli ultimi anni sono stati osservati anche esemplari giovani, quindi la specie si sta riproducendo nell’area in esame. Nel 2001 è stata rilevata una densità della donzella pari a 0,28 esemplari per 100 m2, e aggiungiamo che le donzelle non sono state osservate durante ogni campionamento visivo. Tra gli anni 2007 e 2009 la densità delle donzelle nell’intero mare sloveno variava da 1,02 a 4,17 esemplari per 100 m2, il che significa che le donzelle erano poco numerose, tuttavia presenti sui transetti campionati. Le donzelle nel mare sloveno vivono nella fascia costiera, nella biocenosi delle alghe fotofile sul fondo roccioso dell’infralitorale e, più in profondità, nella biocenosi (pre)coralligena; frequentemente anche nel passaggio dal fondo roccioso a quello sabbioso. Le donzelle sono di solito presenti singolarmente, più raramente in coppia o in piccoli branchi. Tabella 4. Specie ittiche termofile associate al processo di tropicalizzazione e ritrovate nell’area slovena dell’Adriatico Nome italiano Pesce balestra Alaccia Donzella Ricciola di fondale Leccia fasciata Pesce sciabola Pesce nastro Lampuga Pesce serra Ghiozzo leopardo Murena mediterranea Tordo Pesce burro Pesce palla liscio Pesce luna Trigone viola

Presenza Condizione Fonte mare sloveno RN Strugnano Balistes carolinensis 3 3 Lipej et al. (2005) Sardinella aurita 5 + 5 Dati propri Coris julis 4 + 4 Dati propri Centrolophus niger 3 + 2 Dati propri Campogramma glaycos 2 1 Dulčić et al. (2002) Lepidopus caudatus 4 2 Dati propri Trachipterus trachypterus 3 2 Dati propri Coryphaena hippurus 5 3 Dulčić in Lipej (1997) Pomatomus saltator 5 2 Lipej et al. (2005) Thorogobius ephippiatus 1 1 Lipej et al. (2005) Muraena helena 1 1 Lipej in Moškon (2011) Labrus viridis 1 1 Lipej et al. (2005) Plectorchinchus mediterraneus 2 1 Lipej et al. (1996) Sphoeroides pachygaster 1 1 Dati propri Mola mola 1 + 2 Lipej et al. (2007) Pteroplatytrigon violacea 5 + 2 Lipej et al. (2005)

Nome latino

Nota: Presenza: 1 – singola, 2 – 2-3 esemplari, 3 – alcuni esemplari (> 3), 4 – > 10 esemplari, 5 – numerosi esemplari (> 100); Condizione: 1 – molto rara, 2 – rara, 3 – presente, 4 – frequente, e 5 – molto frequente.

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Tra gli elementi termofili frequenti nelle battute di pesca della flotta peschereccia slovena è presente in maniera sporadica soprattutto l’alaccia. Nel 2006 e nel 2007 è stata pescata solo a maggio. Supponiamo però che i pescatori, data la qualità scadente della carne, rigettino la specie subito dopo averla catturata. Le altre specie che vengono catturate casualmente dalle reti dei pescatori sono il pesce nastro, il pesce sciabola, la ricciola di fondale e il trigone viola. Nei suddetti casi si tratta quasi sempre di singoli esemplari.

Conclusioni Negli ultimi decenni la parte slovena del mare Adriatico si è trovata ad affrontare vari processi che in diversi modi sono collegabili al riscaldamento globale. Nel 2011 e nel 2012, nello specchio d’acqua del Parco regionale di Strugnano sono stati osservati fenomeni assolutamente nuovi per tale ambiente, come ad esempio lo sbiancamento dei coralli. Durante tale fenomeno, strettamente collegato al riscaldamento globale, si verifica la perdita delle alghe endosimbiotiche zooxantelle a causa della temperatura troppo elevata dell’ambiente circostante. Nelle colonie della madrepora a cuscino sono stati osservati numerosi esempi di sbiancamento, sia minore, che intenso e completo dei coralli. Tale fenomeno ha raggiunto estensioni ancora maggiori all’inizio di ottobre, quando è stato registrato contemporaneamente in un numero maggiore di località. Sia gli incrementi invernali, che quelli estivi e annuali di lunghezza dei coralliti della madrepora a cuscino sono un riflesso dell’innalzamento della temperatura. Entrambi i fenomeni, la maggior crescita annuale e lo sbiancamento dei coralli, coincidono con le alte temperature nel periodo estivo, con picchi più marcati rispetto agli anni precedenti. È percettibile anche un prolungamento del periodo di temperature elevate, che si estende sino a settembre o addirittura ottobre. Come conseguenza dell’innalzamento delle temperature del mare sloveno sono state trovate anche alcune specie ittiche che prima non erano presenti in questo ambiente. Tra queste, alcune sono specie alloctone, altre sono associate al processo di tropicalizzazione.

Ringraziamenti Gli autori ringraziano il personale del Parco regionale di Strugnano per l’assistenza fornita durante il campionamento subacqueo. Cogliamo l’occasione per ringraziare i colleghi del WWF Miramare di Trieste e il mag. Robert Turk per il prezioso supporto e l’aiuto. Un grazie anche a Milijan Šiško e a Tihomir Makovec per l’immenso aiuto durante le immersioni ed il materiale grafico e fotografico, nonché a tutti i colleghi che ci hanno concesso il materiale fotografico usato nella pubblicazione.

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Monitoraggio del tempo atmosferico sulle visite nel Parco naturale di Strugnano

Luka Kastelic Javni zavod Krajinski park Strunjan.

Riassunto Per accertare l’impatto dei cambiamenti climatici sulle visite al Parco naturale di Strugnano abbiamo monitorato anche la situazione del tempo, oltre al flusso dei visitatori. Confrontando la quantità di precipitazioni, la temperatura e il numero dei visitatori nel 2011 e nel 2012, dal mese di maggio a quello di dicembre, abbiamo accertato che la quantità di precipitazioni influisce sulla riduzione del numero dei visitatori del parco, mentre il livello della temperatura non ha un tale impatto. L’analisi storica dei dati meteorologici degli ultimi 37 anni ha dimostrato una tendenza ad una progressiva riduzione della quantità media di precipitazioni annuali e ad un rialzo della temperatura media annuale dell’aria. Nel 2012 ci sono stati 133.277 visitatori in 136 giorni. Gli operatori turistici hanno registrato 164.291 pernottamenti. Meno visitatori sono stati notati nel mese di dicembre, la maggior parte è arrivata invece ad agosto. Tra le particolarità meteorologiche si può mettere in rilievo l’insolito freddo che si è protratto nel mese di febbraio e che è stato accompagnato da una bora ciclonica. L’inverno del 2013 è stato uno dei più nevosi negli ultimi 50 anni. Alla fine di marzo del 2013 molti sono stati sorpresi dal gelo che parimenti non è consueto in questa stagione dell’anno. Parole chiave: Parco naturale di Strugnano, cambiamenti climatici, monitoraggio del tempo, monitoraggio dei visitatori, turismo nel Parco naturale di Strugnano.

Introduzione Nel Parco naturale di Strugnano è stato effettuato il monitoraggio delle visite e del tempo atmosferico allo scopo di accertare la correlazione tra la visita del Parco e le condizioni meteorologiche. Obiettivo della ricerca era monitorare le condizioni meteorologiche e accertare se i cambiamenti climatici sono presenti e in che modo influiscono sulla visita del Parco. Oltre al numero dei parcheggi, dei visitatori sulla spiaggia e delle barche ancorate, sono stati raccolti i dati sui pernottamenti all’interno del parco al fine di accertare quanti visitatori visitano il Parco naturale di Strugnano.

Monitoraggio del tempo atmosferico La stazione meteorologica Davis VantagePro è stata utilizzata ai fini di acquisire i dati meteorologici. Oltre ad un collettore per le precipitazioni la stazione meteorologica dispone anche di un sensore per l’umidità, la temperatura, le radiazioni solari e ultraviolette (UV) e l’anemometro. La stazione meteorologica è collocata nel Golfo di Strugnano, nelle immediate vicinanze della piccola laguna di Stjuža che fa parte della Riserva naturale di Strugnano e Chiusa (Stjuža). Abbiamo iniziato le misurazioni meteorologiche e i monitoraggi nel mese di maggio del 2011. Da allora sino ad oggi le misurazioni proseguono ininterrotte e i dati sono anche accessibili pubblicamente sul sito http://www.weatherlink.com/user/strunjan/.

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Figura 1. Stazione di misurazione Davis VantagePro. Foto: S. Makovac.

Figura 2. Ubicazione della stazione di misurazione a Strugnano. Fonte: Atlas okolja.

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Dati storici L’Agenzia per l’ambiente della Repubblica di Slovenia (ARSO) ha tre stazioni meteorologiche sul Litorale; a Strugnano e a Sezza (Seča) c’è una stazione pluviometrica, a Portorose c’è la stazione principale. Le misurazioni a Portorose sono state effettuate, nel periodo dal 1975 al 1991, a Beli križ ad un’altezza di 92 m sul livello del mare, dal 1993 invece nell’aeroporto di Portorose ad un’altezza di 2 m sull’altezza del mare, il che nella ricerca rende più difficoltosa la comparabilità dei dati storici, in quanto il microclima differisce in modo sostanziale nelle aree menzionate. In base a quanto sopra riportato, per confrontare i dati storici e quelli per la ricerca, acquisiti nel corso del progetto, sono stati utilizzati solo i valori annuali massimi e minimi della temperatura, mentre i dati relativi al livello delle precipitazioni e alla loro media pluriennale sono idonei ai fini della ricerca, in quanto sono stati rilevati nelle immediate vicinanze della stazione meteorologica del progetto. Tabella 1. Il livello massimo e minimo e i valori medi delle precipitazioni annuali e mensili nel periodo 1961–2012 massimo anno/mese

minimo anno/mese

livello annuale delle precipitazioni (mm)

1415

2010

639

livello mensile delle precipitazioni (mm)

346

ottobre 1992 0

2003 gennaio 1964 e 1989, agosto 1962, ottobre 1965

livello medio annuale delle precipitazioni 1961–2012 959

In media (1961-2012) cadono a Strugnano 959 mm di precipitazioni all’anno. In media il mese più piovoso è settembre con 115 mm di precipitazioni, meno ce ne sono a febbraio, solo 53 mm. È presente una tendenza ad un calo delle precipitazioni medie annuali.

Figura 3. Quantità annuale delle precipitazioni nel periodo 1961–2012 (Stazione pluviometrica di Strugnano). Fonte: ARSO. Nella stazione meteorologica di Portorose negli anni dal 1975 al 2012 è stata rilevata una temperatura media annuale di 13,6 °C. Il mese più freddo è gennaio con una temperatura media mensile di 4.8 °C, quello più caldo è invece luglio con una temperatura media mensile di 23.1 °C.

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Figura 4. Valori medi annuali della temperatura dell’aria nel periodo 1975–2012 (Stazione meteorologica Portorose – Beli Križ e aeroporto di Portorose entrambi). Fonte: ARSO. Nel periodo monitorato le maggiori deviazioni meteorologiche sono state riscontrate nel mese di febbraio del 2012 in cui la temperatura media non si è alzata da zero gradi per ben 6 giorni consecutivi. In generale su tutta la Slovenia è stata registrata la prima decade più fredda di febbraio dopo il 1956. Comunque, dalle analisi dei dati dal 1975 al 2012 si evince che la temperatura media dell’aria a lungo termine è rimasta immutata.

Particolarità che sono state riscontrate nel corso della ricerca All’inizio di febbraio del 2012 soffiava una forte bora, per quattro volte di seguito anche ciclonica. Ha causato dei problemi su gran parte della Primorska, sono stati rilevati parecchi danni nella maggior parte dei comuni della Primorska, soprattutto sui tetti delle case, sul traffico e sulle condutture elettriche. L’allarme meteo per ben quattro volte ha segnalato il livello massimo di pericolo, quello rosso, causato da agenti atmosferici, il che sinora non era mai successo (Fonte: WineAndWeather. 2012. Bora ciclonica e freddo estremo nella Primorska e in Europa – febbraio 2012. http://www.wineandweather.net/?p=995, 26/2/2012). Le conseguenze del protrarsi del freddo si sono sentite nel Parco naturale di Strugnano soprattutto per i danni alle foglie e agli aghi della vegetazione sulla falesia e per quelli agli alberi di pino del Viale dei Pini. Sul Litorale sloveno impera un clima sub-mediterraneo in cui la temperatura media del mese più freddo è di 4°C, pertanto non sorprende che sia raro che nevichi. Nella seconda metà del XX secolo è nevicato in meno di 25 stagioni. L’altezza media massima della neve raggiunge solo i 2,5 cm. In 15 stagioni si è superata la media (senza la stagione 2012/2013), più di 35 stagioni sono invece state senza neve. L’inverno del 2013 è stato uno dei più nevosi negli ultimi 50 anni. È caduta più neve solo negli inverni 1968/1969 e 1969/1970 (Fonte: Ciklon, 2012: La neve più abbondante sul LITORALE negli ultimi 25 anni!. http://ciklon.si/stran/?p=4025, 7.12.2012).

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Figura 5. Danni sugli alberi di pino causati dal protrarsi del freddo e dalla bora ciclonica di febbraio 2012. Foto: L. Kastelic. Nel parco si è registrato l’8/12/2012 il picco della neve caduta, ben 11 cm e il 22/2/2013 8 cm. Il 26/3/2013 è stata rilevata una gelata sotto forma di scaglie di ghiaccio, il che è parimenti insolito per questo periodo dell’anno.

Figura 6. La neve il 22/2/2013. Foto: L. Kastelic.

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Figura 7. Il gelo il 26/3/2013. Foto: L. Kastelic.

Monitoraggio dei visitatori collegato al monitoraggio del tempo atmosferico Durante il monitoraggio dei visitatori sono stati registrati i dati riguardanti i parcheggi sulla terraferma in otto punti diversi: il campeggio Strunjan, il parcheggio presso la stazione degli autobus di Strugnano, il parcheggio dinanzi all’osteria Pod trto, il parcheggio dinanzi all’osteria Sosič, il parcheggio del complesso alberghiero Belveder, il parcheggio sotto il Belveder, il parcheggio dell’hotel Laguna, il parcheggio dinanzi al ristorante Primorka, il parcheggio presso la chiesa con le adiacenze, il parcheggio presso il ristorante Lambada e il parcheggio presso il mandracchio. Nel caso dei parcheggi sono state prese in considerazione 2.5 persone per ogni automobile e 45 persone per ciascun autobus. Sulla parte di mare sono stati registrati i dati relativi ai bagnanti sulla costa e i natanti ancorati nei seguenti punti: il golfo dinanzi alle saline e la spiaggia attrezzata del centro termale KRKA, la costa tra Vila Tartini e il Capo di Strugnano, la costa tra il Capo di Strugnano e il Capo Ronek (golfo della Luna), la costa tra il Capo Ronek e le Bele skale e la costa tra le Bele skale e il Capo Kane. Nell’elaborazione dei dati che sono illustrati nelle tabelle 2 e 3 sono stati inclusi i dati del 2011 e del 2012 dal mese di maggio sino a dicembre. Sono inseriti i dati del monitoraggio dei visitatori per 75 giorni (20.54%) in ciascun anno. Oltre allo stesso numero di giorni tra i due anni si è tenuto conto dello stesso numero di giorni nei fine settimana, in quanto in quel periodo ci sono più visitatori nel parco. L’illustrazione del collegamento tra le condizioni meteorologiche e il movimento dei visitatori nel parco ha mostrato diversi risultati, i principali sono esposti più avanti. Tra il 2011 e il 2012 il numero dei visitatori tra maggio e dicembre è aumentato da 89.666 a 90.097 visitatori, il che significa un aumento dei visitatori dello 0,48%. Nello stesso periodo è stata registrata nel 2011 una quantità di precipitazioni pari a 21.91 mm, nel 2012 è stata invece di 9,62 mm, il che significa nel 2012 un calo della quantità delle precipitazioni del 56.08%. Nello stesso periodo la temperatura media dell’aria è stata nel 2011 di 19.09 1 °C, nel 2012 è stata invece di 18,64 °C, il che significa un calo della temperatura media di 0.45 °C. 54


Tabella 2. Lo schema mensile dettagliato dei dati mostra il collegamento tra l’aumento delle precipitazioni e la riduzione del numero dei visitatori nel parco, da maggio a dicembre Mese maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre Totale

Precipitazioni (mm) 2011

2012

0.2 4 8 0.9 5.4 0.2 1.21 2 21.91

0.2 7.8 0 0 0.36 0.281 0.45 0.53 9.621

Deviazioni (%) 0 95 -100 -100 -93.33 40.5 -62.8 -73.5 -56.08

Visite 2011

2012

5052 15407 13156 25387 13902 5448 8257 3057 89.666

4521 17282 16233 25187 13305 4745 5962 2862 90.097

Deviazioni (%) -10.51 12.16 23.38 -0.78 -4.29 -12.9 -27.81 -6.37 0.48

Tabella 3. Raffronto tra il cambiamento delle temperature medie mensili e il cambiamento del numero dei visitatori nel parco, da maggio a dicembre Mese

Temperatura (°C) 2011 2012

maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre Media/Totale *

19.78 22.17 23.73 24.08 22.39 13.69 19.81 7.12 19.09

18.06 23.51 25.79 23.8 21.04 16.12 14.6 6.24 18.64

Deviazione (°C) -1.72 1.34 2.06 -0.28 -1.35 2.43 -5.21 -0.88 -0.45

Visite 2011

2012

5052 15407 13156 25387 13902 5448 8257 3057 89666

4521 17282 16233 25187 13305 4745 5962 2862 90097

Deviazione (%) -10.51 12.16 23.38 -0.78 -4.29 -12.9 -27.81 -6.37 0.48

* Temperatura media/totale visite.

Una grande influenza sulla visita del parco è data da singole manifestazioni straordinarie, come ad es. la Festa dei cachi. Nel mese di novembre del 2011, nonostante il cattivo tempo, è stato registrato un afflusso maggiore di visite rispetto al 2012, soprattutto grazie alla manifestazione della Festa dei cachi che ogni anno viene visitata da un gran numero di visitatori. Nel 2011 grazie al bel tempo sono stati registrati 2.504 visitatori in occasione della Festa dei cachi, rispetto al 2012 in cui, a causa del cattivo tempo, ci sono stati solo 1.004 visitatori. Verificando il numero dei visitatori nel 2012, da gennaio a dicembre, si è tenuto conto dei dati acquisiti con l’aiuto del monitoraggio che è stato effettuato per 136 giorni, il che rappresenta il 37.26% dell’intero anno, e del numero dei partecipanti alle visite guidate. In totale nell’intero anno 2012 sono stati registrati 133.277 visitatori. Meno visitatori (2.802 persone) sono stati rilevati nel mese di dicembre, il massimo (33.300 persone) invece nel mese di agosto. Hanno partecipato alle visite guidate 1.314 persone.

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Figura 8. Numero dei visitatori nell’intero anno 2012. Sono inclusi i dati del monitoraggio dei visitatori per 136 giorni e il numero dei partecipanti alle visite guidate. Negli ultimi anni si nota un aumento drastico del numero dei natanti che effettuano l’ancoraggio nella Riserva naturale di Strugnano. L’ancoraggio dei natanti causa molti danni fisici al fondale marino, il che di conseguenza può portare ad un cambiamento della struttura e della composizione del fondo e delle associazioni vegetali presenti. Inoltre i natanti provocano anche un rumore nell’acqua che influisce indirettamente sulle caratteristiche comportamentali degli organismi marini. Nel golfo presso le Bele skale possono essere ancorate nel mese di agosto anche sino a 100 barche al giorno.

Figura 9. Natanti ancorati nella Riserva naturale di Strugnano. Foto: B. Knez.

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Pernottamenti nel Parco naturale di Strugnano e nelle immediate vicinanze del parco Il Parco naturale di Strugnano è considerato una delle località più amate sul Litorale sloveno per trascorrere le vacanze o solo per brevi escursioni. In un’area grande 428,6 ha si trovano i due grossi complessi alberghieri dell’Hotel terme Krka e dell’Hotel Belvedere, inoltre anche il campeggio Belvedere, la casa vacanza Rog, la pensione Elvira Vatovec e tre affittacamere. Il più grande complesso turistico è l’Hotel Krka che è ubicato tra la Riserva naturale di Strugnano e la Riserva naturale di Strugnano – Chiusa. Nell’arco di nove anni l’hotel Krka ha realizzato 1.266.769 pernottamenti. Nel 2012 tutti gli offerenti delle sistemazioni turistiche hanno realizzato ben 164.291 pernottamenti. Tabella 4. Numero dei pernottamenti dal 2004 al 2012 nel Parco naturale di Strugnano Hotel Terme Krka Hotel Belvedere

Anno 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 TOTALE

locali 75433 78495 83414 87669 94531 102594 75031 109894 102274 809.335

stranieri 64145 63410 62031 58626 54579 43739 35665 37402 37837 457.434

totale 139578 141905 145445 146295 149110 146333 110696 147296 140111 1.266.769

Campeggio Belvedere locali 13269 13767 14367 12828 9729 13779 8621 9071 8054 103.485

stranieri 16389 13166 11555 12374 12426 12726 8826 9117 9192 105.771

totale 29658 26933 25922 25202 22155 26505 17447 18188 17246 209.256

Case vacanza + pensioni + camere private locali / / / / / / / / 6600 6.600

stranieri / / / / / / / / 334 334

totale / / / / / / / / 6934 6.934

Tre grosse strutture ricettive si trovano al di fuori dell’area protetta, tuttavia nelle immediate vicinanze del confine meridionale del Parco regionale di Strugnano: Hotel Oleander, Campeggio Strunjan e Hotel Salinera. Nella relazione sulle visite è incluso anche il numero dei pernottamenti nelle immediate vicinanze del parco, in quanto è stato riscontrato che i visitatori che pernottano nelle suddette strutture spesso frequentano le spiagge o utilizzano i sentieri per passeggiare nel Parco naturale di Strugnano. Nel 2012 gli offerenti delle capacità ricettive nelle immediate vicinanze del Parco naturale di Strugnano hanno realizzato 91.707 pernottamenti. La maggior parte dei pernottamenti è stata registrata dai visitatori nel mese di agosto: 29.777 e il minimo nel mese di dicembre: 8.026. Tabella 5. Numero dei pernottamenti dal 2004 al 2012 nelle immediate vicinanze del Parco naturale di Strugnano Anno 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 TOTALE

Hotel Oleander locali 8080 8369 7804 8514 5748 6339 6732 6376 6762 64.724

stranieri 1216 1649 2249 1805 3066 2371 1467 1718 1460 17.001

Campeggio Strunjan totale 9296 10018 10053 10319 8814 8710 8199 8094 8222 81.725

locali 17488 20552 13645 15010 15690 13980 5755 5862 5179 113.161

stranieri 1283 2188 1992 1845 2606 2489 1589 2203 1877 18.072

57

totale 18771 22740 15637 16855 18296 16469 7344 8065 7056 131.233

Salinera locali / / / / 58688 65133 61022 58161 56065 299.069

stranieri / / / / 22824 17213 15407 21205 16884 93.533

totale / / / / 81512 82346 76429 79366 72949 392.602


Tabella 6. Numero dei pernottamenti per mese nel 2012 nel Parco naturale di Strugnano Mese gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre Totale

Hotel Terme Krka

Hotel Belvedere

Campeggio Belvedere

Case vacanza + pensioni + camere private

Totale

8.046 7.706 8.962 8.586 9.439 10.869 11.964 12.908 10.030 8.923 8.129 7.396 112.958

82 0 878 1.537 2.086 3.061 7.730 7.925 2.895 376 273 630 27.473

0 0 0 194 450 1.948 6.924 6.857 1.047 26 0 0 17.446

0 2 0 209 91 867 2461 2087 685 12 0 0 6.414

8.128 7.708 9.840 10.526 12.066 16.745 29.079 29.777 14.657 9.337 8.402 8.026 164.291

Figura 10. Numero dei pernottamenti per mese nel 2012 nel Parco naturale di Strugnano. Il Parco naturale di Strugnano è un’area in cui i visitatori accedono al parco da più lati ed è difficile stabilire esattamente quanti visitatori realmente visitano il parco. Per accertare in modo più esatto l’impatto dei cambiamenti climatici sulle visite al Parco sarebbe necessario integrare il metodo del monitoraggio dei visitatori, ad es. con dei contatori elettronici ubicati in più punti o effettuare fisicamente un monitoraggio delle visite tutti i giorni e per diversi anni di seguito.

Conclusioni Il Parco naturale di Strugnano è meno sviluppato dal punto di vista turistico rispetto alla vicina Portorose, sebbene si trovino anche qui degli hotel destinati a tutti quelli che desiderano trascorrere le vacanze in località turisticamente all’avanguardia e che sono strettamente collegate ad un ambiente naturale. Il Parco non attira i visitatori solo nei mesi estivi grazie alla vicinanza del mare, bensì anche molti visitatori che durante le passeggiate scoprono il patrimonio naturale e culturale. Nel 2012 gli operatori delle strutture ricettive nel Parco hanno registrato ben 164.291 pernottamenti di cui la maggior parte nel mese di agosto: 29.777 e meno nel mese di dicembre: 8.026.

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Per accertare l’impatto dei cambiamenti climatici sulle visite al Parco naturale di Strugnano abbiamo effettuato, oltre al monitoraggio dei visitatori, un monitoraggio delle condizioni atmosferiche. Confrontando la quantità delle precipitazioni del 2011 e del 2012 nei mesi in cui è stato effettuato il monitoraggio, cioè da maggio a dicembre, per 75 giorni (durante la settimana e i fine-settimana) e il numero dei visitatori, è stato accertato nel 2012 un calo delle precipitazioni del 56,08% e un aumento del numero dei visitatori dello 0,48%. Nello stesso periodo abbiamo accertato che il calo della temperatura media di 0,45 °C non ha influito sul numero dei visitatori. Verificando il numero dei visitatori nel 2012 si è tenuto conto dei dati che erano stati acquisiti con l’aiuto del monitoraggio che è stato effettuato per 136 giorni all’anno e il numero dei partecipanti alle visite guidate (1.314 persone). In totale si è arrivati a 133.277 visitatori. Meno visitatori (2.802 persone) sono stati registrati nel mese di dicembre, la maggior parte (33.300 persone) invece nel mese di agosto. Verificando i dati storici riferiti al tempo atmosferico è stata accertata negli ultimi 37 anni una tendenza di un calo a lungo termine della quantità delle precipitazioni e una temperatura media dell’aria che è rimasta immutata. Monitorando il tempo atmosferico bisogna sottolineare il protrarsi del freddo e la bora ciclonica di febbraio del 2012 in cui la temperatura media non si è sollevata sopra lo zero per ben 6 giorni consecutivi. L’inverno del 2013 è stato uno dei più nevosi degli ultimi 50 anni. Nel Parco sono stati registrati nel mese di dicembre 10 cm di neve e una gelata alla fine del mese di marzo, il che è parimenti inconsueto per questa stagione.

Bibliografia Agencija Republike Slovenije za okolje. (2013). Meteo.si. Disponibile presso http://meteo.arso.gov.si/ Ciklon. (2012). Najobilnejši sneg na OBALI v zadnjih 25 letih! Disponibile presso http://ciklon.si/stran /?p=4025 WineAndWeather. (2012, 26 February). Orkanska burja in ekstremen mraz na Primorskem in v Evropi – februar 2012. Disponibile presso http://www.wineandweather.net/?p=995

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Contributo alla conoscenza dell’impatto dei cambiamenti meteorologici sulla biodiversità e le visite nel Parco Naturale delle Saline di Sicciole

Iztok Škornik SOLINE Pridelava soli d.o.o. (KPSS), Seča 115, SI-6320 Portorož, Slovenia. Corrispondenza: iztok.skornik@kpss.si.

Riassunto Le Saline di Sicciole rappresentano un’area nazionale dal grande valore naturale, culturale, economico ed estetico, in cui la varietà biotica può essere mantenuta e regolata con una gestione sostenibile. La varietà delle specie è a rischio soprattutto per il degrado e la distruzione degli habitat. Un impatto indiretto su quest’ultima può essere causato anche dalle visite, tradizionalmente praticate nelle aree protette, che costituiscono un’importante possibilità di sviluppo. In futuro vi contribuiranno anche i cambiamenti atmosferici, che influiranno sulla qualità degli habitat, nonché sul modo di vivere l’area protetta. I cambiamenti degli habitat portano dei cambiamenti anche nelle specie animali, tra le quali quelle più a rischio nelle Saline di Sicciole si annoverano gli uccelli. Parole chiave: uccelli, gli habitat, la qualità dell'acqua, meteo, visite, Saline di Sicciole.

Premessa Le saline marine si trovano sulle zone costiere sparse lungo il Mediterraneo, dall’Oceano Atlantico e sino al Mar Nero. Grazie ai loro valori storici, culturali ed ecologici rappresentano uno straordinario elemento paesaggistico tra il mare e la terraferma, tra l’aria e la terra. Costituiscono aree importanti dal punto di vista della tutela della natura. Rappresentano aree umide eccezionali con una ricca varietà biologica e non è un caso che numerose tra queste siano inserite anche nella rete NATURA 2000. Le saline del Mediterraneo sono costituite da aree che, grazie all’attività di estrazione e produzione del sale, sono sott’acqua per la maggior parte dell’anno, il che è un valore inestimabile, se confrontato con gli altri ambienti di vita mediterranei nelle estati calde e secche. L’attività di estrazione e produzione del sale, sia nelle saline industriali che in quelle tradizionali, assicura condizioni stabili di vita sia alle piante alofile che agli animali presenti in acqua, sulla terraferma e in aria. I dati riportano che le saline del Mediterraneo sono regolarmente frequentate da oltre 100 specie diverse di uccelli, appartenenti a 18 famiglie, il che testimonia del fatto che costituiscono per loro un ambiente di vita inestimabile. Circa mezzo milione di uccelli sverna regolarmente nel Mediterraneo o è lì di passaggio. Più della metà di questi uccelli è presente nelle saline. Le saline del Mediterraneo rappresentano delle aree nazionali di grande valore culturale, economico ed estetico in cui è possibile mantenere e disciplinare la varietà biologica. Le saline attive sono un bell’esempio di armonia tra l’attività economica, il turismo e le esigenze di tutela della natura, allo stesso tempo però un caso che fa concorrenza alla produzione mondiale di sale nelle fabbriche. E forse è

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proprio questo a tenerle in vita dato che gli appetiti economici su queste aree sono tutt’altro che trascurabili. Le zone protette mettono a disposizione dei visitatori le loro qualità naturali e non solo, il turismo e l’attività ricreativa contribuiscono sempre più a dare un’impronta a tali aree. Le zone protette hanno ottenuto lo status di tutela per lo più grazie all’ambiente naturale ben conservato, ovvero grazie alla presenza di straordinari beni naturali e culturali. Si distinguono per una coabitazione di diversi usi del territorio che sono a loro volta caratterizzati da interessi tra di loro contrapposti che il più delle volte non sono armonizzati al meglio tra di loro. Una delle attività più frequenti è rappresentata dalle visite che sono già tradizionalmente presenti nelle zone protette e costituiscono un’importante possibilità di sviluppo. Plut (2006) riporta che in alcuni casi le zone protette diventano addirittura l’asse portante di uno sviluppo regionale programmato in modo integrato e sostenibile in cui il turismo è un settore economico fondamentale. Le visite non sono importanti solo da un punto di vista economico e formativo, bensì mettono in risalto anche l’importante ruolo ricreativo delle zone protette che garantiscono alla popolazione locale, ed anche ai visitatori provenienti da aree prevalentemente urbane, di trascorrere il tempo libero in qualità. Per vivere a pieno una zona protetta bisogna visitarla, non si tratta di turismo, la qualità dell’esperienza vissuta dipende soprattutto dalla posizione geografica, dalle condizioni meteorologiche e chiaramente dalla gestione della zona protetta. Nel Parco regionale delle Saline di Sicciole il passato e il presente continuano a prendersi per mano. L’antichissimo metodo di estrazione del sale che i salinai di Pirano impararono in tempi remoti dai loro maestri, i salinai provenienti dall’isola di Pag, è a tutt’oggi qualcosa di straordinario, anche su scala mediterranea. Gli obiettivi dell’attività del Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS) sono quelli di conservare la varietà biotica, nonché i servizi ecosistemici e il patrimonio culturale ad essa collegati. Nel Parco si intrecciano tre aspetti fondamentali di utilizzo del territorio: ambientalistico, culturale ed economico con tre attività economiche: l’estrazione e la produzione del sale, le visite, l’attività ricreative ed altre attività integrative. Il Governo della Repubblica di Slovenia ha approvato il Decreto sul Parco regionale delle Saline di Sicciole allo scopo di tutelare l’area naturale e conservare la varietà biotica del tipico ecosistema delle saline. Il 12/7/2003 il Ministero per l’ambiente, il territorio e l’energia ha sottoscritto con l’impresa SOLINE Pridelava soli d.o.o. (Produzione di sale s.r.l.) nelle Saline di Sicciole un contratto di concessione per una gestione di 20 anni del Parco regionale delle Saline di Sicciole. L’impresa SOLINE Pridelava solin d.o.o. (Produzione di sale s.r.l.) si impegna per uno sviluppo armonioso e sostenibile, consentendo ai visitatori di vivere a pieno il parco, con il lavoro di ricerca individua e assicura le condizioni ottimali per gli organismi viventi che lì dimorano. Una parte importante delle attività del parco è costituita dal lavoro educativo e formativo e dalla gestione di una zona protetta.

Descrizione della zona Il Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS) con la sua superficie di circa 750 ha si trova all’estremità sud-occidentale della Slovenia, proprio al confine con la Repubblica di Croazia, nella parte meridionale del comune di Pirano. La parte settentrionale del parco in cui avviene la produzione attiva del sale si chiama Lera. Il letto del fiume Derniga (Drnica) la separa dalla parte meridionale del parco chiamata Fontanigge.

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Le Saline di Sicciole fanno parte del Parco regionale. Con una superficie di circa 620 ha sono delimitate a nord dal letto del canale di San Bartolomeo, ad est in massima parte dalla massicciata dell’antica ferrovia a scarto ridotto, a sud dal fiume Dragogna (Dragonja), ad ovest sono invece protette dalle dighe marine nel golfo di Pirano. La zona di Lera comprende 294 ha ed è divisa in un settore per la cristallizzazione e in vasche per la solidificazione dell’acqua marina. Fontanigge comprende un’area di 344 ha. Si trova tra il Canal Grande e il fiume Dragogna (Dragonja). Ad ovest è circondata da argini di contenimento e a est da una superficie agricola. A Fontanigge c’è una rete di canali che in passato servivano per portare l’acqua marina ai singoli campi di sale, nonché per far defluire le acque meteoriche e quelle utilizzate, e come vie navigabili per il trasporto. La rete di canali include Giassi e Curto, il più lungo è però Pichetto che ha conservato il suo ruolo per la gestione dei regimi delle acque in quest’area. Si trovano in direzione della valle del Dragogna (Dragonja) e sono esposti a forti venti, sia di giorno che di notte, che favoriscono l’evaporazione delle acque nelle vasche.

Figura 1. Cartina delle Saline di Sicciole. La linea rossa indica il limite del Parco regionale.

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Metodi L’area delle Saline di Sicciole è stata suddivisa in poligoni. Si tratta per lo più delle vasche delle saline, chiaramente separate e delimitate, e delle altre aree delle saline. Alcuni poligoni avevano un nome già in passato e i loro nomi sono stati utilizzati anche nel nostro lavoro.

Rete di rilevamento Dal 2008 è in vigore in Slovenia un nuovo sistema nazionale di coordinate (ESRS – European Spatial Reference System). In Slovenia si utilizza attualmente il sistema di coordinate WGS84 che è un ellissoide di riferimento definito nel 1984. Si utilizza in collegamento con il sistema GPS della navigazione satellitare. In questa parte gli habitat e la diffusione delle specie di uccelli nidificanti sono presentati attraverso una mappa della diffusione che è stata realizzata da noi stessi con l’ausilio del programma DMAP digitizer e poi georeferenziata.

Figura 2. Quadrati UTM di 100 × 100 m con cui sono stati raccolti i dati sulla nidificazione degli uccelli nell'area del Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS).

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Nello studio è stata utilizzata la rete UTM in quadrati di 100 × 100 m che si utilizza per la mappatura di aree più piccole. Il sistema di coordinate UTM è un sistema universale di coordinate. Tale sistema di coordinate sta diventando standard nell’UE e riesce a segnalarlo qualsiasi ricevitore GPS. L’elenco dei luoghi di ritrovamento concreti, ottenuti con l’ausilio del GPS, consente di elevare il livello di precisione.

Monitoraggio degli uccelli L’obiettivo era quello di includere tutti i dati faunistici disponibili sugli uccelli delle Saline di Sicciole. Sono state utilizzate tutte le fonti scritte di cui si era a conoscenza, i dati, fondati su esemplari presenti nelle raccolte pubbliche, e i rilevamenti effettuati sul posto dal personale tecnico e abilitato. Nel database sono stati inseriti tutti i dati raccolti nella ricerca ornitofaunistica, con molti dati nuovi. I dati raccolti da tale studio sono stati acquisiti su diversi livelli. Dal 1973 al 1983 molti dati sono il frutto di rilevamenti occasionali. Alcuni dati sono stati raccolti in modo del tutto casuale. Dal 1983 diversi metodi di mappatura hanno analizzato in modo sistematico la nidificazione, la trasvolata e lo svernamento degli uccelli nell’area in esame. Dal 2010 al 2013, nell’ambito del progetto CLIMAPRKS, è stato regolarmente effettuato il monitoraggio settimanale degli uccelli nell’area di rilevamento che comprende la zona del Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS) con i poligoni. Per inserire i dati direttamente sul posto sono stati utilizzati il palmare Samsung Galaxy Note con ricevitore GPS e il programma Wildlife Lister, per l’inserimento, il salvataggio e l’elaborazione dei dati è stato usato il software Wildlife Recorder. Nella banca dati sono stati inseriti tutti gli scritti accessibili e i riferimenti bibliografici, il tutto a partire dal 1870. Complessivamente, sino al termine del 2012, sono state inserite nella base del KPSS 23981 voci. Dal 2010 sino al 2013 compreso sono state realizzate nell’area delle Saline di Sicciole qualcosa in più di 2949 ore di lavoro. Per la realizzazione delle mappe di distribuzione e delle altre carte sono stati utilizzati i programmi DMAP e DMAP Digitizer. Per l’elaborazione statistica dei dati ci siamo serviti dei programmi Biodiversity Pro e TRIM. Nell’interpretazione di questi ultimi abbiamo tenuto conto dell’opera fondamentale in questo settore Measuring Biological Diversity dell’autrice A. E. Magurran (2004).

Raccolta dei dati sulla nidificazione I dati sugli uccelli nidificatori delle Saline di Sicciole sono stati raccolti con un rilevamento programmato e quantitativo, utilizzando una rete UTM 100 × 100 m. Dal 2010 al 2013, nel periodo di nidificazione, abbiamo controllato minuziosamente la zona delle Saline di Sicciole lungo tutta la superficie adatta alla nidificazione. Non abbiamo verificato le superfici acquatiche senza gli isolotti di fango. Dei 787 quadrati complessivi della grandezza di 100 × 100 m, poco meno di 500 sono quelli adatti alla nidificazione. Lavorando sul posto abbiamo sporadicamente utilizzato anche l’imbarcazione che avevamo ottenuto nell’ambito del progetto CLIMAPARKS. I dati raccolti con l’ausilio del ricevitore GPS sono stati parimenti trasferiti nella rete di rilevamento 100 × 100 m, o sono stati da noi utilizzati per realizzare dei punti di ritrovamento concreti dei nidi delle singole specie di uccelli. I rilevamenti quantitativi sono integrati dai risultati ottenuti nel contesto del monitoraggio settimanale che viene effettuato nella zona del KPSS nell’ambito della gestione delle Saline di Sicciole.

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Per l’area in esame, nel lungo periodo tra il 1973 e il 2009, è stata raccolta una moltitudine di dati sugli uccelli che hanno sorvolato, svernato e i dati anteriori e successivi alla nidificazione. Per il periodo dal 1983 al 2004 i dati sono stati raccolti in modo più o meno sistematico. Dal 2004 al 2013 i dati sono il risultato della realizzazione del monitoraggio settimanale degli uccelli nell’area di rilevamento.

Raccolta dei dati non relativi alla nidificazione Anche al di fuori del periodo di nidificazione abbiamo regolarmente effettuato il rilevamento sull’intera zona delle Saline di Sicciole. Monitorando la presenza delle specie che si trattengono all’aperto (superfici acquatiche, argini, bacini secchi, prati ...), abbiamo utilizzato diversi supporti ottici (binocoli, telescopi ...) e apparecchiature per la presa digitale della foto (macchine fotografiche digitali). Nel caso delle specie canore più difficili da scoprire (silvidi, acrocefali ...), la foto della trasvolata e della nidificazione è stata ottenuta con i dati sulla cattura degli uccelli con la rete.

Raccolta dei dati storici Negli ultimi decenni sono indubbiamente cambiate le condizioni ecologiche nelle Saline di Sicciole e con esse anche la fauna. Alcune specie che una volta erano frequenti, oggi sono rare, o addirittura non esistono più. Altre, che una volta nidificavano nelle saline o nelle sue immediate vicinanze, oggi non nidificano più. Altre ancora, che una volta erano considerate rare, oggi invece nidificano qui e il loro numero aumenta. Per alcune specie che sono state monitorate nella zona delle Saline di Sicciole e nelle vicinanze esistono delle annotazioni relative alla loro apparizione ma non le abbiamo registrate tra i nostri rilevamenti. È anche minima la probabilità che si ripresentino. Tali dati vengono considerati “storici”.

Cattura temporanea e inanellamento degli uccelli La cattura temporanea e l’inanellamento degli uccelli sono stati effettuati nella zona delle Saline di Sicciole, ai fini soprattutto di esaminare la presenza delle specie più difficili da scoprire nell’area in esame. Casualmente le abbiamo catturate anche in altri luoghi all’interno dell’area in esame. A tale scopo, nell’area di Stojbe, è stata posta una stazione di inanellamento nell’ambito del progetto CLIMAPARKS. Nel periodo dal 2010 al 2013, nell’area di Stojbe a Fontanigge, abbiamo effettuato regolarmente la cattura degli uccelli nel periodo autunnale e primaverile, nelle altre aree delle saline lo abbiamo fatto solo occasionalmente. Alcune specie bersaglio (il Fratino, il Fraticello e la Sterna comune, il Cavaliere d’Italia e l’Avocetta) sono state catturate con particolari trappole o con reti. Gli uccelli catturati sono stati marcati sistematicamente con anelli colorati e in metallo.

Monitoraggio degli habitat Nel periodo 2010-2013, nella zona delle Saline di Sicciole, sono stati regolarmente tenuti in efficienza i livelli idrici che assicurano delle condizioni di vita ottimali per le piante e gli animali. Il controllo sui livelli idrici viene di regola effettuato sull’intera area del KPSS, adeguatamente alle esigenze e alle necessità della produzione di sale. La gestione dei livelli idrici viene effettuata in particolare laddove è necessario assicurare delle condizioni idonee per gli animali, le piante e i loro habitat. Le aree che rientrano in tale categoria sono munite di un’apposita assicella di misurazione da cui si legge il livello delle acque che può essere regolato facendo affluire e defluire le acque attraverso le chiuse e le canalette.

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È stata effettuata una mappatura degli habitat tratta dall’elenco dell’ordinanza europea sugli habitat. Per la mappatura degli habitat è stata utilizzata una rete UTM in quadrati di 100 × 100 m che si adopera per la mappatura di aree più piccole.

Monitoraggio meteorologico Il monitoraggio meteorologico viene effettuato con l’ausilio di due stazioni meteorologiche Davis Vantage Pro2 Plus che sono state acquistate e installate nell’ambito del progetto CLIMAPARKS. L’acquisizione dei dati meteorologici si svolge in intervalli di 15 minuti. I dati vengono conservati con l’ausilio del programma WeatherLink 5.9.2. In questa parte della Slovenia i venti sono un fattore molto importante del paesaggio. I dati dei venti, provenienti da entrambe le stazioni meteorologiche, sono stati rappresentati con la rosa dei venti, trasformando in gradi i punti cardinali e con l’ausilio del programma WindRose PRO3. Tutti i dati meteorologici sono accessibili anche sul nostro portale web http://www.kpss.si/vreme in cui è possibile consultare anche in forma grafica i dati meteorologici giornalieri, mensili e annuali.

Monitoraggio delle visite Nell’ambito del work package "Visite sostenibili dei parchi" del progetto CLIMAPARKS, è stato realizzato nel Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS) anche il monitoraggio dei visitatori del parco. Il 1/11/2010 è stato introdotto all’ingresso del parco a Lera il conteggio di tutti i visitatori del parco, anche di quelli che non avevano pagato il biglietto per entrare nel parco (esclusi i dipendenti del Parco (KPSS), i proprietari degli ormeggi, i membri del circolo canottieri e i partner commerciali dell’impresa). Dagli archivi sono stati acquisiti i dati, quanto più precisi possibili, sul numero dei visitatori nel Parco (KPSS) dal 2006 in avanti. Nell’ambito del work package dal titolo "Gestione sostenibile: i parchi come esempi di buona pratica", nel corso della durata del progetto abbiamo effettuato nel Parco (KPSS) uno studio su un mezzo ecocompatibile. Abbiamo voluto verificare con i visitatori se fosse sensato e utile adoperare le navette elettriche per spostarsi all’interno del parco. Abbiamo acquistato due biciclette elettriche Elefteria che i visitatori hanno potuto provare gratuitamente a Lera. Parte dei risultati è stata acquisita con i questionari sul posto e sul sito web del Parco (KPSS). A giugno del 2012 è entrata in servizio a Lera anche la navetta elettrica Villager 8 che per due settimane di prova ha portato i visitatori dall’ingresso a Lera sino al Centro per i visitatori (MMC). Durante il periodo di prova sono stati distribuiti dei questionari agli utenti. Il piccolo scooter Alpha è stato invece provato dai dipendenti del Parco (KPSS) e viene utilizzato per brevi tragitti a Lera ed anche sul campo. Le ore del monitoraggio delle visite nel periodo 2010-2013 ammontano a 576. La capacità di carico è stata valutata sulla base degli indicatori della capacità di carico adeguati allo scenario delle visite sostenibili. Sono stati selezionati in base ad una valutazione soggettiva e sulla base delle caratteristiche specifiche dell'area presa in esame.

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Elaborazione statistica dei dati In questa parte la diversità delle specie è stata calcolata con gli indici Simpson e Shannon-Wienner che cercano di definire il collegamento tra il numero di esemplari di una specie all’interno della comunità di tutte le specie prese in esame e del loro numero.

L’indice di diversità di Shannon–Wiener L’indice di diversità di Shannon–Wiener è la misura di dispersione più diffusa. Sulla base di tale indice è possibile interpretare anche la varietà di un’area o di una comunità. Maggiore è il valore di H’, maggiore è la varietà. Il valore funzionale di H’ sarà uguale a zero quando ci saranno nel campione gli organismi di una sola specie, raggiungerà invece il massimo quando ciascuna delle specie S avrà lo stesso numero di esemplari. Quando ci interessa sapere in che modo i dati sull’abbondanza sono suddivisi tra le singole specie (e/o habitat), parliamo di omogeneità con cui gli esemplari sono distribuiti tra le specie (o per specie) e che possiamo esprimere con gli indici dell’equitabilità delle specie. I diversi indici di equitabilità possono essere calcolati più facilmente con i coefficienti di diversità (di Hill). Quando tutte le specie del campione avranno la stessa abbondanza, l’indice dell’equitabilità delle specie sarà il maggiore. Il suo valore si ridurrà invece quando le abbondanze delle specie saranno diverse. Il calcolo dell’indice di equitabilità che abbiamo applicato è stato indicato da Pielou (1975) con il rapporto J = H/log(S).

L’indice di diversità è stato calcolato secondo la seguente equazione: H = –S pi ln (pi), laddove sono: H’ = diversità pi = percentuale di taxon i nel campione (abbondanze relative, abbondanze) S = numero di tutte le specie rilevate nell’area in esame L’entropia di Shannon stabilisce quante informazioni in media riceviamo misurando una determinata quantità. Stabilisce la quantità di incertezza che abbiamo di una quantità prima di misurarla. Per il calcolo abbiamo applicato la seguente formula: H = –S pi log2 (pi)

pi = probabilità per i eventi.

Indice di Simpson Le misure di diversità utilizzate frequentemente si basano sull’indice di Simpson D che stima la probabilità che due unità scelte casualmente appartengano alla stessa specie: D = S pi2 L’indice che è stato sviluppato per la prima volta da Simpson nel 1949, definisce tre diverse modalità di ricerca. Il primo passo per tutte e tre è il calcolo di Pi che rappresenta il numero degli esemplari di una determinata specie, diviso per il numero complessivo degli organismi rilevati. 1. Indice di Simpson: D = somma (Pi 2) Rappresenta la probabilità che due esemplari prelevati a caso in una comunità appartengano alla stessa categoria (ad es. specie). Al riguardo 0 rappresenta l’eterogeneità infinita, 1 invece nessuna eterogeneità. Questo significa che maggiore sarà il valore D, minore sarà l’eterogeneità.

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2. Indice di Simpson di eterogeneità: 1 – D Rappresenta la probabilità che due esemplari prelevati a caso in una comunità appartengano a diverse categorie (ad es. specie). Il valore di tale indice varia parimenti tra 0 e 1, tuttavia in questo caso, in presenza di un campione più grande di eterogeneità, sarà maggiore il valore, il che è più sensato. In questo caso l’indice rappresenta la probabilità che due esemplari prelevati a caso in un campione apparterranno a due specie diverse. 3. Il reciproco dell’indice di Simpson: 1/D Rappresenta il numero di categorie uguali (ad es. specie) che costituiscono l’indice di Simpson. Il valore di tale indice comincia con 1 che è il risultato minimo possibile. Tale risultato rappresenta la comunità con una sola specie. Maggiore è il valore, maggiore è l’eterogeneità. Il valore più grande è il numero delle specie nel campione (se esistono cinque specie nel campione, il valore più grande è 5).

ANOSIM (Analisi delle similarità) La similarità di determinati gruppi (periodi temporali, aree, habitat, associazioni, sezioni ...) è stata verificata con l’ausilio dell’analisi delle similarità (ANOSIM). Quest’ultima determina le modalità di verifica, se esiste una differenza statisticamente significativa tra due o più gruppi di campionatura (Clarke & Green, 1988). Se due gruppi di unità di campioni sono veramente differenti nella loro composizione delle specie, allora le differenze tra i due gruppi dovrebbero essere maggiori a quelle che ci sono all’interno del gruppo. L’Anosim (R) si basa sulla differenza dei ranghi medi tra i gruppi (r_B) e all’interno del gruppo (r_W): R = (r_B – r_W)/(N (N-1)/4) L'ANOSIM genera i valori R che ricadono tra -1 e 1, il valore zero rappresenta l’ipotesi nulla (non ci sono differenze tra la serie di campioni). Si tratta di un confronti tra i valori R dei gruppi con cui misuriamo quanto diversi siano i gruppi su una scala da 0 (non è possibile distinguerli) sino ad 1 (tutte le similarità all’interno del gruppo sono inferiori rispetto a qualsiasi altra similarità tra i due gruppi). Il risultato ci dice quale sia la differenza tra i due gruppi. Se la similarità all’interno del gruppo è maggiore di quella che c’è tra i due gruppi, allora sarà R > 0. Nelle associazioni ecologiche raramente è R < 0. Se R=0, non ci sono differenze tra i due gruppi.

Coefficiente di similarità di Bray-Curtis La similarità nella composizione dei toponimi e nella frequenza con cui si presentano i singoli taxa degli uccelli nei singoli campioni e (o) in un determinato periodo temporale sono stati valutati con un’analisi multivariata dei gruppi (cluster) (Pielou, 1984). Le singole aree (toponimi), in base alla presenza e alla frequenza delle specie, sono state confrontate con l’ausilio dell’indice di similarità di Bray-Curtis. Per ogni coppia di aree è stato determinato un indice di similarità con cui è stata valutata la similarità delle abbondanze delle specie di uccelli. L’indice di similarità rappresenta un valore tra 0 e 100%. Se i due toponimi non hanno in comune neanche una specie, l’indice di similarità è uguale a 0%. Se però nei toponimi sono presenti le stesse specie con un’uguale abbondanza, l’indice di similarità è uguale a 100%. I toponimi che sono più simili tra di loro costituiscono gruppi (cluster). I gruppi (cluster) sono stati presentati con l’ausilio di un diagramma

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dalla struttura ramificata – dendrogramma. La stessa analisi è stata effettuata anche per gli anni nel periodo 1983-2009. Per tutte le analisi statistiche abbiamo utilizzato il software BioDiversity Proffesional 2.0 (SAMS, Neil McAleece, Lambshead & Paterson, 1997).

TRIM Nel caso di importanti uccelli nidificatori la valutazione del trend della popolazione nell’area delle Saline di Sicciole è stata calcolata con l’ausilio del programma TRIM – Trends and Indices for Monitoring data, variante 3.54 (Pannekoek & van Strien, 2001) che è stato realizzato appositamente per calcolare gli indici e i trend. Il programma converte l’intera inclinazione moltiplicativa in una delle seguenti categorie di trend (la categoria dipende dall’inclinazione e dal suo 95% dell’intervallo di confidenza – inclinazione +/1.96 SE dell’inclinazione): grande aumento, moderato aumento, stabile, calo incerto, moderato ed elevato del numero di esemplari/nidi/coppie registrate (schematicamente della popolazione della specie esaminata). La tendenza può essere di regola calcolata dopo circa cinque rilevamenti consecutivi, perciò, nel caso del monitoraggio preso in esame, ciò è possibile in generale solo per le specie che vengono seguite ogni anno.

Risultati e discussione Uccelli Sono stati raccolti tutti i dati già pubblicati e numerosi altri, non ancora pubblicati, provenienti da appunti ornitologici personali. Non siamo però riusciti ad acquisire alcuni dati, nonostante lo volessimo. Per l’area in esame è stata acquisita dal 1973 al 2012 una moltitudine di dati relativi al periodo dello svernamento (da novembre a marzo), della migrazione primaverile (marzo-maggio), al periodo della nidificazione (maggio-luglio), al periodo post-riproduttivo (luglio e agosto) e i dati relativi al periodo della migrazione autunnale (settembre-novembre). Per il periodo 1983-2002 i dati sono stati raccolti in modo più o meno sistematico. Dal 2004 al 2009 i dati sono il risultato di un regolare monitoraggio settimanale degli uccelli che è stato effettuato nell’area mappata e che viene effettuato nell’ambito della gestione del Parco naturale delle Saline di Sicciole (KPSS). I dati per il periodo 2010–2013 sono stati raccolti nell’ambito del progetto CLIMAPARKS. Sono stati raccolti 25.117 dati faunistici (dato = annotazione su una determinata specie, in un determinato luogo, in un determinato periodo) che parlano di 988.934 esemplari monitorati. Nel contributo vengono prese in esame 297 specie di uccelli che nel periodo dal 1870 al 2012 sono state registrate almeno una volta nell’area delle Saline di Sicciole. Nel 2010 sono state monitorate 160 specie di uccelli di cui ben 141 specie a Fontanigge, 92 specie di uccelli invece nella zona di Lera. Nel 2010 la specie avvistata più volte è stata il Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) con 120 annotazioni, seguita dal Gabbiano reale zampe gialle (Larus michahellis) con 112 annotazioni e il Germano reale (Anas platyrhynchos) con 109 annotazioni. La specie più numerosa nel 2010 è stata il Gabbiano reale zampe gialle (Larus michahellis) con 40.723 esemplari registrati, seguita dalla Folaga (Fulica atra) con 15.819 esemplari registrati e il Germano reale (Anas platyrhynchos) con 4368 esemplari.

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Nel 2011 sono state monitorate 153 specie di uccelli di cui ben 142 specie sono state registrate a Fontanigge, 69 specie di uccelli invece nella zona di Lera. Nel 2011 la specie avvistata più volte è stata il Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) con 95 annotazioni, seguita dal Gabbiano reale zampe gialle (Larus michahellis) con 82 annotazioni e il Fratino (Charadrius alexandrinus) con 76 annotazioni. La specie più numerosa nel 2011 è stata nuovamente il Gabbiano reale zampe gialle (Larus michahellis) con 39.278 esemplari registrati, seguita dal Marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis) con 6670 esemplari registrati e dalla Folaga (Fulica atra) con 4794 esemplari. Complessivamente nel periodo 2010-2011 sono state rilevate 186 specie di cui ben 172 a Fontanigge, 105 specie di uccelli invece nella zona di Lera. 33 specie sono state rilevate solo nel 2010, 26 specie invece solo nel 2011. Nel 2012 sono state monitorate 174 specie di uccelli di cui ben 163 a Fontanigge, 90 specie di uccelli invece nella zona di Lera. Nel 2012 la specie avvistata più volte è stata il Germano reale (Anas platyrhynchos) con 199 annotazioni, seguita dal Gabbiano reale zampe gialle (Larus michahellis) con 166 annotazioni e la Garzetta (Egretta garzetta) con 162 annotazioni. La specie più numerosa nel 2012 è stata nuovamente il Gabbiano reale zampe gialle (Larus michahellis) con 47.632 esemplari registrati, seguita dal Germano reale (Anas platyrhynchos) con 11.636 esemplari registrati e il Gabbiano comune (Chroicocephalus ridibundus) con 7836 esemplari. Nel 2012 è stata avvistata 1 nuova specie per l’area delle Saline di Sicciole – il Picchio cenerino (Picus canus).

Figura 3. Numero delle specie per mesi nel periodo 2010–2012.

Figura 4. Numero degli esemplari per mesi nel periodo 2010–2012.

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Di tutte le spese registrate ben 87 sono sull’elenco degli uccelli dell’Allegato I della Direttiva uccelli e specie migratorie all’articolo 4. Di queste ben 30 sono le cosiddette specie qualificanti per le quali vengono designate le zone ZPS. 29 specie sono sulla Lista rossa degli uccelli nidificanti (Škornik, 2012).

Biodiversità L’utilizzo dei criteri di diversità è assolutamente consueto tra gli zoologi. Gli studi di zoocenologia si limitano il più delle volte a singole popolazioni di organismi o a gruppi tassonomici di vario livello. Si tratta per lo più di accertare un rapporto tra le specie e il numero di esemplari che appartengono ad una singola specie. Nella maggior parte degli indici di diversità il numero degli esemplari è presente come fondamentale dato di accesso. Uno dei compiti fondamentali nella descrizione e caratterizzazione delle comunità biotiche è quello di determinare ed interpretare i rapporti tra il numero delle specie che costituiscono un’effettiva cenosi e la distribuzione dei suoi esemplari (Robič, 2000). Lo sfruttamento intensivo del territorio da parte dell’uomo ne provoca la frammentazione e come conseguenza l’insorgere di conflitti diretti e indiretti con gli organismi che si contendono con gli uomini le rimanenti superfici seminaturali. Le Saline di Sicciole sono state costruite dall’uomo sugli antichi depositi alluvionali del fiume Dragogna. Prima di detto intervento c’era un’estesa area dell’estuario del fiume, con habitat diversi intersecantisi e con diversi gradi di collegamento tra di loro. La frammentazione degli habitat è quasi sempre collegata all’impatto sui processi naturali e all’attività economica su un determinato territorio. Gli interventi pluricentenari sull’antico delta del fiume Dragogna e la trasformazione della superficie in campi di produzione, sui quali è stata avviata e sviluppata l’attività di estrazione del sale, hanno portato sul suddetto territorio ad una frammentazione dell’area in parti più piccole. Con la costruzione di argini, canali e bacini l’area del delta è stata suddivisa in parecchie superfici di entità minore e con funzionalità diverse, che sono andate modificandosi negli anni. Parecchie volte l’intera area delle Saline di Sicciole è stata inondata dal fiume Dragogna e per questo motivo il suo corso è stato deviato nell’alveo dell’antico canale di S. Odorico, dove scorre ancora oggi. Per svariati secoli quest’area è stata soggetta a condizioni ecologiche relativamente simili, che però hanno iniziato indubbiamente a cambiare con l’abbandono dell’attività di produzione ed estrazione del sale. Le superfici acquatiche, un tempo estese, si sono prosciugate in certi punti e nei bacini secchi o paludosi hanno iniziato a proliferare numerose piante alofite. Inoltre è cambiata la composizione della specie degli organismi e tra di loro anche degli uccelli (Škornik, 2012). Per interpretare la biodiversità sono stati utilizzati i dati degli ultimi 10 anni di regolare monitoraggio settimanale, effettuato nel Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS), e precisamente dal 1/1/2003 al 31/12/2012. In detto periodo sono state rilevate 251 specie, di cui 66 occasionali. La tendenza lineare degli ultimi 10 anni indica un lieve aumento del numero di specie avvistate (TRIM = p < 0.05), mentre non è attendibile il calcolo della tendenza del numero di esemplari avvistati. Il confronto tra i due periodi quinquennali indica che 37 specie sono state avvistate solo nel periodo 2008-2012, mentre nel periodo 2003-2007 sono state avvistate solo 16 specie del genere e tra di loro ci sono specie nuove e rare.

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Figura 5. Indice di diversità di Simpson (1 – D), indice di diversità di Shannon-Wiener e numero di esemplari nel periodo 2003–2012. OBSERVED R=0.288 250

Frequency in 1000

200

150

100

50

0.9

0.8

0.7

0.6

0.5

0.4

0.3

0.2

0.

0.1

-0.1

-0.2

-0.3

-0.4

-0.5

-0.6

-0.7

-0.8

-1.

-0.9

0

R-statistic

Figura 6. Valori di ANOSIM (R = 0,288) calcolati per due periodi quinquennali dal 2003 al 2012.

Figura 7. Dendrogramma della similarità sulla base dell’indice di Bray-Curtis nel periodo 2003–2012. Nell’area di Fontanigge sono state rilevate ben 234 (il 93%) specie delle 251 avvistate, mentre a Lera sono state avvistate soltanto 185 (il 73%) specie di uccelli. 61 specie sono state registrate solo a Fontanigge, mentre 12 specie sono state avvistate solo a Lera. La varietà di uccelli a Lera è inferiore rispetto a quella di Fontanigge, il che non sorprende. Era giunto a risultati simili anche Škornik nel suo

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libro “Favnistični in ekološki pregled ptic Sečovelskih solin” (Rassegna faunistica ed ecologica degli uccelli delle Saline di Sicciole), in cui afferma che, a causa del progressivo cambiamento delle condizioni ecologiche nell’area delle Saline di Sicciole, negli ultimi decenni è cambiata più di metà della composizione delle specie delle comunità di uccelli tra Lera e Fontanigge (Škornik, 2012).

Specie che nidificano nell’area in esame I dati sugli uccelli nidificanti delle Saline di Sicciole sono stati raccolti con una mappatura programmata e quantitativa in una rete di rilevamento UTM 100 × 100 m. Dal 2010 al 2013 abbiamo controllato accuratamente l’area delle Saline di Sicciole nel periodo di nidificazione verificando tutta la superficie adatta alla nidificazione. Non abbiamo controllato le superfici acquatiche senza gli isolotti di fango. Dei 787 quadrati complessivi della grandezza di 100 × 100 m, sono leggermente inferiori ai 500 quelli adatti alla nidificazione. Nell’area del Parco naturale delle Saline di Sicciole sino alla fine del 2009 sono state monitorate 53 specie di uccelli nidificanti di cui solo 24 specie nidificano nelle saline. 39 specie nidificano regolarmente, mentre periodicamente ne nidificano altre 6 (Škornik, 2012). Tra tutti gli uccelli nidificanti ci sono 10 specie importanti a livello nazionale. Si tratta di specie che hanno nell’area del Parco naturale delle Saline di Sicciole (KPSS) il 10% o più dell’intera popolazione nazionale. Nell’ambito del progetto CLIMAPARKS sono state otto le specie selezionate come target e precisamente: la Volpoca (Tadorna tadorna), il Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), l’Avocetta (Recurvirostra avosetta), il Fratino (Charadrius alexandrinus), la Pettegola (Tringa totanus), il Fraticello (Sternula albifrons), la Sterna comune (Sterna hirundo) e il Beccamoschino (Cisticola juncidis). Nell’area del Parco naturale delle Saline di Sicciole sino alla fine del 2010 sono state monitorate 36 specie di uccelli nidificanti, nel 2011 invece solo 28 specie, poiché solamente tante hanno nidificato nell’area delle saline. Non sono stati censiti gli uccelli nidificanti provenienti dall’area di influenza. Complessivamente nel periodo 2010-2011 sono state registrate 41 specie nidificanti. Nel periodo 2010–2011 molto probabilmente la Pettegola (Tringa totanus) non ha nidificato nell’area del Parco delle Saline di Sicciole, anche se singoli esemplari sono stati avvistati anche nel periodo di nidificazione. Nel 2010 è comparso inaspettatamente tra gli uccelli nidificanti il Gabbiano comune (Chroicocephalus ridibindus). Una coppia di questi uccelli ha nidificato nell’isolotto ricoperto di vegetazione nell’area Life e ha allevato con successo 2 uccellini. Già l’anno successivo il Gabbiano comune non ha nidificato più nell’area. Lo stesso anno nell’area Rudnik ha nidificato anche la Folaga (Fulica atra). Anche quest’ultima non ha nidificato più l’anno successivo. Il 29/5/2010 è stata avvistata a Lera una coppia di Rondini riparia (Riparia riparia) che era particolarmente propensa alla nidificazione (canto) e che, tuttavia, è poi sparita. Nel 2010 sono stati trovati 318 nidi, nel 2011 invece 331 nidi di specie diverse. Complessivamente nel periodo 2010–2011 sono stati trovati 649 nidi di specie diverse. Le più numerose sono state le covate del Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) e precisamente 128 (77 nel 2010 e 52 nel 2011), del Fratino (Charadrius alexandrinus) 108 (64 nel 2010 e 44 nel 2011), nonché del Gabbiano reale zampe gialle (mediterraneo) (Larus michahellis) 84 (38 nel 2010 e 46 nel 2011). Nell’area del Parco naturale delle Saline di Sicciole nel 2012 sono state monitorate 33 specie di uccelli nidificanti. Nel 2012 la Pettegola (Tringa totanus) non ha nidificato nel Parco naturale delle Saline di Sicciole, ed ugualmente non sono state registrate nidificazioni del Beccamoschino (Cisticola juncidis),

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anche se nel periodo di nidificazione è stato avvistato un maschio canterino. A causa delle temperature estremamente basse di febbraio la popolazione adriatica ha subito un danno rilevante e in certi punti è assolutamente scomparsa. Nel 2012 sono stati trovati 478 nidi. Le più numerose sono state le covate del Fraticello (Sternula albifrons) (72), della Sterna comune (Sterna hirundo) (62), del Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) (54) e del Fratino (Charadrius alexandrinus) (52). Gli uccelli nidificanti più precoci sono stati il Gabbiano reale zampe gialle (mediterraneo) (Larus michahellis) (12.1.2012) e il Fratino (Charadrius alexandrinus) (22.3.2012). L'Avocetta (Recurvirostra avosetta) aveva già tentato di nidificare nelle Saline di Sicciole, e precisamente nel 1994, ma senza successo. La prima nidificazione accertata consiste in un nido con le uova ritrovato su un piccolo argine dell’area Life nel 2001 (Škornik, 20012). Dal 2008 nidifica con successo, il numero delle coppie nidificanti sta aumentando. Il Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) ha invece nidificato per la prima volta nelle Saline di Sicciole nel 1990 (Makovec & Škornik, 1990). Il numero delle coppie nidificanti sta aumentando, si riscontrano però delle notevoli oscillazioni nelle singole stagioni di nidificazione, il che dipende soprattutto dal regime delle acque nel periodo della nidificazione (Škornik, 2012), molto probabilmente anche per l’arrivo di nuovi esemplari. Per il Cavaliere d’Italia il successo nella nidificazione varia di molto, da scarso a straordinario. La specie che nell’ultimo periodo ha registrato una crescita elevata della popolazione nidificante è quella del piccolo Fraticello (Sternula albifrons). Preferisce nidificare nei punti più bassi, allo stesso livello della superficie dell’acqua, per cui è maggiore il rischio nella nidificazione e quindi il successo nella nidificazione è spesso basso. Secondo i dati sinora noti è possibile dedurre che le condizioni per una nidificazione di successo consistano in un idoneo regime delle acque e un periodo di nidificazione asciutto, senza precipitazioni abbondanti. In caso di precipitazioni più abbondanti, oltre al Fraticello, è a rischio anche il Fratino (Charadrius alexandrinus). Il più delle volte nidifica su un argine asciutto e non coperto da vegetazione o sul fondale di una vasca delle saline prosciugata, tuttavia sempre su un punto leggermente rialzato. Nidifica anche sugli argini ricoperti da vegetazione alofile in cui il nido è quasi sempre al riparo di una delle piante alofile. Il grado di rischio del Fratino, all’interno dell’area delle Saline di Sicciole, dipende soprattutto dalle condizioni atmosferiche stagionali (le stagioni nidificanti di successo coincidono con le condizioni favorevoli per l’estrazione e la produzione di sale – le stagioni), da un idoneo regime delle acque e punti di nidificazione adeguatamente conservati, dai rapaci e in misura minore anche dallo stato di agitazione durante la nidificazione. Il Beccamoschino (Cisticola juncidis) dal 2012 non nidifica più nell’area delle Saline di Sicciole. La popolazione del Beccamoschino è stata distrutta nel febbraio del 2012 da un terribile freddo accompagnato da vento. Il Beccamoschino è sensibile agli inverni più rigidi che possono completamente annientare la popolazione del Beccamoschino. Anche nell’inverno 1985/86 la popolazione del Beccamoschino era stata colpita in modo catastrofico a causa dell’inverno rigido. In quel periodo era completamente sparita da alcune valli, così come dalle Saline di Sicciole, ed era nuovamente comparsa soltanto a settembre, il che indica una nuova immigrazione (Geister, 1995).

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Sternula albifrons

Charadrius alexandrinus

1140

1140

1310

1310

1420

1420

Figura 8. Diffusione della nidificazione del Fraticello (Sternula albifrons) e del Fratino (Charadrius alexandrinus) e scelta dell’habitat.

Figura 9. Nidificazione del Fraticello e tendenza della popolazione nel periodo 1985–2012 (p < 0.01).

Figura 10. Nidificazione del Fratino e tendenza della popolazione nel periodo 1983–2012 (p < 0.01).

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Specie estivanti nell’area in esame o presenti nel periodo post-riproduttivo Tra le specie estivanti che sono presenti nell’area delle Saline di Sicciole nel periodo post-riproduttivo (luglio e agosto) ce ne sono di quelle che non hanno altrove degli habitat adeguati, nidificano altrove e da esemplari giovani compiono altrove la muta, si trattengono altrove per le aree di nutrimento più favorevoli o i loro luoghi di nidificazione sono geograficamente molto più settentrionali e non hanno quindi possibilità di nidificare. Tra tutte le specie che sono presenti nell’area delle Saline di Sicciole nel periodo post-riproduttivo bisogna mettere in rilievo soprattutto il Marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), il Gabbiano corallino (Ichthyaetus melanocephalus) e il Gabbiano reale zampe gialle (Larus michahellis). Tutte e tre le specie sono presenti in gran numero nell’area delle Saline di Sicciole. Il più numeroso tra tutti è certamente il Gabbiano reale zampe gialle (Larus michahellis) che è in possesso di diversi criteri IBA e SPA (Škornik, 2007). I luoghi di nidificazione del Marangone dal ciuffo sono in Dalmazia, i luoghi in cui soggiornare dopo la riproduzione sono invece nel Nord Adriatico (foto). I maggiori luoghi di nidificazione del Marangone dal ciuffo sono nel Quarnero e a Brioni, con il maggiore luogo di nidificazione noto in Dalmazia sul Silbanski greben (i Pettini) a Zara in cui nidificano anche sino a 200 coppie e più. Nel Sud dell’Adriatico nidificano sull’isola di Lagosta (Crnković, oralmente). Nel Nord Adriatico il Marangone dal ciuffo è presente in gran numero già ad agosto. Soggiorna nelle lagune di Venezia, nel banco di conchiglie dinanzi alle saline di Sicciole e di Strugnano e su tutti i banchi di conchiglie da Punta grossa sino alla foce del Timavo. Nel periodo post-riproduttivo si riuniscono nel golfo di Trieste anche 4000 esemplari, il che rappresenta più di metà di tutta la popolazione adriatica.

Figura 11. Dinamica della comparsa del Marangone dal ciuffo in base alle settimane nel periodo 1983– 2012. Oltre al Marangone dal ciuffo, è presente in gran numero nel periodo post-riproduttivo anche il Gabbiano corallino (Ichthyaetus melanocephalus) che secondo la Legge sulla ratifica della Convenzione sulla conservazione della flora e della fauna selvatica e degli habitat naturali in Europa, in base all’Appendice II, è stata dichiarata specie animale rigorosamente protetta.

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Figura 12. Dinamica della comparsa del Gabbiano corallino in base alle settimane nel periodo 1983–2012.

Figura 13. Dinamica della comparsa del Gabbiano reale zampegialle in base alle settimane nel periodo 1983–2012.

Figura 14. Luoghi di nidificazione del Marangone dal ciuffo in Dalmazia (rosso) e aree di soggiorno nel periodo post-riproduttivo nel Nord Adriatico (giallo).

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Il Marangone dal ciuffo è presente già ad agosto in gran numero. Soggiorna nelle lagune di Venezia, nei banchi di conchiglie dinanzi alle Saline di Sicciole e Strugnano e nei banchi di conchiglie da Punta grossa sino alla foce del Timavo. Dal 2007, insieme ai colleghi italiani e con l’aiuto degli anelli colorati, abbiamo riconosciuto nel Parco naturale delle Saline di Sicciole (KPSS) più di 200 uccelli che erano stati identificati sulle isole croate in cui nidificano. Il 61% proviene dalle isole di Brioni, il 13% dall’arcipelago Silbanski Grebeni (i Pettini), il 10% proviene dall’arcipelago del Quarnero, il 16% proviene da altre località. La popolazione nidificante è stimata in 2000 copie al massimo (Kralj, verbalmente). Nel Golfo di Trieste si riuniscono, nel periodo post-riproduttivo, sino a 4000 esemplari, il che rappresenta più di metà di tutta la popolazione adriatica (secondo Škornik et al., 2011).

Specie che attraversano in volo l’area in esame In generale la migrazione primaverile inizia già a febbraio quando gli uccelli abbandonano i luoghi di svernamento, mentre alcune specie iniziano a tornare già a luglio (Snow & Perrins, 1998). L’ondata migratoria raggiunge la Slovenia in ritardo. Data la presenza di determinati e caratteristici uccelli acquatici migratori che si fermano in Slovenia si può dedurre che la migrazione primaverile avviene da noi fra la fine di marzo e l’inizio di giugno, con un picco all’inizio di aprile, quindi complessivamente in tre mesi. La migrazione autunnale è un po’ più prolungata e dura all’incirca quattro mesi, dalla fine di agosto all’inizio di novembre. Gli uccelli, infatti, in autunno hanno meno fretta di migrare verso i luoghi di svernamento rispetto alla primavera, quando migrano nei luoghi di nidificazione, ove li attende la faticosa operazione (Vrezec et al., 2006). La trasvolata primaverile nell’area delle Saline di Sicciole avviene per lo più tra marzo e maggio, quella autunnale si svolge invece da agosto a ottobre. Nel periodo (1983-2009) sono state rilevate 213 specie. Durante la trasvolata autunnale (1983-2009) che si svolge da agosto a novembre ne sono state rilevate invece 211. Molte specie si fermano nell’area del Parco naturale delle Saline di Sicciole sia durante la trasvolata sia per svernare. 134 specie sono regolarmente presenti durante la trasvolata (Škornik, 2012). Nel 2010 sono state rilevate 149 specie diverse durante la trasvolata primaverile e quella autunnale. Nel 2010 sono state rilevate 123 specie diverse durante la trasvolata primaverile, 89 specie invece durante la trasvolata autunnale. 60 specie hanno fato la loro comparsa solo nella trasvolata primaverile, 26 specie invece solo nel periodo autunnale. Nel 2011 sono state rilevate 131 specie diverse durante la trasvolata primaverile e quella autunnale. Durante la trasvolata primaverile sono state rilevate nel 2011 92 specie diverse, durante la trasvolata autunnale invece 94 specie. 37 specie hanno fatto la loro comparsa solo in primavera, 39 specie invece solo nel periodo autunnale. Nel 2012 sono state rilevate 149 specie diverse durante la trasvolata primaverile e quella autunnale. Durante la trasvolata primaverile sono state rilevate nel 2012 complessivamente 119 specie, durante la trasvolata autunnale invece 109 specie. 40 specie hanno fatto la loro comparsa solo in primavera, 30 specie invece solo nel periodo autunnale.

Specie che svernano nell’area in esame o sono presenti nel periodo invernale Anche se nel calendario l’inverno è considerato il periodo che va dal 21 dicembre al 21 marzo, per accertare la diffusione invernale degli uccelli si utilizza un periodo più idoneo, cioè dalla fine di novembre all’inizio di febbraio, quando le temperature sono più basse, nevica e le giornate sono più corte (Sovinc,

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1994). Anche se i primi uccelli svernanti arrivano nelle Saline di Sicciole già a novembre e le lasciano a marzo, alcuni anche ad aprile, con il concetto di uccello svernante si indicano quegli uccelli che nei mesi invernali (dicembre, gennaio) si trattengono da noi per un periodo più lungo. Vengono inserite tra gli ospiti invernali anche quelle specie che per influenze meteorologiche o di altro tipo arrivano in inverno da noi ma i loro luoghi di svernamento sono solitamente altrove. Nel periodo 1983-2009 durante lo svernamento sono state avvistate 143 specie. 70 specie svernano regolarmente nell’area delle Saline di Sicciole, 30 specie non svernano tutti gli anni, 53 specie sono invece considerate ospiti invernali (Škornik, 2012). Secondo i dati dell’Atlante ornitologico invernale della Slovenia (ZOAS) le Saline di Sicciole, con le loro 123 specie avvistate in inverno, costituiscono il più importante luogo di svernamento degli uccelli in Slovenia (Sovinc, 1994). A gennaio del 2010 hanno svernato 55 specie, a dicembre del 2010 invece 33 specie. A gennaio del 2011 hanno svernato 39 specie, a dicembre del 2011 invece 60 specie. Complessivamente nel periodo 20102011 sono state registrate in regime di svernamento 79 specie diverse, 13 specie delle complessive 63 hanno svernato solo a gennaio, mentre 16 specie delle complessive 66 hanno svernato solo a dicembre. A gennaio del 2012 hanno svernato 61 specie, a dicembre del 2012 invece 46 specie. Complessivamente nel 2012 sono state registrate per lo svernamento 68 specie diverse, 22 specie delle complessive 68 hanno svernato solo a gennaio, mentre 7 specie delle complessive 68 hanno svernato solo a gennaio. Il numero degli esemplari di alcune specie si è ridotto nel periodo invernale e tra di loro di più nel caso del Fischione (Anas penelope).

Figura 15. Numerosità del fischione durante lo svernamento dal 1983 al 2012.

Specie rare Lo stato di rarità delle singole specie è stabilito dalla Commissione per la rarità che opera nell’ambito dell’Associazione per il monitoraggio e l’esame degli uccelli della Slovenia – DOPPS sulla base del numero effettivo di avvistamenti della specie in Slovenia (Vrezec et al., 2006). Sono considerate rare quelle specie che negli ultimi 50 anni sono state avvistate meno di dieci volte (Božič, 2001). Un criterio simile per la rarità (sino a 10 avvistamenti) è stato utilizzato anche per l’area delle Saline di Sicciole. Tuttavia, se una specie è considerata rara in tale area, ciò non significa che sia rara al di fuori dell’area delle Saline di Sicciole o sul territorio della Slovenia.

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Sino al 2009 delle 292 specie registrate nell’area del Parco naturale delle Saline di Sicciole 125 (42.8%) erano state avvistate meno di dieci volte. 39 specie (13,3%) avevano fatto la loro comparsa qui solo una volta e la loro apparizione nelle Saline di Sicciole era solo frutto di determinate circostanze. Tra queste i dati di 9 specie risalgono alla fine del 19° secolo (dati storici) e per 7 specie ci sono poche probabilità che si ripresentino nuovamente in queste zone (Škornik, 2012). Nel 2011 sono state avvistate 4 nuove specie per l’area delle Saline di Sicciole – la Casarca comune (Tadorna ferruginea), l’Albanella pallida (Circus macrourus), la Cannaiola di Jerdon (Acrocephalus agricola) e la Bigia padovana (Sylvia nisoria). Specie rare e interessanti che nel 2010 hanno fatto la loro comparsa nel Parco naturale delle Saline di Sicciole (KPPS): il Biancone (Circaetus gallicus), il Re di quaglie (Crex crex), il Cuculo dal ciuffo (Clamator glandarius), la Sterna zampenere (Gelochelidon nilotica), il Mignattaio (Plegadis falcinellus) e il Fenicottero (Phoenicopterus roseus). Specie rare e interessanti che nel 2011 hanno fatto la loro comparsa nell’area del Parco naturale delle Saline di Sicciole, oltre alle specie nuove già sopra menzionate: l’Anatra mandarina (Aix galeri culata), il Mignattaio (Plegadis falcinellus), il Re di quaglie (Crex crex), la Sterna zampenere (Gelochelidon nilotica), il Barbagianni (Tyto alba), l’Averla capirossa (Lanius senator) e la Cutrettola testagialla orientale (Motacilla citreola). L’avvistamento della Cutrettola testagialla orientale (Motacilla citreola), del Crociere (Loxia curvorostra) e del Cigno nero (Cygnus atratus) costituisce il secondo avvistamento registrato nel Parco naturale delle Saline di Sicciole (KPSS). Specie rare che nel 2012 hanno fatto la loro comparsa nell’area del Parco naturale delle Saline di Sicciole (KPPS): il Voltapietre (Arenaria interpres), il Gambecchio frullino (Limicola falcinellus) (terzo avvistamento), il Fistione turco (Netta rufina) (terzo avvistamento). Specie interessanti che nel 2012 hanno fatto la loro comparsa nell’area del Parco naturale delle Saline di Sicciole (KPSS), oltre alle specie nuove e rare già sopra menzionate: l’Aquila reale (Aquila chrysaetos), il Fenicottero (Phoenicopterus roseus) e lo Zigolo giallo (Emberiza citronella).

Figura 16. Numero di esemplari della Volpoca dal 1984 al 2012. Il numero degli esemplari è aumentato fortemente negli ultimi dieci anni.

Gli habitat e la loro importanza La varietà delle specie è a rischio soprattutto per il degrado e la distruzione degli habitat. L’uomo contribuisce al depauperamento degli habitat con l’urbanizzazione, lo sfruttamento dei beni naturali e lo sviluppo di forme intensive di economia. In futuro a questo processo deleterio contribuiranno pure i

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cambiamenti climatici, che influiranno sulla qualità degli habitat. Per conservare gli habitat naturali e la flora e la fauna selvatiche il Consiglio dei ministri ha adottato in data 21/5/1992 la Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, detta “Direttiva Habitat” (The Council Directive 92/43/EEC on the Conservation of Natural Habitats and of Wild Fauna and Flora – "The Habitat Directive"). La direttiva è stata più volte integrata, infine nel 1995 in occasione dell’adesione all’UE di Austria, Finlandia e Svezia. Nell’ambito del progetto CLIMAPARKS abbiamo effettuato nell’area delle Saline di Sicciole la mappatura degli habitat appartenenti all’elenco della Direttiva Habitat. L’innalzamento del livello del mare quale conseguenza del riscaldamento globale è oltremodo preoccupante nella fascia costiera ed in quella limitrofa, poiché l’innalzamento benché minimo del livello del mare rappresenta per gli habitat esistenti delle Saline di Sicciole un cambiamento radicale, che influirà sulla morfologia e sulla qualità degli habitat costieri, già di per sé fragili. I cambiamenti degli habitat provocando dei mutamenti anche per le specie animali. Gli habitat che abbiamo descritto sono (figura 17): – Foci dei fiumi, estuari (codice 1130 Nat. 2000) – Distese fangose o sabbiose emergenti durante la bassa marea (codice 1140 Nat. 2000) – – – –

Vegetazione pioniera a Salicornia e altre specie annuali delle zone fangose e sabbiose (codice 1310 Nat. 2000) Prati di Spartina (Spartinion maritimae) (codice 1320 Nat. 2000) Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi) (codice 1410 Nat. 2000) Praterie e fruticeti alofili mediterranei e termo-atlantici (Sarcocornetea fruticosi) (codice 1420 Nat. 2000)

Figura 17. Diffusione degli habitat in rete UTM costituita da quadrati di 100 × 100 m.

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Nel periodo 2010-2012 abbiamo mantenuto la regolare efficienza del regime idrico nell’area delle Saline di Sicciole, assicurando condizioni ottimali di vita per le piante e gli animali. Per garantire un adeguato regime idrico vengono svolti nell’area delle Saline di Sicciole lavori di risanamento e altri lavori di manutenzione nell’ambito di progetti internazionali acquisiti e dei programmi della Slovenia per la gestione idrica. Inoltre la maggior parte dell’area sfruttata viene utilizzata a scopi produttivi per l’estrazione tradizionale del sale. Con la risistemazione delle aree per l’evaporazione, che sono sott’acqua per la maggior parte dell’anno, si è ridotta la superficie degli habitat importanti. Per questo motivo è stata preparata una proposta per migliorare la situazione di tutti gli habitat importanti dal punto di vista europeo non intervenendo in modo sostanziale nelle condizioni favorevoli di nidificazione né nella produzione tradizionale di sale. Con un adeguato approccio di prosciugamento si possono recuperare nell’area di Fontanigge circa 50 ha di superfici emerse o di bacini periodicamente inondati assicurino per garantire condizioni idonee per la crescita e la diffusione della vegetazione alofila.

Caratteristiche climatiche delle Saline di Sicciole Nel periodo tra il 1983 e il 2012 le misurazioni meteorologiche nell’area del Litorale non sono state effettuate sempre nello stesso punto di misurazione. I dati del periodo iniziale provengono dalla stazione meteorologica di Croce Bianca, mentre quelli successivi dall’aeroporto di Portorose e da entrambe le nostre stazioni meteorologiche (Lera, Fontanigge). Per garantirne la comparabilità i dati di Croce Bianca sono stati ricalcolati per il sito dell’aeroporto. Tale procedura ci consente un buon raffronto tra i valori medi mensili, ma non garantisce riscontri efficaci per i valori estremi, che dipendono molto dal microclima, sostanzialmente diverso a Croce Bianca rispetto a quello dell’aeroporto. Nell’ambito del progetto CLIMAPARKS sono state installate nel 2010 due stazioni meteorologiche nell’area delle Saline di Sicciole, una a Lera nel Centro per i visitatori e l’altra lungo il canale Pichetto a Fontanigge.

Temperatura In Slovenia è presente un clima submediterraneo o un clima mite di tipo mediterraneo, essendo il territorio punto d’incontro di due tipi climatici, quello mediterraneo e quello continentale. Il clima submediterraneo si differenzia da quello propriamente mediterraneo per le temperature medie leggermente più basse, nonché per una diversa distribuzione e quantità delle precipitazioni. Nel clima mediterraneo le precipitazioni sono solitamente concentrate nel periodo invernale dell’anno, il che non vale per la maggior parte dell’area mediterranea slovena, che presenta però temperature medie annuali di gran lunga superiori a quelle delle zone interne della Slovenia. Va soprattutto rilevato che le temperature invernali sono superiori a quelle delle zone interne del Paese. Il clima del Litorale di Capodistria è il più caldo in Slovenia. Il profilo delle temperature è mediterraneo grazie alle estati calde e agli inverni miti, ma con una variazione relativa alla distribuzione annuale delle precipitazioni, che nel Mediterraneo sono più frequenti d’inverno. Il mese più caldo è luglio. Le temperature medie sul mare variano tra i 23 e i 25 °C, mentre nell’entroterra collinare e montuoso sono leggermente più basse, ma comunque sempre superiori ai 20 °C. L’estate è anche il periodo in cui vi è una maggiore stabilità atmosferica e le condizioni meteo sono assimilabili all’anticiclone delle Azzorre. Le temperature di gennaio, il mese più freddo, superano i 3 °C ed anche in collina non scendono al di sotto dei 2 °C. Nel Litorale di Capodistria si avverte l’influenza del mare sul clima stesso. Le temperature medie mensili del mare sono di regola sempre superiori alle temperature medie mensili dell’aria, e si va da una 83


differenza maggiore di 5,3 °C a novembre sino ad un minimo di 0,2 °C a maggio. La temperatura media annuale del mare a Portorose (1976–1985) è di 15,8 °C ed è di 2,4 °C più calda rispetto alla temperatura media annuale dell’aria. Le differenze sono più rilevanti nel periodo da ottobre a gennaio, in cui il mare è in media più caldo di 4,4 °C. La differenza tra la temperatura media di luglio e quella di febbraio è di 15,9 °C. Per la temperatura dell’aria è importante il fatto che in primavera il mare si riscalda lentamente, ed altrettanto lentamente si raffredda in autunno. La temperatura del mare raggiunge i suoi valori massimi due mesi dopo i relativi solstizi. Dalla metà di giugno sino all’inizio di ottobre la temperatura media giornaliera del mare non scende sotto i 20 °C. Tale periodo dura solitamente più di 110 giorni. Le Saline di Sicciole con il loro clima submediterraneo appartengono alle aree più calde della Slovenia, con numerosi giorni di sole, la cui media annua ammonta a 2346 ore. Ci sono poche precipitazioni, tra i 1000 e i 1100 mm all’anno. Sono caratteristici gli inverni miti, durante i quali la temperatura scende raramente sotto lo zero. Ogrin (1995) ha inserito le Saline di Sicciole in una particolare suddivisione climatica, tipica delle “doline” e delle vallate dell’Istria slovena, per le quali sono caratteristiche le spiccate inversioni termiche notturne. I valori delle temperature rilevate alla stazione dell’Aeroporto di Portorose possono registrare variazioni sino a 2 °C inferiori rispetto alle temperature rilevate dalla stazione al di fuori della zona interessata dall’inversione termica – Croce Bianca (Ogrin, 1995).

Esposizione al sole L’area in questione, che registra il maggiore irraggiamento solare in Slovenia, è per contrario l’area in cui la vegetazione cresce più a lungo: 9–11 mesi per l’erba. Le radiazioni solari sono maggiori nei mesi estivi e minori in inverno. L’energia delle radiazioni solari è fortemente collegata alla durata dell’irraggiamento solare e dipende praticamente dalla durata di tali radiazioni. La stazione meteorologica a Lera è equipaggiata anche con uno strumento per la misurazione dell’irraggiamento solare. La soglia che è stata determinata per la durata dell’irraggiamento solare è di 100 W/ m2. Anche la durata delle radiazioni solari è cambiata in 30 anni. Oltre alla variabilità naturale si nota una tendenza all’aumento della durata delle radiazioni solari. In media il numero delle ore di radiazioni solari aumenta in tutte le stagioni dell’anno, tranne che in autunno (ARSO, 2006).

Precipitazioni Sul lato occidentale della regione le precipitazioni sono più consistenti in ottobre, mentre sul lato orientale della catena collinare e a contatto con il Carso di Podgorje lo sono in novembre. Un altro picco è presente a giugno. La quantità di precipitazioni aumenta da ovest verso est e dai 1000 mm circa di Portorose si arriva sino a 1200-1350 mm delle parti orientali della catena collinare. Il periodo più secco va da gennaio a maggio. A luglio e agosto piove in media di più che nei mesi invernali, il che è in contrasto con le caratteristiche del tipo climatico mediterraneo, in cui il picco delle precipitazioni è nei mesi invernali (Repolusk, 1993). Nella zona delle Saline di Sicciole il picco delle precipitazioni è a settembre. In estate è presente un’aridità fisiologica, nonostante la notevole quantità di precipitazioni. Negli ultimi cinque anni la quantità media di precipitazioni nelle Saline di Sicciole ha superato gli 800 mm. Nella zona di Fontanigge le precipitazioni sono più consistenti rispetto a Lera (10%–18% in più). Le precipitazioni più intense si sono registrate nel 2010, quando sono caduti oltre 1200 mm di pioggia, mentre l’anno più asciutto è stato il 2012, con meno di 600 mm di pioggia. 84


Vento In quest’area della Slovenia i venti costituiscono un fattore molto importante del paesaggio. La bora soffia tutto l’anno, ma soprattutto d’inverno. Può durare da qualche ora (soprattutto in estate), a qualche giorno, sino ad arrivare ad una settimana o due (soprattutto d’inverno). Il borino è un vento termico notturno che soffia da terra verso il mare e si forma perché la terraferma dopo il tramonto del Sole si raffredda più rapidamente del mare. Data la sua formazione soffia solo nelle vicinanze della costa marina, affievolendosi sino a scomparire man mano che ci si allontana dalla linea della costa. Soffia dal tramonto all’alba in direzione Nord-NordEst (NNE) sino a Est-NordEst (ENE). Il levante è un vento umido e transitorio del Nord Adriatico, che spira da Est (E) soprattutto nel periodo invernale. Si forma in assenza di vento e si trasforma in bora o scirocco. Quest’ultimo è un vento caldo e umido che nell’Adriatico soffia da Est-SudEst (ESE) sino a Sud-SudEst (SSE), è accompagnato da tempo nuvoloso e spesso anche da precipitazioni. Lo scirocco da Sud-Est è più frequente rispetto al vento propriamente meridionale, chiamato Ostro o Mezzogiorno, che è un vento transitorio di breve durata e spira da Sud(S). Questi due venti sono generalmente denominati scirocco, e sono forieri di condizioni meteo in peggioramento con precipitazioni consistenti. Con il bel tempo, nei mesi più caldi dell’anno, tra le ore 11 e le 16, spirano di frequente il maestrale (NW) e il libeccio (SW). Il primo soffia sul Litorale sloveno da Ovest-NordOvest (WNW), mentre su gran parte dell’Adriatico da Nord-Ovest (NW) ed all’estremità meridionale dell’Adriatico addirittura da Ovest (W). Il vento in regime di brezza inizia a soffiare dopo le ore 10, raggiungendo alle 14 circa la massima potenza intensità, pari a circa 4 Bft, e cessa di soffiare prima del tramonto. Il libeccio è nell’Adriatico un vento di tempesta (SW) accompagnato da forti precipitazioni. D’estate accompagna i temporali in caso di contrasti termici locali. Il ponente è nell’Adriatico un vento di temporale che soffia da Ovest (W). La tramontana è un vento transitorio di breve durata che nell’Adriatico spira da Nord. Soffia in tutti i periodi dell’anno, assumendo talvolta intensità veramente pericolose. Solitamente si trasforma in bora.

Figura 18. Rose dei venti provenienti dalla stazione meteorologica automatica dell’Aeroporto di Portorose per il periodo 2006–2012. Misurazioni nelle 24 ore (a sinistra), misurazioni di giorno (al centro) e misurazioni di notte (a destra).

Caratteristiche climatiche nel 2011 e tendenze di alcune variabili meteorologiche L’anno 2011 si annovera tra i più caldi registrati in regione. In tutta la Slovenia la temperatura media annuale ha superato di 1 °C la media del periodo 1961–1990, ed in vaste aree del Paese la media è stata superata di oltre1,5 °C (ARSO, 2012).

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A Lera la temperatura media annuale è stata di 14,5 °C, mentre a Fontanigge è stata di mezzo grado fresca inferiore, e precisamente di 14 °C. La maggior parte dei mesi del 2011 ha superato la media delle temperature, con il picco di agosto, nel quale la temperatura massima rilevata a Lera era pari a 34,9 °C e a Fontanigge a 33,8 °C. La temperatura minima annuale è stata rilevata a Lera in data 8/3/2011 e precisamente -4,8 °C, mentre a Fontanigge la temperatura minima rilevata il 4/1/2011 e l’8/3/2011 è stata di -4,7 °C.

Figura 19. Temperature medie giornaliere in base ai mesi nel 2011. Nel 2011 le precipitazioni complessive sono state dappertutto sotto la media di lungo periodo e nella maggior parte del Paese le precipitazioni hanno raggiunto il 70 e l’80% della media di lungo periodo. A Lera sono caduti 569,8 mm di pioggia, mentre a Fontanigge sono stati rilevati 628,7 mm di pioggia. I picchi delle precipitazioni nell’area delle Saline di Sicciole sono stati rilevati a luglio e ad ottobre.

Figura 20. Quantità delle precipitazioni in base ai mesi nel 2011. Sul Litorale, a parte novembre, il mese in cui è piovuto meno è stato agosto. A Lera sono caduti ad agosto 4,2 mm di pioggia, a novembre invece 9,2 mm. A Fontanigge sono caduti ad agosto 1,6 mm di pioggia, mentre a novembre 8,2 mm. Nella maggior parte del Paese questo è stato uno degli anni più secchi a partire dal 1951. A Portorose sono caduti in un anno intero solo 614 mm, il che rappresenta una differenza sostanziale rispetto all’anno precedente, in cui sono stati registrati 1394 mm di precipitazioni (ARSO, 2012).

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Nel 2011 la durata dell’irraggiamento solare ha superato la media di lungo periodo. A Portorose con 2730 ore di sole il 2011 è stato l’anno più assolato a partire dal 1955. Nel 2011 la somma annuale di irraggiamento solare a Lera è stata pari a 3075,5 ore. Nell’Aeroporto di Portorose a luglio del 2011 è stato registrato un irraggiamento solare pari a 315 ore, il che è il 100% della media del periodo 1961– 1990. A Lera abbiamo rilevato a giugno del 2011 355,8 ore. Il vento prevalente nell’area delle Saline di Sicciole è lo scirocco (SE), che spira nelle ore notturne. Soffia con intensità maggiore ed è più uniforme a Fontanigge. Il mese più ventoso è stato marzo.

Figura 21. Valori medi della direzione del vento in percentuale (%) nel 2011.

Caratteristiche climatiche nel 2012 e tendenze di alcune variabili meteorologiche Il 2012 è stato dappertutto un anno caldo sopra la media. La variazione maggiore è stata registrata a Slovenske gorice e nel Pomurje, nonché nella fascia che va dalla Slovenia centrale verso sud sino al Monte Nevoso e sino al confine con la Croazia, ed inoltre nella Dolenjska, dove la variazione ha superato i 2 °C. Altrove l’aumento è stato di almeno 1 °C rispetto al consueto (ARSO, 2013). A Lera la temperatura media annuale è stata di 14,3 °C, mentre a Fontanigge ci sono stati 14,1 °C. L’inizio del mese di gennaio è stato abbastanza caldo, essendo stata rilevata la temperatura massima nel Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS) il 3/1/2012, che a Lera ha raggiunto i 12,6 °C, mentre a Fontanigge è stata leggermente superiore, e precisamente pari a 13,1 °C. La temperatura minima mensile è stata all’incirca la stessa in entrambe le stazioni meteorologiche (Lera -4,3 °C, Fontanigge -4,5 °C). Su gran parte della Slovenia il mese di dicembre è stato più caldo del consueto. A Lera la media mensile di dicembre 2012 ha raggiunto i 5,2 °C, mentre a Fontanigge i 4,8 °C. Il giorno più caldo a Lera è stato il 23/8/2012 (35.6 °C), a Fontanigge invece il 2/7/2012 (35.7 °C). La temperatura minima annuale è stata rilevata il 9/2/2012 a Lera e a Fontanigge e, precisamente in entrambe le località pari a -7,6 °C. Febbraio è stato un mese straordinariamente ventoso, con prevalenza di bora.

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Figura 22. Temperature medie giornaliere in base ai mesi nel 2012. Nel 2012 c’è stato dappertutto più sole del consueto. Nel 2012 l’irraggiamento solare annuo a Lera è stato pari a 3095,5 ore. Nell’Aeroporto di Portorose a luglio del 2012 c’è stato il sole per il 116% in più rispetto alla media del periodo 1961–1990. Nel 2012 il valore dell’irraggiamento solare a luglio è stato maggiore rispetto al 2011 con un totale di 367,8 ore. Negli ultimi vent’anni la temperatura media dell’aria in Slovenia indica una tendenza all’aumento e il 2012 è stato sensibilmente più caldo rispetto alla media di lungo periodo, anche se in passato era stata già rilevata una temperatura media più alta. Nel 2012 le precipitazioni complessive sono state ancora inferiori rispetto all’anno precedente. A Lera sono caduti complessivamente solo 554,9 mm di pioggia, mentre a Fontanigge le precipitazioni sono state leggermente superiori rispetto al 2011, e precisamente 655,4 mm. La maggior parte delle precipitazioni nel’area delle Saline di Sicciole si è concentrata a maggio e a novembre. A maggio sono caduti a Lera 88,8 mm di pioggia, a novembre invece 114,6 mm. A Fontanigge sono invece caduti a maggio 112,2 mm di pioggia e 110,6 a novembre. Il mese più asciutto è stato marzo.

Figura 23. Quantità delle precipitazioni in base ai mesi nel 2012. Nel febbraio del 2012 gran parte dell’Europa ha dovuto contrastare il freddo gelido, accompagnato in alcuni casi da vento forte e precipitazioni nevose. Le Saline di Sicciole sono state ricoperte dal ghiaccio. A Lera il vento ha soffiato in media a 35,4 km/h e il 4 febbraio è stata rilevata la velocità massima del

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vento, pari a 101,4 km/h. A Fontanigge il vento ha soffiato in media a 28,4 km/h con una velocità massima rilevata di 93,3 km/h. Nei primi sette giorni di febbraio del 2012 la temperatura dell’aria è stata sempre sotto lo 0 °C, ed a causa della forte bora la temperatura percepita ha raggiunto anche i -16 °C.

Figura 24. Rosa dei venti per il mese di febbraio proveniente dalla stazione meteorologica automatica dell’Aeroporto di Portorose per il periodo 2006–2012 (a sinistra) e rose dei venti per il mese di febbraio 2012 provenienti dalle stazioni meteorologiche del Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS) a Lera (al centro) e Fontanigge (a destra).

Figura 25. Valori medi della direzione del vento in percentuale (%) nel 2012.

Visite Le aree protette sono considerate lo strumento più importante per la tutela della varietà biotica. L’obiettivo della promulgazione e della gestione di un’area protetta è quello di conservare la natura nonché i beni e i benefici ed i valori culturali ad essa collegati. I nostri obiettivi a lungo termine per la gestione del Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS) sono orientati a tutelare e conservare in modo permanente le bellezze naturali e quindi la varietà biotica delle Saline di Sicciole, nonché a custodire il patrimonio culturale e le peculiarità del paesaggio culturale marino dell’Istria slovena. Le opportunità offerte ai visitatori per vivere appieno il parco comprendono le informazioni paesistiche (centri e punti d’informazione, cartelli informativi, sentieri del parco), le visite guidate, i workshop nella 89


natura, i workshop creativi, diversi programmi didattici e conferenze. Forme adeguate di attività ricreativa sono quelle che rientrano nelle finalità principali del Parco regionale. All’interno del Parco regionale delle Saline di Sicciole si svolge anche il Festival dei salinai, che attira nell’area numerosi appassionati, amanti della tradizione delle saline e delle specialità gastronomiche. Ai sensi delle disposizioni della Legge sulla conservazione della natura (ZON) per la visita del Parco regionale delle Saline di Sicciole viene fatto pagare un biglietto d’ingresso, acquistando il quale . i visitatori godono della copertura assicurativa contro gl’infortuni durante la visita. Durante la visita vanno rispettate le norme di comportamento nel Parco regionale (KPSS)! Il Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS) può essere visitato individualmente o in gruppo. I gruppi organizzati (almeno 15 persone) usufruiscono di una visita guidata che deve però essere richiesta tempestivamente con l’ausilio del modulo sul sito web, realizzato nell’ambito del progetto CLIMAPARKS, che comprende le condizioni generali e le avvertenze. Le visite guidate lungo il parco sono destinate ai visitatori che, oltre alla normale visita dell’area, desiderano sapere qualcosa di più sul Parco regionale delle Saline di Sicciole e sulla tradizione delle saline. Il programma per i visitatori con esigenze particolari intende avvicinare il Parco regionale delle Saline di Sicciole a tutti i visitatori. I programmi vengono formulati in collaborazione con i responsabili tecnici dei vari gruppi. Il Centro per i visitatori dispone di un modello tattile delle Saline di Sicciole per i ciechi e gli ipovedenti. Il Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS) dispone di due ingressi dalla terraferma (Lera, Fontanigge). Ad entrambe le aree è comunque possibile accedere via mare con un’imbarcazione. Nell’area di Lera non è possibile entrare con i cani! L’accesso al Museo delle saline avviene via mare o tramite la strada sterrata che costeggia il Dragogna a Fontanigge. Il Parco regionale delle Saline di Sicciole può essere visitato sia d’estate sia d’inverno un’ora dopo l’alba e sino ad un’ora prima del tramonto del sole. Consigliamo però ai visitatori di verificare l’orario di apertura alla reception del parco. Prima di recarsi nel parco i visitatori possono verificare sul sito web del Parco regionale (KPSS) la situazione meteo sulla webcam ed informarsi in merito alle previsioni generali consultando i dati di entrambe le stazioni meteorologiche presenti in sito. Nell’ambito del programma "Efficacia della gestione delle aree protette in Slovenia, Rapporto conclusivo dell’analisi RAPPAM", il turismo e l’attività ricreativa sono considerati un fenomeno invasivo e una minaccia per le aree protette (Kus & Sovinc, 2009), anche se nella maggior parte dei casi non si può parlare di turismo, bensì della visita di un’area protetta. Gli autori ritengono che le citate fenomenologie deleterie, caratteristiche del turismo e dell’attività ricreativa, siano maggiori all’interno del Parco nazionale del Triglav (TNP), mentre nelle aree protette di minore entità, tra le quali si annoverano anche le Saline di Sicciole, queste sono moderate o ridotte. I dati, che si basano soprattutto sulla valutazione degli amministratori e non sulla base dei risultati delle analisi dei dati acquisiti, possono essere quindi soggetti ad un’interpretazione può essere errata. Inoltre qualsiasi conclusione relativa agli impatti sulle aree protette da parte "del turismo e dell’attività ricreativa", senza che vengano acquisiti i dati esatti sul numero dei visitatori e sulle loro abitudini, può essere definita, per usare un eufemismo, speculativa. Ai sensi della strategia sulla conservazione della varietà biotica in Slovenia, il "turismo" può rappresentare un’occasione di sviluppo per le aree con un elevato carattere naturalistico, ma alla condizione che non causi una riduzione della varietà biotica, che non riduca l’utilizzo delle fonti non

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rinnovabili e che segua i principi delle visite sostenibili, le quali devono comprendere la conservazione della varietà, delle caratteristiche e delle bellezze della natura e del paesaggio. Le visite sostenibili di un’area protetta vanno quindi intese come un’opportunità e non come un pressione fenomeno invasivo o una minaccia. L’intensa collaborazione tra i nove parchi del progetto CLIMAPARKS per la realizzazione di diversi incarichi progettuali contribuirà ad uno scambio di buone pratiche e al rafforzamento della collaborazione tra Slovenia e Italia. Realizzando una rete di misurazione e monitoraggio in comune ci aspettiamo di ottenere nei parchi soprattutto una buona base per effettuare delle analisi di confronto che potranno essere realizzate per la prima volta in quest’area all’interno dei singoli parchi e tra loro. Allo scopo stiamo sviluppando i metodi esistenti e realizzandone di nuovi per monitorare le visite, alfine di accertarne i trend e visite sviluppare un modello sostenibile. Nell'ambito del work package "Visite sostenibili dei parchi" del progetto CLIMAPARKS, nel 2010 è stato realizzato il monitoraggio regolare dei visitatori del parco e su entrambi gli ingressi è stato introdotto il conteggio di questi ultimi. Nel periodo 2006-2012 il Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS) è stato visitato da 267.743 visitatori. Il concetto della capacità di portata non è definito in modo unitario, diversi autori ne forniscono formulazioni diverse. Chamberlain (1997) definisce la capacità di carico turistica (CCT) come il livello di funzionamento dell’uomo che un determinato ambiente riesce ancora a sopportare senza per questo distruggere l’ambiente e senza per questo danneggiare la popolazione locale o ridurre la soddisfazione dei visitatori. Secondo la definizione dell’Organizzazione mondiale del Turismo la capacità di portata turistica è stabilita dal numero massimo di turisti su una determinata destinazione turistica che non avrebbe ancora un impatto negativo sull’ambiente naturale e sociale e non ridurrebbe la qualità di soddisfazione dei turisti (Mangion, 2001). Considerando il carico ecologico dell’ambiente di cui si è tenuto conto e che è collegato soprattutto ai cambiamenti dell’ambiente biofisico dovuti all’utilizzo “turistico” e alla capacità di carico sociale che rappresenta il rapporto nei confronti dell’ambiente, sia da parte della popolazione locale che da parte dei turisti, l’utilizzo delle sorgenti naturali e l’inquinamento dell’ambiente, nonché la soddisfazione di entrambi con l’offerta e lo sviluppo delle visite nelle aree protette, abbiamo deciso che nell’area del Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS) il limite massimo ancora accettabile è di un massimo di 50.000 visitatori all’anno, il che significa che si possono trovare contemporaneamente nell’area del Parco (KPSS) 300 visitatori al massimo, ovvero un massimo di 900 visitatori al giorno.

2010 Nel 2010 il Parco regionale delle Saline di Sicciole è stato visitato da 35.010 visitatori, dei quali 24.902 nell’area di Lera, mentre il Museo delle saline a Fontanigge è stato visitato da 10.108 persone. A Lera le guide hanno compiuto ben 395 visite guidate, a cui hanno partecipato 12.693 visitatori, organizzati perlopiù in gruppi scolastici e di pensionati. A Lera sono stati venduti nel 2010 67 abbonamenti annuali, 1.390 familiari, 9,526 senior e 13.092 biglietti d’ingresso per bambini, alunni, studenti e pensionati. Dall’inizio del conteggio dei visitatori, il avvenuto l’1/11/2010, sono stati registrati circa 70 visitatori che sono entrati gratuitamente nel Parco regionale (KPSS).

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2011 Nel 2011 il Parco regionale delle Saline di Sicciole è stato visitato da una cifra record di 47.430 visitatori, dei quali 38.702 nell’area di Lera, mentre il Museo delle saline a Fontanigge è stato visitato da 8728 persone. A Lera le guide hanno compiuto ben 529 visite guidate, alle quali hanno partecipato 16.753 visitatori organizzati perloppiù in gruppi scolastici e di pensionati. Sta inoltre aumentando il numero dei visitatori dall’estero. A Lera nel 2011 sono stati venduti 27 abbonamenti annuali, 1801 familiari, 9.202 senior e 15.529 biglietti d’ingresso per bambini, alunni, studenti e pensionati. 11.745 visitatori sono entrati gratuitamente nel Parco regionale (KPSS). A 56 gruppi è stata offerta una visita guidata gratuita, alla quale cui hanno partecipato complessivamente 1.347 visitatori, mentre 100 abbonamenti annuali sono stati donati a tutti i partecipanti alla campagna di pulizia. Dalla terraferma sono entrati nel parco complessivamente 43.082 visitatori, il che rappresenta il 90.84%, mentre 4.348 visitatori sono arrivati al parco con un’imbarcazione, il che costituisce il 9.16% di tutti i visitatori. Tra questi ultimi sono approdati a Lera complessivamente 2.291 visitatori, mentre a Fontanigge 2.057 visitatori. I visitatori che arrivano al Parco regionale (KPSS) con le imbarcazioni sono più costituiti in maggioranza da gruppi scolastici.

2012 Nel 2012 il Parco regionale delle Saline di Sicciole è stato visitato da 45.000 visitatori, dei quali 36.729 nell’area di Lera, mentre il Museo delle saline a Fontanigge è stato visitato da 8281 persone. A Lera le guide hanno compiuto ben 431 visite guidate, alle quali hanno partecipato 13.585 visitatori, composti perlopiù da gruppi scolastici e di pensionati. Si è notato un ulteriore aumento del numero dei visitatori dall’estero, pur registrando, rispetto al 2011, una leggera flessione del numero complessivo di visitatori del Parco regionale delle Saline di Sicciole. Nel Parco regionale (KPSS) sono stati venduti nel 2012 51 abbonamenti annuali, 1876 familiari, 12.590 senior e 18.818 biglietti d’ingresso per bambini, alunni, studenti e pensionati. 11.886 visitatori sono entrati gratuitamente nel Parco regionale (KPSS). A 109 gruppi è stata offerta una visita guidata gratuita, alla quale hanno partecipato complessivamente 1.895 visitatori, mentre 100 abbonamenti annuali sono stati donati a tutti i partecipanti alla campagna di pulizia. Dalla terraferma sono entrati nel parco complessivamente 41.256 visitatori, di cui 34.135 dell’area di Lera e 7.121 di quella di Fontanigge. 3.754 visitatori sono entrati nel parco con un’imbarcazione, e tra questi 2.594 sono approdati a Lera e 1.160 a Fontanigge.

Trend delle visite Il trend delle visite può essere definito come un orientamento di sviluppo del fenomeno interessato dalle visite o, altrimenti detto, dell’orientamento delle abitudini delle persone nel tempo libero. Il trend è un orientamento generale e rappresenta l’effetto di fattori che agiscono a lungo termine. Tale orientamento non è, tuttavia, costante. I picchi e gli avvallamenti determinano l’orientamento del trend, ossia le abitudini dei visitatori. Se si registra una serie crescente di picchi e avvallamenti il trend è indubbiamente orientato al rialzo. Tali fattori possono che indicare che il fenomeno rispecchia una tendenza di aumento costante, di calo costante o comunque la variazione della tendenza in un periodo di tempo più lungo. Il trend ci consente di effettuare un confronto più facile e più chiaro tra i fenomeni, la previsione di uno

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sviluppo probabile del fenomeno in futuro e semplifica l’accertamento delle altre componenti del fenomeno, suggerendone l’ampiezza e l’importanza (Arh, Pfajfar, 1998). L’area di Lera, in cui c’è anche il centro per i visitatori, è stata visitata nel periodo 2010-2012 dal 77,9% dei visitatori dei complessivi 127.440 visitatori registrati, mentre il Museo delle saline è stato invece frequentato da un terzo scarso dei visitatori. Dalla terraferma è entrato nel parco il 91% dei visitatori, mentre il 9% è arrivato via mare con un’imbarcazione. Un buon terzo (33,7%) dei visitatori ha deciso di effettuare una visita guidata. Il 76% era costituito da visitatori locali, un quarto scarso (23,74%) delle visite guidate era composto da stranieri, dei quali la maggior parte era anglofona (13,9%), seguita da visitatori provenienti dall’Italia (4,7%), mentre i visitatori di lingua tedesca sono ammontati al 3,1%, ed il rimanente 2 per cento circa era invece dedicato a guidate persone parlanti altre lingue (russo serbocroato,…). In base alla struttura dei visitatori al primo posto ci sono gli alunni delle scuole elementari, gli studenti delle scuole medie e superiori (46,3%), a seguire i visitatori adulti (28,1%), i giornalisti e i partner commerciali (6,5%) e i pensionati (5,8%). Un buon due per cento (2,4%) è rappresentato da persone con esigenze particolari. Dai risultati dell’analisi statistica si evince che il numero dei visitatori è in aumento, e che nel periodo 2010-2012 la "stagione" principale si è registrata nei mesi di aprile e agosto, quando il numero dei visitatori ha superato di molto la media mensile (figura 28). Secondo la similarità che è stata calcolata sulla base dell’indice di Bray-Curtis, sono particolarmente vicini tra di loro i mesi di dicembre, gennaio e febbraio, in cui il numero di visitatori è esiguo. I mesi più simili sono quelli di maggio e ottobre, in cui il Parco regionale (KPSS) ospita soprattutto gruppi scolastici. Seguono quindi tutti i mesi estivi (figura 29). Per accertare eventuali collegamenti tra il periodo e le visite, sono stati inviati nell’ambito del progetto CLIMAPARKS all’impresa Trademark Italia, per il periodo 2008-2012, i dati relativi alle visite e i dati meteorologici (temperatura, pressione atmosferica, umidità dell’aria, precipitazioni, quantità di neve caduta), in base ai quali sono stati effettuati i primi confronti. Tra aprile e ottobre il Parco regionale (KPSS) è stato visitato da 21.821 visitatori nel 2008, per arrivare a 35.896 visitatori nel 2012 (+ 64,5%). Nello stesso periodo la quantità di precipitazioni è diminuita del 28,2% (488,8 mm nel 2008 e 350,8 nel 2012). La temperatura media annuale per il periodo aprile-ottobre risultava nel 2008 di 18,7 °C, mentre nel 2012 era invece di 19,8 °C (+1,1°C). Nonostante si prevedesse che la pioggia e la temperatura influissero in modo significativo sul trend delle visite dalle analisi mensili più accurate effettuate per il periodo 2011-2012 (aprile-ottobre) non si evincono delle correlazioni rilevanti tra il numero dei visitatori e la quantità di precipitazioni, e neanche tra il numero dei visitatori e la temperatura dell’aria (tabelle 1 e 2). Tabella 1. Numero dei visitatori e quantità delle precipitazioni Precipitazioni (mm) Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre TOTALE

2011 10.4 54 37.2 142.6 4.2 67.2 116.2 431.8

2012 45.2 88.8 29 3 21.2 77.4 86.2 350.8

Visitatori Var (%) 334.60 64.40 -22.00 -97.90 404.80 15.20 -25.80 -18.80

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2011 4292 5326 6141 3106 3069 4755 4234 30923

2012 4557 5976 6625 3776 4177 6596 4189 35896

Var (%) 6.2 12.2 7.9 21.6 36.1 38.7 -1.1 16.1


Tabella 2. Numero dei visitatori e temperatura dell’aria

Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre TOTALE

2011 14.1 17.8 21.8 22.7 24.5 22.4 13.9 19.6

Temperatura (°C) 2012 12.8 16.8 22.5 25.4 24.6 20.5 15.7 19.8

Var (%) -9.2 -5.6 3.2 11.9 0.4 -8.5 12.5 0.8

2011 4292 5326 6141 3106 3069 4755 4234 30923

Visitatori 2012 4557 5976 6625 3776 4177 6596 4189 35896

Var (%) 6.2 12.2 7.9 21.6 36.1 38.7 -1.1 16.1

Figura 26. Il trend dell’aumento lineare (Trend) e il numero dei visitatori (N) nel Parco Naturale (KPSS) nel periodo 2006–2012 indica una crescita moderata (p < 0,01).

Figura 27. Numero dei visitatori nel Parco Naturale (KPSS) per mese nel periodo 2006–2012. Un fenomeno interessante è il trend temporale ovvero l’orario d’ingresso nel Parco regionale delle Saline di Sicciole (KPSS), con un picco ad agosto nell’intervallo di tempo tra le ore 10.00 e le 11.00. Dalla figura 28 si evince che la maggior parte dei visitatori entra nel Parco regionale (KPSS) d’estate tra le ore 9.00 e le 13.00. Il trend dell’orario delle visite, considerando le condizioni climatiche delle Saline di Sicciole nel periodo, è tutt’altro che un "fenomeno normale", pur essendo tuttavia prevedibile. È risultato evidente che la visita dei gruppi scolastici e degli altri gruppi è legata al percorso del tragitto che l’autobus effettua da località distanti, mentre la visita dei turisti provenienti dalle vicine destinazioni turistiche è collegata all’abbandono delle spiagge nel periodo più caldo della giornata e alla cattiva informazione data dalle

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reception degli hotel e dalle agenzie turistiche sulle opportunità e sui luoghi da visitare o dove svolgere un’attività ricreativa.

Figura 28. Trend delle visite nel Parco Naturale (KPSS) durante l’anno rispetto all’orario d’arrivo nel periodo 2010–2012. Si è tenuto conto solo di quei visitatori che hanno acquistato il biglietto d’ingresso al parco a Lera e per i quali è registrato l’orario d’arrivo (N = 53.613).

Figura 29. Dendrogramma mensile della similarità delle visite sulla base dell’indice di Bray-Curtis nel periodo 2010–2012.

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Mobilità sostenibile per l’ambiente Nell’ambito del work package dal titolo di lavoro: "Gestione sostenibile: i parchi come esempi di buone pratiche" abbiamo elaborato nel PNSS durante il progetto uno studio sulla mobilità sostenibile per l’ambiente. Abbiamo inteso verificare presso i visitatori l’opportunità e le capacità di utilizzo delle vetture elettriche adibite al trasporto nell’ambito del parco. Abbiamo acquistato due biciclette elettriche Elefteria che i visitatori hanno avuto modo di utilizzare gratuitamente nell’area di Lera. Dopo il tragitto i visitatori hanno compilato un apposito questionario. Parte dei risultati è stata raccolta anche sul sito internet del PNSS. Quasi la metà dei visitatori (42%) è venuta a conoscenza del PNSS da amici o conoscenti, il 22% ha cercato sulla rete informazioni in merito al PNSS e solamente il 5% ha avuto informazioni in merito nei centri turistici informativi. Un terzo dei soggetti non ha mai visitato il parco o lo ha visitato una volta sola, mentre il 17% degl’intervistati visita spesso il parco. Nel maggior numero dei casi i soggetti scelgono l’area per passeggiare (28%), per osservare la produzione tradizionale del sale (22%), per visitare il Museo dei salinai (18%), per osservare la fauna ornitologica (18%), mentre il 12% dei visitatori delle saline di Sicciole è alla semplice ricerca di un ambiente di quiete e tranquillità. Due terzi degli intervistati crede alle conseguenze dei cambiamenti climatici, ma il 58% reputa che l’introduzione di mezzi di trasporto per i visitatori nel parco non sia necessaria, e che è meglio andare a piedi. Il 15% reputa che il mezzo di trasporto migliore per i visitatori sia un trenino elettrico, il 10% opta per le biciclette elettriche, mentre il 14% degli intervistati è favorevole alle biciclette convenzionali. Un risultato completamente diverso è stato rilevato presso i soggetti che hanno sperimentato la bicicletta elettrica. Nel periodo 2010-2011 abbiamo fornito l’opportunità a 100 visitatori provenienti da 10 Paesi diversi di visitare il PNSS utilizzando la bicicletta elettrica Elefteria. Nella ricerca abbiamo incluso un numero quasi uguale di uomini e donne, tra i quali la maggior parte della fascia d’età dai 30 ai 60 anni (62%). Secondo le previsioni i più numerosi erano gli Sloveni (48%), seguiti dai Tedeschi (14%), dagli Austriaci (13%) e dagli Italiani (11%). Tutti hanno confermato che la guida della bicicletta era confortevole. Il 71% degli intervistati ha percorso con la trazione elettrica tutto l’itinerario di Lera, un terzo scarso (27%) ha utilizzato anche i pedali e solamente un visitatore ha deciso di non utilizzare la trazione elettrica. Il 78% ha sostato e consultato le tabelle informative e tutti hanno avuto modo di osservare il paesaggio durante il percorso, dichiarandosi entusiasti della conduzione molto facile e leggera, dell’utilizzo ecologico dell’energia e della semplicità e silenziosità della guida. Addirittura l’82% di tutti gli intervistati reputa che l’introduzione di una siffatta modalità di trasporto è ottima, il 17% ha lodato codesta intenzione e solamente a uno dei cento l’introduzione delle bicicletta elettrica non è apparsa sensata.

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Figura 30. Biciclette elettriche Elefteria. Nel giugno del 2012 nell’area di Lera è stato avviato l’utilizzo del veicolo elettrico Villager 8, che ha trasportato per due settimane a titolo sperimentale i visitatori dall’ingresso di Lera al Centro per i visitatori (MMC). Durante il periodo di prova abbiamo intervistato gli utenti. Nel periodo da giugno ad agosto 2012 abbiamo offerto l’opportunità a 114 visitatori di 17 Paesi diversi di fruire del trasporto con il veicolo elettrico Villager 8. L’inchiesta ha coinvolto un numero pressoché pari di uomini e donne, tra i quali primeggiavano soggetti dell’età di oltre 60 anni (32,4%), seguiti dalla fascia di età tra i 31 ed i 45 anni (29,8%) e da quella tra i 46 e i 60 anni di età (29,8%). La scelta di questo mezzo di trasporto tra gli anziani non sorprende, poiché l’estate del 2012 era estremamente calda. Come previsto i più numerosi erano gli Sloveni e gli Italiani (fig. 31). Tutti hanno confermato che il trasporto era molto comodo. Durante il viaggio si sono dichiarati entusiasti dell’utilizzo ecologico dell’energia, della semplicità e della silenziosità della guida.

Figura 31. Composizione dei visitatori che hanno sperimentato il veicolo elettrico Villager 8 per Paese di provenienza.

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Figura 32. Composizione dell’anzianità dei visitatori che hanno sperimentato il veicolo elettrico Villager 8. Gli impiegati del PNSS hanno avuto modo di sperimentare lo scooter elettrico di dimensioni minori Alpha, che viene utilizzato per percorrenze brevi nell’area di Lera ed anche sugli sterrati. L’introduzione di biciclette, scooter ed altri veicoli elettrici nell’area protetta appare sensata ed opportuna, poiché garantisce costi di trasporto minori, nonostante imponga determinate adempienze all’amministratore (la sistemazione di un garage, di prese elettriche per la ricarica, la manutenzione dei veicoli), che comunque garantiscono un servizio continuo di qualità. L’autonomia dei veicoli elettrici è condizionata dall’aggravio della propulsione elettrica (salite, carico), che è comunque minimo nel nostro caso, vista l’assenza di salite lungo i sentieri di percorrenza.

Conclusioni Le Saline di Sicciole rappresentano un’area nazionale dal grande valore naturale, culturale, economico ed estetico, in cui la varietà biotica può essere mantenuta e regolata con una gestione sostenibile. Le visite sono le attività più frequentemente praticate che sono già tradizionalmente presenti nelle aree protette e costituiscono un’importante possibilità di sviluppo. La capacità di carico è stata valutata sulla base degli indicatori della capacità di carico adeguati allo scenario delle visite sostenibili. Sono stati selezionati in base ad una valutazione soggettiva e sulla base delle caratteristiche specifiche dell'area presa in esame e dei dati raccolti. Annualmente ci può visitare sino ad un massimo di 50.000 visitatori. Le visite saranno certamente un’attività che risentirà tra le prime dell’impatto dei cambiamenti climatici. La temperatura media dell’aria negli ultimi vent’anni indica in Slovenia una tendenza all’aumento e il 2012 è stato sensibilmente più caldo rispetto alla media a lungo termine, tuttavia in passato era già stata rilevata una temperatura media dell’aria superiore. Nel periodo 2011-2012 la quantità delle precipitazioni è stata inferiore rispetto al 2010. Gran parte dell’Europa ha dovuto affrontare a febbraio del 2012 un freddo pungente che è stato accompagnato in alcuni luoghi da un forte vento e da precipitazioni nevose. Le saline di Sicciole sono state ricoperte di ghiaccio. Complessivamente nel periodo 1870–2012 sono state rilevate 297 specie di uccelli che sono state registrate almeno una volta nell’area delle Saline di Sicciole. Nel periodo 2010-2012 sono state rilevate 209 specie di uccelli di cui ben 196 a Fontanigge, 121 specie di uccelli invece nella zona di Lera. La tendenza lineare negli ultimi 10 anni indica un lieve aumento del numero di specie avvistate (TRIM = p < 0.05), non è invece affidabile il calcolo della tendenza degli esemplari avvistati. Il confronto tra i due periodi quinquennali indica che 37 specie sono state avvistate solo nel periodo 2008-2012, mentre nel periodo 2003-2007 sono state avvistate solo 16 specie del genere.

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Indubbiamente negli ultimi decenni sono cambiate le condizioni ecologiche nelle Saline di Sicciole e con esse anche la fauna. Alcune specie che una volta erano frequenti sono oggi rare o addirittura non ci sono più. Altre, che una volte nidificavano nelle saline e nelle loro immediate vicinanze, oggi non nidificano più. Altre ancora, che una volta erano considerate rare, oggi invece nidificano qui e il loro numero sta aumentando. Svernano anche alcune specie che in passato svernavano più a Sud dell’area presa in esame. La biodiversità è a rischio soprattutto a causa del degrado e della distruzione degli habitat. In futuro vi contribuiranno anche i cambiamenti atmosferici che influiranno sulla qualità degli habitat. I cambiamenti degli habitat portano dei cambiamenti anche nelle specie animali, tra le quali quelle più a rischio saranno certamente gli uccelli. In futuro vi contribuiranno anche i cambiamenti atmosferici, che influiranno sulla qualità degli habitat, nonché sul modo di vivere l’area protetta. I cambiamenti degli habitat portano dei cambiamenti anche nelle specie animali, tra le quali quelle più a rischio nelle Saline di Sicciole si annoverano gli uccelli.

Ringraziamento Per il successo della realizzazione del progetto CLIMAPARKS ringrazio i collaboratori che vi hanno partecipato e in particolare M. Makovec, D. Čendak, D. Pokleka e J. Bergoč che hanno partecipato attivamente al progetto apportandovi il loro preziosissimo contributo.

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Monitoraggio degli uccelli (Aves), delle specie vegetali protette e relitte, della fauna terrestre troglobia e della fauna dell’acqua di percolazione (epicarso) nel Parco Škocjanske jame

Samo Šturm Služba za raziskovanje in razvoj (Servizio ricerca e sviluppo), Javni zavod park Škocjanske jame, Slovenija (Ente pubblico Parco Škocjanske jame, Slovenia), Škocjan 2, SI-6215 Divača, Slovenia. Corrispondenza: samo.sturm@psj.gov.si.

Riassunto In conformità agli obiettivi gestionali del PŠJ (Ente pubblico Parco Škocjanske jame, Slovenia), con lo scopo di preservare il favorevole stato dei valori naturali, di specie animali e vegetali e di tipi di habitat, e agli obiettivi della gestione dei siti della rete Natura 2000, della quale fa parte anche PŠJ, nell'ambito del progetto CLIMAPARKS CB005, del Work Package 2 »Monitoraggio e analisi dell'impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità«, sono stati commissionati appositi studi. È stato eseguito uno studio completo dell'avifauna nella zona protetta del Parco (415 ha), e nella parte della zona di influenza che è un paesaggio organicamente legato ai tipi di habitat che si trovano anche all'interno del Parco. Un'enfasi speciale era posta sulle specie dalla Direttiva Habitat la cui presenza nell'area di studio prescelta era accertata. L'incarico riporta la valutazione dell'impatto climatologico su trend futuri, le linee guida di protezione e la proposta del monitoraggio nel futuro. È stata eseguita la valutazione dello stato della flora degli habitat glaciali e delle specie termofili con la proposta del monitoraggio nel futuro. Dalla lista delle specie minacciate e protette è stato confermato l'attecchimento di 18 specie. Sono stati registrati due relitti glaciali (primula orecchia d'orso e sassifraga incrostata) e due relitti termofili (felce capelvenere e asparago selvatico). L'incarico riporta la proposta del monitoraggio delle specie prescelte. È stata eseguita la valutazione della situazione e l'istituzione del monitoraggio dell'acqua di percolazione nel sistema delle Grotte di Škocjan. Gli individui più numerosi nell'acqua dell'epicarso erano i copepodi dell'ordine Harpacticoida, sono state trovate anche femmine ovipare. È stato eseguito il monitoraggio della fauna terrestre troglobia nella parte turistica delle Grotte di Škocjan. Lo scopo dello studio era soprattutto fare un inventario completo della fauna cavernicola terrestre delle Grotte di Škocjan che servirà per il monitoraggio a lungo termine della situazione ed il rilevamento di eventuali cambiamenti nella composizione faunistica nello spazio e nel tempo. Parole chiave: monitoraggio, aree protette, Natura 2000, troglobi, uccelli, epicarso, relitti glaciali.

Premessa In conformità agli obiettivi gestionali del PŠJ (Ente pubblico Parco Škocjanske jame, Slovenia), con lo scopo di preservare il favorevole stato dei valori naturali, di specie animali e vegetali e di tipi di habitat, e agli obiettivi della gestione dei siti della rete Natura 2000, della quale fa parte anche PŠJ, abbiamo elaborato la progettazione del monitoraggio e dell'inventariazione degli uccelli nel PŠJ. Il Parco Škocjanske jame, nell'ambito del progetto CLIMAPARKS CB005, ha commissionato uno studio completo dell'avifauna nella zona protetta del Parco (415 ha), e nella parte della zona di influenza che è un paesaggio organicamente legato ai tipi di habitat che si trovano anche all'interno del. Un'enfasi speciale

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era posta sulle specie dalla Direttiva Habitat la cui presenza nell'area di studio prescelta era accertata. I parametri richiesti per il monitoraggio delle specie qualificanti erano: a.) L'area dove la specie si rinviene e le dimensioni della zona, b.) Densità e dimensioni della popolazione nel PŠJ, c.) Presenza temporale della specie, d.) Habitat nel PŠJ (dove la specie viene osservata), e.) Stato di conservazione nel PŠJ, f.) I trend delle popolazioni riguardo a SPA Kras, g.) Stato dell'habitat che la specie occupa nel PŠJ (valutazione), e h.) Misure per la specie legate alla specificità del PŠJ Parco (Šturm 2011). In passato lo studio dell'avifauna nei dintorni delle Grotte di Škocjan non era intensivo, esistono però alcuni studi e dati. Nel 1991 è stata scoperta una colonia di rondoni maggiori Apus melba; l'autore stima che nella zona del Parco nidificavano circa 10 coppie, di queste 2–3 coppie presso Betanja (Trontelj 1991, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Negli anni 1992–1993 Lipej e Gjerkeš hanno eseguito lo studio dell'alimentazione dell'allocco Strix aluco nella zona delle grotte; la scoperta chiave era che la preda principale dell'allocco è il ghiro Myoxus glis, il quale rappresenta ben il 83,5% della biomassa di tutte le prede (Lipej & Gjerkeš 1996, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Il primo censimento completo degli uccelli del Parco è stato fatto nel 1999 da S. Polak e P. Trontelj (da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012), i quali censivano gli uccelli secondo il metodo del censimento sulla superficie (S. Polak, P. Trontelj personalmente, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Benché i risultati di questo censimento non siano stati pubblicati abbiamo comparato parte di essi con i risultati del nostro censimento. L'area è stata inclusa anche nell'ambito dei censimenti per entrambi gli atlanti ornitologici della Slovenia (Geister 1995, DOPPS, dati NOAGS, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012), mentre nella zona di Ležeški Gabrk si svolge anche il monitoraggio della tottavilla, dell'ortolano e del succiacapre (Denac et al. 2011b), (interamente da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Gli obiettivi principali del secondo incarico erano elaborare la valutazione dello stato delle specie relitte glaciali e termofili e delle specie rare e minacciate sulla lista rossa e creare punti di monitoraggio dei relitti glaciali e termofili e delle specie rare e minacciate. Nel Parco Škocjanske jame i relitti glaciali si rinvengono nella zona dell'inversione termica, nella fascia d'aria fredda e umida che si estende un po' sopra l'entrata nella sala Schmidlova dvorana (Trčak 2012). La zona più fredda è la parte inferiore sopra il fiume Reka, dove si rinvengono i relitti glaciali di maggior rilievo, cioè le specie alpine. I relitti termofili nel Parco Škocjanske jame, il quale si trova nella zona fitogeografica submediterranea, sono vere specie mediterranee o quelle con il centro di diffusione nel Mediterraneo. Esempi di queste sono la felce capelvenere (Adiantum capillus-veneris), l'asparago selvatico (Asparagus acutifolius) e il muschio della specie Tortella flavovirens. I relitti glaciali in questa zona sono specie alpine: la primula orecchia d'orso (Primula auricula), la sassifraga incrostata (Saxifraga crustata), la coclearia delle rupi (Kernera saxatilis) e la viola gialla (Viola biflora) (Martinčič P., 1973, da Trčak 2012). Come relitto termofilo viene citato anche il ginepro rosso (Juniperus oxycedrus), (da Trčak 2012). L'Ente pubblico Parco Škocjanske jame, Slovenia, nell'ambito del progetto CLIMAPARKS CB005, ha svolto il campionamento e istituito il monitoraggio della fauna terrestre troglobia nella parte turistica delle Grotte di Škocjan. Gli obiettivi principali dell'incarico erano campionare la fauna terrestre troglobia nella parte turistica delle Grotte di Škocjan e elaborare la valutazione dello stato della fauna e creare punti di monitoraggio della fauna terrestre troglobia nella parte turistica delle Grotte di Škocjan. Lo scopo dello studio era principalmente elaborare un inventario completo della fauna cavernicola terrestre delle Grotte di Škocjan che servirebbe per il monitoraggio a lungo termine della situazione ed il rilevamento di eventuali cambiamenti nella composizione faunistica nello spazio e nel tempo. Nell'ambito di questo progetto abbiamo perciò concepito la metodologia del campionamento della fauna

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terrestre nella parte turistica delle Grotte di Škocjan in modo sistematico e metodologicamente ripetibile. Uno dei metodi più comuni nello studio della fauna terrestre è l'uso di trappole a caduta, »pitfall traps«, con l'uso dell'esca (attrattivo) ed il liquido fissativo (Polak 2012). Nonostante il fatto che le Grotte di Škocjan abbiano una storia ricca e speleologicamente lunga e che furono visitate da naturalisti già relativamente presto, finora non hanno avuto un adeguato esame speleobiologico faunistico. La gran parte delle pubblicazioni scientifiche e tecniche si riferisce a singole scoperte o singoli gruppi tassonomici di animali ipogei. Finora la rassegna più completa è riportata nella pubblicazione Animalium cavernarum catalogus (Wolf, 1934–1938, da Polak 2012). Numerose citazioni nel catalogo sono state verificate, alcune purtroppo non sono verificabili, mentre le citazioni dubbie sono state escluse. Questo lavoro prende in esame solo la fauna ipogea terrestre e inoltre solo nella parte turistica delle Grotte di Škocjan. Approfonditi studi speleobiologici anche dei piani inferiori, non turistici e freatici (Martelova dvorana) sarebbero indispensabili per l'elaborazione di una più completa rassegna della fauna cavernicola nel futuro (da Polak 2012). L'incarico dell'istituzione e l'attuazione del monitoraggio dell'epicarso nelle Grotte di Škocjan è stato preparato in conformità agli obiettivi gestionali del PŠJ, con lo scopo di preservare il favorevole stato dei valori naturali, di specie animali e vegetali e di tipi di habitat, e agli obiettivi della gestione dei siti della rete Natura 2000, della quale fa parte anche PŠJ. Gli obiettivi principali dell'incarico erano campionare l'acqua di percolazione ed elaborare la valutazione dello stato della fauna dell'epicarso e creare punti di monitoraggio dell'acqua di percolazione nel PŠJ. Gli individui più numerosi nell'acqua dell'epicarso sono i copepodi dell'ordine Harpacticoida, abbiamo trovato anche femmine con le uova. Questo indica che la popolazione dei copepodi, gli organismi più importanti nell'epicarso, è vitale e si rigenera continuamente. Ciò è la prova che le Grotte di Škocjan sono un ricco ecosistema carsico ipogeo dove si possono ancora aspettare interessanti scoperte (Pipan 2013). I dati riguardanti il numero degli organismi e la varietà delle specie animali specializzate al sottosuolo nelle Grotte di Škocjan attestano che la salute dell'ecosistema è soddisfacente. E siccome il sottosuolo, e specialmente l'epicarso come lo strato immediatamente sotto la superficie, è direttamente dipendente dalla superficie, sarebbe opportuno monitorare la fauna dell'acqua di percolazione anche in futuro perché essa consente la valutazione globale dello stato ecologico della zona più ampia sopra il sistema ipogeo. Singole specie dei copepodi dall'acqua di percolazione possono essere usate come bioindicatori per la valutazione integrale dell'impatto sull'ambiente (Pipan 2013). Così come la pelle protegge tutti gli organi nell'organismo, la superficie protegge il mondo sotterraneo. Se con l'inquinamento e gli interventi aggressivi lo feriamo gli impediamo di continuare a svolgere la sua versatile funzione di protezione e preservazione dell'ambiente ipogeo (Pipan 2013).

Rassegna dei risultati Si riporta nel seguito una breve rassegna dei risultati. La rassegna completa degli articoli è accessibile sul sito internet del Parco (http://climaparks.park-skocjanske-jame.si/raziskave, in lingua slovena).

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Monitoraggio dell’avifauna1 Abbiamo diviso il censimento degli uccelli del Parco Škocjanske jame in 4 unità: il censimento invernale, il censimento delle specie frequenti, il censimento delle specie rare ed il censimento delle specie qualificanti prescelte. Le specie qualificanti prescelte sono quelle che si trovano nell'Allegato I della Direttiva Uccelli2 e per le quali il Carso è definito come la zona di protezione speciale Natura 2000 (Gazz. Uff. RS, No. 49/04) e alcune specie di categoria SPEC 2 e 3 che sono allo stesso tempo migratorie e nidificano nel Carso. Nell'ambito di ogni unità abbiamo usato diversi metodi, in gran parte presi da Bibby et al. (2000), Südbeck et al. (2005), (da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012) e altre fonti citate sotto ogni singolo censimento.

Censimento delle specie qualificanti prescelte Le specie qualificanti prescelte sono: gufo reale, biancone, ortolano, tottavilla, succiacapre, bigia padovana, calandro, usignolo, assiolo, falco pecchiaiolo occidentale, averla piccola, upupa e sterpazzola. La tottavilla, l'usignolo, l'averla piccola, l'upupa e la sterpazzola sono comuni nel Carso e vi nidificano spesso (DOPPS, dati NOAGS), perciò li abbiamo compresi nel censimento delle specie frequenti secondo il metodo della mappatura dei territori (capitolo Censimento delle specie frequenti). Il biancone ed il falco pecchiaiolo occidentale sono rapaci ed il loro territorio di nidificazione è più grande dell'area del Parco Škocjanske jame. L'obiettivo del censimento di queste specie era rilevarne la presenza nel Parco Škocjanske jame durante il periodo di nidificazione. Al biancone ed al falco pecchiaiolo occidentale abbiamo fatto attenzione durante tutti i censimenti eseguiti nel territorio del Parco Škocjanske jame nel periodo tra aprile ed agosto. Il calandro, la bigia padovana e l'ortolano sono uccelli nidificanti estremamente rari nel Carso. Per il censimento di queste specie abbiamo percorso a piedi gli habitat adatti all'interno del Parco Škocjanske jame e nei dintorni nel periodo adatto (maggio, giugno). L'habitat all'interno del parco non è adatto a queste specie, il che è confermato dal fatto che non esistono dei dati sulla presenza di queste specie nell'area del Parco Škocjanske jame. Sono però state registrate nelle vicinanze delle Grotte di Škocjan (GEISTER 1995, DOPPS, dati NOAGS, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012) soprattutto nel Divaški Gabrk. Abbiamo fatto una visita mirata alla zona del Divaški Gabrk (ortolano, calandro, bigia padovana) e la zona intorno a Naklo (bigia padovana). Abbiamo percorso a piedi gli habitat adatti nella zona e segnato sulla carta gli individui osservati. Le date dei censimenti sono presentate nel capitolo Censimento delle vicinanze. Il Carso è il territorio più importante per la tottavilla in Slovenia (DENAC et al. 2011b, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Nell'ambito del monitoraggio delle popolazioni delle specie prescelte degli uccelli (DENAC et al. 2011b, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012) DOPPS esegue il monitoraggio della tottavilla anche nel Carso. Negli anni 2011 e 2012 abbiamo eseguito la mappatura lineare sui transetti già stabiliti nel Divaški Gabrk. Il censitore ha segnato sulla carta allegata le tottaville osservate.

1

Interamente da Figelj e Kmecl (2012).

2

Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (versione codificata). Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 26. 1. 2010.

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Interpretazione dei risultati Per l'interpretazione dei risultati è fondamentale che individui diversi della stessa specie nell'ambito della stessa visita siano chiaramente segnati. Un maschio in canto nell'ambito di una visita significa un'osservazione. Dopo aver eseguito i rilevamenti abbiamo segnato tutte le osservazioni di una specie nell'ambito di tutte le visite su una carta speciale. Le regole per il tracciamento dei territori sono state tratte da Bibby et al. (2000), (da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Per il tracciamento del territorio erano necessarie 2 osservazioni; se il territorio era al margine del plot permanente è stato preso in considerazione se più della metà delle osservazioni erano dentro il plot. Se il territorio al margine del plot aveva solo due osservazioni, è stato preso in considerazione se l'osservazione dentro il plot distava dal margine del plot più dell'osservazione fuori del plot.

Censimento invernale nel canyon Il censimento invernale nel canyon è stato svolto lungo due transetti sul sentiero nel canyon, e cioè dal ponte a Škoflje fino a Školj (1) e dall'entrata nelle grotte sotto Škocjan fino a Školj (2). La lunghezza complessiva dei due transetti era di 2348 metri. Durante l'ultimo censimento (17. 2. 12) il fiume Reka era interamente ghiacciato, e con l'eccezione del primo censimento la temperatura dell'aria era sempre sotto zero. La tabella 15 mostra i risultati del censimento. In totale abbiamo registrato 26 specie, delle quali 4 specie legate all'acqua. Stimiamo che nell'inverno 2011/2012 nel canyon hanno svernato tre merli acquaioli Cinclus cinclus, due martin pescatori comuni Alcedo atthis, e sul fiume erano saltuariamente presenti un cormorano Phalacrocorax carbo e una coppia di germani reali Anas platyrhynchos.

Figura 1. Censimenti invernali nel Parco Škocjanske jame: i punti del censimento delle pareti delle doline di crollo (28. 11. 2011, 14. 2. 2012) – colore verde chiaro con croce; censimento del bosco (plot rosso) e del paesaggio culturale (plot verde), date dei censimenti: bosco 28. 11. 2011 e 15. 2. 2012, paesaggio culturale 28. 11. 2011 e 17. 1. 2012; transetti del censimento invernale del canyon (color rosso intenso); il confine del Parco Škocjanske jame è segnato con la linea di colore verde scuro. Fonte: Figelj e Kmecl (2012).

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Censimento notturno degli uccelli nidificanti Il censimento notturno degli uccelli nidificanti è stato eseguito nei giorni 1. 4. 2011, 17. 4. 2012 e 24. 5. 2012. Abbiamo usato il richiamo acustico per le seguenti specie: il 1. 4. 2011 il gufo comune (punti rossi) e l'allocco (punti blu); il 17. 4. 2012 la civetta (quadrati con punto); il 24. 5. 2012 l'assiolo (punti gialli). Il gufo comune e la civetta non sono stati osservati, mentre l'allocco è stato osservato: – senza richiamo il 1. 4. 2011: 2 maschi vocalizzanti al punto 14, 1 maschio vocalizzante, 1 maschio vocalizzante, – con richiamo il 1. 4. 2011: 2 maschi vocalizzanti, –

senza richiamo il 24. 5. 2012: 1 giovane soffia al punto 6 e 1 giovane.

Abbiamo osservato un assiolo, che il 24. 5. 2012 vocalizzava spontaneamente nel paese di Škoflje. Durante i rilevamenti notturni abbiamo osservato anche le seguenti specie di importanza conservazionistica: – bubo reale, un maschio vocalizzava il 1. 4. 2011 dalla dolina di crollo Lisičina, – succiacapre, il 24. 5. 2012 abbiamo osservato 6 individui in canto, –

quaglia comune, 1 vocalizza il 24. 5. 2012.

Il 2. 3. 2012 abbiamo eseguito separatamente il monitoraggio del gufo reale. Non abbiamo osservato alcun esemplare del gufo reale.

Rassegna delle specie qualificanti prescelte All'interno della zona del Parco Škocjanske jame la varietà e la numerosità delle specie qualificanti prescelte è bassa. Abbiamo osservato 5 uccelli nidificanti, 1 uccello nidificante scomparso, 3 uccelli nidificanti probabili, mentre 4 uccelli nidificanti prescelti non nidificano nel Parco Škocjanske jame. La specie qualificante prescelta più numerosa all'interno del Parco Škocjanske jame è il succiacapre; abbiamo osservato 6 maschi in canto. Tabella 1. Presentazione delle specie qualificanti prescelte ed i loro status all'interno del Parco Škocjanske jame Specie gufo reale biancone ortolano tottavilla succiacapre bigia padovana calandro usignolo assiolo falco pecchiaiolo occidentale averla piccola upupa sterpazzola

Specie (nome scientifico) Bubo bubo Circaetus gallicus Emberiza hortulana Lullula arborea Caprimulgus europaeus Sylvia nisoria Anthus campestris Luscinia megarhynchos Otus scops Pernis apivorus Lanius collurio Upupa epops Sylvia communis

Status Ex G G Go Go G G G Go Go

Popolazione 4 6-10 0-3 1-3 1 1-3 0-2 0-3

Nota: Ex = uccello nidificante scomparso, G = nidifica nel Parco Škocjanske jame, Go = nidifica nelle vicinanze. La stima della popolazione è data solo per le specie osservate dentro i confini del Parco Škocjanske jame. Fonte: Figelj e Kmecl (2012).

106


Figura 2. Punti di censimento negli anni 2011 e 2012 per il rilevamento della presenza del gufo reale Bubo bubo. Fonte: Figelj e Kmecl (2012).

Rassegna di tutti gli uccelli registrati durante il censimento Con i censimenti negli anni 2011 e 2012 abbiamo registrato 90 diverse specie di uccelli. All'interno del Parco Škocjanske jame nidificano 49 diverse specie di uccelli e inoltre abbiamo classificato 9 specie come possibili nidificanti. Nelle vicinanze (Divaški Gabrk, Mejame, Radvanj, Risnik) nidificano altre 15 specie e due sono possibili nidificanti nelle vicinanze del Parco Škocjanske jame. Esclusivamente durante l'inverno abbiamo registrato 9 specie, 5 specie sono state registrate durante il periodo di migrazione. L'uccello nidificante più numeroso del Parco Škocjanske jame è la capinera. Nella tabella 2 sono riportate le specie che abbiamo registrato durante lo studio, il loro status nel Parco Škocjanske jame e la stima della dimensione della popolazione dentro il Parco Škocjanske jame. Tabella 2. Rassegna delle specie registrate durante lo studio Specie ballerina bianca* grifone picchio muratore* cesena tordela* tordo bottaccio* lucherino eurasiatico cincia dal ciuffo* cicogna nera picchio nero capinera* tortora comune frosone* codibugnolo* passero domestico fagiano comune

Specie (nome scientifico) Motacilla alba Gyps fulvus Sitta europaea Turdus pilaris Turdus viscivorus Turdus philomelos Carduelis spinus Lophophanes cristatus Ciconia nigra Dryocopus martius Sylvia atricapilla Streptopelia turtur Coccothraustes coccothraustes Aegithalos caudatus Passer domesticus Phasianus colchicus

107

Popolazione 7 57 4 27 140 1-2 288 6 37 25

Status G p G z G G z G p G G mG G G G Go


Specie verzellino* colombaccio luĂŹ verde luĂŹ bianco tottavilla* poiana comune rondine comune rigogolo* cormorano comune merlo* astore canapino rampichino comune* crociere corvo imperiale cuculo allocco cardellino* picchio rosso minore cincia mora* balestruccio piccione selvatico occidentale germano reale bigiarella cincia bigia* piro-piro culbianco peppola bigia padovana picchio cenerino rondone maggiore cinciarella* zigolo nero* succiacapre allodola passero mattugio* merlo acquaiolo quaglia comune saltimpalo africano fiorrancino fanello sterpazzola averla piccola zigolo giallo regolo comune ballerina gialla passera scopaiola cornacchia grigia pigliamosche picchio muraiolo zigolo muciatto* sparviere eurasiatico usignolo

Specie (nome scientifico) Serinus serinus Columba palumba Phylloscopus sibilatrix Phylloscopus bonelli Lullula arborea Buteo buteo Hirundo rustica Oriolus oriolus Phalacrocorax carbo Turdus merula Accipiter gentilis Hippolais polyglotta Certhia brachydactyla Loxia curvirostra Corvus corax Cuculus canorus Strix aluco Carduelis carduelis Dendrocopos minor Periparus ater Delichon urbicum Columba livia Anas platyrhynchos Sylvia curruca Poecile palustris Tringa ochropus Fringilla montifringilla Sylvia nisoria Picus canus Apus melba Cyanistes caeruleus Emberiza cirlus Caprimulgus europaeus Alauda arvensis Passer montanus Cinclus cinclus Coturnix coturnix Saxicola torquata Regulus ignicapilla Carduelis cannabina Sylvia communis Lanius collurio Emberiza citrinella Regulus regulus Motacilla cinerea Prunella modularis Corvus cornix Muscicapa striata Tichodroma muraria Emberiza cia Accipiter nisus Luscinia megarhynchos

Popolazione 19

4 1-2 20 251 1 1-5 79 1-2 6-10 42 128

1-2 220

3-5 36-40 79 5 6-10 1 1-2

0-3 1-3

13-15

2-5 21 1-2 0-3

108

Status G mG p p G G mG G z G z mG G mGo G G G G mG G mG G G Go G p z Go G G G G G Go G G Go Go mG Go Go mG Go mG G z Go G z G G Go


Specie upupa falco pellegrino gazza falco pecchiaiolo occidentale scricciolo comune* fringuello* storno* lodolaio eurasiatico codirosso spazzacamino* ghiandaia pettirosso* cinciallegra* gufo reale picchio rosso maggiore* assiolo strillozzo torcicollo tordo sassello martin pescatore comune luì piccolo* picchio verde verdone comune*

Specie (nome scientifico) Upupa epops Falco peregrinus Pica pica Pernis apivorus Troglodytes troglodytes Fringilla coelebs Sturnus vulgaris Falco subbuteo Phoenicurus ochruros Garrulus glandarius Erithacus rubecula Parus major Bubo bubo Dendrocopos major Otus scops Emberiza calandra Jynx torquilla Turdus iliacus Alcedo atthis Phylloscopus collybita Picus viridis Carduelis chloris

Popolazione 0-2 1 1 10-15 248 2 6 10-20 279 135 23 1-3

177 16

Status Go G Go G G G G mGo G G G G Ex G G Go Go z z G G G

Nota: popolazione = stima della dimensione della popolazione in coppie; status = status della specie dentro i confini del PŠJ (Parco Škocjanske jame), Ex = uccello nidificante scomparso, G = uccello nidificante, Go = nidifica nelle vicinanze (Area di Divaški Gabrk, Radvanj, Risnik, Mejame e i dintorni di Naklo), mG = possibile uccello nidificante, mGo = possibile uccello nidificante nelle vicinanze, p = ospite in volo di trasferimento, z = ospite invernale. Fonte: Figelj e Kmecl (2012). *La stima della dimensione della popolazione ottenuta con l'estrapolazione dei dati del censimento con la mappatura dei territori; per la stima della popolazione delle altre specie abbiamo usato dati dai censimenti mirati e dati casuali.

Monitoraggio dei relitti glaciali e termofili e delle piante protette della lista rossa3 Nell'area di monitoraggio abbiamo censito 18 specie, di queste due sono relitti termofili e due relitti glaciali.

Relitti termofili Felce capelvenere (Adiantum capillus-veneris L.) La felce capelvenere è stata registrata nell'unico luogo di crescita noto nelle Grotte di Škocjan, sul soffitto dell'entrata della sala Schmidlova dvorana. Asparago selvatico (Asparagus acutifolius L.) L'asparago selvatico cresce nell'immediata vicinanza della felce capelvenere, ma in un posto leggermente più soleggiato. Sia la felce capelvenere che l'asparago selvatico crescono in posti difficilmente accessibili. Il monitoraggio della loro ripetizione può essere eseguito fotografando un dato lembo e comparando poi la forma del lembo. A causa delle scarse condizioni di luminosità è difficile fare le fotografie, perciò bisogna elaborare un adatto protocollo.

3

Interamente da Trčak (2012).

109


Relitti glaciali Primula orecchia d'orso (Primula auricula L.) L'abbiamo osservata nella Velika dolina e nella Mala dolina, dal ponte naturale, e sulle pareti della Lisičina. La specie è molto spesso notata sulle pareti ombrose. È difficilmente accessibile. Nei posti dove è accessibile, la sua presenza può essere influenzata dai passanti, se la colgono. Sassifraga incrostata (Saxifraga crustata Vest) La sassifraga incrostata è stata registrata sul ponte naturale tra la Velika dolina e la Mala dolina, molto probabilmente attecchisce ancora anche nelle due doline, però non l'abbiamo registrata. È stata registrata per la prima volta nella dolina Sokolak. L'attecchimento di questa specie è condizionato da basse temperature e competitività. Almeno in alcuni posti la specie può diventare non competitiva a causa dell'inselvamento (che non è necessariamente causato dai cambiamenti climatici).

Altre specie registrate della lista Le altre specie della lista 1 non hanno necessariamente un significato particolare per le Grotte di Škocjan, però sono protette su tutto il territorio della Repubblica di Slovenia come specie minacciate e come tali sono incluse nella Lista rossa (Gazzetta ufficiale RS 82/2002, 42/2010)) o sono protette ai sensi del (Gazzetta ufficiale RS 46/2004, 110/2004, 115/2007, 36/2009). La fragola verde (Fragaria viridis (Duchesne) Weston) – sull'orlo del prato nella dolina Jablanc. Il bucaneve (Galanthus nivalis L.) – abbiamo trovato i resti delle foglie nella dolina Sokolak, un dipendente del Parco (Samo Šturm) ha confermato l'attecchimento della specie nella Mala dolina e Velika dolina e nel Dol Lisičina. Il giglio rosso (Lilium bulbiferum L.) – abbiamo registrato la specie vicino all'itinerario didattico verso nord, nei pressi del paese di Škocjan. Il suo attecchimento nella Velika dolina è stato confermato oralmente da una delle guide nel Parco, la quale ha anche confermato l'attecchimento del giglio martagone (Lilium martagon) nella Velika dolina. Muscari azzurro (Muscari botryoides (L.) Mill. em. Lam. & DC.) – la specie è stata registrata tre anni fa in prati ad ovest del Dol Globočak. Il narciso (Narcissus poëticus L. subsp. radiifolius (Salisb.) Baker) – la specie è stata registrata tre anni fa in diversi prati nei dintorni delle Grotte di Škocjan. Succiamele dell'edera (Orobanche hederae Duby) – abbiamo registrato la specie in diversi luoghi (sala Schmidlova dvorana, lungo il sentiero tra la dolina Jurjev e la Velika dolina). Peonia selvatica (Paeonia officinalis L.) – abbiamo registrato la specie tre anni fa nel bosco nei dintorni delle Grotte di Škocjan. Pulsatilla comune (Pulsatilla montana (Hoppe) Rchb.) – la specie è stata registrata nella dolina Sokolak e sul versante meridionale del colle Kozara. Secondo i dati degli ultimi tre anni la specie è sicuramente presente anche in diversi altri prati nei dintorni delle Grotte di Škocjan. Pungitopo (Ruscus aculeatus L.) – specie forestale frequente nel Parco Škocjanske jame. L'abbiamo registrata nella Velika dolina.

110


Salvia (Salvia officinalis L.) – la specie è abbastanza frequente in luoghi soleggiati difficilmente accessibili. L'abbiamo registrata al belvedere sopra la Mala dolina, a nord del ponte naturale, e al belvedere vicino alla chiesa di San Canziano. Veratro nero (Veratrum nigrum L.) – la specie è stata registrata in diversi luoghi: diversi individui sull'itinerario didattico verso il belvedere, sul sentiero per Globočak, nella Velika dolina, vicino alla porta girevole, sul pendio sopra il fiume dove c'è il bivio per l'ascensore e l'entrata nella sala piccola sotto il ponte naturale.

Figura 3. Rassegna delle specie trovate nel Parco Škocjanske jame. Fonte: Trčak (2012). Orchidacee (Orchidaceae) È noto che il numero degli individui fiorenti delle orchidacee può variare notevolmente di anno in anno. Perciò una sola verifica dello stato di una "micropopolazione" non da molte informazioni e bisogna dunque monitorare lo stato di questa popolazione per diversi anni di seguito, almeno all'inizio. Bisogna sapere anche che le orchidacee prative reagiscono ai cambiamenti nell'ambiente (concimazione, inselvamento) più velocemente che le specie forestali ovvero che il loro ambiente è di solito meno stabile a lungo termine (maggiori possibilità del cambiamento dell'habitat). Cafalantera maggiore (Cephalanthera longifolia (L.) Fritsch) – nel bosco lungo l'itinerario didattico ad ovest della dolina Lisičina. Orchide minore (Orchis morio L.) – abbiamo registrato la specie nei prati sul colle Kozara, nei prati sopra la dolina Globočak, nella dolina Sapendol, e tre anni fa l'abbiamo trovata anche in numerosi altri prati nelle vicinanze delle Grotte di Škocjan. Orchidea screziata (Orchis tridentata Scop.) – abbiamo trovato la specie in diversi luoghi: sulla via per la dolina Jablanc e nella dolina stessa, nella dolina Sapendol, nei prati sopra la dolina Globočak.

111


Orchide bruciacchiata (Orchis ustulata L.) – abbiamo trovato l'orchide bruciacchiata lungo l'itinerario didattico, sull'orlo del prato che si estende lungo il sentiero a nord del belvedere sopra la Velika dolina. Orchide sambucina (Dactylorhiza sambucina (L.) Soó) – la specie fiorisce molto presto e nonostante la visita in aprile non l'abbiamo trovata nel luogo di crescita indicato. Poiché la località è definita molto vagamente è possibile che il luogo di crescita ci sia sfuggito. Oltre alle specie bersaglio abbiamo osservato sul campo anche alcune specie di importanza conservazionistica che potrebbero essere incluse nel monitoraggio. Listera maggiore (Listera ovata (L.) R. Br.): nella foresta lungo l'itinerario didattico ad ovest dell'orlo della parete della dolina Lisičina. Platantera verdastra (Platanthera chlorantha (Custer) Rchb.): nella foresta lungo l'itinerario didattico a nordovest dell'orlo della parete della dolina Lisičina, vicino all'abbattuta per l'elettrodotto. Orchidea piramidale (Anacamptis pyramidalis (L.) Rich.): nel prato vicino allo stagno presso il crocevia con l'indicatore stradale lapideo sulla vecchia strada Dolnje Ležeče–Lokev. Borracina massima (Sedum maximum (L.) Hoffm.): sulla via per la dolina Globočak. Giglio martagone (Lilium martagon L.): nella Velika dolina (dato comunicato a voce dalla guida nel Parco). Dafne laurella (Daphne laureola L.): Velika dolina.

Figura 4. Narciso, orchidea screziata e orchide bruciacchiata. Fonte: Trčak (2012).

Scopo del monitoraggio Con il monitoraggio delle specie bersaglio si dovrebbero ottenere informazioni su: – i trend nelle dimensioni delle popolazioni e nella loro vitalità, – –

i trend negli habitat delle specie, le ragioni per i cambiamenti nelle popolazioni vegetali e i loro habitat.

112


Monitoraggio della fauna terrestre troglobia4 La rassegna della fauna individuata nella parte turistica delle Grotte di Škocjan è riportata nella tabella 1. Nella tabella sono inclusi sia i dati ottenuti con le trappole a caduta sia i dati ottenuti con il metodo dell'ispezione diretta dell'habitat cavernicolo (ispezione visuale delle concrezioni, delle pareti delle grotte, della ghiaia, dell'argilla, della superficie dell'acqua) e dell'inventorio di tutti gli invertebrati trovati. Nella rassegna sono inclusi anche i taxa citati nella letteratura tecnica, sono però stati esclusi i reperti dubbiosi. Sono state escluse anche le citazioni nella letteratura di taxa per le quali non è possibile constatare se si riferiscono a scoperte nella grotta o a scoperte sulla superficie nei dintorni delle Grotte di Škocjan. La frequenza ovvero la densità dei taxa nei posti di campionamento è stata valutata soggettivamente in conformità al metodo standardizzato del censimento. Nel definire lo status dell'adattamento delle specie all'ambiente cavernicolo (troglosseno, troglofilo, troglobio) ci siamo aiutati con le proprie esperienze e tenuto conto della situazione nella zona del Carso classico. Nonostante questo lo status di alcuni taxa resta difficile da definire. In tal caso lo status può essere indefinito – doppio.

Figura 5. Grotte di Škocjan, parte turistica. Traduzione dei termini della figura: vzorčno mesto = punto di monitoraggio. Fonte: Polak (2012). Tabella 3. Rassegna della fauna individuata nella parte turistica delle Grotte di Škocjan secondo i posti di campionamento Taxon

1

2

3

4

x

xx

xx

5

Oxychilus cellarius Zospeum spelaeum spelaeum

4

x

Interamente da Polak (2012).

113

7

8

xx

plur

x

9

10 x

Status Tf Tb

Eisenia cf. spelaea Lithobius validus

6

x

xx

plur

xxx

plur

Tf x

Tf


Taxon

1

2

3

4

5

6

7

8

9

Trachysphaera noduligera Brachydesmus subterraneus

x

xxx

xx

10

Status

(?)

Tf

x

Tf/Tb

Typhloiulus illiricus

Tf

Gammasidae in det.

x

Eukoenenia sp.

x

Nesticus eremita

x

x

xx

x

xx

Metellina merianae Mitostoma chrysomelas

x

x

x

Androniscus stygius tschameri

x

x

xx

x

x

x

xxx

xx

x

xxx

xx

x

Tf

xx

xxx

xxx

x

xx

Tf

x

xx

x

xx

Tf

xx

x

Tf

x

Tb Tb/Tf Tb/Tf

Androniscus roseus

x

Moserius percoi

x

Tf

xx

Onichiuridae in det. Arrhopalites cf. canzianus

Tb

x

xx

x

xxx

x

xxx

x

xx

Troglopedetes cf. pallidus

x

x

xx

x

x

Heteromurus nitidus

x

xxx

x

x

x

x

Tb x

Tx Tb Tf

Hypogastruridae in det

xx

Oncopodura sp. Laemostenus cavicola

Tf/Tb

x

Leiobunum rupestre Alpioniscus strasseri

Tf Tb

Meta menardi

Titanethes dahli

x

xxx

Tf Tb

x

Tf

Laemostenus elongatus

x

Pterostichus fasciopunctatus

x

x

x

x xx

Anophthalmus schmidti

Tf

Bryaxis argus

x

x

Tx

Bathyscia montana montana

xx

Bathysciotes khevenhuelleri terghestinus

x

Tf

(x)

Tb

Blaps mucronata

(x) x

plur

xxx

x

Speolepta leptogaster Troglophilus neglectus

Tf Tb

Trechus croaticus/cardioderus

Phoridae in det.

Tx

x

x

xx

xx

Triphosa dubitata Scoliopteryx libatrix

x

x

x

xx

x

xx

x

Tx

xxx

Tx Tx

xxx

x

xx

x

Tx

x

xx

x

x

Tx

x

Tx

Nota: X = presente, xx = rara, xxx = frequente, plur = massiccia, (?) = presenza probabile; Tb = troglobio, Tf = troglofilo, Tx = troglosseno. Fonte: Polak (2012).

Nel seguito la rassegna tassonomica degli organismi rinvenuti:

Gruppo: MOLLUSCHI/MOLLUSCA Gasteropodi/Gastropoda Agli imbocchi delle grotte slovene ritroviamo spesso diverse specie di gasteropodi, che però si rifugiano in questi ambienti umidi e climaticamente più stabili solo saltuariamente, soprattutto durante la siccità estiva e d'inverno. Alcune specie di gasteropodi terrestri sono un po' più adattate alla vita nel sottosuolo e nelle grotte. Nelle parti più profonde delle Grotte di Škocjan è frequente la specie Oxychilus cellarius

114


della famiglia Zonitidae. Completamente troglobi sono i rappresentati del genere Zospeum (Ellobiidae). Rappresentanti della vasta famiglia di gasteropodi acquatici Hydrobiidae vivono anche nel corso sotterraneo del fiume Reka. I gasteropodi acquatici non sono inclusi in questo studio. Oxychilus cellarius (O.F. MÜLLER, 1774) I gasteropodi di questa specie si rinvengono di solito in umide cantine e simili vani, ma anche tra i sassi dei ghiaioni e agli imbocchi delle grotte. Nelle Grotte di Škocjan si è formata una stabile e forte popolazione troglofila di questa specie, soprattutto nella sala delle bacinelle (Dvorana ponvic), dove si accumula una grande quantità di escrementi dei pipistrelli. La specie è capace di digerire la chitina, e considerata la massiccia presenza di questi gasteropodi sotto le colonie dei pipistrelli presumiamo che si nutrano dei residui chitinosi del guano. Zospeum spelaeum spelaeum (ROSSMAESLER, 1839) Il genere Zospeum è uno dei più tipici dei gasteropodi terrestri ipogei del carso dinarico e delle Alpi orientali e dei Pirenei (Bole, 1974, da Polak 2012). In Slovenia si rinvengono 10 specie, che si dividono ulteriormente in diverse sottospecie. Nelle Grotte di Škocjan è finora descritta nella letteratura soltanto la specie Zospeum spelaeum e della sottospecie spelaeum (Kuščer, 1925; Bole, 1974, da Polak 2012), che ritroviamo anche nelle Grotte di Postojna. Durante la nostra ricerca abbiamo trovato questa specie di dimensioni intorno ai 2 mm soprattutto sulle concrezioni umide nella grotta Tiha jama, dal "Paradiž" fino alla sala Velika dvorana. Oltre a numerose conchiglie vuote e a volte già concrezionate sono stati trovati anche esemplari vivi.

Gruppo: ANELLIDI/ANNELIDA Agli anellidi appartengono i policheti (Polychaeta), tra i quali risalta come forma spiccatamente cavernicola la specie Marifugia cavatica, che però finora non è stata trovata nel sottosuolo delle Grotte di Škocjan, e i clitellati (Clitellata), ai quali appartengono prevalentemente le sanguisughe acquatiche (Hirudinea) e gli oligocheti (Oligochaeta). Degli oligocheti sono presenti nelle grotte gli acquatici tubificidi (Tubificidae) e i prevalentemente terrestri lombrichi (Lumbricidae). Oligocheti/Oligochaeta Lombrichi/Lumbricidae Eisenia cf. spelaea (ROSA, 1901). Ci sono poche citazioni nella letteratura sulla fauna dei lombrichi nelle Grotte di Škocjan. Stammer (1932) e Cognetti (1903), (da Polak 2012) citano diverse specie, il cui status tassonomico è cambiato spesso. Lungo il sentiero turistico, nei posti sotto le colonie dei pipistrelli, soprattutto intorno alla sala delle bacinelle, si notano numerosi esemplari di lombrichi. I lombrichi scavano l'umida argilla delle caverne e si nutrono probabilmente dei ricchi residui organici del guano dei pipistrelli. Dopo una preliminare ispezione degli esemplari sembra che gli individui appartengano alla specie Eisenia cf. spelaea (Rosa, 1901), descritti sulla base degli esemplari dalla »Grotta della guerra« (Veneto); Mršič (1991, da Polak 2012) nella sua rassegna dei lombrichi dei Balcani non cita questa specie per le Grotte di Škocjan.

Gruppo: MIRIAPODI/MYRIAPODA Chilopodi/Chilopoda

115


Lithobius validus (MEINERT, 1872) Nel sottosuolo carsico dell'Istria vive la specie troglomorfa di scolopendra cavernicola Eupolybotrus obrovensis, trovata nelle grotte di Matarsko podolje e del monte Učka. Questa specie finora non è stata rinvenuta nelle Grotte di Škocjan. La specie di grande scolopendra Lithobius validus, che però non mostra segni troglomorfi, è citata per le Grotte di Škocjan già da Stammer (1932, da Polak 2012). Questa specie di scolopendra è comune in Slovenia e la ritroviamo soprattutto sotto rocce nella lettiera boschiva (Kos, 1987, da Polak 2012). Nelle Grotte di Škocjan questa specie di scolopendra è diffusa e frequente intorno ai depositi del guano dei pipistrelli, dove ha sviluppato, come sembra, una popolazione adattata all'ambiente ipogeo. Nelle Grotte di Škocjan questa specie è indubbiamente il principale predatore della ricca fauna dei guanobi. Diplopodi/Diplopoda Secondo i dati nella letteratura, nelle Grotte di Škocjan vivono cinque specie di diplopodi, e cioè: Trachysphaera noduligera (VERHOEFF, 1906); Polydesmus (Basicentrus) falcifer (LATZEL, 1884); Polydesmus (Basicentrus) rangifer (LATZEL, 1884); Brachydesmus (B) subterraneus (HELLER, 1857); Typhloiulus (Stygoiiulus) illiricus (VERHOEFF, 1929). Trachysphaera noduligera (VERHOEFF, 1906) L'habitat di questa specie di diplopode normalmente non sono grotte profonde, bensì la troviamo più spesso nell'ambiente sotterraneo poco profondo (MSS). Durante le nostre ricerche della parte turistica delle Grotte di Škocjan non l'abbiamo rinvenuta. La specie è probabilmente presente nell'ambiente sotterraneo superficiale delle fessure e ghiaioni di grandi doline di crollo. Il genere Polydesmus non è adattato all'ambiente cavernicolo, anche se troviamo specie di questo genere anche agli imbocchi delle caverne. Per le Grotte di Škocjan la letteratura cita due specie del genere Polydesmus: Polydesmus (Basicentrus) falcifer (LATZEL, 1884) e Polydesmus (Basicentrus) rangifer (LATZEL, 1884), però le nostre ricerche della parte turistica delle Grotte di Škocjan non hanno registrato queste specie nella zone più profonde della grotta. Brachydesmus (B) subterraneus (HELLER, 1857) Questo diplopode bianco è descritto come specie cavernicola sugli esemplari dalle Grotte di Postojna. La specie è comune nella parte dinarica della Slovenia e durante la stagione umida dell'anno la troviamo spesso anche nella lettiera boschiva. In molte caverne questa specie forma numerose popolazioni cavernicole ed è frequente anche all'imbocco delle Grotte di Škocjan. Questi diplopodi bianchi sono frequenti soprattutto nel "Paradiž" nella grotta Tiha jama, dove si nutrono della »lampenflora« dell'illuminazione delle grotte.

116


Figura 6. Il diplopode bianco Brachydesmus subterraneus (Heller, 1857) è una specie di diplopode frequente nella grotta Tiha jama. Foto: Slavko Polak. Typhloiulus (Stygoiiulus) illiricus (VERHOEFF, 1929) Il millepiedi cavernicolo è una specie troglomorfa di diplopode della famiglia Julidae, che ritroviamo nelle grotte della parte nordoccidentale del carso dinarico. La specie preferisce zone fangose, umide e persino saltuariamente allagate delle caverne. Durante le nostre ricerche della parte turistica delle Grotte di Škocjan questa specie non è stata rinvenuta, ma si potrebbe trovare nei piani inferiori della grotta Šumeča jama che sono soggetti ad inondazioni.

Gruppo: ARACNIDI/ARACHNIDA Acari/Acarina Gli acari sono un eterogeneo gruppo degli aracnidi che occupano diversi ambienti superficiali. Le specie che richiedono ambienti umidi e bui si rinvengono anche in grotte carsiche. Alcune specie sono parassiti, mentre numerose sono esclusivamente guanobi. Sellnick (1932; 701-704, da Polak 2012) cita le seguenti specie di acari per le Grotte di Škocjan: Banksia tegeocranus, Hypoaspis aculeifer, Liacarus coracinus, Collohmannia nova, Galumna tenuiclavis, Punctoribates punctum, Eugamasus furcatus, Oribotritia decumana, Phthiriacarus globvosus, Phthiriacarus italicus, Pseudotritia monodactyla. La specie Rhagidia mordax è citata da Stammer (1932; 509-525) e Vitzthum (1932; 682-686), (da Polak 2012). Durante le nostre ricerche abbiamo rinvenuto diverse specie di acari, sia del sottordine Oribatida sia del sottordine Gamasidae. Vivono prevalentemente sul guano dei pipistrelli. A causa della mancanza di specialisti per questo gruppo tassonomico le specie non sono ancora state determinate nelle nostre ricerche. Palpigradi/Palpigradi I palpigradi sono un ordine antico degli aracnidi con poche specie conosciute. Sono degli aracnidi piccolissimi, delicati e da noi esclusivamente legati ad ambienti sotterranei, perciò sono difficili da notare senza una ricerca sistematica. Gli animali si muovono in diversi microhabitat sotterranei con alta umidità. È stato provato che predano attivamente collemboli cavernicoli (Collembola) (M. Lukić, comunicato a 117


voce, da Polak 2012). In Slovenia, in grotte soprattutto della parte meridionale del paese sono state scoperte tre specie di palpigradi: Eukoenenia austriaca (Hansen, 1926), E. spelaea (Peyerimhoff, 1902) e E. gasparoi Condé, 1988) (Zagmajster e Kovač, 2006, da Polak 2012). Eukoenenia sp. Il 29. 10. 2012 un solo esemplare è stato catturato (leg. L. Đud) e fotografato anche nelle Grotte di Škocjan nella zona della Tiha jama. Prima di allora nelle Grotte di Škocjan i palpigradi non sono stati rinvenuti. I siti con palpigradi più vicini sono la Grotta di Divača, le Grotte di Postojna e la grotta sotto il castello di Predjama. Gli esemplari da queste grotte appartengono alla specie Eukoenenia austriaca. La specie Eukoenenia gasparoi, descritta recentemente, è nota dalla grotta di Vilenica, e di recente è stata rinvenuta anche nelle grotta Radota jama nella Čičarija (Polak e cil., 2012; Christian e col., 2012, da Polak 2012). La determinazione della specie esige l'elaborazione dei preparati microscopici e di conseguenza anche molto tempo. Per l'esemplare trovato nelle grotte di Škocjan la determinazione della specie è ancora in corso.

Figura 7. Un palpigrado cavernicolo (Eukoenenia sp.) è stato trovato durante le nostre ricerche per la prima volta anche nelle Grotte di Škocjan. Foto: Slavko Polak. Ragni/Araneae Nell'ordine dei ragni, vasto per numero di specie, si sono sviluppate molte specie troglobie sia nel carso dinarico che altrove nel mondo. Nella zona dinarica della Slovenia vivono diverse specie della famiglia Dysderidae (Deeleman-Reinhold, 1971, da Polak 2012) che hanno gli occhi atrofizzati e sono completamente adattate all'ambiente cavernicolo. Della famiglia Linyphiidae sono state rinvenute nelle grotte molte specie troglomorfe del genere Troglohyphantes (Deeleman-Reinhold, 1978, da Polak 2012), che pero mostrano numerose transizioni clinali dalle forme superficiali a quelle ipogee. I ragni cavernicoli della famiglia Dysderidae delle specie Stalita taenaria e Mezostalita nocturna, che sono noti anche dalle grotte nei dintorni (Polak e col., 2012, da Polak 2012), finora non sono stati rinvenuti nelle Grotte di Škocjan. Nell'ambito delle nostre ricerche non abbiamo trovato neanche esemplari del genere

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Troglohyphantes, però possiamo affermare con grande probabilità che qui ne vive almeno qualcuna delle specie troglossene. Nelle grotte carsiche della zona più vasta sono note numerose specie troglofile e troglossene di ragni viventi vicino agli imbocchi delle grotte. Tra queste nelle Grotte di Škocjan sono state trovate le specie Nesticus eremita della famiglia Nesticidae e Meta menardi e Metellina meriane della famiglia Metidae. Nesticus eremita (SIMON, 1879) Tra tutti i ragni finora trovati nelle Grotte di Škocjan il ragno della specie Nesticus eremita mostra il più grande adattamento all'ambiente cavernicolo. La specie non ha gli occhi atrofizzati, però la ritroviamo anche nelle zone più profonde, completamente afotiche delle grotte. La specie cattura la preda in fili posti su piano verticale di tele di cattura. Spesso è legata a popolazioni guanobi degli invertebrati cavernicoli. La specie è frequente soprattutto nelle grotte del Litorale e dell'Istria (Polak e col., 2012, da Polak 2012). Abbiamo trovato individui sia giovanili sia adulti dispersi su tutta la parte turistica delle Grotte di Škocjan, però la specie qui non è frequente. Meta menardi (LATREILLE, 1804) Il Meta menardi è una tipica specie eutroglofila della gran parte degli imbocchi delle nostre grotte. Questa specie di ragno, che assomiglia al ragno crociato (Aranea sp.), pure tesse tele circolari simili a quelle dei ragni crociati, nelle quali cattura invertebrati troglofili. Nelle Grotte di Škocjan la specie è frequente, ma solo nelle zone delle grotte dove arriva ancora un po' di luce dall'esterno. La specie è frequente nella sala Schmidlova dvorana e nella grotta Tominčeva jama. Metellina merianae (SCOPOLI, 1763) La specie Metellina (Meta) merianae è una forma di dimensioni ridotte della specie Meta menardi. A differenza della specie precedente è presente anche in zone più profonde, completamente afotiche delle grotte. Nelle Grotte di Škocjan questo ragno è molto frequente ovunque nella Šumeča dvorana e nella Tominčeva jama e in altre parti delle grotte con forti influssi esterni. Nell'ambiente completamente cavernicolo delle zone interiori delle grotte, nella Tiha jama, questa specie di ragno non è presente. Opilionidi/Opiliones Gli opilionidi sono comuni soprattutto sulla superficie del suolo, nel suolo e anche nel sottosuolo, però tra di loro ci sono pochi veri troglobi. Nel Litorale sloveno non conosciamo specie troglobie. Numerose specie sono troglofili che svernano agli imbocchi delle grotte, e troglosseni che agli imbocchi delle grotte trovano adeguate condizioni ecologiche per vivere, per esempio ambienti umidi con materiale vegetale marcescente. Mitostoma chrysomelas (HERMANN, 1804) Il Mitostoma chrysomelas è una specie di opilionide che vive in posti umidi sotto sassi e tra il materiale di legna marcescente. Nelle Grotte di Škocjan la specie è frequente soprattutto in posti dove il fiume deposita la legna marcescente e altro materiale organico. L'abbiamo trovata nei posti di campionamento 5, 6, 7, 8 e 10. Leiobunum rupestre (HERBST, 1799) Il genere degli opilionidi Leiobunum è presente con diverse specie su tutto il territorio della Slovenia. Tutte vivono in posti umidi e spesso si rifugiano agli imbocchi delle grotte. La specie Leiobunum rupestre è stata registrata durante lo svernamento sulla parete nella sala Schmidlova dvorana.

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Gruppo: CROSTACEI/CRUSTACEA Isopodi terrestri/Isopoda terrestria I crostacei sono prevalentemente animali acquatici, solo gli isopodi terrestri, detti anche porcellini di terra o onischi, si sono adattati anche alla vita terrestre. All'imbocco delle Grotte di Škocjan troviamo diverse specie di onischi edafici che cercano qui un ambiente umido e temperature moderate e più costanti durante i mesi di estremo freddo e estrema siccità. Numerose specie della famiglia degli oniscidi (Trichoniscidae) si sono adattate benissimo all'ambiente ipogeo e tra loro troviamo anche specie completamente troglobie. Nelle Grotte di Škocjan abbiamo finora trovato cinque specie adattate all'ambiente cavernicolo. La specie Trichoniscus strammeri, che è citata da Verhoeff (1932 (22), da Polak 2012)) tra la fauna delle Grotte di Škocjan, finora non è stata trovata nell'ambito delle nostre ricerche. Titanethes dahli (VERHOEFF, 1926) Il Titanethes dahli è diffuso dalla valle del fiume Pivka e attraverso l'intera Slovenia sudoccidentale fino alla Čičarija, il Gorski Kotar e i Monti Velebiti settentrionali in Croazia. Appartiene ai troglobi ed è tra i più grandi, raggiungendo fino a 3 cm di lunghezza. In alcune grotte del Carso e dell'Istria la specie è molto numerosa (Polak e col., 2012, da Polak 2012). Nelle Grotte di Škocjan è diffusa, ma non frequente. Durante le nostre ricerche della parte turistica delle grotte l'abbiamo osservata soprattutto nella parte centrale della Tiha jama, dove predilige posti umidi. Probabilmente è presente anche nelle parti umide del piano inferiore della Šumeča jama che non sono aperte al pubblico. Alpioniscus strasseri (VERHOEFF, 1927) Questa specie è diffusa in grotte dal Carso triestino attraverso il Carso di Divača e Matarsko podolje fino all'Istria e al Quarnero in Croazia. Nelle Grotte di Škocjan l'abbiamo registrata nell'ambiente umido dei posti di campionamento 2, 3 e 4, il più delle volte in associazione con la »lampenflora«. Nelle Grotte di Škocjan la specie Alpioniscus strasseri non è frequente. Androniscus stygius tschameri STROUHAL, 1939 Il piccolo oniscide Androniscus stygius presenta adattamenti troglomorfi, però non è una specie da vasti ambienti ipogei, ma vive prevalentemente nelle fessure dell'ambiente cavernicolo superficiale. Perciò ritroviamo questa specie soprattutto sul fondo degli abissi carsici ed agli imbocchi delle grotte dove c'è molto materiale organico, legna e foglie. Nelle Grotte di Škocjan questa specie è relativamente frequente, ma solo nei posti di campionamento 1, 2 e 3. Qui si nutre prevalentemente delle alghe e dei muschi della »lampenflora«. Androniscus roseus (C. KOCH, 1838) Questo piccolo oniscide di colore rosato è una specie troglofila che ritroviamo specialmente nella lettiera umida, nelle cavità superficiali e anche agli ingressi nelle grotte. Ha una vasta distribuzione, dalla Francia e la Germania meridionale fino ai Balcani. È caratteristico per il colore rosato e ha diverse sottospecie. Nelle Grotte di Škocjan abbiamo trovato questa specie di oniscide in associazione con grandi depositi di guano dei pipistrelli nella grotta Šumeča jama (posto di campionamento 6), e nella sala delle bacinelle (posto di campionamento 7). Vere popolazioni cavernicole di questa specie sono poche. La popolazione nelle Grotte di Škocjan è tale. Moserius percoi (STROUHAL, 1940)

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Il 18. ottobre 1885 L. C. Moser ha trovato nella grotta Belinca presso Štorje un insolito oniscide gibboso. Appena nel 1940 lo specialista degli isopodi terrestri H. Strouhal ha riconosciuto quel esemplare come una nuova specie e anche descritto il nuovo ordine. Strouhal ha dato alla specie il nome del direttore delle Grotte di Postojna di allora Andrej Perko – Mosoreus percoi. Per più di cento anni questo è stato l'unico esemplare noto di questa specie. Nel 2010, dopo una lunga ricerca nella stessa grotta (Belinca), abbiamo trovato un altro esemplare, ma non nell'ambiente cavernicolo della parte profonda della grotta, bensì sotto sassi vicino all'ingresso. A nostra grande sorpresa, il 15. 10. 2012 abbiamo trovato altri due esemplari (uno giovanile e uno adulto) durante le nostre ricerche nelle Grotte di Škocjan. Entrambi gli individui vagavano sulle concrezioni dette Orgle (Organo) nella grotta Tiha jama. Vale menzionare che da queste concrezioni colava abbondantemente l'acqua filtrata dalla superficie. Più tardi abbiamo trovato nel materiale catturato nelle trappole a caduta, installate tra il 23. 8. e il 15. 9. 2012, un altro individuo adulto nel posto di campionamento 3 nella Tiha jama. Le Grotte di Škocjan sono dunque la seconda località conosciuta di questa rara specie di isopode terrestre.

Gruppo: APTERIGOTI/APTERYGOTA Collemboli/Collembola I collemboli sono un gruppo di invertebrati, molto vasto per numero, che vive specialmente nel terreno, nella lettiera e in simili habitat umidi. Sono note numerose specie legate più o meno all'ambiente cavernicolo. Molte specie cavernicole sono descritte anche su esemplari dalle grotte slovene, tra le quali spiccano le Grotte di Postojna e le Grotte di Škocjan. Le descrizioni originali dei taxa, però, sono vecchie e di solito molto lacunose, e quindi per numerose specie bisogna elaborare ridescrizioni più tecniche sulla base del materiale tipico. In Slovenia non c'è un esperto di questo gruppo, perciò abbiamo invitato a collaborare con noi il signor Marko Lukić di Zagabria. Il materiale raccolto durante le nostre ricerche è ancora in fase di determinazione tassonomica. Per le Grotte di Škocjan la letteratura cita le seguenti specie. Lit: Joseph 1882 (44, da Polak 2012) cita Anura infernalis; Stammer 1932 (509-525), (da Polak 2012) Achorutes muscorum, Hypogastrura armata, Isotoma violacea, Onychiurus fimetarius, Tomocerus unidentatu, Podura aquatica; Stach 1934 (125), (da Polak 2012) Onychiurus armatus, Onychiurides (Onychiurus) canzianus, Oncopodura cavernorum, Heteropodura (Onychiurus) variotuberculatus e Stach 1945, (da Polak 2012) la specie Arrhopalites canzianus. Onichiuridae in det. La tassonomia del grande gruppo di piccoli collemboli del genere Onychiurus e Onychiurides non è ancora ben definita. Sono descritte molte specie di diverse grotte, ma le descrizioni sono lacunose, ed il gruppo adesso è in fase di intenso studio tassonomico. Sugli esemplari dalle Grotte di Škocjan è descritta la specie Onychiurides (Onychiurus) canzianus. Arrhopalites cf. canzianus (STACH, 1945) Sugli esemplari dalle Grotte di Škocjan Stach ha descritto la specie endemica Arrhopalites canzianus. I minuti collemboli di questo genere della famiglia Siminthuridae sono sporadicamente frequenti nelle Grotte di Škocjan. Un'esatta determinazione tassonomica degli esemplari raccolti è ancora in corso. Numerosi esemplari del genere Arrhopalites si rinvengono specialmente sulla superficie dell'acqua delle bacinelle e dei laghi e anche in posti umidi tra le concrezioni, dove però è estremamente difficile notarli. Probabilmente si tratta di animali troglofili che nelle giornate di forte pioggia vengono trasportati nella grotta dagli strati epicarsici soprastanti. Abbiamo trovato diversi esemplari nelle trappole a caduta del

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posto di campionamento 2, un grande numero di esemplari nel posto di campionamento 3, e sono frequenti anche sulla superficie dell'acqua delle bacinelle nel posto di campionamento 7. Troglopedetes cf. pallidus (ABSOLON, 1907) Gli esemplari del genere Troglopedetes sono molto frequenti nella Tiha jama delle Grotte di Škocjan, ma un'esatta appartenenza a singole specie non è ancora determinata. La località tipica della minuta specie troglobia Troglopedetes pallidus sono le Hotinske ponikve presso Hotična. Nelle Grotte di Škocjan gli esemplari di questo genere sono frequenti soprattutto sulle alghe e sui muschi della »lampenflora« nel "Paradiž" e nella Velika dvorana. Heteromurus nitidus (TEMPLETON, 1835) Questa specie di collembolo di dimensioni leggermente maggiori viene attribuita ai collemboli troglofili che si rinvengono spesso anche nell'ambiente cavernicolo. Hanno gli occhi ridotti ma ancora sviluppati. Nelle Grotte di Škocjan questa specie è frequente soprattutto nei posti di campionamento 1 e 2, ma singoli esemplari si rinvengono lungo tutto il profilo della parte turistica delle grotte. Abbiamo osservato numerosi esemplari nutrirsi sulle alghe e sui muschi della »lampenflora«, e nel posto di campionamento 7 anche sul guano dei pipistrelli. La specie è frequente anche nelle grotte vicine. Hypogastruridae in det. I collemboli di questo gruppo sono probabilmente dei troglofili che l'acqua filtrante trasporta dalla superficie. Sono stati osservati nel posto di campionamento 7 vicino alle bacinelle con acqua filtrante e abbondanza del guano dei pipistrelli. Oncopodura sp. Questo genere di collemboli non è tassonomicamente studiato. La gran parte degli esemplari è stata trovata sulla superficie dei laghetti e delle bacinelle nella Tiha jama. Gli esemplari di questo genere sono troglobi e sono conosciuti di numerose grotte. Isotomidae in det. Abbiamo trovato gli esemplari di questo gruppo di collemboli sulla superficie dell'acqua intrappolata nella Tiha jama. Il gruppo non è ancora tassonomicamente studiato. Numerose specie di questa famiglia vivono prevalentemente nella lettiera boschiva e nel terreno.

Gruppo: INSETTI/INSECTA Coleotteri/Coleoptera Laemostenus cavicola (SCHAUM, 1858) La specie è descritta sugli esemplari dalla valle del fiume Pivka ed è diffusa a sud di Postojna, sul Carso, e con diverse sottospecie dall'Istria fino all'Albania (Casale, 1988; Pretner non pubblicato, da Polak 2012). Ha gli occhi ridotti e non è troglobia, anche se si rinviene molto spesso nella gran parte delle grotte nel Carso (Pretner, non pubblicato, da Polak 2012). Cerkvenik, che faceva la guida nella grotta, ha catturato alcuni esemplari con trappole con esca nel settembre del 1910 nella grotta Tominčeva jama. Egon Pretner li ha trovati nel aprile del 1911 nella grotta Marinčeva jama, il 5. 9. 1950 nella grotta Tiha jama ed il 1. 6. 1953 nella grotta Glavna jama, ma solo un esemplare in ciascuna. Durante le nostre ricerche abbiamo installato trappole a caduta nella parte turistica delle Grotte di Škocjan, ma li abbiamo catturati solo nelle trappole installate vicino alla porta di ferro all'ingresso nel "Paradiž". Gli esemplari sono stati

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catturati durante tutti i campionamenti e perciò riteniamo che la specie ha sviluppato qui una popolazione stabile. Laemostenus elongatus (DEJEAN, 1828) Laemostenus elongatus è affine alla specie precedente, solo che è molto meno legato all'ambiente ipogeo. Si rinviene soprattutto nei ghiaioni delle doline di crollo leggermente più caldi, e più di rado agli ingressi nelle grotte. Durante le nostre ricerche abbiamo registrato questa specie solo vicino al guano dei pipistrelli nella sala delle bacinelle (posto di campionamento 7), nella Schmidlova dvorana (posto di campionamento 8) e nella Tominčeva jama (posto di campionamento 9). La specie non è numerosa. Pterostichus fasciopunctatus (CREUTZER, 1793) Questa specie di carabide è citata per le Grotte di Škocjan da numerosi entomologi. La specie vive in profonde fessure in habitat superficiali, soprattutto vicino ad acque, ruscelli e fiumi. Durante le nostre ricerche abbiamo registrato la specie davanti all'ingresso nella Schmidlova dvorana (posto di campionamento 8) e tra il materiale depositato nella galleria cieca sotto l'abisso Okroglica (posto di campionamento 10). Sporadicamente la specie è presente in massa e in questi posti ha una popolazione stabile. Ogni tanto il fiume in piena trasporta numerosi esemplari nelle parti interne delle Grotte di Škocjan, dove questa specie può formare isolate popolazioni cavernicole o troglofile: in questo modo ha formato una popolazione molto grande sul fondo dell'Abisso di Trebiciano, il quale fa parte del sistema ipogeo del fiume Reka (Timavo). Anophthalmus schmidti trebicianus: MÜLLER, 1915 Durante le nostre ricerche della parte turistica delle Grotte di Škocjan questa specie di anoftalmo non è stata osservata e nemmeno catturata nelle trappole a caduta. Singoli esemplari di questa specie e della sottospecie locale sono stati catturati da Müller nel 1913 e da Pretner nel 1956 nella Martelova dvorana. La specie è troglobia e si rinviene esclusivamente in grotte profonde e umide. La sottospecie è endemica del corso sotterraneo del fiume Reka ed è conosciuta, oltre che delle Grotte di Škocjan, anche della grotta Kačna jama presso Divača e dell'Abisso di Trebiciano, che è la località tipica di questa sottospecie. Trechus croaticus (DEJEAN, 1831) Al genere Trechus attribuiamo numerose specie dei rappresentanti superficiali della sottofamiglia delle cicindele Trechinae. La specie Trechus croaticus è frequente nella lettiera e in profonde fessure dell'ampio territorio del carso. Saltuariamente il fiume in piena porta via gli animali e li deposita nel materiale organico (rami, foglie, limo) che si accumula nelle zone riparate dei piani inferiori delle Grotte di Škocjan. La specie predilige habitat umidi e bui, quindi può formare popolazioni troglofile in questo tipo di ambiente. Gli esemplari di questa specie si rinvengono soprattutto nei depositi lungo il fiume Reka fuori delle parti turistiche delle grotte. Trechus cardioderus pilisensis (CSIKI, 1917) Per la specie Trechus cardioderus vale lo stesso che per la specie precedente. Numerosi esemplari si rinvengono nei depositi fluviali nei piani inferiori delle Grotte di Škocjan, specialmente numerosi sono nella Martelova dvorana. La specie è superficiale, ma può formare anche popolazioni troglofile regolari o almeno sporadiche. Platinus scrobiculatum (FABRICIUS, 1801)

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Questa specie di carabide vive lungo le acque del fiume ed è frequente anche nei depositi fluviali. Abbiamo trovato questa specie in gran numero anche nei depositi sotto l'inghiottitoio delle Grotte di Škocjan. Carabus creutzeri (FABRICIUS, 1801) Questa grande specie di carabide è tipica di ambienti boschivi di alta quota. È frequente sul monte Snežnik ed ha una popolazione isolata sul monte Vremščica. Nell'ambiente cavernicolo non sopravvive, ma è frequente in zone inselvate e frantumate agli imbocchi delle Grotte di Škocjan. Sembra che la specie abbia una popolazione relitta isolata sul fondo delle doline di crollo nel Parco Škocjanske jame. Bryaxis argus (KRAATZ, 1863) Nella sottofamiglia Pselaphinae della grande famiglia degli stafilinidi (Staphylinidae) troviamo diverse specie troglobie e troglofile. In Slovenia vivono due generi troglobi, Bithoxenus e Machaerites. Finora nelle Grotte di Škocjan non è stato trovato alcun pselafide troglobio. I ritrovamenti di due individui della specie Bryaxis argus il 15. 10. 2012 nei posti di campionamento 2 e 3 sono così i primi ritrovamenti di questo gruppo di coleotteri nelle Grotte di Škocjan. Entrambi gli esemplari (maschio e femmina) appartengono a questa specie che non è troglobia e presenta ancora gli occhi, sebbene ridotti. Bathyscia montana montana (SCHIØDTE, 1848) Il Bathyscia montana è descritto sugli esemplari dal terreno davanti alla grotta sotto il castello di Predjama. La specie è ampiamente diffusa quasi su tutto il territorio sloveno ed anche nelle zone di confine in Italia e Croazia (Gorski Kotar). Questi minuti coleotteri si rinvengono quasi esclusivamente nella lettiera boschiva sulla superficie, solo in via eccezionale anche nella lettiera davanti agli ingressi nelle grotte. Nelle Grotte di Škocjan si è stabilita una singolare popolazione cavernicola sui mucchi di guano nella Šumeča jama (posti di campionamento 7 e 8). Qui questa specie di coleottero fa parte di una speciale società guanobia. Springer (1910) cita questa specie come presente in massa anche sul guano nella Tiha jama, dove però oggi non c'è più. Bathysciotes khevenhuelleri tergestinus (MÜLLER, 1922) A differenza della specie precedente il Bathysciotes khevenhuelleri è una specie spiccatamente troglobia nella zona del Carso. Solo nelle zone ad alta quota dei monti Snežnik, Javorniki e Nanos si rinviene anche nell'ambiente ipogeo superficiale. La sottospecie B. k. tergestinus è presente in massa in alcune grotte del Carso e del Matarsko podolje. La specie è stata catturata in trappole nelle Grotte di Škocjan da numerosi entomologi, però tutti i dati sono di data remota. Springer (1910), (da Polak 2012) la cita come presente in massa nella Tiha jama, mentre Pretner (1949 e 1953, da Polak 2012) cita numerosi esemplari su un pezzo di pane vicino alle vaschette con i protei. Durante le nostre ricerche negli stessi posti delle Grotte di Škocjan non abbiamo catturato nemmeno un esemplare nelle trappole a caduta installate. Durante un'accurata ricerca dei sedimenti abbiamo trovato solo dei resti chitinosi di questi coleotteri. Sembra che la specie sia scomparsa localmente dalla parte turistica delle Grotte di Škocjan. Aphaobius milleri milleri (MÜLLER, 1914) Le citazioni di Joseph di questa specie spiccatamente psicrofila sono dubbie e probabilmente si tratta di una segnalazione errata, considerato che le Grotte di Škocjan non rientrano nell'areale del genere Aphaobius. Blaps mucronata (LATREILLE, 1804)

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Questa grande specie di tenebrionide non è un animale cavernicolo, ma poiché ama rifugiarsi in umide e buie caverne e cantine la troviamo occasionalmente anche agli ingressi di grotte più calde. Nelle nostre ricerche non ci dedicavamo specialmente alle parti asciutte degli ingressi nelle Grotte di Škocjan e per questo probabilmente non abbiamo notato la specie. Müller e Pretner citano la specie per la Schmidlova dvorana. All'ingresso della Tominčeva jama un esemplare di questa specie rara e protetta è stato trovato e fotografato il 24. 8. 1998 (Polak, leg., da Polak 2012). Ditteri/Diptera Speolepta leptogaster (WINNERTZ, 1863) Questa specie di dittero ricorda una piccola tipula. Le larve di questi ditteri si rinvengono sul soffitto e sulle pareti delle parti umide di grotte carsiche con corsi d'acqua. Tessono tele nelle quali catturano la preda – altri invertebrati ipogei. Le larve di questo insetto troglofilo non sono rare nelle parti umide della Šumeča jama. Le abbiamo registrate nei posti di campionamento 5 e 6. La specie è sicuramente molto frequente nei piani inferiori delle Grotte di Škocjan. Diptera in det. Agli imbocchi delle Grotte di Škocjan troviamo numerose specie troglofile e troglossene di ditteri, specialmente delle famiglie Limonidae, Sciaridae, Mycetophilidae, Sphaeroceridae e Trichoceridae. In questo gruppo di insetti non si conoscono specie troglobie. A causa del gran numero di specie descritte di queste famiglie di ditteri e la mancanza di specialisti di tassonomia di questi gruppi, gli esemplari raccolti nelle Grotte di Škocjan non sono determinati tassonomicamente. Phoridae in det. I foridi sono un gruppo molto frequente e vasto, spesso troglofilo di ditteri che si rinvengono nelle nostre grotte. Queste minute mosche nere vengono spesso catturate in massa nelle trappole a caduta durante le ricerche speleobiologiche. È stato così anche nelle nostre ricerche delle Grotte di Škocjan. Abbiamo trovato esemplari di questa famiglia di ditteri nelle trappole in tutti i posti di campionamento, nei posti 1 e 2 persino in massa. Ortotteri/Orthoptera Troglophilus neglectus (KRAUSS, 1879) Cavallette cavernicole di questa specie sono molto frequenti e ampiamente diffuse nelle Grotte di Škocjan. Sono insetti troglosseni che durante l'estate si rifugiano di notte nelle grotte, mentre di giorno si nutrono fuori. Inoltre svernano in massa nelle grotte. Questa specie di cavalletta si rinviene in maggior numero vicino agli ingressi delle grotte, anche se le abbiamo trovate nelle trappole a caduta praticamente in tutti i posti di campionamento. La specie affine Troglophilus cavicola (Kollar, 1833) finora non è stata registrata nelle Grotte di Škocjan. Lepidotteri/Lepidoptera Triphosa dubitata (LINNAEUS, 1758) Geometridi cavernicoli della specie Triphosa dubitata sono animali di superficie che però si rifugiano regolarmente nelle grotte carsiche d'inverno per svernare e anche d'estate nel periodo di estivazione. La specie è frequente nella gran parte delle nostre grotte, soprattutto agli imbocchi. È frequente anche nelle Grotte di Škocjan. Si rinviene sulle pareti delle parti più profonde della Schmidlova dvorana, Tominčeva jama e Mahorčičeva jama.

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Scoliopteryx libatrix (LINNAEUS, 1758) Questa specie di erebidi si rinviene, similmente ai geometridi cavernicoli, nelle grotte soprattutto nel periodo invernale durante lo svernamento. La specie è stata registrata nella Schmidlova dvorana. Nelle Grotte di Škocjan questa specie è rara.

Monitoraggio dell’acqua di percolazione – epicarso5 L'acqua meteorica che filtra attraverso il suolo continua il suo cammino attraverso fessure e fenditure nello strato roccioso subito al di sotto del suolo, dove può rimanere per un po' di tempo prima di filtrare più profondamente nel sottosuolo. Questo strato, chiamato epicarso, è un favorevole habitat per numerosi animali ipogei, parte dei quali è portata dalla gravitazione ed dal flusso d'acqua nelle grotte, dove possiamo campionarli. Gli organismi nell'acqua di percolazione, tra i quali i più frequenti sono i copepodi, sono un importante indicatore dello stato dell'ambiente (Pipan 2003, 2005, da Pipan 2013). Oltre all'acqua meteorica filtrano dalla superficie anche altre sostanze, inquinanti, che influiscono sulle popolazioni viventi negli habitat ipogei. Con il monitoraggio dei parametri chimici solitamente rileviamo soltanto lo stato attuale, mentre il monitoraggio degli organismi viventi offre una valutazione della vitalità della popolazione, della sua stabilità o dei rischi. In questo modo si ottengono anche dati sull'eventuale impatto ambientale. Nelle zone carsiche ogni intervento sulla superficie si riflette nelle condizioni cambiate nel sottosuolo che vengono rilevate con il monitoraggio dei parametri ambientali nelle acque ipogee. Tabella 4. Descrizione dei posti di campionamento nelle Grotte di Škocjan Posto di Località campionamento

Particolari del campionamento

Argomentazione del posto di campionamento

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Grotta L'acqua pluviale cade dal soffitto da ca. 15 m di Mahorčičeva jama altezza. Qui la volta è sottile e forte siccità in combinazione con il caldo causa l'inaridimento. Una parte della grotta è esposta alle irruzioni d'aria fredda d'inverno e l'acqua è congelata almeno 1 mese all'anno. La difficoltà della raccolta dei campioni è grande.

Il posto di campionamento si trova sotto il paese di Škocjan ed è perciò specialmente adatto per cercare le correlazioni tra l'attività dell'uomo e l'ecologia dell'habitat.

2

Grotta Brihta jama Una parte della grotta è esposta alle irruzioni d'aria fredda d'inverno e l'acqua è congelata almeno 1 mese all'anno. Nei paraggi volano rondoni maggiori e i sorvoli dei pipistrelli sono frequenti (guano e escrementi nei contenitori di campionamento).

Il posto di campionamento si trova sotto il paese di Škocjan ed è perciò specialmente adatto per cercare le correlazioni tra l'attività dell'uomo e l'ecologia dell'habitat.

3

Grotta Tominčeva jama

Una parte della grotta è esposta alle irruzioni d'aria fredda d'inverno e l'acqua è congelata almeno 1 mese all'anno. Il flusso dell'acqua pluviale in questo posto è alto.

Il posto di misurazione si trova all'incirca sotto le superfici da pascolo ed il bosco carsico.

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Sala Dvorana ponvic

L'acqua piovana cade dal soffitto da ca. 15 m Il posto di misurazione si trova di altezza. Nel periodo di siccità lo sgocciolio è all'incirca sotto il bosco carsico. molto ridotto. Durante i mesi caldi vi sono regolarmente presenti colonie di pipistrelli – sorvoli, il che porta ad una grande quantità di guano nei campioni d'acqua.

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Sala Svetinova

L'acqua pluviale cade dal soffitto da ca. 15 m di Il posto di misurazione si trova

5

Interamente da Pipan (2013).

126


Posto di Località campionamento dvorana

Argomentazione del posto di campionamento altezza. Lo sgocciolio è costante tutto l'anno. Il all'incirca sotto i prati carsici (da posto è molto adatto al campionamento falciare) e una pineta. nell'arco di tutto l'anno. Nei mesi estivi si può avere del guano nei campioni a causa dei sorvoli dei pipistrelli.

Particolari del campionamento

6

Sala Velika dvorana Il posto di misurazione è adatto al Il posto di campionamento si trova – fondo campionamento nell'arco di tutto l'anno. Vero all'incirca sotto l'infrastruttura del ambiente cavernicolo. Parco – parcheggio, centro informativo, perciò è adatto per monitorare eventuali particolarità.

7

Sala Velika dvorana Il posto di misurazione è adatto al – vaschetta campionamento nell'arco di tutto l'anno. L'acqua pluviale cade dal soffitto da ca. 15 m di altezza. Vero ambiente cavernicolo.

Il posto di campionamento si trova all'incirca sotto l'infrastruttura del Parco – parcheggio, centro informativo, perciò è adatto per monitorare eventuali particolarità.

8

Kalvarija – tenda

La volta della grotta è sottile, il flusso dell'acqua pluviale costante e alto. Vero ambiente cavernicolo. Il posto è adatto al campionamento nell'arco di tutto l'anno.

Il posto di misurazione si trova all'incirca sotto le superfici da pascolo.

9

Grotta Deževna jama

Il posto è adatto al campionamento nell'arco Il posto di misurazione si trova all'incirca sotto i prati carsici (da di tutto l'anno. Il flusso dell'acqua pluviale è falciare) e le superfici da pascolo. costante e alto. Nel periodo di freddo più intenso l'acqua si congela per un paio di giorni.

10

Canale Hankejev kanal

L'acqua pluviale cade dal soffitto da ca. 25 m di Il posto di misurazione si trova a altezza. Il posto è adatto al campionamento grande profondità nel canyon nell'arco di tutto l'anno. sotterraneo, dove la temperatura non scende più sotto zero. È posizionato all'incirca sotto il bosco carsico e le superfici da pascolo.

Fonte: Pipan (2013).

Figura 8. Pianta delle Grotte di Škocjan con posti di campionamento segnati. Fonte: Archivio del Parco Škocjanske jame, Pipan (2013).

127


Figura 9. Sezione della parte iniziale delle Grotte di Škocjan fino alla sala Svetinova dvorana. Sono segnati i posti di misurazione da 1 a 5. È visibile la struttura e l'uso della superficie sopra le grotte ovvero i posti di campionamento. Fonte: Pipan (2013).

Figura 10. Dimostrazione schematica del apparecchio per il campionamento della fauna nell'acqua di percolazione. Traduzione dei termini della figura: lijak = imbuto; posoda z odtokom = vaso con defluso; vzorčevalna posoda z mrežico = vaso per campioni con rete. Fonte: Pipan (2013).

128


Figura 11. Campionamento della fauna nell'acqua di percolazione, posto di campionamento 8 nelle Grotte di Škocjan. Foto: S. Šturm. Gli individui catturati nei getti d'acqua erano distribuiti casualmente e appartenevano a taxa acquatici e taxa terrestri superficiali, epicarsici e ipogei. Gli organismi acquatici erano rappresentati dagli oligocheti, nematodi e copepodi, i quali prevalevano tra tutti gli organismi (tabella 5). Nella fauna terrestre erano frequenti gli aracnidi e gli insetti. I copepodi sono stati rinvenuti in sette dei dieci posti di campionamento (tabella 2). In quattro posti di campionamento (2, 4, 6 e 8) sono stati rinvenuti singoli individui, più abbondanti erano gli esemplari nei posti di campionamento 5, 9, e 10, dove erano saltuariamente presenti anche femmine ovigere. La caratteristica di tutti i tre posti più abbondanti è che lo sgocciolio è costante, abbondante e che la volta è più sottile. Sopra di loro ci sono superfici da pascolo o boschi. I posti dove sono stati rinvenuti solo singoli individui si trovano invece sotto il paese o sotto l'infrastruttura del Parco, e l'impatto antropico si rifletteva anche nei parametri chimici di base (aumentata la conduttività ed il contenuto dei nitrati e solfati). I posti senza individui erano sotto l'impatto dell'aria fredda invernale e si trovavano sotto il paese (1) ovvero i pascoli (3) e l'infrastruttura del Parco (7). Tabella 5. Elenco dei taxa rinvenuti nei dieci posti di campionamento durante il campionamento annuo dell'acqua di percolazione nelle Grotte di Škocjan Gruppo Nematoda Annelida Arthropoda

Classe Clitellata Arachnida

Copepoda Diplopoda Insecta

Ordo

Numero di animali

Oligochaeta Palpigrada Araneae Acarina Haipacticoida Diptera- adult Diptera-larvae Collembola Apterigota

Non definito

Fonte: Pipan (2013).

129

53 3 1 12 28 169 1 32 68 56 6 10

Sito 1, 3, 4, 6, 8, 9, 10 3, 5 3 1, 2, 3, 5, 6, 8, 9, 10 6 2, 4, 5, 6, 8, 9, 10 6, 10 1, 2, 3, 4, 6, 10 2, 3, 6 1, 2, 3, 6, 7, 9, 10 2, 6, 7, 8, 10 1, 2, 3, 5, 6


Tabella 6. Presenza mensile dei copepodi dell'ordine Harpacticoida nei singoli posti di campionamento (1–10) Sito/Data

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

Giugno 2011 Giulio 2011 Augosto 2011 Septembre 2011 Octobre 2011 Novembre 2011 Dicembre 2011 Gennaio 2012 Febraio 2012 Marzo 2012 Aprile 2012 Maggio 2012 Summ.

0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

0 0 0 4 0 0 0 0 0 0 0 0 4

0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 1

1 0 14(2) 6 0 0 3 2 0 0 0 0 26

1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1

0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

0 1 0 2 0 0 0 1 0 0 0 0 4

9 (1) 11 6 1 8(1) 0 1 2 0 0 0 0 38

11(1) 6(1) 0 0 47 12 2 1 0 0 6 8 93

Nota: Tra parentesi il numero di femmine ovigere nel singolo mese nel singolo posto di campionamento. Fonte: Pipan (2013).

In febbraio e marzo 2012 nei campioni non c'era nemmeno un individuo perché a causa delle basse temperature l'acqua nei contenitori di campionamento si è congelata o il flusso dell'acqua di percolazione è cessato. In novembre 2011 e aprile e maggio 2012 gli individui erano presenti solo nel posto di campionamento 10. Il numero degli individui nei campioni spesso riflette le condizioni attuali, soprattutto quelle climatiche (quantità di precipitazioni e/o temperature). Tabella 7. Riassunto dei parametri ambientali (valore medio, min, max) nell'acqua di percolazione nei dieci posti di campionamento nelle Grotte di Škocjan; campionamento mensile da giugno 2011 a maggio 2012 Sito/ Parametro Temperatura (°C) pH Conducibilita -1 (µScm ) -1

Carbonat (mgl ) 2+

-1

Ca (mgl ) -1

Ca + Mg (mgl ) -

-1

NO3 (mgl ) 2-

-1

SO4 (mgl )

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

10,7

8,52

8,72

9,22

8,6

12,17

12,33

12,22

8,02

8,45

(1,3–17,0)

(0,6–15,2)

(0,1–14,1)

(2,3–14,3)

(0,2–13,4)

(11,9–12,4)

(12,1–12,7)

(11,9–12,8)

(0,3–12,7)

(0,8–12,9)

8,42 (8,2–8,6)

8,68 (8,36–8,92)

8,33 (7,94–8,54)

8,32 (7,9–8,59)

8,48 (8,24–8,62)

8,24 (7,77–8,53)

8,13 (7,89–8,57)

8,18 (7,97–8,42)

8,35 (8,08–8,6)

8,38 (8,15–8,64)

351,75

411,36

314,7

373,1

257,8

195,45

276,82

405,55

331

272

(190–431)

(366–486)

(242–417)

(281–502)

(223–321)

(168–246)

(179–362)

(251–526)

(131–522)

(251–312)

3,61

3,81

2,96

3,03

2,46

1,84

2,89

3,83

3,15

2,65

(1,73–4,56)

(3,49–4,67)

(2,38–3,84)

(1,71–5,27)

(2,16–3,08)

(1,45–2,3)

(1,6–4,29)

(2,22–4,62)

(1,7–5,13)

(2,26–4,26)

3,93

4,39

3,14

3,58

2,66

1,99

2,95

4,10

3,41

2,77

(1,99–5,41)

(4,03–5,22)

(2,31–4,09)

(2,49–5,55)

(2,26–3,29)

(1,56–2,46)

(1,76–3,85)

(2,16–4,83)

(1,83–5,48)

(2,55–3,18)

3,96 (2–5,51)

4,43 (4,09–5,26)

3,2 (2,5–4,1)

3,81 (2,63–5,73)

2,69 (2,3–3,33)

2,04 (1,61–2,53)

3,10 (1,78–3,87)

4,17 (2,29–5,04)

3,46 (1,86–5,6)

2,83 (2,61–3,22)

5,26

9,92

1,55

16,95

1,98

(0,60–20,13) (4,91–19,48) (0,77–3,81) (1,32–46,32) (0,83–4,30) 4,21

20,72

4,14

7,69

5,87

(1,52–11,71) (7,26–56,30) (1,45–7,85) (1,60–16,89) (2,13–9,92)

0,65

0,86

1,29

2,73

5,53

(0,42–0,79)

(0,64–1,04)

(0,99–1,68)

(1,3–6,7)

(3,51–9,09)

3,82

4,10

3,61

3,78

4,75

(2,01–6,18)

(2,18–5,65)

(1,58–6,33)

(1,07–1,07)

(3,06–9,04)

Fonte: Pipan (2013).

Per constatare la dipendenza statistica tra i valori medi dei parametri ambientali ed il numero dei copepodi in singoli posti di campionamento abbiamo usato l'indice di correlazione di Pearson (r). Abbiamo constatato la dipendenza statistica negativa tra la temperatura ed il numero degli individui (r = 0,5). Con le analisi di correlazione delle altre coppie di variabili (T, pH, conduttività, carbonati, Ca2+, durezza, NO3-, SO42-) non abbiamo constatato alcuna dipendenza statistica.

130


12% 1%

Vermi 10%

38%

Oligochaeta (Oligocheti) Aranea (Ragni) Copepoda (Gamberi di acqua dolce) Insetti

39%

Figura 12. Grafico percentuale dei taxa più frequenti nell'acqua di percolazione nelle Grotte di Škocjan. Fonte: Pipan (2013).

Conclusioni, discussioni, orientamenti, potenziali impatti climatologici sulle specie studiate Monitoraggio dell’avifauna6 Il Parco Škocjanske jame si trova nella zona di protezione speciale (rete Natura 2000) Kras/Carso (Denac et al. 2011°, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Benché il Carso sia in gran parte coperto da boschi, tra le specie qualificanti prevalgono uccelli di spazi aperti che abitano nei prati, lande cespugliose e pareti rocciose (Božič 2003, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Così come tutto il Carso anche il Parco Škocjanske jame è prevalentemente coperto da boschi. Prati e superfici coltivate, dove ci sono molte siepi, alberi e cespugli, si trovano vicino ad habitat (Jakopič 2004, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). La composizione delle specie ed il numero degli uccelli che nidificano nel Parco Škocjanske jame sono conformi a questo. Le specie più frequenti sono la capinera, il pettirosso, il merlo, il fringuello e la cincia bigia. Le prime 4 specie sono generalisti, ovvero specie non legate ad un'habitat specifico, mentre la cincia bigia è uno specialista forestale (Tucker & Evans 1997, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Le suddette specie hanno popolazioni che superano 200 coppie. Più di 100 coppie hanno anche le popolazioni della cincia mora e della cincia del ciuffo. Queste due specie, che sono legate a boschi di conifere (Snow & Perrins 1998a, Tucker & Evans 1997, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012), sono tra le specie frequenti nel Parco Škocjanske jame a causa del rimboschimento con il pino nero (Pinus nigra) nel passato e indicano la grande percentuale del pino nero, il che è confermato anche dalla mappatura dei tipi di habitat (Jakopič 2004, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Abbiamo registrato ben 6 specie di picchi (picchio rosso minore, picchio rosso maggiore, picchio verde, picchio cenerino, picchio nero e torcicollo), il che indica una grande quantità di alberi maturi e morti e una grande quantità di cibo adatto per picchi, soprattutto formiche e scolitidi (Snow & Perrins 1998b, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). I picchi sono molto importanti soprattutto per le specie nidificanti nelle cavità dei tronchi secondarie, come per esempio l'assiolo, che occupano i loro nidi abbandonati. L'esigua

6

Interamente da Figelj e Kmecl (2012).

131


estensione del paesaggio agricolo aperto dentro i confini del Parco Škocjanske jame è indicata dall'assenza dello strilozzo e dell'allodola. Soprattutto le allodole abitano in vasti spazi aperti con vegetazione bassa, ed il loro luogo di nidificazione più vicino è nel Divaški Gabrk. Il paesaggio agricolo a mosaico con usi diversi e la presenza di alberi, siepi e cespugli è abitato dalla tottavilla. Nel Parco abbiamo registrato due coppie di tottaville; la dimensione della sua popolazione dentro i confini del Parco Škocjanske jame è stata ottenuta con l'estrapolazione dei risultati del censimento con la mappatura dei territori ed è stimata a 4 coppie nidificanti e corrisponde pressappoco alla superficie dell'habitat adatto all'interno del Parco. Il Divaški Gabrk è un noto luogo di nidificazione di tottaville (Denac et al. 2011b, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012), upupe e sterpazzole (DOPPS, dati NOAGS). Durante queste ricerche abbiamo registrato nel Divaški Gabrk anche la bigia padovana, che raramente nidifica nel Carso (DOPPS, dati NOAGS). Non abbiamo registrato nessun ortolano, pur avendo esaminato specialmente le zone del Divaški Gabrk danneggiate dal fuoco nel marzo del 2012. L'ortolano ama occupare zone incendiate (Brotons et al. 2008, Dale & Hagen 1997, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012), specialmente se sono estese e vicino ad altri luoghi di nidificazione (Brotons et al. 2008, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012); per questa ragione bisogna monitorare la zona incendiata nel Divaški Gabrk anche in futuro. Nel paesaggio culturale presso Naklo abbiamo registrato la tottavilla e l'upupa. Il fiume Reka è l'unico maggior corso d'acqua nel Carso; su di esso nidificano specie che altrove nel Carso non si rinvengono. Dal ponte in Famlje fino a Škocjan abbiamo registrato 8 (2011) e 10 (2012) coppie nidificanti di ballerine gialle su un tratto del fiume Reka lungo ca. 2700 m. La densità di ballerine gialle sul fiume Reka è dunque di 2,8–3,7 coppie su 1 km del fiume. La densità più alta di ballerine gialle si rinviene su fiumi veloci, riccamente strutturati, larghi 10–20 m; nell'habitat di questo tipo in Svizzera hanno registrato 91 coppie su un tratto di 30,2 km del fiume Ticino (Schifferli & Flousek 1985, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Il fiume Reka nel tratto del canyon rappresenta un habitat simile. Božič (1996), (da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012) cita che in Slovenia la distanza tra i nidi di ballerine gialle è più di 100 m, ma ha registrato nei dintorni di Renke in diversi anni 5 nidi su un tratto di fiume di 200 m. Nel Parco le ballerine gialle nidificano anche nelle doline di crollo Velika dolina e Mala dolina (almeno 3 coppie). Durante il censimento del rondone maggiore abbiamo registrato anche una ballerina gialla che volava nella profondità della sala Schmidlova dvorana. Visto che le doline di crollo Velika e Mala dolina sono molto grandi è possibile che la popolazione della ballerina gialla è più grande di qualche coppia di quanto stimato durante l'inventariazione. Le rapide del fiume Reka tra Famlje e Škocjan sono un habitat adatto per il merlo acquaiolo (Božič 1997, Snow & Perrins 1998a, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Il merlo acquaiolo è stato registrato durante entrambi gli anni delle ricerche, sia nel periodo invernale che nel periodo di nidificazione. Stimiamo che dentro i confini del Parco Škocjanske jame nidifica almeno 1 coppia di merli acquaioli, probabilmente 2. All'interno del Carso il Parco Škocjanske jame è la zona più importante per la ballerina gialla ed il merlo acquaiolo. La densità della ballerina gialla è tra le più alte in Slovenia ed è paragonabile alle densità più alte in Europa. Diversi autori citano che la presenza della ballerina gialla e soprattutto del merlo acquaiolo su un corso d'acqua è un buon indicatore dello stato di conservazione dell'ecosistema intorno al corso d'acqua (Larsen et al. 2010, Sorace et al. 2002, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). La moltitudine di pareti rocciose nel canyon del fiume Reka e le doline di crollo all'interno o intorno al Parco attraggono uccelli nidificanti sulle pareti, quali il gufo reale, il falco pellegrino ed il rondone maggiore. Un maschio territoriale del gufo reale è stato registrato nel 2011 nella dolina di crollo Lisičina. Lisičina è un noto luogo di nidificazione del gufo reale (S. Polak personalmente, Mihelič (2002), T. Mihelič personalmente da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Nel 2012 non abbiamo osservato la presenza del gufo

132


reale; è molto probabile che il maschio sia morto a causa di una scossa elettrica. In Slovenia e nel Carso sono noti numerosi casi di mortalità del gufo reale a causa della scossa elettrica sui pali degli elettrodotti a media tensione (Mihelič 2008, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). All'interno del Parco Škocjanske jame e nei suoi dintorni c'è un grande numero di elettrodotti a media tensione a causa dei quali il Parco Škocjanske jame è una trappola ecologica. Adatti luoghi di nidificazione e adatte zone di caccia attraggono sempre nuovi individui del gufo reale, che però prima o poi si siedono su un palo di un elettrodotto a media tensione, il che risulta nella morte a causa della scossa elettrica. Un luogo di nidificazione del gufo reale abbandonato è anche la dolina di crollo Risnik (DOPPS, dati NOAGS) e molto probabilmente anche il canyon del fiume Reka presso Školj (T. Mihelič personalmente, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Il gufo reale è molto sensibile ai disturbi antropici, specialmente agli arrampicatori. Su tutto il territorio della Slovenia sono noti casi dell'abbandono dei nidi da parte del gufo reale a causa degli arrampicatori, il caso più noto è il nido abbandonato sopra il paese di Osp (Marčeta & Mihelič 2000, Mihelič 2002, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Un'altra fonte di minaccia è l'autostrada che scorre tra Risnik ed il Parco Škocjanske jame. Il numero di mortalità a causa degli impatti con veicoli non è irrilevante nel gufo reale (Martinez et al. 2006, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012), sono noti anche casi in Slovenia (Krašna personalmente) Lo strigide più numeroso nel Parco Škocjanske jame è l'allocco. Gli allocchi amano vivere e nidificare in grotte e abissi carsici (Lipej & Gjerkeš 1996, Polak 2000, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012), e nel Parco Škocjanske jame questi sono in abbondanza. Stimiamo che la popolazione degli allocchi nel Parco Škocjanske jame è di 6–10 coppie. Tra le frequenti specie notturne c'è anche il succiacapre e la stima per la sua popolazione nel Parco Škocjanske jame è di 6–10 coppie. Il succiacapre è una specie frequente nel Carso (DOPPS, dati NOAGS); ama specialmente pinete nei pressi di pascoli e tale è l'habitat nella parte occidentale del Parco Škocjanske jame, dove abbiamo registrato il maggior numero di succiacapre (capitolo Risultati). L'assiolo è più raro, abbiamo registrato solo un maschio in canto a Škoflje. In entrambi gli anni del censimento il falco pellegrino nidificava con successo nella dolina di crollo Sokolak. Nel 2011 abbiamo registrato 2 giovani involati, nel 2012 la coppia aveva 3 giovani. Il falco pellegrino si nutre di piccioni e la specie di piccione più numerosa nel Parco Škocjanske jame è il piccione domestico. Il piccione domestico discende dal piccione selvatico occidentale e a volte è difficile determinare precisamente a quale specie appartenga (Snow & Perrins 1998b, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). I piccioni nelle Grotte di Škocjan si comportano come i piccioni selvatici, si trattengono anche nelle grotte, il che è una delle caratteristiche dei piccioni selvatici occidentali (Snow & Perrins 1998b, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Per quanto riguarda la livrea, però, non tutti gli individui sono uguali ai piccioni selvatici occidentali, alcuni hanno più bianco o marrone sul tronco, il che significa che sono incrociati con piccioni domestici. Il rondone maggiore è un uccello raramente diffuso in Slovenia, i posti di nidificazione noti sono sul Kraški rob (Ciglione carsico), nelle Alpi Giulie occidentali e nelle Grotte di Škocjan (DOPPS, dati NOAGS). Tutti i luoghi di nidificazione noti in Slovenia sono naturali, altrove in Europa nidifica anche su edifici alti (Bize & Roulin 2009, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). I dati sulle dimensioni di singole popolazioni in Slovenia sono scarsi. La nostra stima è che nel Parco Škocjanske jame nidificano 36–40 coppie di rondoni maggiori. Più grande della colonia nelle Grotte di Škocjan sarebbe la colonia nella parte sudorientale del Ciglione carsico (T. Mihelič personalmente, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012), dei dati esatti sulle dimensioni di altre colonie non esistono. Nel Parco Škocjanske jame i rondoni maggiori nidificano agli imbocchi delle grotte e sul ponte naturale tra la Velika dolina e la Mala dolina. Alcune coppie volano in parti profonde della grotta, dove il buio è totale, e molto probabilmente lì anche nidificano.

133


Abbiamo comparato anche i dati del censimento del 1999 (S. Polak personalmente, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012) e con l'eccezione dello zigolo giallo non abbiamo notato grandi differenze. Nel 1999 la zona è stata censita una volta in due visite (29. 4. 1999 e 7. 5. 1999), mentre noi nell'ambito dell'inventariazione abbiamo fatto 8 visite al Parco solo per la mappatura delle specie frequenti e quindi è molto difficile comparare. Comunque si può notare che lo zigolo giallo è quasi scomparso dal Parco Škocjanske jame. Nel 1999 sono stati registrati 9 zigoli gialli, mentre nel 2011 ne abbiamo registrato uno solo in una sola visita. Le ragioni del calo del numero degli zigoli gialli dentro i confini del Parco Škocjanske jame non sono chiari, ma il calo è probabilmente legato all'inselvamento e all'abbandono dell'uso agricolo. Lo stato delle specie qualificanti nella zona di influenza del Parco Škocjanske jame non è soddisfacente. Lo stato della popolazione dell'ortolano non è buono, dal 2005 possiamo considerarlo una specie scomparsa. Lo stato della tottavilla, dell'assiolo e del succiacapre invece sembra stabile. La situazione peggiore è nella valle del fiume Reka. I principali habitat per le specie qualificanti erano prati umidi, coltivati estensivamente, terreni agricoli a mosaico e un grande numero di siepi, singoli cespugli e simili strutture. I trend delle popolazioni delle specie qualificanti degli uccelli riflettono chiaramente i cambiamenti nell'uso agricolo. L'uso agricolo si intensifica e di conseguenza i trend sono negativi e le specie scompaiono. L'averla cenerina è una specie scomparsa nella valle del fiume Reka; se l'uso non cambia è solo questione di tempo quando spariranno anche il re di quaglie, il voltolino e lo stiaccino. La chiave per il miglioramento dello stato è la sospensione dell'edificazione e l'estensivazione agricola.

Linee guida per la protezione e misure Il principale impatto sulla diversità dell'avifauna nel Parco Škocjanske jame è il fattore antropico. L'attuale modalità della gestione dello spazio nelle Grotte di Škocjan è inadeguata per alcune specie. Abbiamo registrato le seguenti minacce chiavi: – elettrodotti a media tensione dentro i confini del Parco e – disturbi da parte dell'uomo.

Figura 13. Zone di protezione all'interno del Parco Škocjanske jame. Fonte: Figelj e Kmecl (2012).

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Bisogna preservare l'uso estensivo delle superfici erbose e prevenire l'inselvamento. Nel Parco Škocjanske jame l'agricoltura non rappresenta una minaccia chiave agli uccelli, ma può essere fatale per gli uccelli nei dintorni. I prati da falciare nei dintorni di Naklo sono in gran parte concimati e alcuni persino seminati (nostre osservazioni), abbiamo osservato anche che alcune siepi sono state tagliate senza necessità. Raccomandiamo l'estensivazione dell'uso dei prati da falciare nei dintorni di Naklo – che si smetta di concimarli e seminarli.

Impatto climatologico sui trend nel futuro Anche il clima ed il suo cambiamento sono tra i fattori che incidono sulla diffusione e sul numero degli uccelli (Lindström et al. 2012, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Il Parco Škocjanske jame si trova vicino alla regione submediterranea, il che si riflette anche nella flora (Jakopič 2004, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012) e nell'avifauna nei dintorni. Ci si aspetta che in futuro le temperature medie annue aumenteranno, il che inciderà anche sulla diffusione degli uccelli nei dintorni delle grotte (Huntley et al. 2007, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Molto probabilmente guadagneranno di più le specie aviarie mediterranee; presupponendo che la zona del Parco non si inselverà ci si può aspettare la nidificazione del passero solitario (Monticola solitarius) e con un maggiore aumento delle temperature forse anche del picchio muratore di roccia (Sitta neumayer) e della rondine rossiccia (Hirundo daurica). Aumenterà anche il numero di alcune specie che sono già presenti nel Parco: p.es. dello zigolo nero e dell'usignolo. In Slovenia il passero solitario è più numeroso sul Ciglione carsico, ma nidifica anche nelle pareti del margine meridionale dell'altopiano Trnovski gozd e del monte Nanos ed è stato registrato anche sotto il monte Krn (DOPPS, dati NOAGS). Anche se non esistono dati sulla presenza del passero solitario nel Parco Škocjanske jame ci aspettavamo di registrarlo durante le ricerche. Sembra che al momento le pareti nel Parco Škocjanske jame non siano abbastanza termofile per offrire le condizioni adatte al passero solitario. La zona delle grotte è relativamente fredda e orientata verso il nord. Le temperature sono leggermente più basse anche a causa delle doline di crollo e della stretta del fiume Reka, le quali però contribuiscono anche ad una minore oscillazione delle temperature (Rejec Brancelj 1998, da Figelj, J. & Kmecl, P. 2012). Per quel che riguarda l'avifauna, l'aumento delle temperature medie probabilmente porterà anche all'aumento della diversità degli uccelli.

Monitoraggio dei relitti glaciali e termofili e delle piante protette della lista rossa7 Riteniamo che per il rilevamento dell'impatto di eventuali cambiamenti climatici bisogna scegliere attentamente quali specie monitorare. Nel caso delle orchidacee, nelle quali il numero degli individui fiorenti varia notevolmente di anno in anno, bisogna considerare bene quali specie includere nel monitoraggio, siccome comparando i dati di solo alcuni anni non si avranno necessariamente dei risultati rappresentativi. Perciò è meglio monitorare le orchidacee con metodi più adeguati, per esempio con il metodo del transetto o monitorare prati dove le orchidacee crescono. Inoltre bisogna scegliere attentamente anche la "micropopolazione" da monitorare, sicché i fattori dall'ambiente (per esempio l'inselvamento) influiranno il meno possibile sullo stato della popolazione. Nei relitti glaciali e termofili ci sono numerosi esemplari che crescono in posti difficilmente accessibili; se è possibile si scelga per il monitoraggio superfici più facilmente accessibili che però soddisfano lo stesso

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Interamente da Trčak (2012).

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altri criteri. La descrizione dell'ubicazione del plot permanente deve essere chiara sicché possa essere trovato facilmente dopo il censimento. Di solito in questo ci si aiuta con le coordinate GPS, ma le Grotte di Škocjan sono problematiche in questo rispetto perché sulle pareti scoscese questo sistema è solo parzialmente utilizzabile. Altri possibili metodi sono fotografare i piani di censimento, l'uso del binocolo o telescopio o l'utilizzo dei misuratori laser. Nella stazione di rilevamento scelta deve essere garantito un continuo uso invariato (contatto con il proprietario, coordinamento con gli interventi pianificati nel Parco e simile). Con i dati raccolti bisogna approntare la selezione delle specie e la scelta delle stazioni di rilevamento ovvero transetti dove le singole specie verranno monitorate. Per singole specie in singoli stazioni di rilevamento bisogna stabilire il metodo di rilevamento. In funzione del periodo di fioritura bisogna stabilire l'intervallo temporale del monitoraggio durante l'anno, il quale per singole specie può variare leggermente di anno in anno a causa di fattori meteorologici. Per garantire un monitoraggio pluriennale di singole specie su concreti plot permanenti non deve cambiare l'uso attuale in essi. Perciò bisogna contattare il proprietario del terreno sul quale è ubicato il plot permanente e trovare un accordo sulla possibilità dello svolgimento del monitoraggio. Una volta stabiliti questi parametri bisogna assicurare, a seconda del periodo pianificato del monitoraggio (in anni), che il monitoraggio si svolgerà sicuramente (pianificazione finanziaria e del personale). Per il rilevamento dell'impatto dei cambiamenti climatici sulla flora, visto il relativamente esiguo numero dei relitti glaciali e termofili, sarebbe opportuno monitorare almeno un luogo di crescita di ciascuna specie, ma preferibilmente anche più luoghi, sicché si possa monitorare e comparare i trend nelle micropopolazioni, mentre per le altre specie si può fare una selezione. Il monitoraggio di tutti i luoghi di crescita dei relitti è inattuabile a causa della difficile accessibilità (da Trčak 2012).

Monitoraggio della fauna terrestre troglobia8 Nella rassegna della fauna ipogea della parte turistica delle Grotte di Škocjan citiamo 38 taxa. Di questi solo 8 sono indubbiamente organismi troglobi, e inoltre tra questi il coleottero cavernicolo Bathysciotes khevenhuelleri deve temporaneamente essere considerato una specie locale scomparsa da questa parte delle grotte. Dopo un'accurata analisi dei collemboli (Collembola) raccolti il numero delle specie troglobi probabilmente aumenterà di alcune specie. Considerate le dimensioni delle Grotte di Škocjan il numero dei troglobi è relativamente basso, ad ogni modo molto più basso che in nostre grotte dinariche con la maggiore ricchezza faunistica quali le Grotte di Postojna, la grotta sotto il castello di Predjama, le grotte Logarček e Križna jama e molte altre (Sket e Culver, 2000, da Polak 2012). Il numero dei troglobi nella parte turistica delle Grotte di Škocjan è anche notevolmente più basso che in numerose grotte nel Carso, Matarsko podolje e Čičarija. Grotte quali Polina peč, Račiška pečina, Dimnice, Medvedjak e Radota jama superano il numero di 15 troglobi (Polak e col., 2012, da Polak 2012). Le ragioni del basso numero degli organismi troglobi nella parte turistica delle Grotte di Škocjan vanno ricercate soprattutto nel fatto che le Grotte di Škocjan non sono state esplorate completamente – il nostro studio era limitato alla parte turistica delle grotte. Questa parte della grotta è una galleria fossile relativamente vecchia, e, la cosa più importante dal punto di vista della fauna, la galleria si trova a grande profondità sotto la superficie. Gli strati della roccia sopra le grotte Tiha jama e Šumeča jama hanno uno spessore da 60 a 100 metri. È noto (Culver e Pipan, 2009, da Polak 2012), che gli habitat ipogei profondi

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Interamente da Polak (2012).

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sono molto poveri di materiale organico con il quale si nutre la fauna cavernicola. La fonte principale di cibo qui è l'acqua di percolazione che porta nel sottosuolo il materiale organico sciolto. Ma durante la penetrazione attraverso grossi strati di roccia questa immissione di cibo diminuisce notevolmente. A questa molto esigua fonte di cibo sono adattati solo gli organismi cavernicoli più modesti capaci di filtrare l'acqua di percolazione e di nutrirsi del film organico sulle concrezioni e sulla superficie dell'acqua pluviale. Organismi di questo tipo, che nelle Grotte di Škocjan si rinvengono principalmente nella parte centrale della grotta Tiha jama, sono il gasteropode ipogeo Zospeum spelaeum, l'isopode cavernicolo Titanethes dahli, il palpigrado cavernicolo Eukoenenia sp., e per ora tre riconosciute specie troglobi di collemboli cavernicoli (Collembola). Alle specie troglobi dei coleotteri trovati nelle Grotte di Škocjan attribuiamo anche l'anoftalmo di Schmidt Anophthalmus schmidti e Bathysciotes khevenhuelleri. L'anoftalmo di Schmidt è stato finora trovato solo nei piani idrici inferiori delle Grotte di Škocjan e durante le nostre ricerche non l'abbiamo registrato. Per il Batysciotes khevenhuelleri invece pare che la grotta Tiha jama in questo periodo è nonostante tutto troppo povera di cibo.

Figura 14. Sezione schematica del sistema delle Grotte di Škocjan con i posti di campionamento delle ricerche speleo biologiche. Traduzione dei termini della figura: vzorčno mesto monitoringa terestrične favne = punto di monitoraggio. Fonte: Archivio del Parco Škocjanske jame, riassunto e modificato da Polak (2012). I cambiamenti climatici, in gran parte causati dalle attività antropiche, sono oggi un fatto. I cambiamenti delle condizioni climatiche sono seguiti relativamente presto anche dai cambiamenti della biosfera. Come conseguenza del riscaldamento planetario anche in Slovenia si notano cambiamenti nella diffusione di alcune specie vegetali e animali. Perlopiù aumentano il loro areale le specie termofili (Polak, 2007, da Polak 2012). Le condizioni climatiche nel sottosuolo carsico sono relativamente stabili e non reagiscono essenzialmente ai cambiamenti climatici giornalieri (circadiani) o annuali (circannuali) sulla superficie. I cambiamenti climatici stagionali (precipitazioni, temperature, correnti d'aria) possono influire sulla fenologia e periodicità spaziale della presenza di alcune specie cavernicole, ma la composizione faunistica rimane stabile (Polak, 2009, da Polak 2012). Con una dettagliata definizione dello stato attuale (stato zero) della fauna terrestre troglobia e con l'istituzione del monitoraggio a lungo termine usando la stessa metodologia sarà possibile attribuire eventuali cambiamenti nella composizione della fauna troglobia ai cambiamenti climatici a lungo termine registrati. Parallelamente al monitoraggio regolare dello stato della fauna ipogea bisogna eseguire anche precise misurazioni meteorologiche della temperatura, dell'umidità, delle correnti d'aria nella grotta e della composizione dei gas. Solo con un monitoraggio ambientale a lungo termine, che il Parco Škocjanske jame sta già svolgendo, sarà in futuro possibile anche spiegare eventuali cambiamenti nella composizione della fauna ipogea delle Grotte di Škocjan.

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Monitoraggio dell’acqua di percolazione – epicarso9 Gli individui più numerosi nell'acqua dell'epicarso sono i copepodi dell'ordine Harpacticoida, abbiamo trovato anche femmine con le uova. Questo indica che la popolazione dei copepodi, gli organismi più importanti nell'epicarso, è vitale e si rigenera continuamente. Ciò è la prova che le Grotte di Škocjan sono un ricco ecosistema carsico ipogeo dove si possono ancora aspettare interessanti scoperte.

Figura 15. Nei getti e nelle pozze con l'acqua di percolazione si trova una fauna poco numerosa, ma ricca di specie di copepodi. Tra di loro ci sono molte specie endemiche. Sulla foto vediamo il Morariopsis scotenophila, di appena mezzo millimetro di lunghezza, il primo copepode descritto delle Grotte di Škocjan già nel 1930. Foto: A. Brancelj. Fonte: Pipan (2013). I dati riguardanti il numero degli organismi e la varietà delle specie animali specializzate al sottosuolo nelle Grotte di Škocjan attestano che la salute dell'ecosistema è soddisfacente. E siccome il sottosuolo, e specialmente l'epicarso come lo strato subito sotto la superficie, è direttamente dipendente dalla superficie, sarebbe opportuno monitorare la fauna dell'acqua di percolazione anche in futuro perché facilita la valutazione globale dello stato ecologico della zona più ambia sopra il sistema ipogeo. Singole specie dei copepodi dall'acqua di percolazione possono essere usate come bioindicatori per la valutazione integrale dell'impatto sull'ambiente (Pipan & Culver, 2007, da Pipan 2013). Così come la pelle protegge tutti gli organi nell'organismo, la superficie protegge il mondo sotterraneo. Se con l'inquinamento e interventi aggressivi lo feriamo gli impediamo di continuare a svolgere la sua versatile funzione di protezione e preservazione dell'ambiente ipogeo.

Bibliografia Figelj, J., & Kmecl, P. (2012). Monitoring ptic v parku Škocjanske jame: metodologija, izvedba popisa in ocena varstvenega stanja. Ljubljana, Slovenia: Društvo za opazovanje in proučevanje ptic Slovenije (DOPPS). Pipan, T. (2013). Ocena stanja in vzpostavitve monitoringa v prenikli vodi v sistemu Škocjanskih jam. Ljubljana, Slovenia: Znanstvenoraziskovalni center SAZU, Inštitut za raziskovanje krasa. Polak, S. (2012). Monitoring terestrične troglobiontske favne v turističnem delu Škocjanskih jam. (Spremljanje posebnosti določenih vrst kraškega podzemlja). DS2: Monitoring in analiza vplivov

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Interamente da Pipan (2013).

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podnebnih sprememb na biodiverziteto. Postojna, Slovenia: Zavod Znanje Postojna, OE Notranjski muzej Postojna. Šturm S. (2011). Researches in the Škocjanske jame park: Conservation of living diversity in the park. Revija Kras, 113, 26–29. Trčak, B. (2012). Ocena stanja flore glacialnih habitatov in termofilnih vrst. Miklavž na Dravskem polju, Slovenia: Center za kartografijo favne in flore.

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Caratteristiche climatiche e cambiamenti climatici previsti nell’ampio territorio del Parco Škocjanske jame

Tanja Cegnar Agencija RS za okolje (Slovenian Environment Agency). Corrispondenza: tanja.cegnar@gmail.com.

Riassunto I cambiamenti climatici sono una componente importante dell'ambiente e durante tutta la storia umana l'ambiente ha avuto un impatto decisivo sulla vita dell'uomo. Il clima della Slovenia è determinato da numerosi fattori, i più importanti sono la posizione geografica, il rilievo movimentato, l'orientamento delle creste montuose e la vicinanza del mare. La conseguenza dell'intreccio dei numerosi fattori è un clima molto variegato. Per l'esame del clima nel Parco Škocjanske jame ci è di aiuto la stazione meteorologica nel Parco e quelle nei dintorni, dai cui dati possiamo già notare dei cambiamenti del clima. Sia per il Parco che per i dintorni sono previste minacce climatiche più frequenti. Parole chiave: clima, cambiamenti climatici, Parco Škocjanske jame, minacce climatiche.

In generale sull’importanza del clima Spesso non ci rendiamo nemmeno conto quanto siano importanti le condizioni climatiche come parte integrante dell'ambiente. Sulla scala temporale geologica il clima ha contribuito in modo importante alla trasformazione della superficie terrestre. Tra gli elementi più efficaci nella trasformazione della superficie sono l'erosione del vento e dell'acqua, ma anche i ghiacciai hanno contribuito notevolmente ai cambiamenti della superficie. Le condizioni climatiche sono essenziali per la disgregazione delle rocce, per la diffusione e il prosperare delle specie vegetali e animali e la loro convivenza. Il clima ha sempre avuto un impatto decisivo anche sull'uomo ed il suo stile di vita; durante tutta la storia umana si rifletteva nel modo di costruzione, l'agricoltura, la selezione degli animali domestici, la densità di popolazione, la disponibilità delle risorse idriche, i costumi popolari, le abitudini alimentari e la salute. Il veloce sviluppo tecnologico nel secolo scorso ha assicurato una relativamente grande disponibilità dell'energia, compresi i combustibili fossili, portato un diverso modo di costruzione, migliorato la mobilità, aumentato il numero delle piante coltivate e migliorato la qualità e la quantità dei prodotti agricoli. Tutto questo ha contribuito alla sensazione illusoria che abbiamo sottomesso la natura. Ma in realtà non siamo neanche lontanamente capaci di domare la natura ed il clima, tanto meno di plasmarli secondo i propri desideri. Il clima cambia naturalmente, ma ai cambiamenti contribuisce anche l'uomo con le emissioni di gas serra nell'atmosfera. Per questo negli ultimi decenni il clima cambia più velocemente che in qualunque epoca passata, ed allo stesso tempo la società moderna non ha aumentato la resistenza agli eventi meteorologici eccezionali. Al contrario, la società moderna sta diventando sempre più vulnerabile. Diverse regioni differiscono tra di loro per tipo, frequenza e intensità delle calamità naturali che le colpiscono e naturalmente anche per la loro prontezza e capacità di sanare le conseguenze in modo efficace e veloce. Ma anche gli interventi nell'ambiente hanno un grande impatto sul grado di vulnerabilità. Se sono razionali e ponderati non aumentano la vulnerabilità, anzi, possono perfino contribuire a diminuirla. Purtroppo spesso succede proprio il contrario.

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Caratteristiche climatiche del Parco Škocjanske jame Nel territorio del Parco Škocjanske jame è in funzione una stazione meteorologica automatica già dal 2005. Non abbiamo però una sequenza di dati meteorologici lunga diversi decenni che ci permetterebbe di determinare le condizioni climatiche, e inoltre i dati offerti dalla stazione meteorologica automatica sono sì molto frequenti nella scala temporale, ma non coprono tutta la gamma delle variabili meteorologiche. Perciò nella valutazione delle condizioni climatiche e dei cambiamenti previsti o trend ci aiuteremo con i dati di due stazioni meteorologiche relativamente vicine che offrono una gamma più ampia di variabili e, soprattutto, sono in funzione da abbastanza tempo per consentirci di comporre, sulla base dei loro dati, un quadro più completo delle condizioni climatiche. Queste due stazioni sono Godnje (altezza sul livello del mare 320 m) e Ilirska Bistrica (424 m), mentre Postojna (altezza sul livello del mare 533 m) è situata più in alto e più lontano dal mare ed è quindi più sotto l'influsso del clima continentale e dunque climaticamente meno affine alla zona delle Grotte di Škocjan. Per la valutazione dei segni dei cambiamenti climatici useremo invece dati da un'area più ampia.

Fattori principali che determinano le condizioni climatiche nella zona del Parco Škocjanske jame La Slovenia è situata nella zona geografica e climatica temperata e presenta dunque una grande variabilità di condizioni climatiche e meteorologiche: sul suo territorio si intrecciano gli influssi del clima submediterraneo, alpino e continentale. Il clima della Slovenia è determinato da numerosi fattori, i più importanti sono la posizione geografica, il rilievo movimentato, l'orientamento delle creste montuose e la vicinanza del mare. La conseguenza dell'intreccio di numerosi fattori è un clima molto variegato. L'area del Parco Škocjanske jame con il tipico rilievo carsico si estende sull'altitudine tra i 420 e 450 m ed è situata nella zona di transizione dalla parte litorale della Slovenia alla parte continentale. È circondata dalle colline dei Brkini e dal monte Vremščica. Ulteriori informazioni sulla superficie e sulle caratteristiche geografiche della zona si trovano sulla pagina del parco. L'influsso del mare Mediterraneo è ancora abbastanza forte, il che si riflette nelle temperature; tipica della zona è anche la bora. La maggioranza delle precipitazioni viene portata dalle correnti d'aria sudoccidentali; le precipitazioni si intensificano anche a causa dell'innalzamento delle masse d'aria sopra il Carso e la catena dinarico-alpina. Il regime di precipitazione determina la distribuzione delle precipitazioni durante l'anno. Per il clima submediterraneo sono tipici due massimi di precipitazioni: il primo alla fine della primavera ed il secondo, molto più spiccato, in autunno. La quantità delle precipitazioni può variare fortemente di anno in anno risultando in anni aridi e anni estremamente piovosi. A causa dell'effetto orografico la quantità delle precipitazioni aumenta andando dal mare verso l'entroterra della Slovenia e raggiunge l'apice sulla barriera dinarico-alpina. Nel litorale la quantità annua delle precipitazioni va dai 1100 ai 1200 mm. A Godnje cadono annualmente circa 1400 mm, a Ilirska Bistrica 1350 mm e a Postojna già quasi 1600 mm. La maggioranza delle precipitazioni hanno luogo quando masse d'aria umide e relativamente calde si muovono con il vento sudoccidentale. La direzione del movimento delle masse d'aria è perpendicolare alle barriere orografiche e a causa di questo l'aria si alza e raffredda e le precipitazioni si separano da essa.

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Vantaggi delle condizioni climatiche Tra i vantaggi climatici della zona sono soprattutto l'assenza del forte caldo e afa estiva, tipici del litorale o delle pianure slovene. Inoltre d'inverno e in primavera l'inversione termica e la nebbia del nord dell'Adriatico di solito non giungono così in alto. Per questo possiamo prevedere anche un minore inquinamento dell'aria. Sulla superficie movimentata del carso, soprattutto durante la stagione fredda dell'anno, sono possibili notevoli differenze nella temperatura giornaliera minima già su piccole distanze, il che, con un adeguato sfruttamento dello spazio, può essere un vantaggio.

Minacce climatiche Ogni anno siamo colpiti anche da eventi estremi, sia meteorologici che climatici. Secondo le stime degli esperti, a causa dei cambiamenti climatici ci possiamo aspettare in futuro anche più eventi meteorologici eccezionali, quali temporali, ondate di caldo, siccità, alluvioni torrenziali ecc. Negli ultimi anni siamo stati spesso testimoni di forti siccità estive, che hanno colpito gravemente gli agricoltori e in alcune parti anche minacciato le fonti d'acqua potabile. La mancanza estiva delle precipitazioni è stata spesso accompagnata da alte temperature dell'aria e insolitamente tante giornate soleggiate, il che ha aumentato ulteriormente il bisogno d'acqua. Nel sudovest della Slovenia la siccità ha luogo di regola ogni estate, anche a causa delle condizioni geologiche. Lunghi periodi di siccità possono avere luogo anche d'inverno, solo che le conseguenze sono meno vistose. Nella Slovenia sudoccidentale un periodo di siccità estremamente lungo ha avuto luogo nei primi tre mesi del 2012; a differenza della gran parte del territorio sloveno le condizioni di siccità nel sudovest sono continuate anche nei mesi primaverili e poi d'estate la siccità si è inasprita ed ha raggiunto l'apice. La Slovenia è tra le regioni europee con il maggior numero di tempeste; ogni anno ci sono tra di loro anche alcuni forti temporali e i danni dipendono dalla densità di popolazione e la destinazione della zona colpita dal temporale. Il Parco Škocjanske jame è situato nella zona con uno dei più grandi numeri di tempeste in Slovenia. I danni maggiori sono causati dalla grandine, ma naturalmente anche da forti raffiche di vento e diluvi. La forte bora, tipica del Litorale, ostacola il traffico almeno alcuni giorni all'anno, a volte impedendolo completamente nei punti più esposti. Sono molto più imprevedibili le raffiche di vento che accompagnano forti temporali dovunque in Slovenia. Anche essi possono causare danni e scoperchiare tetti, eccezionalmente anche spezzare alberi. Siccome la bora in questa zona è un fenomeno usuale la maggior parte dell'infrastruttura è adattata a tali condizioni. Le ondate di caldo sono spossanti per le persone sensibili e provocano o aumentano anche numerosi problemi di salute. Il forte caldo può colpire anche animali e piante. Sebbene la temperatura possa raggiungere anche valori alti, il caldo non è così difficile da sopportare come nelle pianure. Ma la combinazione del caldo e di un periodo prolungato di tempo secco può essere pericolosa perché aumenta il rischio di incendi nell'ambiente naturale. I Brkini sono una delle zone in Slovenia che sono più a rischio di gelicidio rispetto ad altre regioni del paese. La composizione carsica del terreno influisce sulle condizioni idriche a causa delle quali le siccità sono più frequenti che altrove. Questa zona non è così reattiva ad abbondanti precipitazioni come il resto della

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Slovenia, almeno non in così breve tempo, come è tipico delle alluvioni torrenziali altrove nel paese. Nella zona del Parco Škocjanske jame le condizioni non sono favorevoli per gli sport invernali, perciò i sempre più frequenti inverni verdi non rappresentano un problema serio.

Cambiamenti climatici già osservati Nei tre decenni tra il 1951 ed il 1980 la temperatura media nel territorio della Slovenia era stabile. L'incremento più notevole della temperatura si è avuto negli ultimi due decenni del secolo scorso, quando il trend d'incremento ha superato le proiezioni dei modelli previsionali climatici; in media, nel territorio sloveno la temperatura media annuale è aumentata di ben 1,1 °C. In questo millennio l'incremento della temperatura è più lento e più conforme alle proiezioni climatiche dell'incremento della temperatura media; l'incremento è stati di 0,1 °C. La manifestazione più evidente dei cambiamenti climatici è il riscaldamento dell'atmosfera, ma questo certamente non è l'unico cambiamento nel sistema climatico di cui siamo testimoni. Oltre all'incremento della temperatura media annuale su tutto il territorio sloveno aumentano anche la temperatura media invernale, primaverile e estiva, solo la temperatura media autunnale non mostra un rilevante trend d'incremento. Inoltre si nota la differenza nel trend della temperatura giornaliera minima e quella massima: è più spiccato l'incremento della temperatura giornaliera minima. La conseguenza dell'incremento della temperatura è l'aumento del numero dei giorni caldi e la diminuzione del numero dei giorni di gelo. Un cambiamento registrato molto importante è il trend d'incremento delle precipitazioni autunnali, mentre nelle altre stagioni notiamo un trend negativo delle precipitazioni. Sebbene le differenze tra singoli anni sono grandi, si può notare un trend negativo nella durata della coperta nevosa e nello spessore della neve caduta. La stima del trend della temperatura media annuale per decennio, elaborata sulla base del trend lineare negli ultimi 60 anni, è, per la relativamente vicina stazione meteorologica Postojna, di 0,2 ºC, uguale è il trend per l'inverno, per la primavera è di 0,3 ºC, per l'estate di 0,4 ºC e per l'autunno di 0,1 ºC. Per lo stesso periodo e lo stesso posto di misurazione constatiamo che le precipitazioni annuali, invernali e primaverili non mostrano un trend rilevante. È importante, invece, che le precipitazioni estive mostrano un trend negativo, che supera di poco i 10 mm a decennio, mentre il trend autunnale è positivo e supera di poco i 20 mm a decennio. È dunque evidente che sta cambiando il regime di precipitazione: il massimo autunnale sta diventando più spiccato, mentre negli altri mesi la quantità delle precipitazioni sta diminuendo. Tali trend si possono notare in tutte le stazioni meteorologiche vicine e sono quindi tipici di una zona più ampia. L'analisi è elaborata sulla base dei dati dell'Agenzia della Repubblica di Slovenia dell'ambiente ed è adattata dalla pubblicazione "Stališče SMD o podnebnih spremembah, Vetrnica”. Considerato il fatto che l'ampio territorio del Parco Škocjanske jame presenta un marcato massimo di precipitazioni in ottobre e novembre, dunque nei mesi autunnali, questo trend è estremamente preoccupante. Un altro fatto molto negativo è che le precipitazioni estive mostrano un trend di diminuzione e allo stesso tempo il trend d'incremento della temperatura media dell'aria ha il valore massimo proprio in estate. Temperature più alte e meno precipitazioni nel periodo estivo significano siccità più frequenti, lunghe e intense (Slovensko meteorološko društvo, 2011).

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Proiezioni del clima nel futuro L'uomo non può influire sui fattori che determinano quanta energia solare sarà intercettata dalla Terra e come questa sarà distribuita lungo diverse latitudini. Le caratteristiche dell'atmosfera e della superficie terrestre determinano quanta dell'energia ricevuta sarà trattenuta dalla Terra con la sua atmosfera e usata per il riscaldamento della superficie, per il riscaldamento e movimento degli oceani e delle masse d'aria, per la crescita e lo sviluppo delle piante. Oltre ai fattori naturali anche l'uomo cambia il clima con le emissioni di gas serra. Dunque, oltre alla conoscenza del clima nel passato, le proiezioni dei cambiamenti climatici sono essenziali per elaborare le strategie di adattamento. Siccome non sappiamo come aumenteranno le emissioni di gas serra nell'atmosfera, come aumenterà la popolazione, come sarà lo sviluppo della tecnologia, come sarà la situazione politica ed economica, usiamo i cosiddetti scenari. Uno scenario è una descrizione probabile e spesso semplificata del clima futuro, basata su ipotesi comprensibili e razionali sulle connessioni tra i fattori del clima, che consente di valutare le conseguenze previste dei cambiamenti climatici antropogenici. I vasti schemi climatici sono soprattutto il risultato della distribuzione della radiazione solare sulla Terra, della rotazione della Terra e dell'influsso della distribuzione delle terre emerse e del mare e della topografia, che sono compresi in modo soddisfacente nei modelli di circolazione generale. Il clima regionale o locale, invece, è la reazione del clima globale alle caratteristiche della superficie (p.es. rilievo, vegetazione ...) al livello regionale o locale. Per ora i modelli climatici non sono ancora abbastanza precisi per poter descrivere tutta la varietà climatica che conosciamo in Slovenia e così rappresentare una base valida per la valutazione dell'impatto e l'elaborazione delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici per singole regioni o persino per aree più piccole. Per lo studio della reazione del sistema climatico alla composizione alterata dell'atmosfera spesso usiamo i modelli di circolazione generale. Questi includono le descrizioni dei principali processi fisici, chimici e biologici nell'atmosfera, negli oceani, nel ghiaccio e sulla superficie terrestre e la loro interdipendenza. I risultati dell'ultimo rapporto dell'IPCC del 2007 indicano un potenziale aumento della temperatura fino alla fine di questo secolo tra 1,1 e 6,4 °C rispetto alle condizioni medie nel periodo 1980–1999 (IPPC, 2007). La velocità del riscaldamento dell'atmosfera dipende da quale degli scenari dell'emissione di gas serra e particolato si realizzerà in futuro. A prescindere da quale degli scenari è preso in considerazione, gli schemi spaziali dei cambiamenti climatici non differiscono sostanzialmente, differisce solo la loro intensità nel tempo. Come si svilupperà la società nel futuro e quali saranno a causa di questo le emissioni dei gas serra ed il loro contenuto nell'atmosfera possiamo solo presumere sulla base dei trend attuali, il che rappresenta la principale fonte di incertezza nelle stime dei cambiamenti climatici. Inoltre non conosciamo tutti i dettagli del sistema climatico e della sua reazione ai cambiamenti nella composizione dell'atmosfera e ad altri cambiamenti dei fattori climatici. Diversi modelli danno stime dei cambiamenti leggermente diverse e questo deve essere preso in considerazione quando interpretiamo questi risultati. L'intensità dei cambiamenti dipende anche dalla scelta dello scenario delle emissioni. Per la Slovenia prevediamo che fino alla fine di questo secolo le estati si riscalderanno più degli inverni e che d'inverno ci saranno un po' più precipitazioni e d'estate meno. Le stime differiscono leggermente da modello a modello e metodologia usata. Perciò possiamo fare affidamento soprattutto sui trend previsti, dove i risultati della maggior parte delle proiezioni sono concordi, mentre nella dimensione del cambiamento incontriamo anche notevoli differenze, il che indica un alto grado di incertezza.

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Nel seguito riassumiamo alcune stime dalla pubblicazione "Stališče SMD o podnebnih spremembah, Vetrnica”. In diverse zone climatiche della Slovenia i cambiamenti climatici differiranno per intensità, questo vale specialmente per la quantità delle precipitazioni. Le proiezioni dei cambiamenti climatici di entrambi i modelli usati indicano che in conformità allo scenario delle emissioni SRES A1B fino alla fine del secolo la temperatura dell'aria aumenterà su tutto il territorio sloveno di 2 fino a 3 °C rispetto alla media del periodo 1961–1990. L'incremento più basso sarebbe in primavera, dove le stime dei modelli girano attorno ai 2 °C per la Slovenia centrale e leggermente di meno per il Litorale e leggermente di più per la parte orientale della Slovenia. Il riscaldamento raggiungerebbe il valore massimo in estate, quando l'incremento della temperatura dell'aria nella Slovenia centrale potrebbe superare 4 °C. Secondo questo scenario il riscaldamento estivo più grande colpirebbe il Litorale. A causa di una minore affidabilità dei modelli nella descrizione degli eventi di precipitazione le proiezioni dei cambiamenti climatici legati alle precipitazioni sono meno affidabili. Rispetto alla situazione attuale, per la fine del 21. secolo le proiezioni prevedono una minore quantità di precipitazioni in estate su quasi tutto il territorio sloveno. La diminuzione della quantità di precipitazioni sarebbe specialmente intensa nel Litorale, dove in alcune parti raggiungerebbe anche il 40%, mentre nelle altre regioni della Slovenia girerebbe tra il 10 e il 30%. D'inverno la gran parte della Slovenia riceverebbe oltre il 10% di precipitazioni in più. D'autunno e d'inverno non si prevedono notevoli cambiamenti nella lunghezza dei periodi senza precipitazioni, mentre d'estate e in primavera il trend va nella direzione di periodi senza precipitazioni sempre più lunghi. Nella Slovenia nordoccidentale, la regione più esposta a forti brevi rovesci, nel futuro non notiamo importanti cambiamenti nelle massime quantità di precipitazioni giornaliere. Notiamo un piccolo spostamento nella direzione di più intense precipitazioni giornaliere in primavera e in estate (Slovensko meteorološko društvo, 2011). Oltre ai cambiamenti delle quantità di precipitazioni medie è importante soprattutto l'impatto dei cambiamenti climatici su alcuni eventi eccezionali come temporali, ai quali siamo più vulnerabili, ma non sono compresi nelle proiezioni climatiche. D'estate le precipitazioni temporalesche saranno probabilmente meno frequenti e saranno in media di meno, ma saranno più forti. D'inverno possiamo prevedere l'aumento delle precipitazioni massime nell'arco di cinque giorni e di conseguenza la diminuzione della durata del periodo secco più lungo. Questo indica tempeste più frequenti e intense. Sia d'estate che d'autunno possiamo prevedere periodi massimi senza precipitazioni in media più lunghi, il che significa siccità più intense e più lunghe. Questo sarà specialmente accentuato nel periodo estivo, quando almeno nella parte occidentale della Slovenia possiamo prevedere anche una diminuzione delle precipitazioni massime nell'arco di cinque giorni. A differenza dell'estate, in autunno prevediamo, nonostante i periodi massimi senza precipitazioni presumibilmente più lunghi, precipitazioni massime nell'arco di cinque giorni più intense. I modelli previsionali climatici hanno due fondamentali fonti di incertezza nei risultati dei cambiamenti climatici: una limitata conoscenza dei processi e delle condizioni attuali e l'impossibilità di predire il futuro dal punto di vista della realizzazione dei scenari delle emissioni di gas serra e particolato prescelti. Anche se conoscessimo in dettaglio la dipendenza della reazione del sistema climatico alla composizione dell'atmosfera resterebbe il fatto che il clima può essere modellato solo con una limitata precisione spaziale che non comprende tutte le specificità regionali e locali del clima della zona prescelta. Possiamo concludere che le proiezioni dei cambiamenti climatici per la Slovenia sono ancora abbastanza incerte, specialmente per le precipitazioni in una zona ristretta.

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Considerata l'attuale ampiezza della variabilità meteorologica è generalmente riconosciuto che dovrebbe bastare se fino al 2030 ci adattassimo all'attuale variabilità (quindi a già notate deviazioni meteorologiche e climatiche dalle condizioni usuali) e in questo modo aumentassimo la resistenza a pericolosi eventi meteorologici e anomalie climatiche. In questo periodo il segnale di variabilità sarà ancora più grande del segnale di cambiamento climatico. Più tardi, invece, prevediamo che il segnale di cambiamento climatico raggiungerà il segnale dell'attuale variabilità meteorologica. Siccome molti progetti soprattutto nel campo dell'infrastruttura si riferiscono al periodo che va oltre il 2030, bisogna tenere conto del principio di precauzione e dei previsti cambiamenti del clima.

Riassunto Nell'ambito dei provvedimenti riguardanti i cambiamenti climatici fino a poco tempo fa tutta l'attenzione era diretta al contenimento delle emissioni di gas serra nell'atmosfera, adesso, però, si sta affermando sempre di più la consapevolezza che abbiamo bisogno di una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici che sia ponderata e basata sui dati scientifici e sulla conoscenza delle condizioni locali. I calcoli e le previsioni indicano che le conseguenze dei cambiamenti del clima non saranno distribuite uniformemente, ma che alcune zone saranno colpite più di altre. Già adesso i dati indicano che in Europa il riscaldamento è leggermente più grande della media mondiale e la zona delle Alpi si sta riscaldando anche leggermente più velocemente del resto d'Europa. Localmente i cambiamenti potranno essere ancora più grandi e potranno colpire specialmente comunità biologiche che sono fortemente adattate a condizioni locali specifiche, quindi specie che sono efficacemente adattate a condizioni locali specifiche e alle quali la migrazione sarà ostacolata o del tutto impedita. La comunità scientifica internazionale è concorde nel ritenere che i cambiamenti climatici non si possono più prevenire, ma solo mitigare e rallentare. Dovremo affrontare la parte inevitabile dei cambiamenti climatici. Per avere il più successo possibile in questo dobbiamo conoscere l'interdipendenza tra il clima e i diversi settori dell'attività umana, e ugualmente importante è saper prevedere che clima ci aspetta nel futuro. Siccome le proiezioni climatiche contengono un alto grado di incertezza bisogna seguirle e aggiornarle regolarmente, e ciò vale anche per i provvedimenti e progetti.

Bibliografia Intergovernmental panel on climate change. (2007). Fourth assessment report: Climate change 2007 (AR4). Disponibile presso http://www.ipcc.ch/publications_and_data/publications_and_data _reports.shtml Park Škocjanske jame. (n.d.) Lega in površje. Disponibile presso http://www.park-skocjanske-jame.si/slo /park-skocjanske-jame_obmocje_lega.shtml Slovensko meteorološko društvo. (2011). Vetrnica – Stališče SMD o podnebnih spremembah. Disponibile presso http://www.meteo-drustvo.si/data/upload/Stalisce_net.pdf

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Prime considerazione sulla metodologia di monitoraggio della flora e vegetazione e della campagna di rilevamento 2012 nel Parco Naturale delle Prealpi Giulie

Giuseppe Oriolo Via Roma 50, Monfalcone (GO), Italia. Corrispondenza: giuseppe.oriolo@gmail.com.

Riassunto Nell’ambito del progetto Climaparks è stata predisposta dal Museo Friulano di Storia Naturale una metodologia uniformata di monitoraggio e di analisi dei cambiamenti climatici sulla biodiversità. Essa è stata applicata in un’area studio del Parco Naturale delle Prealpi Giulie durante il 2012. I dati raccolti costituiscono lo stato zero e sono utili anche per evidenziare pregi e difetti della metodologia. L’approccio metodologico risulta autonomo rispetto ad altri progetti di scale europea e globale (esempio progetto Gloria) e si adatta alla valutazioni di vegetazioni del piano alpino e nivale, pioniere e poco stratificate. Nel caso dell’area prospiciente il ghiacciaio del Canin il metodo è risultato coerente e utile. Parole chiave: monitoraggio, vegetazione, Parco Naturale delle Prealpi Giulie, valutazione metodologia.

Introduzione Il progetto Climaparks affronta in modo integrato ed articolato i temi relativi alle conseguenze dei cambiamenti climatici sui sistemi biologici ed ecologici. Esso prevede il miglioramento energetico delle strutture funzionali delle aree protette, divulgazione e sensibilizzazione, ma anche l’impostazione di monitoraggi scientifici di medio e lungo periodo. Il tema dei cambiamenti climatici viene quindi affrontato da diverse prospettive, ma sono centrali i dati che permettano di verificare nei decenni gli effetti delle dinamiche climatiche sulla componente biologica di alta quota. Le conoscenze degli effetti dell’aumento della temperatura media su biologia ed ecologia delle specie è ancora in fase di sviluppo se non per poche specie; il loro stesso valore di indicatore biologico è ancora da comprendere fino in fondo. Vi sono pareri discordanti (Cannone, 2007; Theurillat e Guisan, 2001) anche sullo stesso valore di indicatore delle specie alpine. Mentre per i dati chimico fisici sono disponibili serie storiche rilevanti su cui effettuare valutazioni statisticamente solide (infatti il tema è più quello delle cause artificiali degli aumenti di temperatura oppure del loro collegamento a naturali cicli climatici), per la componente biologica abbiamo ancora risultanze singole anche se alcuni progetti di vasto respiro geografico e temporale (Gottfried et al. 2012; Grabherr et. al, 2010) iniziano a fornire consolidate basi di dati. E’ noto però quanto la scala dei fenomeni sia complessa, dai piccoli adattamenti fisiologici a quelli biologici fino alle modifiche ecologiche. Si pensi ad esempio a quanto sia difficile apprezzare modifiche qualitative sulla diffusione di specie e sulla composizione di ecosistemi che sono di per sè in continua fluttuazione dei rapporti quantitativi tra specie e che a loro volta si inseriscono in linee dinamiche naturali (e artificiali) anche complesse.

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Metodi La metodologia proposta nel protocollo predisposto dal Museo Friulano di Storia Naturale (relazione finale, luglio 2011), per quanto riguarda gli aspetti vegetazionali, si basa su quanto proposto da Cannone (2004) per analisi svolte in alcuni plot posizionati in Antartide. Il metodo prevede un approccio multiplo nella definizione delle aree e del tipo di dati raccolti. I dati previsti sono: a) floro-vegetazionali, b) meteorologici, c) fenologici e d) pedologici, anche se non tutti sono ritenuti obbligatori. Il nucleo principale è dato da aree permanenti e dalla carta della vegetazione con elevato dettaglio spaziale e tipologico. Le aree permanenti sono di 25 m2, suddivise in quadrati di 1 m2, a loro volta suddivisi in quadrati di 100 cm2 e in punti di intersezione. Per ogni plot quindi vanno effettuati: 1 rilievo fitosociologico generale di caratterizzazione, 25 rilievi di 1 m2, rilievi fitosociologici di quadrati di 100 cm2 (consigliati sui 4 plot angolari), rilevamento della dominanza di specie sui 4 angoli di ogni incrocio dei plot di 100 cm2. Il termine “fitosociologico” viene usato in maniera generica, intendendo il solo rilevamento di specie/copertura che nei plot di minori dimensioni viene espressa in percentuale. 25 m2 vengono ritenuti una area minima sufficienti di rilevamento per le vegetazioni non forestali. Altro dato importante è la carta della vegetazione su base fitosociologica che deve essere rilevata sul terreno, con numerosi rilievi fitosociologici per la caratterizzazione dei tipi considerati e alla scala da 1:1.500 a 1:2.000, su area di almeno 2 km2. Nella relazione metodologica vengono indicate alcune analisi statistiche minime da realizzare sulla serie dei dati ottenuti (quindi, ad esclusione di un indice di ricchezza specifica, dalla prossima serie di dati disponibili) Vengono poi previste analisi pedologiche nelle strette adiacenze dei plot e, ove possibile, un’analisi fenologica con cadenza settimanale difficile da attuare ad alte quote. E’ necessario posizionare un “data logger” che raccolga i dati di temperatura. La metodologia non fornisce indicazioni o chiavi di lettura su come affrontare alcuni temi critici in questo tipo di indagine quali la comprensione di specifici meccanismi di reazione al “climate change” e la distinzione dalle dinamiche primarie e secondarie in atto.

Risultati I rilevamenti coordinati dalla dottoressa Nicoletta Cannone e realizzati dal dottor Massimo Buccheri sono confluiti in una relazione tecnica (gennaio 2013). Il lavoro svolto ha seguito la metodologia proposta anche sulla base delle caratteristiche dell’area prescelta. Si tratta della fascia pro-glaciale del Ghiacciaio del Monte Canin; essa si sviluppa al di sopra dei 2000 metri di quota, nella fascia altitudinale alpina con dinamiche prevalentemente primarie fra cui l’evoluzione di ghiaioni consolidati. Le indagini preliminari hanno permesso un inquadramento della vegetazione presente (Poldini e Feoli, 1973, Feoli Chiapella e Poldini, 1993; Poldini e Martini, 1993; Poldini et al., 2004; Poldini e Vidali, 2012). E’ stato difficile individuare aree con vegetazione omogenea per l’ampia diffusione sia di mosaici che di stadi dinamici (chiaramente riportati nella carta fitosociologica). Sono state posizionate come previsto 8 aree permanenti di 25 m2. Su tutti i plot di 25 m2 sono stati raccolti i dati a tutti i livelli previsti anche se due di essi, posizionati su aree di più recente disgelo non vi è copertura vegetale e quindi i rilievi non sono stati effettuati. La carta della vegetazione si basa su 5 voci di legenda di cui tre riferibili a vegetazione. Non sono state effettuate analisi podologiche (fig. 1).

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Figura 1. Tipico ghiaione mobile alpino del Monte Canin. Si noti la colonizzazione dell’endemico papavero bianco delle Alpi Giulie (Papaver alpinum susbp. ernesti-mayer). Fonte: Giuseppe Oriolo.

Discussione Lo scopo di questo articolo è una prima valutazione della metodologia proposta in termini di: a) adattabilità alle realtà ecologiche considerate b) capacità di individuare ed isolare le riposte al climate change rispetto ad altre dinamiche c) rapporto costi benefici e d) eventuali relazione e congruità con altri progetti simili. Per quanto riguarda l’applicazione del sistema ad ambienti alpini o nivali esso è risultato praticabile in tipi di vegetazione di valletta nivale anche con salici nani o in ghiaioni in consolidamento con elementi di praterie alpine, mentre non è adatto a vegetazioni più strutturate come praterie evolute e brughiere o cespuglieti. L’analisi fenologica non è praticabile in aree di alta quota difficilmente raggiungibili, mentre potrebbe essere utilizzata in progetti di sensibilizzazione con le scuole applicandolo su specie di fondovalle. Ulteriore aspetto rilevante, ma sempre problematico e comune a molti monitoraggi, è l’assenza di dati sulla flora briofitica che in habitat quali vallette nivali riveste un ruolo molto importante. La mole di dati raccolta per i plot completati sarà esplorata a fondo solo con la costruzione di serie temporali. Certamente il metodo dell’”intercept point” fornisce molte informazioni ed è quello in cui maggiormente si riduce la soggettività del rilevatore. A tale proposito, anche in coerenza con altri monitoraggi di lungo periodo (esempio “CONECOFOR” oppure “GLORIA"), si potrebbe prevedere un manuale per il rilevatore e procedure per la standardizzazione dei dati, specialmente nel confronto tra aree seguite da rilevatori diversi o anni con altri gruppi di lavoro. In alcuni ambienti subalpini e alpini è difficile distinguere tra progressioni dinamiche di abbandono del pascolo (sia esso attività economica o variazione significativa nel numero degli ungulati alpini). Forse sarebbe opportuno fornire alcune linee guida su come interpretare le serie di dati, caratterizzando ogni plot anche dal punto di vista dinamico. Per quanto riguarda il rapporto costo/benefici il sistema completo proposto è abbastanza oneroso e fornisce una ampia base di dati non sempre di facile lettura ed esplorazione. Si propone una sua modulazione, mantenendo 4 plot con serie completa, mentre sugli altri si possono rilevare solo le superfici di 1 m2. Ulteriori analisi statistiche dovranno essere predisposte per

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indagare le possibili relazioni fra dati ambientali raccolti (es. variazioni della temperatura, neve al suolo, etc.) e i risultati floro-vegetazionali. Un aspetto critico riguarda la scelta di non integrarsi ad alcuna rete sovranazionale di monitoraggio di lungo termine della vegetazione alpina, quale ad esempio il progetto "Gloria" che ha già fornito risultati anche in aree vicine (Pauli et al., 2007; Holzinger, 2008; Erschbamer et al.,2009; Erschbamer et al.,2011).

Conclusioni Il metodo proposto nell’ambito del progetto Climaparks per il Parco Naturale delle Prealpi Giulie richiede un elevato sforzo nella raccolta di dati, per altro non sempre praticabile. Esso andrebbe semplificato per la realtà della fascia alpina del Parco: ciò potrebbe avvenire continuando i rilievi completi su 4 plot di 25 m2, solo i dati fitosociologici di 1 m2 sugli altri 4 su altri rilievi e specialmente nella fascia nivale con vegetazione rada, forse quelle più sensibili a modifiche climatiche. Questi rilievi più speditivi potrebbero anche essere ripetuti ogni 5 anni, mentre quelli di dettaglio prevedono campagne con intervalli non minori di 10 anni. Massima attenzione va poi fornita alle modalità di redazione della carta fitosociologica che ha un livello maggiore di soggettività nella definizione sia topologica (are minima omogenea, mosaici) che tipologica. Si ritiene nei prossimi anni di effettuare le analisi pedologiche e di riportare i dati chimico-fisici a disposizione. Sarà molto importante organizzare in appositi sistemi informatici i dati rilevati; le analisi statistiche dovranno permettere di comprendere per quanto possibile l’eventuale causalità fra modifiche della vegetazione e andamenti climatici che si discostano quindi dalle le normali dinamiche successionali, tipiche dell’area periglaciale del Canin.

Bibliografia Cannone, N. (2004). Minimum area assessment and different sampling approaches for the study of vegetation communities in Antarctica. Antarctic Science, 16(2), 157–164. Cannone, N., Sgorbati, S., & Guglielmini, M. (2007). Unexpected impacts of climatic change on alpine vegetation. Frontiers in Ecology and Environment, 7, 360–364. Erschbamer, B., Kiebacher, T., Mallaum, M., & Unterluggauer, P. (2009). Short-term signals of climate change along an altitudinal gradient in the South Alps. Plant ecology, 202, 79–89. Erschbamer, B., Unterluggauer, P., Winkler, E., & Mallaum, M. (2011). Changes in plant species diversity revealed by long-term monitoring on mountain summits in the Dolomites (northern Italy). Preslia, 83, 387–401. Feoli Chiapella, L., & Poldini, L. (1993). Prati e pascoli del Friuli (NE Italia) su substrati basici. Studia Geobotanica, 13, 3–140. Gottfried, M., et al. (2012). Continent-wide response of mountain vegetation to climate change. Nature Climate Change, 2, 111–115. Grabherr, G., Pauli, H., & Gottfried, M. (2010). A worldwide observation of effects of climate change on mountain ecosystems. In A. Borsdorf et al. (Eds.), Challenges for mountain regions – Tackling complexity (pp. 50–57). Wien, Austria: Bohlau. Holzinger, B., et al. (2008). Changes in plant species richness over the last century in the eastern Swiss Alps: Elevational gradient, bedrock effects and migration rates. Plant Ecology, 195, 179–196.

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Pauli, H., et al. (2007). Signals of range expansions and contractions of vascular plants in the high Alps: Observations (1994–2004) at the GLORIA*master site Schrankogel, Tyrol, Austria. Global Change Biology, 13, 147–156. Poldini, L., & Feoli, E. (1976). Phytogeography and syntaxonomy of the Caricetum firmae L. s.l. in the Carnic Alps. Vegetatio, 32(1), 1–9. Poldini, L., & Martini, F. (1993). La vegetazione delle vallette nivali su calcare, dei conoidi e delle alluvioni nel Friuli (NE Italia). Studia Geobotanica, 13, 141–214. Poldini, L., & Vidali, M. (2012). Le serie di vegetazione della regione Friuli Venezia Giulia. In C. Blasi (Ed.), La vegetazione d’Italia (pp. 130–160). Roma: Palombi & Partner. Poldini, L., Oriolo, G., & Francescato, C. (2004). Mountain pine scrubs and heaths with Ericaceae in the south-eastern Alps. Plant Biosystems, 138, 1, 53–85. Theurillat, J. P., & Guisa, A. (2001). Potential impact of climate change on vegetation in European Alps: A review. Clim. Change, 50, 77–109.

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Progettazione di una metodologia uniforme per il monitoraggio dell’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità Nicoletta Cannone,a Massimo Buccheri,b Paolo Glerean,c Fabio Stoch,d Giuseppe Bogliani,e Valeria Lencioni,f Mauro Gobbig a

Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate, Università Degli Studi dell’Insubria, Via Ravasi 2, 21100 Varese, Italia; b Museo Friulano di Storia Naturale, Via Marangoni 39, 33100 Udine, Italia; c Museo Friulano di Storia Naturale, Via Marangoni 39, 33100 Udine, Italia; d Dipartimento di Scienze Ambientali, Università dell’Aquila, Via Vetoio (Coppito 1), 67100 Coppito (AQ), Italia; e Dipartimento di Biologia Animale Università di Pavia, Via Adolfo Ferrata 9, 27100 Pavia, Italia; f Museo Tridentino di Scienze Naturali, Via Calepina 14, 38122 Trento, Italia; g Museo Tridentino di Scienze Naturali, Via Calepina 14, 38122 Trento, Italia. Corrispondenza: a nicoletta.cannone@uninsubria.it, b massimo.buccheri @comune.udine.it, c paolo.glerean@comune.udine.it, d fstoch@faunitalia.it, e bogliani@unipv.it, f lencioni@mtsn.tn.it, g mauro.gobbi@mtsn.tn.it.

Riassunto Questo protocollo ha come obiettivo la valutazione ed il monitoraggio degli impatti sugli ecosistemi territoriali, nel breve e medio termine, in relazione ai cambiamenti climatici sulla fauna e flora nei Parchi Naturali Regionali delle Dolomiti Friulane e delle Prealpi Giulie (Friuli Venezia Giulia, NE Italia) (figura 1). Il protocollo botanico comprende il monitoraggio delle singole specie e delle comunità di piante all’interno di appezzamenti permanenti, la mappatura fito-sociologica, l’uso del terreno ed il monitoraggio fenologico. Per quanto riguarda la fauna, con il protocollo vengono posizionati dei transetti altitudinali in aree rappresentative. I transetti verranno strutturati in serie di stazioni di monitoraggio dove i dati di un certo vertebrato e le unità tassonomiche vertebrate verranno mappate permanentemente. Nei predetti siti verranno posizionate altre stazioni lacustri presso corsi d’acqua e bacini al fine di monitorare la comunità acquatica degli invertebrati. Parole chiave: Friuli Venezia Giulia, Ne Italia, cambio climatico, monitoraggio, comunità vegetali, fauna.

Introduzione Negli ultimi 100 anni la temperatura dell’aria a livello globale ha registrato un aumento medio di circa 0,6 ± 0,2°C (95% CI; IPCC, 2007), con due principali periodi di incremento (dal 1910 al 1945 e dal 1976 in poi) ed è previsto che tale tendenza prosegua nel futuro (IPCC, 2001; 2007). Si stima, infatti, che entro il 2100 l’incremento dei gas serra in atmosfera potrà indurre un aumento della temperatura media dell’aria a livello globale compreso tra 1,4 e 5,8°C ed anche un significativo aumento delle precipitazioni (IPCC, 2001). Tali mutamenti hanno già prodotto impatti evidenti a livello globale, con conseguenze su un ampio range di specie animali e vegetali, di ambienti terrestri, marini e di acque dolci, in un vasto raggio di distribuzione geografica, dalle regioni polari a quelle tropicali ed equatoriali (Walther et al., 2002; Root et al., 2003; Parmesan & Yohe, 2003; Wookey et al., 2009). Per esempio sono stati osservati cambiamenti significativi dell’estensione del ghiaccio marino in Artide, dei ghiacciai, della copertura nivale e del permafrost, sia in Artide che in Antartide (IPCC, 2001).

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Per quanto riguarda i sistemi biologici, molte specie hanno mostrato variazioni di distribuzione sia latitudinale che altitudinale, con spostamenti verso le aree polari o verso quote superiori, variazioni di abbondanza, di fenologia (specialmente con un anticipo primaverile delle fasi di sviluppo e/o ritardo della senescenza autunnale), alterazioni delle modalità di interazione interspecifica, invasione di specie aliene (anche da orizzonti altitudinali inferiori), variazioni della composizione delle comunità vegetali (Hughes, 2000; Chapin et al., 2005).

Figura 1. Aree di studio. Fonte: Archivio del Museo Friulano di Storia Naturale. Si prevede che gli impatti del cambiamento climatico saranno più intensi e più rapidi nelle regioni ad alte latitudini e nelle aree di alta quota (Theurillat & Guisan, 2001; Körner, 2003; IPCC, 2007), dove le componenti biologiche si trovano ai limiti delle proprie capacità di sopravvivenza e gli ecosistemi sono prevalentemente controllati da fattori abiotici. Esistono già in questo senso alcune osservazioni relative a cambiamenti della distribuzione delle specie con la latitudine (Chapin et al., 2005), con la quota (Grabherr et al., 1994; Lenoir et al., 2008) e variazioni arealiche di intere comunità vegetali (Cannone et al., 2007). Si è anche registrata un’accelerazione degli impatti stessi del cambiamento climatico (Cannone et al. 2008). La vegetazione di alta quota è considerata altamente sensibile e vulnerabile ai cambiamenti climatici a lungo termine (Gottfried et al. 1998; Theurillat e Guisan, 2001) benché alcuni autori ritengano che gli impatti del cambiamento climatico a breve termine siano limitati a causa della crescita lenta e dei lunghi cicli vitali delle specie alpine (Pauli et al., 1999). Negli ultimi 50 anni la sensibilità degli ecosistemi vegetali alpini è stata evidenziata dall’innalzamento di 120-340 m dei limiti di distribuzione di specie legnose ed arbustive (Kullman, 2002), dalla migrazione 156


altitudinale di piante dell’orizzonte alpino e nivale (Grabherr et al., 1994; Walther et al., 2005; Pauli et al., 2007), da cambiamenti della composizione di comunità vegetali entro quadrati permanenti di monitoraggio (Keller et al., 2005; Bahn & Körner, 2003; Pauli et al., 2007) (figura 2).

Figura 2. Dryas octopetala. Fonte: Archivio del Museo Friulano di Storia Naturale. Lo stesso trend è stato registrato anche per la vegetazione di valletta nivale e per la vegetazione di torbiera e delle zone umide (Cannone et al., 2007). Tali risultati indicano che la vegetazione degli orizzonti alpino e nivale risponde in modo rapido e flessibile alle sollecitazioni climatiche, diversamente da quanto ipotizzato da Theurillat e Guisan (2001), che ritengono che la vegetazione alpina sia caratterizzata da notevole inerzia e che solo incrementi di temperatura superiori a 2°C possano indurne significativi cambiamenti (figura 3). I risultati ottenuti al Passo dello Stelvio (Cannone et al. 2007) dimostrano per la prima volta che gli impatti del cambiamento climatico sono evidenti ad un livello ecologico superiore a quello della specie, che interessa intere comunità vegetali ed è visibile a livello di ampie superfici. In accordo con quanto sostenuto da Neilson (1993), tali dati dimostrano che sono in atto cambiamenti climatici di grande portata, in grado di dare segnali evidenti ai maggiori livelli di organizzazione biologica. Per ciò che riguarda la fauna, recentemente sono stati pubblicati alcuni lavori in cui sono stati messi in risalto gli effetti sulla comunità dei macroinvertebrati acquatici dei cambiamenti climatici (aumento della temperatura dell’aria e dell’acqua, scioglimento dei ghiacciai, alterazione del regime pluviometrico e idrologico), ovvero la risalita verso monte di taxa tipici dei fondovalle e l’estinzione locale di specie d’alta quota. Numerosi sono gli studi condotti negli ultimi 20 anni sull’adattamento al freddo e sulle capacità di risposta al caldo di specie stenoterme fredde, comuni in ambiente montano, in invertebrati delle regioni polari e, recentemente, anche alpine (Bernabò et al. 2010). Tali studi mettono in evidenza l’elevata vulnerabilità di specie stenoterme fredde al riscaldamento globale (sopravvivenza a temperature superiori a quella naturale limitata a poche ore, incapacità di attivare meccanismi molecolari “di difesa” allo shock termico e altri).

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Figura 3. Petrocallis pirenaica. Fonte: Archivio del Museo Friulano di Storia Naturale. Le comunità di artropodi sono distribuite lungo il gradiente altitudinale secondo la loro tolleranza ambientale e di conseguenza sono in grado di rispondere velocemente ai cambiamenti ambientali. Gli artropodi alpini sono in grado di rispondere ai cambiamenti ambientali in maniera differente, per esempio variando i valori di ricchezza di specie e di abbondanza delle popolazioni, colonizzando nuovi habitat o mostrando particolari adattamenti morfo-funzionali (Gobbi et al. 2010). Proprio a causa di questa specificità e varietà di risposte è necessario individuare i taxa che meglio rappresentano la biodiversità globale e che quindi svolgono un ruolo chiave nella catena trofica e nella struttura e funzione dell’ecosistema. Per esempio la recente revisione di Hodkinson (2005) riporta dettagliatamente quali taxa devono essere impiegati come bioindicatori in relazione all’obiettivo che si vuole raggiungere. Tra gli artropodi terrestri i Coleotteri Carabidi ed i Lepidotteri (soprattutto Ropaloceri) risultano essere i gruppi meglio conosciuti e più indicati per la valutazione degli effetti dei cambiamenti climatici, della qualità degli ecosistemi, per la pianificazione paesaggistica e per il monitoraggio delle aree maggiormente soggette a cambiamenti ambientali di origine antropica e/o climatica. Analoga importanza in questo senso hanno i Lepidotteri, grazie al grado di conoscenza raggiunto per questo gruppo di insetti, le particolari caratteristiche biologiche che li contraddistinguono e la notevole importanza sotto il profilo conservazionistico (Settele et al. 2008, Van Swaay et al. 2010) (figura 4). Per ciò che riguarda i Carabidi, è ampiamente documentata (Thiele, 1977) la correlazione tra i loro raggruppamenti di specie ed i principali fattori biotici ed abiotici che caratterizzano gli ambienti in cui vivono, tanto che negli ultimi anni sono andati sempre più sviluppandosi lavori in cui si fa uso di questi animali per la valutazione e pianificazione animale (si veda in proposito Brandmayr et al., 2005; Pizzolotto & Brandmayr, 2004; Stork, 1990; Desender, 1994). Per quanto riguarda la fauna acquatica, gli insetti, e tra questi Ditteri Chironomidi, Efemerotteri, Plecotteri e Tricotteri, sono candidati ad essere considerati “sentinella di cambiamento climatico”. Vi sono molte referenze a sostegno di queste candidature tra cui le monografie di Brittain e Milner (2001), Lami e Boggero (2006), Bertuzzi e Cantonati (2007), Cantonati et al. (2011).

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Figura 4. Monitoraggio della lepidotterofauna mediante sorgenti luminose artificiali con funzione attrattiva. Fonte: Archivio del Museo Friulano di Storia Naturale. Per ciò che riguarda la componente a vertebrati, gli uccelli nidificanti sono utilizzati frequentemente quali indicatori ambientali e per il monitoraggio di processi ecologici. Essendo animali prevalentemente diurni, visibili e, spesso, caratterizzati da emissioni sonore peculiari, si prestano a una caratterizzazione quantitativa e semi-quantitativa delle popolazioni e delle comunità . Inoltre, per questo taxon sono stati da tempo messi a punto protocolli di rilevamento standardizzato, ripetibili anche da operatori diversi e analizzabili con tecniche parametriche e non-parametriche. La classe dei Mammiferi, infine, è stata proposta in diversi casi come un taxon idoneo per il monitoraggio di processi ecologici, in particolare considerando le eventuali variazioni macroscopiche delle comunità di mammiferi per quanto riguarda la comparsa o la scomparsa di specie legate a condizioni che possono modificarsi in seguito a fenomeni attribuibili al cosiddetto global change.

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Metodi Il presente protocollo è finalizzato alla valutazione ed al monitoraggio, sia a breve che a medio-lungo termine, degli impatti del cambiamento climatico sulle componenti vegetali e su alcune componenti faunistiche degli ecosistemi terrestri e, ove possibile, sulle loro potenziali interazioni con le componenti abiotiche più significative (in particolare della criosfera) nei due Parchi Regionali del Friuli Venezia Giulia (Dolomiti Friulane e Prealpi Giulie) per un periodo di circa 15-20 anni, nell’ambito del Progetto Interreg Climaparks. Si è ritenuto opportuno selezionare ecosistemi semplici sia da un punto di vista strutturale che composizionale, in contesti ambientali nei quali siano ridotti al minimo gli elementi di variabilità non direttamente connessi ai processi analizzati. Considerando che non vi è assoluta certezza sulla scala spaziale e temporale con cui si manifesteranno gli effetti del cambiamento climatico, si è ritenuto di pianificare le attività di monitoraggio in modo multiplo, considerando aspetti e processi integrabili tra loro, sia a livello di singole specie che di comunità, sia alla scala di singoli plot che di aree più estese. A tal fine è stato adottato, per ciò che riguarda la vegetazione, un approccio multiplo e integrato su vari piani: 1) Monitoraggio di singole comunità vegetali nell’ambito di Plot permanenti; 2) Elaborazione di una carta fitosociologia della vegetazione che costituisce un punto di riferimento per il monitoraggio a medio-lungo termine (15-20 anni) delle potenziali variazioni di distribuzione spaziale delle comunità vegetali; 3) Eventuale analisi delle fenologia di specie vegetali target (nell’ambito dei plot selezionati al punto 1); 4) Monitoraggio dell’uso del suolo e dei suoi eventuali cambiamenti; 5) Approccio per gradienti altitudinali con la selezione di orizzonti altitudinali differenti, al di sopra del limite del bosco; 6) Approccio per ecosistemi con elevato potenziale grado di sensibilità, come ad esempio praterie d’altitudine e vallette nivali; 7) Eventuale monitoraggio di processi di colonizzazione e dinamismo in siti dove la componente vegetale sia strettamente associata a forme glaciali e/o periglaciali. Relativamente alla fauna ci si propone, analogamente a quanto già visto per la componente vegetale, di strutturare un piano di monitoraggio di almeno 1-2 anni che consenta di definire un “punto zero” quale punto di riferimento per un monitoraggio a medio-lungo termine, in grado di registrare eventuali variazioni nelle comunità faunistiche considerate, come già illustrato più sopra. Per ciò che riguarda i siti di monitoraggio si propone di mantenere le stesse aree già considerate nell’ambito del protocollo relativo alla componente vegetale, a cui verranno affiancate ulteriori proposte di siti ritenuti idonei, in particolare relativamente ad alcuni specifici taxa. Le tipologie di habitat da analizzare per individuare la sensibilità delle zoocenosi ai cambiamenti climatici e ambientali indotti dalle attività antropiche si dovranno sviluppare, nelle aree di studio selezionate, seguendo un transetto altitudinale, dal piano montano e subalpino al piano alpino e nivale. Relativamente ai taxa da monitorare sono stati scelti, tra gli invertebrati terrestri, principalmente i Coleotteri Carabidi e i Lepidotteri, a cui possono essere in casi specifici affiancati un gruppo di predatori (Ragni) e uno prevalentemente fitofago (Ortotteri) per ottenere risposte più complete. Tra gli

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invertebrati acquatici si propone lo studio dei macroinvertebrati e della meiofauna di sorgenti (crenal) e torrenti (rhithral). Dovrà venir prestata maggior attenzione agli Insetti, e tra questi a Ditteri Chironomidi, Efemerotteri, Plecotteri e Tricotteri, gruppi già noti in letteratura come “sentinelle di cambiamento climatico” nonché ai Crostacei, tra cui il gambero d’acqua dolce (Austropotamobius pallipes) e le numerose specie presenti nella meiofauna. Nello specifico, per questi gruppi vengono impiegate tecniche di campionamento e monitoraggio standardizzate, tali da rendere i dati comparabili nel tempo, anche se raccolti in aree geograficamente distanti. Per ciò che riguarda la componente a vertebrati le scelte di monitoraggio ricadono, in funzione degli habitat e della morfologia del territorio dei Parchi coinvolti nel progetto, principalmente sugli uccelli e eventualmente su alcuni taxa di mammiferi.

Risultati Monitoraggio di singole specie e comunità vegetali nell’ambito di Plot permanenti Per il monitoraggio a livello di specie e di comunità una delle strategie di maggiore successo è l’impiego di quadrati permanenti o permanent plot (Pauli et al. 2007), che permettono di analizzare in dettaglio le variazioni sia della flora che della vegetazione su aree di limitata estensione. I permanent plot vanno installati in corrispondenza di comunità vegetali particolarmente vulnerabili e sensibili agli impatti del cambiamento climatico, come ad esempio comunità di valletta nivale (figura 5).

Figura 5. Valletta nivale sul Monte Canin. Fonte: Archivio del Museo Friulano di Storia Naturale. L’impiego di permanent plot lungo gradienti altitudinali (Pauli et al. 2007) e/o ecologici permette di associare gli eventuali cambiamenti osservati nella componente vegetale ad uno o più fattori ambientali e di quantificarne l’impatto su comunità e/o specie target. Inoltre, è opportuno, ove possibile,

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monitorare anche le principali componenti abiotiche (ghiacciai, nevai, forme periglaciali, permafrost) dipendenti dalle condizioni climatiche per la loro conservazione e dinamismo (Cannone et al. 2008). Questo tipo di approccio, infatti, permette di verificare (e quantificare) se la risposta biologica agli input del cambiamento climatico è simile (in termini di direzione e magnitudo) a quella del comparto abiotico e se vi è concordanza temporale delle due componenti (biotica ed abiotica) rispetto all’input climatico e/o ambientale (Cannone et al., 2008). In tutti i siti di studio il protocollo di monitoraggio prevede un’analisi preliminare delle caratteristiche fisionomiche e fitosociologiche della vegetazione attraverso il metodo fitosociologico (Braun Blanquet, 1964). Le dimensioni dei quadrati permanenti tengono conto della minimum area delle comunità vegetali interessate (Mueller-Dombois and Ellenberg, 1974; Lévesque, 1996; Cannone, 2004), in modo da realizzare un monitoraggio sia a livello di specie che di comunità. Per ciascun tipo di comunità vegetale andrebbero installati almeno due permanent plot, per poter disporre di un numero di repliche sufficiente per le successive analisi statistiche. Nel caso di permanent plot posti lungo un gradiente altitudinale, sarebbe opportuno prevedere due repliche per ciascuna quota a parità di tipologia vegetazionale. A livello di ciascun permanent plot il protocollo di monitoraggio prevede una strategia multipla di rilevamento. Ogni permanent plot andrà caratterizzato riportando i seguenti parametri: localizzazione su carta e georeferenziazione con GPS, principali parametri topografici (quota, esposizione, pendenza), tipo di substrato, caratterizzazione geomorfologica, pietrosità superficiale (% blocchi, % ciottoli, % ghiaia, % sabbia e materiale fine).

Figura 6. Schema della suddivisione di un permanent plot di 5 × 5 m in 25 sub-plot, ciascuno di 1 × 1 m. Fonte: Cannone (2004).

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A tal fine occorre dividere ogni plot in sub-plot di 1 × 1 m all’interno dei quali sarà realizzato il campionamento, basato sull’integrazione di differenti metodologie (figura 6, secondo Cannone 2004): 1a) rilievo fitosociologico 1 m2: va effettuato su tutti i 25 sub-plot di 1 × 1 m, riportando la copertura % vegetale totale, la copertura % di ogni strato di vegetazione (arborea, arbustiva, erbacea, muscinale), l’elenco delle singole specie con la loro copertura % (espressa in cifre da 0 a 100%); 1b) ciascun sub-plot di 1 × 1 m viene diviso in piccole celle di 10 × 10 cm, all’interno delle quali viene effettuato il rilievo fitosociologico seguendo la stessa metodologia del punto precedente. Al fine di evitare “trampling effect” dovuto allo stazionamento del rilevatore, che comporta un calpestio del subplot con conseguente disturbo alla componente vegetale stessa si consiglia di effettuare questo tipo di rilievo solo ai quattro vertici del plot da 5 × 5 m. 1c) Altro tipo di rilevamento è il point intercept method, che va effettuato su tutti i 25 sub-plot di 1 × 1 m; all’incrocio di ciascun nodo della griglia (con celle da 10 × 10 cm) posta su ciascun sub-plot viene registrata la presenza delle specie. Per ciascun nodo vengono individuati 4 settori e viene indicato il numero di contatti (che sono al massimo 4, con 1 contatto per ogni settore). In questo modo, il dato del point intercept può essere utilizzato anche come parametro quantitativo oggettivo per il calcolo della copertura % delle singole specie (Cannone, 2004). L’utilizzo del rilievo 100 cm2 e del point intercept permette di ottenere anche un dato di distribuzione spaziale delle specie all’interno del plot e, nel tempo, di poter valutare variazioni di composizione floristica e di percentuali di copertura delle singole specie e la loro precisa localizzazione all’interno del plot. Per la caratterizzazione di ciascun permanent plot sarà inoltre opportuno effettuare, in aree immediatamente contigue e caratterizzate dalla medesima componente vegetale e dalle stesse caratteristiche micro topografiche e microambientali, anche prelievi ed analisi della biomassa vegetale, sia epigea che ipogea, ed analisi dei suoli, relativamente a: contenuto % di acqua; analisi granulometrica; pH, conducibilità elettrica, sostanza organica totale, C totale, N totale. Ciò potrà permettere di valutare se, nel tempo, oltre alla componente vegetale anche la componente pedologica avrà subito modificazioni in conseguenza del cambiamento climatico. Sarebbe opportuno anche misurare la temperatura e l’umidità del suolo e il rilevamento dei principali parametri meteorologici, tra i quali temperatura e umidità dell’aria, velocità e direzione del vento, radiazione incidente ed emessa, precipitazioni nevose e piovose, spessore e copertura della neve. Il monitoraggio andrebbe effettuato al di sopra del limite del bosco, dall’orizzonte subalpino fino a quello nivale. Si può prevedere una campagna di rilevamenti a cadenza quinquennale o almeno decennale. Ciò permetterà, nel periodo di 20 anni previsto da Climaparks, di avere, oltre al “punto zero” della situazione iniziale, uno stato intermedio ed uno finale che consentiranno di interpretare con maggiore sicurezza i dati acquisiti.

Cartografia fitosociologica e di uso del suolo In corrispondenza di siti a maggior diversità cenotica si prevede la stesura di una carta della vegetazione di tipo fitosociologico, attraverso rilevamento in campo, su una superficie di almeno 2 km2 a scala dettagliata (1:1500 o 1:2000). La cartografia, corredata con documentazione fotografica, rappresenta il

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“punto zero” per il monitoraggio a medio-lungo termine sia qualitativo che quantitativo degli impatti del cambiamento climatico (Cannone et al., 2007).

Analisi della fenologia Anche il monitoraggio fenologico in corrispondenza dei permanent plot sarebbe auspicabile, soprattutto in abbinamento con misure della temperatura del suolo, dell’aria e delle precipitazioni. Si tratta di osservazioni piuttosto onerose in termini di tempo, e dunque da effettuarsi solo per alcune specie target, entro comunità vegetali selezionate. Per questo tipo di monitoraggio esiste il protocollo di riferimento, sviluppato dal progetto internazionale ITEX (International Tundra EXperiment, Molau 1993).

Monitoraggi faunistici Per l’analisi delle zoocenosi è prevista l’individuazione di un transetto altitudinale che dovrà prendere in considerazione rispettivamente il piano montano e subalpino (comprensivo dei relativi prati naturali, prati da sfalcio, prati pascolati e prati abbandonati), il piano alpino (gradiente treeline -prateria alpina) e quello nivale (zone a macereto e limitrofe a nevai). Il censimento di Coleotteri Carabidi, Lepidotteri ed eventualmente di Ragni e Ortotteroidei dovrà essere effettuato in stazioni di riferimento che possano essere considerate unitarie dal punto di vista ecologicofunzionale. Per ciascuna stazione di campionamento si dovranno selezionare almeno due repliche, che presentino le medesime caratteristiche (fitosociologia, quota ed esposizione). Nelle aree previste per il monitoraggio si dovrà individuare un transetto altitudinale di almeno 1000 metri di dislivello con stazioni di campionamento ogni 100 metri di dislivello. Tale transetto dovrà possibilmente essere scelto in accordo con gli ornitologi (si veda in proposito la parte successiva, relativa al protocollo per i vertebrati). Sarebbero comunque da preferire due transetti, uno posizionato lungo il versante esposto a Sud ed uno lungo quello esposto a Nord, al fine di valutare la differente composizione e risposta delle comunità alla temperatura e agli altri parametri ambientali correlati. Il protocollo di minima prevede una raccolta al mese nel periodo maggio-ottobre nel corso del primo anno di indagine. Per ciò che riguarda l’artropodofauna terrestre, I Coleotteri Carabidi, ed eventualmente i Ragni, dovranno essere campionati utilizzando trappole a caduta. I censimenti di Lepidotteri ed eventualmente degli Ortotteri dovranno invece essere eseguiti secondo transetti con lunghezza e orari standardizzati. Per i Lepidotteri, i metodi idonei comprendono oltre ai rilevamenti diurni diretti lungo transetti anche rilevamenti notturni mediante trappole luminose che costituiscono l’unico metodo per ottenere una stima esaustiva della biodiversità. Si propone quindi il campionamento di Lepidotteri Ropaloceri ed Eteroceri appartenenti ai cosiddetti “Macrolepidotteri” ad attività diurna in transetti lineari di 1 km circa (per 5 m di larghezza) mediante raccolta a vista, a cui si aggiunge il campionamento dei “Macrolepidotteri” ad attività notturna mediante posizionamento di sorgenti luminose artificiali con emissione di diversificati spettri di lunghezza d’onda (lampada a UV a 15 Watt, lampada di Wood e a luce superattinica). Il campionamento prevede almeno quattro repliche stagionali (da giugno ad agosto) nelle stazioni di bassa quota e almeno due repliche in quelle di alta quota. Per la fauna acquatica bentonica di acque correnti dei gruppi considerati, dovranno essere selezionati i bacini idrografici principali nell’area interessata: è previsto il campionamento del tratto sorgentizio (crenal) ed epirhithrale nelle testate del rio o torrente principale. Le raccolte delle larve acquatiche con retino immanicato tipo Surber (maglie 250 μm) richiedono il campionamento di tutti i microhabitat e tipi

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di substrato presenti nelle tre tipologie ambientali (run, riffle, pool) e nelle diverse tipologie sorgentizie (reocrena e elocrena) presenti nelle aree alpine e subalpine della zona considerata. Il campionamento andrebbe integrato in ambiente subaereo mediante retini da sfalcio e trappole di emergenza per la cattura degli adulti. Le sorgenti (crenal) devono essere campionate nei primi 5 m a valle della polla sorgiva (eucrenal). Nel tratto epirhithrale deve essere individuata una stazione lunga 15 m e rappresentativa di un tratto omogeneo di torrente per caratteristiche abiotiche (es. pendenza, granulometria principale del substrato, stabilità delle sponde, vegetazione riparia, portata, ecc.). Nello specifico si deve prevedere la raccolta di campioni quantitativi, ovvero di 5 replicati ciascuno corrispondente ad un’area di circa 30x30 cm per 30 secondi, scelti in modo da rispecchiare la numerosità dei diversi microhabitat (per es., in una stazione dominata da riffle e ciottoli verranno scelti in proporzione più replicati nelle zone a riffle con ciottoli). Per ciascun anno sono previsti da tre a quattro campionamenti: primavera, estate, autunno e, se possibile, inverno. Il metodo di censimento standardizzato che si propone per gli Uccelli consiste nell’esecuzione di punti di ascolto (point counts) della durata di 20 minuti primi, che contemplino due diverse modalità di raccolta dell’informazione: 1) determinazione del numero di esemplari contattato in canto o visivamente entro un raggio predeterminato; 2) determinazione del numero di esemplari contattati senza limiti di distanza (Bibby et al. 2000). La prima modalità consente di riferire il numero di animali osservati a una superficie nota; assumendo che la funzione di contattabilità non si modifichi passando dal punto centrale della stazione d’ascolto al limite esterno di 100 metri; si ottiene, quindi, una stima della densità. Il secondo metodo corrisponde all’IPA – Indice Ponctuelle d’Aboundance degli autori francesi e, pur non fornendo dati di densità, ma solo di abbondanza relativa, consente di raccogliere informazioni semi-quantitative sulle specie presenti a bassa densità, la cui presenza possa essere verificata anche a distanze superiori a quelle medie della maggior parte dei Passerifomi canori. I punti di ascolto saranno pertanto collocati lungo un gradiente altitudinale che proceda dal limite superiore della vegetazione arborea verso le alte quote, con stazioni di ascolto situate a intervalli altitudinali di 100 m, possibilmente localizzate nelle medesime aree di campionamento degli invertebrati terrestri. L’ornitologo rilevatore utilizzerà come punto d’ascolto il punto centrale della stazione di campionamento, cosa che renderà possibile la correlazione fra i dati rilevati nelle medesime stazioni. Il rilevamento avviene mediante ascolto delle vocalizzazioni e osservazione degli individui, anche mediante l’utilizzo di sessioni di play-back e successivo ascolto. La ripetizione dei rilevamenti dovrà avvenire per almeno tre volte nel corso di ciascuna stagione per ciascun punto di ascolto, dall’alba alle 10 (ora solare) e possibilmente nei periodi: 1) primi di aprile – fine di aprile, 2) primi di maggio – fine di maggio, 3) primi di giugno – metà luglio. Il monitoraggio dovrà infatti tener conto della necessità di contattare sia specie con emissioni vocali concentrate nella fase iniziale della primavera, sia specie di migratori transahariani, che raggiungeranno le aree di studio più tardi nella stagione (figura 7).

Discussione Il lavoro di campo per le attività di installazione ed attivazione dei plot per lo studio vegetazionale, prima fase di rilevamento e stesura della cartografia, richiederà 2 anni. L’analisi a livello di specie e di comunità sarà realizzata prevalentemente attraverso la strategia dei quadrati permanenti.

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Figura 7. Modello di scheda di campo per il monitoraggio degli Uccelli. Fonte: Archivio del Museo Friulano di Storia Naturale. Per la selezione dei permanent plot, all’interno di ciascun orizzonte altitudinale prescelto, vanno selezionati differenti serie ecologiche: arbusteti, praterie, vallette nivali, vegetazione pioniera, vegetazione delle zone umide, in quanto sono caratterizzate da dinamiche e fattori ambientali differenti, e quindi forniscono differenti risposte al medesimo input climatico. Inoltre, l’approccio integrato serie altitudinale – serie ecologica permette di evidenziare e quantificare eventuali variazioni di comportamento/adattabilità delle specie che, secondo quanto proposto da Theurillat & Guisan (2001) possono adattarsi, migrare o estinguersi come conseguenza del cambiamento climatico. In particolare, per quanto riguarda le strategie di adattamento, le specie possono anche mostrare uno shift, ossia una variazione della nicchia ecologica, cambiando l’ambito di collocazione da comunità originarie ad altri tipi di comunità ecologiche (Cannone & Pignatti in prep.). Ambienti instabili, quali versanti acclivi e falde di detrito, forniscono informazioni di grande rilevanza ai fini della conservazione della biodiversità, soprattutto se ubicati alle alte quote, con presenza di permafrost discontinuo. La degradazione del permafrost, infatti, è una delle possibili cause degli impatti riscontrati alle quote superiori da Cannone et al. (2007) nel Passo dello Stelvio, dove la vegetazione ha registrato inattesi decrementi. Inoltre tali ambienti rappresentano baluardi per la salvaguardia della biodiversità dato che possono essere colonizzati solo da specie con particolari adattamenti ecologici (Cannone & Gerdol, 2004), e costituiscono “barriere biologiche” alla migrazione di specie provenienti da altri ambiti altitudinali e/o ecologici.

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I dati acquisiti per ciascun plot durante le fasi di rilevamento possono essere utilizzati per numerose elaborazioni e conseguente valutazione dei seguenti indici: – ricchezza di specie (S1), calcolato nei diversi anni del monitoraggio; – –

numero di specie comuni durante le diverse epoche di monitoraggio (S12); numero di specie scomparse nel tempo T1-T2 (Sext);

– – – – – –

numero di specie nuove nel tempo T1-T2 (Sing) % di cambiamento della ricchezza di specie (secondo Holzinger et al. 2008), %SR = [(S2-S1)/S1]*100; % di estinzione, %ER = (Sext/Stot12)*100; % di ingresso, %ING = (ING/Stot)*100; indice di similarità di Jaccard (basato su dati di incidenza); indice di similarità di Sørensen (basato su dati di incidenza).

Inoltre, usando le % media di copertura e frequenza delle specie per ciascun plot (o subplot) si possono calcolare gli indici di similarità di Bray-Curtis, sia in base ai dati di copertura %, che di frequenza % media. Disponendo della carta fitosociologica di riferimento (tempo T1) e della carta di controllo (tempo T2) e utilizzando un sistema GIS sarà possibile effettuare le seguenti valutazioni: – quantificazione delle variazioni della vegetazione in termini di copertura %, – analisi del dinamismo della vegetazione secondo una dinamica successionale, – analisi delle serie ecologiche e delle loro eventuali variazioni, sia in termini di tipologie presenti che di distribuzione spaziale. Le eventuali variazioni della distribuzione spaziale delle comunità vegetali, riferite a quota, esposizione, pendenza, nonché l’analisi di eventuali variazioni della composizione floristica e della biodiversità, possono essere interpretate anche secondo il modello proposto da Theurilat e Guisan (2001) in funzione delle tre principali strategie: adattamento, migrazione, estinzione. Tale metodologia è stata impiegata con successo per la valutazione dei cambiamenti subiti dalla vegetazione di alta quota del Passo dello Stelvio nel periodo 1953-2003 (Cannone et al. 2007). Relativamente alla fauna, dai risultati ottenuti mediante i protocolli proposti sarà possibile ricavare una considerevole mole di dati indirizzata all’ottenimento dei seguenti obiettivi: 1. Documentare e fornire una base di dati sui quali valutare i cambiamenti climatici che avvengono nel tempo. 2. Valutare le risposte ecologiche delle zoocenosi al disturbo (anche sperimentale). 3. Individuare e valutare i cambiamenti nella struttura e nel funzionamento degli ecosistemi. 4. Generare nuove ipotesi sulla dinamica di popolazioni, comunità ed ecosistemi. 5. Fornire dati empirici per verificare teorie e modelli ecologici relativi alle comunità faunistiche. 6. Disporre di set di dati da esplorare per nuove ricerche e ipotesi.

Conclusioni Il presente protocollo metodologico è finalizzato alla valutazione degli effetti dei cambiamenti climatici sui sistemi biologici. Si tratta di un obiettivo molto importante, da un lato perchè i sistemi biologici rispondono in modo continuo agli stimoli discontinui, dunque la loro risposta rappresenta il risultato

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oggettivo di un congiunto di input non facilmente valutabili altrimenti. D’altra parte perchè l’acquisizione di dati relativi all’adattamento dei sistemi biologici al cambiamento climatico può fornire elementi per poter fronteggiare una futura eventuale emergenza a fini conservativi. L’integrazione dei risultati nelle aree dei Parchi friulani con quelli di altre aree alpine o di altre regioni geografiche può essere altresì utile per la formulazione di modelli predittivi.

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Risultati del primo anno di monitoraggio di habitat e specie floristiche dell’area del ghiacciaio del Canin (Parco Regionale delle Prealpi Giulie)

Nicoletta Cannone Dip. Scienze Teoriche e Applicate, Università dell’Insubria, Via Valleggio 11, 21100 Como (CO), Italia. Corrispondenza: nicoletta.cannone@uninsubria.it.

Riassunto Il cambiamento climatico recente ha già prodotto una vasta gamma di impatti sia sulle componenti biotiche che su quelle abiotiche degli ecosistemi. Le Alpi sono una delle tre regioni che, a livello globale, hanno presentato il maggiore incremento di temperatura dell’aria negli ultimi 60 anni. Per valutare l’impatto del cambiamento climatico su sistemi particolarmente vulnerabili, quali gli ecosistemi subalpini ed alpini, occorrono interventi di monitoraggio a medio e lungo termine. Questo studio presenta i risultati dell’avvio del monitoraggio delle comunità vegetali e delle specie floristiche del sito di studio dell’area proglaciale del Ghiacciaio del Canin, nel Parco regionale delle Prealpi Giulie. La finalità di tale studio consiste nel fornire una descrizione dettagliata dello stato attuale di flora e vegetazione del sito che costituisca un parametro di riferimento per valutarne i futuri cambiamenti. Parole chiave: cambiamento climatico, flora, vegetazione, monitoraggio, impatti.

Introduzione Negli ultimi 100 anni la temperatura dell’aria a livello globale ha registrato un aumento medio di circa 0,6 ± 0.2°C (95% CI; IPCC, 2007). Nel corso della storia del nostro pianeta sono avvenuti più volte significativi cambiamenti delle condizioni climatiche, ai quali le specie hanno risposto nel corso della loro storia evolutiva. Per quanto riguarda la componente vegetale, i cambiamenti climatici avvenuti nel passato hanno influenzato la vegetazione sia a livello di singole specie che a livello di intere comunità, fino alla scala del paesaggio, con importanti conseguenze su presenza, distribuzione e caratteristiche della flora e della vegetazione (Birks, 1991; Wick & Tinner, 1997). Anche i recenti cambiamenti climatici (relativi al XX secolo) hanno già prodotto impatti evidenti a livello globale, con conseguenze su un ampio range di specie animali e vegetali, di ambienti terrestri, marini e di acque dolci, in un vasto range di distribuzione geografica, dalle regioni polari a quelle tropicali ed equatoriali (Walther et al., 2002; Root et al., 2003; Parmesan & Yohe, 2003; Wookey et al., 2009). Tali impatti hanno riguardato sia le componenti fisiche che quelle biologiche degli ecosistemi. Gli ecosistemi di tundra alpine (al di sopra del limite del bosco) sono estremamente suscettibili agli impatti del cambiamento climatico recente come indicato dalle osservazioni relative a migrazione di specie verso quote superiori, espansione della vegetazione arbustiva, variazioni della composizione floristica delle comunità vegetali, variazioni di distribuzione areale della vegetazione (es., Grabherr et al., 1994; Keller et al., 2000; Kullman, 2002, 2010; Bahn e Körner, 2003; Klanderud e Birks, 2003; Walther et al., 2005; Pauli et al., 2007; Cannone et al., 2007; Holzinger et al., 2008; Kelly e Goulden, 2008; Lenoir et al., 2008; Wilson e Nilsson, 2009; Gottfried et al., 2012).

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Per quanto riguarda il territorio italiano, nelle Alpi centrali Italiane si è osservata una forte espansione della vegetazione arbustiva, con una migrazione di circa 200 m verso quote superiori, che è avvenuta principalmente a spese della vegetazione di prateria alpina, la quale ha reagito con una concomitante migrazione verso quote superiori ma con ratei inferiori (traducendosi quindi in una forte regressione areale degli habitat di prateria stessi). Lo stesso trend è stato registrato anche per la vegetazione di valletta nivale e per la vegetazione di torbiera e delle zone umide (Cannone et al., 2007). Nell’ambito delle Alpi, inoltre, la forte espansione degli arbusti e la concomitante regressione delle praterie sono anche il prodotto degli impatti convergenti del cambiamento climatico e del cambiamento di uso del suolo dovuto all’abbandono delle tradizionali attività agro-silvo-pastorali (Tappeiner et al., 2008). Anche le comunità di vegetazione pioniera hanno subito gli impatti del cambiamento climatico (Cannone et al., 2007), con inattese regressioni alle quote superiori (probabilmente dovute all’incremento dei processi di instabilità superficiale dovuti alla degradazione del permafrost), con ingressioni alle quote inferiori (forse legate ad eventi di precipitazione estrema), ed un’accelerazione del dinamismo in relazione al concomitante regresso delle coperture glaciali (Cannone et al., 2008). In tale contesto diviene di importanza fondamentale il monitoraggio degli ecosistemi in modo da poter comprendere la direzione e la magnitudo delle variazioni in atto e le loro relazioni con l’input climatico, anche al fine di attivare idonee misure di gestione degli habitat per preservarne la biodiversità e per promuovere eventuali azioni di mitigazione e/o adattamento al cambiamento climatico. In tale contesto, questo studio presenta i risultati dell’avvio del monitoraggio delle comunità vegetali e delle specie floristiche (con particolare riferimento alla diversità α, ossia alla ricchezza di specie) del sito di studio dell’area proglaciale del Ghiacciaio del Canin, nel Parco regionale delle Prealpi Giulie. La finalità di tale lavoro consiste nel fornire una descrizione dettagliata dello stato attuale di flora e vegetazione del sito che costituisca il “tempo zero” per il successivo monitoraggio a medio e lungo termine, ossia il termine di riferimento per analizzare sia qualitativamente che quantitativamente le future variazioni della vegetazione.

Metodi Il monitoraggio di habitat e specie floristiche dell’area del ghiacciaio del Canin è stato effettuato seguendo le indicazioni del protocollo di analisi e monitoraggio “Progettazione di una metodologia uniformata di monitoraggio e di analisi dell’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità – parte I – Componente Vegetale”, elaborato nell’ambito del Progetto Climaparks. In particolare, a tal fine sono stati effettuati: – –

individuazione delle principali comunità vegetali presenti nel sito di studio, ed installazione e descrizione di plot permanenti per attività di monitoraggio a lungo termine; rilevamento ed elaborazione della cartografia fitosociologica della vegetazione dell’area del ghiacciaio del Canin.

La selezione delle comunità vegetali per il monitoraggio a lungo termine è stata effettuata considerando tutte le serie ecologiche presenti nel sito nell’ambito del medesimo orizzonte altitudinale, in modo da poter verificare se nel tempo vi fosse o meno conformità del tipo e dell’intensità delle risposte ecologiche dei diversi tipi di vegetazione al medesimo input climatico.

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Per quanto riguarda le dimensioni dei permanent plot, trattandosi di comunità vegetali con prevalente fisionomia erbacea ed arbustiva, sono stati installati plot di 5 × 5 m (25 m2), così come specificato anche nel protocollo di monitoraggio Climaparks, in modo da rispettare i requisiti della minimum area. Per alcuni tipi di comunità vegetali è stato possibile installare due plot (con diversa localizzazione all’interno dell’area di studio) in modo da disporre di una replica per poter effettuare un confronto del dinamismo nel tempo. In altri casi non è stato possibile effettuare delle repliche dei plot perché le dimensioni dei popolamenti vegetali erano largamente inferiori alle dimensioni standard del plot (5 × 5 m) oppure perché le tipologie non erano state riscontrate in altri luoghi all’interno dell’area di studio. Secondo le metodologie del “Protocollo Climaparks”, ciascun plot da 25 m2 è stato suddiviso in 25 subplot di 1 m2 ciascuno nei quali sono stati effettuati i seguenti rilevamenti della vegetazione: – – –

rilievo fitosociologico grid 1 × 1 m (su tutti i 25 sub-plot di 1 m2 ciascuno); rilievo fitosociologico grid 10 × 10 cm (solo sui quattro vertici di ciascun plot –quindi su un totale di 4 sub-plot di 1 m2 ciascuno); point intercept grid 10 × 10 cm (solo sui quattro vertici di ciascun plot –quindi su un totale di 4 subplot di 1 m2 ciascuno).

In totale, per ogni singolo permanent plot sono stati effettuati 25 rilievi fitosociologici (grid 1 × 1 m); 400 rilievi fitosociologici (grid 10 × 10 cm); 1600 rilievi riferiti a 400 punti (con 4 settori ciascuno) del rilievo point intercept (grid 10 × 10 cm). La cartografia fitosociologica è stata elaborata in base ai risultati del rilevamento sul terreno e non da fotografie aeree e/o immagini satellitari (scarsamente utilizzabili in contesti caratterizzati da basse coperture della vegetazione e dalla presenza di comunità prevalentemente di natura erbacea). Il rilevamento sul terreno è stato effettuato a scala dettagliata (1:2000) al fine di ottenere una carta fitosociologia di dettaglio. Sono stati cartografati i poligoni di vegetazione con dimensioni ≥ 4x4 m.

Risultati e discussione Flora e vegetazione Nell’area di studio sono state osservate in totale 51 specie di angiosperme, di cui 3 specie arbustive (tutte appartenenti al genere Salix) e 48 erbacee (di cui 41 non graminoidi e 7 graminoidi), per un totale di 37 generi, per la maggior parte rappresentati da una sola specie (con l’eccezione dei generi Achillea, Arabis, Campanula, Carex, Homogyne, Salix, Saxifraga, Soldanella). La flora crittogamica è composta da muschi e rari licheni epilitici, tutti di tipo crostoso. La maggior parte delle specie presenti è di tipo calcifilo, tuttavia sono state osservate anche alcune specie tipiche di substrati silicei, soprattutto in corrispondenza delle comunità più evolute, in particolare delle comunità arbustive nane di valletta nivale. La vegetazione dell’area di studio appartiene a cinque principali tipologie di comunità vegetali sviluppate su substrato calcareo riferite differenti stadi dinamici che comprendono comunità pioniere dell’orizzonte alpino (Thlaspion rotundifolii e localmente aggruppamenti riconducibili all’associazione Papaveretum rhaetici), elementi di praterie discontinue dell’orizzonte subalpino (in particolare del Caricion ferrugineae), comunità di valletta nivale dell’orizzonte alpino dominate da arbusti nani appartenenti al genere Salix (S. retusa, S. waldsteiniana).

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Le differenti comunità vegetali sono presenti sia come stand puri, che sotto forma di mosaici di vegetazione, caratterizzati da un differente grado di evoluzione (in termini di dinamismo), di ricchezza floristica e da differente grado di copertura vegetale %. In particolare sono stati osservati i seguenti tipi di comunità vegetale, che vengono elencati in ordine di dinamismo decrescente, dalle comunità più evolute e mature a quelle più pioniere.

Foto 1. Il paesaggio vegetale dell’area proglaciale del Ghiacciaio del Canin è caratterizzato dalla presenza di vegetazione con coperture fortemente discontinue e specie pioniere. Fonte: Nicoletta Cannone. Stadi di maggiore evoluzione: a) vegetazione arbustiva nana di valletta nivale dell’orizzonte subalpino dominata da Salix retusa (e S. waldsteininana) ed appartenente alla comunità Salicetum retuso-reticulatae; 174


b) mosaico di vegetazione arbustiva nana di valletta nivale dominata da Salix retusa e S. waldsteiniana (Salicetum retuso-reticulatae) e di vegetazione erbacea di prateria subalpina dominata da Carex ferruginea (Caricion ferrugineae). Stadi di evoluzione intermedia: c) mosaico di vegetazione pioniera (Thlaspi cepaeifolium subsp. rotundifolium, Papaver alpinum subsp. rhaeticum, P. alpinum subsp. ernesti-mayeri) con elementi di vegetazione arbustiva nana di valletta nivale dominata da Salix waldsteiniana (Salicetum retuso-reticulatae) che indicano una fase di transizione della vegetazione verso stadi più evoluti e maturi; d) vegetazione di prateria dominata da Poa alpina, con stadio di maturazione intermedio, nel quale permangono alcuni elementi della vegetazione pioniera sia del Thlaspion rotundifolii (Thlaspi cepaeifolium subsp. rotundifolium), sia del Papaveretum rhaetici (Papaver alpinum subsp. rhaeticum, P. alpinum subsp. ernesti-mayeri). Stadi pionieri: e) vegetazione pioniera colonizzatrice di macereti, ghiaioni e morene, appartenente alla comunità Thlaspion rotundifolii. Tutte le comunità vegetali osservate nell’area di studio costituiscono cenosi di rilevante importanza naturalistica (anche in qualità di habitat Natura 2000), oltre che estremamente sensibili e vulnerabili ai potenziali impatti del cambiamento climatico, con la presenza di numerose specie microterme (alcune tipiche di orizzonti altitudinali posti a quote superiori rispetto a quelle del sito di studio), in particolare per quanto riguarda l’impatto di potenziali incrementi della temperatura dell’aria e di variazioni del regime delle precipitazioni, soprattutto nevose, ed alle conseguenze del cambiamento climatico anche sulla componente criosferica (ghiacciaio del Canin), il cui dinamismo è in grado di influenzare significativamente l’evoluzione delle comunità vegetali.

Permanent plot In totale sono stati individuati, installati e descritti otto plot permanenti di monitoraggio distribuiti in un range di 200 m di dislivello altitudinale (da 2054 m a 2252 m) nell’area proglaciale prospiciente il ghiacciaio orientale del Canin (tabella 1). Tabella 1. Sintesi delle caratteristiche degli 8 permanent plot installati nell’area di studio Plot Tipologia di vegetazione Copertura % Quota (m) Pendenza (°) Mosaico di Salicetum retuso-reticulatae e 1 92,6 2054 10 Caricion ferrugineae Mosaico di Salicetum retuso-reticulatae e 2 62 2066 20 Caricion ferrugineae Vegetazione pioniera del Thlaspion 3 18 2177 1 rotundifolii Vegetazione pioniera del Thlaspion 4 15,2 2180 20 rotundifolii Comunità intermedia con Poa alpina, Thlaspi, 5 28,9 2205 10 Papaver spp. 6 Suolo nudo 0 7 Suolo nudo 0 2252 10 Mosaico di Salicetum retuso-reticulatae, 8 15,9 2096 20 Thlaspion rotundifolii e Papaveretum rhaetici

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Latitudine (N) Longitudine (E) 46°22’7.29

13°26’45.54

46°22’6.47

13°26’48.30

46°21’58.57

13°26’42.70

46°21’58.57

13°26’42.70

46°21’57.05

13°26’47.45

46°22’21.99

13°27’0.18

46°22’05.80

13°26’53.36


I plot 1, 2, 8 sono ubicati in corrispondenza delle comunità vegetali più evolute sia per quanto riguarda la fisionomia vegetale (mosaico di arbusti nani e specie erbacee), lo stadio dinamico (massima maturazione ed evoluzione), il tipo di comunità vegetale (mosaico di Salicetum retuso-reticulatae e Caricion ferrugineae nei plot 1 e 2, mosaico di Salicetum retuso-reticulatae, Thlaspion rotundifolii e Papaveretum rhaetici nel plot 8), grado di copertura vegetale (in particolare per i plot 1 e 2) e ricchezza floristica (in particolare per i plot 1 e 2 che ospitano rispettivamente 37 e 28 specie, su un totale di 51 specie osservate). I plot 1, 2, 8 sono ubicati in corrispondenza di depositi di tipo glaciale risalenti alla Piccola Età Glaciale (PEG), che risultano anche essere i depositi/superfici più antichi dell’area investigata. I plot 3 e 4 sono stati installati in corrispondenza di un cordone morenico del 1920 e risultano quasi adiacenti tra loro. Essi sono caratterizzati da una medesima età della superficie, ma da differenti condizioni edafiche con riferimento all’esposizione all’azione del vento ed al potenziale accumulo e persistenza della neve, e presentano la possibilità di fornire risposte differenziate della componente vegetale rispetto agli impatti del cambiamento climatico nel medio e lungo periodo. Anche il plot 5 è stato installato in corrispondenza di una superficie risalente al 1920, in un’area dove oltre ai depositi morenici del 1920 sono presenti anche rocce affioranti (esterne al plot). I plot 6 e 7 sono stati insediati su superfici molto recenti: il plot 6 è stato ubicato in corrispondenza di un cordone morenico deposto nel 1986, mentre il plot 7 è stato ubicato su una superficie molto prossima all’attuale limite del ghiacciaio. La massima biodiversità (o diversità α, intesa come numero totale di specie) si osserva nel plot 1, che ospita 37 specie di angiosperme, seguito dal plot 2 (con 28 specie di angiosperme).

Cartografia della vegetazione Le tipologie di vegetazione e la loro distribuzione spaziale nell’area di studio sono state analizzate sul terreno ottenendo una carta fitosociologica di dettaglio dell’area prospiciente il ghiacciaio orientale del Canin. La vegetazione dell’area è prevalentemente costituita da comunità erbacee discontinue di vegetazione pioniera con coperture molto ridotte (in molti casi < 5%) caratterizzate dalla presenza di specie pioniere quali Thlaspi cepaeifolium subsp. rotundifolium, Papaver alpinum (con due differenti sottospecie, rhaeticum ed ernesti-mayeri), Pritzelago alpina. L’assenza di un corteggio floristico completo non permette di assegnare tale comunità di vegetazione pioniera all’alleanza del Thlaspion rotundifolii. In alcuni siti (in particolare in corrispondenza dei permanent plot 3 e 4 ed il permanent plot 5) si osservano alcuni poligoni di Thlaspion rotundifolii sempre con copertura discontinua, ma con maggiore omogeneità di distribuzione delle specie dominanti e con un corteggio floristico che include numerose specie caratteristiche dell’alleanza. In siti dove si configurano situazioni che favoriscono l’insediamento della vegetazione (come aree con granulometria del terreno più fine, accumulo di maggiori spessori del manto nevoso e/o sua maggiore persistenza, e/o situazioni di rifugio) si osserva una maggiore evoluzione della vegetazione verso stadi iniziali di prateria subalpina, con la dominanza/codominanza di Poa alpina. Questa comunità costituisce, infatti, uno stadio di sviluppo intermedio (early successional community) tra le prime fasi di colonizzazione (vegetazione pioniera del Thlaspion rotundifolii) e fasi più evolute verso la costituzione di

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praterie subalpine (Caricion ferrugineae). Tuttavia, questa comunità si presenta sempre in poligoni di dimensioni ridotte (< 4x4 m) e pertanto non cartografabili. Alle quote più basse e in siti con idonee condizioni edafiche e microtopografiche, si osservano poligoni di vegetazione arbustiva nana di valletta nivale (Salicetum retuso-reticulatae) dominata da Salix retusa e S. waldsteiniana, presente nell’area sia in patches (poligoni) puri con copertura continua, sia mista formando un mosaico con vegetazione erbacea di prateria calcarea (Caricion ferrugineae). I fattori che sembrano influenzare maggiormente la distribuzione spaziale attuale della vegetazione sono l’età di deglaciazione delle superfici (con una progressiva riduzione del grado di evoluzione, della copertura e della diversità floristica spostandosi dalle quote inferiori verso il limite attuale del ghiacciaio), l’instabilità del substrato (in molti casi il substrato è caratterizzato da elevate pendenze, che favoriscono il movimento superficiale dei sedimenti, contrastando l’insediamento della vegetazione), l’assenza di suolo o il suo ridotto sviluppo, l’esposizione a fattori limitanti (in particolare in funzione delle condizioni micro topografiche).

Conclusioni I risultati del presente lavoro costituiscono la prima fase di attività di monitoraggio a medio e lungo termine per la valutazione degli impatti del cambiamento climatico sulle componenti vegetali degli ecosistemi terrestri e, ove possibile, anche sulle loro potenziali interazioni con componenti particolarmente sensibili della componente abiotica (in particolare della criosfera) nel territorio Friulano, nell’ambito del Progetto Interreg Climaparks, in particolare per quanto riguarda il Parco Regionale delle Dolomiti Friulane ed il Parco Regionale delle Prealpi Giulie. Infatti, la corretta valutazione del tipo e dell’entità delle risposte ecologiche agli impatti del cambiamento climatico fornirà elementi indispensabili per la programmazione di idonee misure di gestione del territorio, con particolare riferimento alla salvaguardia degli ambiti ecologici e delle specie maggiormente minacciati, al fine di preservare la biodiversità (a differenti livelli ecologici, dalle singole specie agli habitat, al paesaggio) e per promuovere eventuali azioni di mitigazione e/o adattamento al cambiamento climatico.

Ringraziamenti SI ringrazia il Dott. Massimo Buccheri il quale ha fattivamente collaborato alla realizzazione delle attività di rilevamento della vegetazione in campo.

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Monitoraggio di habitat e specie floristiche del Ciadin della Meda (Parco Naturale Dolomiti Friulane) Alberto Scariot,a Michele Cassol,b Simonetta Vettorel Studio Associato Dottori Forestali Cassol e Scariot, Via Stadio 18, 32036 Sedico (BL), Italia. Corrispondenza: a abies2@alice.it, b michelecassol@libero.it.

Riassunto In questo articolo si descrive il monitoraggio effettuato sulla base di un Progetto di cooperazione transfrontaliera denominato Climaparks – cambiamenti climatici e gestione delle aree protette, finalizzato a studiare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla vegetazione. L'area di studio è localizzata in Val Settimana, nel comune di Claut (PN), Parco Naturale delle Dolomiti Friulane. Il monitoraggio si è concretato nell’individuazione di aree di rilievo permanenti localizzate principalmente in vallette nivali, ma anche in situazioni in cui siano stati riconosciuti aspetti dinamici in atto (acidificazione superficiale etc.). Per la scelta delle aree è stata importante la definizione della carta fitosociologica nonché, per la loro caratterizzazione, l’analisi dei suoli. Per il monitoraggio climatico è stata installata una stazione di rilevamento della temperatura. Parole chiave: cambiamenti climatici, vallette nivali, monitoraggio vegetazionale, permanent plot.

Introduzione Come descritto nel documento "Progettazione di una metodologia uniformata di monitoraggio e di analisi dell’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità" (Udine, 2011) del Museo Friulano di Storia Naturale, dallo scorso secolo la temperatura dell'aria ha subito un continuo aumento, trend che sembrerebbe confermarsi anche in futuro. Tali variazioni hanno causato uno spostamento di molte specie, sia latitudinale che altitudinale, con trasferimenti verso le aree polari oppure verso quote superiori. I cambiamenti climatici che si stanno verificando negli ultimi decenni catturano l'attenzione degli studiosi soprattutto a causa delle tempistiche con cui essi si verificano: le attuali variazioni climatiche, infatti, stanno agendo su scala temporale umana, mentre i processi adattativi delle specie hanno inizio molto più lentamente, senza garantire alla specie stessa un recupero dei danni subiti. Poiché in alta quota e alle elevate latitudini le componenti biologiche vivono al limite delle proprie capacità di sopravvivenza, e gli ecosistemi sono regolati principalmente da fattori abiotici, lo studio degli impatti dei cambiamenti climatici sulla componente vegetale lungo gradienti altitudinali fornisce buoni risultati, alla pari degli studi condotti lungo gradienti latitudinali, con l'ulteriore vantaggio che le stazioni di alta quota rappresentano, inoltre, dei punti focali per la biodiversità (Diaz et al., 2003). Bisogna inoltre ricordare che nelle ultime decine di anni la sensibilità degli ecosistemi vegetali alpini è stata confermata da molteplici studi: Kullman afferma che alcune specie legnose ed arbustive dell'arco alpino abbiano innalzato i loro limiti di distribuzione di 120-340 metri (Kullman, 2002), altri studi affermano che vi sia stata una migrazione di piante dall'orizzonte alpino a quello nivale (Grabherr et al., 1994; Walther et al., 2005; Pauli et al., 2007), altri ancora hanno riscontrato una variazione delle comunità vegetali all'interno di quadrati permanenti di monitoraggio (Keller et al., 2005; Bahn & Körner, 2003; Pauli et al., 2007). A consolidare queste ricerche sulle comunità pioniere di alta quota e sugli 179


arbusteti al limite vegetazionale vi sono numerosi altri studi che dimostrano che la vegetazione dell'orizzonte alpino e nivale risponde in modo rapido e flessibile alle sollecitazioni da parte delle componenti climatiche; di contro, altri autori quali Theurillat e Guisan (2001) ipotizzano che la vegetazione alpina sia caratterizzata da notevole inerzia e che solo incrementi di temperatura superiori a 2°C possano indurne significativi cambiamenti. Sulla base di suddette considerazioni il Museo Friulano di Storia Naturale, nell’ambito del Progetto di cooperazione transfrontaliera Climaparks, ha formulato un protocollo atto alla valutazione ed al monitoraggio, sia a breve che a medio-lungo termine, degli impatti del cambiamento climatico sulle componenti vegetali degli ecosistemi terrestri e, dove possibile, anche sulle loro potenziali interazioni con componenti particolarmente sensibili della componente abiotica (in particolare della criosfera). Il riferimento è al territorio friulano, per un periodo di circa 15-20 anni, in particolare per quanto riguarda il Parco Regionale delle Dolomiti Friulane e il Parco Regionale delle Prealpi Giulie. Questo studio fa parte di questo progetto e rappresenta lo “stato zero” del monitoraggio delle componenti vegetali di ambienti di alta quota ricadenti nel territorio del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane.

Metodi Le metodologie impiegate fanno riferimento al protocollo di monitoraggio del Museo Friulano di Storia Naturale che propone un approccio multidisciplinare comprendente diversi aspetti del territorio, sia nella fase di rilevamento sul campo che nel successivo trattamento dei dati, secondo uno specifico protocollo di ricerca. L’analisi, a livello di specie e di comunità, è stata realizzata prevalentemente attraverso la strategia dei quadrati permanenti, che permettono di analizzare in dettaglio le variazioni della vegetazione su aree di limitata estensione. I rilievi sono stati completati con l'analisi dei suoli, l'installazione di un datalogger di temperatura e l'elaborazione della carta fitosociologica dell’area. L'area di studio (figura 1) è localizzata nel cuore del Parco Naturale Regionale delle Dolomiti Friulane, in Val Settimana, nel comune di Claut (PN). Il sito dove sono stati eseguiti i rilievi corrisponde al circo glaciale del “Ciadin della Meda”, ad una quota che oscilla tra i 1940 m s.l.m e i 2000 m s.l.m. L’area è raggiungibile dalla Val Settimana, risalendo la Val della Meda per il sentiero CAI 375, oltrepassando il Bivacco Goitan (1810 m s.l.m.) sino al sovrastante anfiteatro glaciale.

Monitoraggio comunità vegetali con permanent plot Lo studio delle comunità vegetali è stato condotto attraverso l'utilizzo del metodo dei permanent plot come riportato nel protocollo di monitoraggio del Museo. Questi sono stati installati in corrispondenza di comunità vegetali di particolare vulnerabilità ambientale (es. vallette nivali) il cui monitoraggio permetta una facile individuazione e quantificazione degli impatti dovuti ai cambiamenti climatici. Si è proceduto in tal modo alla scelta dei punti di campionamento (plot 5X5 m) e loro delimitazione con picchetti e filo; a distanza di un metro l'uno dall'altro, lungo i lati del plot, sono stati infissi nel terreno altri picchetti in ferro che sono serviti in seguito, con l'ausilio del filo colorato, a delimitare internamente all'area i subplot di 1X1 m creando così una griglia interna contenente 25 sub-plot. I 4 vertici esterni sono stati rilevati con GPS. Ogni plot è stato dotato di un cartello che riporta al suo interno il rispettivo numero e le indicazioni relative allo studio in corso.

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Figura 1. Localizzazione geografica dell’area di studio. Fonte: Parco Naturale Regionale Dolomiti Friulane.

Figura 2. Delimitazione del Plot 1. Foto: Simonetta Vettorel.

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Figura 3. Cartellino con indicazioni relative al Progetto Climaparks installato in corrispondenza dei quatro Plot. Foto: Simonetta Vettorel.

Figura 4. Schema della suddivisione di un permanent plot di 5 Ă— 5 m in 25 sub-plot, ciascuno di 1 Ă— 1 m. Fonte: Cannone (2004).

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La scelta del posizionamento dei Plot permanenti è derivata dalla realizzazione della carta fitosociologica dell’area e dai rilievi fitosociologici effettuati. I risultati ottenuti da tali rilievi hanno permesso di individuare le tipologie di comunità vegetali più idonee al monitoraggio a lungo termine e di procedere alla selezione dei siti per la realizzazione dei quadrati di 25 m2. Le dimensioni dei quadrati permanenti (25 m2) tengono conto dell'area minima interessata dalle comunità vegetali indagate (Mueller-Dombois and Ellemberg, 1974; Lévesque, 1996; Cannone, 2004). A causa dell'impossibilità di individuare superfici omogenee di 25 mq per ogni punto di campionamento, nel caso di un plot è stata individuata una superficie inferiore pari a 2 m2 e per altri 4 plot 1 m2. Quest’ultimi sono stati chiamati Microplot. Complessivamente sono stati quindi installati tre plot da 25 m2 (Plot 1, 2, 3), uno da 2 m2 (Plot 4) e quattro da 1 m2 (Microplot 1, 2, 3, 4).

Figura 5. Localizzazione delle aree di campionamento (Plot e Microplot) al “Ciadin della Meda”. Foto: Alberto Scariot. Gli aspetti vegetazionali rilevati nell’ambito dei Plot e Microplot sono i seguenti: Plot 1 Situazione vegetazione complessa, in evoluzione, con Salix reticulata specie guida Plot 2 Driadeto molto ricco di Gentiana froelichii Plot 3 Seslerieto/Firmeto acidificato con Loiseleuria procumbens e Vaccinium gaultherioides Plot 4 Valletta nivale a Salix herbacea Microplot 1 Aggruppamento a Carex ferruginea Microplot 2 Valletta nivale basifila a Salix retusa Microplot 3 Nucleo di Rodoreto acidofilo Microplot 4 Dosso acido a Loiseleuria procumbens Definita la posizione di Plot e Microplot, in ognuno di essi è stato effettuato il rilievo fitosociologico riportante i seguenti parametri: quota, esposizione, pendenza, copertura % dello strato erbaceo, copertura % dello strato arbustivo (dove presente), rocciosità % (dove presente), % di muschi e licheni 183


(dove presenti). Nei plot a vegetazione più rada (Plot 2 e 4) è stato possibile eseguire i rilievi completi secondo quanto stabilito dal protocollo di monitoraggio: sono stati pertanto eseguiti i rilievi fitosociologici su tutti i 25 subplot da 1 mq (2 rilievi da 1 mq per il Plot 4) riportando la copertura % vegetale totale, l'elenco delle singole specie con la loro copertura %, la % di roccia affiorante, di terriccio e di necromassa. Dopo aver portato a termine i rilievi fitosociologici, è stato condotto, inoltre, il rilievo fitosociologico su superfici di 100 cm2 nei 4 sub-plot posti ai 4 vertici, nel caso del Plot 2, e per entrambi i sub-plot del Plot 4. La scelta di rilevare solamente i sub-plot esterni evita il cosiddetto “trampling effect” dovuto allo stazionamento del rilevatore. L'analisi delle celle 10x10 cm è stata realizzata grazie all'ausilio di una griglia mobile di 1x1 m in legno sulla quale è stato costruito un reticolo con del filo colorato e con dei chiodi infissi ad interasse di 10 cm lungo i lati (figura 8). Per i medesimi Plot (2 e 4) è stato eseguito il rilievo della distribuzione delle specie con il metodo del point intercept; tale rilievo è stato effettuato su tutti i 25 sub-plot del Plot 2 e sui 2 sub-plot che costituiscono il Plot 4. Il metodo del point intercept prevede l'individuazione della specie all’incrocio di ciascun nodo della griglia (con celle da 10x10 cm) e la registrazione della stessa in uno schema che ripropone la griglia stessa. La determinazione della specie all'incrocio di ciascun nodo della griglia mobile usata per il rilievo è stata compiuta ponendosi con lo sguardo perpendicolare al terreno nel punto di incrocio della griglia. Per ciascun nodo sono stati individuati 4 settori e per ciascun nodo è stato indicato il numero di contatti (che sono al massimo 4, con 1 contatto per ogni settore). In tal modo il dato riportato nelle schede di rilievo può essere utilizzato anche ai fini del calcolo della copertura % delle singole specie. Nei plot a vegetazione più densa (Plot 1 e 3) è stato eseguito il solo rilievo fitosociologico dei 25 sub-plot da 1 m2 a causa dell'impossibilità di riconoscere la componente di graminacee in aree troppo ristrette. Un problema simile si è presentato anche nell'applicazione del metodo del point intercept, ove le sovrapposizioni di individui vegetali sono eccessive e un piccolissimo spostamento della griglia mobile porterebbe ad una variazione significativa dei risultati del rilievo. Anche nei 4 Microplot è stato eseguito solamente il rilievo fitosociologico su 1 m2.

Figura 6. Fasi di monitoraggio relative al rilievo fitosociologico su 100 cm2. Foto: Michele Cassol.

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Analisi dei suoli Secondo quanto riportato nel Protocollo di monitoraggio, per la caratterizzazione completa di ciascun permanent plot è opportuno effettuare, in aree immediatamente contigue agli stessi plot e caratterizzate dalla medesima componente vegetale e dalle stesse caratteristiche microtopografiche e microambientali, alcune analisi dei suoli. Per la realizzazione delle analisi ci si è avvalsi del Dott. Geologo Danilo Belli. A tal fine si è provveduto a scavare una piccola trincea che permettesse di individuare gli orizzonti dei suoli, misurarne la profondità, effettuarne la descrizione (in termini di granulometria, struttura, colore, aggregazione, eventuali caratteristiche come ad esempio presenza di crioturbazione, orizzonti particolari, etc.) e campionare ciascun orizzonte rilevato. Da ciascun sito sono stati prelevati, per ciascun orizzonte di suolo riconosciuto, un campione di suolo necessario per le analisi geotecniche e chimiche, per un totale di 13 campioni di suoli naturali. A ciascun campione è stata associata la sigla del plot di appartenenza (P1) e successivamente la sigla dell’orizzonte (O1), dove la numerazione crescente indica orizzonti progressivamente più profondi (tabella 1). Tabella 1. Caratteri salienti e localizzazione dei campioni prelevati Sigla del sito di campionamento

quota (m s.l.m.)

PLOT 1

1.940

PLOT 2

1.990

PLOT 3

2.000

PLOT 4

1.975

Sigla dei campioni prelevati P1O1 P1O2 P1O3 P2O1 P2O2 P2O3 P3O1 P3O2 P3O3 P4O1 P4O2 P4O3 P4O4

Descrizione geologica e geomorfologica del sito Piccola conoide colluviale- alluviale all’interno di una circo glaciale (posizione frontale), in ambito di soglia glaciale Dosso strutturale a margine di circo glaciale con falde detritiche attive

Dosso strutturale Micro “vallecola” glacio-nivale e/o di riempimento di dolina carsica all’interno di circo glaciale (posizione laterale) con sovraimposizione di doline carsiche

Installazione datalogger di temperatura Secondo quanto riportato nel protocollo di monitoraggio in corrispondenza della località di campionamento era auspicabile l'installazione di una piccola stazione meteo. Si è optato, dopo una serie di valutazioni, per l’installazione di un rilevatore di temperatura (datalogger) protetto con schermo solare passivo. La scelta del sito dove localizzare il datalogger di temperatura è stata fatta tenendo conto degli aspetti tecnici elencati in seguito: – – – –

posizionamento centrale rispetto ai permanent plot; utilizzo di un supporto esistente per il fissaggio dello schermo solare; area con pendenze assenti o ridotte; assenza di vegetazione arbustiva o arborea nell'intorno di un minimo di 10 m;

Da tale valutazione è stato dedotto che, per avere un posizionamento centrale rispetto ai plot, la piccola stazione con rilevatore di temperatura doveva essere localizzata sulla parte sommitale dei depositi morenici siti tra il Plot 1 e i Plot 2, 3 e 4. Analizzando la pendenza di tale formazione geomorfologica sono state selezionate le aree a minor pendenza e tra queste è stato scelto, come punto di installazione del rilevatore con schermo solare, un vecchio larice secco colpito da un fulmine (figura 7). 185


Figura 7. Immagine del rilevatore di temperatura con schermo solare installato al Ciadin della Meda. Foto: Simonetta Vettorel.

Elaborazione della carta fitosociologica Lo studio della vegetazione nell’area è stato svolto seguendo il metodo fitosociologico proposto agli inizi del secolo scorso dallo svizzero Braun-Blanquet. In una prima fase preliminare è stata percorsa l’area e solo successivamente, in base alle caratteristiche vegetazionali osservate, sono state scelte le aree di realizzazione dei rilievi. Sono stati eseguiti complessivamente 21 rilievi vegetazionali, 4 dei quali sono stati scelti come Plot permanenti, e altri 4 come Microplot. I rilievi sono stati distribuiti su tutta l'area cercando di concentrarsi su fitocenosi rappresentative. Per la scelta dei punti da rilevare sono state individuate delle aree con sufficiente uniformità nella composizione floristica. Le dimensioni delle aree indagate variano da pochi mq a 400 mq (nel caso della mugheta). Dopo aver elencato le specie presenti è stata eseguita la stima quantitativa adottando, a seconda della situazione vegetazionale presente, i valori di copertura secondo Braun-Blanquet (1964) o secondo la scala modificata di Pignatti & Mengarda

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(1962). Nei Plot e nei Microplot sono stati invece utilizzati i singoli valori di %. Le scale di valori impiegate sono riportate nella seguente tabella (tabella 2). Tabella 2. Valori di copertura assegnati durante la campagna di rilievi fitosociologici secondo le scale di Pignatti e di Braun-Blanquet SCALA PIGNATTI Indice 5 4 3 2 1 + r

SCALA BRAUN-BLANQUET Indice Copertura 5 75-100% 4 50-75% 3 25-50% 2 5-25% 1 1-5% + < 1% r rara

Copertura 80-100% 60-80% 40-60% 20-40% 1-20% < 1% rara

Percorrendo l'intera area, con l'ausilio dei rilievi fitosociologici condotti, è stata realizzata la Carta fitosociologica in scala 1:5.000. Nelle uscite di campagna è stata utilizzata la foto aerea a colori dell’area (ortofoto) potendo quindi procedere sia a una individuazione di fototipi, sia alla verifica diretta sul campo con attribuzione della reale corrispondenza vegetazionale. Successivamente le aree corrispondenti alle diverse tipologie vegetazionali rilevate sono state riportate su GIS usando come base la Carta Tecnica Regionale della Regione Friuli Venezia Giulia. L’interpretazione è stata possibile sia riconoscendo i tipi vegetazionali direttamente in campo, sia eseguendo alcuni rilievi fitosociologici in numero sufficientemente rappresentativo della vegetazione presente.

Risultati I risultati del monitoraggio delle comunità vegetali attraverso il metodo dei Permanent plot è consistito nella stesura degli 8 rilievi fitosociologici dei quattro Plot e dei quattro Microplot e nei 77 rilievi fitosociologici relativi ai sub-plot compresi nei tre Plot di 25 m2 e nel Plot 4 di 2 m2. Oltre a ciò sono stati effettuati 400 rilievi sulla copertura percentuale delle specie in celle di 100 cm2 ai vertici del Plot 2 e altri 200 rilievi equivalenti per il Plot 4. Per i Plot 2 e 4 è stato inoltre applicato il metodo del point intercept per un totale di 27 schede di rilievo. Per quanto riguarda la nomenclatura delle specie si è fatto riferimento a Pignatti (1982). Il Progetto Climaparks, prevede che con le future campagne di rilievo sia possibile approfondire l'elaborazione statistica che sarà arricchita con gli indici indicati nel protocollo di monitoraggio tra cui la ricchezza di specie calcolato nei diversi anni del monitoraggio, il numero di specie comuni durante le diverse epoche di monitoraggio, il numero di specie scomparse nel tempo, il numero di specie nuove nel tempo etc. Allo stato attuale è possibile solo calcolare la ricchezza di specie al primo anno di monitoraggio (2012) per i diversi Plot e Microplot rilevati (tabella 3).

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Tabella 3. Ricchezza di specie (S1) nei vari plot e microplot (esclusi muschi e licheni) Plot o Microplot P1 P2 P3 P4 M1 M2 M3 M4

S1 Ricchezza di specie 40 22 48 15 12 13 19 30

Come detto in precedenza, i 21 rilievi fitosociologici (quattro Plot, quattro Microplot e tredici rilievi in situazioni vegetazionali rappresentative) hanno contribuito alla stesura della Carta fitosociologica (figura 8) realizzata su un’area di circa 100 ettari. La seguente tabella (tabella 4) riporta le unità vegetazionali rilevate riportando per ognuna la superficie in mq, in ettari (ha) e la % rispetto alla superficie totale. Tabella 4. Unità vegetazionali rilevate con rispettive superfici e percentuali TIPO VEGETAZIONALE

Sup (mq)

Sup (ha)

%

0,003

0,003

0,08 0,12

0,08 0,12

34,58

33,93

15,64 0,57 0,49 0,03 0,19

15,35 0,56 0,48 0,03 0,19

0,01 0,71 16,45 0,10 0,04

0,01 0,70 16,14 0,09 0,04

3,88

3,81

2,49

2,44

0,81

0,80

1,44

1,41

2,52

2,47

0,12 2,24

0,12 2,20

0,003

0,003

8,04 0,60

7,89 0,59

VEGETAZIONE DELLE SORGENTI (CLASSE MONTIO CARDAMINETEA) Cratoneurion

31,09 SALICETI E MEGAFORBIETI (CLASSE MULGEDIO-ACONITETEA) Aggruppamento ad Aconitum ranunculifolium 797,08 Salicetum waldsteinianae 1211,33 VEGETAZIONE RUPICOLA (CLASSE ASPLENIETEA TRICHOMANIS) Vegetazione rupicola (Campanuletum morettianae, Cystopteridion, rocce nude etc.) 345778,70 VEGETAZIONE DELLE FALDE DETRITICHE (CLASSE THLASPIETEA ROTUNDIFOLII) Papaveretum rhaetici 156401,47 Macereto grossolano con tracce di Papaveretum rhaetici 5666,60 Macereto grossolano afitoico 4921,53 Salicetum retuso-reticulatae 298,55 Salicetum retuso-reticulatae/Caricetum ferrugineae/Poion 1927,04 PRATERIE BASIFILE (CLASSE ELYNO-SESLERIETEA) Caricetum ferrugineae 142,33 Caricetum firmae con stadio pioniero di Rhodothamno-Rhododendretum hirsuti 7122,83 Caricetum firmae s.l. 164472,34 Caricetum firmae s.l. variante a Salix retusa 967,88 Caricetum firmae/Ranunculo hybridi Caricetum sempervirentis con brughiera bassa 402,73 Caricetum firmae/Ranunculo hybridi Caricetum sempervirentis con stadio pioniero di 38807,80 Rhodothamno-Laricetum Caricetum firmae/Ranunculo hybridi Caricetum sempervirentis con stadio pioniero di 24869,73 Rhodothamno-Rhododendretum hirsuti Dryadetum octopetalae 8127,43 Ranunculo hybridi Caricetum sempervirentis con stadi pionieri di Rhododendro hirsuti-Pinetum 14408,83 prostratae Ranunculo hybridi Caricetum sempervirentis con stadio pioniero di Rhodothamno25209,38 Rhododendretum hirsuti Lastrone calcareo privo di vegetazione (tracce di Caricetum firmae) 1240,66 Macereto grossolano con tracce di Caricetum firmae s.l. 22386,44 VALLETTE NIVALI ACIDOFITICHE (CLASSE SALICETEA HERBACEAE) Salicetum herbaceae potentilletosum brauneanae 33,47 MUGHETE LARICETI E ARBUSTETI BASIFILI (CLASSE ERICO-PINETEA) Rhododendro hirsuti-Pinetum prostratee 80419,48 Sorbo chamaemespili-Pinetum prostratae 5979,89

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TIPO VEGETAZIONALE Sup (mq) Sup (ha) Rhododendro hirsuti-Pinetum prostratae con Caricetum firmae/Ranunculo hybridi Caricetum 49820,68 4,98 sempervirentis Rhododendro hirsuti-Pinetum prostratae/Vegetazione rupicola 49266,55 4,93 Rhodothamno-Rhododendretum hirsuti/Salicetum waldsteinianae 8131,86 0,81 ARBUSTETI ACIDOFILI (CLASSE LOISELEURIO-VACCINIETEA) Rhododendretum ferruginei 159,99 0,02 TOTALE 1018972,573 101,90

% 4,89 4,83 0,80 0,02 100,00

Discussione Come si può vedere dalla tabella (tabella 4) e dalla carta fitosociologica (figura 11) nell’area prevalgono gli ambienti primitivi costituiti da rocce e ghiaioni che coprono complessivamente il 50% della superficie totale indagata. Sulle pareti rocciose si afferma il Potentilletum nitidae e nelle fessure rocciose più fresche ed umide il Valeriano elongatae-Asplenietum viridis. In questi ambienti si concentra la flora più preziosa dell’area con specie rare tra cui l’endemica Arenaria huteri, Campanula morettiana, Physoplexis comosa, Primula tyrolensis, etc.. I ghiaioni ospitano comunità di Thlaspion rotundifolii che per la massima parte corrisponde al Papaveretum rhaetici. La vegetazione delle vallette nivali è rappresentata principalmente dalle vallette basifile a salici nani (Salicetum retuso-reticulatae) ma sono presenti anche piccolissimi lembi di vallette acidofile riferibili al Salicetum herbaceae subass. potentilletosum brauneanae caratteristico di substrati carbonatici decarbonati in superficie. Le praterie a cotica continua rientrano nel Ranunculo hybridi–Caricetum sempervirentis con Sesleria albicans e Carex sempervirens specie dominanti a cui si associano numerose specie endemiche s.l. delle Alpi sudorientali tra cui per quest’area si ricordano Horminum pyrenaicum, Laserpitium peucedanoides, Pedicularis julica e Ranunculus hybridus. I contatti seriali si hanno con il firmeto (Gentiano terglouensis-Caricetum firmae), tanto da formare mosaici difficilmente separabili, e anche con il Dryadetum octopetalae, negli stadi primitivi in corrispondenza delle conoidi detritiche in fase di consolidamento. Nei firmeti e nei driadeti si evidenziano aspetti molto ricchi di Gentiana froelichii subspecie zenarii, paleoendemismo delle Prealpi carniche (Buccheri, 2010).La vegetazione presente nella parte più bassa dell’area si colloca nella fascia di transizione dalla vegetazione arborea a quella arbustiva del piano subalpino che nell’area è rappresentata principalmente dalla mugheta microterma (Rhododendro hirsuti-Pinetum prostratae) essendo del tutto assenti le peccete. Nelle zone a prolungato innevamento e nei displuvi dilavati, sono invece presenti espressioni di mugheta acidofila (Sorbo chamaemespili-Pinetum mugo) ben identificabili anche per una maggior partecipazione del larice nello strato arboreo. Tra le comunità accessorie si ricorda la presenza di lariceti primari (Rhodothamno-Laricetum) rappresentati nell’area solo da situazioni primitive. Alla base dei conoidi di deiezione, ove sussiste uno scorrimento d'acqua presso la superficie e negli impluvi dei versanti, sono invece presenti praterie riferibili al Caricion ferrugineae. All’interno di questa fascia di vegetazione si individuano frequentemente contatti spaziali che interessano localmente aree con depressioni e accumulo di neve e nutrienti (megaforbieti, consorzi di Adenostylion), saliceti subalpini (Salicetum waldsteinianae) e modeste sorgenti di Cratoneurion. Aree con queste caratteristiche sono presenti nell’impluvio principale sotto il bivacco Goitan. In relazione all’analisi dei suoli, i primi tre Plot (1, 2, 3) sono apparsi simili, pur appartenendo ad ambienti diversi mentre il Plot 4, riferito alla valletta nivale a Salix herbacea, è risultato piuttosto diverso. I tre Plot (1, 2, 3) evidenziano un primo orizzonte (O1) dello spessore medio di 6 centimetri. E’ costituito da sabbie prevalenti e limi (sabbie > 50%), è di colore scuro per la presenza di abbondante materia organica (> 55%, anche apparati radicali), e presenta un’elevata umidità naturale (contenuti di acqua > 100%) favorita dalla presenza di materia

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organica. Il ph è acido tranne per il Plot 2 che risente della maggiore presenza di clasti calcarei. Gli altri parametri indicano una sostanziale omogeneità dell’orizzonte, fatto salvo per il Plot 2 che evidenzia una elevata conducibilità. L’orizzonte 2 è caratterizzato dalla diversa composizione granulometrica (ghiaie > 60%) e dalle tonalità cromatiche diverse (colore nocciola). Lo spessore si attesta intorno ai 20 cm. Presenta una significativa riduzione (intorno al 50%) della presenza di sostanza organica, con una significativa riduzione del contenuto d’acqua, ma che rimane elevato per un terreno (> 14%). Il ph è chiaramente basico e la conducibilità rimane elevata. Il contenuto di azoto (N), rimane apprezzabile anche se significativamente più basso rispetto all’orizzonte 1. L’orizzonte 3 presenta una composizione apprezzabilmente più grossolana (sempre ghiaie prevalenti e più abbondanti, con la presenza di ciottoli) e la colorazione diviene più tenue (nocciola chiaro). Il contenuto di limi rimane confrontabile in entrambi gli orizzonti. Il contenuto di sostanza organica si dimezza rispetto al livello precedente (> 7,5%) e il contenuto d’acqua di riduce apprezzabilmente (intorno a 5-8%). La basicità dell’orizzonte non differisce dal livello precedente, mentre si abbassa (dimezza) la conducibilità elettrica e il contenuto di azoto si riduce di meno della metà. I clasti degli orizzonti 2 e 3 presentano la superficie alterata (non fresca), colorazioni superficiali (deposizione di ossidi per lisciviazione), sono facili all’incisione e alla frantumazione, presentando una tendenza alla struttura farinosa (destrutturazione per dissoluzione del calcare). Sono di forma prevalentemente poliedrica, non tabulare e non scagliosa, sub arrotondata, priva di spigoli vivi. Il Plot 4 presenta una sequenza di orizzonti completamente diversa. La composizione granulometrica è sempre riconducibile a sabbie, l’umidità naturale è sempre intorno a 100% (86,4125,5%), la conducibilità elettrica sempre bassa (< 126 S/cm), come pure il contenuto di sostanza organica (14,2-24,9%), mentre il contenuto di azoto è mediamente alto (intorno ai valori dell’orizzonte 2 ai Plot 1, 2, 3). Le tonalità cromatiche, sempre verso lo scuro, non sembrano condizionate dal contenuto di sostanza organica. E’ sempre acido, tranne verso il basso (O4) dove diviene basico. Gli orizzonti ghiaiosi (equivalente di O2 e O3 dei Plot precedenti) non sono stati riconosciuti fino alla profondità indagata (circa 50 cm).

Conclusioni Lo studio delle comunità vegetali di alta quota all'interno del Parco Naturale Dolomiti Friulane rappresenta lo “stato zero” di una serie di monitoraggi che, con i successivi rilevamenti previsti dal Progetto Climaparks, fornirà interessanti risultati sul dinamismo delle cenosi di alta quota in funzione della variazioni climatiche. Lo studio ha inoltre permesso di portare a termine un’accurata analisi dei suoli delle stazioni monitorate fornendo interessanti dati relativi al substrato sul quale le cenosi indagate si sviluppano. L'installazione del datalogger di temperatura e la registrazione in continuo dei valori di temperatura orari, potrà fornire importanti dati per il controllo incrociato tra le dinamiche vegetazionali e quelle climatiche. La redazione della carta fitosociologica fornisce l'espressione dello “stato zero” della vegetazione: con i futuri rilievi sarà dunque possibile quantificare le variazioni di copertura % delle specie oltre che analizzare il dinamismo della successione vegetazionale analizzando le serie ecologiche e le loro eventuali variazioni.

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Figura 8. Carta fitosociologica dell'Area Ciadin della Meda. Autori: M. Cassol e A. Scariot.

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Bibliografia Bahn M., & Körner, C. (2003). Recent increases in summit flora caused by warming in the Alps. Ecol. Stud., 167, 437–41. Braun-Blanquet, J. (1964). Pflanzensoziologie. Wien, Austria: Springer. Buccheri, M. (2010). La flora del Parco – Invito alla scoperta del paesaggio vegetale nel Parco Naturale Dolomiti Friulane. Udine: Museo Friulano di Storia Naturale, Parco Naturale Dolomiti Friulane. Cannone, N. (2004). Minimum area assessment and different sampling approaches for the study of vegetation communities in Antarctica. Antarctic Science, 16(2), 157–164. Grabherr, G., Gottfried, M., & Pauli, H. (1994). Climate effects on mountain plants. Nature, 369, 448. Keller, F., Goyette, S., & Beniston, M. (2005). Sensitivity analysis of snow cover to climate change scenarios and their impact on plant habitats in alpine terrain. Clim Change, 72, 299–319. Kullman, L. (2002). Rapid recent range-margin rise of tree and shrub species in the Swedish Scandes. J. Ecol., 90, 68–77. Lévesque, E. (1996). Minimum area and cover-abundance scales as applied to polar desert. Arctic and Alpine Research, 28, 156–162. Mueller-Dombois, D., & Ellenberg, H. (1974). Aims and methods of vegetation ecology. New York, NY, USA: John Wiley & Sons. Museo Friulano di Storia Naturale (2011). Progetto Climaparks – Progettazione di una metodologia uniformata di monitoraggio e di analisi dell’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità. Udine: Comune di Udine. Pauli, H., Gottfried, M., Reiter, K., et al. (2007). Signals of range expansions and contractions of vascular plants in the high Alps: Observations (1994–2004) at the GLORIA* master site Schrankogel, Tyrol, Austria. Global Change Biology, 13, 147–156. Pignatti, S. (1982). Flora d’Italia (Vol. 3). Bologna: Edagricole. Pignatti, S., & Mengarda, F. (1962). Un nuovo procedimento per l’elaborazione delle tabelle fitosociologiche. Atti Accad. Naz. Lincei, VIII. Ser., Rend., Cl. Sci. Fis. Mat. Nat., 32, 215–222. Theurillat, J. P., & Guisan, A. (2001). Potential impact of climate change on vegetation in the European Alps: A review. Clim. Change, 50, 77–109. Walther, G.-R., Beißner. S., & Burga, C. A. (2005). Trends in the upward shift of alpine plants. J. of Veg. Sci., 16, 541–548.

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Prime considerazioni sulla metodologia uniformata di monitoraggio e di analisi dei cambiamenti climatici sulla biodiversità e sul primo anno di rilievi della flora e della vegetazione effettuati nel 2012

Giuseppe Oriolo Via Roma 50, 34074 Monfalcone (GO), Italia. Corrispondenza: giuseppe.oriolo@gmail.com.

Riassunto Nell’ambito del progetto Climarpks è stata predisposta dal Museo Friulano di Storia Naturale una metodologia uniformata di monitoraggio e di analisi dei cambiamenti climatici sulla biodiversità. Essa è stata applicata in un’area studio del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane durante il 2012. I dati raccolti costituiscono lo stato zero e sono utili anche per evidenziare pregi e difetti della metodologia. L’approccio metodologico risulta autonomo rispetto ad altri progetti di scala europea e globale (come ad esempio progetto Gloria) e si adatta alla valutazioni di vegetazioni del piano nivale, pioniere e poco stratificate. Nel caso del Ciadin della Meda la situazione è maggiormente complessa ed evoluta e quindi l’approccio è risultato applicabile solo ad alcuni plot. Parole chiave: monitoraggio, vegetazione, Parco Naturale Dolomiti Friulane, valutazione metodologia.

Introduzione Il progetto Climaparks affronta in modo integrato ed articolato i temi relativi alle conseguenze dei cambiamenti climatici sui sistemi biologici ed ecologici. Esso prevede il miglioramento energetico delle strutture funzionali delle aree protette, divulgazione e sensibilizzazione, ma anche l’impostazione di monitoraggi scientifici di medio e lungo periodo. Il tema dei cambiamenti climatici viene quindi affrontato da diverse prospettive, ma sono centrali i dati che permettano di verificare nei decenni gli effetti delle dinamiche climatiche sulla componente biologica di alta quota. Le conoscenze degli effetti dell’aumento della temperatura media su biologia ed ecologia delle specie è ancora in fase di sviluppo se non per poche specie; il loro stesso valore di indicatore biologico è ancora da comprendere fino in fondo. Vi sono pareri discordanti (Cannone, 2007; Theurillat e Guisan, 2001) anche sullo stesso valore di indicatore delle specie alpine. Mentre per i dati chimico fisici sono disponibili serie storiche rilevanti su cui effettuare valutazioni statisticamente solide (infatti il tema è più quello delle cause artificiali degli aumenti di temperatura oppure del loro collegamento a naturali cicli climatici), per la componente biologica abbiamo ancora risultanze singole anche se alcuni progetti di vasto respiro geografico e temporale (Gottfried et al. 2012; Grabherr et. al, 2010) iniziano a fornire consolidate basi di dati. E’ noto però quanto la scala dei fenomeni sia complessa, dai piccoli adattamenti fisiologici a quelli biologici fino alle modifiche ecologiche. Si pensi ad esempio a quanto sia difficile apprezzare modifiche qualitative sulla diffusione di specie e sulla composizione di ecosistemi che sono di per sè in continua fluttuazione dei rapporti quantitativi tra specie e che a loro volta si inseriscono in linee dinamiche naturali (e artificiali) anche complesse.

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Metodi La metodologia proposta nel protocollo predisposto dal Museo Friulano di Storia Naturale (relazione finale, luglio 2011), per quanto riguarda gli aspetti di vegetazionali, si basa su quanto proposto da Cannone (2004) per analisi svolte in alcuni plot posizionati in Antartide. Il metodo prevede un approccio multiplo nella definizione delle aree e del tipo di dati raccolti. I dati previsti sono: a) floro-vegetazionali, b) meteorologici, c) fenologici) e d) pedologici, anche se non tutti sono ritenuti obbligatori. Il nucleo principale è dato da aree permanenti e dalla carta della vegetazione con elevato dettaglio spaziale e tipologico. Le aree permanenti sono di 25 m2, suddivise in quadrati di 1 m2, a loro volta suddivisi in quadrati di 100 cm2 e in punti di intersezione. Per ogni plot quindi vanno effettuati: 1 rilievo fitosociologico generale di caratterizzazione, 25 rilievi di 1 m2, rilievi fitosociologici di quadrati di 100 cm2 (consigliati sui 4 plot angolari), rilevamento della dominanza di specie sui 4 angoli di ogni incrocio dei plot di 100 cm2. Il termine “fitosociologico” viene usate in maniera generica, intendendo il solo rilevamento di specie/copertura che nei plot di minori dimensioni viene espressa in percentuale. 25 m2 vengono ritenuti una area minima sufficienti di rilevamento per le vegetazioni non forestali. Altro dato importante è la carta della vegetazione su base fitosociologica che deve essere rilevata sul terreno, con numerosi rilievi fitosociologici per la caratterizzazione dei tipi considerati e alla scala da 1:1.500 a 1:2.000, su area di almeno 2 km2. Nella relazione metodologica vengono indicate alcune analisi statistiche minime da realizzare sulla serie dei dati ottenuti (quindi, ad esclusione di un indice di ricchezza specifica, dalla prossima serie di dati disponibili). Vengono poi previste analisi pedologiche nelle strette adiacenze dei plot e, ove possibile, un’analisi fenologica con scadenza settimanale difficile da attuare ad alte quote. E’ necessario posizionare un “data logger” che raccolga i dati di temperatura. La metodologia non fornisce indicazioni o chiavi di lettura su come affrontare alcuni temi critici in questo tipo di indagine quali la comprensione di specifici meccanismi di reazione al “climate change” e la distinzione dalle dinamiche primarie e secondarie in atto.

Risultati I rilevamenti effettuati dal gruppo di lavoro coordinati dai dottori Michele Cassol e Alberto Scariot sono confluiti in una relazione tecnica (gennaio 2013). Il lavoro svolto ha seguito la metodologia proposta, pur con la necessità di apportare modifiche sulla base della caratteristiche dell’area prescelta. Si tratta del circo glaciale del Ciadin della Meda, in Val Settimana, comune di Claut; essa si sviluppa a cavallo dei 2000 metri di quota, in una fascia altitudinale con forti dinamiche anche di avanzamento naturale di brughiere e dell’evoluzione di ghiaioni consolidati. Le indagini preliminari effettuate tramite numerosi rilievi fitosociologici hanno fornito un notevole quadro conoscitivo dei tipi presenti e delle serie dinamiche (Poldini e Feoli, 1973, Feoli Chiapella e Poldini, 1993; Poldini e Martini, 1993; Poldini et al., 2004; Poldini e Vidali, 2012). E’ stato difficile individuare aree omogenee della vegetazione per l’ampia diffusione sia di mosaici che di stadi dinamici (chiaramente riportati nella carta fitosociologica). Per questo sono state posizionate diverse tipologie di aree permanenti ovvero 3 di 25 m2, 1 di 2 m2 e 4 di 1 m2. Su 1 plot di 25 m2 e su quello da 2 m2 è stato possibile il rilievo completo dei dati, sulle altre solamente i rilievi fitosociologici. La carta della vegetazione include ben 27 tipi (tra associazioni vegetali, sinusie, stadi dinamici e micro mosaici) ai quali si aggiungono tre habitat di tipo puntiforme. Sono stati prelevati ed analizzati campioni di suolo ed è stato posizionato un data logger per la temperatura.

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Discussione Lo scopo di questo articolo è una prima valutazione della metodologia proposta in termini di: a) adattabilità alle realtà ecologiche considerate b) capacità di individuare ed isolare le riposte al climate change rispetto ad altre dinamiche c) rapporto costi benefici e d) eventuali relazione e congruità con altri progetti simili. Per quanto riguarda l’applicazione del sistema ad ambienti subalpini esso è risultato praticabile solo per tipi di vegetazione di valletta nivale anche con salici nani, mentre non è adatto a vegetazioni più strutturate come praterie evolute e brughiere o cespuglieti, nei quali è stato necessario fermarsi al livello di plot di 1 m2 con rilievo fitosociologico. L’analisi fenologica non è adatta ad aree di alta quota difficilmente raggiungibili, mentre potrebbe essere utilizzata in progetti di sensibilizzazione con le scuole applicandolo su specie di fondovalle. Ulteriore aspetto rilevante, ma sempre problematico, è l’assenza di dati sulla flora briofitica che in habitat quali vallette nivali riveste un ruolo molto importante. La mole di dati raccolti per i plot completati sarà esplorata a fondo solo con la costruzione di serie temporali. Certamente il metodo dell’intercept point fornisce molte informazioni ed è quello in cui maggiormente si riduce la soggettività del rilevatore. A tale proposito, rispetto ad altri monitoraggi di lungo periodo (esempio “CONECOFOR” oppure “GLORIA"), mancano un manuale per il rilevatore e procedure per la standardizzazione dei dati, specialmente nel confronto tra aree seguite da rilevatori diversi o anni con altri gruppi di lavoro. In ambienti subalpini è molto difficile distinguere tra progressioni dinamiche di abbandono del pascolo (sia esso attività economica o variazione significativa nel numero degli ungulati alpini). Forse sarebbe stato opportuno fornire più indicazioni su come interpretare le serie di dati, caratterizzando ogni plot anche dal punto di vista dinamico. La definizione di uno o più modelli di riferimento da cui eventualmente osservare variazioni è molto importante e andrebbe fatta prima della prossima fase di rilevamento. Per quanto riguarda il rapporto costo/benefici il sistema completo proposto è molto oneroso e forse, se applicato su 8 plot completi, fornirebbe una ampia base di dati anche di difficile lettura ed esplorazione. Si propone una sua modulazione, mantenendo 1 plot con serie completa e integrando invece altri di 1 m2 posizionati su altri rilievi e a quote maggiori. Ulteriore analisi statistiche dovranno essere predisposte per indagare le possibili relazioni fra dati ambientali raccolti (es. variazioni della temperatura, neve al suolo, etc.) e i risultati floro-vegetazionali. Ulteriore aspetto critico riguarda la scelta non integrarsi ad alcuna rete sovranazionale di monitoraggio di lungo termine della vegetazione alpine, quale ad esempio il progetto "Gloria" che ha già fornito risultati anche in aree vicine (Pauli et al., 2007; Holzinger, 2008; Erschbamer et al.,2009; Erschbamer et al.,2011).

Conclusioni Il metodo proposto nell’ambito del progetto Climaparks per il Parco Naturale delle Dolomiti Friulane richiede un elevato sforzo nella raccolta di dati, per altro non sempre praticabile. Esso andrebbe riadattato per la realtà della fascia del Parco: ciò potrebbe avvenire mantenendo fisso il plot di 25 m2 con tutta la serie di rilevamento, continuando sugli altri i rilievi di 1 m2 e individuando almeno 6 ulteriori aree di 1 m2 su altri rilievi e specialmente nella fascia nivale con vegetazione rada, forse quelle più sensibili a modifiche climatiche. Ciò permetterebbe di aumentare lo spettro delle situazioni indagate ma con oneri in questo caso minori. Questi rilievi più speditivi potrebbero anche essere ripetuti ogni 5 anni, mentre per quelli di dettaglio e la carta della vegetazione si prevedono campagne con intervalli non minori di 10 anni. Sarà molto importante organizzare in appositi sistemi informatici i dati rilevati; le analisi statistiche dovranno permettere di comprendere per quanto possibile la possibile causalità fra modifiche della

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vegetazione e andamenti climatici, separando le normali dinamiche successionali dalle dinamiche primarie (ma anche secondarie), tipiche del Ciadin della Meda.

Bibliografia Cannone, N. (2004). Minimum area assessment and different sampling approaches for the study of vegetation communities in Antarctica. Antarctic Science, 16(2), 157–164. Cannone, N., Sgorbati, S., & Guglielmini, M. (2007). Unexpected impacts of climatic change on alpine vegetation. Frontiers in Ecology and Environment, 7, 360–364. Erschbamer, B., Kiebacher, T., Mallaum, M., & Unterluggauer, P. (2009). Short-term signals of climate change along an altitudinal gradient in the South Alps. Plant Ecology, 202, 79–89. Erschbamer, B., Unterluggauer, P., Winkler, E., & Mallaum, M. (2011). Changes in plant species diversity revealed by long-term monitoring on mountain summits in the Dolomites (northern Italy). Preslia, 83, 387–401. Feoli Chiapella, L., & Poldini, L. (1993). Prati e pascoli del Friuli (NE Italia) su substrati basici. Studia Geobotanica, 13, 3–140. Gottfried, M., et al. (2012). Continent-wide response of mountain vegetation to climate change. Nature Climate Change, 2, 111–115. Grabherr, G., Pauli, H., & Gottfried, M. (2010). A worldwide observation of effects of climate change on mountain ecosystems. In A. Borsdorf et al. (Eds.), Challenges for mountain regions – Tackling complexity (pp. 50–57). Wien, Austria: Bohlau. Holzinger, B., et al. (2008). Changes in plant species richness over the last century in the eastern Swiss Alps: Elevational gradient, bedrock effects and migration rates. Plant Ecology, 195, 179–196. Pauli, H., et al. (2007). Signals of range expansions and contractions of vascular plants in the high Alps: Observations (1994–2004) at the GLORIA*master site Schrankogel, Tyrol, Austria. Global Change Biology, 13, 147–156. Poldini, L., & Feoli, E. (1976). Phytogeography and syntaxonomy of the Caricetum firmae L. s.l. in the Carnic Alps. Vegetatio, 32(1), 1–9. Poldini, L., & Martini, F. (1993). La vegetazione delle vallette nivali su calcare, dei conoidi e delle alluvioni nel Friuli (NE Italia). Studia Geobotanica, 13, 141–214. Poldini, L., & Vidali, M. (2012). Le serie di vegetazione della regione Friuli Venezia Giulia. In C. Blasi (Ed.), La vegetazione d’Italia (pp. 130–160). Roma: Palombi & Partner. Poldini, L., Oriolo, G., & Francescato, C. (2004). Mountain pine scrubs and heaths with Ericaceae in the south-eastern Alps. Plant Biosystems 138, 1, 53–85. Theurillat, J. P., & Guisa, A. (2001). Potential impact of climate change on vegetation in European Alps: A review. Clim. Change, 50, 77–109.

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Attività di monitoraggio dei flussi turistici nell’area del Parco Naturale Dolomiti Friulane negli anni 2011 e 2012 e analisi dell’impatto dei cambiamenti climatici sulle visite dei parchi Federica Minatelli,a Elettra Mianb a

Parco Naturale Dolomiti Friulane, Via Roma 4, 33080 Cimolais (PN), Italia. b Cooperativa S.T.A.F., P.le della Vittoria 1, 33080 Barcis, Italia. Corrispondenza: a federica.minatelli@gmail.com, b coopstaf@libero.it.

Riassunto Il monitoraggio del flusso di visitatori del Parco Naturale Dolomiti Friulane è un’attività indispensabile per poter pianificare, gestire e promuovere lo sviluppo economico del territorio in modo sostenibile. Nell'indagine è stato monitorato il flusso giornaliero in alcune aree campione del territorio del Parco, con il duplice scopo di rilevare le presenze turistiche e di raccogliere dati utili al fine di poterli successivamente relazionare con i dati meteorologici della zona, mettendo in luce le dinamiche dell'afflusso di turisti nell'area del Parco rispetto alle condizioni meteo e quindi poter ipotizzare l'impatto del clima e dei cambiamenti climatici sul flusso di visitatori. Parole chiave: turismo sostenibile, cambiamento climatico, monitoraggio.

Introduzione Il turismo in termini generali, ha un’elevata importanza economica per le aree protette, esso genera considerevoli benefici per l’economia locale, tuttavia comporta sacrifici ambientali; poter conciliare la tutela del patrimonio ambientale con l’organizzazione del territorio per la fruizione ricreativa e con gli interessi economici, risulta essere molto complicato. In tale contesto il monitoraggio è uno strumento di supporto indispensabile alla gestione delle aree protette (Sustainable Tourism in Protected Areas: Guidelines for Planning and Management, 2002). Sebbene nel territorio del Parco Naturale Dolomiti Friulane non siano presenti infrastrutture legate alle attività sportive turistiche ad elevato impatto ambientale, come possono essere ad esempio gli impianti di risalita, il numero di turisti e fruitori del territorio protetto che praticano durante tutto l’anno attività sportive, ricreative e culturali come l’escursionismo, il climbing, lo sci alpinismo, lo sci di fondo, escursionismo con le racchette da neve, rafting, canyoning, pesca sportiva, pernottamento in Casere e Malghe e visite dei Centri visite è molto elevato. Se mal gestite, tali attività comportano un impatto negativo sull’ambiente naturale, in termini di perdita di biodiversità ed emissioni di CO2. Quest’ultima considerazione ci evidenzia come ci sia un legame molto accentuato tra il tipo di attività ricreativa/sportiva svolta con il clima. I cambiamenti climatici rappresentano una grande sfida per il turismo alpino, che sarà costretto ad adattarsi ai cambiamenti climatici e, al contempo, dovrà essere più compatibile con il clima, riducendo la produzione, diretta e indiretta di CO2. Sono soprattutto i settori chiave dei trasporti e dell’energia, quelli con un enorme potenziale di riduzione delle emissioni di CO2 (Turismo nel cambiamento climatico, CIPRA 2011).

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Per questi motivi il Parco Naturale Dolomiti Friulane monitora da molti anni il flusso di visitatori al fine di poter gestire al meglio il territorio: proteggendo le zone a maggior rischio in termini di impatto ambientale e perdita di biodiversità e allo stesso tempo incrementando servizi nelle aree a minor rischio. I dati raccolti negli anni passati provengono dalle guide naturalistiche per scolaresche e gruppi di ogni tipologia svolte dal personale del Parco, dai visitatori dei centri visite del Parco e dalle presenze rilevate nelle Casere e Malghe presenti all’interno del territorio del Parco. Con il progetto Climaparks l’Ente Parco ha voluto incrementare il monitoraggio del flusso di visitatori introducendo due contapassi automatici in due zone ad elevata frequentazione di escursionisti e attivando un monitoraggio in itinere lungo le principali valli di accesso e i principali percorsi d’alta quota dell’area Parco.

Metodi Sistema di monitoraggio contapersone automatico Sono stati installati due sistemi di conteggio automatico delle persone in due zone strategiche del Parco: presso “L’Area Avifaunistica” nei pressi dell’abitato di Andreis (PN) e sul sentiero che conduce al Rifugio Pordenone e alla Val Montanaia, principale accesso al sentiero CAI 353 che porta al “Campanile” uno dei simboli del Parco.

Figura 1. Principio di funzionamento della centralina. Fonte: Eco-Contatore. I conta persone automatici installati si compongo di quattro lastre, un trasduttore, un tubo, cavo con presa impermeabile e una centralina Eco-Combo. Il principio di funzionamento è abbastanza semplice: sono state sotterrate quattro lastre sensibili a delle micro variazioni di pressione che rilevano i passi dei pedoni. Un programma specifico permette di contare solo una persona anche se la stessa compie due passi sulla lastra. La precisione è del +/- 5%, mentre la sensibilità minima è di un bambino di 10 kg (EcoContatore). Con l’installazione di quattro lastre si ha la possibilità di definire il senso di marcia e quindi monitorare le persone “in entrata” e le persone “in uscita”. I dati orari possono essere suddivisi fino a tempi di 15 minuti. La raccolta dei dati della centralina avviene attraverso un collegamento a infrarossi o bluetooth con un palmare (PDA). Con l’utilizzo di un software si ha la possibilità di analizzare e trattare i dati raccolti dividendoli per ora, giorno, mese anno, numero di passaggi in entrata o in uscita, ecc.

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Figura 2. Posa della centralina in Val Montanaia. Foto: G. Giordani.

Monitoraggio in itinere L’attività di monitoraggio è stata svolta dalla Cooperativa S.T.A.F. di Barcis (PN) nel corso delle estati 2011 e 2012. L’attività aveva lo scopo di rilevare le presenze turistiche lungo le principali valli di accesso e i principali percorsi d’alta quota dell’Area Parco. Nello svolgimento del servizio sono state coinvolte prioritariamente persone del territorio, conoscitrici ed esperte dell’area; a questi è stata fornita, preliminarmente all’attività sul campo vera e propria, una preparazione di base sulla realtà del Parco, attraverso due incontri di formazione e di coordinamento tenutisi presso la sede dell’Ente Parco a Cimolais (PN) e presso la sede della Cooperativa a Barcis (PN). Il monitoraggio è stato realizzato a partire dall’ultimo fine settimana di luglio fino alla domenica successiva al Ferragosto, per complessive sei uscite a stagione, coprendo così il periodo di maggiore presenza turistica, anche se le condizioni atmosferiche non sono state sempre tra le più favorevoli.

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Agli operatori sono state consegnate delle schede di rilevamento (figura 3), da utilizzare come supporto per la raccolta dei dati. Il controllo è stato effettuato lungo il percorso e nei siti di interesse segnalati, provvedendo in modo dettagliato alla registrazione di numeri e dati dei mezzi motorizzati (tipologia, provenienza, ecc.) e delle persone in sosta e in transito, con precisa indicazione del sito e dell’orario di rilevamento. La metodologia utilizzata e sopra descritta è stata concordata con i partner di progetto ed il particolare con il partner progettuale n. 9 – Provincia di Ravenna, responsabile del work package 4 relativamente al monitoraggio dei flussi turistici.

Figura 3. Scheda per la rilevazione dei dati. Autore: F. Minatelli. Nello svolgimento del servizio di monitoraggio è stato possibile fornire informazioni sull’area protetta e divulgare il progetto Climaparks promosso dall’Ente Parco agli escursionisti e turisti che di volta in volta si sono incontrati e hanno dimostrato curiosità ed interesse. Nell’area di fondovalle, il monitoraggio ha avuto una durata giornaliera e si è realizzato in parte in auto e in parte a piedi, attraversando le seguenti aree: Val Meduna, Val Silisia, Val Cimoliana e Val Zemola, Val Settimana e Alta Val Cellina, Val di Giaf. Per la realizzazione dei percorsi in alta quota, il monitoraggio prevedeva anche il pernottamento in casera, con una durata complessiva dell’attività di ventiquattro ore. Queste le aree di interesse monitorate: in Val Zemola Casera Bedin e Rifugio Maniago, in Val Cimoliana Casera Bregolina Grande e Bregolina Piccola, in Val Silisia Casera Valine, nel Fornese Casera Chiampiuz, Casera Masons e Rifugio Flaiban-Pacherini. L’attività svolta ha garantito una presenza contemporanea nelle principali valli dell’area protetta di nove operatori per ogni week-end, nei periodi di maggior flusso turistico, dando visibilità e assicurando una certa forma di controllo e presidio sul territorio con effetti sicuramente positivi nei confronti dell’utenza. Oltre all’aspetto promozionale e divulgativo, gli operatori hanno garantito un monitoraggio dell’area anche nel senso delle possibili emergenze-necessità per una corretta fruizione e conservazione dell’ambiente.

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Risultati Sistema di monitoraggio contapersone automatico I dati che sono stati rilevati e scaricati da maggio 2011 a maggio 2013 ci indicano il trend dell’afflusso di visitatori che è maggiore nella bella stagione a partire dal mese di aprile fino al mese di settembre, con un massimo nel mese di agosto, mentre nei mesi autunnali e invernali il numero di visitatori cala drasticamente raggiungendo il picco minimo in novembre. Confrontando questi dati con i dati meteorologici si vede come i mesi con minor affluenza sono tipicamente quelli più piovosi (figura 4).

Figura 4. Dati rilevati nel periodo compreso tra luglio 2012 e aprile 2013 dal sistema automatico contapersone posizionato presso le voliere di Andreis (PN).

Monitoraggio in itinere L’attività svolta ha garantito una presenza contemporanea nelle principali valli dell’area protetta di nove operatori per ogni week-end, nei periodi di maggior flusso turistico, dando visibilità e assicurando una certa forma di controllo e presidio sul territorio con effetti sicuramente positivi nei confronti dell’utenza. Oltre all’aspetto promozionale e divulgativo, gli operatori hanno garantito un monitoraggio dell’area anche nel senso delle possibili emergenze-necessità per una corretta fruizione e conservazione dell’ambiente. Per dare un riscontro numerico i rilevamenti in itinere hanno riportato che delle Valli monitorate la più frequentata è la Val Cimoliana con un picco in Agosto. Prendendo come esempio la giornata del 15 agosto, il totale di presenze rilevate risulta essere di 51 unità nel 2011 e 232 unità nel 2012. Per quanto riguarda i rilevamenti in alta quota la Casera Bedin è quella che conta più presenze, con un picco in luglio nel 2011 per un totale di 93 persone e 13 pernotti e un picco in agosto nel 2012 con un totale di 154 presenze e 19 pernotti.

Discussione I contapersone automatici posizionati all’interno del Parco forniscono dati utili e facilmente elaborabili.

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Per quanto riguarda i dati raccolti con le schede di rilevamento, durante il monitoraggio in itinere, questi risultano essere di più difficile elaborazione e utilizzo. Per quanto l’attività di monitoraggio sia stata svolta nell’arco di due anni consecutivi e negli stessi periodi, un confronto tra i dati raccolti per stimare possibili andamenti dei flussi non risulta attuabile. Bisogna infatti considerare che: – le due stagioni sono state, daI punto di vista meteorologico, piuttosto diverse tra loro; – la maggior parte dei fruitori del Parco è costituita da persone che non alloggiano nelle strutture ricettive dell’area ma che provengono da luoghi non troppo distanti per attività turisticoescursionistiche della durata di una giornata. Ad ogni modo, una rapida analisi dei dati raccolti permette comunque di evidenziare come alcuni ambiti (sia di fondovalle che percorsi in quota) siano più frequentati di altri. Bisogna anche considerare che situazioni contingenti possono alterare notevolmente il numero di escursionisti-fruitori di una determinata zona; un esempio su tutti: fino alla fine del mese di luglio nel 2011 la strada della Val Settimana è stata chiusa a causa di una frana e conseguentemente il Rifugio Pussa, situato nella parte più interna della valle, non è stato aperto per tutta la stagione. Tenendo conto degli aspetti evidenziati nei risultati bisogna comunque prendere atto che le condizioni meteo influenzano notevolmente la presenza di escursionisti e altri fruitori del territorio (es. famiglie che utilizzano le aree attrezzate di fondovalle).

Conclusioni Per avere un quadro più completo sarebbe necessario disporre di dati relativi a un periodo ben più lungo. Inoltre si evidenzia la necessità di unificare la metodologia della raccolta dei dati per tutte le “aree di raccolta” e potenziare le categorie di informazioni relative al pubblico che fino ad ora si limitano a segnalare la presenza dell'utente, mentre risulta importante porsi nuove riflessioni sulla provenienza dei visitatori, sulla tipologia dei gruppi (turistici, scolastici) e sulla fascia d’utenza delle scuole che hanno aderito ai progetti didattici. E’ auspicabile quindi che iniziative simili possano ripetersi anche al di là della contingenza legata al Progetto Climaparks.

Bibliografia Abegg, B. (2011). Turismo nel cambiamento climatico. Schaan, Liechtenstein: CIPRA Internationale Alpenschutzkommission. Disponibile il 24 aprile 2013 presso http://www.cipra.org/it/alpmedia /pubblicazioni/4606 Becheri, E., & Maggiore, G. (Eds.). (2011). Rapporto sul turismo italiano. Milano: Franco Angeli. Eagles, P. F. J., McCool, S. F., & Haynes, C. D. (2002). Sustainable tourism in protected areas: Guidelines for planning and management. Gland, Switzerland: IUCN – The World Conservation Union. Eco-Counter. (n.d.). Acoustic SLAB. Disponibile presso http://www.eco-compteur.com/Slab-Sensor.html ?wpid=15035 Ente Foreste della Sardegna – Regione Autonoma della Sardegna. (2010). Monitoraggio del flusso turistico nei complessi forestali gestiti dall’Ente Foreste della Sardegna. Autore. Disponibile il 24 aprile 2013 presso http://www.sardegnaambiente.it/documenti/3_68_20110210092649.pdf 202


Federazione EUROPARC. (1999). European charter for sustainable tourism in protected areas. Autore. Disponibile il 24 aprile 2013 presso http://www.parks.it/federparchi/PDF/CharterFullText.pdf Parks & Benefits. (2009). Guide to sustainable tourism in protected areas. Autore. Rizzioli, B. (2012). Monitoraggio delle attivitĂ turistiche e sportive e creazione di gruppi locali. Disponibile il 24 aprile 2013 presso http://www.regione.piemonte.it/agri/area_tecnico_scientifica/osserv_faun /progetti/dwd/alcotra/relFinali/6T.pdf

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Piano dell’energia del Parco Naturale Dolomiti Friulane

Elisa Tomasinsig CETA Centro di Ecologia Teorica ed Applicata, Via Licinio, 44, 34170 Gorizia, Italia.

Riassunto Tra gli impatti ambientali esercitati dall’attività umane un ruolo determinate è legato alle emissioni di gas climalteranti in atmosfera che a loro volta vengono generate dall’impiego dei combustibili fossili per la produzione energetica. Dall’analisi dei consumi energetici del Parco Naturale Dolomiti Friulane è emerso come ogni anno le attività esercitate dall’Ente contribuiscano ad emettere in atmosfera oltre 124t di CO2, il 70% delle quali derivano dal consumo di combustibili fossili per il riscaldamento degli edifici. Il Piano dell’energia è uno strumento di pianificazione e programmazione delle azioni che l’Ente parco intende promuovere per ridurre il proprio impatto sui cambiamenti climatici in atto, accrescendo la sostenibilità ambientale delle azioni da esso promosse. Parole chiave: Piano energetico, Parco Naturale Dolomiti Friulane, impatto ambientale.

Introduzione Il Piano dell’energia interviene sul bilancio energetico dell’Ente con più finalità: evidenziare eventuali sprechi determinati da criticità presenti negli edifici, negli impianti di climatizzazione in essi presenti, oppure nei mezzi di trasporto utilizzati o nei comportamenti degli utilizzatori e di porre in atto azioni volte a eliminare le criticità riscontrate; verificare la disponibilità locale di fonti energetiche rinnovabili e favorire un maggior uso delle stesse per il soddisfacimento dei propri fabbisogni energetici. Lo strumento, una volta applicato, consentirà all’Ente parco di migliorare il bilancio energetico ed economico grazie ai risparmi derivanti dalla riduzione dei costi di acquisto dell’energia (energia elettrica, gas metano, GPL, gasolio, benzina) per effetto della riduzione dei consumi, dell’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, e grazie anche ai ricavi conseguenti dalla cessione di energia da rinnovabili, nell’eventualità in cui la produzione ecceda il consumo dell’ente.

Metodi Il Piano dell’energia si compone di una parte analitica, basata sulla ricognizione dello stato di fatto, e di una parte propositiva in cui sono definiti gli obiettivi e le azioni che si intendono avviare per raggiungerli, con indicazione delle risorse finanziarie necessarie. L’analisi dello stato di fatto è basata sulla ricognizione dei consumi energetici dell’Ente. Essi sono riconducibili alle attività di collaboratori interni o esterni, ai mezzi ed alle attrezzature impiegate, nonché agli edifici in cui esse hanno luogo. Per semplicità i consumi che sono stati considerati sono quelli relativi a: edifici, mezzi di trasporto, attività dirette ed indirette. I consumi energetici attribuiti alla categoria “edifici” sono relativi al consumo di combustibili per la climatizzazione dei locali nonché ai consumi di energia elettrica utilizzata per l’alimentazione di impianti di illuminazione o e attrezzature (informatiche, audiovisive, uso ufficio, altro) ivi presenti. I consumi energetici attribuiti ai mezzi di trasporto sono riconducibili all’impiego di carburanti per l’autotrazione (benzina, gasolio o altro) nei veicoli in dotazione all’Ente parco. I consumi energetici riferiti alle attività

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dirette ed indirette, sulla base delle considerazioni sopra esposte, sono quelli relativi alle attività che non si esercitano all’interno di edifici o che prevedono l’impiego di mezzi di trasporto svolte dal personale dell’Ente, ovvero affidate a terzi tramite convenzioni o appalti di servizi. I consumi dell’Ente parco, nella trattazione che segue, sono stati analizzati suddividendoli per uso finale (climatizzazione edifici, attrezzature elettriche/elettroniche, mezzi di trasporto) e per fonte o vettore energetico impiegato per il loro soddisfacimento (gasolio, GPL, benzina, energia elettrica). La raccolta dei dati di consumo annuo ha riguardato il periodo che va dal 2004 al 2011. Le fonti informative dei dati di consumo elettrico, di combustibile per riscaldamento e di carburante per l’autotrazione derivano dalla lettura periodica dei contatori, da registri o da documenti contabili come comunicati dall’Ente parco. Le varie grandezze di consumo (kg, litri, kWh, etc.) sono state tutte ricondotte alle tonnellate equivalenti di petrolio (tep) utilizzando i coefficienti esposti in tabella: Tabella 1. Fattori di conversione delle unità fisiche Gasolio Benzina GPL Energia elettrica (Fonte: elaborazione CETA)

udm t t t MWh

tep 1,08 1,20 1,10 0,086

t CO2 eq 3,024 3,173 3,141 0,503

Risultati I consumi di energia

Figura 1. Ripartizione dei consumi energetici per uso finale per anno. I consumi energetici dell’Ente parco, nel 2011 sono conteggiati in oltre 32 tep/anno. Dal 2004 al 2006 hanno registrato una progressiva contrazione, mentre vi è stata una crescita rilevante, pari a circa il 50% ogni anno, nel 2007 e nel 2008. Dal 2008 al 2010 i consumi totali hanno nuovamente registrato una seppur lieve diminuzione annua. Sono rimasti sostanzialmente stabili tra il 2010 e il 2011. Le variazioni di maggior rilievo sono quelle relative ai consumi per la climatizzazione degli edifici. Tale voce incide ogni

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anno per più del 50% dei consumi complessivi dell’Ente parco, con un incremento progressivo, a fronte di una maggiore utilizzazione degli stessi, fino al 70% nel 2011. La fonte energetica maggiormente impiegata è il GPL, utilizzato quale combustibile per riscaldamento nella quasi totalità degli edifici.

Figura 2. Ripartizione dei consumi energetici per fonte per anno.

Le emissioni di gas serra Le emissioni atmosferiche di gas ad effetto serra annue generate dall’attività dell’Ente parco, conseguentemente all’uso di combustibili fossili sono stimate pari, in media, a 124 t/anno di CO2eq. Dall’analisi dei dati riferiti agli ultimi tre anni emerge che la quota maggiore di gas serra è emessa come conseguenza del consumo di GPL per riscaldamento. Di poco inferiori sono le emissioni prodotte dalla combustione del gasolio, sia per riscaldamento che per autotrazione, e di energia elettrica. L’energia elettrica, che copre mediamente circa il 18% dei consumi, è responsabile del 26% delle emissioni, a causa degli elevati fattori specifici di emissione per unità energetica consumata.

I consumi energetici negli edifici I consumi energetici degli edifici rappresentano la voce di consumo principale dell’Ente parco. Ai fini di stimare le potenzialità di riduzione dei consumi negli edifici e di contribuire in tal modo a diminuire le emissioni di gas serra, è stata approfondita l’analisi di 6 edifici sui quali è stato condotto un audit energetico e sono stati proposti e valutati alcuni interventi. Gli edifici analizzati più nel dettaglio sono: la Sede del parco di Cimolais, il Centro Visite di Erto e Casso, il Centro Visite di Forni di Sopra, il Centro Visite di Forni di Sotto, il Centro Visite di Frisanco, la Foresteria “Ex Mugolio” di Cimolais. Ad esclusione del cento visite di Erto e Casso, riscaldato a gasolio, tutti gli impianti termici presenti negli edifici sono alimentati a GPL. L’approfondimento ha comportato la realizzazione di un audit energetico per ciascun edificio atto a definire la “qualità” energetica degli stessi. I risultati dell’analisi effettuata sono sinteticamente riportati nella tabella che segue ove viene data evidenza dell’indice di prestazione energetica globale dei singoli edifici, calcolato secondo normativa, e della classe energetica di appartenenza.

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Figura 3. Emissioni medie annue di CO2 equivalente per uso finale. Tabella 2. Indice di prestazione energetica Ubicazione Sede – Cimolais CV – Erto e Casso CV – Forni di Sopra CV – Forni di Sotto CV – Frisanco Foresteria – Ex Mugolio

Media consumi reali (periodo 2009-2011)

Indice di prestazione a energetica globale

kWh/anno

kWh/m anno

134.879 43.250 14.876 3.314 6.762 18.401

59,20 61,20 81,50 62,22 42,19 81,32

Classe energetica

3

Riferimento da b normativa 3

kWh/m anno F F G G E E

23,38 27,16 24,18 24,30 21,67 47,92

Fonte: dati geom. Giorgio Bertoli. a

b

Calcolato in condizioni standard di funzionamento. Limiti previsti per le nuove costruzioni o le ristrutturazioni ai sensi del DM 26 giugno 2009.

Da un confronto dei dati riportati in tabella si evince con immediatezza il diverso peso di ogni struttura in termini di consumo energetico (colonna 2). Tale dato però non tiene conto del diverso grado di utilizzo degli edifici: un basso consumo in molti casi è dovuto a un limitato uso della struttura piuttosto che a una buona qualità dell’edificio. Ciò è evidente confrontando gli indici di prestazione energetica calcolati in condizioni di utilizzo standard (colonna 3) e dalla classe energetica di appartenenza di ciascun edificio (colonna 4). Tutti gli edifici analizzati presentano condizioni di scarsa efficienza energetica con indici di prestazione energetica ben al di sopra dei limiti normativi imposti agli edifici di nuova costruzione.

Gli altri consumi energetici Tra le voci di consumo del Parco, quella relativa alle esigenze di mobilità, ovvero quelle che richiedono l’utilizzo di mezzi di trasporto di proprietà dell’Ente è del tutto secondaria. L’analisi dei consumi di carburanti per autotrazione dei mezzi comunali è stata condotta su un parco di 5 mezzi, di cui 4 alimentati a gasolio e uno a benzina. I consumi attribuibili alle attività dirette o indirette, quali ad esempio le attività di conservazione del territorio, di conoscenza e conservazione della biodiversità, di

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formazione e divulgazione nonché di promozione della cultura naturalistica, che vengono svolte direttamente sul territorio, presentano un impatto sui consumi totali del tutto trascurabile.

Le potenzialità offerte dalle fonti rinnovabili All’interno del Parco sono presenti risorse rinnovabili che, nel rispetto delle peculiarità del territorio e di uno sfruttamento secondo criteri di sostenibilità ambientale, possono essere utilizzate per la produzione di energia elettrica o termica contribuendo in tal modo a valorizzare il territorio e a ridurre l’impatto ambientale esercitato dal consumo di combustibili fossili. È stata condotta una indagine relativa alle fonti idrica, eolica, biomasse forestali e biomasse per la produzione di biogas, solare, finalizzata a verificare potenzialità di sfruttamento e a evidenziare le possibilità di installare impianti energetici, in un’ottica di sfruttamento delle risorse in piccoli impianti a basso impatto ambientale nonché improntati all’autoproduzione energetica. L’indagine ha messo in evidenza che vi sono interessanti potenzialità di sfruttamento delle biomasse di origine forestale, grazie anche alla presenza di alcune realtà che operano nel settore della prima trasformazione del legno e che producono combustibile da biomassa dagli scarti di produzione e di sfruttamento dell’energia solare sia per la produzione termica che per quella elettrica. Gli impianti proposti sono riportati in tabella. Le altre fonti energetiche (energia eolica e idrica) allo stato attuale non sono sfruttabili.

Discussione Sono state formulate alcune proposte di intervento sia con riferimento alla possibilità di migliorare le prestazioni energetiche degli edifici sia con riferimento alla possibilità di sostituire i combustibili fossili con fonti energetiche rinnovabili. A tali azioni è stata formulata una proposta per un’azione volta alla comunicazione e sensibilizzazione dei cittadini e dei fruitori dei servizi del parco in tema di energia, risparmio energetico e impiego delle fonti rinnovabili. Ciò contribuirà ad accrescere la cultura ma anche a favorire l’adozione di misure analoghe sia nel territorio del parco sia esternamente ad esso. Tra le proposte analizzate sono indicate di seguito le più significative sia con riferimento alle potenzialità di miglioramento dell’efficienza energetica negli edifici, sia con riferimento alla realizzazione di impianti di autoproduzione energetica dalle fonti rinnovabili. Si riportano in Tabella e in tabella 9 i principali risultati degli interventi. Tabella 3. Alcune soluzioni migliorative proposte per gli edifici Comune

Intervento

Coibentazione parziale edificio Cappotto interno in CV Erto e Casso fibra di legno Coibentazione delle strutture verticali del CV Forni di Sotto sottotetto e parte del solaio di copertura. Coibentazione parziale CV Frisanco edificio Coibentazione parziale Foresteria – ex Mugolio edificio Sede di Cimolais

Combustibile fossile risparmiato(*) (tep/anno)

Percentuale riduzione fabbisogno (%)

Emissioni evitate (t/anno)

2,3

17%

5,0

1,9

48%

6,2

0,1

nd

0,3

0,3

16%

1,0

0,1

4%

0,3

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Tabella 4. Alcuni potenziali impianti alimentati a fonti rinnovabili Comune

Intervento

Centrale termica a cippato da biom. forestali Allacciamento alla CV di Forni di Sopra rete di teleriscaldamento Impianto Sede di Cimolais fotovoltaico Impianto CV di Frisanco fotovoltaico Impianto solare Foresteria ex termico per la Mugolio produzione di ACS

Potenza nominale (kW)

Combustibile a fossile sostituito (tep/anno)

Percentuale copertura fabbisogno (%)

Emissioni evitate (t/anno)

116

10

100%

35

-

1,3

100%

3,6

25,5

4,8

63%

12,1

6,7

1,1

100%

2,8

32 m (superficie occupata)

0,8

46%

3,8

Sede di Cimolais

2

a

Per l’energia elettrica è stato calcolato il combustibile fossile sostituito considerando quello necessario a produrre una unità energetica (kWh) nel parco termoelettrico nazionale.

Conclusioni Sulla base delle indagini effettuate e dell’attività di valutazione delle possibili azioni di miglioramento dell’efficienza energetica e di sviluppo delle fonti rinnovabili d’energia sono stati posti in evidenza margini di miglioramento del bilancio energetico del Parco delle Dolomiti Friulane e di possibilità di abbattimento delle emissioni di gas serra. Attualmente l’Ente parco ha già intrapreso la strada verso il perseguimento di tale obiettivo come dimostrato ad esempio dalla recente realizzazione di un impianto fotovoltaico sulla copertura del Centro visite di Claut. Altre ipotesi di intervento saranno invece valutate ed accompagnate dalla ricerca di possibili fonti di investimento sulla base delle risultanze dello studio.

Bibliografia Centro di Ecologia Teorica e Applicata (CETA). (2012). Piano dell’energia del Parco Naturale Dolomiti Friulane: Relazione finale. Autore.

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Monitoraggio delle popolazioni di passeriformi ed altre specie, mediante la metodica dell’inanellamento a sforzo costante presso la Golena di Ca’ Pisani, Delta del Po (RO)

Emiliano Verza, Danilo Trombin, Andrea Favaretto, Luca Sattin, Albertino Frigo, Michele Bovo c/o Associazione C. N. Sagittaria, Via Badaloni 9, 45100 Rovigo, Italia. Corrispondenza: sagittaria.at@libero.it.

Riassunto La presente ricerca, svolto dall’Ass. Sagittaria di Rovigo, su incarico dell’Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po, ha riguardato lo studio dei Passeriformi nell’area del Delta veneto (provincia di Rovigo). Il progetto è stato suddiviso in due parti: attivazione di una stazione di inanellamento con metodica PRISCO, mediante la cattura a scopo scientifico dell’Avifauna con mist nets, e studio della popolazione nidificante di Silvidi e specie affini. Il sito utilizzato è stato la Golena di Ca’ Pisani (Porto Viro), golena del Po di Maistra dotata di vasti canneti e fasce di bosco igrofilo a prevalenza di salici. Le catture, effettuate da marzo 2012 ad aprile 2013, hanno riguardato 1321 individui, appartenenti a 39 specie. Il massimo delle catture è stato registrato nei mesi di aprile, settembre e ottobre, in concomitanza con il passaggio dei migratori. Oltre il 50% dei soggetti catturati apparteneva alle specie Capinera, Cannaiola comune e Pettirosso, grazie alla presenza di zone umide e fasce boscate. Analizzando al fenologia delle catture, è stata osservata per molte specie una buona corrispondenza con i dati nazionali; per alcune è invece stato osservato un ritardo nel passo. L’analisi dei nidificanti ha mostrato in alcuni casi differenze con il trend nazionale o europeo. Da questa analisi è risultato abbastanza evidente come diverse specie stiano mostrando repentini cambiamenti di densità e areale, non ricollegabili direttamente con cambiamenti dell’uso del suolo dell’area del Delta. Tali cambiamenti potrebbero essere messi in diretta relazione con i mutamenti climatici. Per Usignolo di fiume e Beccamoschino, difatti, è noto come grandi fluttuazioni siano provocate da inverni particolarmente rigidi.

Introduzione Con Decreto del Direttore n 35 del 16/02/2012 l’Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po ha affidato all’Associazione Culturale Naturalistica Sagittaria di Rovigo (www.associazionesagittaria.it) lo svolgimento, nell’area del Delta del Po, di una sezione del Progetto CLIMAPARKS – “Monitoraggio delle popolazioni di Passeriformi ed altre specie, mediante la metodica dell’inanellamento a sforzo costante”. Le attività hanno riguardato in particolare l’attivazione di una stazione di inanellamento con metodica PRISCO, mediante la cattura a scopo scientifico dell’Avifauna con mist nets (soprattutto Passeriformi). Il sito utilizzato è stato la Golena di Ca’ Pisani (Porto Viro), di proprietà dell’Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po e gestita dall’Unità Periferica del Servizio Forestale Regionale di Padova e Rovigo.

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Figura 1. Pettazzurro (Luscinia svecica). Foto: L. Sattin.

Metodi Ubicazione stazione di inanellamento Il sito scelto è stata la Golena di Ca’ Pisani, ubicata in comune di Porto Viro (RO), “lanca” o “golena” posta lungo la sponda sinistra del Po di Maistra. Questo sito è stato scelto in quanto presenta le seguenti caratteristiche: – Area compresa all'interno del perimetro del Parco Regionale Veneto del Delta del Po, di proprietà dell’Ente stesso; – –

Area recintata e gestita attivamente dal Servizio Forestale, che ne garantisce pulizia, vigilanza e sfalcio dei sentieri; Elevata variabilità ambientale: il sito, difatti, presenta fasce di bosco più o meno umido, prati, fasce di canneto, arbusteti. L’area è completamente circondata da un argine ed è inserita nel più ampio comprensorio del Po di Maistra. La parte settentrionale è dominata da associazioni igrofile con fasce di Phragmites australis inframezzate da arbusteti di Amorpha fruticosa, Rubus ulmifolius e Sambucus nigra, che crescono sugli arginelli e nei punti meno umidi. Nella parte meridionale, invece, domina il bosco umido di Salix alba, soggetto a periodiche inondazioni; oltre al salice bianco, nettamente dominante, sono presenti pioppo nero, pioppo bianco, ontano nero, frassino. Quest’area rientra completamente nella S.I.C “Delta del Po: tratto terminale e delta veneto” (IT3270017) e nella Z.P.S. “Delta del Po ” (IT3270023); è parzialmente codificata, ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE, come “Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (AlnoPadion, Alnion incanae, Salicion albae)” (91E0).

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Figura 2. Cerchio rosso: ubicazione del sito di studio nella Rete Natura 2000 dell’area del Delta Figura 3. Quadrato giallo: ubicazione del sito di studio nell’area del Delta del Po. del Po

Figura 4. Ubicazione stazione di cattura. –

Figura 5. Ubicazione stazione di cattura.

Ottimale dotazione ornitologica: il sito ricade all’interno di un quadrante UTM (10 km di lato) il quale è fra i 10 più ricchi di specie di uccelli nidificanti di tutt’Italia (fonte: www.ornitho.it). Notevole la concentrazione di specie di Passeriformi, anche rare o poco comuni, tra cui il Basettino (Panurus biarmucus), l’Averla maggiore (Lanius excubitor) e la Tottavilla (Lullula arborea). Nel corso del 2011 Sagittaria ha sviluppato una tesi di laurea per monitorare le popolazioni nidificanti di Passeriformi nel Delta del Po, con il censimento anche della golena di Ca’ Pisani (tesi visionabile nel sito www.associazionesagittaria.it); ne è emersa una popolazione di Passeriformi, in particolare “Silvidi”, molto interessante, e con elevate densità. A livello assoluto, tra i 15 siti indagati nella succitata tesi di laurea la golena di Ca’ Pisani si è dimostrata essere la più ricca di “Silvidi” (da sola ospitava il 25% dei maschi cantori rilevati, appartenenti a 7 specie, di cui 5 nidificanti); qui si e raggiunta la seconda densità maggiore: 3,71 maschi cantori per ettaro. Gli indici di biodiversita confermano la ricchezza del sito.

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Ottimali caratteristiche di “catturabilità”: la golena è dotata di un’articolata e ben curata sentieristica, del tutto confacente con le esigenze di posizionamento delle reti di cattura.

Figura 6. Habitat d’interesse comunitario nel sito.

Figura 7. Sentiero interno alla golena. Foto E. Figura 8. Veduta della golena con evidenziate le fasce di canneto. Foto: E. Verza. Verza.

Figura 10. Settore meridionale della Golena di Ca’ Pisani, con ubicazione transetti di reti. Figura 9. Veduta della golena con evidenziate le fasce di canneto. Foto: E. Verza.

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Metodica Lo studio è stato condotto analizzando fenologia e morfologia dell’Avifauna, in particolare Passeriformi, catturata mediante reti. Ad ogni individuo catturato è stato applicato un anello metallico, secondo la metodica dell’inanellamento a scopo scientifico. Questa attività è coordinata dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Le catture sono state materialmente svolte da personale abilitato e altamente qualificato, appunto gli inanellatori. Il progetto ha previsto la partecipazione di almeno due inanellatori con permesso di tipo “A”, di cui almeno uno presente ad ogni uscita. La squadra di inanellatori impiegati è stata la seguente: – –

Andrea Favaretto (permesso di tipo A) Luca Sattin (permesso di tipo A)

– –

Albertino Frigo (permesso di tipo C) Michele Bovo (permesso di tipo C)

Figura 11. Attività di cattura. Foto: D. Trombin.

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Le catture sono state effettuate mediante reti verticali “mist-net”, posizionate lungo transetti ricavati in sentieri preesistenti.I transetti, in numero di 3, si estendono con un orientamento est-ovest, al fine di meglio sfruttare lo spostamento dell’avifauna in transito. I transetti intercettano differenti tipologie ambientali relative all’habitat fluviale: canneto puro, canneto con cespugli, cespuglieto, bosco igrofilo. La loro lunghezza complessiva è di mt. 216. Questa metodica di cattura è incruenta, ben rodata e soggetta a protocolli di applicazione sia nazionali che europei. Il transetto 1 è quello con maggior diversificazione ambientale, in quanto prossimo al canneto; il transetto 3, invece, è quello con fascia arborea maggiormente sviluppata.

Figura 13. Inanellatori in attività. Foto: E. Verza. Figura 12. Inanellatore in attività. Foto: D. Sartori.

Figura 14. Attività di biometria su Storno. Foto: E. Figura 15. Luì piccolo inanellato pronto per il Verza. rilascio. Foto: D. Trombin.

Cronoprogramma Il progetto visto la realizzazione di 29 sessioni di cattura, sviluppate nell’arco di un anno di attività. Le operazioni di cattura sono materialmente iniziate a fine marzo 2012, con tre sessioni al mese, divenute poi 2 per il periodo novembre-febbraio. A partire da dicembre 2012 una concomitanza di fattori negativi ostativi (pessime condizioni climatiche e parziale inagibilità del sito causa lavori di risistemazione idraulica) ha rallentato le operazioni di cattura,

216


con sospensione di queste da dicembre 2012 a fine gennaio 2013. A febbraio sono state eseguite le due sessioni previste, mentre a causa di anomalie climatiche nella fase di fine inverno – inizio primavera, con presenza di piogge intense e continue, a marzo ed aprile è stato possibile effettuare un’unica sessione di cattura al mese.

Risultati Analisi generale Da marzo 2012 ad aprile 2013 sono stati catturati un totale di 1321 individui, di cui 1159 nel 2012. Oltre agli individui catturati e marcati con anelli, vi sono quelli autoricatturati (individui catturati ma già marcati nelle sessioni precedenti presso lo stesso sito, identificati solitamente con la sigla “ar”) e quelli ricatturati (marcati in altri siti, con codice “r”). Questo in quanto molti individui trascorrono un periodo anche piuttosto lungo presso il sito, per motivi trofici o riproduttivi o di svernamento. Quelli ricatturati, invece, provengono da altri siti, e sono in grado di fornire molte informazioni relativamente agli spostamenti migratori, alla fedeltà ai siti e al tasso di sopravvivenza. Nell’anno 2012 sono state effettuate 3 ricatture, due appartenenti ad uccelli inanellati in Italia (2 individui di Cannaiola comune) ed una Capinera con anello norvegese. Tabella 1. Individui catturati Anno 2012 Anno 2013

N° sessioni 24 5

N° specie 35 24

Catture 1159 162

Autoricatture 224 54

Ricatture 3

Totale 1386 216

Tabella 2. Individui catturati (escluse categorie ar e r) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22

Nome italiano

Nome latino

2012

2013

Totale

Capinera Cannaiola comune Pettirosso Beccafico Cinciarella Cinciallegra Usignolo Codibugnolo Regolo Merlo Lui piccolo Cannareccione Fringuello Usignolo di fiume Passera scopaiola Verdone Cannaiola verdognola Balia nera Scricciolo Tordo bottaccio Luì grosso Forapaglie comune

Sylvia atricapilla Acrocephalus scirpaceus Erithacus rubecula Sylvia borin Cyanistes caeruleus Parus major Luscinia megarhynchos Aegithalos caudatus Regulus regulus Turdus merula Phylloscopus collybita Acrocephalus arundinaceus Fringilla coelebs Cettia cetti Prunella modularis Carduelis chloris Acrocephalus palustris Ficedula hypoleuca Troglodytes troglodytes Turdus philomelos Phylloscopus trochilus Acrocephalus schoenobaenus

262 233 169 87 54 42 43 34 33 28 10 17 9 15 13 12 13 11 11 8 6 8

27 1 39

289 234 208 87 74 52 43 37 36 36 31 17 16 15 14 14 13 13 12 10 10 9

217

20 10 3 3 8 21 7 1 2 2 1 2 4 1


23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39

Nome italiano Canapino maggiore Sterpazzola Bigiarella LuĂŹ verde Migliarino di palude Pettazzurro Pendolino Codirosso comune Storno Germano reale Torcicollo Nitticora Averla piccola Passera d'Italia Occhiocotto picchio rosso maggiore Fiorrancino Totale

Nome latino Hippolais icterina Sylvia communis Sylvia curruca Phylloscopus sibilatrix Emberiza schoeniclus Luscinia svecica Remiz pendulinus Phoenicurus phoenicurus Sturnus vulgaris Anas platyrhynchos Jynx torquilla Nycticorax nycticorax Lanius collurio Passer domesticus Sylvia melanocephala Dendrocopos major Regulus ignicapillus

2012 7 5 5 5 1 4 4 3 2 2 1 1 1

1159

2013 1 1 4

1 1 1 1 162

Totale 7 6 6 5 5 4 4 3 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1321

Tabella 3. Individui autoricatturati (2012 e 2013) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

Nome italiano

Nome latino

Capinera Pettirosso Usignolo di fiume Cinciarella Cinciallegra Codibugnolo Passera scopaiola Merlo Usignolo Cannareccione Cannaiola comune Regolo Scricciolo TOTALE

Sylvia atricapilla Erithacus rubecula Cettia cetti Cyanistes caeruleus Parus major Aegithalos caudatus Prunella modularis Turdus merula Luscinia megarhynchos Acrocephalus arundinaceus Acrocephalus scirpaceus Regulus regulus Troglodytes troglodytes

Individui 41 19 9 45 21 33 3 3 18 3 77 3 3 278

L’andamento delle catture mostra come vi sia un primo apice in aprile, in concomitanza con il passo di alcune specie, ed un secondo tra maggio e giugno, per il passaggio degli acrocefali e delle altre specie sub-sahariane. Da luglio, poi, il numero di individui catturati aumenta progressivamente, sino a raggiungere il suo apice in settembre, per il passaggio post-nuziale dei migratori e per la dispersione dei giovani dell’anno.

218


Solo catture, Ca' Pisani. Marzo 2012 - aprile 2013 120 100 80 60 40 20

A

M

ar zo ( pr 3) i M le ( ag 2) g M io ( ag 1 g ) G io ( iu gn 3) o Lu (2 gl ) io Lu (1 gl ) A io ( go 3) Se s tte to ( Se mb 2) tte re m (1 ) b O re ( tto 3) N ov bre em (2 b ) D ic re e m (1 ) G bre en (1 n ) Fe aio bb (1 ra ) io M ar (1) zo M ( ar 1) zo ( A pr 3) ile (2 )

0

Figura 16. Individui catturati, periodo marzo 2012–aprile 2013. Gli individui autoricatturati, ovviamente, aumentano con il passare delle sessioni, di pari passo con l’aumento degli individui marcati nel sito. Si osservano due picchi: il primo in giugno-luglio per la permanenza nel sito di adulti riproduttori e giovani dell’anno, il secondo in inverno, con l’instaurarsi degli individui svernanti. La presenza di un elevato numero di soggetti autoricatturati di alcune specie conferma il fatto che molte cannaiole, capinere, usignoli e cince marcati sono effettivamente in riproduzione all’interno del sito di studio.

Figura 17. Individui autocatturati, periodo marzo 2012–aprile 2013. La specie in assoluto più catturata risulta essere la Capinera, il “silvide” più comune del Delta, seguita dalla Cannaiola comune, a dimostrazione della bontà del sito per gli acrocefali. Il Pettirosso risulta essere la terza specie per importanza numerica, grazie al passaggio dei migratori. Queste tre specie, unitamente al Beccafico, rappresentano ben il 62% degli individui catturati. Importante anche la presenza delle cince, che si riproducono in maniera significativa nell’area.

219


Solo catture, periodo marzo 2012 - aprile 2013

Altre specie 19%

Capinera 21%

Regolo 3% Codibugnolo 3% Usignolo 3% Cinciallegra 4% Cinciarella 6% Beccafico 7%

Cannaiola comune 18%

Pettirosso 16%

Figura 18. Individui catturati, periodo marzo 2012–aprile 2013.

Analisi delle specie Viene di seguito analizzata la fenologia di alcune specie considerate più rappresentative per quanto riguarda lo studio della migrazione, o di altre fasi del ciclo biologico dei Passeriformi.

Acrocefali La Cannaiola comune è specie che sverna in Africa, ed è quindi presente nel Delta del Po solo al passo e come nidificante. In Italia mostra due picchi di presenza, in concomitanza con il passo pre-nuziale e con la dispersione post-riproduttiva. Il picco migratorio registrato nel 2012 a Ca’ Pisani risulta spostato un po’ più avanti rispetto a quanto osservato mediamente in Italia (Licheri & Spina, 2002); si registrata una buona presenza estiva di individui sia in riproduzione che in dispersione. Cannaiola comune, Ca' Pisani. Solo catture - marzo - novembre 2012 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5

M

ar z A o( pr 2) i A le ( pr 1 i ) A le ( pr 2 M ile ) ag ( 3 M gio ) ag ( 1) g M io ag ( 2 G gio ) iu ( gn 3) G o iu ( g 1 G no ) iu ( gn 2) Lu o g (3) Lu lio g (1) Lu lio g (2 A lio ) go ( 3 A st o ) go ( 1 s A t ) Se go o (2 s tt t ) Se em o (3 tt bre ) Se em (1 tt bre ) em ( 2 O bre ) tto ( 3 O bre ) tto ( 1 O br ) N tto e (2 ov b ) r N em e (3 ov br ) em e ( br 1) e (2 )

0

Figura 19. Cannaiola comune, individui catturati.

220


Presso la stazione di inanellamento sono stati ricatturati due individui precedentemente marcati, i cui dati vengono riportati di seguito. Primo individuo: – catturata il 22/6/2005 nell’Oasi di Ca’ Mello (Porto Tolle) – – –

ricatturata il 28/5/2012 in Golena di Ca’ Pisani giorni trascorsi 2530 distanza tra i due siti: km 14,43

È notevole notare come questo individuo abbia mostrato fedeltà al sito, presumibilmente di nidificazione, ovvero l’area del Delta, svernando infatti a sud del Sahara. Secondo individuo: – catturata il 10/09/2011 a Beccara Nuova-Argenta (FE) – ricatturata il 28/07/2012 in Golena Ca’ Pisani – giorni trascorsi 322 – distanza tra i due siti 56,66 km L’individuo è stato inanellato da giovane, mentre nel 2012 è stato classificato come femmina di età 4, cioè nata prima dell’anno in corso (2012). Anche in questo caso si osserva una certa fedeltà all’area geografica di origine. Il Cannareccione è il secondo Acrocefalo per numero di catture; anche questa è specie che sverna nel continente africano, e quindi presso la stazione di inanellamento è stato segnalato da aprile ad agosto. La fenologia mostra quindi due picchi principali, uno di passaggio primaverile e uno in agosto.

Figura 21. Siti di cattura e ricattura di Cannaiola Figura 20. Siti di cattura e ricattura di Cannaiola comune. comune.

221


Cannareccione, Ca' Pisani. Solo catture - marzo - novembre 2012 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5

M

ar z A o( p r 2) i A le ( pr 1 i ) A le ( p 2 M rile ) ag ( 3 M g io ) ag ( 1 g M io ) ag ( 2 G g io ) iu ( gn 3) G o iu ( g 1 G no ) iu ( gn 2) Lu o gl (3) Lu io ( g 1) Lu lio g (2 A lio ) go ( 3 A st o ) go ( 1 s A t ) Se g o o (2 s tt t ) Se em o (3 tt br e ) Se em (1 tt br e ) em ( 2 O br e ) tto (3 O br e ) tto ( 1 O br e ) N tto (2 ov b ) r N em e (3 o v br ) em e ( br 1) e (2 )

0

Figura 22. Cannareccione, individui catturati.

Figura 23. Cannareccione. Foto: L. Sattin.

Silvidi Per la Capinera si può notare come la presenza sia concentrata durane i due momenti di transito migratorio, con presenza estiva di individui in riproduzione. La fenologia di Ca’ Pisani e quella italiana corrispondono in maniera significativa.

222


Figura 24. Capinera, individui catturati. Nel 2012 è stato catturato un individuo con anello norvegese, i cui dati non sono ancora pervenuti.

Figura 25. Capinera. Foto: D. Trombin. Il Beccafico mostra due chiari picchi di presenza, corrispondenti ai due flussi migratori. Il passo prenuziale nel 2012 sembra però ritardato rispetto alla media nazionale.

223


Beccafico, Ca' Pisani. Solo catture - marzo - novembre 2012 30 25 20 15 10 5

M

ar z A o( p r 2) i A le ( pr 1 i ) A le ( p 2 M rile ) ag ( 3 M g io ) ag ( 1 g M io ) ag ( 2 G g io ) iu ( gn 3) G o iu ( g 1 G no ) iu ( gn 2) Lu o gl (3) Lu io ( g 1) Lu lio g (2 A lio ) go ( 3 A st o ) go ( 1 s A t ) Se g o o (2 s tt t ) Se em o (3 tt br e ) Se em (1 tt br e ) em ( 2 O br e ) tto (3 O br e ) tto ( 1 O br e ) N tto (2 ov b ) r N em e (3 o v br ) em e ( br 1) e (2 )

0

Figura 26. Baccafico, individui catturati.

Figura 27. Sterpazzola. Foto: L. Sattin.

Muscicapidi Il Pettirosso, grazie al numero elevato di individui catturati, può essere ben utilizzato come termine di confronto tra la fenologia osservata a Ca’ Pisani e quella nazionale. Mettendo insieme sia i dati 2012 che 2013 si nota come i due picchi di presenza, ovvero tra marzo e aprile e ottobre, corrispondano.

224


Pettirosso, Ca' Pisani. Solo catture - 2012 (NERO) - 2013 (GIALLO) 70 60 50 40 30 20 10

G

en na io Fe (2 bb ) ra io (2 ) M ar zo (2 ) A pr ile (1 ) A pr ile (3 M ) ag gi o (2 G ) iu gn o (1 G ) iu gn o (3 ) Lu gl io (2 A ) go st o (1 A ) go st Se o tt em (3) br e (2 O ) tto br e (1 O ) tto br N e ov (3 em ) br e (2 )

0

Figura 28. Pettirosso, individui catturati.

Paride Il grafico della Cinciarella, mostra, invece, come la parte preponderante dei soggetti catturati dipenda dalla frazione svernante. Cinciarella, Ca' Pisani. Solo catture - 2012 (NERO) - 2013 (GIALLO) 25

20

15

10

5

(2 ) A pr ile (1 ) A pr ile (3 M ) ag gi o ( 2) G iu gn o (1 G ) iu gn o (3 Lu ) gl io (2 A ) go st o ( A g o 1) st Se o tt (3 em ) br e ( 2) O tto br e (1 O ) tto b re N ov (3 em ) br e (2 )

) (2 o

ar zo M

ra i

Fe bb

G

en na

io

(2 )

0

Figura 29. Cincuiarella, individui catturati.

Dinamica di popolazione I cambiamenti nelle popolazioni di Passeriformi possono essere monitorati anche mediante altre tecniche d’indagine, tra cui quella del censimento dei maschi cantori. Tale metodica prevede il censimento in periodo riproduttivo in aree campione, la cui superficie e composizione vegetazionale siano note. Vengono monitorati i maschi in atteggiamento di canto territoriale, fatto che ne fa presumere la riproduzione nel sito. Il censimento viene effettuato in due date distinte, con media poi dei dati raccolti.

225


Al fine di quantificare la consistenza della popolazione nidificante di Silvidi e altri Passeriformi nell’area di studio, e soprattutto di confrontarla con i dati già raccolti nel 2011, si è proceduto con la realizzazione di due sessioni di censimento, effettuate l’1 e il 23 giugno 2012. Durante la stagione riproduttiva 2011, difatti, grazie ad una tesi di laurea specifica (Boscain, 2012) si era potuti giungere alla stima del popolamento nidificante di Silvidi (in senso lato) della parte veneta del Delta del Po. Tabella 4. Monitoraggio 2011 delle coppie nidificanti Species

S.I.C. IT3270003

S.I.C. IT 3270004

S.I.C. IT3270005

S.I.C. IT3270023

Totale parte veneta del Delta del Po

Usignolo di fiume

0

0–5

0–1

1300–1700

2000–3000

Beccamoschino

0

0

0

100–150

100–200

Forapaglie comune

0

0

0

0

0

Cannaiola verdognola

0

0

0

200–250

300–500

Cannaiola comune

0

0

0

1400–1450

1500–1600

Cannareccione

0

0

0

700–750

800–900

Canapino maggiore

0

0

0

0

0

Canapino comune

0

0

0–2

60–100

200–400

50–100

20–35

20–35

2000–3000

3000–5000

0

0

0–1

10–20

10–20

Sterpazzolina comune

0–1

0

0

0

0–1

Occhiocotto

0–2

0

0–1

10–20

15–25

Capinera Sterpazzola

Luì verde

0

0

0

0

0

Luì piccolo

0

0

0

0

0

Luì grosso

0

0

0

0

0

50–103

20–40

20–40

5780–7440

7925–11646

Total

Fonte: Boscain (2012).

In dette sessioni 2012 si è proceduto al censimento completo dei maschi cantori di tutte le specie presenti nell’area oggetto di cattura mediante mist-net. Il censimento è stato effettuato all’alba, soffermandosi in punti prestabiliti scelti al fine di non effettuare sovrastime a causa di doppi conteggi. Tale metodica è nota con il nome di “Punti d’ascolto”. Dai dati raccolti è possibile notare come vi sia una netta preponderanza di 5 specie, delle quali ben 4 di “Silvidi”. Prevale la Capinera, specie adattabile, seguita dall’Usignolo, specie comune nel Delta del Po, e da due acrocefali tipici del canneto. Tutte queste specie descrivono bene le tipologie ambientali del sito, costituito da bosco igrofilo (Capinera), cespuglieti (Usignolo) e canneti (Cannaiola comune, Cannareccione). Le altre specie rilevate come nidificanti sono caratteristiche degli ambiti fluviali, o comunque di zone con discreta copertura arboreo-arbustiva. Molto interessante la presenza dello Sparviere, specie nuova per gli ambienti del Delta. Picchio verde e Colombaccio, invece, sono specie ormai ben affermate, così come la Cinciarella. Egualmente da notare la scarsità di Corvidi, fatto che tendenzialmente favorisce i piccoli Passeriformi. La densità di maschi cantori delle cince è sicuramente sottostimata, dato che trattasi di specie piuttosto precoci. Se confrontiamo questi risultati con i dati raccolti nel 2011 per alcune specie di “Silvidi”, è possibile fare delle considerazioni sull’andamento della riproduzione per il sito in oggetto. Molte le differenze con il

226


2011. Va notato come queste differenze non siano da imputare a cambiamenti morfologici o vegetazionali del sito (data la stabilità dell’area scelta), o a cambiamenti nell’area di indagine (stessa superficie per il 2011 e per il 2012) ma bensì a cambiamenti nella popolazione delle specie ornitiche. Tabella 5. Censimento maschi cantori Maschi cantori

Media

11/05/11

09/06/11

Media

Capinera

30

25

27.5

25

41

33

Cannaiola comune

14

13

13.5

4

4

4

Cannareccione

12

13

12.5

7

6

6

6

Cannaiola verdognola

01/06/12

23/06/12

Usignolo di fiume

13

6

6.5

5

5

19

16

Dall’analisi effettuata si può osservare come la Cannaiola comune risulti in aumento nella golena di Ca’ Pisani. La specie durante il XX secolo ha mostrato una fase di espansione in Europa, con attuale trend di stabilità. La popolazione italiana è stimata in 30-60.000 coppie; quella del Delta veneto è stimata in 1.500–1.600 coppie per il 2011 (Boscain, 2012). Anche il Cannareccione è risultato in aumento nella Golena. La specie mostra un trend negativo in Europa, con cali registrati anche del 50%. La sua favorevole situazione nella Golena e in generale nel Delta del Po è fatto di rilievo. La popolazione italiana è stimata in 20-40.000 coppie, mentre quella del Delta veneto in 800–900 coppie per il 2011 (Boscain, 2012). Due specie risultano invece con trend di stabilità. Si tratta di Capinera e Cannaiola verdognola. La Capinera, così come nel sito di studio, presenta trend di stabilità sia in Italia che in Europa. La popolazione nidificante del Delta veneto è stimata in 3.000–5.000 coppie per il 2011 (Boscain L.), risultando quindi il “silvide” più numeroso. Anche la popolazione europea della Cannaiola verdognola appare stabile; addirittura sono stati registrati fenomeni di Incremento in alcune aree per cambiamento delle zone umide (aumento delle fasce a cespugli). La popolazione nidificante del Delta veneto è stimata in 3.00–5.00 coppie per il 2011 (Boscain, 2012), Uno dei fenomeni più evidenti osservati è stato il crollo della popolazione nidificante di Usignolo di fiume, notato sia a livello globale in Pianura Padana e lungo la costa alto-adriatica, sia all’interno della golena di Ca’ Pisani (nessun maschio cantore nel 2012). Difatti nel 2011 era considerata una delle specie più comuni del Delta veneto, con 2.000–3.000 maschi cantori stimati (Boscain, 2012). è noto come la specie subisca drastiche fluttuazioni a causa di inverni particolarmente rigidi, come difatti quello del 2011-12. la cosa è da tenere sotto particolare osservazione, essendo Italia e Turchia le aree più importanti per la specie in Europa. Particolarmente preoccupante anche il fenomeno del crollo numerico delle popolazioni di Beccamoschino, osservato sia in Italia che nel Delta del Po. Nel 2011 la popolazione nidificante nel Delta veneto era stimata in 100–200 coppie (Boscain, 2012); nel 2012 la specie è stata rinvenuta in un unico sito. È noto come grandi fluttuazioni siano causate da inverni particolarmente rigidi.

Discussione Tra i Passeriformi, il gruppo dei Silvidi in senso lato è sicuramente uno dei più adatti per analisi relative al clima, data la loro spiccata propensione migratoria. Molte, infatti, sono specie transahariane, che

227


trascorrono cioè la stagione fredda nell’Africa equatoriale. I loro spostamenti migratori sono influenzai dal fotoperiodo e dalle condizioni atmosferiche. Ecco quindi che una primavera particolarmente umida e fredda può portare ad un rallentamento della risalita degli adulti pronti per la riproduzione, così come una fine estate calda e secca può rallentarne la partenza verso sud. Altra caratteristica che li rende adatti per questo tipo di analisi è la velocità di risposta ai cambiamenti, sia meteorologici che ambientali; sono infatti migratori molto veloci, ed inoltre specializzati nella scelta di habitat particolari. Nello specifico il 2012 è stato un anno piuttosto anomalo dal punto di vista meteorologico. Gennaio e febbraio hanno visto la presenza di una vasta perturbazione di origine orientale, con siccità e temperature particolarmente basse. La primavera 2012 si avverte subito con i primi giorni di marzo, anormalmente caldi, sia in pianura che in montagna. Questo primo mese primaverile rimane piuttosto mite e mantiene in un certo modo lo stato di siccità osservato durante i mesi invernali. In aprile la situazione inizia a cambiare con il ritorno delle piogge, almeno in montagna, un po’ meno in pianura. Oltre al riaffacciarsi delle precipitazioni, il mese di aprile risulta anche piuttosto fresco. Dal 26 si assiste ad una profonda svolta nella circolazione con l’affermarsi dell’alta pressione delle Azzorre, che riporta bel tempo, progressivamente più mite ed anche relativamente caldo nelle giornate del 26 e 27 aprile con valori attorno ai 30°C in pianura. Maggio risulta assai più primaverile, con l'alternarsi fra Anticiclone delle Azzorre e ultime discese di aria fredda (www.arpa.veneto.it). Quindi, proprio il mese di aprile 2012, particolarmente freddo e umido, può aver influenzato la migrazione di risalita dei Passeriformi. La perturbazione, difatti, può aver ritardato l’avanzata, come pare essere avvenuto per Cannaiola comune e Beccafico. È evidente, però, come un’analisi più attendibile debba essere fatta su più anni di analisi.

Figura 30. Analisi termica mese di aprile 2012. Fonte: www.arpa.veneto.it. Oltre all’analisi del flusso migratorio, grazie ai dati raccolti è stato possibile analizzare la dinamica di popolazione di alcune specie nidificanti, soprattutto mediante il raffronto con i dati pregressi.

228


Da questa analisi è risultato abbastanza evidente come diverse specie stiano mostrando repentini cambiamenti di densità e areale, non ricollegabili direttamente con cambiamenti dell’uso del suolo dell’area del Delta. Tali cambiamenti potrebbero essere messi in diretta relazione con i mutamenti climatici. Per Usignolo di fiume e Beccamoschino, difatti, è noto come grandi fluttuazioni siano provocate da inverni particolarmente rigidi. Anche in questo caso una serie temporale più vasta permetterebbe di giungere a conclusioni più sicure.

Bibliografia Boscain, L. (2012). I silvidi del Delta del Po (Rovigo) – The Warblers of the Po river Delta (Rovigo) (Bachelor's degree). University of Padova, Faculty of Sciences. Licheri, D., & Spina, F. (2002). Biodiversità dell’avifauna italiana: Variabilità morfologica nei Passeriformi (parte II: Alaudidae – Sylviidae). Biol. Cons. Fauna, 112, 1–208.

229



Piano energetico dell’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità nel Delta del Po Francesco Silvestri,a Paolo Vincenzo Filetto,a Marco Gavioli,a Antonio Kaulard,a Christian Cavazzutib a

Eco&Eco srl, via Oberdan 11, 40126 Bologna, Italia. b Sinergia Sistemi SpA, via del Lavoro 87, 40033 Casalecchio di Reno (BO), Italia. Corrispondenza: a info@eco-eco.it.

Riassunto Negli ultimi anni si assiste a un crescente attivismo dei parchi in campo energetico. Tale interesse segnala la volontà di contribuire alla riduzione di CO2, di lottare contro i cambiamenti climatici, di promuovere modelli virtuosi in termini di efficienza energetica e di tutelare il territorio potenzialmente minacciato da impianti per la produzione di energia quali campi fotovoltaici, pale eoliche e biodigestori. Il Piano definisce una politica energetica per il territorio attraverso 3 obiettivi principali, 7 obiettivi operativi, 18 indicazioni e 15 progetti. Il Piano evidenzia che un ente pubblico la cui missione è la tutela della biodiversità, è un protagonista della strategia energetica di un territorio, nella logica della condivisione degli oneri e dell’azione locale per fini globali. Parole chiave: energia, cambiamenti climatici, tutela della biodiversità, parchi naturali, Delta del Po.

Introduzione: definizione del Piano Energetico All’interno del Progetto Climaparks, finanziato dal Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia, l’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità – Delta del Po ha realizzato il Piano energetico della Macroarea. Ci sono alcuni obiettivi molto attuali che caratterizzano il Piano: approfondire la conoscenza delle vocazioni e delle potenzialità energetiche dell’area del Delta del Po, definire una strategia per l'efficienza energetica e i cambiamenti climatici in atto nella zona, creare un gruppo di progetti implementabili per dare solidità agli obiettivi. Le imprese eco&eco Economa ed Ecologia di Bologna e Sinergia Sistemi di Casalecchio di Reno (BO), sono state selezionate per svolgere questo compito. Gli aspetti tecnici sono stati affrontati da Sinergia Sistemi, mentre il Piano è stato coordinato da eco&eco, società operante nel campo della consulenza e ricerca economica, della gestione delle risorse ambientali, delle politiche pubbliche per l'ambiente e per la sostenibilità energetica, presente nell'area del Delta del Po da oltre 15 anni.

Obiettivi e metodologia Il Piano Energetico propone tre obiettivi principali, sette obiettivi operativi, 18 indicazioni e 15 progetti che assieme contribuiscono a delineare la politica energetica dell'area del Delta, definendone le risorse e i finanziamenti, i benefici economici e il risparmio in termini di emissioni di CO2. Il Piano definisce anche il percorso necessario per rendere il Delta del Po la prima area protetta ad aderire al Patto dei Sindaci, il

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movimento europeo che coinvolge autorità locali e regionali impegnate ad aumentare l'efficienza energetica e l'uso delle fonti energetiche rinnovabili nei loro rispettivi territori. In questo modo il Piano Energetico intende porre in evidenza che un ente pubblico impegnato nella conservazione della biodiversità va considerato come un attore principale nel raggiungimento degli obiettivi di razionalità energetica di un intero territorio, nella logica della condivisione degli oneri e dell’azione locale per fini globali.

Prospettive e contesto del Piano Energetico Come noto, le aree protette (parchi nazionali e regionali, siti Natura 2000) sono istituzioni costituite per affrontare tematiche quali la conservazione della flora e della fauna e lo sviluppo sostenibile ma, proprio per la natura della loro missione, si ritrovano a occuparsi anche di cambiamenti climatici – parola chiave in materia ambientale al giorno d’oggi. Ciò significa che vengono progressivamente sempre più chiamate in causa anche in materia di energia. Il quadro di riferimento principale in tema di energia per il Parco del Delta del Po è rappresentato dal Protocollo di Kyoto, dal Piano energetico europeo (conosciuto anche come Pacchetto 20-20-20), recentemente rinnovato e ampliato con la Roadmap 2050 per l’energia, dal Piano d’azione nazionale 2020 per le energie rinnovabili, dal Piano energetico regionale dell’Emilia-Romagna e dai relativi Piani d'azione triennali, dai Piani energetici provinciali e, infine, dai PAES comunali. La Roadmap 2050 per l’energia si pone l'ambizioso obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica dell’80% entro il 2050 tramite l’adozione di un sistema energetico a basse emissioni di carbonio e seguendo i principi di sussidiarietà e condivisione delle responsabilità (burden sharing). A questo proposito il Ministero per lo Sviluppo Economico e il Ministero dell'Ambiente italiani hanno deciso di emanare il cosiddetto Decreto sulle rinnovabili (D. Lgs. 28/2011), con il quale si richiede a qualsiasi Amministrazione regionale di contribuire in maniera concreta alla riduzione dei consumi di energia introducendo forme di energie rinnovabili per conseguire l'obiettivo. Sebbene non in maniera esplicita, il decreto sembra suggerire che l'obiettivo minimo fissato per ogni regione debba essere trasferito alle altre Amministrazioni di livello inferiore: Province, Comuni e altri enti locali quali i Parchi Regionali. Si tratta di aree rurali con una grossa produzione di biomassa, ma anche di territori fortemente antropizzati, in cui si svolgono attività commerciali e produttive e sono localizzati edifici con forti consumi energetici; i parchi, inoltre, sono centri amministrativi con uffici, infopoint, strutture ricettive e autoveicoli anch’essi con esigenze energetiche. Infine, i parchi sono enti territoriali preposti alla pianificazione urbana (ed energetica) e alla programmazione economica delle aree rientranti sotto la loro giurisdizione funzionale. Negli ultimi anni, molte aree protette hanno avviato progetti di efficienza energetica e riduzione di CO2, spesso attraverso azioni pilota. Solo in Emilia-Romagna, ad esempio, si è assistito negli ultimi anni alle seguenti iniziative: – Produzione di energie rinnovabili negli edifici di proprietà dei parchi naturali (moduli fotovoltaici nel Parco Regionale del Taro, pala eolica presso l'ostello della Parco Regionale Vena del Gesso Romagnola); – Coordinamento di gruppi di acquisto per l’installazione di moduli fotovoltaici in edifici residenziali all'interno del parco (progetto Sole-Parco del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano),

232


– –

– –

Attività di rimboschimento al fine di aumentare la capacità dei sink di carbonio secondo il Protocollo di Tokyo (Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia Romagna, Parco Regionale Boschi di Carrega), Introduzione di automobili, biciclette e motoveicoli elettrici per il trasporto dei visitatori e del personale all'interno del parco (Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia Romagna, Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano), Sensibilizzazione al risparmio energetico di abitanti, studenti e professionisti (Parco Regionale Abbazia di Monteveglio), Realizzazione di studi e ricerche sui cambiamenti climatici (Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia Romagna).

Sebbene sia difficile definire problematico il loro consumo energetico, le aree protette potrebbero operare come snodi principali della rete energetica regionale, sia esprimendo la loro natura di "laboratori sociali" in cui sperimentare buone pratiche anche nel campo delle energie rinnovabili e del risparmio energetico, sia in qualità di centri di indirizzo e attrazione sul tema per le zone rurali. In questo senso, si può affermare che c’è davvero bisogno di piani energetici dei parchi naturali e che i parchi possono svolgere un ruolo importante nella definizione delle politiche energetiche di un territorio. Ciò è vero per una lunga serie di ragioni: – perché la biodiversità, la cui tutela è la missione prioritaria di un parco naturale, è strettamente influenzata dai cambiamenti climatici che derivano principalmente dal consumo e dalla produzione di energia; – perché anche un parco naturale, inteso sia come territorio che come ente locale, è tenuto a contribuire agli obiettivi di razionalità energetica definiti dai livelli amministrativi superiori in linea con il principio di burden sharing e la logica del "pensare globalmente e agire localmente"; – perché un’area protetta è un luogo dove poter testare modelli virtuosi in materia ambientale, energia inclusa; – perché in Italia c'è un forte dibattito sul futuro dei livelli amministrativi intermedi e gli enti quali i parchi naturali potrebbero essere chiamati a farsi carico dei compiti delle Province nel coordinare e sostenere le questioni ambientali e energetiche a livello sub-regionale. Queste ragioni rappresentano le motivazioni che hanno portato il l’Ente Parco Delta del Po dell’Emilia Romagna a diventare uno dei primi parchi in Europa a dotarsi di un Piano Energetico.

Piano Energetico del Delta del Po, parte 1a: analisi Il Piano Energetico si concentra principalmente su come affrontare le politiche e le dinamiche del territorio legate all'energia, con particolare attenzione alla conservazione della biodiversità. L'approccio è di tipo strategico, con obiettivi, linee guida e azioni pilota da attuare sul territorio, tralasciando le azioni volte a favorire l'efficienza energetica del Parco come ente locale (attività d'ufficio, macchinari, veicoli). Il Piano è suddiviso in due macro-sezioni: quella analitica, in cui sono raccolte le informazioni sui piani e le attività legate all’efficienza energetica che hanno luogo nel territorio del Parco, gestiti da enti locali (Parco Regionale incluso), imprese private e cittadini. Nel fare ciò si è seguito il fil rouge delle vocazioni economiche delle diverse aree, ossia: – Laguna di Goro: pesca e mitilicoltura; – acque interne: capanni da pesca e da caccia; –

costa: stabilimenti balneari e servizi di spiaggia;

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aree interne: aziende agricole ed agrituristiche.

In aggiunta a queste categorie, sono stati illustrati i progetti legati al tema energetico più interessanti già in corso nell'area del Parco, a titolarità di diversi tipi di operatore economico o istituzionale. Stabulario Copego FTV 400 kW

Impianto a terra MaranoSolar FTV 990 kW

Impianto FI-EL Biogas 999 kW

Camping Florenz Geotermia Riforestazione Parchi per Kyoto Impianti a terra RTR FTV 34+26 MW Impianto Agrisfera Biogas 999 kW

Micro-Pala TRE Eolico 1,5 kW

Centro Visita Ecomuseo delle Valli FTV 3-5 kW Impianto Pro Energia Biogas 999 kW

Pala Solar Farm Eolico 10 kW

Impianti a terra Solar Farm FTV 34,6+26 MW Pala Tozzi Nord Eolico 10 kW

Impianto a terra Solen FTV 2,4 MW

Centro Visita Salina FTV 1,5 kW

Fotovoltaico Eolico Biomassa/biogas Geotermia Riforestazioni

Figura 1. Mappa dei progetti energetici esistenti nell’area Parco. L'indagine è stata condotta attraverso un’analisi documentale, visite sul campo e interviste ai soggetti interessati (associazioni di categoria, cooperative agricole che gestiscono impianti a biomasse, produttori

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locali di energie rinnovabili, responsabili di stabilimenti balneari ed associazioni turistiche, dipendenti pubblici). La parte analitica del Piano può essere sintetizzata attraverso la mappa indicata qui di seguito, sulla quale sono riportate le esperienze più interessanti realizzate all’interno dell’area Parco.

Piano Energetico del Delta del Po, parte 2a: strategia e progetti La seconda parte del Piano Energetico si concentra sugli obiettivi strategici, sulle linee guide e sui progetti da realizzare nell’area con il sostegno dell’Ente Parco. Le azioni locali suggerite sono di diversi tipi: non solo progetti immateriali (studi, campagne di comunicazione e informazione sulle buone pratiche), ma anche progetti misurabili in termini di energia prodotta e risparmiata, di riduzione delle emissioni di CO2, di costi e benefici monetari. Inoltre, per rafforzare la bancabilità del Piano è stata condotta un’indagine sulle potenziali risorse finanziarie a disposizione. Infine, per tutti i progetto è stata prevista una valutazione dei potenziali impatti sui siti Natura 2000. La sintesi del Piano è rappresentata nella tabella che segue. Tabella 1. Sintesi del Piano Energetico Obiettivi strategici Tutelare la biodiversità attraverso la lotta al cambiamento climatico

Contribuire agli obiettivi globali di efficienza energetica nell’ottica del burden sharing

Porsi come soggetto di sperimentazione e coordinamento in materia energetica

Obiettivi specifici 1. Promuovere l’uso razionale dell’energia e la riduzione delle emissioni di CO2 nell’Ente e nei sistemi territoriali locali

Indirizzi 1. Realizzare un piano di azione per l’efficienza energetica dell’ente 2. Favorire soluzioni di efficienza energetica delle strutture 3. Appoggiare la pianificazione locale su energia e riduzione emissioni CO2 2. Razionalizzazione energetica 4. Favorire la sostituzione dei macchinari e la installazione di degli insediamenti produttivi impianti poco invasivi 5. Favorire la diffusione di pratiche per l’efficienza energetica flessibili ed adattabili alle realtà produttive locali 3. Riduzione emissioni dei mezzi 6. Procedere al rinnovamento del parco veicolare dell’Ente dell’Ente e per il trasporto di 7. Realizzare progetti di mobilità sostenibile per i visitatori merci e turisti 8. Favorire la riduzione dell’impatto delle imbarcazioni per l’acquacoltura 4. Sostegno alla produzione 9. Favorire impianti a basso impatto e poco invasivi locale di energia da fonte 10. Favorire la riconversione delle aree dismesse per la rinnovabile produzione di energie rinnovabili 5. Sostegno all’efficienza 11. Favorire l’efficienza energetica dell’impresa agricola energetica dell’impresa agricola 12. Raccomandare la filiera corta di approvvigionamento e la e forestale; chiusura dei cicli 6. Sostegno a ricerca e 13. finanziare studi e ricerche sui temi di energia e informazione su cambiamento cambiamento climatico climatico ed energia 14. Costruire prodotti divulgativi su energia e cambiamento climatico 15. Favorire la circolazione di buone pratiche 16. Collaborare con altri enti e istituzioni dell’area 7. Coinvolgimento dei Comuni 17. Creare una rete di soggetti attivi sui temi dell’energia della Macroarea nelle politiche 18. Fornire assistenza ai Comuni marginali di efficienza energetica

Le 15 azioni pilota sono raggruppate in una sorta di abaco che permette di quantificare gli investimenti necessari e i risultati ottenibili in termini di valore monetario dell’efficienza energetica prodotta e di CO2 risparmiata. L'elenco dei progetti realizzabili e dei relativi costi è indicato nella tabella seguente, mentre quella successiva indica i benefici totali generati da ogni singolo progetto.

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Tabella 2. Elenco dei progetti realizzabili e delle loro caratteristiche Progetto

a. Piano di Azione dell’Ente

Investimento Investimento globale (€) singolo (€)

40.000

b Il capanno efficiente (allacciato alla rete) b. Il capanno efficiente (stand alone) c. Ripristino del Bosco Eliceo

Adesione potenziale (%) (stima)

1

Investimento complessivo Finanziamenti attivabili (€) 40.000

Fondazioni; Fondi propri; PER (PTA Misura 4.2), Cooperazione europea

7.500

100

30

225.000

Cooperazione europea, IV conto energia,

6.000

650

10

390.000

Cooperazione europea

4.604.000

d. Goro borgo solare e. Adesione Patto dei Sindaci

Strutture interessate

4.604.000 8.000

1.694

1

20.000

135.520 20.000

f. Il campeggio efficiente

43.000

27

30

348.300

g. Il bagno efficiente

20.000

344

10

688.000

h. L’agriturismo efficiente

62.000

32

25

496.000

i. Ecoprofit del delta

375.000

1 (10 imprese)

375.000

l. Mobilità sostenibile nelle Stazioni del parco

1.421.000

1

1.421.000

m. imbarcazioni V Categoria (kit) m. imbarcazioni V Categoria (sostituzione) n. Salina a emissioni zero

2.000

400

25

200.000

15.000

256

10

384.000

800.000

o. Stazioni da pesca

1

150.000

800.000

3

100

450.000

p. Conversione a fotovoltaico area Ex SIVALCO

1.400.000

1

1.400.000

q. Atlante del delta

30.000

1

30.000

Totale

8.690.000

12.006.820

236

Donatori PER (PTA Misura 2.6 – Fondo per Kyoto) IV Conto energia, Istituti di credito Fondazioni; Fondi propri; PER (PTA Misura 4.2) Agevolazioni 55%; IV conto energia Agevolazioni 55%; IV conto energia Agevolazioni 55%, IV conto energia, PER (PTA Misura 3.1) Progetti di cooperazione, PER (PTA Misura 4.2), cofinanziamento partecipanti LIFE+, IV conto energia, PER (PTA Misura 3.1), EEEF, CIP EIE, PER (PTA Misura 5.4) GAC, PER (PTA Misura 5.4) Privati Tariffa Omnicomprensiva, Fondi Parco CIP Ecoinnovation, PER (PTA Misura 3.2) IV conto energia, Fondazioni IV conto energia, Fondazioni, ESCO, LIFE+, 7th FP, PER (PTA Misura 2.6) Fondazioni; Fondi propri, GAL Leader (Misura 412)


Tabella 3. Elenco dei progetti realizzabili e dei loro benefici Progetto a. Piano di Azione dell’Ente b Il capanno efficiente (allacciato alla rete) b. Il capanno efficiente (stand alone) c. Ripristino del Bosco Eliceo d. Goro borgo solare e. Adesione Patto dei Sindaci f. Il campeggio efficiente g. Il bagno efficiente h. L’agriturismo efficiente i. Ecoprofit del delta l. Mobilità sostenibile nelle Stazioni del parco m. imbarcazioni V Categoria (kit) m. imbarcazioni V Categoria (sostituzione) n. Salina a emissioni zero o. Stazioni da pesca p. Conversione a fotovoltaico area Ex SIVALCO q. Atlante del delta Total

Risparmio energetico (kWh/year)

Valore monetario totale (€/year)

Pay-back (years)

Risparmio totale di emissioni (kg CO2/year)

-

-

-

-

4.000

29.100

8

78.000

1.300 3.312 44.500 10.950 41.000 395.000

16.250 10.000 13.552 46.980 82.560 64.000 162.934

24 Non rilevante 10 7 8 8 3

56.550 173.400.000 24.292 243.000 254.560 108.000 348.803

25.000

9.000

Non rilevante

6.700

400

640.000

240.000

256

163.840

Al consumo di 8.000 litri di carburante

675.000 47.656

100.000 34.500

8 13

70.000 96.000

800.000

260.000

7

540.000

-

1.632.716

8

175.527.344

61.440

La principale caratteristica di questo Piano Energetico è di essere il prodotto di un ente locale la cui missione è la conservazione della biodiversità. Di conseguenza, per ciascun progetto sono stati valutati i potenziali impatti ambientali, in particolare sulla rete Natura 2000. Dal punto di vista della tecnologia prospettata, i progetti prevedono la installazione di pannelli fotovoltaici integrati nei tetti delle strutture, di impianti per il solare-termico e, in un unico caso, la creazione di un impianto di biogas di piccole dimensioni. Dalla valutazione degli impatti emergono quattro prescrizioni da considerare durante la realizzazione pratica dei progetti. Tabella 4. Prescrizioni per la futura realizzazione dei progetti Prescrizione Per impianti ad energia solare di dimensioni inferiori ai 100 kWp e non concentrati, localizzati in area SIC/ZPS n. 1 si suggerisce l’utilizzo di moduli complanari installati su tetti di edifici e strutture e la compilazione della prevalutazione di incidenza Prescrizione Per impianti ad energia solare di dimensioni inferiori ai 100 kWp e non concentrati, localizzati in prossimità di n. 2 aree SIC/ZPS si suggerisce l’utilizzo di moduli complanari installati su tetti di edifici e strutture Prescrizione Per impianti ad energia solare di dimensioni superiori ai 100 kWp o un ettaro di superficie localizzati n. 3 all’interno di aree SIC/ZPS si suggerisce l’utilizzo di moduli complanari installati su tetti di edifici e strutture, con tecnologia non riflettente ed obbligo di pre-valutazione di incidenza. Si suggerisce anche la richiesta di Relazione Paesaggistica Prescrizione Per impianti a biogas/biomassa localizzati in prossimità di aree SIC/ZPS, ferma restando la necessità di n. 4 prevedere filiere corte di approvvigionamento (Cfr. Indirizzo 12) si suggerisce la richiesta di pre-valutazione di incidenza e di Relazione Paesaggistica

Ciascun progetto è descritto nel Rapporto con una specifica scheda di sintesi e con una scheda più dettagliata in allegato, qualora il progetto abbia avuto bisogno di un’ulteriore spiegazione tecnica. Un esempio della scheda sintetica è riportato di seguito.

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Titolo

Destinatari Descrizione

Obiettivo operativo Localizzazione Tecnologie e fasi Costo di investimento

Finanziamenti

Misurazione risultati

Possibili impatti ambientali

(risparmio energia, CO2, entrate/minori costi, pay back)

Crediti

Figura 2. Scheda sintetica di progetto.

Parchi, energia e cambiamento climatico Il Piano Energetico del Delta del Po si propone di fornire al Parco Regionale – che nel frattempo si è evoluto nell’Ente per la conservazione della biodiversità della Macro-area del Delta del Po, con funzioni di conservazione della biodiversità in un territorio più ampio – un documento con cui affrontare le sfide legate a energia e cambiamenti climatici a partire da una prospettiva basata sulla tutela della biodiversità e sullo sviluppo sostenibile. In questo modo, l’ente intende da un lato rivendicare la propria competenza in materia rispetto ad altri livelli amministrativi – come le Province e la Regione – e la sua adesione al principio del burden sharing; dall’altro proporsi come partner di altri enti locali e pubblici nell’attuazione della politica energetica del territorio del Delta. Per raggiungere tale obiettivo, il Piano ha assunto la dimensione di piano strategico, seguendo l’esempio degli enti di area vasta, e non dei piani di azione comunali, più attenti alla realizzazione di azioni concrete per l'abbattimento della CO2 e la riduzione della bolletta energetica dell’ente. Nonostante il suo orientamento strategico, grazie all’abaco di 15 progetti il Piano Energetico del Delta del Po è in grado di evidenziare una serie di obiettivi realizzabili in termini di risparmio monetario e abbattimento di CO2, in una sorta di analisi costi-benefici i cui risultati finali sono riassunti nella tabella seguente.

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Tabella 5. Analisi costi-benefici Costi di investimento Valore economico annuo (ricavi e risparmi) Pay Back medio Riduzione annuale di CO2

€ 12.006.820 € 1.632.716 7 anni e 4 mesi Kg CO2 175.527.344 (Kg CO2 2.127.344 escludendo il progetto di ricostituzione del Bosco Eliceo)

Come già evidenziato, questo Piano Energetico pone il Delta del Po all’avanguardia rispetto agli altri parchi europei e instaura un rapporto tra la tutela dell’ambiente e la pianificazione energetica. In Italia, solo il Parco Regionale del Ticino in Lombardia ha approvato un Piano Energetico sotto forma di PAES (2007), mentre il Parco Regionale dell'Adamello-Brenta è coinvolto in un progetto europeo per l'abbattimento della CO2 (Fossil Free). In tutta Europa sono meno di 10 le aree protette che possono vantare una certa esperienza in materia di pianificazione energetica. Per il Delta del Po dell'Emilia-Romagna questo Piano Energetico non è altro che un primo passo, da fare seguire da due ulteriori fasi: la prima è l’elaborazione di un vero e proprio Piano di azione, finalizzato ad affrontare la questione dell’efficientamento energetico delle strutture del Parco; la seconda è la candidatura al Patto dei Sindaci in veste di coordinatore per l'intera area. Diventando il primo Parco ad aderire al Patto, il Delta del Po può indicare una nuova via per le aree protette e per la pianificazione energetica nelle aree rurali.

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Monitoraggio degli effetti dei cambiamenti climatici sulle biocenosi del Parco regionale del Delta del Po dell’Emilia Romagna Stefano Mazzotti,a Fausto Pesarini,a Teresa Boscolo,a Sara Lefosse,a Danio Miserocchi,a Elisabetta Tiozzo,a Luciano Massettib a

Museo Civico di Storia Naturale, Via De Pisis 24, 44100 Ferrara, Italia. b Istituto di Biometeorologia, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Via Giovanni Caproni 8, 50145 Firenze, Italia. Corrispondenza: a museo.storianaturale@comune.fe.it, b direttore@ibimet.cnr.it.

Riassunto Sono individuate specie e tassocenosi che costituiscono indicatori bioclimatici sensibili delle modificazioni meteo-climatiche nel Delta del Po: a) rana agile (Rana dalmatina); b) carabidocenosi (Coleoptera, Carabidae); c) microteriocenosi (Mammalia, Rodentia, Soricomorpha). L’analisi delle carabidocenosi ha mostrato un aumento relativo di corotipi centro asiatici turanici e il contemporaneo forte regresso di quelli asiatico settentrionale evidenziando una sostituzione di faune in atto con un processo di avvicendamento di specie igrofile con specie termofile. Anche per le microteriocenosi si osserva l’aumento di specie termofile e la diminuzione di quelle mesofile. I cambiamenti climatici potrebbero interessare anche la fenologia di rana agile con effetti sulle attività riproduttive. Parole chiave: Delta del Po, indicatori bioclimatici, rana agile, microteriocenosi, carabidocenosi, cambiamenti climatici.

Introduzione: indicatori bioclimatici La valutazione degli effetti climatici sulle biocenosi richiede l’individuazione di specie, tassocenosi e comunità distinte che costituiscono indicatori sensibili delle modificazioni meteo-climatiche locali. Si tratta pertanto di individuare gruppi chiave costituiti da specie ombrello che assumono ruoli di indicatori basati sulle modificazioni di ritmi vitali o della composizione di comunità presenti in un determinato comparto ecologico. I criteri di scelta dei taxa e di modelli di monitoraggio che possono essere ritenuti omogenei per tutti i parchi e le aree protette del progetto CLIMAPARKS sono sintetizzabili nei seguenti due punti: 1) Identificare tassocenosi, comunità animali o popolazioni di specie ombrello da monitorare quali bioindicatori nei loro cicli riproduttivi in relazione ai ritmi di attività stagionali e correlarli a rilevamenti di parametri meteo-climatici (temperatura di acqua, aria e suolo, precipitazioni, umidità dell’aria, irraggiamento ecc.) monitorati in parallelo allo scopo di individuare relazioni fra fenologie delle specie individuate e andamenti dei parametri individuati (ad es. tempi di comparsa in migrazioni riproduttive, frequenze di comparsa, andamenti termici correlati). Le informazioni acquisite potranno essere comparate con dati pregressi e confrontati con monitoraggi successivi per l’identificazione di eventuali trend; 2) Analizzare strutture di comunità o tassocenosi mediante l’analisi della composizione qualitativa e delle frequenze quantitative delle specie che le compongono correlate ad aree circoscritte. Anche in questo caso le informazioni acquisite (numero e ripartizione delle frequenze delle diverse specie) potranno essere comparate con dati pregressi e confrontati con monitoraggi successivi per l’identificazione di eventuali trend (ad es. variazione delle frequenze delle specie componenti le comunità, scomparsa o sostituzione di specie).

241


Seguendo le indicazioni sopra esposte gli indicatori bioclimatici specifici appositamente individuati per il Delta del Po sono i seguenti: a) Anfibi, specie target rana agile (Rana dalmatina) (figura 1); b) carabidocenosi (Coleoptera, Carabidae); c) Microteriocenosi (micromammiferi) (Mammalia, Rodentia, Soricomorpha).

Figura 1. Rana agile (Rana dalmatina) bioindicatore climatico utilizzato per i monitoraggi nel delta del Po dell'Emilia Romagna.

Siti di monitoraggio e materiali e metodi Sono stati selezionati due siti di particolare valenza ai fini del monitoraggio: il Bosco della Mesola, nel settore ferrarese del Parco, e la Pineta di Classe nel settore ravennate. La Riserva Naturale del Bosco della Mesola è caratterizzata dall’alternarsi di cordoni dunosi e di depressioni interdunali, su cui sono insediate vegetazioni rispettivamente xero-termofile e termo-igrofile; nelle depressioni interdunali, oltre ad habitat di bosco igrofilo sussistono anche vegetazioni stadiali quali prati umidi e cenosi acquatiche in corrispondenza di laghetti, stagni e pozze (per una più dettagliata descrizione del biotopo e della vegetazione si veda Mazzotti, 2007). Le Pinete Ravennati e le retrostanti Piallasse presentano la stessa varietà di habitat xero-termofili e termo-igrofili ma con una più marcata separazione tra le due differenti tipologie e una maggiore accentuazione delle rispettive caratteristiche (Mazzotti, 2007). Sia per il Bosco della Mesola sia per gli habitat del sito ravennate sono disponibili molti dati pregressi sulle comunità di Carabidi e sulla popolazione di rana aglie, che coprono l’arco di alcuni decenni, e che sono pertanto un importante elemento di riferimento al fine di individuare eventuali trend temporali nella composizione delle cenosi. Per il monitoraggio dei micromammiferi si sono effettuati sopralluoghi nell’area del delta del Po delle province di Ferrara e Rovigo per individuare casolari abbandonati che costituissero roosts idonei alla raccolta dei boli alimentari di barbagianni (Tyto alba). La scelta dei siti si è basata sulla presenza di dati e materiali museali pregressi, sono stati scelti quei roosts che non hanno subito cambiamenti radicali degli ambienti circostanti o modificazioni sostanziali dell’uso del suolo. Tali informazioni sono state acquisite attraverso l’analisi delle “Carte dell’uso reale del suolo” realizzate dal

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Servizio cartografico e dei suoli della Regione Emilia Romagna e delle carte in formato digitale realizzate all’interno del progetto Corine Land Cover 2000. I roosts analizzati hanno fornito le prede distribuite in una superficie di territorio che corrisponde approssimativamente all’home-range del barbagianni, che per convenzione viene rappresentato con una circonferenza che ha il centro localizzato in corrispondenza del roost, e un raggio di ampiezza di 2.5 Km. Per analizzare il clima del Delta del Po e i suoi cambiamenti si è operata una ricerca di fonti storiche dei rilevamenti meteorologici di stazioni ubicate nei pressi dei siti di monitoraggio. L’indagine ha permesso di individuare tre stazioni meteo in possesso di serie storiche validate da istituzioni quali il Servizio Meteorologico ERMES DEXTER della regione Emilia-Romagna, ARPAV della Regione Veneto e della Provincia di Ferrara preposte alla registrazione di dati meteorologici che hanno fornito le loro banche dati. Da maggio 2011 nell’ambito del programma CLIMAPARKS è stata istallata una stazione meteorologica completa di rilevatori di temperatura, umidità relativa, precipitazioni, direzione e velocità del vento gestita da ARPA Regione Emilia-Romagna, che ci ha permesso di rilevare in tempo reale i parametri meteorologici di questa stazione. Elenchiamo di seguito (tabella 1) le fonti che hanno permesso il confronto con i dati rilevati durante il monitoraggio con le strumentazioni istallate. Tabella 1. Serie storiche di rilevamento dei dati meteorologici Codice S1 S2 S3

Stazione Pineta di Classe (Ravenna) Bosco Mesola (Ferrara) Porto Tolle (Rovigo)

Periodo disponibile 1948–2011 1986–2012 1989–2012

Periodo analizzato 1948–2011 1992–2012 1990–2012

Le serie storiche sono state sottoposte ad un processo di controllo di qualità e completezza. In particolare le annate e le stagioni che risultavano avere una percentuale di dati mancanti superiore all’1% sono state rispettivamente escluse dalle analisi climatiche annuali e stagionali. Le serie sono state sottoposte ad un test di omogeneità SNHT (Alexandersson, 1986) ed in particolare la serie S2 ha mostrato una sospetta discontinuità tra il 1990 e il 1991 dove il test presenta un massimo che è un indicatore di una discontinuità in quel punto. I metadati della stazione non hanno permesso di verificare la causa di questa potenziale discontinuità, pertanto è stato deciso di limitare le analisi di questa stazione al periodo 1992-2012 (il 2001 e il 2004 sono stati esclusi dall’analisi del trend annuale per la mancanza di una quantità significativa di dati nel periodo autunnale). S1 e S3 sono risultate complete rispettivamente per i periodi 1948-2011 e 1990-2012. Le serie storiche degli indicatori bioclimatici e di aridità riportati in tabella 2 sono stati analizzati per identificare eventuali trend annuali (A) e stagionali (S). Tabella 2. Indicatori bioclimatici e di aridità e livelli di aggregazione annuale (A) e stagionale (S) Indice TX TM TN P NP PF MART Q

Descrizione Media delle Temperature massime Media delle Temperature medie Media delle Temperature minime Precipitazione cumulata Giorni di pioggia (p > 1 mm) Pluviofattore di Lang (1915) Indice di de Martonne Quoziente pluviometrico di Emberger

Aggregazione A–S A–S A–S A–S A–S A A A

Formula

P/TM P/(TM+10) 2 2 100*P/(TC -TF )

Nota: TC = temperatura media massima del mese più caldo in °C, TF = temperatura media minima del mese più freddo in °C.

243


L’indagine sulla carabidofauna è stata effettuata mediante l’impiego di 24 pitfall-traps (trappole a caduta), 12 posizionate al Bosco della Mesola e 12 alla Pineta di Classe. Nelle due aree di monitoraggio sono stati individuati due siti di trappolaggio dove sono state collocate 6 pitfall traps, distanziate l’una dall’altra di circa 5-6 m. Come trappole sono stati utilizzati dei barattoli cilindrici di 12 cm di profondità e 9 cm di diametro, interrati fino al bordo e “innescati” riempiendoli per circa metà con aceto di vino bianco, che funge da attrattore per l’artropodofauna, e aggiungendovi sale da cucina (Na Cl) fino ad una concentrazione del 5% per conservare gli insetti caduti. Tutte le trappole sono state coperte da speciali coperchi di plastica, per proteggerne il contenuto da foglie, detriti e agenti atmosferici, tenuti sollevati dal suolo per permettere l’entrata degli artropodi. Lo svuotamento e il successivo rinnovo delle trappole è stato effettuato con cadenza bisettimanale/mensile. Tutti i Carabidi sono stati determinati e preparati a secco e conservati in scatole entomologiche. Il rimanente contenuto delle trappole è stato smistato in miscellanea generale e miscellanea Coleoptera e lasciato in alcool 70%, presso le collezioni di studio del Museo di Storia Naturale di Ferrara. Per il monitoraggio della popolazione di rana agile si è considerato l’inizio dell’attività riproduttiva, corrispondente alla comparsa della prima ovatura, rilevata tramite osservazioni dirette di esemplari e/o ovature e con l’ausilio di un idrofono. Per ovviare al possibile errore nel calcolo del DOY (Day Of the Year) di inizio deposizione abbiamo tenuto conto anche della data con il 20% di catture e di quella con il massimo di catture per ogni anno. Abbiamo quindi considerato le condizioni meteo del DOY precedente il rinvenimento di una ovatura, assumendo come DOY di deposizione quello dello spostamento delle femmine. Inoltre nel 2012, nel sito Bosco Mesola, sono state utilizzate trappole a caduta con barriere dal 21 febbraio al 10 marzo, per intercettare la migrazione riproduttiva; le trappole sono state controllate almeno una volta al giorno e gli esemplari rinvenuti sono stati misurati (lunghezza apice del muso-cloaca, SVL), pesati e rilasciati all’interno della barriera per consentire l’accesso all’acqua. Ogni femmina depone un’ovatura, per cui il numero di ovature presenti in un sito corrisponde a quello delle femmine. Tramite la banca dati del Museo è stato possibile calcolare la media del rapporto maschi/femmine per elaborare una stima della popolazione riproduttiva dagli anni in cui siano state contate solo le ovature. Per il monitoraggio dei micromammiferi sono messi a confronto dati di studi riguardanti l’analisi di borre di barbagianni (Tyto alba), relative a tre diversi periodi di raccolta (1975-80; 2006-09; 2011-12), allo scopo di analizzare se variazioni delle condizioni climatiche hanno condizionato la composizione delle comunità microteriologiche dell’area di studio. Le raccolte delle borre sono state effettuate trimestralmente da luglio 2011 a settembre 2013, in otto casolari nel Parco del Delta del Po. L’analisi del materiale osteologico è stata effettuata secondo le metodologie indicate da Contoli (1980). Per la determinazione delle specie si sono utilizzati i criteri diagnostici proposti da vari autori (Toschi, 1959; Toschi, 1965; Chaline et al., 1974; Niethammer & Krapp, 1978a; Niethammer & Krapp, 1978b; Nappi, 2001; Amori et al. 2008). Una volta conclusa la raccolta, l’apertura delle borre, la determinazione e l’archiviazione del materiale, si è proceduto con l’analisi dei dati mediante l’applicazione degli indici di termoxerofilia (Contoli, 1980) che si basano sulle frequenze relative di specie con diverse esigenze termiche. Gli indici assumono valori più elevati in corrispondenza di aree più calde e aride: ITX = Crocidurinae/Soricidae; ITX1 (Suncus etruscus – Sorex sp.)/Soricidae; ITX2 = {(Suncus etruscus/Soricidae) + [(Mus musculus + Rattus rattus)/Murinae]}/ 2; ITX3 = (Mus musculus + Rattus rattus)/Murinae.

244


Risultati I valori mensili termo-pluviometrici delle tre stazioni di rilevamento sono caratterizzati da un regime termico analogo. La stazione Pineta di Classe (S1) è caratterizzata da un valore annuale medio della TX (19,2 °C) leggermente superiore alle altre due stazioni (18,3 °C; 18,6 °C). La stazione di Bosco Mesola (S2) risulta essere caratterizzata da un’estate leggermente più fresca rispetto ad S1 sia per le minime (0,7 °C) sia per le massime (1 °C). Le tre stazioni sono caratterizzate da un regime di piogge analogo sia come totale cumulato annuale (S1 – P = 673 mm; S2 – P = 697 mm; S3 – P = 706 mm), sia come distribuzione nell’arco dei mesi dell’anno. L’analisi dei trend annuali e stagionali e stata effettuata per il periodo di disponibilità di dati di tutte le stazioni: per S1 1948-2011 (tabella 3), per S2 1992-2012 (tabella 5) e per S3 1990-2012 (tabella 6). Per S1 l’analisi è stata effettuata anche sul periodo 1990-2012 (tabella 4). L’analisi della serie storiche annuali degli indici bioclimatici di S1 su tutto il periodo disponibile (tabella 3) ha mostrato i seguenti trend significativi: a) trend positivo per la temperatura massima (0,4 °C per decade, p < 0,01) e per la temperatura media (0,2 °C per decade, p < 0,01); b) trend negativo per il numero di giorni di pioggia (circa 1,7 giorni per decade, p < 0,05). Non si riscontrano tendenze significative riguardanti i giorni di pioggia, sebbene in tutte le stagioni si manifestino riduzioni delle precipitazioni. Il trend positivo della temperatura media è causato dall’innalzamento delle temperature primaverili ed estive, in oltre per la temperatura massima si riscontra un aumento significativo anche in autunno. Tabella 3. Trend annuali e significatività degli indici annuali e stagionali di Pineta di Classe (S1) per il periodo 1948–2011 Inverno

Primavera

Estate

Autunno

Annuale

TX (°C/Y)

0,019

0,042**

0,056**

0,018*

0,040**

TN (°C/Y)

-0,011

-0,002

0,007

-0,002

-0,001

TM (°C/Y)

0,003

0,02*

0,031**

0,007

0,019**

P (mm/Y)

-0,072

0,148

0,078

0,206

0,311

PN (giorni/Y)

-0,05

-0,034

-0,023

-0,06

-0,175*

PF

-0,035

MAR

-0,006

Q

-0,292

*p < 0,05. **p < 0,01.

L’analisi della serie storiche annuali degli indici bioclimatici di S1 sugli ultimi 22 anni (tabella 8) (periodo di confronto con le altre stazioni) ha mostrato trend positivi su tutti gli indici legati alla temperatura di intensità maggiore rispetto all’analisi della serie storica completa. Infatti TX mostra un aumento di circa 0,8 °C per decade che è doppio rispetto a quello del periodo completo, TN, che non mostrava alcuna significatività, mostra un aumento di circa 0,6 °C per decade e i due effetti combinati portano ad un trend positivo (0,6 °C per decade) della TM all’incirca triplo rispetto a quello dell’intero periodo. Nessun trend significativo è stato riscontrato per i giorni di pioggia. L’analisi delle singole stagionali conferma il ruolo determinante del trend positivo primaverile e stagionale per tutti gli indici termici (TX, TM, TN) e conferma una tendenza all’aumento della TX in autunno. Per le precipitazioni si riscontra anche un trend significativo per la pioggia cumulata ed i giorni di pioggia in inverno, ma questo potrebbe essere dovuto all’influenza degli inverni 2009 e 2010 che hanno riscontrato una piovosità di circa il 40% al di sopra della media e si trovano nella parte finale della serie storica.

245


Tabella 4. Trend annuali e significatività degli indici annuali e stagionali di Pineta di Classe (S1) per il periodo 1990–2012 Inverno

Primavera

Estate

Autunno

Annuale

TX (°C/Y)

0,013

0,111**

0,115**

0,072*

0,082**

TN (°C/Y)

0,008

0,083**

0,103**

0,037

0,064**

TM (°C/Y)

0,038

0,104**

0,108**

0,052

0,083**

P (mm/Y)

4,280*

1,609

-1,287

-1,731

1,487

PN (giorni/Y)

0,660*

0,213

-0,176

-0,334

0,232

PF

-0,123

MAR

-0,016

Q

-0,452

*p < 0,05. **p < 0,01.

L’analisi della serie storiche annuali degli indici bioclimatici di S2 (tabella 9) su tutto il periodo disponibile ha mostrato un trend positivo soltanto per la temperatura minima (1,4 °C per decade, p < 0,01). L’analisi stagionale mostra una diminuzione significativa della temperatura massima invernale (1,2 °C per decade, p < 0,01) e un aumento della temperatura media primaverile (0,7 °C per decade, p < 0,01). Al contrario le temperature minime mostrano una forte tendenza all’aumento in primavera (1,8 °C per decade, p < 0,01), in estate (1,9 °C per decade, p < 0,01) ed autunno (1,3 °C per decade, p < 0,01). Sebbene non sia statisticamente significativa, è importante sottolineare la diminuzione delle precipitazioni annuale di -9 mm per anno causata principalmente dall’estate 2012 che è stata di gran lunga la più secca di tutto il periodo. Tabella 5. Trend annuali e significatività degli indici annuali e stagionali di Bosco Mesola (S2) per il periodo 1992–2012 Inverno

Primavera

Estate

Autunno

Annuale

TX (°C/Y)

-0.116**

-0.020

-0.028

-0.050

-0,057

TN (°C/Y)

0.103

0.184**

0.191**

0.128**

0,144**

TM (°C/Y)

-0.032

0.069*

0.076

0.011

0,027

P (mm/Y)

0.671

2.139

-5.317

-4.724

-9,274

PN (giorni/Y)

0.453

0.154

-0.084

-0.134

0,308

PF

-0,778

MAR

-0,424

Q

-0,935

*p < 0,05. **p < 0,01.

L’analisi della serie storiche annuali degli indici bioclimatici di S3 (tabella 6) ha mostrato trend positivi su tutti gli indici legati alla temperatura di circa 0,8 °C per decade e causato dall’innalzamento dei rispettivi indici in primavera, estate ed autunno. Nessun trend significativo è stato riscontrato per la pioggia cumulata e i giorni di pioggia. Solo per le piogge invernali si è riscontrato anche un trend significativo per la pioggia cumulata (solo S1) e del numero dei giorni di pioggia (tutte le stazioni), ma questo potrebbe essere dovuto agli inverni 2009 e 2010 che hanno registrato piogge superiori alla media di circa il 40%, che trovandosi nella parte finale di una serie storica di soli 22 anni, possono aver influenzato il risultato. Nessun trend significativo è stato riscontrato per i tre indici di aridità considerati, sebbene tutti mostrino una tendenza alla diminuzione del valore e di conseguenza ad un aumento dell’aridità. Questa variazione

246


dell’indice è più consistente per il sito S2 dove ad esempio l’indice di de Martonne (MAR) ha una tendenza alla diminuzione di 4,24 punti per decade (significatività p=0,22) e analogamente gli altri. Tabella 6. Trend annuali e significatività degli indici annuali e stagionali di Porto Tolle (S3) per il periodo 1990–2012 Inverno

Primavera

Estate

Autunno

Annuale

TX (°C/Y)

0,045

0,096**

0,099**

0,092**

0,084**

TN (°C/Y)

0,057

0,084**

0,095**

0,084**

0,081**

TM (°C/Y)

0,054

0,089**

0,095**

0,085**

0,080**

P (mm/Y)

2,990

-0,561

-3,091

0,842

0,003

PN (giorni/Y)

0,593**

0,003

-0,150

-0,032

0,409

PF

-0,293

MAR

-0,093

Q

-0,413

*p < 0,05. **p < 0,01.

Il monitoraggio delle carabidocenosi dei due siti ha prodotto complessivamente il campionamento di 1174 esemplari di Coleotteri Carabidi ripartiti in 38 specie, suddivise nei due siti di monitoraggio come da tabelle 7 e 8 ove sono riportate le specie campionate nel Bosco della Mesola e nella Pineta di Classe, con i rispettivi corotipi, categorie ecologiche di appartenenza e numero totale di esemplari per ogni specie. I corotipi e i loro raggruppamenti sono quelli proposti da Vigna Taglianti (2005) e da Ratti et al. (1997): Tabella 7. Lista delle specie campionate a Bosco Mesola SPECIE BOSCO DELLA MESOLA

Corotipo

Igrofilia

Termofilia

N. es.

Calosoma sycophanta Carabus granulatus interstitialis Carabus cancellatus emarginatus Nebria brevicollis Notiophilus rufipes Omophron limbatum Trechus quadristriatus Amara aenea Chlaeniellus vestitus Anisodactylus binotatus Acinopus picipes Ophonus azureus Harpalus pumilus Harpalus tardus Harpalus dimidiatus Calathus fuscipes graecus (= latus) Calathus cinctus Calathus melanocephalus Calathus cfr. micropterus Laemostenus venustus

PAL ASE SIE TUE EUR PAL TEM PAL EUM ASE TUE CEM PAL ASE EUR EUM WPA PAL OLA EME

MI IG IG IG IG IG IG XR IG IG XR XR XR IG XR MI MI MI MI XR

TM MS MS MS MS TM MS TM MS MS TM TM TM MS TM TM TM MS MS MS

6 13 51 5 10 3 4 1 1 1 1 2 2 17 1 493 3 144 2 1

Nota: Corotipi ad ampia distribuzione (LAD): OLA = oloartico; PAL = paleartico; WPA = paleartico–occidentale; ASE = asiatico-europeo; EUM = europeo-mediterraneo; Corotipi a gravitazione Europea (GEU): EUR = europeo; CEU = centroeuropeo; SEU = sud-europeo. Corotipi a gravitazione mediterranea (GME): MED = mediterraneo; WME = mediterraneo occidentale; EME = mediterraneo orientale. Corotipi a gravitazione Asiatico Settentrionale (AST): SIE = sibirico-europeo. Corotipi a gravitazione Centro Asiatico Turanico (CAT): CEM = centroasiatico-europeo-

247


mediterraneo; CAE = centroasiatico-europeo; TEM = turanico-europeo-mediterraneo; TUE = turanico-europeo; TUM = turanico-mediterraneo. Grado di igrofilia e termofilia delle specie: XR = xerofilo; MI = mesoigro; IG = igrofilo; MS: mesofilo; TM = termofilo.

Tabella 8. Lista delle specie campionate a Bosco Mesola SPECIE PINETA DI CLASSE

Corotipo

Igrofilia

Termofilia

N. esemplari

Calosoma inquisitor Carabus granulatus interstitialis Carabus italicus Dyschiriodes globosus Paratachys bistriatus Bembidion lampros Bembidion lunulatum Bembidion inoptatum Pterostichus melas Pterostichus nigrita Pterostichus strenuus Badister bullatus Badister sodalis Baudia cfr peltata Scybalicus oblongiusculus Pseudoophonus rufipes Harpalus dimidiatus Platyderus neapolitanus Calathus fuscipes graecus (= latus) Agonum viduum Syntomus truncatellus

SIE ASE (OLA) SEU SIE TUE PAL (OLA) EUM SEU EUR PAL ASE OLA TUE SIE MED PAL (OLA) EUR SEU EUM SIE SIE

MI IG IG IG IG IG IG IG XR IG IG IG IG IG XR MI XR MI MI IG XR

MS MS MS MS MS MS MS MS TM MS MS MS MS MS TM MS TM TM TM MS MS

1 4 173 12 1 64 1 5 4 8 4 1 1 7 1 1 2 1 6 113 3

Nota: Per le sigle si veda tabella 7.

Per analizzare la struttura delle carabidofaune campionate a Bosco della Mesola e Pineta di Classe si è applicato l’Indice di dominanza (Tischler, 1949) espresso in percentuale. Al bosco della Mesola le dominanze sono così ripartite: Eudominanti (> 10%), Calathus fuscipes graecus (65%), Calathus melanocephalus (19%); Dominanti (5-10%), Carabus cancellatus emarginatus (7%); Subdominanti (2-5%) nessuna specie; Recedenti (1-2%) e Subrecedenti (< 1%), le restanti specie. La ripartizione nella Pineta di Classe mostra le seguenti percentuali: Eudominanti (> 10%), Carabus italicus (42%), Agonum viduum (27%), Bembidion lampros (15%); Dominanti (5-10%) nessuna specie; Subdominanti (2-5%), Dyschirius globosus (3%); Recedenti (1-2%) e Subrecedenti (< 1%), le restanti specie. Avendo a disposizione dati pregressi relativi alla carabidofauna del Bosco della Mesola ottenuti da campionamenti condotti con le stesse metodiche effettuati nel biennio 1995–1997 negli stessi siti (Corazza e Fabbri, Museo di Storia Naturale di Ferrara, non pubblicati), abbiamo potuto confrontare le composizioni dell comunità di carabidi ottenute nei due periodi (tabella 9). Nel campionamento 1995-1997 si sono raccolti 887 esemplari rappresentanti 22 specie. Di queste 8 sono presenti in entrambi i periodi; 13 sono esclusive del primo periodo e 11 del monitoraggio Climaparks.

248


Tabella 9. Lista delle specie campionate a Bosco Mesola nel periodo 1995–1997 SPECIE BOSCO DELLA MESOLA (1995-97) Carabus cancellatus emarginatus Carabus italicus Carabus granulatus interstitialis Nebria brevicollis Trechus quadristriatus Polyderis algiricus Paratachys bistriatus Pterostichus melanarius Pterostichus niger Amara aenea Pseudoophonus rufipes Pseudoophonus griseus Harpalus tardus Harpalus pumilus Harpalus anxius Harpalus flavicornis Harpalus serripes Calathus fuscipes graecus (= latus) Calathus melanocephalus Olisthopus fuscatus Agonum viduum Syntomus truncatellus

Corotipo SIE SEU ASE (OLA) TUE TEM WME TUE OLA ASE PAL (OLA) PAL (OLA) PAL ASE PAL PAL SEU PAL EUM PAL MED SIE SIE

Igrofilia IG IG IG IG IG XR IG MI IG XR MI XR IG XR XR XR XR MI MI XR IG XR

Termofilia MS MS MS MS MS MS MS TM MS TM MS TM MS TM TM MS TM TM MS TM MS MS

N. Esemplari 113 5 267 132 11 1 5 2 11 1 8 2 2 2 3 2 7 131 155 1 23 3

Nota: Per le sigle si veda tabella 7. Fonte: Corazza e Fabbri, Museo di Storia Naturale di Ferrara, non pubblicati.

l’Indice di dominanza delle specie campionate a Bosco della Mesola nel periodo 1995-97 è così ripartito: Eudominanti (> 10%), Carabus granulatus interstitialis (30%), Calathus melanocephalus (17%), Nebria brevicollis (15%), Calathus fuscipes graecus (15%), Carabus cancellatus emarginatus (13%); Dominanti (510%) nessuna specie; Subdominanti (2-5%), Agonum viduum (3%); Recedenti (1-2%) e Subrecedenti (< 1%) le restanti specie. La rana agile Rana dalmatina (Amphibia, Anura) è una specie legata perlopiù ad habitat forestali che si reca in acqua solo per riprodursi. La strategia riproduttiva della rana agile è monomodale esplosiva (Duellman et al.,1986; Wells, 1977), poiché la deposizione di uova avviene in un periodo molto ristretto compreso tra pochi giorni e qualche settimana, lo sviluppo larvale si completa a circa due-tre mesi dalla deposizione. Il monitoraggio della popolazione del Bosco della Mesola e della Pineta di Classe ha mostrato che la data di prima cattura è correlata al mese di febbraio: un aumento medio di 1 °C porta ad un anticipo di 4,5 gg. Il picco delle catture, e quindi di ovature deposte, è correlato con le temperature invernali e in modo particolare con quelle del mese di gennaio: un inverno più caldo di 1 °C comporta un anticipo di quasi 13 gg ma negli undici anni di cui la fenologia è stata monitorata non si notano trend degni di nota (tabella 10).

249


Tabella 10. Variazione dal 2001 al 2012 delle catture effettuate nei periodi riproduttivi espressa in DOY (Day Of the Year) Anno

PC

20%

MC

2001

55

66

68

2002

44

47

102

2003

60

64

78

2004

58

58

58

2006

46

53

97

2007

39

44

52

2008

44

62

73

2009

35

43

63

2010

69

69

69

2011

46

59

86

2012

58

65

87

Nota: PC = prima cattura; 20% = al 20% delle catture; MC = al picco delle catture.

Secondo il modello proposto da Mazzotti et al. (2008) la stagione riproduttiva inizia quando la temperatura media giornaliera supera 8 °C ed in base alla formula DOY25%=DOY > 8°C+3 è possibile prevedere il DOY con il 25% di catture. Aggiornando le analisi con i nostri dati si può predire con uno scarto quadratico medio di 4,4 gg questo DOY (tabella 11). Tabella 11. Date osservate (DOYo) e previste (DOYs) ed errore espresso in numero di giorni (Ne) corrispondenti al 25% delle catture Anno

DOYo

DOYs

Ne

2001

66

68

2

2002

47

41

6

2003

64

65

1

2004

58

2006

53

54

1

2007

44

44

0

2008

62

62

0

2009

43

39

4

2010

69

2011

59

52

7

2012

65

58

7

La migrazione riproduttiva nel 2012 e le variabili climatiche sono state testate con la correlazione di Spearman, ma trattandosi in questo caso di test ripetuti, la soglia di significatività è stata corretta con il metodo di Bonferroni. Lo spostamento degli esemplari, non è correlabile alle temperature, bensì all'umidità atmosferica (tabella 12) in accordo con quanto riportato in letteratura (Timm et al., 2007).

250


Tabella 12. Incidenza delle variabili climatiche sulle catture del 2012 Tmax Tmed

rho

p-value

0,3877 0,2486

0,1534 0,3717

Tmin

0,3301

0,2295

Umidità

0,6333

0,0113

Nota: La relazione è stata testata attraverso la correlazione per ranghi di Spearman. Applicando il metodo di Bonferroni la significatività è per p < 0,0125.

Il monitoraggio ha permesso di censitre in totale 773 ovature deposte tra febbraio e marzo, con una variazione nei due anni di qualche settimana. La relazione tra numero di ovature della popolazione di Bosco Mesola negli anni in cui erano presenti dati rilevati con le medesime metodologie di campionamento (2006, 2008, 2010, 2011, 2012) e la piovosità dell’anno precedente, è stata confermata dalla correlazione per ranghi di Spearman (rho = 0,9747; p-value = 0,0048) che mostra un’alta correlazione (rho > 0,95) e significatività statistica (p < 0,05) (tabella 13). Tabella 13. Relazione tra numero di ovature e piovosità dell’anno precedente Anno

Numero ovature

Pioggia (mm)

2006

49

783,7

2008

34

680,7

2010

60

911,9

2011

69

978,2

2012

34

467,2

Nota: Il test di correlazione per ranghi di Spearman testimonia un’alta correlazione (rho > 0,95) e una significatività statistica (p < 0,05).

Con il monitoraggio delle comunità di piccoli mammiferi (Mammalia, Soricomorpha, Rodentia) sono state smistate un totale di 688 borre, all’interno delle quali sono stati rinvenuti complessivamente 1975 resti scheletrici di micromammiferi. Il numero di esemplari per specie e le frequenze percentuali relativi ai monitoraggi effettuati nel periodo del progetto Climaparks (2011-12 = T3) e delle raccolte precedenti (1975-80 =T1 e 2006-09 =T2) sono riportati nella tabella 14. Tabella 14. Numero di prede, frequenze percentuali sul totale e parziali delle specie, relative alle raccolte effettuate nel periodo 1975–80 (T1), 2006–09 (T2) e monitoraggio Climaparks 2011–12 (T3) Specie C. suaveolens C. leucodon Crocidura sp. Sorex sp. S. etruscus T. europaea N. anomalus Tot. Soricomorpha M. musculus Apodemus sp. R. norvegicus R. rattus

N

T1 % micr.

% parz.

N

T2 % micr.

% parz.

N

T3 % micr.

% parz

288 73 4 87 8 12 29 505 92 179 33 8

21,52 5,46 0,60 6,50 0,60 0,90 2,17 37,74 6,88 13,38 2,47 0,60

57,03 14,46 1,58 17,23 1,58 2,38 5,74 100 11,04 21,49 3,96 0,96

208 62 0 30 44 1 2 347 242 341 0 29

12,70 3,79 0 1,83 2,69 0,06 0,12 21,18 14,77 20,82 0 1,77

59,94 17,87 0 8,65 12,68 0,29 0,58 100 18,75 26,41 2,25 0

262 120 0 16 61 4 6 469 250 369 0 10

13,27 6,08 0 0,81 3,09 0,20 0,30 23,75 12,66 18,68 0 0,51

55,86 25,59 0 3,41 13,01 0,85 1,28 100 16,60 24,50 0 0,66

251


Specie Rattus sp. M. arvalis M. savii M. minutus A. amphibius Muridae ind. Microtus sp. Tot. Rodentia Totale

N

T1 % micr.

2 17 383 80 29 10 0 833 1338

0,15 1,27 28,62 5,98 2,17 0,75 0 62,10 100

% parz.

N

T2 % micr.

0,24 2,04 45,98 9,60 3,48 1,20 0 100

2 358 255 60 2 2 0 1291 1638

0,12 21,86 15,57 3,66 0,12 0,12 0 78,82 100

% parz.

N

T3 % micr.

0,15 27,75 19,75 4,65 0,15 0,15 0 100

1 644 187 24 2 11 8 1506 1975

0,05 32,61 9,47 1,22 0,10 0,56 0,41 76,25 100

% parz 0,07 42,76 12,42 1,59 0,13 0,73 0,53 100

L’analisi dei dati mostra che gli insettivori sono maggiormente rappresentati nelle prima raccolta (T1) in cui la loro percentuale sul totale dei micromammiferi è del 37,9%, tale percentuale diminuisce nettamente nella raccolta T2 (21,24%) e tende leggermente ad aumentare nella raccolta T3 (23,99%). Tra gli insettivori si può osservare come esemplari del genere Sorex, più legati ad ambienti umidi e freschi, risultano maggiormente rappresentati nelle raccolte T1, e che la loro frequenza diminuisce in modo lineare dalla prima alla terza raccolta.. Al contrario Suncus etruscus, specie che predilige ambienti più caldi e aridi, risulta poco rappresentata nelle raccolta T1, mentre raggiunge frequenze più elevate nelle raccolte T2 e T3 (figura 2). Frequenze Sorex sp. e Suncus etruscus 7 Percentuali %

6 5 4

Suncus etruscus

3

Sorex sp.

2 1 0 T1

T2

T3

Raccolte

Figura 2. Frequenze del Soerx sp. e del Suncus etrusus nei tre periodi 1975–80 (T1), 2006–09 (T2) e monitoraggio Climaparks 2011–12 (T3). Tra i roditori, Mus musculus risulta maggiormente predato nelle raccolte T2 e T3 rispetto a quella T1, Rattus rattus risulta essere una specie cacciata sporadicamente dal barbagianni. Gli indici di termoxerofilia presentano un trend positivo (tabella 15); ITX assume valori crescenti nelle tre raccolte compresi tra 0,76 (T1) e 0,95 (T3) (tabella 2) con un valore superiore a 0,71 indicato da Contoli (1986) come limite massimo atteso per le zone a bioclima temperato.

252


Tabella 15. Valori degli indici di Termoxerofilia nelle tre raccolte ITX ITX1 ITX2

T1 0,79 -0,17 0,13

T2 0,87 0,04 0,26

T3 0,95 0,10 0,26

ITX3

0,25

0,40

0,39

Anche i valori di ITX1 risultano in incremento nelle tre raccolte successive e variano da –0,161 a 0,096. I valori degli indici ITX2 e ITX3 aumento tra T1 e T2 mentre tendono a stabilizzarsi fra quest’ultima e T3. Le maggiori variazioni riscontrate tra le raccolte T1 e T2 possono essere spiegate dal fatto che il tempo intercorso è maggiore (circa 20 anni) rispetto a quello passato tra le raccolte T2 e T3 (solo 5 anni). Si segnala che le formule degli indici ITX2 e ITX3 prendono in considerazione la frequenza di Rattus rattus, che nella zona specifica è di difficile distinzione con R. norvegicus analizzando i soli reperti ossei (Aloise et al., 2008). In oltre il barbagianni non appare essere un campionatore del tutto casuale nei confronti del genere Rattus, in quanto verosimilmente attua una selezione nei confronti di individui più piccoli, più giovani o meno aggressivi. Per questo motivo si ritiene che i valori calcolati tramite ITX e ITX1 siano più verosimili rispetto a quelli calcolati mediante gli altri due.

Conclusioni L’analisi delle serie storiche delle tre stazioni meteorologiche ha confermato una tendenza generale all’aumento delle temperature nell’area di studio. La serie storica più lunga (Pineta di Classe, 64 anni), che può essere considerata un indicatore delle variazioni climatiche di medio-lungo periodo, ha mostrato un significativo aumento delle temperature massime al ritmo di +0,4 °C per decade e questo aumento è causato principalmente dall’aumento delle temperature primaverili ed estive. La tendenza si è accentuata in particolare 1990 in poi. Infatti sia per Pineta di Classe sia per Porto Tolle la tendenza all’aumento è risultata significativa per le temperature minime, medie e massime ad un ritmo circa doppio (+0,8 °C per decade corrispondente ad un aumento di 8 °C per secolo) causato principalmente dalla primavera e dall’estate per la prima e anche dall’autunno per la seconda. Questa tendenza è dovuta ad un corrispondente aumento delle temperature primaverili ed estive e per S3 anche ad un forte aumento di quelle autunnali. Questi risultati sono in buon accordo con quelli dei precedenti studi. Infatti Brunetti et al. (2006) documentano un aumento di tutti gli indici termici mediamente di circa 8 °C in primavera ed estate per secolo a partire dagli anni ’80. Nella stazione di Bosco Mesola i cambiamenti significativi sono stati riscontrati solo per le temperature minime annuali ma secondo un ritmo decadale molto più elevato (+1,4 °C per decade) con una forte tendenza all’aumento delle temperature estive (+1,9 °C per decade) e primaverili (+1,8 °C per decade). Questa differenza di comportamento potrebbe essere dovuta alle condizioni microclimatiche locali ed in particolare dal ruolo svolto dalla vegetazione nel mitigare la temperatura delle ore notturne. Nessuna tendenza chiara è stata trovata per le piogge sia nei valori cumulati che nel numero di eventi annuali sebbene l’analisi della serie 1948-2011 di Pineta di Classe mostri una debole tendenza alla diminuzione del numero di giorni di pioggia che, combinata ad una sostanziale costanza delle precipitazioni annuali, è indice di fenomeni piovosi più intensi. Dall’analisi comparativa tra i dati corologici sui Coleotteri Carabidi campionati al Bosco della Mesola e quelli forniti dai campionamenti di anni precedenti (1995-1997) si ha conferma anche sulla scala temporale della prevalenza delle specie ad ampia distribuzione. L’aumento relativo di corotipi a gravitazione centro asiatico turanica e il contemporaneo forte regresso di quelli a gravitazione asiatico

253


settentrionale mostrano un trend significativo. Più interessanti ancora degli scostamenti che si registrano negli spettri dei corotipi che autorizzano ad ipotizzare una tendenza ad una vera e propria sostituzione di faune in atto. Gli scostamenti nelle abbondanze relative delle specie eudominanti e dominanti, infatti, non sono solo macroscopici ma fanno registrare l’avvicendamento di specie di diverse categorie sia corologiche che ecologiche (in termini di igrofilia e termofilia). La specie nettamente dominante nel biennio 2011-2012 è risultata essere Calathus fuscipes graecus, eumediterraneo, mesoigrofilo e termofilo, la cui abbondanza relativa è balzata addirittura al 65% dal 15% del triennio 1995-1997, mentre Carabus granulatus interstitialis, igrofila e mesotermofila, dominante nel periodo precedente, ha visto un decremento consistente nel monitoraggio Climaparks passando dal 30% al 2%. Macroscopico il regresso che ha interessato Nebria brevicollis, anch’essa igrofila e mesotermofila, passata da eudominante col 15% a recedente con l’1%. Significativa e in linea di tendenza con quanto osservato sin qui anche il regresso di Carabus cancellatus emarginatus, sibirico-europea, anch’essa igrofila e mesotermofila, diminuito dal 13% al 7%. Le linee di tendenza cui si è accennato trovano una conferma dal confronto con i risultati dell’indagine svolta a metà degli anni ’80 del ‘900 (Contarini, 1988). In questo studio l’igrofilo e mesotermofilo Carabus granulatus interstitialis era frequente mentre il mesoigrofilo e mesotermofilo Calathus melanocephalus era classificato come sporadico. Ancor più eclatante è che la specie oggi nettamente dominante Calathus melanocephalus addirittura non figurasse tra le specie censite precedentemente. Anche per i Carabidi della Pineta di Classe una analisi dei corotipi delle specie censite rivela una predominanza delle entità ad ampia distribuzione anche se meno marcata di quella al Bosco della Mesola. Le carabidocenosi dei dui siti di monitoraggio si differenziano significativamente tra loro tanto da essere scarsamente confrontabili. Il territorio monitorato sembra aver subito importanti variazioni anche nella struttura delle popolazioni di micro mammiferi negli ultimi 30 anni. Dalla raccolta effettuata nel periodo 1975-80 a quella dei periodi più recenti si è osservato l’aumento di alcune specie termofile (Mus musculus, Suncus etruscus) e la diminuzione di quelle mesofile (Sorex sp.). Tali variazioni sono confermate anche dall’incremento osservato degli indici di termoxerofilia. Dall’analisi dei dati meteo appare evidente che l’area analizzata ha subito negli ultimi decenni significativi aumenti delle temperature, tale variazione potrebbe aver influito positivamente nella componente termofila e negativamente in quella mesofila delle specie di piccoli mammiferi del territorio monitorato. L’aumento delle specie termofile potrebbe causare degli effetti negativi non solo sulle relative microteriocenosi, ma anche sugli interi ecosistemi, la progressiva riduzione delle specie mesofile potrebbe portare a una perdita di biodiversità. Inoltre, l’amento di specie termofile più antropofile (Mus musculus e R. rattus). Potrebbe aumentare il pericolo di trasmissione di malattie veicolate dai Roditori (Menne e Ebi, 2006; Szpunar et al., 2008). Le popolazioni di rana agile nei due siti si caratterizzano per una fenologia riproduttiva in linea con quanto riportato in letteratura. A causa della stretta dipendenza tra temperature e attività riproduttiva, un effetto diretto dell'innalzamento delle temperature potrebbe essere l’anticipo della riproduzione (Beebee, 1995; Crucitti, 2012; Tryjanowski et al., 2003). Dai nostri dati non è possibile definire come effettivi i cambiamenti della fenologia della rana agile, in quanto saranno necessari monitoraggi a lungo termine (Corn, 2005) per riscontrare modificazioni significative dei ritmi di attività riproduttiva di questa specie. È chiaro comunque che se i trend climatici rilevati dovessero permanere o accentuarsi, un anticipo del periodo riproduttivo o anomalie riproduttive come quelle riscontrate per il rospo comune proprio al Bosco della Mesola (Mazzotti et al., 2002) potrebbero verificarsi anche in tempi brevi. E’ noto, infatti, che gli effetti dei cambiamenti climatici interessano la fisiologia (ad es. bilanciamento tra acqua persa per traspirazione e acquisita per osmosi), il comportamento (periodo d'ibernazione) e l'ecologia

254


degli anfibi (Blaustein et al., 2001), per cui possiamo ritenere questa rana un buon indicatore bioclimatico per monitoraggi futuri degli effetti climatici sui sitemi biologici.

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Il cambiamento climatico e la gestione delle aree protette: indagine sui flussi turistici e sulle modifiche della domanda di turismo in relazione ai cambiamenti climatici

Stefano Dall’Aglio Econstat, Via Irnerio 22, 40126 Bologna, Italia. Corrispondenza: mail@econstat.it.

Riassunto Il cambiamento climatico è uno degli elementi chiave per le nuove strategie di sviluppo delle destinazioni. Il presente studio è stato realizzato per capire come il cambiamento climatico può influenzare la percezione dei visitatori del Parco del Delta del Po e il loro di visita comportamento futuro. La ricerca si è basata su un sondaggio sui visitatori del parco. I risultati dello studio mostrano che il cambiamento climatico può favorire fenomeni di destagionalizzazione. In merito alle attività turistiche nel parco, alcune sembrano essere più sensibili di altre agli effetti del cambiamento climatico. Si tratta di uno studio preliminare, che deve servire per individuare nuovi prodotti turistici in grado di trasformare il cambiamento climatico in una opportunità per l'intero sistema turistico. Parole chiave: cambiamenti climatici, sviluppo sostenibile, destinazioni turistiche aree naturali, parco attività turistiche, destagionalizzazione.

Introduzione Il cambiamento climatico è certamente in cima alle attenzioni degli operatori turistici ormai ovunque; vari studi si sono concentrati su come i fattori devono essere presi in considerazione nella definizione delle strategie di sviluppo locale, considerando che le modifiche delle condizioni meteo possono avere effetti sia negativi (diminuzione dell’attrattività o minore disponibilità di prodotti turistici esistenti), sia positivi (estensione della stagione turistica, domanda di nuovi prodotti). La letteratura esistente rivela che le zone montane e quelle marine sono considerate molto più vulnerabili agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, anche se il fenomeno può comportare modificazioni in altri ambienti e prodotti turistici, come quelli delle aree naturali. Questo studio nasce dalla volontà del Parco di comprendere come i cambiamenti climatici possano influenzare la percezione, la fruizione e l'utilizzo delle aree naturali del Parco in maniera prospettica e si basa su un sondaggio effettuato direttamente sui visitatori delle aree del Parco.

Obiettivi e metodologia Si tratta di uno studio preliminare, preparatorio ad un intervento più strutturato che dovrà identificare in dettaglio i miglioramenti da apportare alla filiera turistica e i nuovi prodotti turistici da sviluppare, al fine di consentire al Parco di fronteggiare i cambiamenti in atto e di trasformarli in opportunità. La ricerca si è basata su una raccolta diretta di dati, effettuata per mezzo di un questionario somministrato ai visitatori del Parco, nel periodo da metà aprile a inizio giugno 2012 e che ha visto la partecipazione attiva del personale di 7 Centri Visita e di 3 campeggi all’interno del Parco. I questionari

257


sono stati raccolti anche durante la Fiera Internazionale del Birdwatching, tenutasi a Comacchio dal 27 aprile al 29 maggio 2012. I questionari sono stati auto-compilati dai soggetti intervistati e successivamente sottoposti ad un controllo di completezza e coerenza da parte dei ricercatori. A seguito del controllo, 212 dei 400 questionari raccolti sono stati considerati validi per l’analisi, dimensione campionaria che può essere considerata statisticamente robusta. I primi risultati mostrano che la gran parte dei soggetti intervistati ha una conoscenza "spontanea" del concetto di cambiamento climatico: il 95% del campione sostiene di conoscere il fenomeno, senza particolari variazioni nei sottogruppi quali sesso, età, livello di istruzione, frequenza delle visite al Parco. Le prime, generali, reazioni dei possibili effetti dei cambiamenti climatici sui comportamenti del turista in zona, evidenziano un potenziale aumento della frequenza delle visite soprattutto in primavera (6 punti percentuali di differenza positiva tra chi prevede la frequentazione in aumento e chi in diminuzione) e in autunno (9 punti di plus-minus) ed una diminuzione in inverno (-18) ed in estate (-17). Tuttavia, considerando il peso delle visite nel Parco del Delta nelle diverse stagioni (alta in primavera ed in estate e bassa in autunno e inverno), la situazione in prospettiva pare improntata ad una invarianza della frequentazione annuale del Parco (74% prevede che la frequentazione sia stabile, il 13% in aumento e una uguale quota – 13% – in diminuzione), con un differenziale plus-minus nullo. 100% 90%

13%

17%

8%

12%

21%

80% 70% 60% 50%

65%

59% 74%

72%

Più frequente Frequenza invariata

67%

Meno frequente

40% 30% 20% 10%

29% 13%

26% 12%

11%

0% In complesso Primavera

Estate

Autunno

Inverno

Figura 1. Cambiamenti attesi nella frequenza delle visite nel Parco del Delta del Po nelle diverse stagioni. In termini di durata della visita, è stata registrata una forte correlazione tra la frequenza di visita e la durata della stessa: le stagioni con un maggiore potenziale di crescita della frequentazione (primavera e autunno) sono anche quelle con un potenziale aumento della durata media del soggiorno e viceversa. I cambiamenti climatici sembrerebbero dunque significare potenzialmente per il Parco nel fuori stagione (in particolare quella autunnale) non solo visite più frequenti da parte degli appassionati ma anche più lunghe. L'analisi si è poi soffermata su specifiche attività dei visitatori nel Parco (ne sono state considerate 13 tra cui: trekking, cicloturismo/MTB, attività sul fiume, equiturismo, birdwatching, educazione ambientale,

258


enogastronomia, ecc.) e sulla percezione dei cambiamenti nei comportamenti di questi segmenti come risposta ai cambiamenti climatici. In questo passaggio dalla percezione generale ai prodotti turistici specifici, emergono nuovi bisogni e aspettative della domanda, evidenze che possono risultare utili per orientare l'adattamento del sistema di offerta turistico ai cambiamenti attesi dalla nuova situazione climatica. Alcune attività paiono molto più sensibili di altre ai cambiamenti climatici. Inoltre, alcuni risultati sulla diffusione stagionale degli effetti, non sono completamente in linea con quanto descritto in precedenza, a riprova che trattare questioni ambientali senza cadere in ovvietà, richiede attenzione e strumenti di indagine sofisticati.

Linee guida Le seguenti sono le linee guida redatte a seguito della ricerca sui visitatori e della condivisione dei risultati con gli operatori. Le linee guida sono state redatte sulla base delle situazioni ed evidenze derivanti dallo specifico contesto di intervento (il Parco del Delta del Po). Riteniamo, tuttavia, siano generalizzabili e valide per aree protette con caratteristiche similari a quelle del Parco qui analizzato.

Le aree protette sono interessate da una domanda che esprime il desiderio di una varietà crescente di attività da praticare Oltre alla tendenza crescente del numero di visitatori e turisti nei parchi e nelle aree protette in genere, ben fotografata dall’Osservatorio Nazionale Ecotur sul Turismo Natura, il Parco del Delta del Po fa registrare un aumento medio annuo di circa il 3,7% negli ultimi 11 anni. 0%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

35%

40%

Birdwatching Visite naturalistiche con guida Vagare senza meta Andare nei Centri Visita Trekking, percorsi a piedi Scoperta prodotti gastronomici Escursioni in barca nelle acque interne Percorsi in bicicletta, MTB Attività didattiche su flora e fauna Canoa, Kayak Escursioni a cavallo Pescaturismo Pesca Altro

Figura 2. Quote di visitatori nel Parco del Delta del Po per attività praticata durante il soggiorno nel periodo dell’indagine (aprile–giugno 2012).

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Inoltre, si assiste alla crescita del numero di attività svolte. Se in passato la visita in un’area protetta era sostanzialmente “passiva” (relax, osservazione), oggi ogni visitatore amplifica la sua richiesta di cose da vedere, attività da svolgere, esperienze da vivere e godere. Nell’indagine realizzata nel Parco del Delta del Po, ad esempio la media è di circa 2,5 attività svolte per visitatore, con ai primi posti: il birdwatching (svolto dal 39% del campione); le visite accompagnate da guide (35%); la scoperta generica del Parco (29%); l’entrata in un Centro Visita (24%). Questo desiderio di attività dal lato della domanda deve accompagnarsi dalla concomitante crescita dei servizi dal lato dell’offerta, senza la quale l’economia (e la competitività) dell’area protetta risulterà debole.

La tendenza è improntata ad una conferma di crescita dei visitatori e delle attività praticate. L’indagine realizzata presso i visitatori mostra come l’area protetta registri la visita di un elevato numero di persone mai venute prima (grazie anche ad eventi – in questo caso Primavera Slow – che agiscono da catalizzatori): quasi la metà degli intervistati è nel Parco per la prima volta. I "repeaters", d’altra parte, sono fruitori "intensi" del Parco (circa 2/3 di chi è già venuto lo ha fatto per più di 3 volte). Aumento dei visitatori “prima volta” e intensificazione della frequenza di visita degli “abituali” disegnano così uno scenario improntato ad una ulteriore crescita dell’afflusso. È però in crescita ancora più sostenuta la propensione dei visitatori a svolgere attività nel Parco: la pratica di varie attività, in media, ci si attende possa raddoppiare. Le attività caratterizzate da una tendenza di crescita più sostenuta risultano: – in assoluto – visite naturalistiche con guida; escursioni in barca nelle valli o sul fiume; percorsi in bicicletta/MTB; Trekking/Walking; Birdwatching; – in relazione alle (ridotte) dimensioni del segmento – escursioni/percorsi a cavallo; percorsi in canoa/kayak.

I cambiamenti climatici impongono modifiche al periodo di fruizione I cambiamenti climatici si manifestano in diversi modi, tra i quali i più rilevanti sono: un innalzamento delle temperature medie e precipitazioni complessivamente in calo, ma con rovesci (pioggia, neve) più concentrati e di maggiore intensità. A livello stagionale si assiste a: una stagione estiva più arida; una primavera anticipata, ma con maggiore probabilità di pioggia; un autunno più caldo e più lungo; un inverno più mite e più corto (ma con possibili nevicate intense). L’indagine rivela che sotto il profilo stagionale i cambiamenti climatici inducono – rispetto alla fruizione stagionale attesa – un aumento della frequenza soprattutto in autunno (la stagione che beneficia di più del fenomeno) seguita da inverno ed estate (periodo in cui la crescita è lieve ma positiva), mentre è sostanzialmente stabile la primavera (che resta comunque il periodo di gran lunga preferito). La ricerca palesa dunque le potenzialità insite nei cambiamenti climatici per le aree protette: la capacità di sviluppare flussi in stagioni storicamente “minori” (autunno e inverno) nonché, per i parchi in aree montane, “rilanciare” l’estate – almeno su specifici segmenti di utenza – grazie al positivo differenziale termico rispetto alle afose città di pianura.

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I cambiamenti climatici hanno effetti positivi sulla visita e la pratica di attività Nella tendenza generale già “naturalmente espansiva”, il fenomeno dei cambiamenti climatici comporta un ulteriore spinta, legata soprattutto a migliori condizioni climatiche nel periodo autunnale, tradizionalmente non di punta, comunque favorevole alla fruizione delle aree protette. Nello scenario con cambiamenti climatici, la variazione media rilevata sui fruitori è positiva (+10% circa la pratica di varie attività rispetto alla tendenza “di fondo”).

0%

10%

20%

Anda re nei Centri Vi s i ta

18%

Scoperta prodotti enogas tronomi ci Vi s i te na tura l i s ti che con gui da Percors i i n bi ci cl etta/MTB

17%

Es curs i oni i n ba rca nel l e a cque i nterne

19%

Atti vi tà di da tti che s u fl ora e fa una Ca noa , Ka ya k

8%

Escurs i oni a cava l l o

6%

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Pes ca

3% 1%

8%

In compl es s o

3%

12%

15%

6%

34%

28%

3%

32%

1%

22%

1%

22%

3%

3%

1%

8%

17%

2%

7%

23%

7%

4%

12%

8%

25%

7%

17%

80%

6%

24%

6%

70%

9%

31%

11%

22%

60%

22%

19%

14%

Trekki ng, Wal ki ng

50%

12%

23%

Bi rdwatchi ng

40%

7%

29%

Vaga re s enza meta

Pes ca turi s mo

30%

Gi à pra ti ca nti occa s i onal i Gi à pra ti ca nti i ntens i vi Futuri prati ca nti a ggi unti vi (effetto trend na tura le)

1%

Futuri prati ca nti a ggi unti vi (effetto Cl i mate Change)

4%

23%

6%

4%

Figura 3. Quote di visitatori per attività praticata all'interno del Parco del Delta del Po: già praticanti (occasionalmente, intensivamente), praticanti aggiuntivi in futuro, praticanti aggiuntivi in futuro per effetto del Climate Change.

Alcune attività risentono maggiormente dei cambiamenti climatici I cambiamenti climatici hanno un effetto incrementale più sostenuto su alcune esperienze rispetto ad altre e più specificamente: attività nei Centri Visita; Birdwatching; attività didattiche su flora/fauna/ambiente; Trekking/Walking; turismo enogastronomico. Questi risultati rappresentano conoscenze da veicolare verso gli operatori settoriali dell’offerta, affinché possano costruire servizi e proposte in grado di rispondere alla “nuova” domanda e cogliere le opportunità offerte dai cambiamenti climatici.

Fare attenzione alle banalizzazioni nella comunicazione e nel marketing Il tema del clima e dei suoi cambiamenti è molto abusato ed è molto facile cadere nel banale (come sempre quando si tratta dei temi ambientali): tutti si mostrano d’accordo; le risposte e le reazioni

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immediate sono ovvie (in teoria); vi sono tuttavia fattori latenti che tendono a rendere difficili (in pratica) modifiche del comportamento e dei processi nella giusta direzione. Il rischio nel policy making è di utilizzare leve ovvie, di attuare iniziative che difficilmente finiranno per incidere realmente sui comportamenti della domanda o sui processi di adattamento dell'offerta. Per “cambiare pelle” – come il cambiamento di clima impone – sono necessari, invece, strumenti, approcci e iniziative “raffinate” e non usuali, sia in fase di analisi del fenomeno (sul sistema attrattivo; sui comportamenti della domanda; sulle reazioni dell’offerta), che in fase di realizzazione di interventi (di comunicazione, di informazione, di costruzione di servizi e offerte turistiche).

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Analisi della dieta di chirotteri tramite lo studio del guano nel Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola (Chiroptera, Arthropoda)

Roberto Fabbri Via Bisa 2, 48017 Lavezzola (RA), Italia. Corrispondenza: eco.fabbri@gmail.com.

Riassunto È stato analizzato il guano di Myotis emarginatus e Rhinolophus hipposideros, raccolto durante il 2011 e 2012 in due località del Parco, allo scopo di individuare i resti di artropodi contenuti nelle pellets, definirne la dieta e identificare gli ambienti di caccia. Contemporaneamente sono stati indagati gli artropodi attivi di notte per agevolare vari aspetti della ricerca. Lo studio del guano conferma che il gruppo di invertebrati maggiormente consumato da M. emarginatus è costituito dagli araneidi; R. hipposideros cattura invece soprattutto lepidotteri. Entrambi le specie risultano frequentare soprattutto i corsi d’acqua come aree di foraggiamento dove trovano una maggiore concentrazione di artropodi sulla vegetazione, in particolare durante il periodo estivo torrido. Parole chiave: analisi guano, dieta chirotteri, aree di caccia.

Introduzione Nell’ambito del progetto triennale di studio della dieta di alcune specie di chirotteri del Parco della Vena del Gesso Romagnola, si è esaminato il guano raccolto di Rhinolophus hipposideros e di Myotis emarginatus in due differenti località. Lo studio della dieta attraverso i resti contenuti nelle pellets è considerato da tempo un metodo attendibile sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo (Kunz e Whitaker, 1983; McAney et al., 1991 e 1997; Vaughan, 1997; Whitaker, 1988). M. emarginatus frequenta per il foraggiamento i margini dei boschi, le fasce di alberi e cespugli inframezzati a prati ma anche i margini dei campi coltivati, pascoli e giardini (Krull et al., 1991; Steck e Brinkmann, 2006). Si nutre tipicamente di ragni (Araneae), insetti (soprattutto ditteri come Brahycera e Nematocera ma anche neurotteri, imenotteri, lepidotteri, coleotteri, blattoidei) ed altri invertebrati, che cattura sia in volo sia al suolo e sulla vegetazione (Hutson et al., 2008). R. hipposideros caccia soprattutto nel bosco ma anche nelle fasce di vegetazione ripariale. Ha regime alimentare costituito principalmente da insetti come ditteri, in particolare nematoceri (McAney e Fairley, 1989) ma anche alcune famiglie di ditteri brachiceri. Secondariamente consuma lepidotteri e altri ordini come: Neuroptera, Trichoptera, Hymenoptera, Coleoptera, Hemiptera, Psocoptera ed anche Arachnida dell’ordine Araneae. Le finalità della ricerca sono state: approfondire l’ecologia alimentare delle specie di chirotteri, con particolare riferimento alla dieta; confrontare la disponibilità in natura delle prede con i risultati dell’analisi del guano; definire negli anni gli ambienti di caccia da parte di ciascuna colonia di chirotteri.

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Metodi Area di studio Le colonie delle due specie di pipistrelli sono collocate nei pressi di corsi d’acqua. La nursery monospecifica di R. hipposideros da cui è stato raccolto il guano si colloca in un edificio vicino al fiume Santerno, 110 m s.l.m., a Borgo Tossignano (BO). L’area in cui sono stati campionati gli artropodi di notte è posta lungo la riva del tratto del Santerno da circa 500 m a monte del vecchio ponte Bailey sul fiume (44°16'22.49"N 11°34'47.09"E), fino a 1,5 km a valle di questo ponte (44°16'31.99"N 11°34'42.71"E), in località Corsignano, e in un margine boschivo collocato ad alcune centinaia di metri dal tratto di fiume considerato. La colonia monospecifica di M. emarginatus, dalla quale è stato prelevato il guano, si trova sotto il ponte stradale sul torrente Sintria, all’altezza di Casa la Fornace, 95 m s.l.m.. I punti di campionamento notturno degli artropodi erano situati lungo la riva del torrente Sintria poco a monte di Casa Lame (44°14'24.55"N 11°43'26.81"E), a Casa la Fornace e fino a San Mamante in Curiano (44°14'43.26"N 11°44'10.54"E) (comuni di Brisighella e Riolo Terme) e nel bordo del bosco posto a monte di Casa Lame. Entrambi i corsi d’acqua (Santerno e Sintria) hanno un regime torrentizio e ospitano lungo le sponde ampie fasce di bosco ripariale. Nell’intorno delle aste fluviali dove sono presenti le due colonie, si collocano boschi caducifogli, prati semi-naturali, campi a seminativo e a frutteto convenzionali, e insediamenti abitativi estesi o isolati.

Insetti raccolti in campo Congiuntamente allo studio degli escrementi dei chirotteri, sono state effettuate nella tarda primavera ed estate 2011-12 ricerche in campo sugli insetti ad attività notturna presenti con molta probabilità nei medesimi ambienti di caccia dei chirotteri.

Figura 1. Trappola luminosa sul fiume Sintria.

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Sono state utilizzate trappole a caduta luminose (pitfall-light-traps) appositamente predisposte (Fabbri e Giacomoni, 2010), costituite da una lampada di Wood da 8 watt, alimentata da una batteria da 12 volt. Sono state posizionate di notte con tempo caldo afoso e mantenute attive dall’imbrunire fino a notte fonda. Congiuntamente è stato utilizzato anche il retino da sfalcio di notte sulla vegetazione e per percorsi predefiniti. L’abbondante artropodofauna raccolta è stata successivamente smistata, determinata fino alla specie quando possibile, e conteggiati il numero di esemplari.

Figura 2. Trappola luminosa sul fiume Sintria.

Raccolta e analisi del guano Lo studio dell’ecologia alimentare è stato effettuato attraverso l’analisi delle pellets fecali. È un metodo vantaggioso perché non è invasivo e i resti degli artropodi ingeriti restano riconoscibili. Durante il periodo di permanenza delle colonie all’interno dei roost, sono state effettuate raccolte periodiche degli escrementi prodotti dai chirotteri da giugno a ottobre nel 2011-12 a Borgo Tossignano per R. hipposideros e da maggio a settembre nel 2011-12 a Zattaglia per M. emarginatus, utilizzando teli di nylon disposti a terra nelle aree maggiormente frequentate. Il guano prelevato è stato essiccato, disposto in sacchetti etichettati e analizzato in laboratorio; il procedimento per l’analisi ha seguito Pont e Moulin (1985), Dickmann e Huang (1988), McAney et al. (1991, 1997), Arlettaz et al. (1993), Duvergé (1996), Steck e Brinkmann (2006). Il numero minimo di pellets scelto da analizzare per campione, per stimare la ricchezza tassonomica minima predata, è stato di 15. Per la determinazione tassonomica dei frammenti degli insetti delle pellets si è fatto uso del confronto con gli invertebrati posti a secco e raccolti durante le cacce notturne, di chiavi e guide identificative per determinare i resti nelle pellets di chirotteri (Whitaker, 1988; McAney et al., 1991, 1997; Vaughan, 1997). I frammenti sono stati determinati alla più bassa categoria tassonomica possibile e ciò ha consentito di associare vari taxa entomatici ai probabili habitat di vita.

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Figura 3. Contenuto degli escrementi di pipistrelli. In sede di elaborazione dati è stata effettuata la stima del volume occupato da una singola unità tassonomica predata all’interno di ogni escremento e rapportata a 100 (Arlettaz, 1995; Duvergé, 1996; Vaughan, 1997), il calcolo della media del volume percentuale (o frequenza cumulativa nella dieta) per ogni taxon identificato (Duvergé, 1996), la valutazione della frequenza percentuale, vale a dire il numero di pellets in cui compare un dato taxon diviso il numero totale di pellets esaminate moltiplicato per 100.

Figura 4. Studio al miscroscopio di escrementi di pipistrelli.

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Risultati Invertebrati raccolti in campo Durante il 2011-12 l’utilizzo delle trappole luminose e del retino da sfalcio ha permesso di campionare alcune migliaia di esemplari di invertebrati dei seguenti taxa ad attività notturna o che si riposano sulla vegetazione di notte, nelle 2 aree dove sono presenti le nursery e probabilmente frequentate dai chirotteri durante il foraggiamento. Zattaglia lungo torrente Sintria (area di caccia di M. emarginatus): Gastropoda (3 sp.), Opiliones (1 sp.), Ephemeroptera (3 sp.), Orthoptera (3 sp.), Blattoidea (1 sp.), Dermaptera (1 sp.), Heteroptera (sp. plur.), Homoptera (sp. plur.), Mecoptera (1 sp.), Coleoptera (25 sp.), Diptera (sp. plur.), Lepidoptera (oltre 60 sp.), Trichoptera (15 sp.), Hymenoptera (sp. plur.). Borgo Tossignano, lungo fiume Santerno (area di caccia di R. hipposideros): Gastropoda (1 sp.), Araneidae (sp. plur.), Ephemeroptera (3 sp.), Odonata (1 sp.), Orthoptera (3 sp.), Dermaptera (1 sp.), Heteroptera (sp. plur.), Homoptera (sp. plur.), Coleoptera (21 sp.), Diptera (sp. plur.), Lepidoptera (17 sp.), Trichoptera (13 sp.), Hymenoptera (sp. plur.). Dai risultati risulta che la maggior parte degli esemplari intercettati sono piccoli (classe alare small) e appartengono ai coleotteri, eterotteri, omotteri, ditteri e imenotteri; sono taxa legati soprattutto all’acqua o alle piante che crescono ai margini di questa, alle sponde umide dei corsi d’acqua e alle basse erbe.

Analisi del guano Le pellets fecali analizzate nel 2011 sono state in totale 45 e nel 2012 complessivamente 90. Nelle pellets di entrambe le specie di chirotteri sono presenti nella maggior parte dei casi 3-5 ordini di artropodi e solo in pochi casi 1-2 o 6 taxa. Particolare che risalta è che entrambi i pipistrelli catturano spesso piccoli coleotteri riferibili alle famiglie Corticariidae e/o Mycetophagidae. Questi coleotteri, lunghi mediamente 1,2-3,0 mm (per le specie predate), vivono nutrendosi nei vari stadi anche di funghi arboricoli e corticicoli e perciò possono essere intercettati da adulti dai chirotteri posati su cortecce e fronde. R. hipposideros preda un notevole numero di famiglie di coleotteri rispetto M. emarginatus dai dati disponibili finora (7 contro 2). Interessante è la predazione di R. hipposideros su Metcalfa pruinosa. Tale evento è stato constatato con certezza due volte ma è probabile che ciò avvenga abbastanza di frequente in quanto non è semplice l’identificazione dei frammenti di omotteri e eterotteri nelle pellets. M. pruinosa è specie di insetto esotico invasivo e la predazione anche da parte dei chirotteri è quanto mai importante. In tabella 1 sono presentate la frequenza percentuale con cui compaiono mediamente i taxa di artropodi riscontrati nelle pellets delle due specie di chirotteri studiate ed è riportato in tabella 1 anche il volume percentuale che ogni ordine di invertebrato occupa in media negli escrementi analizzati. I taxa di artropodi comuni alla dieta di entrambi le specie di chirotteri sono 8 su 13. I taxa predati esclusivamente solo da uno o dell’altro chirottero sono 4; un taxa per M. emarginatus: araneidi, con alta frequenza e alto volume (freq. 91,3% e vol. 48,2%) e che costituisce gran parte della sua dieta; tre taxa

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per R. hipposideros: ortotteri e blattoidei (entrambi con freq. 4,0% e vol. 0,1%) e neurotteri (freq. 32,0% e vol. 4,8%), con valori di presenza nella dieta della specie non rilevanti. I taxa di artropodi più frequenti nelle pellets di entrambi le specie di pipistrelli sono i coleotteri (65,2% e 84,0%), i ditteri brachiceri (47,8% e 68,0%) e i lepidotteri (30,4% e 92,0%). Gli ordini di artropodi più rappresentati come volume nelle pellets di entrambi le specie di chirotteri sono i ditteri brachiceri (14,5% e 15,0%) e i coleotteri (16,3% e 10,1%) e secondariamente i lepidotteri (3,5% e 34,1%) e ditteri nematoceri (2,3% e 15,9%). Nelle tabelle 2 e 3 è presentata la frequenza cumulativa dei principali gruppi di artropodi predati nel periodo di studio ricompreso nel 2011-2012 da entrambi le specie di chirotteri. Interessante notare per M. emarginatus che la dieta è basata nei periodi considerati soprattutto su araneidi e secondariamente su coleotteri e quando questi calano, in primavera, la predazione si rivolge più sui ditteri brachiceri (tabella 2). I taxa maggiormente predati sono catturati soprattutto sulle fronde ed erbe o tra queste e questo si evince o perché tali taxa non volano mai (come gli araneidi) o perché non sono attivi in volo di notte ma in riposo sulla vegetazione (come i ditteri brachiceri, vari coleotteri e imenotteri, e altri). M. emarginatus sviluppa quindi una caccia più su artropodi inattivi. In R. hipposideros la dieta invece si basa in prevalenza su più taxa secondo il periodo dell’anno: lepidotteri, coleotteri, ditteri nematoceri, ditteri brachiceri, tricotteri e eterotteri in agosto e settembre; lepidotteri, neurotteri, coleotteri, ditteri brachiceri, eterotteri e omotteri in luglio (tabella 3). R. hipposideros preda, al contrario di M. emarginatus, più insetti in volo attivo come lo sono appunto i taxa rinvenuti abbondanti nelle sua dieta. Tabella 1. Frequenza e volume dei principali gruppi di invertebrati riscontrati nelle pellets di Myotis emarginatus e Rhinolophus hipposideros nel biennio 2011–2012 Ordine Lepidotteri Araneidi Coleotteri Ditteri Nematoceri Ditteri Brachiceri Tricotteri Eterotteri Omotteri Ortotteri Blattoidei Efemerotteri Imenotteri Neurotteri Altro

Frequenza (%) Myotis Rhinolophus emarginatus hipposideros 30,4 91,3 65,2 21,7 47,8 4,3 17,4 17,4

13,0 78,3

92,0 84,0 40,0 68,0 36,0 36,0 20,0 4,0 4,0 4,0 12,0 32,0 56,0

268

Volume (%) Myotis emarginatus

Rhinolophus hipposideros

3,5 48,2 16,3 2,3 14,5 0,3 2,0 2,8

34,1

5,5 4,6

10,1 15,9 15,0 4,6 7,5 4,0 0,1 0,1 0,1 1,4 4,8 2,6


Tabella 2. Frequenza cumulativa dei principali gruppi di invertebrati riscontrata nel biennio 2011–2012 nella dieta di Myotis emarginatus a Zattaglia

4.7.2011 5.8.2011 24.6.2012 30.7.2012 9.9.2012

Araneidi

Coleotteri

Ditteri Nematoceri

Ditteri Brachiceri

Lepidotteri

Eterotteri

Omotteri

Imenotteri

Tricotteri

35,0 50,0 31,0 60,0 65,0

38,3 16,0 4,0 18,0 5,0

3,3 6,0 0,0 2,0 0,0

3,3 8,0 54,0 4,0 3,0

6,7 7,0 1,0 0,0 3,0

5,0 1,0 4,0 0,0 0,0

0,0 9,0 0,0 0,0 5,0

1,7 0,0 0,0 12,0 14,0

1,7 0,0 0,0 0,0 0,0

Tabella 3. Frequenza cumulativa dei principali gruppi di invertebrati riscontrata nel 2011–2012 nella dieta di Rhinolophus hipposideros a Borgo Tossignano. Ditteri Ditteri Lepidote Coleotte Tricotter Eterotte Omotter Blattoid Efemero Imenott Neurott Nemato Brachice Ortotteri ri ri i ri i ei tteri eri eri ceri ri 11.8.2011 16.7.2012 26.8.2012 2.10.2012

25,3 44,0 52,0 15,0

21,2 8,0 7,0 4,0

10,5 0,0 8,0 45,0

19,0 10,0 12,0 19,0

8,3 0,0 5,0 5,0

1,8 12,0 10,0 6,0

5,0 6,0 3,0 2,0

0,3 0,0 0,0 0,0

0,3 0,0 0,0 0,0

0,3 0,0 0,0 0,0

1,5 4,0 0,0 0,0

3,0 14,0 0,0 2,0

Altro 3,5 2,0 3,0 2,0

Discussione e conclusioni I dati raccolti con le trappole luminose dislocate in più punti e la ricerca diretta con retino da sfalcio, per quanto riguarda lo studio dell’ecologia alimentare, hanno molto agevolato l’identificazione dei frammenti di invertebrati presenti negli escrementi e hanno permesso di individuare le più probabili tipologie di aree di caccia frequentate. Lo studio del guano di Myotis emarginatus a Zattaglia, conferma che il gruppo di invertebrati maggiormente consumato è costituito dagli araneidi. Invece, a sorpresa, risultano i coleotteri il secondo taxon più predato e non i ditteri come è riportato in alcuni lavori bibliografici. Il chirottero caccia soprattutto artropodi a riposo o attivi sulla vegetazione o tra questa e non invertebrati in volo. Per questa specie di chirottero si evidenzia come il corso d’acqua (o altri corsi d’acqua in zona), in questo caso il torrente Sintria, sia una zona di caccia frequentata in modo rilevante, con vari taxa entomatici acquatici riscontrati all’interno delle pellets. I taxa, non legati all’acqua, predati da M. emarginatus si sviluppano soprattutto su vegetazione arbustiva ed ecotonale. Riguardo Rhinolophus hipposideros a Borgo Tossignano risultano presenti nella sua dieta un vario numero di taxa di artropodi con frequenza e volume elevati: lepidotteri, coleotteri, ditteri nematoceri, ditteri brachiceri, tricotteri, neurotteri, omotteri e eterotteri. I più frequenti sono i lepidotteri seguiti dai coleotteri e dai ditteri brachiceri. Le prede trovate nelle pellets evidenziano un discreto legame della colonia con il fiume Santerno (o altri corsi d’acqua vicini) come area di foraggiamento, in quanto 2 taxa predati su 12, e almeno 6 famiglie, si sviluppano esclusivamente nelle acque. Il resto dei gruppi entomatici, la maggior parte, assunti come alimento vivono in aree boscate e in zone ecotonali di transizione tra macchie boscate e radure e prati. Dai corsi d’acqua non provengono direttamente la maggior parte degli artropodi predati dalle due specie di chirotteri. Nelle ultime due estati del 2011-12 il perdurare di un clima caldo-secco ha favorito una maggiore concentrazione di invertebrati fitofagi e predatori, non strettamente legati all’acqua, lungo la vegetazione arboreo-arbustiva-erbosa delle rive e sponde fluviali (come risulta dai dati dei trappolaggi non solo nella Vena del Gesso). Questo è accaduto perché la vegetazione fluviale si presentava

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maggiormente rigogliosa rispetto i dintorni per la maggiore disponibilità di acqua nel terreno (anche se con tratti di alveo in asciutta) e con l’effetto susseguente di mitigare le temperature. Appare quindi molto probabile che localmente le due colonie di pipistrelli abbiano sfruttato i corridoi fluviali come bacino principale di caccia durante gli ultimi due anni con estati molto torride e la loro dieta è quindi variata in funzione delle prede riscontrate in tali ambiti fluviali.

Ringraziamenti Ringrazio i vari entomologi che mi hanno aiutato nella determinazione di alcuni gruppi di insetti catturati con le trappole luminose, Massimo Bertozzi per la raccolta del guano dei chirotteri, la direzione del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola per la collaborazione.

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Monitoraggio delle popolazioni di chirotteri (Chiroptera) nel Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola

Massimo Bertozzi Via Ortignola 23/A, 40026 Imola (BO), Italia. Corrispondenza: max.berto@libero.it.

Riassunto L’attività di ricerca sulle popolazioni di chirotteri nel Parco ha interessato due intere annualità, il 2011 e il 2012, e l’inverno 2012/2013. Sono state utilizzate varie metodologie di indagine per acquisire informazioni più esaustive sullo status della chirotterofauna del Parco. Tramite l’utilizzo del bat detector sono stati registrati oltre 1000 contatti ascrivibili a 9 specie certe. Dal controllo degli ambienti ipogei è stato possibile individuare e monitorare colonie riproduttive e colonie svernanti con elevati numeri di esemplari. Le specie censite sono state in totale 15. Le informazioni di presenza ed ecologia delle specie si sono dimostrate fondamentali nell’identificazione dei siti e degli ambienti di maggior importanza per la conservazione dei pipistrelli nel territorio. Parole chiave: chirotteri, monitoraggio, cavità ipogee, colonie riproduttive, colonie svernanti.

Introduzione L’attività di monitoraggio delle popolazioni di chirotteri nel Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola per il Progetto “Climaparks”, ha preso avvio nell’autunno del 2010, con l’acquisizione di tutte le informazioni preliminari per l’avvio della ricerca, e si è protratta fino all’inverno 2012/2013. L’attività di ricerca in campo ha interessato due intere annualità, il 2011 e il 2012, e l’inverno 2012/2013, per i monitoraggi sugli esemplari svernanti. L’anno 2011, è stato un anno fondamentale sia per l’acquisizione dei primi significativi dati del Progetto sulla chirotterofauna del Parco, sia per una più chiara comprensione delle peculiarità ambientali dell’area e della struttura del territorio, in riferimento alle caratteristiche e necessità ecologiche delle popolazioni di chirotteri del Parco. Il secondo anno, il 2012, ha invece avuto un ruolo importante per il consolidamento delle prime importanti informazioni acquisite nel precedente anno, ma anche per l’acquisizione di nuovi dati sulla chirotterofauna del Parco. Nella presente articolo sul lavoro svolto, si riportano in sintesi le attività realizzate e i risultati ottenuti nell’intero periodo di monitoraggio.

Metodi L’attività di lavoro si è sviluppata nella realizzazione delle seguenti azioni:

Rilevamento bioacustico delle presenze di chirotteri nel Parco L’attività è stata realizzata tramite l’utilizzo di bat detector con registrazione digitale nel periodo estivo (da luglio ad settembre) effettuando transetti di ascolto, a piedi e in automobile a bassissima velocità, e in punti fissi di ascolto. Sono stati realizzati un totale di 54 transetti e 5 punti fissi di ascolto. La successiva

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analisi degli ultrasuoni registrati, con lo specifico software Batsound 3.31, ha permesso l’individuazione del numero di contatti e, quando possibile, la determinazione specifica degli stessi (Russ, 1999; Russo e Jones, 2002; Tupinier, 1997).

Ricerca delle colonie in ambiente forestale Attraverso monitoraggi degli habitat forestali si sono cercati esemplari arborei con caratteristiche idonee ad ospitare colonie di pipistrelli o singoli. Questa attività di monitoraggio è stata realizzata nel periodo estivo con controlli mirati in alcuni dei più significativi ambienti boschivi del Parco, oppure in occasione dei monitoraggi di ricerca di pipistrelli in edifici e lungo i transetti di ascolto con bat-detector, percorsi nel tardo pomeriggio, prima del tramonto, momento in cui alcune specie forestali emettono acuti versi udibili ad orecchio, che ne possono permettere l’individuazione nel roost.

Ricerca delle colonie in edifici e altri manufatti L’attività è stata realizzata innanzitutto con l’individuazione nel territorio di idonei edifici. In particolare sono state cercate e monitorate case abbandonate o semi abbandonate, ma anche altri edifici inutilizzati, abbandonati o semi abbandonati dall’uomo, quali stalle, cantine e torri. A questi vanno poi aggiunti i ponti, strutture spesso adatte ad ospitare pipistrelli. I controlli all’interno degli edifici sono stati realizzati durante il giorno, per verificare la presenza di esemplari in riposo, utilizzando torcia elettrica e macchina fotografica per la determinazione e il conteggio degli esemplari eventualmente presenti. La determinazione degli esemplari è stata effettuata sempre a vista, si è evitata cioè la cattura degli esemplari, limitando in tal modo il disturbo agli animali.

Ricerca di eventuali colonie rupicole L’attività è stata realizzata durante ogni monitoraggio con bat-detector effettuato in prossimità delle pareti rocciose della Vena del Gesso, con particolare attenzione nell’orario crepuscolare, momento di involo degli esemplari in rifugio. In particolare si sono cercati segnali in successione di più esemplari di specie con abitudini rupicole, come ad esempio Tadarida teniotis, o specie solo potenzialmente rupicole, come ad esempio Eptesicus serotinus o alcune appartenenti al genere Pipistrellus.

Monitoraggio degli ambienti ipogei Durante i periodi estivo ed autunnale sono stati controllati alcuni rifugi ipogei significativi per la presenza di pipistrelli, in particolare quelli che ospitano colonie riproduttive. Oltre al controllo diurno del roost, effettuato introducendosi nell’ipogeo per l’osservazione degli esemplari in riposo, si è proceduto anche, in un paio di casi, al monitoraggio serale degli esemplari in uscita dal rifugio. Nell’inverno 2012/2013 si è inoltre proceduto al monitoraggio di alcuni dei più importanti rifugi ipogei dell’area, per il monitoraggio degli esemplari in letargo. I controlli diurni sono stati realizzati a vista, mentre quelli serali tramite rilievo bioacustico e/o cattura degli esemplari con mist net (vedi di seguito specifica descrizione dell’attività).

Cattura di esemplari con mist net La metodologia, suggerita nel primo report realizzato (novembre 2010), prevede l’utilizzo di reti (mistnet) per la cattura degli esemplari in attività e la successiva determinazione specifica (Diez e von Helversen, 2004). Questa tecnica, utilizzata nelle aree di abbeveraggio, nei “corridoi di volo” e/o all’uscita

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dai roost, permette l’acquisizione di utili informazioni di presenza ed ecologia non ottenibili con le sole altre metodologie previste. Nell’estate del 2012 la metodologia è stata utilizzata in corrispondenza di corsi d’acqua del Parco, torrente Senio e torrente Sintria, oltre che per il monitoraggio degli esemplari in uscita dalla Grotta del Re Tiberio (località Borgo Rivola, comune di Riolo Terme). Gli esemplari sono stati catturati, maneggiati e poi rilasciati, senza arrecare loro alcun danno, seguendo i protocolli indicati dalle linee guida nazionali sul monitoraggio dei chirotteri (Agnelli et al., 2004).

Determinazione della dieta tramite lo studio delle feci Come prima cosa si è proceduti all’individuazione di colonie di pipistrelli di sicura determinazione specifica da cui poter prelevare guano. Individuate le colonie, con l’attività di ricerca nei vecchi edifici e altri manufatti, si è proceduto al posizionamento di teli plastici sotto la colonia, per la raccolta periodica del guano nel periodo di presenza della colonia, negli anni 2011 e 2012. Il guano raccolto è stato poi analizzato dall’entomologo di riferimento. Per la descrizione specifica dei metodi e dei risultati di questa attività, si rimanda all’articolo dell’esperto entomologo Roberto Fabbri.

Risultati Per ogni attività sopraelencata, si riportano di seguito, in modo sintetico, i risultati ottenuti.

Rilevamento bioacustico tramite l’utilizzo di bat-detector All’interno dell’area del Parco sono realizzati 53 transetti di ascolto con bat-detector, a piedi o in auto, nell’anno 2011 e 54 nell’anno 2012 (gli stessi del 2011 più uno nuovo), cercando il più possibile di coprire uniformemente l’intera superficie dell’area di indagine. Inoltre sono stati realizzati, nell’anno 2011, 5 punti di ascolto con bat-detector di 15 minuti ciascuno. La lunghezza dei transetti realizzati è variabile da un minimo di 450 metri ad un massimo di 7000 metri, in relazione alla possibilità e necessità di percorrenza delle diverse zone del Parco. In totale sono stati percorsi 119.550 metri nel 2011 e 121.250 metri nel 2012. Il tempo di monitoraggio con bat-detector nei transetti è stato di 1123 minuti nell’anno 2011 e di 1120 minuti nell’anno 2012, per un totale rispettivamente di 576 e 510 contatti registrati. La durata complessiva dei punti di ascolti è invece di 75 minuti, per un totale di 151 contatti registrati. Per quasi tutti i segnali registrati nei transetti è stato possibile procedere, in fase di analisi, al tentativo di determinazione specifica. Solo per un numero ridotto di segnali registrati, 67 su 1237, non è stata invece possibile alcuna determinazione, né specifica né generica. La metodologia di indagine ha permesso di individuare con certezza 9 specie: Rhinolophus hipposideros, Rhinolophus ferrumequinum, Rhinolophus euryale, Pipistrellus kuhlii, Pipistrellus pipistrellus, Hypsugo savii, Eptesicus serotinus, Nyctalus noctula e Myotis daubentonii. Fra queste, le specie in assoluto più contattate sono state, per entrambi gli anni, il pipistrello albolimbato e il pipistrello di Savi. Ai segnali registrati di certa determinazione specifica, si aggiungono quelli per i quali è stata possibile una determinazione solo del Genere oppure per coppie o gruppi di specie, per scarsa qualità del segnale e soprattutto per intrinseci limiti della metodologia di indagine. Fra questi, i dati numericamente più significativi riguardanti i gruppi di specie: “miniottero/Pipistrellus” (formato da M. schreibersii/P. pygmaeus e P. pipstrellus/M. schreibersii), e “serotino/nottole” (formato da E. serotinus/N. leisleri e Nyctalus sp./E. serotinus).

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Ricerca delle colonie in ambiente forestale All’interno del Parco sono stati realizzati controlli mirati in alcuni degli ambienti boschivi presenti. Per entrambi gli anni (2011 e 2012), è stato eseguito un monitoraggio diurno del castagneto di Campiuno, l’area forse più ricca di cavità arboree del Parco e sono stati inoltre controllati, con transetti nel tardo pomeriggio o poco prima del tramonto, il crinale boscoso di Monte del Casino (dall’area di Ca’ Siepe fino alla zona della ex cava SPES di Tossignano), il crinale dalla sella di Ca’ Faggia a Monte Mauro e l’area boschiva circostante la grotta Tanaccia. A questi vanno aggiunti i monitoraggi effettuati sul territorio contestualmente alla ricerca di edifici abbandonati o altri manufatti idonei alla presenza di chirotteri. L’attività di ricerca non portato al ritrovamento né di colonie, né di singoli esemplari in cavità arboree degli ambienti forestali ispezionati nel Parco. Con l’attività di bat-detectoring è stata però registrata la presenza certa di Nyctalus noctula, specie considerata prettamente dendrofila, con un significativo numero di contatti: 40 in totale, nell’arco dei due anni.

Ricerca di colonie e singoli esemplari in edifici e altri manufatti Nel corso dei due anni di monitoraggio sono stati individuati e monitorati 23 edifici ritenuti potenzialmente idonei ad ospitare chirotteri. Quattro di questi edifici, quelli ritenuti più importanti per la presenza di pipistrelli, sono stati monitorati entrambi gli anni. Le specie osservate e determinate con certezza sono cinque: Rhinolophus hipposideros, Rhinolophus ferrumequinum Pipistrellus kuhlii, Myotis emarginatus e Miniopterus schreibersii. Dei 23 edifici controllati solo 6 non avevano esemplari al loro interno e solo in 2 di questi non sono state rinvenute tracce di presenza, guano e/o resti di insetti. La quasi totalità degli edifici visitati appare quindi più o meno utilizzata da chirotteri, spesso da singoli o pochi esemplari, ma anche da colonie riproduttive. E’ questo il caso di due edifici, un ponte e il sottotetto di una casa parzialmente utilizzata, che ospitano ogni anno rispettivamente una colonia riproduttiva di circa 60 esemplari di Myotis emarginatus (figura 1) e una di circa 30 esemplari di Rhinolophus hipposideros. I due edifici sono stati visitati periodicamente durante la stagione estiva per la raccolta di campioni di guano utilizzati per l’analisi della dieta dei pipistrelli attraverso lo studio degli escrementi.

Ricerca di eventuali colonie rupicole La ricerca di eventuali colonie rupicole nel territorio del Parco non ha dato esiti positivi. Con l’attività di bat-detectoring sono stati rilevati esemplari potenzialmente utilizzatori, sia in colonie che singolarmente, di rifugi quali fessure di rocce, come ad esempio: Pipistrellus kuhlii, Pipistrellus pipistrellus e Hypsugo savii; ma per nessun esemplare rilevato è stato possibile determinare il luogo di rifugio. Non sono poi stati registrati contattati di Tadarida teniotis, specie considerata strettamente rupicola.

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Figura 1. Colonia riproduttiva di vespertilio smarginato (Myotis emarginatus), sotto un ponte.

Monitoraggio degli ambienti ipogei I rifugi ipogei controllati nel periodo estivo sono stati: Grotta del Re Tiberio, tunnel della cava Saint Gobain e Grotta della Lucerna. La Grotta del Re Tiberio (Comune di Riolo Terme -RA-, località Borgo Rivola – Monte Tondo) è stata controllata nell’agosto del 2012, procedendo con un’ispezione diurna alla ricerca di esemplari in riposo. All’interno sono stati osservati circa una trentina di esemplari di rinolofo eurìale (Rhinolophus euryale), isolati o in piccoli gruppi. Gli esemplari osservati sono da ricondurre alla colonia riproduttiva, di circa un centinaio di esemplari della specie, nota per la grotta. Non sono stati osservati esemplari di altre specie. La Re Tiberio è stata monitorata anche nella seconda metà del mese di settembre dello stesso anno, periodo particolarmente interessante perché momento di swarming per diverse specie, soprattutto per alcune specie appartenenti al genere Myotis. Il monitoraggio autunnale è stato eseguito a partire dal tramonto e utilizzando mist net e bat detector. Le specie rilevate sono state: Rhinolophus hipposideros, Rhinolophus ferrumequinum, Myotis nattereri, solo catturata e non contattata al bat detector, e Miniopterus schreibersii. I tunnel della cava Saint Gobain (Comune di Riolo Terme -RA-, località Borgo Rivola – Monte Tondo), sono stati ispezionati, nell’agosto del 2012, i tre principali sistemi di tunnel, scavati a diverse quote s.l.m. e di seguito nominati proprio sulla base della quota: Livello 160, Livello 200 e Livello 215. Al Livello 160 è stata osservata la colonia riproduttiva, segnalata nel sito ormai da anni, e formata da alcune migliaia di femmine, stimabili in 3000-4000 individui, di tre diverse specie: Miniopterus schreibersii, a cui appartengono la maggior parte degli esemplari, Myotis myotis e Myotis blythii. Numerosi individui di Miniopterus schreibersii, isolati o in piccoli gruppi, sono stati inoltre osservati anche gran parte del Livello 200, con esemplari isolati o raccolti in piccoli gruppi, mentre al Livello 215, sono da segnalare solo alcune decine di esemplari del genere Rhinolophus.

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La Grotta della Lucerna (Comune di Brisighella -RA-, località Zattaglia – Monte Mauro) è stata controllata nella seconda metà del mese di agosto 2012, sia internamente, ispezionando la sala principale e alcuni dei suoi cunicoli, sia tramite bat detector al tramonto. Nella grotta è nota da alcuni anni la presenza di una colonia riproduttiva di Rhinolophus euryale composta da alcune centinaia di esemplari. Dal controllo interno, effettuato nel tardo pomeriggio, sono stati osservati solo un paio di esemplari di Rhinolophus in volo. Dall’attività serale di bat-detectoring è stato possibile verificare la presenza di alcuni esemplari di Rhinolophus hipposideros e di alcune decine di Rhinolophus euryale. Difficile però stabilire con esattezza il numero di questi ultimi, in considerazione del notevole “via vai” di esemplari presso l’ingresso a partire dal tramonto. Il numero di presenze è apparso però decisamente inferiore a quanto noto per il sito. La grotta è una delle più importanti per la chirotterofauna del Parco e merita certamente grande tutela e ulteriori monitoraggi nel periodo estivo. Della stessa specie è nota nel Parco una grande colonia svernante, di circa mille esemplari, all’interno del complesso carsico Rio Stella-Rio Basino (Bertozzi, 2010). I rifugi ipogei controllati nel periodo invernale sono invece stati: Inghiottitoio ad ovest di Ca’ Siepe, tunnel dell’ex cava SPES, Grotta Tanaccia, Buco del Noce, tunnel della cava Saint Gobain e tunnel dell’ex cava Marana. Tutti i monitoraggi sono stati effettuati fra i primi giorni del mese di gennaio e i primi giorni del mese di febbraio dell’anno 2013. Inghiottitoio ad ovest di Ca’ Siepe (Comune di Riolo Terme -RA-, località Ca’ Siepe – Borgo Rivola). La grotta è estremamente importante per lo svernamento di Rhinolophus hipposideros (figura 2), al suo interno sono stati contati 294 esemplari di questa specie oltre a 19 Rhinolophus ferrumequinum e 1 esemplare del Genere Plecotus.

Figura 2. Esemplare di rinolofo minore (Rhinolophus hipposideros), in letargo in grotta. Tunnel dell’ex cava SPES (Comune di Borgo Tossignano -BO-, località Tossignano). La cava, ormai dismessa da alcuni decenni, ospita esemplari di diverse specie in tutti i periodi dell’anno. Nel monitoraggio degli svernanti sono stati osservati: 101 Rhinolophus ferrumequinum, 3 Rhinolophus hipposideros e 5 Eptesicus serotinus.

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Grotta Tanaccia (Comune di Brisighella -RA-, località Case di Trebbo). La grotta appare frequentata da chirotteri soprattutto nel periodo invernale, dal monitoraggio sono risultati presenti: 32 Rhinolophus ferrumequinum, 56 Rhinolophus hipposideros e 1 Rhinolophus euryale. Buco del Noce (Comune di Brisighella -RA-, località Case di Trebbo). Sito importante nell’area per lo svernamento di Rhinolophus ferrumequinum, al suo interno sono stati osservati 123 esemplari di questa specie oltre a 14 Rhinolophus hipposideros. Tunnel della cava Saint Gobain (Comune di Riolo Terme -RA-, località Borgo Rivola). E’ senza dubbio il più importante sito ipogeo della Vena del Gesso per la conservazione dei chirotteri, oltre che un roost di grande rilevanza regionale e nazionale, come già evidenziato dai risultati del monitoraggio estivo. Nel periodo invernale gli esemplari in letargo si concentrano soprattutto nel Livello 200, nel quale sono stati osservati circa 30 Rhinolophus hipposideros, quasi 1100 Rhinolophus ferrumequinum (dei quali più di 900 in un unico gruppo) e un’enorme colonia svernante di Miniopterus schreibersii, il cui numero di esemplari non è quantificabile con precisione, vista la notevole distanza dal suolo e l’estrema compattezza degli esemplari nella colonia, ma stimabile in non meno di 9000-10000 individui. Anche nei livelli inferiori (Livello 160 e Livello 140) sono stati osservati alcuni esemplari isolati delle tre specie, oltre ad una colonia di circa 1000-2000 Miniopterus schreibersii al Livello 160 (non distanza dal punto in cui si forma la colonia estiva della stessa specie), formata da esemplari relativamente attivi e quindi non in ibernazione. Tunnel dell’ex cava Marana (Comune di Brisighella -RA-, località Case di Trebbo). La piccola cavità artificiale da rifugio ad alcuni esemplari svernanti di Rhinolophus hipposideros, durante il monitoraggio ne sono stati osservati tre.

Cattura di esemplari con mist net Nell’agosto del 2012 sono state realizzate due serate di cattura in corrispondenza di due corsi d’acqua del Parco, il torrente Senio e il torrente Sintria, posizionando tre mist net per sito, per una durata di circa tre ore e mezzo a cominciare dal tramonto. La metodologia è stata utilizzata anche in una serata di settembre dello stesso anno per il monitoraggio degli esemplari in uscita dalla Grotta del Re Tiberio. Le specie rilevate tramite sono sei: Rhinolophus hipposideros, Rhinolophus ferrumequinum, Myotis daubentonii, Myotis mystacinus (prima segnalazione per il Parco), Myotis nattereri e Miniopterus schreibersii. La metodologia di ricerca ha permesso l’individuazione di specie la cui presenza non è facilmente rilevabile con le altre metodologie utilizzate, in particolare ci si riferisce alle tre specie del genere Myotis, raramente visibili in riposo perché considerate fessuricole e anche difficilmente identificabili con l’attività di bat-detectoring.

Discussione e conclusioni L’attività di monitoraggio ha permesso l’acquisizione di importanti informazioni sulla chirotterofauna del Parco. Innanzitutto, dalla lettura dei dati raccolti, si nota la ricchezza di specie certe censite, ben 15: Rhinolophus hipposideros, Rhinolophus ferrumequinum, Rhinolophus euryale, Myotis blythii, Myotis daubentonii, Myotis emarginatus, Myotis myotis, Myotis mystacinus, Myotis nattereri, Pipistrellus kuhlii, Pipistrellus pipistrellus, Hypsugo savii, Eptesicus serotinus, Nyctalus noctula e Miniopterus schreibersii; che dimostra l’alta vocazione e l’importanza del territorio in studio per la conservazione dei chirotteri. Al dato qualitativo si aggiunge poi quello quantitativo delle presenze di alcune specie, in particolare

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Rhinolophus hipposideros, Rhinolophus ferrumequinum, Rhinolophus euryale e Miniopterus schreibersii (tutte specie inserite nell’Allegato II della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”), osservate in svernamento e/o riproduzione con colonie di diverse centinaia o addirittura migliaia di esemplari. Queste importanti informazioni di presenza ed ecologia delle specie si sono dimostrate fondamentali nell’identificazione dei siti e degli ambienti di maggior importanza per la conservazione dei pipistrelli nel territorio del Parco. Siti ed ambienti la cui salvaguardia risulta fondamentale in considerazione delle notevoli alterazioni ambientali cui il territorio è sottoposto. Alterazioni sia su larga scala, quali i globali e rapidi cambiamenti climatici, sia su scala più locale, come le dirette attività antropiche, in particolare l’agricoltura e l’attività estrattiva del minerale gessoso.

Ringraziamenti Ringrazio Irene Salicini per il prezioso aiuto in campo, la Saint Gobain PPC Italia s.r.l. per la disponibilità durante i rilievi nell’area della cava di Monte Tondo e il Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola, nella persona di Massimiliano Costa, per la collaborazione in ogni fase della ricerca.

Bibliografia Agnelli, P., Martinoli, A., Patriarca, E., Russo, D., Scaravelli, D., & Genovesi, P. (Eds.). (2004). Quad. Cons. Natura. Vol. 19, Linee guida per il monitoraggio dei Chirotteri: indicazioni metodologiche per lo studio e la conservazione dei pipistrelli in Italia. Ozzano dell'Emilia (BO): Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. Bertozzi, M. (2010). I pipistrelli dell’area carsica del Rio Stella-Rio Basino. In P. Forti & P. Lucci (Eds.), Il progetto Stella-Basino, studio multidisciplinare di un sistema carsico nella Vena del Gesso Romagnola. Memorie dell’Istituto Italiano di Speleologia, Serie II, 23, 231–239. Dietz, C., & von Helversen, O. (2004). Illustrated identification key to the bats of Europe (Electronic Publication Version 1.0). Tuebingen, Germany: Autore. Russ, J. (1999). The bats of Britain and Ireland: Echolocation calls, sound analysis and species identification. London, United Kingdom: Alana Ecology. Russo, D., & Jones, G. (2002). Identification of twenty-two bat species (Mammalia: Chiroptera) from Italy by analysis of time-expanded recordings of echolocation calls. Journal of Zoology, 258, 91–103. Tupinier, Y. (1997). European bats: their world of sound. Lyon, France: Société Linnéenne de Lyon.

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Monitoraggio delle popolazioni di uccelli nidificanti, svernanti e migratrici nel Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola, mediante la metodologia di inanellamento a sforzo costante

Fabrizio Borghesi I.S.P.R.A., Via Cà Fornacetta 9, 40064 Ozzano Emilia, Italia. Corrispondenza: fabrizio.b@racine.ra.it.

Riassunto L’inanellamento a sforzo costante è stato applicato al programma di monitoraggio delle popolazioni ornitiche presso il Rifugio Cà Carnè, Brisighella (RA). Il metodo è descritto all’interno del Progetto Esecutivo elaborato dalla Provincia di Ravenna (Costa, 2010). Vengono qui presentati i risultati ottenuti alla data del 31 marzo 2013, a monitoraggio ancora in corso. Approssimativamente, sono stati marcati 1000 uccelli, 200 dei quali hanno fatto registrare almeno una ricattura. Considerando una suddivisione convenzionale dell’anno solare in 4 periodi fenologici, è stato registrato nel secondo anno un vistoso calo nel numero di catture che ha continuato a produrre effetti anche nel periodo di svernamento del terzo anno. In questo rapporto vengono evidenziati e discussi alcuni andamenti demografici finora osservati. Parole chiave: inanellamento, Passeriformes, monitoraggio ornitologico, biodiversità, produttività, migrazione.

Introduzione La metodologia dell’inanellamento a sforzo costante è stata applicata al programma di monitoraggio delle popolazioni ornitiche nidificanti, svernanti e migratrici nell’area di Cà Carnè, Brisighella (RA). Per maggiori dettagli sul metodo, che si basa su un’estensione e parziale modifica del Progetto di Inanellamento a Sforzo Costante (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, 2002), ed è ampiamente sperimentato in diversi Paesi (Peach et al., 1996; Robinson et al., 2009), si rimanda al Progetto Esecutivo elaborato dalla Provincia di Ravenna (Costa, 2010).L’attività di monitoraggio ha avuto inizio, previa l’installazione di nuovo impianto di cattura, in novembre 2010 ed è tuttora in corso. Al 31 maggio 2013, data alla quale si riferisce il presente rapporto, sono state acquisite conoscenze di dettaglio sulla composizione della comunità e la struttura del popolamento, per quanto concerne le specie contattabili con il metodo utilizzato. Al contempo, è stato creato un database di dati morfologici e fisiologici di tutti gli individui catturati, sono stati calcolati alcuni indici di diversità biologica e di popolazione per diversi periodi stagionali, e sono state compilate oltre 200 “life-history” sulla base delle ricatture di uccelli già inanellati. In questo rapporto vengono evidenziati e discussi gli andamenti demografici finora osservati.

Metodi L’impianto di cattura L’impianto consta in 22 reti tipo “mist-net” 12x2.50 m (264 m lineari, 660 m2 di fronte di rete) con maglia di 16 mm. La comparabilità dei dati è consentita dalla disposizione invariata delle reti e dal mantenimento nel tempo delle caratteristiche degli habitat in cui sono inserite. L’efficienza delle reti 281


viene garantita dalla tempestiva sostituzione di quelle danneggiate dalla normale usura, da eventi meteorologici eccezionali e dall’impatto di animali selvatici.

Figura 1. Localizzazione geografica dell’impianto (sinistra) e disposizione dei transetti (destra). Coordinate geografiche nel testo. Le mappe sono orientate con il Nord verso l’alto. L’impianto è geograficamente collocato sul versante nord-orientale dell’Appennino Tosco-Romagnolo all’interno del Parco della Vena Gesso Romagnola in Comune di Brisighella, e distribuito attorno al centro visite Rifugio Cà Carnè (44°13'36.80"N, 11°44'15.80"E), entro un raggio di 200 m dal rifugio, ad una quota di circa 380 m s.l.m., (figura 1, sinistra). I transetti sono collocati in quattro tipi di habitat (figura 1, destra). Gli habitat indagati e il rispettivo numero di reti sono i seguenti: – 6 reti nella boscaglia xerofila (Quercus pubescens, Pistacia terebinthus, Juniperus spp.) alla sommità di un promontorio di gesso selenitico a Nord del rifugio Cà Carnè (transetti “C”); – 9 reti lungo il modesto margine erbaceo-arbustivo (Spartium junceum, Rubus spp., Cornus sanguinea, Sambucus ebulus) tra un piccolo uliveto e il bosco a sud-ovest del rifugio (transetti “U”); – 6 reti all’interno del suddetto bosco mesofilo (Carpinus betulus, Ostrya carpinifolia, Alnus glutinosa, Populus nigra, Fraxinus excelsior, Acer pseudoplatanus, Sambucus nigra) (transetti “B”); –

1 rete all’interno di un piccolo nucleo di conifere alloctone a sud del rifugio (transetto “A”).

Lo sforzo di cattura Il Progetto prevede 32 sessioni di cattura in ciascun anno di progetto (da Dicembre a Gennaio), con due sessioni al mese nei mesi di Dicembre, Gennaio e Febbraio, e tre sessioni al mese nei restanti mesi dell’anno (tabella 1). Tra due sessioni consecutive deve trascorrere un intervallo temporale di almeno 7 giorni. Da Maggio ad Agosto vi è piena conformità con il protocollo Pr.I.S.Co., quindi l’impianto entra in azione una volta ogni decade a partire dall’alba per sei ore, mentre negli altri mesi dell’anno l’apertura delle reti, è prevista dall’alba al tramonto. Piccole varianti al protocollo, come ad esempio la chiusura anticipata di alcune reti, sono state effettuate in rari casi, ovvero quando si poteva configurare un rischio per l’incolumità degli uccelli dovuto a condizioni meteorologiche particolarmente avverse. Si è scelto di suddividere ogni anno di progetto in quattro periodi. Tale suddivisione, uguale per tutte le specie, non rispecchia le reali fenologie, ma è utile per effettuare l’analisi dei dati e la definizione della struttura del popolamento. Alla data del presente report sono disponibili informazioni relative a due annualità complete, nonché al terzo inverno e al mese di marzo 2013.

282


Tabella 1. Suddivisione in periodi “fenologici” del calendario annuale delle sessioni: “svernanti” (S), “migratori primaverili” (MP), “nidificanti” (N), “migratori autunnali” (MA) Migrazione primaverile

Svernanti

Nidificanti (Pr.I.S.Co.)

Migrazione autunnale

Dic

Gen

Feb

Mar

Apr

Mag

Giu

Lug

Ago

Set

Ott

Nov

2

2

2

3

3

3

3

3

3

3

3

2

Totale uscite 32

Risultati Al 31 marzo 2013, sono stati marcati 994 individui di 39 specie ed effettuati 413 controlli relativi a 208 uccelli già inanellati. La tabella 2 riporta i totali delle catture effettuate, suddivise per periodo “fenologico”. Tabella 2. Numero di catture per mese da Dicembre 2010 a Marzo 2013 Anno 1 2 3

Svernanti Dic Gen Feb 68 42 48 53 46 22 44 34 38

Migrazione primaverile Mar Apr 88 59 59 42 64 —

Nidificanti (Pr.I.S.Co.) Mag Giu Lug Ago 48 37 44 56 27 23 44 31 — — — —

Migrazione autunnale Set Ott Nov 70 110 89 30 73 28 — — —

Risulta evidente dalla tabella 2, come il secondo anno sia stato sempre caratterizzato da numeri sensibilmente inferiori al precedente, ad eccezione di gennaio e luglio. Su base stagionale (per “stagione” si fa qui riferimento ai periodi convenzionalmente impostati) la flessione del numero di catture è variata tra il 23% al 26% da dicembre fino a fine estate, e si è aggravata ulteriormente in autunno segnando un 51,5%. Complessivamente, il secondo anno di progetto ha fatto registrare il 36% di catture in meno. Il terzo anno si è aperto con un ulteriore calo di catture in dicembre e gennaio rispetto al secondo anno, mentre si è registrato un lieve segnale di ripresa in febbraio e marzo. Prendendo in esame gli indici di comunità (nel periodo estivo, sono stati considerati solo i soggetti adulti presumibilmente insediati nel sito per la riproduzione, escludendo quindi i giovani nati nell’anno e i soggetti adulti considerati in transito con elevata probabilità), il numero delle specie (“ricchezza”) ha mostrato, in linea alle attese, la tendenza ad essere più elevato durante i due periodi di migrazione (1824 specie), e meno elevato nei periodi di svernamento (14-17 specie) (figura 2). In realtà, come mostra il diagramma a barre contenuto in figura 2, la variazione del numero di specie tra periodi è stata poco rilevante, con solo due picchi di una certa evidenza: uno positivo nell’autunno del primo anno (MA1, 24 specie) e uno negativo, nell’inverno del terzo anno (S3, 14 specie). I due periodi di nidificazione sono collocati in una situazione intermedia (17-18 specie). Gli indici di diversità di Shannon1 (figura 2) e di Equiripartizione2 (o Evenness) (non rappresentato nel grafico), hanno evidenziato valori decisamente inferiori nel periodo riproduttivo, rispetto a tutti gli altri periodi dell’anno. Il numero di catture generalmente più basso che ha caratterizzato i periodi estivi (N1, N2), giustificato in parte dalla minor durata delle singole sessioni, può avere influenzato tali indici. Infatti, l’indice di Margalef3, che misura la

S

1

Diversità di Shannon (Shannon & Weaver, 1963): H = − ∑ pi ln pi , con pi frequenza relativa della specie i-esima. i =1

2

Equiripartizione o Evenness: J = H/Hmax, dove Hmax = ln S.

3

Diversità di Margalef (Margalef, 1958): D = S – 1/ln N, dove S = ricchezza specifica e N = numero totale di individui.

283


ricchezza specifica tenendo conto dell’abbondanza, ha mostrato valori medio-alti anche in corrispondenza dei periodi riproduttivi, segnando anzi il valore più elevato proprio in corrispondenza del periodo N2. Si può altresì notare come nei tre periodi “fenologici” (MP2, N2, MA2) che hanno seguito il secondo svernamento (S2), l’indice di diversità di Shannon abbia registrato una flessione rispetto agli stessi tre periodi dell’anno prima. Tale prolungata fase di “impoverimento”, ha determinato degli effetti sulla ricchezza specifica nel terzo inverno, come evidenziato chiaramente dall’indice di Margalef per S3 (figura 2). Nonostante questo, l’indice di Shannon del terzo inverno è rimasto simile ai due inverni precedenti.

Figura 2. Indici di diversità della comunità ornitica nei vari periodi indagati. Nel periodo riproduttivo la comunità è riferita ai soli individui adulti ritenuti insediati per la riproduzione. Entrando nel dettaglio della comunità svernante, nei primi due inverni Fringuello (Fringilla coelebs), Pettirosso (Erithacus rubecula), Codibugnolo (Aegithalos caudatus) e Cinciarella (Cyanistes caeruleus) sono risultate le specie dominanti. Solo durante il terzo inverno si è avuta una maggiore presenza di specie irruttive: Peppola (Fringilla montifringilla), Cincia mora (Periparus ater) e soprattutto Lucherino (Carduelis spinus). Quest’ultimo ha sostituito, tra le specie dominanti, la Cinciarella. Da sottolineare nel terzo anno i cali evidenti a carico di Pettirosso, Passera scopaiola (Prunella modularis), Scricciolo (Troglodytes troglodytes) e, appunto, Cinciarella. In entrambi i periodi riproduttivi, la Capinera (Sylvia atricapilla)ha mostrato una netta dominanza, mentre il gruppo di specie sub-dominanti è stato composto da Merlo (Turdus merula), Pettirosso, Cinciallegra (Parus major) e Sterpazzolina di Moltoni (Sylvia subalpina)4. Nella seconda estate si è assistito però ad un calo generalizzato di tutte queste specie tranne il Merlo. Tra i nidificanti, sono state catturate finora cinque specie con strategia migratoria a lungo raggio: Sterpazzolina di Moltoni, Codirosso (Phoenicurus phoenicurus), Pigliamosche (Muscicapa striata), Rigogolo (Oriolus oriolus) e Tortora selvatica (Streptopelia turtur).

4

Il caso della Sterpazzolina di Moltoni è di elevato interesse biogeografico e genetico in quanto, da un lato, la sua rapida e recente espansione potrebbe essere guidata dai mutamenti climatici, dall’altro, il suo comportamento riproduttivo è poco noto nell’area di studio (Brambilla et al, 2007), soprattutto in ragione della recente separazione tassonomica dalla Sterpazzolina (Sylvia cantillans) avvenuta di recente (Brambilla et al., 2008).

284


Esaminando le catture di giovani entro tutto il periodo riproduttivo reale (cioè considerando le catture di tutti i giovani dell’anno fino al termine del periodo “Pr.I.S.Co”, con la sola esclusione dei giovani delle specie certamente non nidificanti nell’area), sono state notate differenze molto evidenti tra il primo e il secondo anno. La ricchezza totale è stata di 18 specie nel primo anno e 13 nel secondo. Ancor più eclatante il calo del numero di catture e l’andamento della stagione riproduttiva nel suo complesso. Nel primo anno sono stati inanellati 85 giovani, con le prime apparizioni di giovani involati già a partire dall’ultima decade di aprile, mentre nel secondo anno i primi giovani sono stati catturati solo dopo metà giugno, e alla fine di agosto il computo totale è stato di appena 49 giovani. In prima analisi, il calo di oltre il 42%delle catture di giovani dell’anno è in parte da attribuire alla minore abbondanza di adulti riproduttori registrata durante la seconda estate di progetto, ma ha certamente contribuito anche il minore e ritardato involo di giovani, probabilmente dovuto al fallimento di gran parte delle prime covate. Tra le specie comuni che ne hanno maggiormente risentito va inclusa la Capinera, che aveva fatto registrare una produttività non elevata anche nel corso del primo anno, oltre a Merlo, Pettirosso e Scricciolo, mentre Sterpazzolina, Cinciarella e Cinciallegra hanno mostrato nel secondo anno un sensibile aumento di produttività5 rispetto al primo (tabella 3). Codirosso, Cincia bigia, Codibugnolo e Picchio verde sembrano aver mantenuto buoni indici di produttività nelle due annate, anche se il modesto numero di individui catturati non consente una valutazione con buon margine di affidabilità. Tabella 3. Indici di produttività relativi ai periodi riproduttivi reali dei primi due anni Specie Cincia bigia Picchio muratore Cinciarella Merlo Codirosso Codibugnolo Pettirosso Picchio rosso maggiore Picchio verde Scricciolo Fringuello Fiorrancino Tordela Luì piccolo Cinciallegra Capinera Sterpazzolina di Moltoni Ghiandaia Pigliamosche

Produttività I anno

Produttività II anno

3,00 3,00 2,33 2,22 2,00 2,00 2,00 2,00* 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00* 0,86 0,44 0,38 0,33 -

2,00* 4,00 1,60 4,00* 2,00 1,40 1,00 0,50 3,67 0,36 1,00 1,00 1,00

* I valori contrassegnati con asterisco riguardano specie per le quali non ci sono state catture di adulti a fronte della cattura di uno o più giovani, per cui nel calcolo si è considerato n. adulti = 1.

Il sito non ha mostrato particolare vocazione al monitoraggio dei migratori. Di contro, nei periodi intermedi tra svernamento e nidificazione si è avuta una buona leggibilità dei dati riguardo alla fenologia delle specie locali. Nell’autunno 2011 è stato registrato un numero di catture elevato soprattutto di

5

Rapporto tra il numero di giovani contattati e gli adulti presenti (non si fa qui distinzione fra adulti maschi e femmine).

285


Pettirosso, ma anche di Merlo, Cinciallegra e Cinciarella, mentre l’autunno 2012 è stato caratterizzato da una presenza più abbondante di Fringuello. Il periodo primaverile 2012 ha visto diminuzioni più evidenti riguardanti ancora Pettirosso e Cinciarella, a cui vanno aggiunti Capinera e Scricciolo, mentre per Merlo, Codibugnolo e Cinciallegra la flessione è stata meno percepibile.

Discussioni e conclusioni Anche lavorando con una quantità di dati non particolarmente elevata e su un periodo molto breve (poco più di due anni), è stato possibile trarre informazioni piuttosto indicative sulla possibile risposta da parte della comunità ornitica a fattori di pressione di origine meteoclimatica. La struttura del popolamento e il numero di catture nelle prime quattro sessioni del secondo anno di progetto (mesi di dicembre e gennaio 2012) si sono mantenute coerenti all’anno precedente. Tale andamento non ha suscitato sorpresa, in quanto, dalla partenza del progetto (dicembre 2010) a tutto gennaio 2012, non sono state registrate anomalie significative riguardanti lo stato degli habitat indagati, né si sono verificate localmente manifestazioni meteorologiche anomale di lunga durata. Durante tutta la prima metà di febbraio2012, invece, l’area è stata investita da un’eccezionale ondata di maltempo, caratterizzata da svariate ed abbondanti precipitazioni nevose, culminate a fine periodo in brusco e repentino calo termico con temperature che si sono mantenute ampiamente sotto lo zero per diversi giorni. Da quel momento, i risultati di quasi tutte le sessioni, e, aggregando i dati, di ogni periodo “fenologico”, sono stati inferiori all’anno precedente. Solo nelle sessioni di febbraio e marzo 2013, le ultime a cui fa riferimento questo rapporto, si sono avuti segnali di ripresa numerica rispetto al 2012, anche se le abbondanze registrate sono rimaste ancora inferiori al 2011. La ridotta ricchezza specifica osservata nell’inverno 2013 (figura 2) può essere ancora una conseguenza di quanto avvenuto nella seconda metà dell’inverno 2012, quando elevati tassi di mortalità hanno presumibilmente impattato in modo eccezionalmente elevato sulla comunità svernante. Va però sottolineato che all’evento anomalo di fine inverno descritto, è seguita, nel 2012 un’estate particolarmente torrida, che potrebbe essere stata la causa principale della scarsa produttività generale osservata nel secondo anno di progetto. Come già verificato nel 2003 nella zona di Forlì (Emilia Romagna, 44°10'13"N, 12°05'16"E) durante un analogo progetto svolto con metodi e in ambienti simili tra il 2002 e il 2010 (Borghesi, dati non pubblicati), un’estate eccezionalmente torrida può determinare condizioni decisamente sfavorevoli per la riproduzione di molte specie legate ad ambienti mesofili. Per l’area di Cà Carnè, tali condizioni sembrano aver determinato un impoverimento in termini numerici della comunità degli adulti, di conseguenza un numero di giovani involati molto inferiore all’anno precedente, e, in aggiunta, un cospicuo ritardo nella presenza dei giovani involati (nel 2012 non è stato catturato alcun giovane prima della terza decade di giugno). Non è possibile determinare se nello scarso risultato riproduttivo possa esservi stata una significativa influenza degli eventi meteoclimatici di fine inverno 2012, dato che, mentre Sterpazzolina e Codirosso (migratori transahariani) non sembrano averne risentito, è anche vero che i bassi indici di produttività del 2012 non sembrano aver interessato anche le cince e il Codibugnolo (specie fondamentalmente sedentarie). Tuttavia non si escludono effetti dovuti al freddo straordinario anche su parte della comunità dei riproduttori, e in tal senso possono essere formulate alcune ipotesi: – l’avversità meteoclimatica di fine inverno potrebbe aver condizionato in negativo la forma degli adulti sopravvissuti, al punto da rendere difficile per loro condurre a termine con successo l’evento riproduttivo primaverile; – il ritardo con cui gli adulti hanno conseguito le condizioni fisiologiche idonee alla riproduzione, potrebbe aver innescato un effetto a catena sulla partenza delle covate di alcune specie;

286


le rigide temperature potrebbero aver ridotto sensibilmente la biomassa delle prede tipicamente disponibili nella prima fase della riproduzione, condizionando il successo delle prime covate.

Rimane però altamente probabile che il maggior fattore negativo sulla produttività sia stata la sequenza di ondate di calore di origine africana, alternate da situazioni di alta pressione di origine atlantica che ha caratterizzato il 2012 già a partire dai mesi primaverili. Ciò ha determinato un prolungato periodo di estremo caldo e perdurante siccità che ha condizionato il livello di umidità degli ambienti boschivi a carattere mesofilo. In questo quadro, resta ancora da comprendere il fattore di pressione rappresentato dall’intensa fruizione antropica dell’area nel periodo primaverile ed estivo, in particolare riguardo alla frequentazione estiva da parte di gruppi scolastici anche molto numerosi. Per il momento, le notevoli differenze numeriche e degli indici di diversità registrate tra i due periodi riproduttivi indagati relega questo fattore di disturbo ad un ruolo non definibile, che tuttavia dovrà essere tenuto presente nell’interpretazione dei dati derivanti da futuri monitoraggi. In estrema sintesi, si può quindi ipotizzare che i risultati negativi registrati durante il secondo anno di progetto siano stati condizionati da due eventi meteorologici estremi ed opposti avvenuti nell’arco di pochi mesi: il primo con effetti diretti sulla comunità svernante e probabilmente su una parte di quella riproduttiva; il secondo con effetti indiretti sulle specie di Passeriformi legati agli habitat mesofili e freschi, per alterazione delle condizioni di umidità di tali habitat e conseguenti influenze negative sull’esito delle covate. Poiché i cambiamenti climatici di lungo periodo sono caratterizzati da una maggiore frequenza di eventi estremi, e poiché i segnali di stress finora registrati riguardano sia l’abbondanza delle specie comuni, sia la diversità specifica, si evince la necessità di continuare a monitorare l’evoluzione della comunità in relazione ai fattori di pressione che interessano l’avifauna tipica degli ambienti del Parco della Vena del Gesso Romagnola.

Bibliografia Brambilla, M., Reginato, F., & Guidali, F. (2007). Habitat use by Moltoni’s warbler Sylvia cantillans moltonii in Italy. Ornis Fennica, 84, 91–96. Brambilla, M., Vitulano, S., Spina, F., Baccetti, N., Gargallo, G., Fabbri, E., … Randi, E. (2008). A molecular phylogeny of the Sylvia cantillans complex: cryptic species within the Mediterranean basin. Molecular Phylogenetics and Evolution, 48(2), 461–472. Costa, M. (2010). Monitoraggio delle popolazioni di uccelli nidificanti, svernanti e migratrici nel Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola, mediante la metodologia dell’inanellamento a sforzo costante. Ravenna: Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola. Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. (2002). Pr.I.S.Co. Progetto di inanellamento a sforzo costante (Version 1.1, 5 August 2002). Margalef, R. (1958). Information theory in ecology. General Systems, 3, 36–71. Peach, W. J., Buckland, S. T., & Baillie, S. R. (1996). The use of constant effort mist-netting to measure between-year changes in the abundance and productivity of common passerines. Bird Study, 43(2), 142–156. Robinson, R. A., Julliard, R., & Saracco, J. F. (2009). Constant effort: Studying avian population processes using standardised ringing. Ringing & Migration, 24(3), 199–204. Shannon, C. E., & Weaver, W. (1963). The mathematical theory of communication. Urbana, IL, USA: The University of Illinois Press.

287



Analisi dell’impatto delle condizioni meteo sul movimento turistico nei parchi: monitoraggio dei visitatori dei parchi Alessandro Lepri,a Aureliano Bonini,b Alberto Paterniani,c Alice Catellanid Trademark Italia srl, Corso d’Augusto 97, 47921 Rimini. Il contributo degli autori: a capo progetto, b supervisione, c elaborazione statistica, d editing. Corrispondenza: info@trademarkitalia.com.

Riassunto Lo studio della relazione esistente tra condizioni meteo e afflusso di visitatori nei parchi naturali comporta la necessità di disporre di un sistema di rilevazione giornaliera sia del numero di visitatori che delle principali variabili meteo che descrivono il clima. In tal modo sarà possibile evidenziare i legami tra le presenze ai parchi e il “tempo” registrato nello stesso giorno o nel giorno prima. La rilevazione dei dati meteo ha l’obiettivo di costruire una serie storica giornaliera di un gruppo di variabili relative all’area di ogni Parco naturale partner del Progetto. I dati ottenuti vengono poi comparati ai dati esistenti sul movimento di visitatori in ogni Parco per evidenziare le possibili correlazioni. Il confronto tra l’andamento delle variabili meteorologiche ed il movimento escursionistico nei Parchi naturali negli ultimi 5 anni evidenzia, solo in alcuni dei casi analizzati, una correlazione diretta. Parole chiave: visitatori, meteorologia, flussi, confronto.

Premessa Lo studio della relazione esistente tra condizioni meteo e afflusso di visitatori nei parchi naturali trova la sua principale ragion d’essere nella natura fortemente escursionistica di questa tipologia di attività turistica. E’ quindi lecito porsi il problema di come il meteo influisca sulla decisione di raggiungere e visitare un’area naturale da parte di chi risiede (o alloggia temporaneamente) in un raggio di non più di 80-100 km. Oltre tale distanza, infatti, non è più possibile ipotizzare una qualche relazione tra le due variabili in gioco. L’ipotesi di partenza comporta quindi la necessità di disporre di un sistema di rilevazione giornaliera sia del numero di visitatori che delle principali variabili meteo che descrivono il clima. In tal modo sarà possibile evidenziare i legami tra le presenze ai parchi e il “tempo” registrato nello stesso giorno o nel giorno prima. L’approccio metodologico che abbiamo elaborato discende direttamente da questa impostazione ed è pensato indipendentemente dal parco oggetto di rilevazione.

Proposta di metodologia di rilevazione e analisi Monitoraggio dei dati meteorologici L’obiettivo della rilevazione dei dati meteo è la costruzione di una serie storica giornaliera di un gruppo di variabili relative all’area del parco naturale. I dati ottenuti saranno comparati ai dati esistenti sul movimento di visitatori nei Parchi.

289


Suggeriamo i seguenti passi operativi: 1. individuazione dei servizi di rilevazione meteo attivi sul territorio. Il monitoraggio giornaliero dei dati meteo costituisce un’attività scientifica complessa, non demandabile a persone non esperte della materia. E’ quindi necessario individuare l’ente fornitore di dati meteo con il dettaglio territoriale più vicino all’area del parco e prendere accordi per la loro fornitura; nel caso non ci fossero uffici meteo sul territorio di competenza, si utilizzeranno i dati meteo forniti dall’aeroporto più vicino al Parco (Ufficio Meteorologico dell’Aeronautica); 2. acquisizione dei dati meteo. Suggeriamo l’acquisizione a cadenza mensile della serie storica giornaliera relativa alle seguenti variabili quantitative: – temperatura; – –

pressione atmosferica; umidità;

pioggia;

neve.

In aggiunta sarà rilevata (questo può essere fatto direttamente dal personale del parco) la tipologia di tempo prevalente nell’arco della giornata: sole, nuvole, pioggia, neve; 3. elaborazione di medie mensili per il confronto con i dati di movimento dei visitatori.

Stima del movimento dei visitatori nei parchi La seconda variabile quantitativa per lo studio della relazione in oggetto è costituita dal movimento dei flussi dei visitatori nei Parchi. Nel caso dell’esistenza di sistemi di rilevazione diretta dei visitatori, quali l’acquisto di un titolo d’ingresso o il passaggio controllato attraverso sistemi di conteggio (tornelli contatori, cellule fotoelettriche, etc.) posizionati in tutti i parcheggi o gli accessi del Parco, i dati relativi al movimento dei visitatori sono facilmente reperibili per l’elaborazione e la stesura di report settimanali, mensili, annuali. La quantificazione del flusso di visitatori di un’area non recintata alla quale è possibile accedere senza l’esibizione di titoli d’ingresso, invece, obbliga l’impiego di metodi di stima e approssimazione alternativi al conteggio dei singoli individui. In tali situazioni, in cui si palesa l’impossibilità pratica di giungere ad un’esatta quantificazione del fenomeno, si tratta di implementare strategie di calcolo e stima in grado di fornire “una plausibile rappresentazione della realtà” (sconosciuta a tutti). Il metodo che proponiamo, ampiamente collaudato in località caratterizzate da elevate quote di movimento escursionistico, si basa sulla rilevazione del movimento di mezzi in arrivo nei pressi dell’area naturale. Il risultato di tale rilevazione “diretta”, porterà alla costruzione della serie storica giornaliera del flusso di visitatori del parco naturale e costituirà la prima variabile quantitativa per lo studio della relazione in oggetto. In aggiunta, suggeriamo una rilevazione “indiretta” che scaldi il freddo dato numerico con informazioni qualitative e di marketing.

290


Figure 1. Escursionisti nella Vena del Gesso.

291


Rilevazione diretta Il punto di partenza della procedura di stima è rappresentato dal numero di mezzi registrati quotidianamente nei parcheggi del parco naturale. Suggeriamo i seguenti passi operativi: 1. individuazione delle aree-parcheggio. Risulta indispensabile individuare un numero certo di aree parcheggio; di ciascuna di esse dovrà essere fornito il nome (per esempio parcheggio 1, parcheggio 2, etc.) ed una stima della capienza massima (sarebbe ideale poter dividere le aree parcheggio per le auto da quelle per gli altri mezzi quali pullman, camper, etc.); 2. quantificazione della dispersione di parcheggio. Parallelamente, dovrà essere quantificato il numero massimo di mezzi eventualmente parcheggiabili al di fuori delle aree parcheggio individuate; 3. rilevazione giornaliera. Quotidianamente dovranno essere rilevati sia il numero di mezzi in ingresso nelle aree parcheggio (quando possibile, mediante l’ausilio di contatori automatici) sia la percentuale di occupazione dei parcheggi in dispersione; 4. calcolo dei mezzi in arrivo. Giorno per giorno la somma dei due dati precedenti fornirà una stima del numero totale di mezzi in arrivo nell’area del Parco; 5. stima finale del flusso di visitatori. L’applicazione di un numero medio di occupanti dei mezzi (proponiamo 2,5 per le auto e 42 per i pullman) fornirà la stima finale giornaliera del numero di escursionisti arrivati al parco. In sintesi, il numero di escursionisti in auto in un mese generico può essere ottenuto con la seguente formula:

dove i = indice del mese dell’anno (i =1 gennaio, i = 12 dicembre), n_esc_autoi = numero di visitatori in auto nel mese i, j = indice del giorno del mese (j = 1 primo giorno, j = 29, 30, 31 ultimo giorno), n_park1j = numero di auto registrate nel parcheggio 1 nel giorno j, n_park2i = numero di auto registrate nel parcheggio 2 nel giorno j, n_park3j = numero di auto registrate nel parcheggio 3 nel giorno j, n_disp = occj = indice di occupazione % dei parcheggi in dispersione nel giorno j, 2,5 = numero medio di occupanti per auto. La stessa formula, con gli opportuni accorgimenti sul numero medio di occupanti, può essere utilizzata per altre tipologie di mezzi nel caso in cui fosse possibile isolarli e contarli.

Rilevazioni indirette Parallelamente all’attività di rilevazione diretta, suggeriamo il monitoraggio di ulteriori variabili. 292


Questi dati, benché non utilizzabili direttamente per le finalità del lavoro, saranno utili per le analisi di scenario, per lo studio delle tendenze turistiche e per l’ideazione di attività di marketing mirate. A questo proposito, suggeriamo le seguenti attività: 1. rilevazione delle visite ai centri d’informazione. Le visite ai centri d’informazione del parco possono essere sfruttate per la raccolta di numerose informazioni. Oltre a rilevare il numero di individui entrati (da utilizzare come controllo delle cifre prodotte dalla rilevazione diretta), suggeriamo la somministrazione di una semplice schedina-questionario al maggior numero di persone possibile. La schedina inviterà gli ospiti a fornire dati quali la provenienza, le motivazioni della visita, la composizione del nucleo presente al parco, le fonti d’informazioni utilizzate e altri spunti di marketing. La rilevazione di questi dati sarà giornaliera, ma suggeriamo un’elaborazione su base mensile; 2. monitoraggio del movimento turistico nelle località limitrofe. L’analisi del carico antropico può aiutare la comprensione del bacino turistico presente nelle zone limitrofe al parco e suggerire attività di marketing e promozione. Questi dati, solitamente resi disponibili dalle fonti ufficiali con un ritardo di 6/9 mesi, saranno soprattutto utili per analisi semestrali, annuali o a consuntivo. Saranno utilizzati i dati statistici relativi al movimento turistico nei Comuni sui quali insiste il territorio del Parco: arrivi e presenze nazionali ed internazionali nelle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere; 3. rilevazione dei visitatori in occasione dei maggiori eventi nei Comuni limitrofi. Per una valutazione dell’interesse turistico ed escursionistico dei territori che comprendono il Parco naturale, è possibile monitorare il movimento dei visitatori in occasione dei maggiori eventi previsti dal Calendario in ognuno dei Comuni sui quali insiste il territorio del Parco. In questo caso, è necessario censire tutti i parcheggi (e la loro capienza in temini di posti-auto) utilizzati in occasione di questi eventi di maggiore richiamo ed effettuare giornalmente il conteggio dei mezzi presenti per tutta la durata dell’evento. L’elaborazione dei dati seguirà la medesima metodologia suggerita per la stima dei visitatori dei Parchi attraverso il monitoraggio delle aree di parcheggio (vedi a. Rilevazione diretta).

Elaborazione dei dati I dati ottenuti saranno elaborati e messi a confronto per evidenziare le possibili correlazioni.

Elaborazione della metodologia definitiva La prima fase dell’attività dei ricercatori di Trademark Italia si è concentrata sull’analisi delle caratteristiche dei Parchi partner del Progetto Climaparks e sulla definizione di un sistema comune di rilevazione giornaliera, sia del numero dei visitatori che delle principali variabili meteo che descrivono il clima. L’obiettivo del Progetto è quello di evidenziare i legami tra le presenze nei Parchi e le condizioni meteorologiche registrate localmente. Dopo un rapido sopralluogo nel Parco regionale della Vena del Gesso di Ravenna, per valutare le soluzioni più adeguate, è stata sviluppata un’attività desk con l’obiettivo di: – predisporre schede per la rilevazione dei visitatori; – predisporre schede per la rilevazione delle variabili meteo; – elaborare istruzioni per la corretta compilazione delle schede; – spedire le schede e le relative istruzioni ai Parchi partner;

293


– – –

ricevere i feedback; aggiustare le schede sulla base delle osservazioni ricevute; spedire le schede e le relative istruzioni aggiornate.

La seconda fase dell’attività si è sviluppata a partire dalla partecipazione al secondo meeting di coordinamento dei partner del Progetto Climaparks svoltosi a Ravenna. In quella occasione i ricercatori di Trademark Italia hanno illustrato ai rappresentanti dei Parchi presenti la metodologia comune di raccolta dei dati. La discussione che si è sviluppata con i partner ha evidenziato la necessità di una “personalizzazione” del sistema di rilevazione, a causa delle differenti caratteristiche geografiche, dimensionali e organizzative dei singoli partner. Questa decisione ha comportato una mole di lavoro supplementare rispetto alle previsioni per i ricercatori di Trademark Italia, che hanno rapidamente elaborato: – schede per la rilevazione dei visitatori personalizzate per ogni Parco; – istruzioni specifiche per la corretta compilazione delle schede; – fogli elettronici adeguati per la raccolta dei dati; – programmi adeguati per l’elaborazione dei dati e la creazione di tabelle e grafici.

Monitoraggio dei dati meteorologici La rilevazione dei dati meteo ha l’obiettivo di costruire una serie storica giornaliera di un gruppo di variabili relative all’area di ogni Parco naturale partner del Progetto. I dati ottenuti vengono poi comparati ai dati esistenti sul movimento di visitatori in ogni Parco per evidenziare le possibili correlazioni. Per la creazione del data base sono stati effettuati i seguenti passi operativi: 1. individuazione della stazione meteorologica più vicina al Parco; 2. acquisizione dei dati meteo: il data base di ogni Parco partner del Progetto è stato implementato a cadenza mensile con la serie storica giornaliera relativa alle seguenti variabili quantitative: – temperatura; – pressione atmosferica; – –

umidità; precipitazioni (ml. di pioggia, cm. di neve);

elaborazione di medie mensili per il confronto con i dati di movimento dei visitatori.

Stima del movimento dei visitatori nei parchi La seconda variabile quantitativa per lo studio previsto dal Progetto, è costituita dal movimento dei flussi dei visitatori nei Parchi. Nel caso dell’esistenza di dati di afflusso “diretti” (biglietto d’ingresso, tornello contatore, afflusso nei Centri Visita, etc.), è sufficiente comparare le rilevazioni giornaliere fornite dai singoli Parchi con i corrispondenti dati meteo.

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Nel caso di mancanza di dati “diretti”, sono stati utilizzati dati statistici “indiretti”, ossia relativi al movimento turistico nelle località limitrofe: arrivi e presenze nazionali ed internazionali nelle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere nei Comuni (o Province) sui quali insiste il territorio del Parco oggetto della rilevazione. I nuovi elaborati sono stati inviati a tutti i partner del progetto che, dal mese di maggio 2011 hanno provveduto all’invio dei dati storici (quando disponibili) e, a cadenza mensile, dei dati relativi alle stagioni estive 2011 e 2012 (aprile-ottobre). I ricercatori di Trademark Italia hanno periodicamente provveduto all’inserimento dei dati all’interno del data-base, in attesa delle elaborazioni annuali e di quella finale.

Andamento meteo Per quanto riguarda il punto l’analisi dell’impatto delle condizioni meteo sul movimento turistico nei Parchi, rispetto ai partner di progetto (Triglavski Narodni Park, Park Škocjanske Jame, Parco regionale Veneto del Delta del Po, Parco regionale del Delta del Po Emilia Romagna nel ruolo di ricercatori e Provincia di Ravenna con il Parco della Vena del Gesso Romagnola nel ruolo di coordinatore), Trademark Italia ha ricevuto dati sull’andamento meteo anche da parte dei seguenti Parchi: – Krajinski Park Sečoveliske Soline, Portorose (SLO): da aprile 2008 a ottobre 2012; – Krajinski Park Strunjan, Portorose (SLO): da maggio 2011 a ottobre 2012; – Parco della Vena del Gesso, Ravenna (ITA): da aprile 2008 a ottobre 2012. I due Parchi sloveni non facevano parte di questo capitolato, ma con l’invio dei dati meteo si sono resi disponibili a costruire un data base e ad effettuare un’elaborazione funzionale agli obiettivi del Progetto. Per completare l’analisi, i ricercatori di Trademark Italia hanno ricostruito un data base con le informazioni meteorologiche previste anche per i parchi partner che non hanno inviato dati, utilizzando gli archivi delle stazioni meteo localizzate in prossimità dei parchi stessi. Per completare il data base dello Krajinski Park Strunjan sono stati utilizzati gli stessi dati meteo storici dal 2008 fino ad aprile 2011 (giornalieri) del Sečovlje Salina Nature Park, data la vicinanza e la simile localizzazione fronte mare. Per il Parco della Vena del Gesso di Ravenna sono stati utilizzati i dati meteo storici dal 2008 (giornalieri) rilevati dalla stazione meteorologica di Faenza (distante 19 km.), disponibili sul sito www.meteofa.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere per tutte le voci definite. Per il Triglavski Narodni Park sono stati utilizzati i dati meteo storici dal 2008 (giornalieri) rilevati dalla stazione meteorologica di Lubiana (distante 57,6 km.), disponibili sul sito www.eurometeo.com. Il sito fornisce rilevazioni orarie per ogni giorno, quindi è stato scelto il dato giornaliero delle ore 12. I millimetri di pioggia sono stati stimati in base alle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni.1

1

La classificazione ufficiale considera l’intensità delle precipitazioni, distinguendo tra: pioviggine (< 1 mm ogni ora), pioggia debole (1–2 mm/h), pioggia moderata (2–6 mm/h), pioggia forte (> 6 mm/h), rovescio (> 10 mm/h ma limitato nella durata), nubifragio (> 30 mm/h).

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Per il Park Škocjanske Jame sono stati utilizzati i dati meteo forniti direttamente dal Parco. I pochi dati mancanti sono stati completati utilizzando i dati rilevati dalla stazione meteorologica di Lubiana (distante 76 km.), disponibili sul sito www.eurometeo.com, e considerando anche in questo caso il dato giornaliero delle ore 12 e la stima dei millimetri di pioggia in base alle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni. Per il Parco regionale Veneto del Delta del Po sono stati utilizzati i dati meteo storici dal 2008 (giornalieri) rilevati dalla stazione meteorologica di Ferrara (distante 42 km. da Ariano), disponibili sul sito www.ilmeteo.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere per tutte le voci definite, mentre i millimetri di pioggia sono stati stimati in base alle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni. Per il Parco regionale del Delta del Po Emilia Romagna sono stati utilizzati i dati meteo storici dal 2008 (giornalieri) rilevati dalla stazione meteorologica di Ferrara (distante 51 km. da Mesola), disponibili sul sito www.ilmeteo.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere per tutte le voci definite, mentre i millimetri di pioggia sono stati stimati in base alle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni. Tabella 1. I dati meteorologici dei parchi partner Parco

Dati meteo

Park Sečoveljske soline

Dati giornalieri da aprile 2008 ad ottobre 2012 forniti direttamente dal parco.

Krajinski park Strunjan

Dati giornalieri da maggio 2011 ad ottobre 2012 forniti direttamente dal parco. Per aprile 2011 ed il periodo 2008-2010 dati meteo forniti dal Krajinski Park Sečoveliske Soline, vista la breve distanza e la medesima localizzazione fronte mare.

Parco nazionale del Triglav Dati giornalieri dal 2008 al 2012 rilevati dalla stazione meteorologica di Lubiana (57,6 km.) pubblicati sul sito eurometeo.com, che fornisce rilevazioni orarie (sono stati scelti i dati delle ore 12). I millimetri di pioggia sono stati stimati sulla base delle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni. Park Škocjanske jame

Dati giornalieri da aprile 2008 ad ottobre 2012 forniti direttamente dal parco. I pochi dati mancanti sono stati completati con quelli rilevati dalla stazione meteorologica di Lubiana (76 km.) pubblicati sul sito eurometeo.com, che fornisce rilevazioni orarie (sono stati scelti i dati delle ore 12). I millimetri di pioggia sono stati stimati sulla base delle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni.

Parco della Vena del Gesso

Dati giornalieri dal 2008 al 2012 rilevati dalla stazione meteorologica di Faenza (19 km.) pubblicati sul sito meteofa.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere per tutte le voci definite.

Parco del Delta del Po Emilia-Romagna Parco del Delta del Po Veneto

Dati giornalieri dal 2008 al 2012 rilevati dalla stazione meteorologica di Ferrara (42 km. da Ariano, 51 km. da Mesola) e pubblicati sul sito ilmeteo.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere. I millimetri di pioggia sono stati stimati sulla base delle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni.

Parco delle Prealpi Giulie

Dati giornalieri dal 2008 al 2012 rilevati dalla stazione meteorologica di Tarvisio (53 km.) pubblicati sul sito ilmeteo.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere. I millimetri di pioggia sono stati stimati sulla base delle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni.

Parco delle Dolomiti Friulane

Per i mesi di luglio e agosto 2011 il Parco ha fornito i dati rilevati dalla stazione meteorologica di Andreis, localizzata all’interno del parco. Per il 2012, gli altri mesi del 2011 e il periodo 20082010, dati giornalieri rilevati dalla stazione meteorologica di Aviano (21 km.) pubblicati sul sito ilmeteo.it. I millimetri di pioggia sono stati stimati sulla base delle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni.

Nota: La classificazione ufficiale considera l’intensità delle precipitazioni, distinguendo tra: pioviggine (< 1 mm ogni ora), pioggia debole (1–2 mm/h), pioggia moderata (2–6 mm/h), pioggia forte (> 6 mm/h), rovescio (> 10 mm/h ma limitato nella durata), nubifragio (> 30 mm/h).

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Infine, per completare anche le rilevazioni di due parchi partner del punto “Monitoraggio dei visitatori dei Parchi”, sono stati creati i data base relativi alla situazione meteo: – per il Parco naturale regionale delle Prealpi Giulie, utilizzando i dati meteo storici dal 2008 (giornalieri) rilevati dalla stazione meteorologica di Tarvisio (distante 53 km.), disponibili sul sito www.ilmeteo.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere per tutte le voci definite, mentre i millimetri di pioggia sono stati stimati in base alle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni; – per il Parco naturale regionale delle Dolomiti Friulane, utilizzando per i mesi di luglio e agosto 2011 i dati rilevati dalla stazione meteorologica di Andreis, localizzata all’interno del Parco, ed i dati meteo storici dal 2008 a giugno 2011 e da settembre 2011 ad ottobre 2012 (giornalieri) rilevati dalla stazione di Aviano (distante 21 km.), disponibili sul sito www.ilmeteo.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere per tutte le voci definite, mentre i millimetri di pioggia sono stati stimati in base alle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni.

Movimento di visitatori Per quanto riguarda il monitoraggio dei visitatori dei Parchi, il progetto prevede la partecipazione di tutti i Parchi (Triglavski Narodni Park, Krajinski Park Strunjan, Krajinski Park Sečoveliske Soline, Park Škocjanske Jame, Parco naturale regionale delle Prealpi Giulie, Parco naturale regionale delle Dolomiti Friulane, Parco regionale Veneto del Delta del Po, Parco regionale del Delta del Po Emilia Romagna nel ruolo di ricercatori e Provincia di Ravenna con il Parco della Vena del Gesso Romagnola nel ruolo di coordinatore), ma anche in questo caso rispetto ai partner previsti dal Progetto, Trademark Italia ha ricevuto dati sul movimento dei visitatori da parte dei seguenti Parchi: – Sečoveliske Soline, Portorose (SLO): da aprile 2008 ad ottobre 2012; – Krajinski Park Strunjan, Portorose (SLO): da maggio 2011 ad ottobre 2012; – Park Škocjanske Jame, Divaca (SLO): da gennaio 2009 ad ottobre 2012; – Parco della Vena del Gesso, Ravenna (ITA): da aprile 2011 ad ottobre 2012; – Parco del Delta del Po E-R, Comacchio (ITA): dal 2008 al 2011; – –

Parco naturale regionale delle Prealpi Giulie, Resia (ITA): dal 2008 al 2012; Parco naturale regionale delle Dolomiti Friulane, Cimolais (ITA): da luglio a settembre 2011.

Gli altri Parchi non hanno inviato dati. I dati mancanti nei data base forniti da alcuni Parchi sono stati completati attraverso stime basate sugli arrivi di visitatori negli stessi giorni in periodi simili nello stesso Parco o negli stessi giorni in un Parco vicino tenendo conto delle condizioni meteo. Per tutti gli altri Parchi è stato costruito un data base del movimento di visitatori utilizzando dati “indiretti” istituzionali relativi al movimento turistico nel territorio dei singoli Parchi (arrivi e presenze nelle strutture ricettive del Comune, dell’area, della Provincia).

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Tabella 2. I dati dei visitatori dei Parchi partner Parco

Dati visitatori

Park Sečoveljske soline

Dati giornalieri da aprile 2008 ad ottobre 2012 forniti direttamente dal parco.

Krajinski park Strunjan

Dati giornalieri da maggio 2011 ad ottobre 2012 forniti direttamente dal Parco (in parte stimati). Per aprile 2011 ed il periodo 2008-2010 dati stimati in base all’andamento dei visitatori al Secovlje Salina Nature Park, data la breve distanza e la medesima localizzazione fronte mare.

Parco nazionale del Triglav Nessun dato diretto disponibile. Nessun dato indiretto disponibile. Park Škocjanske jame

Dati giornalieri da gennaio 2009 ad ottobre 2012 forniti direttamente dal parco. I dati relativi ai visitatori mensili del 2008 sono stati stimati in base ai trend rilevati negli altri Parchi sloveni.

Parco della Vena del Gesso

Dati giornalieri da aprile 2011 ad ottobre 2012 forniti direttamente dal parco. I dati mensili relativi al periodo 2008-2010 sono stati stimati attraverso una correlazione con gli arrivi turistici mensili registrati nelle strutture ricettive del Comune di Brisighella.

Parco del Delta del Po Emilia-Romagna

Stime di Trademark Italia effettuate sui dati annuali dal 2008 al 2011 relativi ai visitatori rilevati nei Centri Visita del Parco, nei Musei collegati e nei principali siti culturali e religiosi localizzati nel territorio del Parco.

Parco del Delta del Po Veneto

Dati diretti annuali forniti dal Parco del Delta del Po Veneto.

Parco delle Prealpi Giulie

Per l’intero periodo 2008-2012, dati giornalieri di affluenza presso il Centro Visite di Resia forniti direttamente dal Parco.

Parco delle Dolomiti Friulane

Per il periodo luglio-ottobre 2011 il Parco ha fornito i dati rilevati attraverso 2 contapersone (collocati in località Val Montanaia e Andreis). Per gli altri mesi del 2011 i dati sono stati stimati sulla base dei visitatori rilevati negli stessi giorni della settimana in periodi simili dal punto di vista meteo. Per il periodo 2008-2010 e per il 2012, i dati sono stati stimati attraverso una correlazione con gli arrivi turistici mensili registrati nelle strutture ricettive della Provincia di Pordenone.

Correlazioni tra condizioni meteo e movimento dei visitatori nei parchi Una volta completati i data base delle variabili meteo e del movimento di visitatori per il periodo 20082012, i ricercatori di Trademark Italia hanno iniziato ad analizzare ed evidenziare i legami tra l’affluenza nei Parchi e le condizioni meteorologiche. Quando i ricercatori (prima di conoscere i dati) si sono interrogati su quali potessero essere le possibili correlazioni tra queste variabili, le prime risposte spontanee sono state: – ad un aumento delle temperature potrebbe corrispondere un aumento dell’affluenza (il caldo in pianura e nelle città spinge le persone verso i parchi naturali alla ricerca di refrigerio); – al contrario, ad una diminuzione delle temperature potrebbe corrispondere una diminuzione dell’affluenza (il freddo frena l’affluenza nei parchi naturali); – ad un aumento delle precipitazioni potrebbe corrispondere una diminuzione dell’affluenza (le piogge frenano l’affluenza nei parchi naturali); –

al contrario, ad una diminuzione delle precipitazioni potrebbe corrispondere un incremento dell’affluenza (le buone condizioni meteo stimolano l’affluenza nei parchi naturali).

Le prime elaborazioni hanno confermato in parte queste possibili correlazioni tra le condizioni meteorologiche (in particolare le precipitazioni di pioggia e le temperature) ed il movimento nei Parchi, anche se emergono varie eccezioni.

Le risultanze per i singoli parchi partner In questa sezione dello studio vengono presentate le principali risultanze relative al confronto tra i dati meteorologici e i dati di afflusso dei visitatori nei singoli Parchi partner del Progetto Climaparks.

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Parco della Vena del Gesso, Ravenna (ITA) Con la raccolta dei dati relativi alla stagione estiva 2012 (aprile-ottobre), è possibile tracciare un primo bilancio dell’andamento dei visitatori nel Parco della Vena del Gesso di Ravenna (ITA) negli ultimi 5 anni (2008-2012) e confrontarlo con i dati relativi all’andamento meteorologico, secondo le indicazioni definite dal Progetto Climaparks. La metodologia prevista per la raccolta dei dati relativi al Parco della Vena del Gesso prevedeva l’elaborazione dei dati meteo storici rilevati dalla stazione meteorologica di Faenza (distante 19 km.), disponibili sul sito www.meteofa.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere per tutte le voci definite, per il periodo compreso tra aprile 2008 ed ottobre 2012. Il data base del Parco è stato implementato a cadenza mensile con la serie storica giornaliera relativa alle seguenti variabili quantitative: – temperatura, – –

pressione atmosferica, umidità,

precipitazioni (ml. di pioggia, cm. di neve).

Per quanto riguarda i dati relativi al movimento dei flussi dei visitatori, da aprile 2008 ad ottobre 2012 i dati sono stati forniti direttamente dal Parco (rilevazioni giornaliere). I dati mensili relativi al periodo 2008-2010 sono stati stimati attraverso una correlazione con gli arrivi turistici mensili registrati nelle strutture ricettive del Comune di Brisighella, il cui territorio insiste su una porzione del Parco. Le elaborazioni dei dati relativi al periodo aprile-ottobre 2008-2012 effettuate per evidenziare i legami tra le condizioni meteorologiche e il movimento dei visitatori nel Parco, hanno prodotto diversi risultati, i principali dei quali sono di seguito sintetizzati. Tra il 2008 e il 2012 i visitatori rilevati da aprile ad ottobre nel Parco della Vena del Gesso sono passati da 7.376 a 34.061, con un incremento del +361,8%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del +61,4%. Tabella 3. Parco della Vena del Gesso – Serie storica Visitatori Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Visitatori 7.376 6.507 18.442 21.106 34.061 26.685

% — –11,8 183,4 14,4 61,4 361,8

Nello stesso periodo (2008-2012) le precipitazioni (ml. di pioggia) registrate dal mese di aprile al mese di ottobre di ogni anno sono passate da 240,2 ml. totali del 2008 a 381,8 ml. del 2012, con un incremento del +59% nel periodo; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del +40,1%.

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Tabella 4. Parco della Vena del Gesso – Serie storica Precipitazioni Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Precipitazioni (ml) 240,2 324,0 577,4 272,6 381,8 141,6

% — 34,9 78,2 –52,8 40,1 59,0

Si evidenzia dunque, ad esclusione della stagione 2011, un progressivo aumento della piovosità nel periodo aprile-ottobre. La temperatura media (°C) del periodo aprile-ottobre di ogni anno è passata da 20,0 °C del 2008 a 20,9 °C del 2012, con un incremento di +0,9 °C corrispondente al +4,5%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del +2,0%. Tabella 5. Parco della Vena del Gesso – Serie storica Temperatura media Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Temperatura (°C) 20,0 20,3 19,0 20,5 20,9 0,9

% — 1,5 –6,4 7,9 2,0 4,5

Anche in questo caso si evidenzia, con l’esclusione della stagione 2010, un progressivo aumento della temperatura media nel periodo considerato. Il dettaglio mensile delle ultime due stagioni (2011-2012) non evidenzia una stretta correlazione tra la quantità delle precipitazioni e l’affluenza dei visitatori nel Parco: a fronte di diminuzioni delle precipitazioni, si rilevano aumenti di visitatori nei mesi di giugno, luglio e ottobre; ma gli stessi aumenti di visitatori, in alcuni casi anche più accentuati (come ad esempio nel mese di settembre), si rilevano anche a fronte di incrementi (anche consistenti) delle precipitazioni. Tabella 6. Parco della Vena del Gesso – Confronto 2012/2011 Precipitazioni vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

Precipitazioni (ml) 2011 32,6 42,8 57,2 54,4 0,2 17,0 68,4 272,6

2012 99,6 86,0 4,6 0,0 8,8 120,6 62,2 381,8

Visitatori % 205,5 100,9 –92,0 –100 4,300 609,4 –9,1 40,1

2011 3.273 2.456 2.205 3.061 5.327 2.825 1.959 21.106

2012 4.951 3.631 5.488 4.995 7.063 4.927 3.006 34.061

% 51,3 47,8 148,9 63,2 32,6 74,4 53,4 61,4

Neanche il confronto tra la variazione delle temperature medie mensili con la variazione dei visitatori nel Parco evidenzia correlazioni significative: se in giugno, luglio, agosto e ottobre ad un aumento delle temperature medie corrisponde un parallelo aumento dei visitatori, in aprile, maggio e settembre si rileva un aumento dei visitatori anche a fronte di una diminuzione delle temperature medie.

300


Tabella 7. Parco della Vena del Gesso – Confronto 2012/2011 Temperatura vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

2011 15,1 18,7 22,5 24,3 26,2 22,7 13,7 20,5

Temperatura (°C) 2012 13,3 17,8 25,0 27,4 27,0 20,0 15,4 20,8

% –11,9 –4,8 11,1 12,8 3,1 –11,9 12,4 1,9

2011 3.273 2.456 2.205 3.061 5.327 2.825 1.959 21.106

Visitatori 2012 4.951 3.631 5.488 4.995 7.063 4.927 3.006 34.061

% 51,3 47,8 148,9 63,2 32,6 74,4 53,4 61,4

Krajinski Park Strunjan, Portorose (SLO) Con la raccolta dei dati relativi alle stagioni estive 2011 e 2012 (aprile-ottobre), è stato tracciato il bilancio dell’andamento dei visitatori nello Krajinski Park Strunjan di Portorose (SLO) ed è stato confrontato con i dati relativi all’andamento meteorologico, secondo le indicazioni definite dal Progetto Climaparks. La metodologia prevista per la raccolta dei dati relativi allo Krajinski Park Strunjan prevedeva l’elaborazione dei dati meteorologici forniti direttamente dal Parco nel periodo compreso tra maggio 2011 ed ottobre 2012. Per completare il data base dello Krajinski Park Strunjan sono stati utilizzati gli stessi dati meteo storici dal 2008 fino ad aprile 2011 (giornalieri) del Krajinski Park Sečoveliske Soline, data la vicinanza e la simile localizzazione fronte mare. Il data base del Parco è stato implementato a cadenza mensile con la serie storica giornaliera relativa alle seguenti variabili quantitative: – temperatura, – pressione atmosferica, – umidità, – precipitazioni (ml. di pioggia, cm. di neve). Per quanto riguarda i dati relativi al movimento dei flussi dei visitatori, da maggio 2011 ad ottobre 2012 i dati sono stati forniti direttamente dal Parco (rilevazioni periodiche, non giornaliere). I dati mancanti sono stati completati attraverso stime basate sugli arrivi di visitatori negli stessi giorni in periodi simili nello stesso Parco, o negli stessi giorni in un Parco vicino, tenendo conto delle condizioni meteo. Nel caso dello Krajinski Park Strunjan, per aprile 2011 e per il periodo 2008-2010 i dati sono stati stimati in base all’andamento dei visitatori del Krajinski Park Sečoveliske Soline, data la breve distanza e la medesima localizzazione fronte mare. Le elaborazioni dei dati relativi al periodo aprile-ottobre 2011-2012 effettuate per evidenziare i legami tra le condizioni meteorologiche e il movimento dei visitatori nel Parco, hanno prodotto diversi risultati, i principali dei quali sono di seguito sintetizzati: –

tra il 2011 e il 2012 i visitatori rilevati da aprile a ottobre nello Krajinski Park Strunjan sono passati da 482.780 a 391.210, con una diminuzione del -19,0%;

301


– – –

nello stesso periodo le precipitazioni (ml. di pioggia) sono passate da 424,6 ml. totali del 2011 a 605,8 ml. del 2012, con un incremento del +42,7%; nello stesso periodo la temperatura media (°C) è passata da 19,8 °C del 2011 a 20,3 °C del 2012, con un incremento di +0,5 °C corrispondente al +2,2%; il dettaglio mensile evidenzia una stretta correlazione tra l’aumento delle precipitazioni di pioggia e la diminuzione dei visitatori nel Parco.

Tabella 8. Krajinski Park Strunjan – Confronto 2012/2011 Precipitazioni vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

Precipitazioni (ml) 2011 10,4 53,6 34,0 151,2 9,2 60,6 105,6 424,6

2012 39,6 91,2 43,2 59,6 2,0 159,8 210,4 605,8

Visitatori % 280,8 70,1 27,1 –60,6 –78,3 163,7 99,2 42,7

2011 23.700 39.610 70.247 86.955 140.609 83.377 38.282 482.780

2012 20.539 25.490 68.867 90.980 114.034 49.864 21.436 391.210

% –13,3 –35,6 –2,0 4,6 –18,9 –40,2 –44,0 –19,0

Per quanto riguarda il confronto tra la variazione delle temperature medie mensili con la variazione dei visitatori nel Parco. Il dettaglio mensile non sembra evidenziare correlazioni dirette. Tabella 9. Krajinski Park Strunjan – Confronto 2012/2011 Temperatura vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

Temperatura (°C) 2011 14,1 18,2 22,1 23,3 24,5 22,5 14,2 19,8

2012 13,3 17,2 23,2 25,2 25,8 21,1 16,1 20,3

Visitatori % –5,7 –5,5 5,0 8,2 5,3 –6,2 13,4 2,2

2011 23.700 39.610 70.247 86.955 140.609 83.377 38.282 482.780

2012 20.539 25.490 68.867 90.980 114.034 49.864 21.436 391.210

% –13,3 –35,6 –2,0 4,6 –18,9 –40,2 –44,0 –19,0

Krajinski Park Sečoveliske Soline, Portorose (SLO) Con la raccolta dei dati relativi alla stagione estiva 2012 (aprile-ottobre), è stato tracciato il bilancio dell’andamento dei visitatori nel Krajinski Park Sečoveliske Soline di Portorose (SLO) negli ultimi 5 anni (2008-2012) ed è stato confrontato con i dati relativi all’andamento meteorologico, secondo le indicazioni definite dal Progetto Climaparks. La metodologia prevista per la raccolta dei dati relativi al Krajinski Park Sečoveliske Soline prevedeva l’elaborazione dei dati meteorologici forniti direttamente dal Parco nel periodo compreso tra aprile 2008 ed ottobre 2012. Il data base del Parco è stato implementato a cadenza mensile con la serie storica giornaliera relativa alle seguenti variabili quantitative: – temperatura, – pressione atmosferica, – umidità, 302


precipitazioni (ml. di pioggia, cm. di neve).

Per quanto riguarda i dati relativi al movimento dei flussi dei visitatori, da aprile 2008 ad ottobre 2012 i dati sono stati forniti direttamente dal Parco (rilevazioni giornaliere). Le elaborazioni dei dati relativi al periodo aprile-ottobre 2008-2012 effettuate per evidenziare i legami tra le condizioni meteorologiche e il movimento dei visitatori nel Parco, hanno prodotto diversi risultati, i principali dei quali sono di seguito sintetizzati. Tra il 2008 e il 2012 i visitatori rilevati da aprile ad ottobre nel Krajinski Park Sečoveliske Solinesono passati da 21.821 a 35.896, con un incremento del +64,5%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del +16,1%. Tabella 10. Krajinski Park Sečoveliske Soline– Serie storica Visitatori Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Visitatori 21.821 23.163 21.169 30.923 35.896 14.075

% — 6,2 –8,6 46,1 16,1 64,5

Nello stesso periodo (2008-2012) le precipitazioni (ml. di pioggia) registrate dal mese di aprile al mese di ottobre di ogni anno sono passate da 488,8 ml. totali del 2008 a 350,8 ml. del 2012, con una diminuzione del -28,2% nel periodo; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del -18,8%. Tabella 11. Krajinski Park Sečoveliske Soline– Serie storica Precipitazioni Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Precipitazioni (ml)

%

488,8 357,6 699,2 431,8 350,8 –138,0

— –26,8 95,5 –38,2 –18,8 –28,2

Si evidenzia dunque, in particolare nelle ultime tre stagioni, una progressiva diminuzione della piovosità nel periodo aprile-ottobre. La temperatura media (°C) del periodo aprile-ottobre di ogni anno è passata da 18,7 °C del 2008 a 19,8 °C del 2012, con un incremento di +1,1 °C corrispondente al +5,9%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del +1,0%. Tabella 12. Krajinski Park Sečoveliske Soline– Serie storica Temperatura media Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Temperatura (°C) 18,7 19,2 18,4 19,6 19,8 1,1

303

% — 2,7 –4,2 6,5 1,0 5,9


Anche in questo caso si evidenzia, in particolare nelle ultime tre stagioni, un progressivo aumento della temperatura media nel periodo considerato. Il dettaglio mensile delle ultime due stagioni (2011-2012) non evidenzia una stretta correlazione tra la quantità delle precipitazioni e l’affluenza dei visitatori nel Parco: a fronte di diminuzioni delle precipitazioni, si rilevano aumenti di visitatori nei mesi di giugno e luglio, ma non in ottobre, mese in cui i visitatori (pur leggermente) sono diminuiti; nei mesi di aprile, maggio, agosto e settembre, al contrario, i visitatori sono aumentati anche a fronte di un aumento delle precipitazioni. Tabella 13. Krajinski Park Sečoveliske Soline– Confronto 2012/2011 Precipitazioni vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

Precipitazioni (ml) 2011 10,4 54,0 37,2 142,6 4,2 67,2 116,2 431,8

2012 45,2 88,8 29,0 3,0 21,2 77,4 86,2 350,8

Visitatori % 334,6 64,4 –22,0 –97,9 404,8 15,2 –25,8 –18,8

2011 4.292 5.326 6.141 3.106 3.069 4.755 4.234 30.923

2012 4.557 5.976 6.625 3.776 4.177 6.596 4.189 35.896

% 6,2 12,2 7,9 21,6 36,1 38,7 –1,1 16,1

Neanche il confronto tra la variazione delle temperature medie mensili con la variazione dei visitatori nel Parco evidenzia correlazioni significative: se in giugno, luglio e agosto ad un aumento delle temperature medie corrisponde un parallelo aumento dei visitatori, in aprile, maggio e settembre si rileva un aumento dei visitatori a fronte di una diminuzione delle temperature medie. In ottobre, addirittura, a fronte di un aumento della temperatura media, i visitatori diminuiscono. Tabella 14. Krajinski Park Sečoveliske Soline– Confronto 2012/2011 Temperatura vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

Temperatura (°C) 2011 14,1 17,8 21,8 22,7 24,5 22,4 13,9 19,6

2012 12,8 16,8 22,5 25,4 24,6 20,5 15,7 19,8

Visitatori % –9,2 –5,6 3,2 11,9 0,4 –8,5 12,9 0,8

2011 4.292 5.326 6.141 3.106 3.069 4.755 4.234 30.923

2012 4.557 5.976 6.625 3.776 4.177 6.596 4.189 35.896

% 6,2 12,2 7,9 21,6 36,1 38,7 –1,1 16,1

Park Škocjanske Jame di Divaca (SLO) Con la raccolta dei dati relativi alla stagione estiva 2012 (aprile-ottobre), è stato tracciato il bilancio dell’andamento dei visitatori nel Park Škocjanske Jame di Divaca (SLO) negli ultimi 5 anni (2008-2012) ed è stato confrontato con i dati relativi all’andamento meteorologico, secondo le indicazioni definite dal Progetto Climaparks. La metodologia per la raccolta dei dati relativi al Park Škocjanske Jame prevedeva l’elaborazione dei dati meteorologici forniti direttamente dal Parco nel periodo compreso tra aprile 2008 ed ottobre 2012. I pochi dati mancanti sono stati completati utilizzando i dati rilevati dalla stazione meteorologica di Lubiana (distante 76 km.), disponibili sul sito www.eurometeo.com, e considerando il dato giornaliero

304


delle ore 12 e la stima dei millimetri di pioggia in base alle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni. Il data base del Parco è stato implementato a cadenza mensile con la serie storica giornaliera relativa alle seguenti variabili quantitative: – temperatura, – pressione atmosferica, – umidità, – precipitazioni (ml. di pioggia, cm. di neve). Per quanto riguarda i dati relativi al movimento dei flussi dei visitatori, da aprile 2009 ad ottobre 2012 i dati sono stati forniti direttamente dal Parco (rilevazioni giornaliere), mentre i dati relativi ai visitatori mensili del 2008 sono stati stimati in base ai trend rilevati negli altri Parchi sloveni. Le elaborazioni dei dati relativi al periodo aprile-ottobre 2008-2012 effettuate per evidenziare i legami tra le condizioni meteorologiche e il movimento dei visitatori nel Parco, hanno prodotto diversi risultati, i principali dei quali sono di seguito sintetizzati. Tra il 2008 e il 2012 i visitatori rilevati da aprile ad ottobre nel Park Škocjanske Jame sono passati da 77.755 a 81.521, con un incremento del +4,8%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del -2,6%. Tabella 15. Park Škocjanske Jame – Serie storica Visitatori Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Visitatori 77.755 85.902 87.566 83.665 81.521 3.766

% — 10,5 1,9 –4,5 –2,6 4,8

Nello stesso periodo (2008-2012) le precipitazioni (ml. di pioggia) registrate dal mese di aprile al mese di ottobre di ogni anno sono passate da 764,6 ml. totali del 2008 a 687,4 ml. del 2012, con una diminuzione del -10,1% nel periodo; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del -5,6%. Tabella 16. Park Škocjanske Jame – Serie storica Precipitazioni Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Precipitazioni (ml) 764,6 496,5 1,041,1 728,5 687,4 –77,2

% — –35,1 109,7 –30,0 –5,6 –10,1

Dopo il picco registrato nel 2010, nelle ultime due stagioni si evidenzia una progressiva diminuzione della piovosità nel periodo aprile-ottobre. La temperatura media (°C) del periodo aprile-ottobre di ogni anno è passata da 15,8 °C del 2008 a 16,9 °C del 2012, con un incremento di +1,1 °C corrispondente al +7,0%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del +2,4%.

305


Tabella 17. Park Škocjanske Jame – Serie storica Temperatura media Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Temperatura (°C) 15,8 16,8 15,4 16,5 16,9 1,1

% — 6,3 –8,3 7,1 2,4 7,0

Anche in questo caso si evidenzia, in particolare nelle ultime due stagioni, un progressivo aumento della temperatura media nel periodo considerato. Il dettaglio mensile delle ultime due stagioni (2011-2012) non evidenzia una stretta correlazione tra la quantità delle precipitazioni e l’affluenza dei visitatori nel Parco: nei mesi di aprile e maggio a fronte di aumenti delle precipitazioni corrispondono aumenti dei visitatori; in giugno, luglio e agosto a fronte di diminuzioni delle precipitazioni, si rilevano diminuzioni di visitatori; in settembre e ottobre, al contrario, i visitatori diminuiscono a fronte di un aumento delle precipitazioni. Tabella 18. Park Škocjanske Jame – Confronto 2012/2011 Precipitazioni vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

2011

Precipitazioni (ml) 2012

%

2011

Visitatori 2012

%

38,7 95,2 164,5 164,5 34,6 92,0 139,0 728,5

79,1 100,7 72,6 68,6 33,5 175,7 157,2 687,4

104,4 5,8 –55,9 –58,3 –3,2 91,0 13,1 –5,6

7.252 7.959 11.394 17.526 19.377 12.745 7.412 83.665

7.669 9.963 10.630 16.401 18.999 11.411 6.448 81.521

5,8 25,2 –6,7 –6,4 –2,0 –10,5 –13,0 –2,6

Neanche il confronto tra la variazione delle temperature medie mensili con la variazione dei visitatori nel Parco evidenzia correlazioni significative: se in aprile e maggio ad una diminuzione delle temperature medie corrisponde un aumento dei visitatori, nel periodo giugno-agosto e nel mese di ottobre a fronte di un aumento delle temperature medie si rileva una diminuzione dei visitatori; in settembre, al contrario, i visitatori diminuiscono della stessa percentuale di diminuzione della temperatura media. Tabella 19. Park Škocjanske Jame – Confronto 2012/2011 Temperatura vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

2011

Temperatura (°C) 2012

%

11,5 15,3 18,6 19,5 21,4 19,1 10,2 16,5

10,3 14,1 19,8 22,0 22,8 17,1 12,1 16,9

–10,4 –7,8 6,5 12,8 6,5 –10,5 18,6 2,2

306

2011

Visitatori 2012

%

7.252 7.959 11.394 17.526 19.377 12.745 7.412 83.665

7.669 9.963 10.630 16.401 18.999 11.411 6.448 81.521

5,8 25,2 –6,7 –6,4 –2,0 –10,5 –13,0 –2,6


Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna, Comacchio (ITA) I dati relativi all’andamento dei visitatori nel Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna di Comacchio (ITA) nel periodo aprile-ottobre degli ultimi 5 anni (2008-2012) sono stati confrontati con i dati relativi all’andamento meteorologico, secondo le indicazioni definite dal Progetto Climaparks, per evidenziare eventuali correlazioni. La metodologia prevista per la raccolta dei dati relativi al Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna prevedeva l’elaborazione dei dati meteo storici dal 2008 (giornalieri) rilevati dalla stazione meteorologica di Ferrara (distante 51 km. da Mesola), disponibili sul sito www.ilmeteo.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere per tutte le voci definite, per il periodo compreso tra aprile 2008 ed ottobre 2012. I millimetri di pioggia sono stati stimati in base alle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni. Il data base del Parco è stato implementato a cadenza mensile con la serie storica giornaliera relativa alle seguenti variabili quantitative: – temperatura, – pressione atmosferica, – –

umidità, precipitazioni (ml. di pioggia, cm. di neve).

Per quanto riguarda i dati relativi al movimento dei flussi dei visitatori, da aprile 2008 ad ottobre 2012 i dati sono stati forniti direttamente dal Parco (rilevazioni annuali nei Centri Visita). I dati mensili relativi al periodo 2008-2012 sono stati stimati attraverso una correlazione con gli arrivi turistici mensili registrati nelle strutture ricettive delle Provincie di Ferrara e Ravenna, i cui territori insistono sull’area del Parco. Le elaborazioni dei dati relativi al periodo aprile-ottobre 2008-2012 effettuate per evidenziare i legami tra le condizioni meteorologiche e il movimento dei visitatori nel Parco, hanno prodotto diversi risultati, i principali dei quali sono di seguito sintetizzati. Tra il 2008 e il 2012 i visitatori rilevati da aprile ad ottobre nel Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna sono passati da 290.571 a 227.710, con una flessione del -21,6%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del -10,8%. Tabella 20. Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna – Serie storica Visitatori Anno

Visitatori

%

2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

290.571 268.810 253.729 255.141 227.710 –62.861

— –7,5% –5,6% 0,6% –10,8% –21,6%

Nello stesso periodo (2008-2012) le precipitazioni (ml. di pioggia) registrate dal mese di aprile al mese di ottobre di ogni anno sono passate da 470,8 ml. totali del 2008 a 379,9 ml. del 2012, con una riduzione del -19,3% nel periodo; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del +46,9%.

307


Tabella 21. Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna – Serie storica Precipitazioni Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Precipitazioni (ml) 470,8 449,7 319,0 258,6 379,9 –90,9

% — –4,5 –29,1 –18,9 46,9 –19,3

Si evidenzia dunque, ad esclusione della recente stagione 2012, una progressiva riduzione della piovosità nel periodo aprile-ottobre. La temperatura media (°C) del periodo aprile-ottobre di ogni anno è passata da 21,5 °C del 2008 a 23,09 °C del 2012, con un incremento di +1,6 °C corrispondente al +7,4%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è lievissima: +0,1%. Tabella 22. Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna – Serie storica Temperatura media Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Temperatura (°C) 21,5 22,9 21,0 23,06 23,09 1,6

% — 6,5 –8,3 9,8 0,1 7,4

Anche in questo caso si evidenzia, con l’esclusione della stagione 2010, un progressivo aumento della temperatura media nel periodo considerato. Il dettaglio mensile delle ultime due stagioni (2011-2012) non evidenzia una stretta correlazione tra la quantità delle precipitazioni e l’affluenza dei visitatori nel Parco: a fronte di diminuzioni delle precipitazioni, si rilevano parallele riduzioni di visitatori nei mesi di giugno e luglio; gli aumenti di visitatori si registrano ad aprile, maggio e ottobre, anche a fronte di incrementi (anche consistenti) delle precipitazioni. Ad agosto e settembre si conferma una delle ipotesi di partenza: all’aumentare delle precipitazioni, corrisponde una riduzione dei visitatori. Tabella 23. Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna – Confronto 2012/2011 Precipitazioni vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

2011

Precipitazioni (ml) 2012

%

2011

Visitatori 2012

%

39,5 27,6 56,0 29,7 0,0 51,4 54,4 258,6

108,8 70,8 21,9 7,0 5,3 88,2 77,9 379,9

175,4 156,5 –60,9 –76,4 52,900 71,6 43,2 46,9

43.880 54.905 39.038 33.425 34.643 33.590 15.660 255.141

44.074 56.119 26.053 24.369 31.566 28.143 17.386 227.710

0,4 2,2 –33,3 –27,1 –8,9 –16,2 11,0 –10,8

Il confronto tra la variazione delle temperature medie mensili con l’andamento dei visitatori nel Parco evidenzia correlazioni significative solo nel mese di ottobre, quando ad un aumento della temperatura media corrisponde un parallelo aumento di visitatori. Ad aprile e maggio le temperature diminuiscono,

308


ma i visitatori aumentano; in giugno, luglio e agosto il contrario: ad un aumento delle temperature medie corrisponde una forte flessione dei visitatori. Tabella 24. Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna – Confronto 2012/2011 Temperatura vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

2011

Temperatura (°C) 2012

%

2011

Visitatori 2012

%

18,1 22,5 25,0 26,3 28,8 25,1 15,6 23,06

15,1 20,6 27,3 29,7 30,0 22,2 16,7 23,09

–16,6 –8,4 9,2 12,9 4,2 –11,6 7,1 0,1

43.880 54.905 39.038 33.425 34.643 33.590 15.660 255.141

44.074 56.119 26.053 24.369 31.566 28.143 17.386 227.710

0,4 2,2 –33,3 –27,1 –8,9 –16,2 11,0 –10,8

Parco del Delta del Po del Veneto, Ariano nel Polesine (ITA) I dati relativi all’andamento dei visitatori nel Parco del Delta del Po del Veneto di Araino nel Polesine (ITA) nel periodo aprile-ottobre degli ultimi 5 anni (2008-2012) sono stati confrontati con i dati relativi all’andamento meteorologico, secondo le indicazioni definite dal Progetto Climaparks, per evidenziare eventuali correlazioni. La metodologia prevista per la raccolta dei dati relativi al Parco del Delta del Po del Veneto prevedeva l’elaborazione dei dati meteo storici dal 2008 (giornalieri) rilevati dalla stazione meteorologica di Ferrara (distante 42 km. da Ariano nel Polesine), disponibili sul sito www.ilmeteo.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere per tutte le voci definite, per il periodo compreso tra aprile 2008 ed ottobre 2012. I millimetri di pioggia sono stati stimati in base alle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni. Il data base del Parco è stato implementato a cadenza mensile con la serie storica giornaliera relativa alle seguenti variabili quantitative: – temperatura, – pressione atmosferica, – –

umidità, precipitazioni (ml. di pioggia, cm. di neve).

Per quanto riguarda i dati relativi al movimento dei flussi dei visitatori, da aprile 2008 ad ottobre 2012, i dati sono stati forniti direttamente dal Parco (rilevazioni annuali nei Centri Visita). I dati mensili relativi al periodo 2008-2012 sono stati stimati attraverso una correlazione con gli arrivi turistici mensili registrati nelle strutture ricettive della Provincia di Rovigo, il cui territorio insiste sull’area del Parco. Le elaborazioni dei dati relativi al periodo aprile-ottobre 2008-2012 effettuate per evidenziare i legami tra le condizioni meteorologiche e il movimento dei visitatori nel Parco, hanno prodotto diversi risultati, i principali dei quali sono di seguito sintetizzati. Tra il 2008 e il 2012 i visitatori rilevati da aprile ad ottobre nel Parco del Delta del Po del Veneto sono passati da 12.353 a 11.989, con una flessione del -2,9%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del -2,1%. In controtendenza solo l’andamento del 2011.

309


Tabella 25. Parco del Delta del Po del Veneto – Serie storica Visitatori Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Visitatori 12.353 12.055 11.786 12.251 11.989 –364

% — –2,4 –2,2 3,9 –2,1 –2,9

Nello stesso periodo (2008-2012) le precipitazioni (ml. di pioggia) registrate dal mese di aprile al mese di ottobre di ogni anno sono passate da 470,8 ml. totali del 2008 a 379,9 ml. del 2012, con una riduzione del -19,3% nel periodo; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del +46,9%. Tabella 26. Parco del Delta del Po del Veneto – Serie storica Precipitazioni Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Precipitazioni (ml)

%

470,8 449,7 319,0 258,6 379,9 –90,9

— –4,5 –29,1 –18,9 46,9 –19,3

Si evidenzia dunque, ad esclusione della recente stagione 2012, una progressiva riduzione della piovosità nel periodo aprile-ottobre. La temperatura media (°C) del periodo aprile-ottobre di ogni anno è passata da 21,5 °C del 2008 a 23,09 °C del 2012, con un incremento di +1,6 °C corrispondente al +7,4%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è lievissima: +0,1%. Tabella 27. Parco del Delta del Po del Veneto – Serie storica Temperatura media Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Temperatura (°C)

%

21,5 22,9 21,0 23,06 23,09 1,6

— 6,5 –8,3 9,8 0,1 7,4

Anche in questo caso nel periodo considerato si evidenzia, con l’esclusione della stagione 2010, un progressivo aumento della temperatura media. Il dettaglio mensile delle ultime due stagioni (2011-2012) non evidenzia una stretta correlazione tra la quantità delle precipitazioni e l’affluenza dei visitatori nel Parco: a fronte di diminuzioni delle precipitazioni, si rilevano parallele riduzioni di visitatori nei mesi di giugno e luglio; gli aumenti di visitatori si registrano ad aprile, maggio, settembre ed ottobre, anche a fronte di incrementi (anche consistenti) delle precipitazioni.

310


Tabella 28. Parco del Delta del Po del Veneto – Confronto 2012/2011 Precipitazioni vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

2011 39,5 27,6 56,0 29,7 0,0 51,4 54,4 258,6

Precipitazioni (ml) 2012 108,8 70,8 21,9 7,0 5,3 88,2 77,9 379,9

% 175,4 156,5 –60,9 –76,4 — 71,6 43,2 46,9

2011 433 944 2.105 2.936 4.498 975 360 12.251

Visitatori 2012 510 1.040 1.953 2.580 4.448 1.071 387 11.989

% 17,8 10,2 –7,2 –12,1 –1,1 9,8 7,5 –2,1

Il confronto tra la variazione delle temperature medie mensili con l’andamento dei visitatori nel Parco evidenzia correlazioni significative solo nel mese di ottobre, quando ad un aumento della temperatura media corrisponde un parallelo aumento di visitatori. Ad aprile e maggio le temperature diminuiscono, ma i visitatori aumentano; in giugno, luglio e agosto il contrario: ad un aumento delle temperature medie corrisponde una flessione dei visitatori. Tabella 29. Parco del Delta del Po del Veneto – Confronto 2012/2011 Temperatura vs Visitatori Temperatura (°C)

Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

2011 18,1 22,5 25,0 26,3 28,8 25,1 15,6 23,06

2012 15,1 20,6 27,3 29,7 30,0 22,2 16,7 23,09

Visitatori Var, –16,6 –8,4 9,2 12,9 4,2 –11,6 7,1 0,1

2011 433 944 2.105 2.936 4.498 975 360 12.251

2012 510 1.040 1.953 2.580 4.448 1.071 387 11.989

Var, 17,8 10,2 –7,2 –12,1 –1,1 9,8 7,5 –2,1

Parco naturale regionale delle Prealpi Giulie, Resia (ITA) I dati relativi all’andamento dei visitatori nel Parco naturale regionale delle Prealpi Giulie di Resia (ITA) nel periodo aprile-ottobre degli ultimi 5 anni (2008-2012) sono stati confrontati con i dati relativi all’andamento meteorologico, secondo le indicazioni definite dal Progetto Climaparks, per evidenziare eventuali correlazioni. La metodologia prevista per la raccolta dei dati relativi al Parco delle Prealpi Giulie prevedeva l’elaborazione dei dati meteo storici rilevati dalla stazione meteorologica di Tarvisio (distante 53 km.), disponibili sul sito www.ilmeteo.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere per tutte le voci definite, per il periodo compreso tra aprile 2008 ed ottobre 2012. I millimetri di pioggia sono stati stimati in base alle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni. Il data base del Parco è stato implementato a cadenza mensile con la serie storica giornaliera relativa alle seguenti variabili quantitative: – temperatura, – –

pressione atmosferica, umidità,

precipitazioni (ml. di pioggia, cm. di neve).

311


Per quanto riguarda i dati relativi al movimento dei flussi dei visitatori, da aprile 2008 ad ottobre 2012 i dati sono stati forniti direttamente dal Parco (rilevazioni giornaliere nel Centro Visite di Resia). Le elaborazioni dei dati relativi al periodo aprile-ottobre 2008-2012 effettuate per evidenziare i legami tra le condizioni meteorologiche e il movimento dei visitatori nel Parco, hanno prodotto diversi risultati, i principali dei quali sono di seguito sintetizzati. Tra il 2008 e il 2012 i visitatori rilevati da aprile ad ottobre nel Parco delle Prealpi Giulie sono passati da 5.755 a 2.338, con una flessione del -59,4%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del -40,6%. Tabella 30. Parco delle Prealpi Giulie – Serie storica Visitatori Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Visitatori 5.755 3.540 3.704 3.935 2.338 –3.417

% — –38,5 4,6 6,2 –40,6 –59,4

Nello stesso periodo (2008-2012) le precipitazioni (ml. di pioggia) registrate dal mese di aprile al mese di ottobre di ogni anno sono passate da 1.123,1 ml. totali del 2008 a 1.053,6 ml. del 2012, con una riduzione del -6,2% nel periodo; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del +66,9%. Tabella 31. Parco delle Prealpi Giulie – Serie storica Precipitazioni Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Precipitazioni (ml)

%

1,123,1 782,4 1,070,6 631,4 1,053,6 –69,5

— –30,3 36,8 –41,0 66,9 –6,2

Si evidenzia dunque, pur fra alti e bassi, una tendenziale riduzione della piovosità nel periodo aprileottobre. La temperatura media (°C) del periodo aprile-ottobre di ogni anno è passata da 14,4 °C del 2008 a 15,9 °C del 2012, con un incremento di +1,5 °C corrispondente al +10,4%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è di -1,9%. Tabella 32. Parco delle Prealpi Giulie – Serie storica Temperatura media Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Temperatura (°C) 14,4 15,8 14,7 16,2 15,9 1,5

% — 9,7 –7,0 10,2 –1,9 10,4

Anche in questo caso si evidenzia, fra alti e bassi, un tendenziale aumento della temperatura media nel periodo considerato.

312


Il dettaglio mensile delle ultime due stagioni (2011-2012) evidenzia una possibile correlazione tra la quantità delle precipitazioni e l’affluenza dei visitatori nel Parco nei mesi di giugno, agosto e ottobre, quando a fronte di un aumento delle precipitazioni, si rileva una parallela riduzione dei visitatori; a maggio, luglio e settembre, al contrario, i visitatori diminuiscono anche a fronte di una riduzione delle precipitazioni. Tabella 33. Parco delle Prealpi Giulie – Confronto 2012/2011 Precipitazioni vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

2011

Precipitazioni (ml) 2012

%

2011

Visitatori 2012

%

0,0 106,6 0,0 162,6 171,5 190,7 0,0 631,4

99,2 100,2 81,1 147,6 242,2 76,0 307,3 1,053,6

— –6,0 — –9,2 41,2 –60,1 — 66,9

671 741 348 600 654 351 570 3.935

0 453 240 508 535 260 342 2.338

–100 –38,9 –31,0 –15,3 –18,2 –25,9 –40,0 –40,6

Il confronto tra la variazione delle temperature medie mensili con l’andamento dei visitatori nel Parco evidenzia una conferma dell’ipotesi di partenza solo nei mesi di maggio e settembre, quando ad una diminuzione delle temperature medie corrisponde una parallela riduzione di visitatori. Negli altri mesi le temperature medie aumentano, ma i visitatori diminuiscono. Tabella 34. Parco delle Prealpi Giulie – Confronto 2012/2011 Temperatura vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

Temperatura (°C) 2011 12,5 15,8 17,6 19,1 20,8 18,3 9,1 16,2

2012 9,3 15,1 19,5 20,3 21,4 15,4 10,0 15,9

Visitatori % –25,6 –4,4 10,8 6,3 2,9 –15,8 9,9 –1,9

2011 671 741 348 600 654 351 570 3.935

2012 0 453 240 508 535 260 342 2.338

% –100 –38,9 –31,0 –15,3 –18,2 –25,9 –40,0 –40,6

Parco naturale regionale delle Dolomiti Friulane, Pordenone (ITA) I dati relativi all’andamento dei visitatori nel Parco naturale regionale delle Dolomiti Friulane di Pordenone (ITA) nel periodo aprile-ottobre degli ultimi 5 anni (2008-2012) sono stati confrontati con i dati relativi all’andamento meteorologico, secondo le indicazioni definite dal Progetto Climaparks, per evidenziare eventuali correlazioni. La metodologia prevista per la raccolta dei dati relativi al Parco delle Dolomiti Friulane prevedeva l’elaborazione dei dati meteo storici rilevati dalla stazione meteorologica di Aviano (distante 21 km.), disponibili sul sito www.ilmeteo.it, che fornisce rilevazioni medie giornaliere per tutte le voci definite, per il periodo compreso tra aprile 2008 ed ottobre 2012. I millimetri di pioggia sono stati stimati in base alle indicazioni descrittive, tenendo conto della classificazione ufficiale delle precipitazioni. Per i mesi di luglio e agosto 2011 sono stati utilizzati i dati rilevati dalla stazione meteorologica di Andreis, localizzata all’interno del Parco.

313


Il data base del Parco è stato implementato a cadenza mensile con la serie storica giornaliera relativa alle seguenti variabili quantitative: – temperatura, – –

pressione atmosferica, umidità,

precipitazioni (ml. di pioggia, cm. di neve).

Per quanto riguarda i dati relativi al movimento dei flussi dei visitatori, per il periodo luglio-ottobre 2011 il Parco ha fornito i dati rilevati attraverso 2 contapersone (collocati in località Val Montanaia e Andreis). Per gli altri mesi del 2011 i dati sono stati stimati sulla base dei visitatori rilevati negli stessi giorni della settimana in periodi con simili condizioni meteo. Per il periodo 2008-2010, i dati sono stati stimati attraverso una correlazione con gli arrivi turistici mensili registrati nelle strutture ricettive della Provincia di Pordenone, il cui territorio insiste sull’area del Parco. Le elaborazioni dei dati relativi al periodo aprile-ottobre 2008-2012 effettuate per evidenziare i legami tra le condizioni meteorologiche e il movimento dei visitatori nel Parco, hanno prodotto diversi risultati, i principali dei quali sono di seguito sintetizzati. Tra il 2008 e il 2012 i visitatori rilevati da aprile ad ottobre nel Parco delle Dolomiti Fiulane del Veneto sono passati da 11.429 a 11.731, con un incremento del +2,6%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del -8,0%. Tabella 35. Parco delle Dolomiti Friulane – Serie storica Visitatori Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Visitatori 11.429 11.072 11.515 12.749 11.731 302

% — –3,1 4,0 10,7 –8,0 2,6

Nello stesso periodo (2008-2012) le precipitazioni (ml. di pioggia) registrate dal mese di aprile al mese di ottobre di ogni anno sono passate da 1.292,5 ml. totali del 2008 a 1.061,2 ml. del 2012, con una riduzione del -17,9% nel periodo; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del 2,2%. Tabella 36. Parco delle Dolomiti Friulane – Serie storica Precipitazioni Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Precipitazioni (ml) 1,292,5 917,6 884,9 1,084,7 1,061,2 –231,3

% — –29,0 –3,6 22,6 –2,2 –17,9

Si evidenzia dunque, ad esclusione della stagione 2011, una tendenziale riduzione della piovosità nel periodo aprile-ottobre.

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La temperatura media (°C) del periodo aprile-ottobre di ogni anno è passata da 20,3 °C del 2008 a 21,3 °C del 2012, con un incremento di +1,0 °C corrispondente al +4,9%; la variazione registrata nel 2012 rispetto all’anno precedente è del +13,9%. Tabella 37. Parco delle Dolomiti Friulane – Serie storica Temperatura media Anno 2008 2009 2010 2011 2012 2012/2008

Temperatura (°C) 20,3 21,7 19,7 18,7 21,3 1,0

% — 6,9 –9,2 –5,1 13,9 4,9

Anche in questo caso, ad esclusione del biennio 2010-2011, nel periodo considerato si evidenzia un tendenziale aumento della temperatura media. Il dettaglio mensile delle ultime due stagioni (2011-2012) evidenzia una possibile correlazione tra la quantità delle precipitazioni e l’affluenza dei visitatori nel Parco solo nei mesi di aprile, maggio, settembre ed ottobre, quando a fronte di aumenti delle precipitazioni, si rilevano parallele riduzioni di visitatori. Negli altri mesi, pur riducendosi le precipitazioni, i visitatori diminuiscono. Tabella 38. Parco delle Dolomiti Friulane – Confronto 2012/2011 Precipitazioni vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

Precipitazioni (ml) 2011 51,9 167,4 235,8 304,8 90,8 103,8 130,2 1,084,7

2012 146,4 223,2 157,7 165,1 64,0 104,7 200,1 1,061,2

Visitatori % 182,1 33,3 –33,1 –45,8 –29,5 0,9 53,7 –2,2

2011 833 1.421 1.492 2.401 4.042 1.588 972 12.749

2012 770 1.247 1.353 2.205 3.815 1.457 884 11.731

% –7,6 –12,2 –9,3 –8,2 –5,6 –8,2 –9,1 –8,0

Anche il confronto tra la variazione delle temperature medie mensili con l’andamento dei visitatori nel Parco non evidenzia correlazioni significative. Sia a fronte di un aumento della temperatura media che di una diminuzione, i visitatori registrano una flessione. Tabella 39. Parco delle Dolomiti Friulane – Confronto 2012/2011 Temperatura vs Visitatori Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Totale

2011

Temperatura (°C) 2012

%

15,3 19,6 21,6 18,7 20,3 22,1 13,3 18,7

14,0 19,6 24,2 27,0 27,6 21,1 15,6 21,3

–8,5 0,0 12,0 44,4 36,0 –4,5 17,3 13,9

315

2011

Visitatori 2012

%

833 1.421 1.492 2.401 4.042 1.588 972 12.749

770 1.247 1.353 2.205 3.815 1.457 884 11.731

–7,6 –12,2 –9,3 –8,2 –5,6 –8,2 –9,1 –8,0


Conclusioni Il confronto tra l’andamento delle variabili meteorologiche ed il movimento escursionistico nei Parchi naturali negli ultimi 5 anni evidenzia, solo in alcuni dei casi analizzati, una correlazione diretta. In generale l’effetto dei cambiamenti climatici sull’afflusso dei visitatori ha assunto, negli ultimi anni, quelli influenzati da crisi, recessione e parsimonia, un peso sempre maggiore nella propensione e decisione della vacanza da parte dei turisti, in particolare per quanto riguarda i brevi soggiorni, i week-end e gli short break. E la visita ad un Parco naturale a livello europeo sembra rientrare proprio in queste tipologie. Al di là delle correlazioni dirette tra cambiamenti climatici ed affluenza di visitatori nei Parchi Naturali, nel 2012 (5° anno di crisi economica) i turisti hanno evidenziato comportamenti divaricanti e approcci inattesi rispetto a quelli tradizionali. Si rilevano in tutte le aree europee crescenti attenzioni per le vacanze all’aria aperta e per il tempo libero a contatto con la natura. L’incertezza economica, lo stress della vita quotidiana, i redditi in flessione, invitano le persone a cercare alternative (non ripieghi) e a sperimentare, prima attraverso le escursioni, poi con soggiorni veri e propri, l’ospitalità di Parchi Naturali, Riserve, Oasi protette, centri turistici e centri vacanze open air di cui l’Europa è generosamente dotata. Non è ancora una scelta “definitiva”, ma un’opzione congiunturale. L’incertezza economica ha riguardato la maggioranza delle nazioni UE ed ha convinto tutti, a partire dal 2008, ad usare la leva della parsimonia e con essa la frammentazione e l’accorciamento delle vacanze. Ora la parsimonia si declina anche con le vacanze all’aria aperta, diventate espressione diffusa ed allineata con il trend di spesa. I nuovi atteggiamenti incrociano offerte di ospitalità verde che ora rispondono egregiamente alle nuove esigenze. E’ facile concludere che arrivi e presenze del 2012 presentano contrazioni a due cifre sul fronte della domanda di ricettivo tradizionale ed aumenti importanti della domanda di alloggio in strutture all’aria aperta. La domanda europea, nonostante la lunga fase di recessione mondiale, si sta adeguando senza rinunciare alle ferie e agli abituali 3-4 week-end fuori casa del periodo estivo. In sostanza si può affermare che la crisi riverbera positivamente sugli ingressi ai Parchi naturali, che rappresentano nell’immaginario collettivo una soluzione economica, ecologica, alternativa e “valida” che probabilmente fa e farà parte delle nuove opzioni familiari. Al quinto anno di crisi globale, l’Europa sta sperimentando cambiamenti antropologici inattesi. Gli studiosi di marketing si trovano spesso di fronte ad improvvise inversioni rituali. In vacanza si lancia una sfida ai confort abituali, si cambia assetto: dalla televisione perennemente accesa all’ascolto della natura, dal condominio alla tenda, dalle concentrazioni urbane all’isolamento della riserva, dall’asfalto all’erba... Senza rinunciare alla vacanza, la si converte in emozione inedita, in esperienza originale fuori casa (quindi dignitosa) e lo si fa adattandosi. L’eventuale ridotto livello di comfort si scambia volentieri con l’ospitalità a cielo aperto, senza orpelli e obblighi protocollari. Comunque, per chi lo desidera, nei parchi, nelle riserve, nelle oasi, esistono anche opzioni di alloggio “superiori”, dotate di ogni servizio, che risultano convenienti per chi non ama le cose spartane e desidera “fuori casa” gli stessi comfort di casa propria.

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I dati dimostrano che il numero di coloro che punta sulla qualità delle dotazioni e in particolare sull’acquaticità (le grandi aree balneabili di cui l’offerta dei centri vacanze all’aria aperta sono generosi) sta sottraendo quantità importanti di presenze alle destinazioni famose per l’ospitalità tradizionale. Nonostante la crisi che attraversa tutti i settori dell’industria dell’ospitalità, il turismo all’aria aperta cresce, segno evidente che l’incertezza economica sta generando nuove attenzioni per Parchi e riserve naturali, luoghi emblematici di turismo sostenibile, sensibilità ecologica, tempo libero veramente “liberato”, senza vincoli e formalità. La lunga recessione sta portando grandi quote di consumatori fuori dalle nicchie del consumo tradizionale e il turismo naturalistico assume valori che non sono espressione di povertà e di ridimensionamento consumistico, ma un’opzione qualitativa, una novità che consente di apprezzare le bellezze e le espressioni della natura di un macro-territorio, quello centroeuropeo che ha grandi potenzialità attrattive. A spingere gli europei sempre di più verso i parchi, le riserve, le oasi, i borghi e le destinazioni natura in genere, non è solo la crisi economica, ma – in positivo – è il bisogno di partecipare a formule di vacanza “attive”, dinamiche, vagamente sportive, con la famiglia e con i “fedeli amici dell’uomo”, questi ultimi non ben accetti in alberghi, spiagge e ristoranti. Il trend è noto, consolidato e diffuso: l’Europa, sempre più animalista, non rinuncia all’occasione di fare vacanze in compagnia dei propri animali domestici e questo fa crescere la domanda turistica per i luoghi di ospitalità che consentono la loro presenza. Godersi una vacanza attiva è anche emblematico di “salutismo”, di leggerezza, di lotta all’obesità, di simpatia per cibi semplici e “organici”. Il trend positivo comprende anche le attività sportive, quelle con punte agonistiche comprese, poi le sfide alla propria fisicità. Si tratta di motivazioni di vacanza “forti” per vaste quote di fedelissimi amanti della natura. Secondo un recente sondaggio effettuato su un campione di Tour Operator europei specializzati sul Turismo Natura, per il 48% degli intervistati l’attività sportiva è la prima motivazione per chi sceglie questa tipologia di vacanza, seguita dal relax (23%), dai piaceri dell’enogastronomia “organica” (15%) e dalla riscoperta di luoghi della tradizione (11%). Per quanto riguarda le attività sportive, nel 2012 emerge il boom delle due ruote: per la prima volta il biking supera tutti gli sport attestandosi al 31%, seguito dal generico escursionismo (21%), dal trekking (15%), dall’animal watching (13%). Più distaccati lo sci di fondo, l’equitazione e il climbing. I parchi, le riserve naturali, le oasi, i centri vacanze all’aria aperta, in definitiva quello che viene definito “offerta di Turismo Natura”, non ha solo valore simbolico ed ecologico, ma anzi produce un fatturato complessivo stimato nel solo territorio italiano di oltre 11 miliardi di euro (la stima del 2011 era di 10.929 miliardi di euro). La tendenza, quella della crescita del Turismo Natura, viene confermata anche dalle rilevazioni dei Tour Operator specializzati, che in grande maggioranza (65%) registrano nel 2012 un aumento di domanda, nel 31% dei casi una domanda stabile e solo nel 4% una diminuzione. Dato significativo: il 57% degli intermediari e dei Tour Operator afferma di avere inserito nei propri cataloghi cartacei e online del 2013 più offerte di vacanze nella natura e all’aria aperta rispetto al 2012.

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Figura 1. Andamento del Turismo Natura nel 2012 secondo i Tour Operator europei. Fonte: 10° Rapporto Nazionale Ecotur. Secondo i Tour Operator specializzati europei, i turisti che scelgono la natura e i Parchi per le loro vacanze principali sono più scolarizzati di quelli che scelgono le ospitalità tradizionali (il 41% ha una laurea, il 46% un diploma e solo il 13% un titolo inferiore). Secondo i gestori di parchi e riserve, ospiti e visitatori sono prevalentemente giovani: il 51% ha meno di 30 anni, ed il 35% fra i 31 ed i 60 anni. L’aumento della sensibilità verso i temi di vacanza nel verde e nella natura sta spingendo sempre più le scuole e gli istituti a sceglierle come momenti didattici per le gite scolastiche (26%, in crescita rispetto al passato). La crescita riguarda anche le famiglie e i piccoli gruppi di amici, mentre risultano “in contrazione” i visitatori in gruppi organizzati. Parallelamente si assiste in tutta Europa all’aumento della domanda di ricettività alternativa, ma ad esempio non i numeri dell’agriturismo (che lamenta l’1,2% di flessione). Grande ripresa della vacanza in camper che balza dal 6,5 all’11% delle scelte. Per quanto riguarda infine il mercato italiano, il 2012 è l’anno in cui il Turismo Natura ha superato per la prima volta la soglia dei 100 milioni di presenze (la stima riguarda le strutture ricettive all’aria aperta di tutta Italia). I dati del 10° Rapporto Nazionale Ecotur sul Turismo Natura, scritto a più mani da ricercatori Istat, Enit e Università dell’Aquila, parlano di 101 milioni e 799 mila presenze con un aumento del +1,8% rispetto al 2011. Mentre interi comprensori balneari e montani vorrebbero internazionalizzarsi (riagganciare i Tour Operator) per resistere alla crisi del mercato italiano, il movimento di turisti che definiamo open air, che in realtà sono turisti assimilabili ormai a quelli dei package tour, stanno garantendo all’ospitalità verde un indice di internazionalizzazione del 39% (le stime dicono che nel 2011 era inferiore al 38%). Quanto alle provenienze dei turisti che scelgono il verde e la natura per le loro vacanze, gli italiani sono la grande maggioranza, il 22% del totale sono europei, il 12% proviene da altre parti del mondo (fonte: Rapporto Ecotur). La graduatoria dei Parchi preferiti dai Tour Operator italiani presenta un podio composto da due conferme e una new entry: si confermano al primo posto il Parco Nazionale d’Abruzzo, al secondo il Parco del Gran Paradiso, al terzo posto il Parco dello Stelvio che scalza il Parco delle Cinque Terre, penalizzato dalle tragiche vicende del 2011.

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Entra fra le destinazioni più richieste il Parco delle Dolomiti Bellunesi e al sesto posto si colloca il Parco del Pollino, seguito dai Parchi Casentino, della Majella e della Sila. I tour operator stranieri indicano in testa alla graduatoria il Parco delle Cinque Terre seguito dal Parco delle Dolomiti Bellunesi e dal Parco dell’Arcipelago Toscano, seguito dal Parco dell’Appennino ToscoEmiliano, dal Parco del Vesuvio, dal Parco Nazionale d’Abruzzo-Lazio-Molise, dal Parco del Gran Paradiso, dal Parco del Cilento e da quello del Gargano. In conclusione, a rafforzare le tesi esposte vi sono alcuni elementi emersi dal periodico sondaggio effettuato da Trademark Italia su un campione di oltre 1.200 italiani. Secondo la 22a Indagine “2013 – Dove vanno in vacanza gli Italiani”, sarà la quarta estate di flessione, con arrivi e presenze in calo mediamente di oltre 7 punti percentuali, significative perdite di giro d’affari e di posti di lavoro, con gli Italiani sempre più diffidenti, decisi a risparmiare, a ridurre i budget di spesa e a contrarre le giornate di vacanza, ma, in questa negativa cornice, emergono però i numeri positivi del “Turismo Verde”, proprio perché per gli italiani è emblematico di consumi contenuti, di semplicità, genuinità e rigore economico. Secondo la stessa indagine, nel 2013 crescerà la domanda italiana di turismo all’aria aperta che reputa i centri vacanza con bungalow e case mobili, più comodi delle tradizionali camere d’albergo. Il sondaggio rileva l’aumento di domanda per le vacanze in libertà (no packaging) che da un triennio spinge in avanti i campeggi, i centri vacanze e le formule ibride camping-villaggio; si configura anche un trend positivo verso le vacanze “slow”, non agonistiche, a piedi e in bicicletta.

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