TITOLETTO TAVOLA ROTONDA / USO DEL TERRITORIO
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Vorrei partire da una semplice considerazione: l’intensa trasformazione territoriale del Ticino è un fenomeno sotto gli occhi di tutti. Sorge spontanea una domanda: se si continua con questi ritmi e queste modalità di crescita, quale sarà il destino di questo territorio tra dieci/venti anni?
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URBANISTICA, RISTRUTTUR AZIONI, SVILUPPO FUTURO: DOVE VA IL TICINO?
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a più parti si lamenta il fatto che in Ticino è stato ormai occupato tutto lo spazio disponibile per insediamenti residenziali, produttivi e commerciali. Eppure le gru che punteggiano il paesaggio urbano di Lugano e delle aree non periferiche del Cantone sembrano indicare in modo non equivocabile l’interesse a sfruttare ogni residuo spazio per erigere nuove costruzioni. La città di Lugano si è adeguata ai cambiamenti dettati dalla congiuntura economica e si trova ora in una situazione dove è fondamentale investire bene. Si delineano sfide decisive: dalle infrastrutture da costruire per la cultura, il tempo libero e il turismo al problema dei collegamenti stradali, ferroviari, aeroportuali; dall’avvio delle aggregazioni comunali allo sviluppo di relazioni (nazionali e internazionali) con importanti regioni e città, fino alla creazione di servizi ad incremento della qua-
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lità della vita. Lugano è infatti centro di un agglomerato, polo trainante di un Cantone, in un quadro istituzionale e socioeconomico svizzero stabile, con fondamentali relazioni economico-finanziarie legate al Nord Italia; una città che moltiplica estensione e popolazione ricalibrando i rapporti con l’agglomerato, il Cantone e la Confederazione; terza piazza finanziaria svizzera, nella top ten delle città e degli agglomerati svizzeri; un’area posta sull’importante passante Nord-Sud e sulla trasversale alpina, che preme sui collegamenti e sulle relazioni per sviluppare il proprio ruolo di crocevia culturale, di comunicazione e di piattaforma di servizi (finanziari, logistici, ecc.). Lugano, in particolare, funge oggi da catalizzatore dello sviluppo e allo stesso tempo della ricerca di soluzioni alle esigenze della società, ai problemi dell’ambiente, assumendo il ruolo chiave di interlocutore privilegiato del governo territoriale.
sandro montorfani: «L’odierna situazione del territorio ticinese è figlia del quadro normativo che i comuni del Cantone si sono dati negli anni 70/80. I piani regolatori dell’epoca non hanno infatti previsto, o comunque non hanno tenuto nel dovuto conto lo sviluppo urbanistico che si è poi avuto a partire dal 2000 circa. Questi strumenti, fondamentali per un’adeguata pianificazione territoriale, non sono stati aggiornati in tempo utile per assorbire in modo opportuno e moderno le esigenze dello sviluppo, limitando il campo degli interventi ad alcuni tasselli di un tessuto territoriale ormai fortemente urbanizzato quando non gravemente compromesso. Da parte nostra, e in un quadro normativo così vincolante e poco flessibile, il rilascio delle nuove licenze edilizie deve necessariamente rapportarsi ad un giudizio di congruità rispetto alla normativa vigente e può incidere solo marginalmente rispetto al quadro complessivo che nel tempo si è venuto determinando. E purtroppo la modifica di un piano regolatore è un processo molto lungo che non ci permette di vedere cambiamenti a breve termine».
“Da parte nostra, e in un quadro normativo così vincolante e poco flessibile, il rilascio delle nuove licenze edilizie deve necessariamente rapportarsi ad un giudizio di congruità...”
HANNO PARTECIPATO ALL’INCONTRO:
SANDRO MONTORFANI
ALBERTO MONTORFANI
stefano CLOCCHIATTI
CARLO GARZONI
Direttore Dicastero Edilizia Privata Città di Lugano
Presidente SVIT Ticino
Responsabile Succursale di Lugano BPS (Suisse)
Impresario costruttore
Claudio lo riso
ATTILIO PANZERI
Eduardo grottanelli
Architetto
Architetto
Responsabile editoriale Ticino Welcome
L’incontro si è tenuto lunedì 27 Gennaio 2014 presso il Teatro per Eventi Metamorphosis al palazzo Mantegazza
CLAUDIO LO RISO: «Concordo pienamente sul fatto che oggi ci troviamo ad operare all’interno di un quadro regolatorio che molte volte lascia all’architetto scarsi margini di manovra, a fronte di una committenza che ci chiede di soddisfare al meglio le proprie esigenze. Devo tuttavia dire che la critica ai pia-
ni regolatori vigenti è un motivo ricorrente che io ho sempre sentito ripetere, anche molti anni o decenni or sono, e che da allora ben poco è stato fatto per cercare di modificarli. La conseguenza più evidente è che in periodi di boom edilizio, come quello che da alcuni anni stiamo vivendo in Ticino, si rischia di costruire troppo e troppo in fretta, senza avere la possibilità,
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“La conseguenza più evidente è che in periodi di boom edilizio, come quello che da alcuni anni stiamo vivendo in Ticino, si rischia di costruire troppo e troppo in fretta...” stante il contesto di riferimento, di arrivare a individuare e definire quella che potrebbe essere la soluzione, se non migliore in assoluto, quanto meno la più idonea a salvaguardare le esigenze del singolo e quello della collettività». ALBERTO montorfani: «Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito ad un processo aggregativo che ha portato alla fusione di diversi Comuni. Ma paradossalmente la nuova situazione ha drammaticamente messo in luce, se ancora ce ne fosse stato bisogno, come ogni Comune si sia dotato in passato di strumenti regolatori e piani urbanistici uno diverso dall’altro, con norme, vincoli, divieti non omogenei ed anzi talvolta tra loro contrastanti. Si è così evidenziato il fatto che concretamente non esiste a livello cantonale un unico piano territoriale e dunque si pone con urgenza il problema, oltre che di una pianificazione, di armonizzare i vari strumenti che regolano ogni attività edilizia. Un altro elemento da tenere in considerazione riguarda poi i tempi necessari per avviare, definire, e quindi concludere un nuovo piano regolatore generale. Si tratta di decenni, con il rischio di dotarsi di strumenti che al momento della loro attuazione sono già nei fatti superati dallo sviluppo urbanistico ed economico del Cantone. Ma quest’ultimo discorso tira direttamente in causa le responsabili-
“...concretamente non esiste un unico piano territoriale e dunque si pone con urgenza il problema di armonizzare i vari strumenti che regolano ogni attività edilizia...”
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tà della politica, così come è stata gestita negli ultimi decenni». ATTILIO PANZERI: «Non vorrei apparire come al mio solito provocatorio ma la questione mi sembra che possa essere riassunta in questi termini: negli ultimi vent’anni lo sviluppo del Ticino è letteralmente esploso e quello di Lugano, se possibile, ancor di più. Ma sono arrivati prima i soldi della cultura e questo elemento ha determinato il fatto che si è sempre ed esclusivamente ragionato secondo una “logica di campanile”. In altre parole è venuta totalmente a mancare una cultura urbanistica che avrebbe consentito di procedere a una complessiva pianificazione territoriale. Io non sono particolarmente ottimista riguardo al fatto che la situazione possa essere a breve modificata perché la legislazione in materia di pianificazione urbanistica è una sorta di moloch che difficilmente può essere scalfito. Si pensi poi che una semplice variante al piano regolatore richiede in altri Cantoni un massimo di sei mesi mentre in Ticino molti anni, talvolta anche dieci, possono non essere sufficienti. Questo caos normativo rischia di bloccare in molti casi le iniziative di privati che vorrebbero portare a termine non già “speculazioni”, ma più semplicemente “operazioni” immobiliari, producendo un’edilizia di qualità». A questo punto mi viene spontaneo chiedere perché secondo voi il Ticino non riesce a modificare, a differenza di quanto avviene negli altri Cantoni, il quadro normativo all’interno del quale tutti i soggetti coinvolti sono chiamati ad operare… ATTILIO PANZERI: «Mi permetto di dire che ancora una volta tutto nasce dal profondo individualismo con cui i vari operatori si muovono, senza un vero coordinamento o un’omogeneità di vedute anche all’interno di una stessa
categoria professionale. Viene quasi da pensare che vi sia un superiore interesse a non modificare il quadro di riferimento generale, cosicché, pur nel rispetto scrupoloso della normativa vigente, ognuno può cercare di trarre il massimo vantaggio: ma a soffrirne è certamente una complessiva visione dello sviluppo urbanistico e territoriale del Cantone. In poche e semplici parole, bisogna cambiare subito la legislazione cantonale in materia di edilizia e quella relativa alla pianificazione territoriale». ALBERTO montorfani: «Vorrei aggiungere una considerazione che mi sembra utile per comprendere la situazione che si è venuta a creare in Ticino. Il concentrarsi su ogni intervento di tanti interessi e necessità diverse porta molto spesso alla paralisi, al rinvio, al non prendere in tempi certi le dovute decisioni. In passato, il numero delle opposizioni alla concessione di una licenza edilizia era un fenomeno relativamente circoscritto, ora è diventata la regola, al punto che i promotori non acquistano un progetto fino a quando non sono state concesse tutte le necessarie autorizzazioni». CARLO GARZOni: «Il problema dei piani regolatori riguarda essenzialmente i loro contenuti e il numero di norme e vincoli che in molti casi impediscono lo sviluppo di qualsiasi iniziativa. Aspiriamo ad essere uno stato liberale, ma poi cadiamo spesso in un eccesso di disposizione che non tengono adeguatamente conto della realtà dei fatti. I piani regolatori poi sono non di rado carenti dal punto di vista di previsioni di sviluppo palesemente errate o assolutamente inattuabili. Vorrei fare alcuni esempi: il Piano di Cornaredo, con una previsione di spazi destinati ad uffici molto superiore a quelle che posso essere le potenzialità di crescita nel settore. La destinazione di nuovi spazi per alberghi, laddove quelli che già ci sono, in posizio-
ne nettamente migliore con vista lago, fanno fatica a sopravvivere. E, ancora, il caso clamoroso di Pian Scairolo dove si vorrebbe lo spostamento di tutta una serie di attività produttive senza sapere poi dove ubicarle o avere le risorse necessarie per un esproprio. Insomma penso che i responsabili della pianificazione dovrebbero ascoltare con maggiore attenzione quelle che sono le reali esigenze degli imprenditori, che peraltro contribuiscono in maniera importante al gettito fiscale cittadino, altrimenti si rischia di approntare dei piani che poi risultano essere utopistici e inapplicabili».
“Viene quasi da pensare che vi sia un superiore interesse a non modificare il quadro di riferimento generale, cosicché, ognuno può cercare di trarre il massimo vantaggio...”
STEFANO CLOCCHIATTi: «Io credo che uno dei punti di crisi sia rappresentato dal fatto che la pianificazione ha, come è stato da più parti sottolineato, dei tempi di messa in atto molto lunghi ma non si pone quasi mai, con altrettanta lungimiranza, la questione dei costi a copertura degli interventi previsti. In altre parole, i politici agiscono molto spesso in funzione dei tempi corti del loro mandato senza elaborare adeguati piani economico-finanziari medio lungo-termine. E la mancanza di una logica prettamente finanziaria ha come conseguenza gravi carenze nella fattibilità delle opere, allungamento anche molto consistente dei tempi di realizzazione, mancati introiti fiscali e molto altro ancora».
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Molti vostri interventi hanno chiamato direttamente in causa le responsabilità dei politici rispetto ad una gestione del territorio che palesa gravi ritardi e carenze. Al di là delle pur legittime critiche quali concrete possibilità esistono per modificare in meglio la situazione esistente? ATTILIO PANZERI: «Resto fermamente convinto del fatto che non si avrà mai una qualità urbanistica nella pianificazione del Cantone finché a prevalere sarà la logica del campanile. Nessun Comune, molto spesso sostenuto da interessi politici locali, sembra essere disposto a rinunciare alle proprie prerogative in materia di urbanistica e di edilizia e questo provoca il paradosso di una regolamentazione che cambia a poche centinaia di metri di distanza, impedendo di avere una chiara visione complessiva che è l’unica condizione per arrivare a fare finalmente una buona urbanistica». ALBERTO montorfani: «Condivido questo discorso a condizione che siano preservate quelle individualità municipali che sono alla base dell’identità delle nostre comunità locali. Si tratta di una ricchezza che si è andata accumulando nei secoli e che non deve essere in alcun modo dispersa. Non vorrei che un pur legittimo desiderio di una pianificazione coordinata e condivisa porti le realtà economiche e sociali più forti a prevalere su quelle numericamente più piccole e fragili. Ciò provocherebbe il venir meno di uno dei presupposti fondanti della nostra democrazia e autonomia. A lato di tutto questo penso invece che la cosiddetta società civile, cioè gli operatori del settore e le rispettive associazioni di categoria possano confrontarsi in maniera più aperta e dispo-
“Non vorrei che un pur legittimo desiderio di una pianificazione coordinata e condivisa porti le realtà economiche e sociali più forti a prevalere su quelle numericamente più piccole e fragili.”
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nibile di quanto è stato fatto fino adesso, individuando soluzioni e avanzando concrete proposte da sottoporre poi all’azione dei politici. Forse non sarebbe sbagliato cominciare a pensare ad una qualche forma di concertazione che possa portare a nuovi metodi di governo di un territorio che presenta un crescente bisogno di gestione strategica. La creazione del valore urbano può essere frutto della positiva implementazione di una strategia urbana, che in modo intenzionale o meno, coordina risorse, strutture e investimenti in funzione di un ben definito progetto e di stabili valori». CLAUDIO LO RISO: «Occorre partire ancora una volta da quella che è la realtà del territorio ticinese: una grande città che occupa l’intero fondovalle e che tende ad espandersi verso le valli laterali e conquistare spazio nell’area prealpina. Questa situazione di congestionata occupazione dei suoli pone necessariamente anche il problema del riutilizzo del patrimonio edilizio già oggi esistente e le ristrutturazioni devono essere visto in un’ottica ampio respiro. Nel progettare un intervento occorre infatti prendere in considerazione anche gli spazi e le aree in cui la ristrutturazione va ad inserirsi. L’adeguamento dei piani regolatori può rappresentare un’opportunità da non perdere per una pianificazione aggiornata alle esigenze del vivere contemporaneo, prevedendo opportunità per uno sviluppo più maturo e consapevole circa l’utilizzo del territorio. In un secondo momento si potrà parlare di ristrutturazione delle aree pubbliche (piazze, zone verdi, aree di svago ed altro) per arrivare a stringere sempre di più l’obbiettivo fino a concentrarsi sul singolo edifico che a sua volta, se mantenuto, va ristrutturato. I progetti nascono da iniziative private riguardanti la costruzione di edifici, ma l’ente pubblico deve mostrarsi fin da subito consapevole dell’importanza di interventi che ridisegnino tutto l’intorno, tenendo conto dei valori storici espressi dal luogo
e del rispetto dell’ambiente. In tal modo è dunque possibile procedere ad una rimodellazione globale di interi comparti creando un arredo urbano armonico e architettonicamente importante a vantaggio dell’intera comunità locale». STEFANO CLOCCHIATTi: «Molte volte si è portati purtroppo a dimenticare che una mancata o errata pianificazione territoriale porta fatalmente a distruggere quella che è una delle principali ricchezze del Ticino, e cioè il suo paesaggio, che rappresenta tuttora, insieme alla sicurezza, la riservatezza, la fiscalità e tanti altri validi motivi, una delle più forti ragioni di attrazione del Cantone rispetto a quella clientela straniera che desidera trasferire da noi la propria residenza, e spesso anche le proprie attività economiche. In questo senso, la banca rappresenta un osservatorio privilegiato e devo dire che, se i bassi tassi d’interesse sono certamente uno dei motivi per cui si investe favorevolmente nel settore immobiliare, non bisogna però sottovalutare tutti quegli aspetti di carattere anche emotivo che concorrono a determinare la qualità della vita in Ticino. Un Cantone urbanisticamente più “bello” è un territorio che acquista un valore economico molto più elevato, destinato soprattutto a durare nel tempo».
“Molte volte si è portati purtroppo a dimenticare che una mancata o errata pianificazione territoriale porta fatalmente a distruggere quella che è una delle principali ricchezze del Ticino, e cioè il suo paesaggio...”
sandro montorfani: «Sono convinto anch’io che in Ticino e a Lugano vi siano tutte le condizioni quadro per risultare davvero attrattivi, nei confronti di una clientela straniera ma anche degli ospiti provenienti dalla Svizzera interna. Certamente la situazione che si è determinata nel tempo è tale da
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non lasciare spazio a grosse modifiche nell’assetto del territorio ma io credo che esistano comunque ampie possibilità di miglioramento che vanno colte soprattutto attraverso ristrutturazioni e sostituzioni di singole parti del territorio. Ma occorre anche fare un salto di fantasia operando degli interventi in aree che da troppo tempo attendono di essere rivitalizzante e che invece sembrano essere abbandonate a se stesse. Il lungolago di Lugano, per fare un esempio, è una delle risorse più apprezzate dai turisti di tutto il mondo, eppure avrebbe bisogno, a mio avviso, di un rinnovamento sostanziale al fine di risultare più moderno, dinamico, attrattivo nei confronti delle esigenze di un turismo che negli anni si è profondamente modificato».
“...io credo che esistano comunque ampie possibilità di miglioramento che vanno colte soprattutto attraverso ristrutturazioni e sostituzioni di singole parti del territorio.
Vorrei porre ancora due questioni: perché, nonostante la presenza di un’Accademia di Architettura e di alcune generazione di validissimi professionisti, l’influenza degli architetti non ha adeguatamente inciso nella pianificazione del territorio ticinese; e ancora, che ruolo gioca nell’attuale situazione del settore la presenza di una crescente committenza straniera e l’intervento di professionisti provenienti da altri Paesi? ATTILIO PANZERI: «La risposta alla prima domanda, al di là ogni intento polemico, è abbastanza semplice. Architetetti come Snozzi, Vacchini, Galfetti, Tami, Botta, e altri più giovani che ne hanno raccolto l’eredità sono personaggi che mai si sarebbero piegati alle mediazioni e ai compromessi imposti dalla politica. È triste dirlo, ma è proprio così. E questo spiega il paradosso di un Cantone che vanta grandi capacità ma non riesce poi a fare una pianificazione territoriale di qualità».
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CLAUDIO LO RISO: «Credo che gli ultimi anni abbiano registrato un cambiamento di mentalità che in prospettiva può costituire un fenomeno molto preoccupante. Mi riferisco al fatto che la presenza di professionisti provenienti soprattutto dall’Italia ha portato, insieme a indubbie competenze, un approccio figlio di una cultura più aggressiva e speculativa, che stride un po’ con quel senso civico che costituisce uno dei presupposti e dei cardini del nostro modo di vivere e di lavorare». CARLO GARZOni: «Il Ticino ha visto trasformarsi la propria economia e alcuni pilastri del passato, quale era per esempio il settore finanziario, non garantiscono più quel gettito fiscale che consentiva una certa disponibilità da parte dell’ente pubblico. E questo processo non è destinato ad attenuarsi, ma al contrario si accentuerà nei prossimi anni. Tutto questo imporrebbe che alcune questioni fondamentali, prima di tutte quella di un’ingegneria fiscale, fossero affrontate mobilitando le migliori capacità professionali per arrivare a definire un piano concreto e fattibile che assicuri un nuovo assetto alle finanze del Cantone. Disporre di adeguate risorse è infatti la condizione per sostenere vari settori economici, non ultimo quello edilizio. E non è certo possibile pensare di risolvere il problema affidandosi soltanto al contributo dei cosiddetti globalismi. L’edilizia ticinese deve reinventarsi e cercare di dare solo eccellenza e standing di finiture elevato. Viviamo in un contesto magnifico; cerchiamo di valorizzarlo e aboliamo la certosina burocrazia, che non produce del certo reddito».
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