Mfl39 giugno luglio 2017

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Big dreams Un playground onirico. Guidato dalle emozioni, in un labirinto dove la strada per muoversi si trova sospesa tra mente e realtà. Lo sguardo che non guarda, rapito da un viaggio fantastico. La voce sussurra un canto virtuale per entrare nel sogno, una terra di mezzo, luogo non luogo di passioni e sentimenti. È un inno alla libertà mentale che guida MFL-Magazine For Living, progetto nato per indagare nel lifestyle contemporaneo e nell’arredo di lusso. Cui si aggiunge una new wave, arte meets fashion plus love. Amore per i big dreams, per i mondi da creare. Libertà come quella espressa da Alessandro Michele, per segnare il nuovo corso di Gucci. Libertà come la visione filtrata dai colori pop, quasi musicali firmati da David LaChapelle. Fino al touch concettuale trasmesso dagli scatti firmati Dima Hohlov, affilato e surreale insieme. O la traduzione di un mondo zoomorfo nell’universo privato d’arredo ad opera dei nuovi talenti del design. Wild at heart, direbbe qualcuno. Per volare alto e toccare quelle vette, gemelle ovviamente, evocate da Twin Peaks, il primo tv serial d’autore tornato in scena dopo un quarto di secolo. Come era stato promesso profeticamente da Laura Palmer nell’ultima puntata. E subito torna agli occhi quella stanza dalle tende rosse con pavimento optical immaginato da David Lynch per raccontare la sua storia pulsante di icone surreali. Che si muovono nel suo playground da sogno. Stefano Roncato

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Sommario 20

Evergreen/Un angolo di pace

di Valentina Nuzzi

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Follie/Zoomorfismi e antropomorfismi

di Cristina Morozzi

24 a 29

Atmosfere/Pop world

di Angelo Ruggeri

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Television/Il grande ritorno

di Valentina Nuzzi

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Art/Dream Tim

di Francesca Manuzzi

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Fashion/Pearls jam

di Stefano Roncato

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Cinema/Dark debut

di Ludovica Tofanelli

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Grooming/Haute coiffure

di Francesca Manuzzi

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Exhibition/The royals

di Barbara Gallino

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Book/The power of nature

di Angelo Ruggeri

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Restaurant/Il safari in una stanza

di Francesca Manuzzi

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Art/Messaggio d'autore

di Silvia Manzoni

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Food/Vietnam deluxe

di Angelo Ruggeri

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Exhibition/Do you believe in magic?

di Ludovica Tofanelli

52 a 55

Duology

di Giulia Sciola. Foto Beppe Brancato,

Andrea Ferrari e Emanuele Zamponi

56 a 63

Illusioni logiche

di Cristina Morozzi

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Il ritorno del barone

di Giulia Sciola. Foto Toni Campo

68 a 73

Surrealistic

Ricerca di Barbara Rodeschini.

Artwork Giorgio Tentolini

74 a 83

Dreamy vision

Foto Dima Hohlov

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Story teller/Family business

di Valentina Nuzzi

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2017

Evergreen

Un angolo di pace Un’oasi di lusso e freschezza nel cuore di Milano. Sorge così il nuovo tempio di Armani/Casa, un maxi-store da 1.500 metri quadrati distribuiti armoniosamente tra quattro piani, che ha debuttato lo scorso aprile in concomitanza con il Salone del mobile.Milano al civico 14 di corso Venezia, prendendo il posto della storica sede di via Sant’Andrea. Uno spazio pacifico, raffinato, che concentra al suo interno tutti gli stilemi che hanno reso il marchio di design e arredamento di Giorgio Armani, creato nel 2000, un’icona a livello globale. «Il nuovo store di Armani/Casa riflette un modo di vivere e abitare che non è soltanto ragione e design, ma sentimento», ha spiegato a MFL-Magazine For Living lo stesso Giorgio Armani, che ha immaginato il nuovo punto vendita al pari di uno scri-

gno in grado di custodire tutta l’essenza della sua filosofia e della sua estetica. «Il senso dell’agio e della serenità, la bellezza che nasce dall’incontro tra culture diverse, la qualità dei materiali. Tutto quello che si desidera, tutto quello che siamo, interpretato e rielaborato per arredare una casa senza tempo. Eppure sempre attuale». Il piano terra ospita le novità di stagione, come mobili, lampade e imbottiti. Il mezzanino, invece, accoglie accessori, carte da parati e tessuti. E se il primo piano fa dialogare pezzi iconici e limited edition, il livello interrato espone prodotti tecnici come bagni e cucine. In uno spazio delimitato da pareti e soffitti in rovere chiaro e pavimenti in pietra di Bedonia grigia, illuminato da scale di legno e madreperla. Valentina Nuzzi

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Follie

Zoomorfismi e antropomorfismi

Il design riscopre il mondo del figurativismo. Che, grazie ai giovani creativi, torna protagonista con oggetti da wunderkammer osando perfino le zoomorfie. Riflettendo una nuova ondata creativa che al «less is more» preferisce senza timori il «more» Lo avevano dato per spacciato invece, è di grande attualità. Il figurativismo, confinato nell’ambito delle tradizionali arti applicate, era, sino a poche stagioni fa, estraneo alla produzione di buon design, che ha sempre privilegiato sagome asciutte, superfici nitide e forme geometriche. Ritorna da protagonista, osando persino le zoomorfie. Lo sposano i giovani designer, facendo esercizio d’inventiva e recuperando tipologie di oggetti pertinenti alle classiche wunderkammer. L’orologio del tempo sta andando all’indietro? Sembra di sì, pur guardando avanti. Non si tratta di un ritorno agli stili, quanto di una imprevista voglia di rendere il design sorprendente e disubbidiente, allargando gli orizzonti di riferimento,

oltre il buon gusto e il bon ton, abbandonando il «less is more» per abbracciare, senza timori, il «more», rivelando virtuose abilità esecutive. È capofila di questa nuova generazione di figurativi Elena Salmistraro, per la sua abilità nel disegnare personaggi zoomorfi, come i molossi, abbigliati con gilet e pullover jacquard, che decorano un carillon, realizzato da Bosa ceramiche nel 2016. Davanti allo stand della Bosa, durante l’edizione invernale di Maison&Objet 2017, c’era la fila per ammirare i suoi «Primati», grandi vasi policromi che riproducono i musi dei primati (nella foto sopra), con i toni dei lapislazzuli e dell’oro per sottolineare che si tratti non di copie dal vero ma di fantasie eseguite con abile approccio veristico.

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Dark pop. Queeboo, l’azienda creata da Stefano Gio-

vannoni, che ha debuttato nel 2016 con una collezione di arredi e accessori, affidati a noti nomi del design internazionale, sapientemente guidati dallo stesso Giovannoni, art director del marchio e designer di alcuni pezzi iconici, propone per il salone 2017 «Killer», un portaombrelli in politilene con finitura satinata o metallizzata in grigio scuro. Dotato delle fattezze di un muso di squalo, con la bocca aperta che rivela l’aguzza chiostra di denti, disegnato dal duo belga Studio job, autore anche di «Mexico» (nella foto a destra), uno sgabello-teschio in politilene con finitura dorata e decori storytelling a rilievo. Stefano Giovannoni ha creato «Kong», una lampada da terra con finitura nera opaca, raffigurante il terribile scimmione che stringe nel pugno un faretto orientabile, confermando la sua abilità nel disegnare pezzi destinati a diventare icone popolari, come lo sgabello-coniglio (Queeboo 2016) che ha già invaso importanti store nel mondo.

Maschere.

Vanessa Mitrani, prolifica designer francese d’oggettistica in vetro e ceramica, ha, sin dalle sue prime collezioni, privilegiato un approccio decorativo, arricchendo i suoi vasi in vetro di pesci argentei che li traversano in branchi. Quasi stessero nuotando nell’acqua trasparente, oppure applicando ai suoi vasi cilindrici, in candida ceramica, zampe di gallina. A gennaio 2017 a Maison&Objet ha proposto una nuova serie di grandi vasi di gusto dark, in vetro nero opaco, decorati da maschere in bronzo dorato, raffiguranti volti umani (nella foto a sinistra), musi di coniglio, con tanto di orecchie e di uccelli dal becco lungo e puntuto, confermandosi designer anticonformista, propensa alle figurazioni aggressive.

Monsters Zodiac. L’azienda di ceramica vicentina Bosa, che ripercorre in modo originale la strada figurativa delle grandi manifatture storiche europee, come la tedesca Ninphenburg, che ancora produce le classiche «figurine» in porcellana, per il 2017 propone una collezione di collier «segni zodiacali-mostri» (a lato), realizzati in gres, lavorati a mano in ogni minimo dettaglio. Cotti a fuoco, smaltati con brillanti vernici cristalline, dotati di cordoncino regolabile in cotone ipoallergico e color testa di moro. Li ha immaginati Giovanni Motta, pittore e scultore veronese, classe 1971, dotato di una ispirazione, a cavallo tra realtà e fantasia, che ha raffigurato i segni zodiacali come piccole sorridenti creature aliene. a cura di Cristina Morozzi

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L'opera Nativity (2012) di David LaChapelle

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Atmosfere

Pop world David LaChapelle, imperatore di Venezia. Forse è proprio in questo modo sopra le righe che vorrebbe essere definito il famoso fotografo di Fairfield. Infatti, recentemente è sbarcato nella laguna, più precisamente a palazzo Casa dei tre Oci (chiamato anche Casa di Maria), sull’isola della Giudecca, per inaugurare la nuova mostra «Lost & Found». Ovvero, perso e ritrovato. Un po’ come il rapporto tra lui e il suo stile negli ultimi anni. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al prossimo 10 settembre, svela oltre 100 fotografie che ripercorrono, dagli anni 90 a oggi, la sua carriera. E, per la prima volta al mondo, nelle sale è esposta anche la serie «New world», 18 opere che segnano il ritorno alla figura umana e che ruotano attorno a temi come il paradiso, la gioia, la natura e l’anima. Un percorso glitterato, che inizia proprio negli anni 80, quando Andy Warhol gli offre il suo primo incarico professionale fotografico per la rivista Interview. È in quel periodo che LaChapelle capisce il valore comunicativo dell’editoria. I suoi scatti, così, cominciano a denunciare le ossessioni contemporanee, il rapporto con il piacere, col benessere, con il superfluo e con una sfrenata esigenza di apparire. Il tutto

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Atmosfere

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L'opera News of joy (2017) di David LaChapelle

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L'opera Lightness of being (2017) di David LaChapelle

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Atmosfere

mixato insieme a colori elettrici, fluo e superfici laccate e alla presenza ricorrente di un nudo sfacciato, aggressivo, destabilizzante. Non inizia a fotografare modelli o modelle, come fanno tutti i suoi colleghi in America. No, sarebbe troppo banale e sempliciotto. I suoi primi soggetti sono le celebrità, da Michael Jackson a Hillary Clinton, da Madonna a Uma Thurman, fino a David Bowie. Istantanee iconiche che vengono utilizzate come merce prodotta in serie in un supermarket della creatività, per esaltare il concetto di icona pop, ovvero «popular», per tutti. Nel 2006 giunge a Roma e visitando la Cappella Sistina, rimane folgorato dagli affreschi di Michelangelo e dal potere religioso della capitale. Proprio il Diluvio universale di Michelangelo gli suggerisce la creazione di The deluge, in cui i rimandi al capolavoro michelangiolesco si mescolano ai marchi della società consumistica e alla bellezza ostentata dei corpi nudi. Così come nel progetto Nativity (2012). Per New world, invece, LaChapelle si ispira a Redon, William Blake, nuovamente a Michelangelo e a Michael Jackson. Oltre alla musica di Pharrell Williams e in particolare alla sua hit Happy. La felicità così torna anche nelle sue fotografie, che diventano regali, spettacolari, vanitose. Proprio come se si dirigessero alla corte di un imperatore. Emperor LaChapelle. Angelo Ruggeri

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L'opera The first supper (2017) di David LaChapelle

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Kyle MacLachlan nei panni dell'agente Cooper nel nuovo Twin Peaks

Television

Il grande ritorno

«Chi ha ucciso Laura Palmer?». È sull’eco di questo interrogativo degno di un romanzo di Agatha Christie che nasce il successo di Twin Peaks. A distanza di venticinque anni dal termine del suo fortunato ciclo d’esordio, la serie Tv, nata dall’ingegno di David Lynch coadiuvato dalla penna dello sceneggiatore Mark Frost, torna sul piccolo schermo con diciotto nuovi episodi. Stessi personaggi, trasformati dall’inesorabile scorrere del tempo, e stesse atmosfere oniriche, ingrediente essenziale di ogni pellicola del filmmaker statunitense. Anche le vicende narrate sembrano ripartire esattamente da dove si erano arrestate, annunciate in maniera quasi premonitoria proprio da Laura Palmer (interpretata dall'attrice Sheryl Lee). Nell’episodio conclusivo della seconda serie, infatti, la ragazza, sullo sfondo della stanza dei sogni, quello spazio dal pavimento trompe-l’oeil avvolto da tende in velluto rosso divenuto un’icona nell'ambito della cultura estetica contempora-

nea, rivolgendosi all'agente speciale Cooper (impersonato da Kyle MacLachlan) sussurrava: «I’ll see you in twentyfive years». Promessa mantenuta. Entrambi i personaggi compaiono nei primi due episodi della nuova serie, che si è guadagnata persino una première alla 70ª edizione del Festival del cinema di Cannes, seguita da una standing ovation di cinque minuti. Oltre ai membri del cast originale, il nuovo Twin Peaks, in onda ogni venerdì in prima serata su Sky atlantic in contemporanea con gli Stati Uniti, ha come protagonisti alcuni volti d’eccezione. Tra di loro, spiccano le attrici Monica Bellucci, Amanda Seyfried, Naomi Watts e Laura Dern, già protagonista per il regista dei cult Velluto blu, Cuore selvaggio e Inland empire - L'impero della mente. Anche David Lynch si è regalato un comeback nella sua stessa serie. E torna nei panni di Gordon Cole, un agente dell’Fbi affetto da gravi problemi di udito. Valentina Nuzzi

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Art

Dream Tim

Kristen McMenamy, la supermodella americana, turbina in acque cristalline come vetro, con una flessuosa coda da sirena. La sua collega Karen Elson chiacchiera in camicia da notte con il leone Atlas, in un fac-simile de Le cronache di Narnia. C'era una volta... le fiabe di Tim Walker. Stampate sulla pellicola, costellate di paesaggi onirici e abitate da esseri misteriosi. Il Paese delle creature fantastiche ideato dal fotografo brit classe 1970 è popolato da personaggi inaspettati, props e set cinematografici, pronti a orchestrare una realtà magica e a tratti drammatica. Prima di diventare il re dello storytelling quale è oggi, Walker ha lavorato nell'archivio di Cecil Beaton della Condé Nast library di Londra per poi iscriversi al corso di fotografia dell'Exeter college of art. Il suo mentore è niente

meno che sua maestà Richard Avedon, di cui è stato assistente a New York prima di tornare in Uk e concentrarsi su portrait e reportage realizzati per alcuni quotidiani inglesi. A 25 anni ha scattato il suo primo editoriale per Vogue, per poi rifirmare l'edizione britannica, italiana e americana più e più volte, così come W e Love magazine. Le sue opere oggi sono parte delle collezioni permanenti del Victoria and Albert museum e della National portrait gallery di Londra, ma la lista potrebbe proseguire e il fil rouge avere sempre quell'aura di mistero. La stessa nota misteriosa che aleggia intorno alla creazione del 45esimo calendario Pirelli, l'iconico The Cal 2018, che sarà firmato proprio da Tim Walker e verrà svelato a breve. Francesca Manuzzi

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Fashion

Pearls jam

Rinascimento, streetstyle, divi e divinità. Un crash visivo by Alessandro Michele per la sfilata di Gucci a Palazzo Pitti Visi incastonati da perle, per fare uscire le donne dai quadri. Mentre gli occhi nei dipinti continuano a scrutare dalle loro tele. Una magia. Ritratti che sembrano seguire con lo sguardo il passaggio dei modelli di Gucci. Che con la cruise 2018 sceglie di ispirarsi ed esaltare l’essenza artistica della galleria di palazzo Pitti che calca per lo show. Moquette giallo squillante per terra, suonatrici d’arpa, riflessi di luci improvvise. Anzi una Guccification, per citare il messaggio che compare su una delle maglie. «L’hanno inventato i ragazzini sul web. Mi taggavano con questa parola che sembrava un neologismo che dava loro soddisfazione. Io ho capito che aggiungeva qualcosa di inaspettato. Ho pensato di metterla su una T-shirt. Se piace a loro, piace anche a me, piace a tutti», ha spiegato Alessandro Michele, mente creativa di Gucci. Anzi Guccy con la Y decorata anche sugli abiti per continuare quel processo di distorsione che viene dal reale, dallo streestyle, dalla musica, dall'arte. Sono divi e divinità che attraversano il tempo per arrivare all'oggi. «Come Simonetta Vespucci, la donna più bella, la prima top model del Rinascimento, ci sono le perle, che all'epoca erano difficili da trovare», ha continuato Michele, «dovevamo andare ad Atene e volevo raccontare lì quanto Los Angeles le fosse vicina. Senza Atene non ci sarebbe stato il divismo, Andy Warhol, il Rinascimento. Forse neanche quello che ha fatto Damien Hirst in Biennale. Tutto è partito da lì». Stefano Roncato

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La sfilata Gucci cruise 2018. Foto Stefano Roncato

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Cinema

Dark debut

Il dolore e l’allucinazione. Una combinazione quasi letale di stati emotivi e psichici guida l’attrice Kirsten Dunst, nei panni della giovane Theresa in lutto, attraverso una tormentata esperienza interiore. È uno scenario tra reale e irreale quello suggerito da Woodshock, debutto alla regia delle sorelle Kate e Laura Mulleavy, anime creative della visionaria griffe Rodarte, che sbarcherà nelle sale cinematografiche statunitensi a settembre. «Abbiamo scritto e girato il nostro primo film… Siamo molto entusiaste, è davvero un processo artistico e creativo. Per fare sempre meglio», avevano raccontato le due creative riguardo il loro nuovo progetto, prodotto da Ken Kao, Ben LeClair e Michael Costigan per le case di produzione Waypoint entertainment e Cota films. Le Mulleavy, d’altronde, non sono così estranee al mondo cinematografico. Nel loro carnet figura infatti l’importante collaborazione con Il cigno nero, pellicola del 2010 diretta da Darren Aronofsky con Natalie Portman, per la quale le due designer avevano realizzato i costumi. Con Woodshock, però, compiono il loro salto dietro alle telecamere. Distribuito Oltreoceano da A24, che annovera tra i suoi lavori anche il pluripremiato agli Oscar 2017 Moonlight, il primo film firmato dalle due sorelle ha iniziato il suo vero viaggio nel giugno 2015, quando sono cominciate le riprese a Eureka, comune californiano a nord di San Francisco e racconterà gli stati paranoici di Theresa a seguito di una straziante perdita. Sulle note del music producer Peter Raeburn, la protagonista seguirà gli effetti di una realtà alterata attraverso sviluppi inaspettati e dai riferimenti drammatici, ai quali prenderanno parte le altre star del film, Joe Cole, Pilou Asbæk e Lorelei Linklater, rispettivamente nei ruoli di Nick, Keith e Jenny. A circoscrivere la mente della protagonista sarà una foresta di illusioni. Che trova espressione nella domanda finale e cruciale a chiusura del surreale trailer, aprendosi a sua volta un’infinità di possibili risposte:«What did you do Theresa?» Ludovica Tofanelli Dall'alto, la locandina di Woodshock e un frame estratto dal trailer del film, con protagonista Kirsten Dunst

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Grooming

Haute coiffure

È la star prediletta dal firmamento hollywoodiano. John Nollet, francese all'anagrafe, nomade per professione, è un coiffeur-créateur che, armato di bauli Louis Vuitton customizzati, migra da un capo all'altro del globo munito degli strumenti necessari per imprimere il suo sofisticato look dé-coiffé, naturalmente spettinato, a red carpet, campagne e set cinematografici. Ha tornito il caschetto di Audrey Tautou ne Il favoloso mondo di Amélie. Intrecciato i capelli di Johnny Depp in morbidi dreadlocks per i Pirati dei Caraibi. È il maestro dietro ai look di celebrity come Monica Bellucci, Vanessa Paradis e Marion Cotillard. È così amato dalle star che durante la settimana dell'89ª cerimonia degli Oscar è stato invitato al mitico Château Marmont di Los Angeles per installare nella stanza 11 i suoi truck Louis Vuitton dal cuore di velluto rosso rubino. Per l'ultimo Ballo della rosa è volato a Montecarlo per pettinare Charlotte Casiraghi, studiando un'acconciatura in linea con il tema della Secessione viennese. Ma non solo. La sua Hair cabine ha fatto rotta per la seconda

edizione consecutiva al Festival international de mode et de photographie de Hyères e a Cannes ha firmato l'hairstyle di Nicole Kidman per la première del film di John Cameron Mitchell How to talk to girls at parties. È una favola bohémien quella di Nollet, che come oggetti magici si avvale di spazzole d'argento, candele e bicchieri di cristallo francese e accessori per capelli assemblati a mano dal savoir faire dei Métiers d'art e degli atelier Lemarié, Lesage e Hamon. Sono veri e propri bijoux de tete, animati da piume e libellule, che si sono posati sul capo di Uma Thurman in occasione del lancio del Calendario Pirelli 2017. Oggetti incantati che sono entrati nelle selezioni di store prestigiosi come Colette, Just one eye a LA e L'avenue a Shanghai, oltre che nei saloni di Nollet al Park Hyatt Paris Vendôme, dove il suo Hair room service è stabile nella suite 101 e nell’hotel Cheval blanc a Courchevel 1850. Un servizio made-to-measure, pensato per scolpire un mondo fantastico con un colpo di spazzola. Francesca Manuzzi

Sopra, due ritratti di John Nollet firmati da Jean-Baptiste Mondino

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Exhibition

The Royals I balli, gli scandali, il glamour di Chatsworth house, storica dimora nel Derbyshire dei duchi di Devonshire, riprendono vita attraverso una mostra dedicata allo stile dei personaggi che vi sono passati. House style: five centuries of fashion at Chatsworth ripercorre mezzo millennio di storia della moda dell'aristocrazia e alta società brit. Curata da Hamish Bowles, international editor-at-large di Vogue Usa, la rassegna, sponsorizzata da Gucci e in agenda fino al 22 ottobre, conta oltre cento abiti, gioielli e cimeli appartenuti a icone transgenerazionali. Da Lady Georgiana Spencer, moglie di William Cavendish quinto duca di Devonshire, musa fashion del XVIII secolo come raccontato nel film La duchessa con Keira Knightley. All’aristo-top Stella Tennant, nipote di Andrew e Deborah Cavendish (née Mitford), undicesimi duchi di Devonshire. Senza dimenticare celebrità come Adele Astaire, sorella del più famoso Fred e Kathleen Kennedy, sorella di JFK, entrate nella nobile famiglia in seguito alle nozze con eredi della dinastia. La retrospettiva nasce da un'idea di Lady Laura Burlington, moglie di William Cavendish conte di Burlington, figlio ed erede del dodicesimo duca di Devonshire. Lady Laura, ex modella, fashion buyer e membro del comitato New generation della London fashion week, stava rovistando fra gli archivi di Chatsworth house con la suocera alla ricerca di un abito battesimale per il figlio James, quando si rende conto del loro potenziale per una mostra. È allora che decide di rivolgersi ad Hamish Bowles, il quale accetta di occuparsi del progetto. Bowles ne affida la direzione creativa a Patrick Kinmonth e Antonio Monfreda, già responsabili di varie retrospettive fashion. «Ci sono voluti sei anni per mettere a punto House style, che comprende molto più di quanto immaginassimo», ha spiegato Lady Burlington. «Spero che i visitatori apprezzino le dimensioni e aspirazioni della mostra e si divertano a esplorare le storie che questi vestiti e cimeli rivelano sulla famiglia Cavendish». Fra gli highlight, spiccano sei abiti indossati al ballo in maschera organizzato dall’ottavo duca di Devonshire e dalla moglie Louise nel 1897 per il giubileo di diamante della regina Vittoria. Ma anche il vestito sfoggiato dalla duchessa Mary all’incoronazione della Regina Elisabetta nel 1953. Non mancano design più contemporanei, fra cui creazioni di Dior, Alexander McQueen, Chanel e Gucci. Due abiti sono stati disegnati appositamente per la duchessa di Devonshire in carica e Lady Burlington dal direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele. «Non c'è un posto come Chatsworth da nessun altra parte al mondo», ha commentato lo stilista, che ha scelto la tenuta come location della campagna cruise 2017 del marchio. «Questa rassegna dimostra quanto gli oggetti storici siano un’incredibile fonte d’ispirazione per il presente». Barbara Gallino A lato, uno scorcio della Painted hall di Chatsworth house

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Book

The power of nature

Quanto è importante la scelta della giusta luce in una fotografia? È questa la domanda che si è posto più e più volte il fotografo Stefan Forster per realizzare gli scatti presenti nel libro Chasing lights, edito nel 2017 da teNeues. Nelle oltre 200 pagine, il creativo svizzero 31enne ha catturato i colori vividi di alcuni dei momenti naturali più spettacolari di sempre. Luoghi estremi, lontani dalla civiltà, unici ed emozionanti, immortalati quando la luce li rende magici, mozzafiato e allo stesso tempo malinconici. Come il lago incantato Langisjór in Islanda, il monte Cervino in Svizzera, la città di Reine affacciata sul mare della Norvegia, il parco nazionale di Namib-Naukluft nel deserto della Namibia impreziosito da un arcobaleno di 180 gradi, la West coast frastagliata della Tasmania o i colori quasi surreali del monte Assiniboine in Canada. Con la sua macchina fotografica e più di 35 chili di attrezzatura a spalla, Forster ha

esplorato più di mezzo mondo alla ricerca di emozioni e di perfezione naturale, facendosi aiutare anche dalle ultime tecnologie in fatto di prospettiva. Infatti è stato uno dei primi fotografi a utilizzare i droni «quadcopter» per immortalare i paesaggi da angolazioni insolite. «Il nostro pianeta è unico e possiede un fascino infinito», spiega lo stesso Forster nelle prime pagine del libro. «Dopo più di 60 viaggi e spedizioni in dieci anni con l’obiettivo di immortalare il mondo e le sue caratteristiche, posso affermare l’esistenza di una bellezza della natura unica e irregolare. Ho avuto la fortuna di fotografare attimi davvero favolosi e indimenticabili. Per questo motivo, dobbiamo ricordare che la nostra Terra è estremamente fragile: dobbiamo quindi proteggerla e tenerla al sicuro. Solo così potremo godere ancora della sua bellezza e della sua unicità nel futuro». Angelo Ruggeri

Dall'alto, un'immagine tratta dal libro Chasing Light by Stefan Forster e la cover del libro edito da teNeues

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Restaurant

Il safari in una stanza

Un gigantesco cubo rosso alto 15 metri, con macchine incastonate sulla facciata, macchia lo skyline alle spalle dell'autostrada più trafficata di Guatemala city. Non è un nuovo format di Ikea, che abitualmente sceglie location in prossimità delle grandi vie di comunicazione, ma un bistrò, in versione urban safari. Nello specifico, un Saúl bistrò, una catena di nove locali guatemaltechi nata dalla brand extension del marchio di abbigliamento Saúl, creato da Saúl E. Mendez nel 1953. Il design del ristorante di Plaza Madero è frutto del lavoro di Gregory Melitonov e Ines Guzman. I fondatori dello studio di architetti Taller Ken, con doppia base nella capitale del Guatemala e nella Grande mela, hanno pensato un'oasi multicolore in città. Un pastiche di forme, toni e

dimensioni in cui viene ridefinito il limite tra indoor e outdoor, grazie a una serie di oggetti speciali, come l'utilitaria e il furgone parcheggiati in sala. Una zebra accoglie gli ospiti all'ingresso di un ambiente sostenibile al 100%, dotato di sistema di raffrescamento passivo e taniche cobalto per raccogliere l'acqua piovana e abbeverare le palme alte cinque metri. Gli architetti, che si sono conosciuti a New York alla corte di Renzo Piano durante la rilocazione a Lower Manhattan del Whitney museum of American art, hanno costruito una greenhouse, dal pavimento a scacchi verde e rosa pastello à la Wes Anderson, delimitata da tubi idraulici, illuminata da un cielo di finestre a dente di sega e lampade a sospensione grondanti di muschio. Francesca Manuzzi

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CONFINDUSTRIA CERAMICA

CONFINDUSTRIA CERAMICA

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Art

Messaggio d'autore degli spazi pubblici o dei musei. Nel nostro periodo storico si tendono a rivendicare e proteggere, talvolta in maniera ostinata e segmentante, le origini. Invece io difendo l’idea che le persone hanno molte più cose in comune di quelle che le separano. E mi sono accorto che in fondo aspirano tutte alla stessa cosa: essere felici». Per Ruinart ha composto un grande busto d’acciaio, che lascia filtrare la luce, servendosi delle lettere di otto diversi alfabeti (ebraico, cirillico, greco, latino, hindi, cinese, giapponese, arabo). «È un messaggio positivo della globalizzazione. Tutti questi segni stanno bene insieme, c’è un’armonia, una condivisione». L’opera ha richiesto cinque mesi di lavoro e, dopo essere stata tenuta a battesimo a Parigi e New York, il tour prevede Art Basel Basilea, Londra (5-8 ottobre) e Miami (1-4 dicembre). Plensa ha anche disegnato, riprendendo il motivo delle lettere, uno speciale coffret per il magnum del Blanc de blancs che, realizzato da un atelier orafo dell’Anjou, sarà venduto in serie limitata a 20 esemplari. Silvia Manzoni

L'opera realizzata da Jaume Plensa per Ruinart

L’amore per la scultura è nato da bambino, quando Jaume Plensa, oggi sessantunenne, si nascondeva nel pianoforte verticale del padre. Ora è lui, nel suo atelier di Barcellona, città in cui è nato e vive, a far risuonare i suoi scalpelli incandescenti e a far fremere il metallo, materiale che predilige. Le sue opere sono esposte nei più grandi musei del mondo e richieste da organismi di prestigio, come il marchio di champagne Ruinart, che gli ha commissionato un’opera per celebrare i 300 anni del suo fondatore Dom Thierry Ruinart. Ogni anno, infatti, la maison fa appello a un personaggio del mondo dell’arte per realizzare un oggetto che entra a far parte della collezione Ruinart. Le opere di Plensa, con i loro volumi imponenti, trasmettono un messaggio che va al di là del semplice appeal artistico. Con Plensa l’arte è: «Un territorio che appartiene a tutti, un luogo dello spirito in cui respirare insieme». Un’agorà dove riscoprire il gusto per la bellezza. «Mi sono dato come missione di introdurre la bellezza come concetto intorno al quale ritrovarsi. È il mio punto di partenza quando lavoro per

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IL CLIMATIZZATORE SENZA UNITÀ ESTERNA

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Food

Vietnam deluxe

Cucina vietnamita 2.0 e deluxe. Da gustare in un luogo seducente, dall’atmosfera new rétro. Apre a Milano, in via Archimede 53, il ristorante e bar Saigon. In un vecchio e abbandonato magazzino industriale di 300 metri quadrati nasce il nuovo locale del gruppo Luca Guelfi company (di cui fanno già parte i ristoranti Petit Milano, Ricci Milano e Canteen Milano). Le atmosfere interne si ispirano alla tendenza Indochine style con un netto ed evidente riferimento al periodo coloniale francese. Vi sono, infatti, il pavimento di legno alla Versailles, i marmi bianchi di Carrara, la boiserie in paglia di Vienna e le sedie e gli sgabelli in velluto rosso a nido d’ape. Non possono mancare poi le lampade Triedri, Anni trenta e Belboi, d’ispirazione anni 30 e 40, provenienti dalla collezione Art light di Venini, le kenzie e i banani che donano alla location un’ambientazione tropicale, i venti-

latori di legno a soffitto (originali dell’epoca e importati dall’India), le tappezzerie francesi e i quadri di uno dei più importanti pittori vietnamiti, Do Ngoc Diep. La perfezione del design si rispecchia poi anche nel menù della cucina, che propone piatti della tradizione vietnamita. Tra tutti, la famosa zuppa Pho, i gamberi avvolti nei bastoncini di canna da zucchero, gli involtini in carta di riso con varianti di verdure e il tipico black cod cotto in foglia di banano. Il tropical bar offre drink con frutta esotica, distillati, spezie vietnamite e l’esclusivo cocktail Camélie, realizzato con vodka, liquore al lychee, infuso al karkadè e cordiale al lemon grass. Per viaggiare in Oriente e godere del luogo anche solo per un paio d’ore, ascoltando musica lounge, jazz e le interpretazioni indimenticabili di Édith Piaf e Nina Simone. Angelo Ruggeri

Nella foto sopra, il ristorante e bar vietnamita Saigon a Milano

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The Inner Sound

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L'opera The reading/La seduta di Adelita Husni-Bey

Exhibition

Do you believe in magic? Si intitola «Il mondo magico» la mostra che rappresenta l’Italia alla 57ª edizione dell’Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia. Ad animarla sono tre artisti nati tra gli anni 70 e 80, Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bey, fautori di maxi-opere d'arte capaci di unire misticismo e contemporaneità grazie a nuovi linguaggi espressivi. Ciascuno di loro è stato chiamato da Cecilia Alemani, curatrice della mostra che andrà in scena all’interno del Padiglione Italia fino al 26 novembre e che quest’anno per la prima volta è stato sponsorizzato da Fendi, a dare la propria personale interpretazione di una realtà sovrannaturale e fantastica. «I lavori di questi artisti sono ricchi di riferimenti al magico, ognuno di loro richiama un immaginario fantastico», ha raccontato la stessa Alemani, introducendo i tre creativi in occasione di una speciale preview del Padiglione organizzata dalla maison romana controllata da Lvmh. Quelli che si sono magicamente uniti all’interno dello spazio dell’Arsenale di Venezia sono i mondi dei tre protagonisti, suddivisi in tre sale oscure. A tenerli insieme è il titolo stesso della mostra, «Il mondo magico», ripreso dall’omonimo libro di Ernesto de Martino. Un volume del 1948 all’interno del quale l’etnologo e antropologo italiano ricostruisce l’età magica nella sua essenza più naturale, quella di momento fisiologico della storia spirituale dell’uomo. A dare nuova veste

a quel misticismo è stata quindi la rassegna veneziana, che ha esplorato il territorio del rituale e dell’esoterico con nuove forme d’espressione, coinvolgendo lo spettatore in prima persona attraverso l’esperienza di installazioni macro. «L’opera di Cuoghi indaga l’identità e la metamorfosi, qualcosa in continua evoluzione», ha spiegato Alemani riferendosi a Imitazione di Cristo, l’installazione work in progress dell’artista modenese, che attraverso dei calchi ha ricreato molteplici corpi di Gesù con materiali organici, sottoponendoli a un processo trasformativo con le infiltrazioni di muffe, fino a essiccarli per ottenere risultati scultorei sempre diversi. La seconda sala è quella dedicata ad Adelita Husni-Bey e alla sua opera The reading/La seduta, che ruota attorno alla proiezione di un film da lei stessa realizzato: «Per portare alla luce la relazione spirituale con la terra di alcuni giovani newyorkesi attraverso la discussione e il dialogo». A chiudere il percorso è Andreotta Calò insieme alla sua Senza titolo (La fine del mondo), protagonista di un maestoso spazio dal sapore industriale. «Racchiude l’idea di un mondo sommerso, inferiore e oscuro che richiama alla mente le zone colpite dai sismi», ha concluso la curatrice raccontando quella selva di tubi da ponteggio realizzata dall'artista, sovrastata da una distesa d’acqua riflessa e avvolta dall'assenza di luce. Ludovica Tofanelli

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duology Emiliano Salci e Britt Moran hanno fondato DimoreStudio nel 2003. Da allora i due designer hanno fatto strada, plasmando spazi pubblici e luoghi privati in tutto il mondo. Nel segno di una progettazione d'interni innovativa e di una visione d'eleganza atemporale e contemporary

Testo Giulia Sciola - Foto Beppe Brancato, Andrea Ferrari, Emanuele Zamponi

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Qui sopra, una veduta del salotto, con poltrone design, tavolini di specchi e chinoiserie antiche. A destra, dall'alto, un dettaglio delle boiserie immacolate

Un'estetica raffinata, un percorso visivo ed emozionale senza tempo. Spunti dal passato che contribuiscono a qualcosa di nuovo, schivando nostalgie o collezionismi. Emiliano Salci e Britt Moran hanno fondato DimoreStudio nel 2003, unendo i rispettivi percorsi professionali all'insegna della passione per il design e la decorazione d'interni. «A presentarci sono stati amici comuni nel 2000. Creare lo studio insieme è stato il passo successivo, avvenuto in maniera del tutto naturale», ha raccontato a MFL-Magazine For Living il duo creativo. Nel nome scelto per la loro attività si palesa una dichiarazione d'intenti: progettare spazi che siano delle dimore, ambienti contemporanei con la patina del passato. Originario di Arezzo, Salci si occupa della dimensione creativa, mentre Moran, americano del North Carolina, segue l'area manageriale di DimoreStudio e i contatti con i clienti. «Per ogni progetto c'è un

vivo scambio di idee e di input, siamo totalmente complementari», hanno proseguito i designer. A oggi il gruppo firma architetture d'interni per case private e spazi pubblici, ma anche collezioni di arredo, come Progetto non finito dal 2005, Progetto tessuti dal 2015 e Progetto verande, che da quest'anno ha esteso il focus anche all'outdoor. Tra i prospetti che verranno presentati a breve, ci sono quelli per residenze private a Londra e in Svizzera e sempre all'estero nuove soluzioni per spazi pubblici, mentre tra i settori in cui DimoreStudio vorrebbe approdare c'è la realizzazione di scenografie per il cinema. «L'arte e la moda sono per noi fonti di ispirazione, così come l'architettura e il design dagli anni 30 agli anni 70», hanno continuato i designer, «attingiamo da oggetti già disegnati e da suggestioni vissute e aggiungiamo l'elemento della contemporaneità». Gli architetti Giò Ponti, Piero Portaluppi, Carlo Scarpa e

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In queste pagine e in apertura, la casa di Emiliano Salci e Britt Moran in via Solferino 11 a Milano prima che diventasse DimoreGallery

Charlotte Pierrand sono per Salci e Moran grandi maestri, figure di riferimento grazie alla loro capacità di fondere decoro e pulizia formale, nonché per l'atemporalità del loro design. Oggetti divenuti icone convivono con elementi di recupero o ideati su misura per plasmare una precisa atmosfera. Un linguaggio onirico costruito dall’insieme di alchimie emotive, invenzioni, stampe, luci, laccature e ossidature, per ambienti che tuttavia non trascurano esigenze di fuzionalità: «DimoreStudio interpreta ricordi e realizza sogni». L'headquarter è nel cuore di Brera, in via Solferino a Milano, ma lo studio ha realizzato progetti in tutto il mondo, lavorando in sinergia con i grandi nomi del fashion system e dell'hôtellerie. «A dicembre 2014, per Design Miami, abbiamo collaborato con Fendi alla Roman lounge e per Palazzo privé Fendi, aperto a Roma a fine 2015. Sempre per la maison romana, abbiamo progettato la boutique di Courchevel, inaugurata lo scorso aprile». Nel portfolio dei due designer anche gli store Aesop di Parigi a Saint-Sulpice e Milano in corso Magenta, la boutique Pomellato in via Montenapoleone, quella di Sonia Rykiel a Montecarlo e il flagship londinese di Frette. Tra i progetti di restyling di hotel a cinque stelle, infine, spiccano quelli di Casa Fayette a Guadalajara, in Messico, realizzato per il gruppo Habita a fine 2015, quello dell'Hotel Saint-Marc a Parigi. In occasione del Salone del mobile 2017, DimoreStudio ha firmato due allestimenti speciali. Il primo, Punti di vista, ha animato la sede di via Solferino con le geometrie della prima collezione di piastrelle Corrispondenza, realizzata in collaborazione con Ceramica Bardelli; la seconda wunderkammer, Verande, al Circolo reduci e combattenti di via Alessandro Volta, ha invece presentato nuovi arredi da esterno nella cornice di un giardino incantato.

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ILLUSIONI LOGICHe

Il razionalismo nella sua dimensione surreale. L ’ interpretazione geometrica si sublima all’interno di un universo architettonico illusorio. E la logica del design incontra l’astrazione psichica, sgorgando in un immaginario onirico. Tra percezioni consce e inconsce, che si muovono al confine tra sogno e realtà A cura di Cristina Morozzi

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Fendi casa

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My home, divano rivestito in velluto dalla linea squadrata

In tutto il servizio, carte da parati Fornasetti by Cole & Son: Chiavi segrete, Nuvole, Malachite e Riflesso

Fornasetti

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JCP

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Naia, specchi orientabili da tavolo in ottone e base in marmo. Design CTRLZAK

Arcana, credenza in legno di noce, in serie limitata. Design Emmanuel Babled

Emmanuel Babled

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Coedition

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Altay, poltroncina in legno naturale rivestita in Mongolia. Design Patricia Urquiola

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VeblĂŠn

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Hermitage, specchi da muro con cornice in vetro lavorato

Targa, poltrona imbottita con struttura in legno e inserti in paglia di Vienna. Design GamFratesi

GebrĂźder Thonet Vienna

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Dedon

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Brixx, divano modulare rivestito in tessuto Duna con cuciture ribattute.Design Lorenza Bozzoli

Close up, tris di tavolini illustrati con paesaggi urbani della serie Venezia. Design Anna Sutor

Extroverso

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De Castelli

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Longing cabinet con finiture metalliche, dotato di scompartimenti della serie Tracing Identity. Design Nika Zupanc

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Ritz Paris home collection

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Imperial, lampadario in ottone a 20 braccia

Money money, poltrona a forma di borsellino

Studio 65

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Toni Campo e Francesco Palazzolo aprono le porte del Casale del Barone Paternò di Pozzo Bollente nel Ragusano. Votata al rispetto del progetto originario, datato 1899, la residenza privata sposa il contesto naturale circostante, a partire dai vigneti del Cerasuolo di Vittoria Testo Giulia Sciola - Foto Toni Campo

Il ritorno del

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In apertura e in queste pagine, il Casale del Barone Paternò di Pozzo Bollente

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Nel 1899, quando è stato costruito, era la residenza del barone Paternò per il mese di settembre, periodo della raccolta dell’uva e della produzione del vino. Nel 2001 il Casale del Barone Paternò di Pozzo Bollente, in contrada Bastonaca a Vittoria (Ragusa), è stato rilevato da Toni Campo, fotografo di moda, e da Francesco Palazzolo, ballerino e coreografo, che dopo una ristrutturazione durata tre anni ne hanno fatto la loro residenza privata. Arredati e personalizzati dai nuovi proprietari con un mix di materiali moderni e pezzi di antiquariato, gli interni beneficiano di suggestivi contrasti di luci e ombre. Lo ha raccontato a MFL-Magazine For Living lo stesso fashion photographer, Toni Campo. Cosa ha orientato la scelta di rilevare il casale? Innanzitutto il fascino della struttura, semplice ed essenziale nelle facciate esterne, con le aperture ad arcate e contornata da un cornicione in pietra di Comiso, che si interrompe nel lato del terrazzo mostrando un aspetto quasi contemporaneo, in dissonanza con tutto il resto. Altro aspetto che ci ha conquistati è il profumo dei vigneti circostanti. Il casale si trova infatti lungo la via di uno dei vini più pregiati della Sicilia, denominato Cerasuolo di Vittoria Docg. Fondamentali anche la luce e il silenzio che avvolgono il casale a qualsiasi ora. Non ci sono piante alte che oscurino la vista panoramica, né strade trafficate nelle vicinanze. Il grande oblò sul terrazzo incornicia perfettamente l’Etna, pur trovandosi a cento chilometri di distanza in linea d’aria. Possiamo dire che nel casale i quattro elementi si ritrovano in una sinfonia quasi perfetta. Quali sono le linee guida del progetto di ristrutturazione? Rispettare il progetto originale del casale senza nessun interven-

to aggiuntivo, nessuna nuova suddivisione degli spazi, nessuna nuova apertura, cercando il più possibile di valorizzare ogni singolo, antico, dettaglio architettonico. In quali scelte possiamo ritrovare la sinergia con il contesto in cui il casale sorge e quali dati, invece, introducono degli elementi di rottura? La nuance scelta per le pareti, i soffitti e la grande volta centrale è il bianco pietra, che risulta essere leggermente più chiaro dell’antica pietra di Comiso che contorna tutte le aperture del casale. Noi lo definiamo un colore incolore perché, in base all’ora del giorno, assume tonalità diverse a seconda che sia una giornata soleggiata o di temporale. Le vetrate trasparenti fanno sì che l’ambiente si avvolga di luce creando proiezioni di ombre suggestive. L’arredamento mescola materiali moderni a pezzi d’antiquariato, tutto rigorosamente ammantato dello stesso colore neutro. Il casale è una tela grezza pronta ad accogliere tutte le sfumature del paesaggio esterno. Negli interni non ci sono porte per permettere alla luce di disegnare ogni singola architettura senza subire interruzioni. La dimora dispone di due camere da letto, di cui una padronale, tre bagni, cucina, sala da pranzo, salotto e grande ingresso con volta e scala fatta interamente in pietra di Comiso. Al centro della sala d’ingresso, troneggia un enorme lampadario progettato in stile classico. Per la realizzazione dello stesso sono stati utilizzati ben 3mila cristalli in vetro di Murano. Durante le prime fasi dei lavori sono state trovate le antiche cantine con le botti dove veniva conservato il Cerasuolo di Vittoria, il palmento di produzione e fermentazione del mosto e le abitazioni dei contadini al servizio del barone.

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Calligaris

Teca, vetrina con schienale in vetro. Design E-ggs

Fendi casa

Tiffany, divano in velluto color quartz gray

Surrealistic Un trend immaginifico, tra individualitĂ e protagonismo. In una selezione di pezzi cult del Salone del mobile.Milano, ispirata al mondo onirico. Tra dettagli inaspettati, materiali deluxe e citazioni da sogno Ricerca Barbara Rodeschini - Artwork Giorgio Tentolini

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GebrĂźder Thonet Vienna Chignon, seduta imbottita. Design LucidiPevere

Nemo

Elisse double, lampada a sospensione. Design Federico Pellizzari

Richard Ginori

Trionfo italiano, scultura a forma di mano in porcellana

Potocco

Torso, tavolo con piano in frassino. Design Gianluigi Landoni

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Ciarmoli Queda studio Delightful, piatti in bone china. Design Matteo Zorzenoni

KitchenAid

Artisan 4.8 l, robot da cucina

Boffi

Boffi_code kitchen, cucina in legno e Corian. Design Zaha Hadid

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Artemide

Harry H., lampada ottica ibrida. Design Carlotta de Bevilacqua

Calligaris

Saint Tropez, sedia con scocca in policarbonato. Design Archirivolto

Riva 1920

Kauri Beam, tavolo con top in massello. Design C.R.&S.

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Living divani

B-line

Ceiba screen, paravento in massello di frassino. Design Luis Arrivillaga

Nubila, mensola in acciaio curvato e legno. Design Elena Salmistraro

Artemide

Yanzi, lampada da terra in ottone spazzolato. Design Neri&Hu

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Desalto

Mir, specchiera con cornice in estruso di alluminio. Design Andreas Weber

Porro

Sadoru, letto con struttura in cuoio. Design Oscar e Gabriele Buratti

Cantori

Rodin, lampada in bronzo

Boffi

Boffi_code bathroom, lavabi con struttura di alluminio rivestita da pietre naturali. Design Piero Lissoni

Maison Valentina Newton, vasca da bagno con sfere in ottone e dorate

Calligaris

Atollo, tavolino con struttura in metallo e ottone con piano in vetro effetto marmo. Design Archirivolto

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In questa pagina, abiti in tulle e voile multistrato con decori di nastri parlanti logati e underwear a vista: tutto Dior. Nella pagina accanto, giubbino in pelle e camicia con maxi fiocco: tutto Gucci

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DREAMY vision Tra veritĂ e sogno. Fotografie che raccontano una nuova realtĂ , fatta di ricordi, emozioni e nostalgia. Istantanee timeless che svelano un'allure surreale, raffinata e deluxe. In un percorso onirico, che raggiunge nuove dimensioni Foto Dima Hohlov - Styling Hannah Teare

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In questa pagina, abito multistrato in sfumature sovrapposte di georgette, Valentino; sandali in velluto, Valentino Garavani; per lui, pants da smoking, Dolce&Gabbana. Nella pagina accanto, blusa etnica, top in seta e cappello in fantasia a macro righe: tutto Etro

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Qui sopra, sandali cage, giacca effetto rete e gonna sfrangiata: tutto Giorgio Armani. Nella pagina accanto, camicia light blu con ricami geometrici e leggings stretch in viscosa black: tutto Versace

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In questa pagina, giacca doppiopetto in canvas regimental, Fendi; occhiali dalla forma ottagonale, Karen Walker eyewear. Nella pagina accanto, shirt rigata con tagli ad hoc e pantaloni a vita alta: tutto Ermanno Scervino

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Qui sopra, sleeveless coat e camicia total white, Michael Kors collection. Nella pagina accanto, shirt in cotone vichy con decorazioni di rouches e gonna stretch ricoperta di medaglie dorate e pins: tutto Dolce&Gabbana; orecchini, Annie Costello Brown. Per lui, tuxedo pants, Dolce&Gabbana. Models, Yana Van Ginneken @ Next, Natalia @ Milk e Joshua P @ Premier model; casting director, Simone Bart Rocchietti; make-up, Shinobu @ Clm-Camilla Lowther management; hair, Federico Ghezzi @ Saint Luke; manicure, Julie Lee; fashion assistants, Sophie Whitmore e Angelo Ruggeri; photo assistants, Hannah Norton e Mark Simpson; production, Alice Darlington @ Saint Luke. Location, Shoreditch studios (Londra)

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Story teller

Family business

Da laboratorio di provincia ad azienda leader nel settore dell'arredamento a livello globale. Reduce da un 2016 punteggiato di grandi soddisfazioni, Calligaris guarda con entusiasmo al futuro. Con un focus sull'espansione internazionale Era il 1923 quando Antonio Calligaris fondò a Manzano, in provincia di Udine, un piccolo laboratorio artigianale consacrato interamente alla produzione della sedia Marocca. È trascorso quasi un secolo e oggi la sua Calligaris vanta un posto di rilievo tra le dieci aziende di arredamento più influenti in Italia, grazie a un catalogo di oltre 800 prodotti e una distribuzione capillare in più di 100 Paesi. Il 2016, in particolare, è stato un anno di grandi soddisfazioni per la società. Forte di un fatturato di 116,6 milioni di euro, in progressione del 2% sull’anno precedente, Calligaris ha dato il via a una strategia di brand segmentation lanciando il marchio «Connubia by Calligaris», e le sue sedute Lazy e Bahia sono state insignite del Good design award 2016, il

più antico e prestigioso premio dedicato al design fondato a Chicago nel 1950. In questa intervista, Alessandro Calligaris, figlio del fondatore alle redini dell’azienda dal 1986, ha svelato a MFL-Magazine For Living i suoi progetti per lo sviluppo futuro del brand, nel segno dell’internazionalità. Domanda. Come si è evoluto il vostro business nel corso degli anni? Risposta. In oltre novant’anni, di strada ne abbiamo fatta tanta e le rivoluzioni sono state notevoli. Tuttavia, la prima vera crescita è avvenuta negli anni 60, quando abbiamo investito in un’impagliatrice automatica che ha permesso di accorciare i tempi di lavorazione della sedia. Dagli anni 80, inoltre, abbiamo iniziato ad ampliare la gamma di

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Nella foto grande, Alessandro Calligaris, alla guida di Calligaris. Nelle altre immagini, le sedute Bahia e Lazy, vincitrici del Good design award 2016 a Chicago

prodotti proponendo oltre alle sedie anche tavoli, mobili, imbottiti e a utilizzare altri materiali oltre al legno, come il metallo e la plastica fino ad arrivare alla ceramica. D. Siete rimasti un’azienda a conduzione familiare. Quanto è importante nella gestione di un’attività come la vostra? R. Essere un’azienda a conduzione familiare, che si identifica in un presidente storico, è un aspetto molto importante perché ci permette di godere di molta fiducia da parte dei nostri partner. Nonostante ciò, Calligaris ha comunque una struttura managerializzata, che le consente di gestire il flusso di lavoro e le persone in maniera armoniosa. D. Come definirebbe la vostra filosofia aziendale? R. Calligaris crea dei prodotti non solo belli e di design, ma soprattutto intelligenti, versatili, pensati per semplificare la vita di ogni giorno e soprattutto attenti alle esigenze dei consumatori. Prodotti ingegnosi e accessibili, con una qualità garantita da rigidi processi di controllo. D. Di recente siete stati insigniti del premio Good design award 2016 per le vostre sedute Lazy e Bahia. Cosa ha reso questi prodotti vincenti secondo lei? R. Sono entrambe delle sedute creative e di design, ma facili da inserire in qualsiasi tipo di casa. È la caratteristica

vincente di tutti i nostri prodotti. D. Quali sono le new entry su cui punterete quest’anno? R. Al Salone del mobile.Milano 2017 abbiamo presentato diverse novità. Tra le più acclamate ci sono sicuramente la sedia Saint Tropez, con il suo effetto trapuntato sul retro della scocca e la Fifties, con la sua elegante silhouette. D. Come si confronta con il tema della sostenibilità? R. In azienda siamo molto attenti a questo aspetto. Da anni siamo certificati Fsc e quindi ci impegniamo a piantare una piantina di albero ogniqualvolta ne tagliamo uno. D. In che ambiente le piace immaginare i vostri prodotti? R. Come accennavo prima, la forza di Calligaris risiede proprio nella capacità di adattarsi a diversi stili e ambienti. Questo ci porta a essere molto apprezzati anche all’estero, perché in ogni Paese riescono a trovare nelle nostre collezioni dei pezzi che si sposano con le loro case. D. In che modo l’avvento del digitale ha migliorato il vostro business? R. È stato fondamentale per la crescita e la globalizzazione dell’azienda. Da sempre Calligaris punta sullo sviluppo in tutti i reparti: dall’ufficio prodotto fino al punto vendita. Anche ora stiamo facendo dei grandi investimenti sul digitale che vedranno la luce il prossimo anno. D. State perseguendo un piano di internazionalizzazione che vi ha portato a essere presenti in ogni angolo del globo. Quanto è importante oggi? R. È fondamentale. La nostra strategia di crescita basata su marca, retail e internazionalizzazione iniziata nel 2008 con l’apertura del primo flagship store di Milano, ha permesso all’azienda di crescere e performare meglio, riuscendo a superare momenti di crisi mondiale. D. Come definirebbe il panorama del design italiano contemporaneo? R. Credo che oggi, più che mai nella storia, si possa notare la potenza e l’influenza del design italiano grazie alla sua massiccia presenza distributiva in tutto il mondo. Un altro segnale dell’interesse globale verso il nostro settore si può carpire dal notevole interesse che suscita ogni anno il Salone del mobile.Milano, dove tutti gli operatori del settore vengono per identificare le nuove tendenze. D. Quali sono i suoi progetti e le sue ambizioni per il futuro di Calligaris? R. Il futuro di qualsiasi azienda italiana che voglia crescere oggi è legato a doppio filo con l’internazionalità. I nostri sforzi si stanno concentrando soprattutto sulle aperture di store monomarca in tutto il mondo. La crescita del canale retail ha seguito negli ultimi anni un programma fitto di nuove aperture, proseguito anche in questo inizio 2017 con gli opening del terzo store a Manhattan, Marbella eTunisi, a cui seguiranno quelli di Vancouver, Long Island e Washington, oltre a quattro nuove aperture in Cina. Per questo credo che il futuro del gruppo Calligaris debba continuare, con adeguati investimenti, nella sua strategia di internazionalizzazione. Valentina Nuzzi

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Vertigo

La donna che visse due volte. In ambienti à la Alfred Hitchcock. Gli elementi del film bagnano di atmosfere noir l’arredo, tra strutture da vertigine e pezzi monolitici 07

01-Kartell. Eur, tavolino-sgabello. Design Fabio Novembre. 02-Reuber Henning. Staircase, tappeto con rappresentazione prospettica di una rampa di scale. Design Bless. 03-Matter made. Arca, candelieri in filo metallico. Design Philippe Malouin. 04-Driade. Venus, libreria con cinque ripiani in rovere inseriti e scultura in marmo. Design Fabio Novembre. 05-Cappellini. Flower, libreria a dop-

pia fila di cerchi in due colori. Design Junpei & Iori Tamaki. 06-Pulpo. Container, barattoli in ceramica tinta effetto metallizzato. Design Sebastian Herkner. 07-Areaware. Puzzle in puzzle, scatola di puzzle stampato con una fotografia di KangHee Kim. 08-Baxter. Tebe, tavolino in onice rosa pallido. ricerca di Cristiano Vitali

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Tropicalismo

Pop ed esotica. Un’onda wild travolge l’interior design, rievocando Carmen Miranda, l’icona anni 60. Invasa di ramage della foresta amazzonica e animali selvaggi 01-Roberto Cavalli Home Interiors. Wings, poltrona per esterno rivestita in tessuto a stampa palme. 02-Mogg. Amazzonio, lampadario a sospensione effetto cascata di foglie. 03-Ames Sala. Caribe, poltroncina in filo di plastica intrecciato. 04-Villa d’Este Home Tivoli. Jungle, salino e pepino in ceramica. 05-Baxter. Manila, poltrona da esterno in metallo con seduta e schienale in cuoio intrecciato.

06-Touch-Mel. Centrotavola in melamina. Distribuito da Serafino Zani. 07-Sotow. Tavolo con piano in vetro in cui è stato annegato un tessuto a fantasia Land. 08-Laurafed. The Box, baule in legno e tessuto con fantasia arborea. 09-Bernardaud. Marais, piatto in porcellana effetto consumato. 10-Cappellini. Embroidery, poltrona rivestita in tessuto con stampa tigre. ricerca di Cristiano Vitali

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Minimal Dada

Volumi geometrici, illusioni ottiche ed elementi realizzati in materiali industriali. Ăˆ design votato al design, teso all’essenza e riletto per raccontare un nuovo ready-made 01-Alias. Flow, piano di supporto e contenitore fusi assieme. Design Nendo. 02-B.d Barcelona. Dalia cabinet, madia dalla struttura in acciaio con parti forgiate. Design Joel Escalona. 03-Mingardo. Lume, candelabro in ferro e ottone. Design Cara/Davide. 04-Bonaldo. Liry, sedute rivestite in tessuto o in pelle. 05-Valsecchi 1918. Fairy, mensola di legno. Design Laudani & Romanelli.

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06-Lee Broom. Drunken table, tavolino in marmo e pietra. 07-Axo Light. Alysoid, lampadario a luce led in alluminio. 08-Bitossi Ceramiche. Vaso con superficie increspata. Design Max Lamb. 09-JCP. Betoo, lampada da terra a forma di robot. Design Richard Hutten. 10-Diamantini&Domeniconi. Venezia, tavolino in metallo. ricerca di Cristiano Vitali

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il quotidiano dei mercati finanziari

Direttore ed Editore Paolo Panerai Direttore ed Editore Associato Gabriele Capolino Direttore Pierluigi Magnaschi

MFL

Magazine For Living

Direttore Giampietro Baudo (gbaudo@class.it)

Responsabile Moda e Design Stefano Roncato (sroncato@class.it) Grafica Valentina Gigante (vgigante@class.it) Hanno collaborato Cristina Morozzi (special design consultant) testi

Francesca Manuzzi, Valentina Nuzzi, Angelo Ruggeri, Barbara Gallino, Roberta Maddalena, Silvia Manzoni, Barbara Rodeschini, Giulia Sciola, Ludovica Tofanelli, Cristiano Vitali foto

Beppe Brancato, Toni Campo, Andrea Ferrari, Stefan Forster, Dima Hohlov, David LaChapelle, Davide Lovatti, Jean-Bapiste Mondino, Giorgio Tentolini, Tim Walker, Emanuele Zamponi

Presidente Giorgio Luigi Guatri Vice Presidente e Amministratore Delegato Paolo Panerai Vice Presidenti Pierluigi Magnaschi, Luca Panerai Consigliere Delegato Gabriele Capolino Consigliere per le Strategie e lo Sviluppo Angelo Sajeva Consigliere (Chief Luxury Coordinator) Mariangela Bonatto Concessionaria Pubblicità Class Pubblicità spa Direzione Generale: Milano, via Burigozzo 8 - tel. 02 58219522 Sede legale e amministrativa: Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 Sede di Roma: via Cristoforo Colombo 456 - tel. 06 69760887 - fax 06 59465500 Presidente, Angelo Sajeva Vice Presidenti, Mariangela Bonatto, Andrea Salvati, Gianalberto Zapponini Vice Direttore Generale Stampa e Web, Business, Stefano Maggini Vice Direttore Generale TV e TelesiaTv, Consumer, Giovanni Russo Per Informazioni Commerciali: mprestileo@class.it Class Editori spa Direzione e Redazione 20122 Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 - fax 02 58317429 Amministrazione e abbonamenti: 20122 Milano, via Burigozzo 5 tel. 02 58219285 - 02 5821929 - fax 02 58317622 Registrazione al Tribunale di Milano n. 210 del 19/4/86 Distribuzione Italia: Erinne srl - via Burigozzo 5, 20122 Milano - tel. 02 58219.1 Responsabile Dati Personali Class Editori spa, via Burigozzo 5, 20122 Milano Stampa: G. Canale & C. S.p.A. viale Liguria 24, 10071 Borgaro (To) Supplemento a MF - Spedizione in a.p. 45%, articolo 2, comma 20/b, legge 662/96 - Filiale di Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 266 del 14/4/89 Direttore responsabile Paolo Panerai

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design Paola Navone - ph. Andrea Ferrari

LE EMOZIONI NON VANNO RACCONTATE, VANNO VISSUTE.

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