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Il punto sul cloud in Italia Il mercato del cloud computing si è evoluto nel corso dell’ultimo anno e si sta sempre più conformando al tipo di aziende che serve, modificandosi a seconda del livello di maturazione dell’IT aziendale, dell’evoluzione di processi business-IT-business e della tipologia di achitetture legacy in uso presso le aziende. Senza dubbio il cloud sta rappresentando una sfida sempre più importate per le aziende, costringendole a ripensare processi e strategie che necessariamente dovranno tenere conto dell’esistenza di questa tecnologia ormai accessibile a tutti, competitor nuovi e futuri, vista l’ampia diffusione che sta avendo. Nel nostro paese chi aveva infrastrutture dedicate si sta preparando, attraverso roadmap di legacy transformation, a poter integrare in modo fluido processi flessibili e automatici alla base del cloud computing. Inoltre, si sta di fatto lavorando alla definizione della cosiddetta “cloud enabling infrastructure”, come qualcuno la definisce, ossia l’insieme dei processi e dei componenti che interessano l’ambito infrastrutturale, applicativo e d’interazione degli utenti aziendali con le piattaforme IT. E’ ormai consolidata l’abitudine di non ricorrere più a soluzioni on premise, salvo in casi particolari, principalmente per non sobbarcarsi di eccessivi oneri di gestione dell’infrastruttura fisica, che con il cloud ricadono al 100% sul provider. Riguardo alla sicurezza, in generale all’inizio potevano esserci delle remore, ma quando le aziende hanno capito che i propri dati erano custoditi in data center ben definiti, almeno per ciò che concerne il modello Aruba, e gestiti da professionisti esperti in grado di occuparsi proattivamente e autonomamente della gestione dell’infrastruttura, hanno iniziato ad adottare il cloud sia pubblico sia privato senza questo retropensiero. Oggi l’Italia può essere considerata all’avanguardia: cresce la consapevolezza delle aziende sul cloud.

Strategie del marketing multicanale Lewispr ha presentato i risultati di una ricerca che ha coinvolto le aree EMEA, APAC e USA e che dipinge un quadro complessivo delle strategie attuali di marketing multicanale. Lo studio, che ha coinvolto più di 370 esperti del settore, ha dimostrato che l’organizzazione in silos aziendali e la mancanza di investimenti rappresentano i maggiori ostacoli all’attuazione di piani di marketing multicanale. Dallo studio emerge ampia diffusione del marketing multicanale, con un terzo dei rispondenti (31%) che dichiara di aver realizzato sette o più campagne di questo tipo nell’ultimo anno. Nonostante ciò, solo il 30% dei professionisti ha ammesso di aver raggiunto buoni risultati e ottenuto un ROI, situazione che spiega l’attuale reticenza nei confronti di investimenti a lungo termine. Inoltre, secondo la ricerca, spesso non vengono effettuate misurazioni adeguate a valutare i risultati della campagna, considerate utili dal 35% dei professionisti solo ai fini della compilazione dei report. Il 27% ha dichiarato che i risultati post-campagna vengono considerati solamente per calcolare il ritorno sugli investimenti. Un quarto dei rispondenti ha dichiarato che solo “a volte” queste misurazioni sono utili per migliorare le campagne successive. La struttura dei team di marketing e comunicazione rappresenta un altro ostacolo verso il successo di una campagna. Meno della metà degli intervistati totali (40%) e solo un quarto (25%) di quelli provenienti dall’APAC sono certi del fatto che l’organizzazione attuale dei gruppi di lavoro sia in grado di gestire al meglio le campagne integrate. “L’eliminazione dei silos nei team di marketing e comunicazione è fondamentale per quelle aziende che intendono sviluppare campagne davvero integrate. Occorrono coesione e collaborazione.

n 2 3- 2015 - dm&c

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