MFL 37 - Nowromantic

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Magazine For Living

Supplemento al numero odierno di MF/Mercati Finanziari. Spedizione in abbonamento postale L. 46/2004 art. 1 C. 1 DCB Milano

n. 37. aprile 2016. Solo in abbinamento con MF/Mercati Finanziari - IT Euro 5,00 (3,00 + 2,00) Bimestrale

house/Nel tempio d’arte di grayson perry, nelle campagne dell’essex furniture/i cult trends dal salone del mobile fashion/il dialogo underground tra prada e Christophe chemin

Nowromantic decorativismo nostalgico, inquietudine giovanile e futurismo onirico scrivono i codici dell’abitare moderno

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Magazine For Living

home/a cannes, nel castello rockocò creato da philipp plein arredo/le scenografie domestiche dell’oggi art/nel cuore di arezzo una wunderkammer del contemporaneo

decadentismo sognante, irriverenza underground e rilettura dell’antico animano le icone del nuovo design

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Openview

NowRomantic

Il romanticismo dell’oggi. Il romanticismo 3.0 di una generazione nativa digitale e tutta da decriptare. Un movimento estetico scandito da un decorativismo nostalgico, da un’inquietudine giovanile e da futurismo onirico, capace di scrivere i nuovi codici dell’abitare moderno. Perché il design di domani è animato da un decadentismo sognante, da un’irriverenza underground e da una rilettura dell’antico. C’è tutto questo nel nuovo numero di MFL-Magazine For Living, progetto studiato per indagare nel lifestyle contemporaneo e nell’arredo di lusso. Un numero partito da quei frames iconici del film Kids di Larry Clark, oggi più che mai protagonista di una rilettura estetica estrema. A tracciare le coordinate di un movimento provocatorio e avanguardista, dissacrante nel suo voler contaminare aree differenti. Capace di tracciare il nuovo con precisione maniacale. E interpretato da anime di creatività pura, che si tratti di Christophe Chemin e del suo gemellaggio intellettuale con Miuccia Prada, o dell’architetto Luca Cipelletti e del suo The shit museum, che si parli delle provocazioni artistiche di Grayson Perry nel cuore del tranquillo Essex o del lavoro di remixage atemporale portato avanti da Britt Moran ed Emiliano Salci con il loro DimoreStudio. Senza dimenticare la Wunderkammer di Theatrum mundi ad Arezzo, stanza delle meraviglie dell’oggi. Un oggi che cambia volto, anche al Salone del mobile di Milano, dove il nuovo viene inquadrato in atmosfere abitative con una storia e un’anima proprie. In un recupero del décor passato, che magicamente torna a essere il protagonista. Stefano Roncato

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Foto Stefano Roncato

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03. HERVÉ VAN DER STRAETEN. Rebelle, specchio in bronzo lucido 04. Lasvit. Via Lucis, lampadario dallo sfarzoso decoro in vetro e ottone. Design Stanislav Libensky

Sommario 24

Evergreen/Surrealismo quotidiano

di Barbara Rodeschini

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Follie/Figurine contemporanee

di Cristina Morozzi

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Atmosfere/Youth tribe

di Francesca Manuzzi

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Art/Gruppo in un interno

di Francesca Manuzzi

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Hospitality/Hôtellerie d'autore

di Angelo Ruggeri

40 e 41

Events/Wunderkammer di creatività

di Barbara Rodeschini

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Installation/What happened to Hase

di Francesca Manuzzi

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Fashion/Underground dialogues

di Angelo Ruggeri

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Cuisine/Archi-food

di Francesca Manuzzi

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Living/Re-editing the story

di Stefano Roncato

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Overview/Ornamento non è delitto

di Cristina Morozzi

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Creative minds/Timeless mixage

di Angelo Ruggeri

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Museum/Naturali provocazioni

di Angelo Ruggeri

64 e 65

People/Dialoghi tra artisti

di Silvia Manzoni

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Happening/Future living

di Barbara Rodeschini

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Meraviglie d'arredamento

di Cristina Morozzi

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Rockocò castle

di Ludovica Tofanelli. Foto Luke White

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Scenografie domestiche

di Cristina Morozzi

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The Essex artsy temple

di Francesca Manuzzi. Foto Jack Hobhouse

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Product/SuperGrafismi, Double face,

Rétro tech, Indochine, Karen Blixen

Ricerca di Cristiano Vitali

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di Matteo Minà. Foto Massimo Listri

108 e 109 Story teller/60 anni di innovazione

di Barbara Rodeschini

Artwork Giorgio Tentolini

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2012

Evergreen

Surrealismo quotidiano Nasce dalla capacità di sintesi di Riva 1920 l’iconica Molletta, seduta scultorea creata nel 2012 grazie all’incontro tra la maestria dell’azienda di Cantù (Como) e la visione dello studio di architettura Baldessari&Baldessari. Presentata con grande successo in occasione del Salone del mobile di quell’anno, la seduta è diventata un vero cult nel portfolio del marchio, riuscendo a riassumere i codici distintivi di Riva 1920, unendo sensibilità estetica, design e ricerca di ultima generazione. Realizzata in legno massello di cedro naturale, Molletta ha la caratteristica di assolvere a un duplice ruolo: se da un lato è un’ampia seduta pensata per grandi spazi interni e outdoor, dall’altro è un fortissimo elemento scultoreo che non può passare inosservato. Esempio di come design e pop art abbiano affinità precise, il progetto cela una manifattura straordinaria che si traduce in una lavorazione dei tagli obliqui che esalta le venature e le sfumature del legno creando una texture virtuale. Non solo, essendo realizzata sfruttando la bellezza naturale della materia prima e senza l’utilizzo di alcun trattamento, Molletta, nel tempo, è destinata a evolversi diventando ancora più interessante. Come ogni pezzo icona, Molletta nel 2016 si rinnova e torna splendente al Salone del mobile-Milano con la nuova finitura Vulcano per Cedro. Di grande effetto, il nuovo aspetto noir è dato da un processo artigianale di carbonizzazione che interessa solo lo strato superficiale del legno che naturalmente si tinge di nero antracite. Ma c’è di più, la tecnica di rifinitura, battezzata Shou Sugi Ban e che trae ispirazione da antiche tecniche giapponesi che prevedono la carbonizzazione delle strutture in legno di cedro delle abitazioni come rimedio naturale contro tarme, muffa e incendi, prevede l’impiego di oli naturali profumati che donano un touch in più all’insieme. Barbara Rodeschini

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Follie

Figurine contemporanee Nella nostalgia che anima una stagione di ricorsi, ritorna anche un certo tipo di collezionismo borghese. Fatto di statuine in porcellana, ceramica e legno, che hanno perso le grazie e le buone maniere di quelle antiche, per diventare ironiche e dissacranti Utz, un breve romanzo, l’ultimo di Bruce Chatwin scritto poco prima della sua morte quando era già molto malato, racconta la storia di Kaspar Utz, un collezionista cecoslovacco di statuine di porcellana di Meissen, che riesce ad attraversare indenne, con la sua collezione, sia l’occupazione nazista sia il regime comunista. Tra Kaspar e le sue delicate statuine esiste un legame perverso che lo tiene intrappolato sotto i regimi, perché non riesce ad abbandonare la sua collezione. Chatwin, che lo incontrò a Praga, dove si era recato per scrivere un articolo sull’imperatore Rodolfo, ne traccia magistralmente il profilo, indagando, con vena malinconica, l’animo del collezionista. Il colle-

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zionismo, che sovente degenera in mania, si manifesta nell’accumulo degli oggetti più vari e improbabili, tra questi le figurine sono la categoria più frequente, dai soldatini di stagno alla bambole di panno lenci, fino agli animali o agli insetti in porcellana, ceramica, vetro. Un tempo le figurine facevano bella mostra nelle vetrine delle case borghesi. Scomparse le vetrine, sostituite dalle pareti attrezzate, sono sparite anche le figurine. Poiché si sta vivendo una stagione di ricorsi, ritornano anche le figurine. In porcellana, ceramica e legno, firmate da designer della nuova generazione, hanno perso le grazie e le buone maniere di quelle antiche, per essere ironiche e dissacranti.

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Elena Salmistraro. Nel gennaio di quest'anno, all’edizione invernale di Maison & Objet, il laboratorio di ceramiche Bosa di Borso del Grappa (Treviso), sulle colline venete, attivo dal 1976, ha lanciato Non ti scordar di me, una collezione dedicata ai souvenir, chiamando a raccolta un gruppo di 12 designer della nuova generazione. La serie propone 12 piccoli oggetti, pensati come doni per ricorrenze speciali. Bosa, nota per realizzazioni di grandi dimensioni, ritrova la piccola scala, ripercorrendo la via dei portafortuna e degli amuleti. I designer sono stati invitati a immaginare oggetti simbolici d’affezione. Elena Salmistraro ha creato una famiglia di corrucciati molossi, ironicamente umanizzati da un abbigliamento decisamente alla moda (nella foto a destra).

Jaime Hayon.

Da una parte Lladrò, storica azienda spagnola di porcellane, nota per la varietà dei suoi soggetti, tra i quali le classiche statuine declinate in una grande varietà di tipologie, dagli animali ai personaggi delle fiabe. Dall'altra Jaime Hayon, designer valenciano di fama internazionale e noto per la sua vena ludica. Grazie all'incontro dei due l’azienda ha rinnovato il suo linguaggio, inserendo in catalogo ironiche statuine stilizzate. Il designer valenciano ha aperto la strada a un nuovo filone di statuine contemporanee. Nel 2016 la serie si è arricchita con nuovi personaggi zoomorfi, tra questi delle stilizzate ed eleganti oche (nella foto a sinistra) che ostentano estrosi copricapo d'antan.

Lucie Kaas. Nella collezione di oggettistica della Ionna Vautrin. danese Lucie Kaas un posto di riguardo è riservato alle mini sculture lignee (nella foto a sinistra). Partendo dalla riedizione di figurine stilizzate di animali, create attorno agli anni 50 da due artisti danesi, la creativa ha ampliato la sua offerta anche con una nuova serie di mini sculture, in legno dipinto, raffiguranti noti personaggi contemporanei del mondo della moda. Nell’ambito della tradizione delle figurine, prevalentemente, dedicate a personaggi storici o fiabeschi, appare decisamente originale l'idea della Kaas di introdurre in questo ambito anche le miniature di stilisti di grido o fashion icon ormai planetarie.

Appartiene alla collezione Non ti scordar di me di Bosa anche la serie di stilizzati volatili creati dalla designer francese Joanna Vautrin. Bicolori, con un grande becco giallo, sono degli ibridi tra un pinguino e un tucano (nella foto sopra). La designer rivela anche in queste figurine la sua capacità di sintesi, già dimostrata negli apparecchi per illuminazione, riuscendo con il suo segno conciso a restituire una simpatica immagine zoomorfa. La efficace realizzazione riporta in auge la tradizione delle statuine di porcellana, suggerendo che, persino, in tempi moderni, possano trovare accoglienza oggetti inutili, di piccola dimensione, destinati a diventare silenti compagni del quotidiano domestico. a cura di Cristina Morozzi

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Un frame del film Kids diretto dal regista Larry Clark (1995)

Atmosfere

Youth tribe Youth culture. Dagli anni 90 a oggi. Spira aria di nuova rivoluzione giovanile, romantica. E sembra chiamare all'appello la matrice: i bassifondi di New York, del 1995. Di Larry Clark alle prese con la sua opera prima, Kids. Nel suo film, che ha da poco compiuto vent'anni, dopo un bacio che sembra non finire mai, la macchina da presa segue nei meandri della Grande Mela una serie di adolescenti, tra cui Rosario Dawson e Chloë Sevigny agli inizi della carriera. Presentato al 48° Festival del cinema di Cannes, il docu-film è stato una sorta di croni-storia della società d'allora, ciò che gli esperti cinefili descriverebbero come pornolalia: un racconto crudo intorno a sesso, droga e pestaggi delle tribù Usa. Che vuole colpire con una fotografia del sociale sempre più sgranata e volutamente disturbante.

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Atmosfere

Berlino Ovest, 2015. I ragazzi, usciti dalla wunderkammer di Alessandro Michele, corrono tra gli hot spot dell'era della Guerra fredda. Corrono nei loro abiti flamboyant firmati Gucci primavera-estate 2016, immortalati e diretti da Glen Luchford. Chiacchierano stravaccati sul tetto del Maritim hotel, progettato negli anni 80 dall'architetto Aldo Rossi, con lo skyline mitteleuropeo alle spalle. Scivolano sulle ruote dei loro skateboard tra corridoi dedalo. Inciampano guardando vetrine e ridendo tra loro, proprio come Christiane F. & co nella metropolitana del film sulla sua vita. Emuli del gruppo di (Noi) ragazzi dello Zoo di Berlino, che scappano dalla polizia, dopo aver rubato un sontuoso pavone imbalsamato. E si muovono sulle note di Goodbye horses di William Garvey, cantata da Q Lazzarus.

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La campagna spring-summer 2016 di Gucci scattata da Glen Luchford

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Una foto di Gosha Rubchinskiy dal libro Transfiguration book

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Atmosfere

Subcultura e skateboarding, dall'anima post-soviet. CosĂŹ lo stilista Gosha Rubchinskiy dipinge sulla carta, nel libro fotografico Transfiguration book, pubblicato da Junsuke Yamasaki, il ritorno alla vita e il riutilizzo dell'area New Holland di San Pietroburgo dopo 300 anni di chiusura al pubblico. Le 130 pagine del volume, in edizione limitata e stampato in sole mille copie, raccontano per immagini quell'estate del 2011, che ha visto ripopolare la zona, con mostre, live show e competizioni di skateboard. Nelle fotografie compaiono ragazzi, che potrebbero essere la versione sovietica dei Kids di Larry Clark, mentre aspettano di salire sull'half-pipe. Ma ad animare il libro-album sono anche scatti del paesaggio circostante. Visti con gli occhi del genio che sta manipolando i confini di moda, fotografia e filmmaking.

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Atmosfere

Cosa accomuna Kids, l'opera del regista-fotografo Usa Larry Clark, e lo stilista britannico Jonathan Anderson, a capo del brand J.W.Anderson e della creatività di Loewe? Il libro fotografico The Smell of Us, realizzato con il Document journal, con scatti di Clark che ritraggono ragazzi vestiti J.W.Anderson. Clark è il progenitore di quel movimento loose, del cinema veritÊ a cui i ragazzi della rivoluzione youth d'oggi stanno carpendo quintali d'ispirazioni, per un racconto musicale, artistico e filmico, iniziato da Hedi Slimane nei suoi anni da Dior homme, prima e da Saint Laurent poi. E alla sequela di tributi al film si aggiungono una capsule di Supreme e lo spin-off The Kids, diretto da Hamilton Harris, finanziato attraverso una campagna su Kickstarter. Francesca Manuzzi

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Uno scattoPARIGI, di LarryLUNEDĂŹ Clark tratto 26 GENNAIO dal libro The Smell of L'allestimento Us. Look J.W.Anderson dello show Dior couture spring-summer 2015 Photo courtesy, Adrien Dirand

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L'opera sospesa Living room di Amanda McCavour

Art

Gruppo in un interno

Potrebbe essere una fotografia d'interni, ma sospesa e costruita con ago e filo, cucita da Amanda McCavour, artista-designer di fac-simile ricamati in 2D. Nella sua opera Living room, ritrae un sofa di pelle vecchiotto in cui sprofondare, una poltrona della nonna in velluto blu, una in ciniglia ambrata, un tavolino con una tazza colma di the appoggiata in bilico e una piccola credenza dalle gambe lunghe. Poi, valigie pronte per partire, pittura per dipingere le pareti di una casa in affitto, abitata da una ragazza che indossa sneakers e zainetto. «L'installazione è basata sull'impronta del vecchio salotto dell'appartamento in cui ho vissuto nel 2010 e 2011», ha raccontato McCavour, che ha ricostruito buona parte degli oggetti che realmente animavano quegli spazi, costruendo una sorta di diorama 1:1, una scenografia a grandezza naturale. «Gli oggetti fungono da traccia, sono reperti che testimoniano

le forme di uno spazio realmente esisito», ha proseguito l'artista canadese di studio a Toronto. Le opere diventano così ritrovamenti archeologici, monumenti in tributo ai ricordi, tessuti con una macchina da cucire e ricamati in collaborazione con l'Ontario arts council. La vulnerabilità del filo viene messa in relazione con l'idea dell'abitare attuale, nella sua fugacità temporale. «Costruire questi pezzi significa rivisitare, ricordare e ricreare ambienti che un tempo usavo chiamare casa, ma che non lo sono più», ha chiosato l'artista. Che per realizzare le sue opere ricama su tessuti idrosolubili: una volta terminato il lavoro di cucito, spariscono per donare ai pezzi creati la possibilità di rimanere eretti e quell'aspetto trasparente e romantico. L'artista affida così alla fibra il valoro simbolico di raccontare la leggerezza e l'accumulo, la forza e la caducità delle cose. Francesca Manuzzi

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Hospitality

Il salotto della Milano suite, dedicata a Piero Fornasetti al Mandarin Oriental hotel

Hôtellerie d'autore Piero Fornasetti e Gio Ponti prendono casa al Mandarin Oriental hotel di Milano. L'albergo extralusso di via Andegari 9, sviluppato all'interno di quattro palazzi del XVIII secolo, nel cuore della città, ha infatti scelto di rendere omaggio a due tra i più grandi maestri meneghini del design. Vestendo i due nuovi spazi, con vista sul cortile del ristorante Seta diretto dallo chef Antonio Guida, con opere ed elementi iconografici, in omaggio al lavoro dei due artisti. La Milano suite è dedicata al talento poliedrico di Piero Fornasetti, pitttore, scultore, decoratore d'interni e designer. Le pareti della zona salotto sono decorate con un’ampia collezione di specchi di diversi stili e dimensioni, che riflettono in un giorno di infinito alcuni elementi d’arredo firmati dal maestro, come il trumeau Architettura, la credenza Palladiana e le iconiche numerose porcellane. Il pilastro centrale, ricoperto dalla carta da parati Riflesso, invece, divide l’area pranzo, caratterizzata dal tavolo Ultime Notizie con sedute Capitello, e la zona salotto, dove le poltrone Boss in pelle nera, il divano Guscio bianco e il coffee table Fly regalano all’intero locale un’anima lounge. A completare il racconto dell'arredo, la vasca da bagno Spoon

XL e uno scrittoio della collezione Farfalle. per regalare allo spazio un volto quasi museale. La Premier Suite, invece, nasce come un tributo al razionalismo made in Milan e all’opera dell'architetto Gio Ponti il cui stile minimalista basato sulla riduzione del segno ha ispirato un’intera generazione di artisti dagli anni 50 a oggi. La boiserie in legno di noce che ricopre tutte le pareti della stanza crea un ambiente accogliente e intimo, arredato con mobili iconici tra cui il tavolo di marmo Eros di Angelo Mangiarotti, illuminato dal lampadario 2097-30/50 by Gino Sarfatti, e il divano Simpliciter di Citterio. Una consolle e una lampada da tavolo, pezzi originali fimati da Ponti, sono gli elementi più preziosi della suite. In camera da letto, poi, i tessuti blu navy delle tende e il materiale con cui è ricoperta la testiera del letto dialogano con il rivestimento della poltrona Catilina, mentre il bagno è dominato da alcuni elementi di design: tra questi, una coppia di grandi vasi in ceramica bianca e il pouf Cilindro. Per abitare nel cuore di Milano avendo la sensazione di immergersi in un racconto storico, di arte e architettura contemporanea, vivendo in una exhibition. Angelo Ruggeri

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Wunderkammer di creatività Arte, design e interior si intrecciano nel progetto studiato da Visionnaire. Che rilancia con la nuova mostra «Chlorophyl» di Alessandro Brighetti Arte e design si incontrano grazie a Visionnaire. Per marchio del gruppo Ipe, che nel 2014 ha visto l’ingresso di Ergon capital partners III nella compagine societaria, la relazione tra arte e interior è una costante che ne distingue la cifra stilista. Un percorso questo che si riflette nella produzione dei singoli oggetti d'arredo ma anche nell’istituzione di Wunderkammer Visionnaire, il contenitore dedicato al mondo della creatività contemporanea. «Per Visionnaire l’arte, in tutte le sue forme ed espressioni, rappresenta da sempre una fonte di ispirazione e ne è parte integrante. E se da un lato Visionnaire nasce dall’interpretazione di stili classici in chiave contemporanea, dall’altro si è creato un dialogo speciale tra arte e design che abbiamo concretizzato nella creazione, cinque anni fa, della Wunderkammer Visionnaire dedicata ai progetti di arte contemporanea situata all’interno del flagship store milanese in piazza Cavour 3 a Milano», ha spiegato l’art director Eleonore Cavalli. «È evidente che l’ arte sia ormai da considerarsi un co-protagonista nell’ interior design. Da parte nostra poi abbiamo lavorato per evidenziare questo ruolo dando voce agli artisti italiani e stranieri più interessanti e offrendo loro la possibilità di esporre in maniera sempre nuova. Il risultato è uno spazio che ospita soprattutto opere site-specific che vengono studiate su misura per la nostra Wunderkammer. Spesso con gli artisti con cui lavoriamo si instaura un rapporto di amicizia e immancabilmente finiamo per accogliere le loro opere anche all’interno della nostra sfera privata: collezioniamo opere differenti come la scultura cinetica di Alessandro Brighetti, le pitture a olio di Domenico Grenci, il collage di Botto&Bruno d altre opere firmate, tra gli altri, da Loris Cecchini, Enrico De Paris, Daniel Gonzalez, Emmanuel Barcilon, Marthine Pascale Tayou e Susy Gomez». In quest’ottica l’istituzione della Wunderkammer Visionnaire, che secondo i piani avrà uno sviluppo anche al di fuori dello spazio con progetti ed esposizioni nelle fiere di art design, assolve a un duplice ruolo. E se da un lato è l’occasione per dare visibilità alle avanguardie più interessanti; dall’altro si rivela un veicolo comunicativo inedito per ribadire come l’arredo possa convivere e anzi potenziarsi quando è assimilato all’arte contemporanea come nel caso della nuova mostra «Chlorophyl» di Alessandro Brighetti. In calendario fino al 20 maggio, l’esposizione è una preview mondiale del lavoro svolto dall’artista bolognese durante il suo periodo americano. Una svolta, che ha come territorio di sperimentazione la sinergia tra arte, scienza e natura. «Il percorso di Alessandro è molto interessante e in particolare la mostra «Chlorophyl» segna un momento di evoluzione che vede l’artista cinetico rendersi indipendente dal bisogno dell’energia elettrica. In particolare l’opera Passiflora, la scultura da esterno, è completamente alimentata da energia solare», ha concluso. Barbara Rodeschini

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Uno spazio di Visionnaire vestito con mobili del brand e una serie di opere d'arte contemporanea

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Dall'alto, l'opera Hase di Gelitin nel 2005 e deteriorata nel 2015

Installation

What happened to Hase

Immaginate un coniglio gigante, dalle gambe infinite, gulliveriane. Camminava sulle Alpi e dopo aver valicato le montagne, decise di fermarsi per vent'anni. Si riposò supino sui rilievi del Colletto Fava, ad Artesina, un paese vicino a Cuneo. Inserendo le coordinate 44 14’39.77”N 7°46’10.71”E su Google maps, si scopre la sagoma di quell'enorme coniglio, lì disteso in un dolce break di due lustri. Hase, coniglio in tedesco, è la mastodontica opera installata nel 2005 dal collettivo Gelitin, fondato a Vienna nel 1993 da Tobias Urban, Wolfgang Gantner, Florian Reither e Ali Janka. «Dopo aver promesso agli abitanti del Paese di portare le nostre undici sorelle al vernissage di Hase, hanno acconsentito ad averlo sulle loro montagne», ha spiegato Florian Reither del collettivo. Il gruppo di artisti aveva già ponderato per lui un progetto che l'avrebbe mantenuto in quello stesso punto fino al 2025, ad attendere migliaia di passanti, pronti a distendersi vicino o sopra il pupazzo. Il tutto potrebbe essere letto come una mera opera di land art, quale pragmaticamente è, ma qui si parla di una storia di vita. Il corpo del coniglio rosa, realizzato in lanugine e imbottito di paglia, fissa il cielo con gli occhi spalancati, perdendosi a guardare le nuvole. «Il coniglio è una potente creatura mitologica ed è nostro compito creare attorno un'atmosfera da vivere, in cui entrare, respirare o energizzarsi. Molte persone hanno avuto rapporti sessuali vicino o sopra al coniglio e questo è il miglior complimento che un'artista possa ricevere, nonostante non fosse il suo scopo primario», ha proseguito Reither. Raccontando come quell'opera sdraiata sulla schiena,

mollemente distesa su un prato incontaminato, ha un impalpabile squarcio su un fianco, da cui fuoriescono cuore, fegato e intestini. Come se l'anima dell'animale potesse volare via come una farfalla sprigionata dal suo bozzolo di larva per donare energia, in un dedalo di pezzetti rosso fuoco e rosa shocking. Quei colori accesi, che nel 2005 il collettivo aveva studiato ad hoc e messo in opera in cinque anni di lavoro ininterrotti, per spezzare il verde dell'erba, con il passare degli anni e stinti dalle interperie, si sono trasformati in sfumature pastello, toni tenui. Potrebbe essere la storia di un coniglio di pezza nelle mani di un bambino che diventa adulto e lo conserva scolorito. «L'opera è parte del paesaggio, affonda nel terreno, abitata da milioni di insetti e altri animali. Ma il nostro pensiero rimane sempre "Io amo il coniglio, il coniglio ama me" e tra qualche anno decideremo tutti insieme quale sarà il suo destino», ha chiosato il collettivo. Così l'uomo, dalle mani di Gelitin, ha consegnato un coniglio di pezza alla terra e ai suoi abitanti, per farle compagnia. E Hase aspetterà per altri nove anni, anche se in mille pezzi, come testimoniano le foto degli ultimi anni, realizzate dai passanti in pellegrinaggio sopra Cuneo. Compresi il performer Salvatore Viviano e la regista Angela Christlieb, che hanno presentato nei mesi scorsi, al festival Diagonale di Graz, il docu-film Whatever Happened to Gelitin, una ricerca-viaggio surreale nel mondo del collettivo. Prossima data prevista per una performance firmata Gelitin, il 18 giugno al Cabaret Voltaire di Zurigo durante Manifesta. Francesca Manuzzi

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Fashion

Tre look dalla collezione fall-winter 2016/17 di Prada. Nella pagina accanto, alcune opere esposte nella galleria 032c di Berlino per la mostra ÂŤKeep your daisies for the cold daysÂť di Christophe Chemin, ritratto nell'immagine in basso

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Underground dialogues L'artista francese Christophe Chemin incontra la creatività di Miuccia Prada e realizza una serie di opere d'arte irriverenti, divenute stampe sui capi fall-winter 2016/17 della maison, e protagoniste dell'exhibition «Keep your daisies for the cold days» a Berlino È illustratore, scrittore, fotografo, regista e designer e ama descriversi con una sola parola: «Una cucitrice... Unisco insieme una cosa con un’altra». Christophe Chemin è l'artista di origine francese, che oggi vive e lavora nella creativa Berlino, balzato agli onori delle cronache per la sua collaborazione con Miuccia Prada. Che l'ha chiamato per evocare, con le sue illustrazioni: «Un excursus tra l’oggi e la storia, in una mescolanza di vari momenti... Eroici, guerrieri, infami o rivoluzionari. Umani ed emozionali», ha spiegato la creativa milanese svelando il fil rouge della stagione. Contattato da Fabio Zambernardi, design director della maison, tramite il suo profilo Instagram, l’artista autodidatta ha creato i disegni, commissionati ad hoc da Miuccia Prada, per le stampe che hanno animato il menswear e il

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womenswear dell'autunno-inverno 2016/17. Opere d'arte su tessuto che, assieme a una serie di altre sue creazioni, sono in mostra allo spazio 032c di Berlino fino al 25 aprile, nell'exhibition battezzata «Keep your daisies for the cold days», ovvero conserva le margherite per i giorni freddi. «Un titolo che vale come ossimoro», ha raccontato Chemin in occasione dell'inaugurazione. «In questo, c'è dolcezza e ironia, tensione e tranquillità. Se si fa attenzione, si può intravedere anche un riferimento al film Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini». Ogni creazione commissionata da Prada è unita a un'etichetta che presenta il titolo, un dettaglio del lavoro e l'indicazione degli anni alla quale è ispirata. «In mostra, non vi sono solo le opere che sono diventate stampe delle collezioni per la maison Prada», ha continuato l'artista, che già nel 2007 aveva collaborato con Se-

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Due look donna pre-fall 2016 di Prada; in basso, da sinistra, le opere Survival Utopia e Banquet Thieves create da Christophe Chemin per la collezione

bastien Meunier, direttore creativo di Ann Demeulemeester, per un progetto speciale. «Ma anche versioni rivisitate, contaminate: infatti, amo profondamente questi giochi di sostituzioni creative. Per l'occasione, ho aggiunto anche sei nuovi pezzi scritti, delle vere e proprie narrazioni visive, che rivelano il processo creativo che mi ha portato a collaborare con la griffe. Li ho chiamati, ironicamente, gli Annullati Prada». Nelle teche del grande spazio concettuale va così in scena un surreale dialogo underground, che ha prodotto affreschi evocativi e provocatori. Grovigli di pensieri figli dell'arte di Chemin, che nel suo creare passa rapidamente da un mezzo espressivo all’altro, senza barriere. Con il pensiero sempre rivolto all’idea di pericolo e di colpa, al bisogno incalzante e alla dignità umana. Grazie a questo approccio ha sempre giocato per infrangere i limiti, nei romanzi che ha scritto (finora ne ha pubblicati quattro), nei disegni che ha realizzato con i pastelli colorati, nelle installazioni e nelle scenografie teatrali che ha progettato, nelle performance artistiche, nelle fotografie, nei numerosi film che ha diretto e perfino nei post che con-

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Sopra, la mostra «Keep your daisies for the cold days» di Christophe Chemin alla galleria 032c di Berlino e tre look dal menswear fall-winter 2016/17 di Prada, realizzati con stampe dell'artista. Nella pagina accanto, due look della collezione pre-fall 2016 di Prada

tinua a pubblicare sui social network. La stessa estetica irriverente ha guidato il lavoro a quattro mani con Prada. Per i capi maschili, Chemin ha scelto di mettere in discussione la storia del mondo moderno perché: «C’è qualcosa nel passato, nel rivolgere lo sguardo a ciò che si considera “vecchio”, che è romantico e assolutamente moderno, allo stesso tempo». Nell’opera Impossible True Love, elogio del bacio come atto «Kitsch assoluto dell’Amore», l'artista franco-tedesco ha descritto, in chiave ironica, una situazione impossibile nel suo insieme: un’attrice interpreta la dea Iside (2320 A.C.) mentre bacia romanticamente un ragazzo in uniforme militare che potrebbe essere Elvis Presley da giovane (1958). Nell’opera The Important Ones ha rappresentato gli eroi, gli inventori, i combattenti e i creatori della storia, reinterpretando il genere rinascimentale della battaglia, come un assurdo dance tableau, citando La Danza di Matisse del 1910, in un barocco toile de Jouy blu ispirato alla manifattura di Christophe-Philippe Oberkampf e risalente al 1760. Per i capi womenswear, invece, Chemin ha raccontato l’ineffabile natura della donna, utilizzando

i nomi dei mesi del calendario della rivoluzione francese. Nell’opera Fructidor, realizzata in matita colorata su carta, ha descritto il momento tranquillo appena prima dell’inizio di un banchetto durante la siesta, che potrebbe mutare impetuosamente nel futuro prossimo e stravolgere l’atmosfera di pace. Nel Thermidor, invece, ha ritratto il metafisico volto della madre universale, protettiva e cosmica, che guarda i suoi figli. O ancora, nel Nivôse ha raccontato di una città ricoperta di neve, un mondo di misteri e piaceri ignoti che brillano nel buio della notte serena, dalla quale esplodono citazioni in colori pop alla sottocultura che ha animato la vita notturna di Berlino, dagli anni 20 agli anni 80. Quella stessa Berlino che oggi sta plasmando il pensiero di Chemin. «Spesso le immagini hanno così tanti dettagli e sfaccettature, che sono difficili da percepire sui vestiti in movimento», ha concluso. «Questa exhibition è nata per questo... È necessario che siano immobili, come in vetrina, in un luogo protetto». In quel luogo dove si conservano anche le margherite, durante i giorni di gelo. Angelo Ruggeri

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Le opere Cookie pit e Cookie pyramid di Sam Kaplan

Cuisine

Archi-food Piramidi di caramelle e tramezzini. Cave profondissime di biscotti Lorna Doone e Oreo. Moderni baccanali romani proiettati nel 2016. Sam Kaplan è il Willy Wonka dello still life. Le sue fotografie di pop-food hanno campeggiato su New York Times e Fortune magazine. Sono diventate adv per Braun, Panasonic, Gatorade, Kraft e Budweiser. Il fotografo nato a Boston, poco più che trentenne e di base a New York, scatta i suoi capolavori d'architettura culinaria e domestica con una macchina fotografica a banco ottico Arca-Swiss M Monolith, abbinata a un dorso digitale Phase One e con obiettivo Schneider da 60 o 80 millimetri, che catapultano lo spettatore proprio all'interno del cibo. «Ho iniziato a lavorare nell'industria della fotografia subito dopo essermi laureato nel 2007, principalmente assistendo grandi fotografi. Ma ho sempre amato la scultura, quindi lo still life è stato uno sviluppo naturale della mia professione», ha spiegato Kaplan, che collabora principalmente con il food stylist Brett Kurzweil.

Ultima collaborazione, la produzione della campagna nazionale super celebre negli Stati Uniti, Got Milk?, nata per incoraggiare il Paese all'uso di latte bovino e che ha coinvolto buona parte del firmamento di Hollywood. Kaplan sa trasformare normali spugne da cucina in maxi sculture e totem di colore, prodotti per l'igiene della persona, come saponette e cotton fioc, in serie di tetris ipervisivi. E per descrivere le sue opere scherza dicendo che: «Preciso è la giusta parola per raccontare il mio lavoro. Forse aggiungerei anche ossessivo compulsivo». Perché proprio di ossessione maniacale per la precisione fotografica si parla gurdando le sue composizioni. Ora contenute nel libro Things organized neatly, pubblicato da Universe e stampato da Rizzoli books, spin-off che porta sulla carta il lavoro di raccolta del blogger e curatore di Cincinnati, Austin Radcliffe, che ha fondato il Tumblr che santifica l'accumulo seriale e porta lo stesso nome del libro. Francesca Manuzzi

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Living

Re-editing the story

La maison Fendi riporta in vita il lavoro visionario di Guglielmo Ulrich e i mobili che aveva pensato per il Palazzo della civiltà italiana di Roma negli anni 30. Che oggi diventano una mini-capsule di tre pezzi d'artista e di due oggetti home, griffati Fendi Casa Un progetto nato a Roma negli anni che hanno preceduto la Seconda guerra mondiale. Un progetto che ha mosso i primi passi a Design Miami alla fine dello scorso anno. E un progetto che nelle giornate di questo Salone del mobile 2016 di Milano vedrà il suo battesimo worldwide. Fendi celebra il lavoro visionario di Guglielmo Ulrich rieditando una

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selezione di pezzi di design unici, ideati dal designer italiano negli anni 30 per l’Esposizione universale a Roma del 1938, ma mai realizzati (Ulrich ha fatto parte della squadra di progettisti, artisti ed intellettuali chiamati a dare forma all’Eur di Roma dove sorge il Palazzo della civiltà italiana, oggi sede della maison di Lvmh; gli ambienti erano stati

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Sopra e in apertura, i dipinti di Guglielmo Ulrich, Studio per il salotto del Commissario generale dell'E42 del 1939, che hanno ispirato il progetto di Fendi. Nelle foto sotto, da sinistra in senso orario, in primo piano, la poltrona S01 di Fendi, il divano D01 di Fendi, il tavolo T01 by Guglielmo Ulrich di Fendi casa icons con la poltrona P01 di Fendi. In apertura, in primo piano, la poltrona P02 by Guglielmo Ulrich di Fendi casa icons

pensati proprio per vestire le stanze di quello che comunemente è conosciuto come il Colosseo quadrato). «In Fendi c’è grande apertura verso la creatività. Indipendentemente dalle logiche di marketing, quando un progetto ci esalta, ci incuriosisce, lo elaboriamo in libertà. Opere prime di giovani o giovani più affermati, nomi grandi come Maria Pergay, iconica, una leonessa. Il fatto che siano stati realizzati progetti tutti molto diversi tra loro dimostra come nascano sul momento e non abbiano la logica di un percorso che debba finire da una parte precisa decisa a priori. L’idea di quest’anno è nata dalla ricerca storica sulla nuova sede e siamo caduti su disegni di Ulrich», ha spiegato Silvia Venturini Fendi, mente creativa di accessori, menswear e bambino della doppia F. «Perché non lavorare con un designer che non c’è, che però ha lasciato delle opere interessanti? Una collaborazione virtuale. Se si fanno cose belle, son belle sempre. Ci piaceva l’idea di chiudere il cerchio per uno spazio unico che ha vissuto vicende così forti. Come mettere le cose a posto». E allora ecco nascere la mini-collezione d'autore, che dopo le giornate del Salone del mobile di Milano verrà collocata all’interno del Palazzo della civiltà italiana, luogo per cui era stata originariamente concepita. E non solo, perché due elementi di questa selezione, la Poltrona P02 e il Tavolo T01 by Guglielmo Ulrich, saranno prodotti e commercializzati da Fendi Casa, entrando a far parte della collezione Fendi Casa Icons, insieme ai celebri pezzi disegnati da Maria Pergay nel 2013. Gli altri tre pezzi, ovvero il Divano D01, la Poltrona S01 e la Poltrona P01, saranno esposti come pezzi d'arte nella boutique della maison romana, in via Montenapoleone 3 a Milano. Stefano Roncato

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Overview

Ornamento non è delitto Un rovesciamento del saggio critico di Adolf Loos guida il design italiano. Lo conferma l'edizione 2016 del Salone del mobile, che invita a riconsiderare il classico, anche in abbinamento al contemporaneo, e suggerisce di leggere il nuovo inquadrandolo in atmosfere abitative differenziate, basate sul recupero del decoro

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Una nostalgia dell'antico proiettata verso un futuro tutto da dipingere, che pesca a piene mani dal passato. Il Salone internazionale del mobile 2016 promuove il nuovo classico organizzando la mostra «Before design Classic» e svelando il corto d'autore affidato alla regia di Matteo Garrone, con l'obiettivo di suscitare la meraviglia, quella delle dimore storiche, foderate di carta da parati e di sete fruscianti. Il filmato racconta di una dimora patrizia in riva al mare, con i muri umidi di muschio, che viene arredata da un gruppo di bambini che trascinano consolle e specchiere dorate. E offre una visione del classico emozionante, in bilico tra memorie decadenti e promesse di futuro, rappresentate dai bambini che, come in un gioco rituale, trasportano i mobili dalla spiaggia all'interno dell'ombrosa casa diroccata. Ed

è la casa al centro di questa edizione del Salone, da sempre concentrato più sul mobile singolo che sulla filosofia dell'interior. Assieme al classico questa attenzione segnala un cambiamento di rotta. Si torna a pensare sugli interni, soggetto privilegiato di numerose riflessioni filosofiche, a iniziare da Martin Heidegger, che nel suo saggio Essere e Abitare considerava l'abitare connesso inevitabilmente all'essere umano. La mostra «Stanze», promossa dal Cosmit, ente organizzatore del Salone del mobile, curata da Beppe Finessi e allestita alla Triennale nell'ambito della XXI edizione, affida questa riflessione a installazioni abitative curate da 11 progettisti, da Andrea Anastasio a Manolo De Giorgi, passando per Alessandro Mendini, Fabio Novembre ed Elisabetta Terragni solo per citarne alcuni, che hanno

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Nelle foto di queste pagine e in apertura, alcuni frames dal corto di Matteo Garrone dedicato alla mostra «Before design Classic»

immaginato personali interpretazioni dell'abitare. In sintesi questa edizione del Salone, oltre all'invito a riconsiderare il classico, anche in abbinamento con il contemporaneo per un'idea di abitare ibrida, capace di mescolare stili diversi, suggerisce di considerare le nuove proposte, non più come pezzi singoli, ma inquadrati all'interno di atmosfere abitative differenziate, basate sul recupero della decorazione. Che, a differenza di quanto predicava Adolf Loos, non è più un delitto, ma tendenza di puntuale attualità. Si riscoprono carte da parati per istoriare le pareti. Rinascono tessuti fantasia per vestire gli imbottiti. Spuntano metalli trascurati, come l' ottone con le sue calde luminosità, protagonista assoluto della collezione Ghidini 1961, un nuovo brand affidato all'art direction di Stefano Givannoni, che germoglia dalle solide radici di Ghidini Bosco, azienda bresciana, da 40 anni specializzata nella lavorazione dell'ottone. Ma Ghidini 1961 non è la sola nuova azienda a presentarsi sul palcoscenico della settimana del mobile milanese. Fa il suo ingresso anche Jcp, un nuovo marchio voluto da Livio Ballabio che si è avvalso dell’art direction di Ctrlzak e che ha già regalato un assaggio del suo catalogo nella cornice Teatro dell’arte/Triennale di Milano, con una performance teatrale. Il debutto di queste due nuove aziende, ciascuna con una propria originale filosofia e lontane da consueti parametri stilistici della disciplina che hanno prodotto collezioni modulate sulla ricerca di una omogenità segnica, è da considerarsi, grazie alla libertà figurativa di entrambi, di buon auspicio per una rinascita del design nel segno di una maggior libertà espressiva. E anche la mostra «Stanze» segnala una nuova attenzione all’arte d’arredare, trascurata a beneficio dell’esaltazione di pezzi icona, pensati più per essere esibiti su piedestallo, al pari d’opere d’arte, che per essere orchestrati in un insieme. E poiché si ritorna a pensare all’arredo, nelle sue molteplici possibili varianti e sfumature, ne consegue che anche il classico e la decorazione trovano spazio nel contemporaneo. Che allarga le sue braccia per accogliere inedite interpretazioni degli stili, rivisitati con audacia da progettisti della nuova generazione. Per quelle alchimie, più emotive che logiche, non è difficile prevedere un deciso cambiamento di rotta nel panorama della creazione, sia di design che di moda. I segnali sono già più che evidenti e il Cosmit li ha colti con tempismo, riservando un posto in prima fila al classico e alla decorazione, settori fiorenti in termini di fatturato, a torto, dimenticati dalla critica militante. E, forse, per l’edizione 2016 della settimana del mobile si potrebbe coniare un nuovo imperativo: Ornamento non è delitto, rovesciando il titolo Ornamento è delitto del saggio di Adolf Loos datato 1908. Cristina Morozzi

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Creative minds

Timeless mixage Britt Moran ed Emiliano Salci, anime creative di DimoreStudio e di DimoreGallery, saranno tra i grandi protagonisti del Salone del mobile 2016. Innamorati del bello, giocano con passato e presente per creare un'estetica raffinata, scevra da ogni nostalgia «Detesto ricreare il vecchio: affinché la ricetta risulti vincente, bisogna che questo sia mixato al nuovo, nelle giuste proporzioni». Emiliano Salci è il lato «favolosamente folle» della coppia creativa che si nasconde dietro DimoreStudio. Originario di Arezzo, nel 2003 insieme a Britt Moran, americano del North Carolina, ha fondato lo studio milanese di architettura e interior design, oggi conosciuto in tutto il mondo per la sua estetica intellettualmente cool. Da allora, il duo di strada ne ha fatta. Dall’arredare case deluxe in tutto il mondo al restyling di hotel cinque stelle (l’ultimo è stato Casa Fayette a Guadalajara in Messico), senza dimenticare i negozi, come quello di Maison Kitsuné a Parigi, di Aesop a Milano o con l'opening, programmato nei prossimi mesi, della boutique Pomellato in via Montenapoleone. E ancora gli appartamenti über luxury, come quello di Palazzo Fendi a Roma. «Eravamo e siamo innamorati del bello», hanno raccontato nella sala riunioni del loro headquarter di via Solferino, completamente rivestita in verdone scuro, colore signature delle loro creazioni. «E avevamo un’irresistibile voglia di vecchio, di old things trasformate, sempre nel rispetto del lavoro dei grandi designer come Ponti, Albini, Bo Bardi e Jean Prouvé. Così abbiamo iniziato a proporre la nostra visione, mixando nuovo e vecchio. E il pubblico ha iniziato ad apprezzarla». E il 2016 sarà un anno di ulteriori conferme. Per la prima volta DimoreGallery, la loro galleria d'arte, ha partecipato a MiArt, la Fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano, presentan-

do l’estetica classica del loro studio con alcuni historical pieces, e supportando una giovanissima designer italiana, Ilaria Bianchi che, con le rimanenze e gli scarti dei loro mobili e arredi, ha realizzato un enorme tavolo sustainable in marmo. Al Salone del mobile di Milano edizione 2016: «Presenteremo una nuova collezione di arredi che si identifica nell’uso del metallo, unito alle nuove grafiche di tessuti, tappeti e carte da parati», hanno aggiunto sprizzando entusiasmo e passione, come due bambini che non vedono l’ora di presentare i propri lavori. «Siamo partiti dagli anni 60 e 70, in particolare dalle creazioni di Nanda Vigo, di Maria Pergay, di Paul Evans, di Gae Aulenti, e abbiamo aggiunto un twist grafico di matrice paesaggistica, il tutto rivisitato in chiave contemporanea. Poi, abbiamo inserito alcuni pezzi della collezione Progetto Non Finito, nati da interventi di riappropriazione di oggetti storici, e due pezzi revival creati da noi negli anni (un tavolo e una poltrona, ndr), anch’essi presenti nel nuovo catalogo, pensato come un libro fotografico con immagini di Andrea Ferrari». Ma non è tutto: sempre per la Design week milanese, DimoreStudio ha collaborato con alcune aziende del settore creando alcuni progetti ad hoc. «Per Golran abbiamo creato una collezione di tappeti tra classico e contemporaneo», hanno continuato i designer, «le cui forme e linee geometriche rimandano al minimalismo e all’astrattismo post-pittorico americano. Insieme a Bitossi, invece, abbiamo realizzato una capsule collection di vasi, composta da quattro varianti, declinate in sette

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colorazioni diverse. Infine, per Cappellini, abbiamo lavorato a una collezione di lampade». E non mancano i progetti futuri. Dal 30 maggio al 5 giugno, durante i Designer days di Parigi, DimoreStudio sarà presente, con un’installazione, all’interno del Musée national Eugène Delacroix. Mentre per DimoreGallery, lo sguardo è verso l’interna-

zionalizzazione: «Vorremmo costruire un networking, una serie di partnership con altre gallerie del mondo, in modo da far conoscere i nostri prodotti di design (ora anche i tessuti, ndr) in tutto il mondo e», ha concluso il duo, «creare così una vera e propria rete di distribuzione». Angelo Ruggeri

Nelle foto, in alto da sinistra in senso orario, uno spazio di Casa Fayette a Guadalajara, la changing room di Palazzo Fendi a Roma, lo store Aesop a Milano, un ritratto del duo creativo composto da Britt Moran ed Emiliano Salci e l'ultimo allestimeno di DimoreGallery

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Museum

Naturali provocazioni

Da un'idea dell'architetto e museografo Luca Cipelletti e dell'imprenditore agricolo Gianantonio Locatelli, in occasione del Salone del mobile 2016, approda a Milano The shit museum. Tra arte, biomeccanica e prodotti realizzati in materiale ecosostenibile Conversazioni creative tra due mondi, in apparenza completamente diversi: arte e architettura da una parte, agricoltura, biomeccanica e natura dall’altra. Il fil rouge? Un museo, dedicato a uno degli elementi protagonisti della storia dell’intera umanità: lo sterco. E, forse, più importanti: partendo dallo scarabeo stercorario, considerato divino dagli antichi egizi ed eletto a logo del progetto, all’utilizzo degli escrementi per la costruzione delle prime architetture, fino alle citazioni nelle opere storico-letterarie come la Naturalis Historia di Plinio e alle ricerche scientifiche più attuali basate sulla trasformazione dello sterco in metano,

e, successivamente, in energia. The Shit museum è nato nel 2015 da un’intuizione dell’architetto museografo Luca Cipelletti e dell’imprenditore Gianantonio Locatelli, proprietario di un’azienda agricola di Castelbosco (Piacenza), che produce latte per il formaggio Grana Padano. Ed è uno spazio dedicato alla trasformazione, a: «Quell’abilità di trasmutare le sostanze naturali e ristabilire un più corretto rapporto uomo-natura», ha spiegato Cipelletti. Portando in scena dialoghi tra arte e natura, con opere di Carlo Valsecchi e di Roberto Coda Zabetta, per citarne alcuni. «È un grande museo a cielo aperto», ha aggiunto, «che

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Nelle immagini, alcuni interni di The Shit museum a Castelbosco (Piacenza). Sotto, una veduta dell'esterno dello spazio. In apertura di servizio, da sinistra, l’architetto museografo Luca Cipelletti insieme con l’imprenditore Gianantonio Locatelli

tratta di una delle risorse più preziose, spesso denigrata, ma capace di generare energia e creatività, in armonia con letteratura, storia, scienza e arte». Per il nuovo Salone del mobile.Milano ecco l’ennesima trasformazione, l’ulteriore evoluzione del progetto: The shit museum approda nella città lombarda e presenta i suoi prodotti primordiali, che ha realizzato in un’ottica di sostenibilità. Nel palazzo di via Santa Marta, progettato in stile neo-rinascimentale da Francesco Pestagalli e oggi centro di formazione non profit per l’artigianato e il saper fare esperto, in collaborazione con l’associazione 5Vie Art + Design, viene svelata la prima col-

lezione di Merdacotta, materiale realizzato mescolando sterco secco e argille toscane di alta qualità. Inserita in un concetto di anti-design, seguendo la filosofia del: «Back to basic... Partire dalla storia, dal passato, e basarsi sulla sostanza e non sulla forma», la produzione è declinata in piastrelle, vasi, portafiori, prodotti per la tavola come piatti, ciotole, insalatiere e brocche, oltre a una linea di arredi per la casa e un omaggio, quasi dovuto, a Piero Manzoni e alla sua Merda d’artista. Tutti questi prodotti diventano così oggetti di design, esposti nella stanza del cortile, inizio a un percorso creativo articolato. Al piano delle cantine, è stata portata

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una selezione di opere e reperti da Castelbosco, tra muri romani e pavimento in terra battuta. Nella prima sala, una proiezione di fotografie di Henrik Blomqvist. In quella accanto, le opere del pittore Roberto Coda Zabetta. «È un tributo a una materia primordiale, un pensiero rivolto alla Terra, la testimonianza di un processo di riciclo e rinascita, dove non esiste estinzione. Perché quello che si utilizza è sinonimo di quanto già esiste». Il percorso museale continua con il video Resurrection di Daniel Spoerri mentre in sala da pranzo, arredata con un tavolo quadrato apparecchiato, due sanitari sono chiamati a diventare sedute. Mentre una tv vintage proietta frammenti del film Fantasma della libertà di Luis Buñuel, che inverte il concetto di tavola e di toilette. Magistralmente, grazie a quella lucida follia che accompagna tutto il progetto. Angelo Ruggeri

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People

Dialoghi tra artisti Nella cornice della galleria Robilant+Voena di Milano, Hervé Van der Straeten racconta il suo design moderno, in una conversazione con opere passate di Poussin e di Warhol Per un mese e mezzo, i suoi mobili, lampade e specchi, celebrati in tutto il mondo, potranno dialogare con grandi autori del passato, da Nicolas Poussin ad Andy Warhol, le cui opere sono ospitate nella galleria Robilant + Voena di Milano. Fino al 31 maggio il designer francese Hervé Van der Straeten esporrà le sue creazioni in questo eclettico luogo d’arte. Una trentina di pezzi che mostrano il suo gusto per i materiali e la fluidità del movimento. In un dialogo unico nel suo genere. Domanda. Come mai non aveva mai esposto prima a Milano, una delle grandi capitali del design? Risposta. Forse perché ho un profilo atipico, io sono alla volta designer ed editore, sono pochi i colleghi che hanno una tale autonomia: io gestisco le unità produttive delle mie creazioni attraverso due atelier (uno per il bronzo, l’altro per il legno, ndr) nell’immediata periferia di Parigi, e nel contempo ho la mia galleria d'arte e oggetti (uno splendido spazio in una corte del Marais, ndr). È un modo di funzionamento atipico. Ma sono felice di essere in questa galleria milanese dove si incrociano autori classici e altri più contemporanei. Il confronto è interessante. D. In che modo i classici l’influenzano? R. Ho studiato alle Belle Arti, quindi ho un background aperto: Pietro Manzoni e i fiamminghi possono ispirarmi in ugual modo. La mia cultura classica traspare dall’uso di certi materiali e della loro lavorazione, ma le forme sono contemporanee. Tengo molto a questo mix tra tra-

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Nella foto, un ritratto di Hervé Van der Straeten scattato da Jo Magrean. Sullo sfondo, lo specchio Tumulte

dizione e modernità. Ammiro molto Frank Gehry o Ettore Sotsass, quest’ultimo soprattutto per la totale libertà di concezione. Anche se nel mio lavoro traspare sicuramente un certo gusto francese, non mi identifico particolarmente con questo, perché ho assorbito culture diverse, ho passato l’infanzia nei musei a osservare opere di maestri di tutti i Paesi, ho subito l’influenza estetica del Giappone, insomma il punto in comune è la ricerca dell’eleganza e un prodotto che si misura col tempo. D. Le sue materie di predilezione? R. Bronzo e legno, senz’altro, ma può essere anche la pietra, cerco sempre comunque di ottenere un’impressione di leggerezza. Il filo rosso delle mie creazioni è il movimento... cerco sempre di percorrere nuove direzioni. Nell’ultima ho esplorato il tema del pliage. C’è una grande semplicità nel mio lavoro, anche se questa richiede soluzioni tecniche sofisticate e un numero di ore di lavoro impressionante. D. E come avviene la genesi di un’opera? R. Il primo approccio è attraverso il disegno. Ho dei quaderni pieni di schizzi... Poi scelgo le materie e i colori che rinforzeranno l’idea di base. Più raramente parto dalla materia. Lavoro con artigiani francesi, formati alle mie tecniche, sono molto preciso, seguo ogni tappa dell’elaborazione, voglio che la parte posteriore e l’interno siano belli quanto le parti esposte. D. Com’è arrivato al design di oggetti di decorazione? R. Già da bambino disegnavo dei mobili. Dopo gli studi ho avuto un atelier di gioielli in metallo (negli anni 90, Van Der Straeten ha creato il famoso tappo dorato a cerchi concentrici del flacone di J’adore di Dior, ispirato a una collana Masai, ndr) poi ho cominciato a disegnare lampade, alla fine degli anni 90 sono arrivati dei mobili di bronzo. D. Che rapporto intercorre tra l’estetica dell’oggetto e il suo utilizzo pratico? R. Riconosco l’importanza della funzione, ma mi accordo una totale libertà creativa e nessun obbligo. In Francia c’è la nozione di meuble d’apparat, del bell’oggetto, l’utilizzo viene dopo. Silvia Manzoni

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Future living

La scultura fluttuante e interattiva e°Flow realizzata da Nik Hafermaas di Uerberall in tandem con E Ink Prism

Happening

SuperDesign show illumina il Tortona district di Milano. Il format dedicato al mondo dell'arredo-design, firmato Superstudio, arriva alla seconda edizione e svela un percorso fatto da 86 espositori, chiamati a scrivere le coordinate base dell'abitare di domani È come un viaggio attraverso le sfaccettature del contemporaneo. La seconda edizione di SuperDesign show, il format ideato da Superstudio che segue il progetto Temporary museum for new design, indaga sul domani dell'arredo. L’appuntamento è per la design week, in

calendario in contemporanea con il Salone del mobile. Milano, nel cuore del Tortona district. Per un evento che coinvolge la location ammiraglia del Superstudio Più in via Tortona 27 e anche gli spazi del Superstudio 13 in via Forcella con una superficie di 17 mila metri quadrati

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Nelle immagini, qui sopra, in alto da sinistra in senso orario, tavoli di Hand studio, la poltrona ArteFashionDesign, alcune sedute Lettera G, la consolle Moca e il lampadario Perseus disegnato da Marcel Wanders per Barovier&Toso

espositivi per 86 aziende. Progettato da Gisella Borioli con la direzione artistica di Carolina Nisivoccia, SuperDesign show è una tappa chiave nel circuito del Fuorisalone milanese per la sua capacità di leggere le tendenze contemporanee e di scatenare una riflessione mai banale su ciò che sarà la creatività domani. «Il design oggi deve essere in grado di anticipare necessità e di rispondere a domande concrete che vanno ben oltre il prodotto e processo di realizzazione», ha spiegato l’architetto Nisivoccia, «con SuperDesign show cerchiamo di comporre un puzzle che tenga conto di questo e che sappia comunicare in maniera efficace le visioni più diverse, i temi più attuali e realtà di grande qualità. Quest’anno abbiamo scelto un tema forte come White pages per evidenziare il desiderio di guardare oltre e di scrivere un capitolo nuovo legato alla creatività. Si tratta di un argomento che ogni partecipante ha sviluppato in maniera autonoma che trova una coerenza grazie a un allestimento comune di forte impatto realizzato grazie all’illustratore e artista Sandro Fabbri». SuperDesign show diventa quindi territorio di sperimentazione che spazia dalle interpretazioni dei big

come Barovier&Toso in tandem con Paola Navone, Citizen e Aisin tra gli altri, alla visione di nicchia firmata da Mario Cucinella e Pietro Travaglini. Il percorso espositivo ha una sola parola chiave, Next, a insistere sulla necessità di investire in ricerca, qualità e innovazione per creare un mondo nuovo tra sostenibilità e prodotto. E se da non perdere è l’installazione fluttuante e°Flow realizzata da Nik Hafermaas di Ueberall e i produttori di E Ink Prism, non è meno interessante addentrarsi tra le novità del Materials village, l’area allestita nell’Art garden che riunisce il meglio dell’innovazione con oltre 30 aziende tra le quali 3M che ha chiamato Stefano Boeri come special guest per un’installazione tra architettura e scienza. Estetica e progettualità sono poi i protagonisti della sezione Selected objects che guardano al design attraverso occhi internazionali, mentre sarà sicuramente una sorpresa la mostra «Mix It Up 2016», realizzata da PepsiCo design in collaborazione con, tra gli altri, Fabio Novembre, Karim Rashid, Lapo Elkann + Garage Italia customs, Benjamin Hubert, Jeremy Scott o Design group Italia. Barbara Rodeschini

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Meraviglie d’arredamento Alchimie estetiche, piÚ emotive che logiche. Il nuovo sfodera la capacità di mescolare stili diversi e suggerisce di considerare le nuove proposte come pezzi inquadrati in atmosfere abitative irriverenti. Basate sul recupero della decorazione e su un living dal sapore romantico

A cura di Cristina Morozzi

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Hubert le Gall

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Poltrona rivestita in velluto rubino con cuscino verde, corredato di foglie lanceolate.

Sullo sfondo, e in tutte le pagine del servizio, tessuti e carte da parati dalle collezioni 2014, 2015 e 2016.

Dedar

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Dimorestudio

Infinito, maxi paravento con griglia romboidale realizzata in ferro e ottone.

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Rubelli casa

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Silo, tavolo ovale con piano in legno e sostegni in radica e ottone. Design Pablo Donghia.

Lampadario monumentale realizzato grazie a un intarsio di lamelle in ottone dorato.

Cantori

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Fratelli Boffi

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Rebus, consolle realizzata in ottone e legno. Design Analogia project.

Leslie, poltroncina con seduta imbottita e schienale avvolgente, senza braccioli.

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Bonottoeditions

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Shylock, grande consolle con rivestimento in tessuto jacquard. Design Matteo Cibic.

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Delightfull

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Lampadario in ottone Matheny.

Zig, buffet in MDF intarsiato e policromo. Design Leonardo di Caprio.

Aucap

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Fendi casa

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Pagoda, grande divano ad angolo.

Nepi, libreria in legno. Design Giulio Iacchetti.

Internoitaliano

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ESCAPE FROM YOUR LANDSCAPE NUOVO SVILUPPO NORMANDY ISLAND - MIAMI BEACH

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Rockocò

castle Sulle colline di Cannes lo stilista Philipp Plein, insieme a Ergian Alberg e allo studio AquiliAlberg, ha immaginato la Jungle du Roi, magione opulenta ed esoticamente rock, vestita di nostalgia e pezzi d'autore testo Ludovica Tofanelli - foto Luke White

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Qui sopra, una veduta del salotto, con poltrone design, tavolini di specchi e chinoiserie antiche. A destra, dall'alto, un dettaglio delle boiserie immacolate, l'ingresso con le anfore di madreperla e il corridoio che porta alla sala giochi. In apertura, la scalinata decorata con un muro di cervidi in porcellana

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pulenza marmorea e fascinoso esotismo, con un tocco di irriverenza rock. Benvenuti nella Jungle du Roi di Philipp Plein. La grande villa dello stilista tedesco, che guarda verso la frizzante Cannes dall'alto delle colline francesi, è un mondo fatto di contaminazioni che confluiscono in un rococò cristallizzato. Una serie di ambienti all’interno dei quali si è intrufolato un dinamismo rockeggiante e dal sound di sottofondo un po’ folle, sempre sopra le righe. Gli spazi sono stati plasmati da Ergian Alberg, architetto dello studio meneghino AquiliAlberg che da diversi anni collabora con il creativo teutonico trapiantato a Milano, trasformando la sua visione creativa in un mondo tridimensionale. E che insieme allo stesso Philipp Plein

ha dato vita ad un progetto di design in continuo divenire, convertendo quella che era l’ambientazione tradizionale della casa secondo un gusto nuovo e contemporaneo, capace di riflettere il carattere dello stilista. Un carattere forte e una personalità intensa che guida anche la sua visione di moda. «Il mio uomo deve essere forte, coraggioso... Un vero e proprio urban fighter», ha spiegato il creativo, alla guida di un gruppo da oltre 200 milioni di euro di fatturato, in una recente intervista. «In un contesto sempre più difficile come è quello attuale deve trasmettere una grande energia, per portare a termine tutti gli obiettivi che si è prefissato. La donna che gli sta accanto? Sicuramente non deve essere classicamente elegante: non ho mai amato la donna bon-ton. Deve essere self

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Sopra, il salotto animato da zebre e voli di farfalle. Nella pagina accanto, dall'alto, la sala da pranzo minimal e il corridoio che porta alla spa

confident e deve essere capace di interpretare quello che indossa con una forte personalità. Quando indossa un mio capo deve diventare immediatamente riconoscibile e fascinosa agli occhi di tutti.... E il lusso, a mio parere, è anche questo». Sulla falsariga di questo concept, che è filosofia di vita per mister Plein, ha preso vita anche la magione francese. Un progetto inondato da un oceano di luce. Una luminosità permeante che evade dagli specchi riflettenti, pronti a caratterizzare la pluralità degli ambienti creando giochi di illusione. Lastre argentee, che ingannano la vista e amplificano la percezione degli spazi, diventano pareti mirror che si rincorrono nella sala giochi, che animano i lunghi corridoi verso la zona cinema, che vestono il salone dal caminetto antico, che

ornano la salle de bain minimalista o la cucina dalla monumentale isola marmorea. Quello stesso marmo dalle screziature black & white che forgia i tavolini bassi del salotto dedicato alla lettura, il grande tavolo da pranzo o le colonne-totem su cui si stagliano le anfore di vetro immacolato. Tra chinoiserie dal sapore futuribile, candelabri fantasmatici e grandi anfore madreperlate, gli spazi si animano grazie ai decori all-white pensati da Eichholtz, in un susseguirsi di boiserie da atelier e corridoi decorati da un esercito di cervidi in porcellana. Ad animare le varie stanze, una punteggiatura importante di pezzi di vero design: le lampade di Arco e Taccia realizzate da Achille e Pier Giacomo Castiglioni o lo chandelier futuribile Droplet disegnato da Ross Lovegrove per Artemide, i tap-

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Qui sopra, la cucina con la grande isola in marmo. Nella pagina accanto, dall'alto, la stanza da letto con baldacchino space e la salle de bain purista

peti furry di De Dimora o ancora le opere di Piero Fornasetti. In un tourbillon opulento dove il silver shining diventa filo conduttore tra i vari ambienti. Nel salone quasi primitivo, ornato di zebre gemelle firmate Versmissen. O negli spazi comuni. Perché nella giungla di Plein, tra il sauvage e l'imperiale, trovano posto anche una spa, una palestra, una piscina e un’area dedita al divertissement con un insolito Topolino in formato maxi. Perché d'altronde «Have fun!» è un po' il motto che caratterizza tutto l'universo del creativo tedesco. «Quando ho iniziato questo lavoro volevo fare qualcosa che mi rendesse felice... E che eventualmente mi facesse anche diventare ricco. Mi sono trovato in questo mondo per errore e mi sono ritrovato in un settore dove tutto sembra già esistere. Tutto! E ho

capito che se volevo avere successo avrei dovuto fare qualcosa di diverso altrimenti nessuno mi avrebbe capito... Ho capito che non sono la Coca-Cola, non sono per tutti. Io e il mio mondo siamo per l'1% delle persone... Negli anni ho capito che sono Coca-Cola con whisky». E questo suo essere unico si traduce anche negli ambienti della sua giungla domestica. Negli spazi privati della camera da letto, tra baldacchini futuribili e oggetti disegnati dallo stesso Philipp Plein. Ma anche in quelli dedicati alla convivialità, dove il tavolo purista di marmo e legno domina la stanza illuminata da chandelier barocchi. Perché, in fondo, la Jungle du Roi è davvero il set perfetto per una corte irriverente, lussuosamente contemporanea. E con un profumo decisamente rockocò.

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fendi casa Serie di tavolini bassi in legno zebrano e ottone

rubelli casa Lampade da tavolo in vetro e ottone. Design Pablo Donghia

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living divani

Rod, divano componibile ad angolo. Design Piero Lissoni

hubert le gall

Domino, specchio da parete con cornici in ottone

fragile

Langtang, tappeto grafico. Design Alessandro Mendini

La casa contemporanea, dopo essersi spogliata d’ogni decorazione per piegarsi agli imperativi di una forma adeguata alla funzione, priva di orpelli e decorazioni, si riveste. Una riflessione sull’abitare

e sulla sua centralità nella vita degli umani non può che iniziare dal famoso saggio del filosofo tedesco Martin Heidegger e intitolato Costruire, abitare, pensare. Composto negli anni 30, racconta

che: «Essere uomo significa essere sulla Terra come mortale», cioè abitare. L’abitare appartiene quindi al nostro essere umani e sulla nostra storia si modula e si evolve. Abitare significa lasciare tracce

del nostro modo di vivere, del nostro gusto, delle nostre passioni e delle nostre perversioni. Filosofi e scrittori, per conoscere l’animo umano, hanno indagato le tracce lasciate negli interni, considerati

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hervé van der straeten Tavolo con piano in marmo, gambe in legno di ebano e base in bronzo

orsi Tavolino basso in legno con bordo e sostegno in rame brunito

poltrona frau

nasonmoretti

Lloyd, buffet con ante scorrevoli. Design Jean Marie Massaud

Halo, lampada da tavolo, in vetro trasparente e opalino. Design Luca Nichetto

porro Voyage, sedia in legno con seduta realizzata in cuoio. Design Gam Fratesi

alla stregua di fodere dell’Io. C’è chi, come Xavier De Maistre, ha immaginato di compiere un viaggio attorno alla propria camera in cui si rinchiuse volontariamente per 42 giorni per poter scrivere i 42 capitoli del suo immaginario

viaggio tra gli oggetti che ne componevano l’arredo, descrivendoli minuziosamente (1790-94). Ogni oggetto presentato è occasione di divagazioni, aneddoti e pensieri filosofici. Nel porsi all’ascolto degli oggetti che componevano l’arredo

della propria camera De Maistre affronta una più ampia riflessione sul vivere e sulla sua epoca di cui gli oggetti sono eloquenti testimoni. Altrettanto fa Alberto Savinio con il suo Tutta la vita edito da Adelphi (2011). Nel suo libro regala una

voce agli imbottiti del salotto che, in sua assenza, si mettono a discorrere con voci sommesse, definite dall’autore di stoffa. L’antropologo francese Michel de Certeau immagina invece piccoli dèi che, abbandonate le foreste, abitano

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zanotta Ivo, sgabello in legno naturale

veneta cucine Artemisia, cucina dal sapore retro, con mobili in legno chiaro

seletti Dina, Anna e Maria Teresa, lampade ispirate ai vasi di Giorgio Morandi. Design Elena Salmistraro

frag Square, poltrona in pelle con gambe in metallo. Design Christophe Pillet

le case trasformandole in spazi fantasmatici. Mentre il critico d’arte Giorgio De Marchi teorizza che: «L’arredamento debba avere un tocco scenografico, corrispondente a un disegno accurato e coerente, necessario perché in ogni stanza si

cattelan italia Skorpio keramik, tavolo in ceramica Marmi color ardesia e base in acciaio. Design Paolo Cattelan

rappresenta, con tutta la grazia e il talento possibili, la recita della vita» (Dell’abitare, Sellerio, 1998). Queste non sono che spigolature di un fiorire di pensieri e riflessioni di teorici, scrittori, progettisti sull’abitare e sul suo ruolo centrale

nella vita dell’uomo civilizzato. Nel comporre l’arredo di una ipotetica casa contemporanea, con mobili e complementi proposti all’annuale Salone internazionale del mobile, senza la pretesa di indagare le sorti progressive del mondo, inevitabil-

mente si affronta una riflessione sull’evoluzione dell’abitare, sulla sua tonalità e sulle sue atmosfere, scandite dall’aggregazione di elementi selezionati per offrire una temperatura epocale dell’interior. Selezionando i progetti più recenti

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orsi Toilette in legno e cuoio con specchio a tre ante

vispring Letto matrimoniale di forma squadrata con piedini in legno

pierre frey Carta da parati dal decoro floreale liberty

citco Totem, lampada da tavolo in marmo Calacatta nero e oro. Design Ferruccio Laviani

fratelli boffi I troni domestici, serie di poltrone con struttura in legno a capote e cuscino di seduta imbottito

arabesque Tavolino in bronzo lavorato. Design Isabelle de Borchgrave

ci si rende conto di una modificazione in corso, di una nuova tendenza del design che, abbandonato il rigore disciplinare, si lascia contaminare dallo stile e dalla decorazione, prefigurando immagini d’interni all’insegna dell’eclettismo. La ca-

sa contemporanea, dopo essersi spogliata d’ogni decorazione per adeguarsi agli imperativi di una forma adeguata alla funzione, priva di orpelli e decorazioni, si riveste. I muri sono invasi da tessuti e carte da parati, decorate e

fiorate e sui soffitti ricompaiono gli stucchi. Gli imbottiti ammorbidiscono le loro forme e si addobbano di fantasie di ogni genere. Ritornano le antiche tipologie, trascurate a favore dei sistemi, pensati per accogliere e nascondere tutte le

tracce dell’abitare. Rinascono i paraventi, gli scrittoi, le poltrone a pozzetto, le credenze. Ricompaiono i materiali dimenticati, come l’ottone con le sue calde luminosità, il legno grezzo, le finiture preziose, i virtuosismi formali, il figurativismo.

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orsi Anella, tavolino in legno e ottone

fragile Lavabo a muro in marmo e ottone. Design Pier Francesco Cravel

victoria + albert Vasca da bagno vintage con robusti piedini

essential home Miranda, lampada da tavolo in ottone a forma di ananas

ritzwell Blava, sedia in legno con alto schienale e cuscini imbottiti

Il racconto domestico abbandona il suo scarno linguaggio per diventare drammaturgia, colorandosi di toni epici. Non è quindi un caso che la mostra promossa dal Salone internazionale del mobile, a cura di Beppe Finessi e intitolata «Stan-

ze!», sia stata ideata per mettere in scena diverse filosofie d’abitare, affidate al talento di un manipolo variegato di 11 progettisti. Non più uno stile dominante, un gusto contemporaneo cui adeguarsi, ma tanti quanti sono i progettisti,

riscattando persino il classico. Che rinasce, non come repertorio di stili del passato, ma come disposizione ad accogliere linguaggi espressivi più elaborati, capaci di dare conto anche della maestria esecutiva dei nostri artigiani.

Testi e ricerca Cristina Morozzi. Sullo sfondo, in tutte le pagine del servizio, opere di carta delle serie Last year in Marienbad e Berlin Stadtschloss realizzate dall’artista tedesco Simon Schubert

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the essex artSy temple I prati dell'Anglia orientale si animano con una casetta dalle pareti in maiolica, firmate Shaws of Darwen, e con un cuore dipinto d'arte dalla star Grayson Perry

testo Francesca Manuzzi - foto Jack Hobhouse

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Nella foto, una veduta esterna dell'edificio A house for Essex realizzato da Grayson Perry con FAT architecture e Living architecture

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Una cappella votiva. Un tempio digitale dell'arte. Fil rouge, le piastrelle verde oliva, firmate Shaws of Darwen e prodotte da Szerelmey, il rosso carminio onnipresente e una serie di maxi opere antropomorfe, curate da quel gran genio d'artista di Grayson Perry. Nato a Chelmsford e cresciuto tra i piccoli centri di Broomfield, Bicknacre e Great Bradfield, Perry è uno dei massimi artisti contemporanei del Regno Unito, con un Turner prize e un Bafta nel suo curricula e una mostra in corso, che durerà fino a maggio, al Museo d'arte contemporanea di Sydney. Ha coniato, in tre anni di lavoro in tandem con Living architecture, studio di architettura fondato in Inghilterra da Alain de Botton, e FAT architecture-Fashion architecture taste, una delle voci più provocatorie e stimolanti del panorama inglese degli ultimi

vent'anni, il progetto A house for Essex. Una casa a Wrabness, sulle rive dello Stour, nella florida regione dell'Anglia orientale. Una straordinaria opera tempestata con più di 1.900 piastrelle in ceramica bianca e verde sbalzate da Perry con l'icona di Julie Cope, una sorta di madre-Madonna, una santa immaginaria rimasta vittima di un incidente stradale, per l'impatto con lo scooter di consegna-pizze, e una serie di oggetti simbolo a lei associati. L'edificio, che racchiude la sinergia tra design e arte e funge da monumento e cappella di pellegrinaggio, riporta i tratti tipici delle chiese medievali Stave, allora realizzate con grandi travi in legno e poste a formare una struttura dall'abside acuminata e l'architettura barocca britannica. «L'opera è uno statement radicale che racconta la capacità dell'architettura di

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In queste pagine, da sinistra in senso orario, il salone con balconate gemelle, la sala da pranzo, l'ampia vasca all'interno del bagno padronale e la camera da letto decorata da un murales gigante

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In questa pagina, dall'alto, le piastrelle con simboli della vita di Julie Cope, la donna immaginaria a cui è dedicata la casa, una veduta esterna della casa-cappella e altre piastrelle raffiguranti la Cope. Nella pagina a fianco, l'ingresso della casa con affaccio sul fiume Stour

narrare e comunicare storie attraverso decorazione, ornamento e simbolismo. Formalmente», ha spiegato Charles Holland di FAT architecture, «è come una matrioska, che racchiude una serie di archetipi base delle forme possibili per erigere una casa, in scala 1:1 sulla collina». Gli interni si animano di statue e fregi di ceramica fatta a mano firmati da Perry per raccontare la storia di Julie, una qualunque donna dell'Essex secondo l'artista. Dietro la piccola porta rossa, quella dei sogni reconditi di qualsiasi bambino, si nasconde un pavimento dal maxi teschio messicano che commemora Julie. Quella Julie che troneggia anche a grandezza naturale sopra al caminetto, in una sorta di altare rosso fuoco che anima il salotto, in cui non mancano maxi quadri con scene di vita quotidiana iper colorata dipinti da Grayson Perry, appesi in rigorosa simmetria sopra ai divani doppi customizzati da Millimetre. La dama protegge la sua casa, costruita dall'azienda Rose builders, affissa al muro, posta al centro di due balconcini a cui si accede dalle camere da letto gemelle, che si affacciano a est e ovest sui parchi dell'Essex e possono ospitare fino a quattro persone per brevi periodi di vacanza. Cucina, sala da pranzo e bagno ritornano verdi di quella stessa porcellana con cui si plasma l'esterno della casa e le movenze spartane delle camere da letto, ospitano grandi quadri raffiguranti la Santa, assieme al marito. «Living architecture mi ha proposto di collaborare con FAT per creare una cappella secolare placcata d'oro e il risultato», ha concluso Perry, «è un masterpiece d'arte, una finzione in cui poter vivere, un tempio dell'era digitale e un omaggio al mio Paese natale».

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SANGIORGIO MOBILI: UN MONDO DI QUALITÀ, STILE E CREATIVITÀ L’azienda brianzola è una prestigiosa realtà produttiva nell’arredamento, riconosciuta in Italia e nel mondo, con una forte presenza nel Medio Oriente

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uella della Sangiorgio Mobili di Biasso­ no (MB) è una storia di grande passio­ ne artigianale coniugata a uno spiccato spirito industriale e un forte dinamismo im­ prenditoriale. L’azienda nasce in Brianza, nel secolo scorso e affonda le sue radici nell’arti­ gianato tradizionale di questa zona, caratteriz­ zato da elevati standard qualitativi ed estetici che costituiscono i tratti distintivi e universal­ mente apprezzati della produzione ‘made in Brianza’. E’ la più vecchia azienda documentata nel campo dell’arredo in Brianza. Basti pensa­ re che gli antenati della famiglia Sangiorgio erano nel campo del legno oltre 300 anni fa. L’imprinting industriale che ha caratterizzato lo sviluppo degli anni ‘80 e le iniziative impren­ ditoriali della famiglia Sangiorgio hanno con­ tribuito alla creazione di una prestigiosa realtà produttiva nell’arredamento, riconosciuta sia in Italia che all’estero. Tutto questo fa di San­ giorgio Mobili un’industria, moderna ed evolu­ ta, che ha saputo fondere la tradizionale filiera produttiva di altissima qualità ai dinamismi del nuovo millennnio, caratterizzato da elevatis­ sime esigenze di immagine e da un mercato sempre più globalizzato. L’azienda negli anni 2000 si è strutturata come una moderna holding con diverse sedi produt­ tive sul territorio della Brianza. Nei più impor­ tanti e strategici Paesi sono stati aperti uffici

Un interno delle Ganhem Al Thani residences a Doha

commerciali per seguire la divisio­n e business contract. La direzione generale e il coordina­ mento progetti rimangono nella storica sede di Biassono, dove si trova anche il principale impianto produttivo, che sorge su un superfi­

Il bar-ristorante del California Compound a Riyadh

All’estero focus sul Medio Oriente Nel Medio Oriente Sangiorgio realizza il 60% del suo fatturato estero. La sede principale a Doha conta un ufficio con 6 persone operative a livello tecnico/commerciale. Uffici e personale di Sangiorgio sono attivi inoltre in tutti i principali Paesi del Medio Oriente: Riyadh, Dubai, Abu Dhabi. Tra i progetti di spicco di Sangiorgio in Medio Oriente possiamo annoverare Qatar Foundation Student Housing, il più prestigioso campus universitario del Medio Oriente e Asia, con 1.200 appartamenti a 6 stelle per gli studenti; Ghanem Al Thani residences, 9 grattacieli residenziali con il più alto livello qualitativo di interior a Doha; Arizona Golf Resort, il più esclusivo complesso residenziale di 350 ville di tutta l’Arabia Saudita; California Compound, un compound extra lusso di 600 appartamenti a Riyadh.

cie di 20.000 mq coperti. Il core business dell’azienda si divide tra mer­ cato retail (22% fatturato) e mercato contract (78% fatturato). Ognuna delle divisioni ha una propria struttura interna e commerciale ben definita, mutuando tuttavia le sinergie proget­ tuali e le innovazioni tecnologiche e di prodot­ to. Il know-how e le esperienze acquisite nel settore retail trovano applicazione nel merca­ to contract, dove Sangiorgio si pone come un player esclusivo e completo, attraverso una gestione integrata di processo: partendo dal concept, si ingegnerizza il prototipo, si produ­ ce l’intera gamma e si eseguono tutte le fasi di logistica e installazione, fino al servizio di ma­ nutenzione e post vendita negli anni successi­ vi. Nel 2015 l’andamento del mercato contract assorbe il 35% in forniture per hospitality, il 45% in com­plessi residenziali e il 20% in arredi per ufficio, a testimonianza della capacità di copertura di tutte le possibili casistiche pro­ gettuali e della flessibilità produttiva. Sangiorgio ha realizzato negli ultimi 5 anni oltre 2.000 unità abitative, tra appartamenti, residences e camere di albergo, con prodotti disegnati ad hoc e materiali e finiture selezio­ nati con i clienti.

Case&Country for Sangiorgio Mobili

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Arcobaleni estremi, geometrie folkish, font e zig zag tridimensionali iperdecorano il nuovo abitare. Con pezzi dai cenni cartoon e rimandi alla tradizione italiana 01-gufram. Psychedelic Cactus, edizione limitata firmata Paul Smith. 02-ILLULIAN. Malibu, morbido tappeto a fantasia geometrica multicolor. 03-KVADRAT. Seggiovia, poltrona riprodotta grazie alla Fondazione Franco Albini in tessuti Kvadrat/Raf Simons. 04-SPAZIO PONTACCIO. Credenza, mobile della capsule collection disegnata da Patricia Urquiola + Federico Pepe. 05-SELETTI. Alphacrete, lampada al neon in un involucro di cemento. 06-OFFISERIA. Elementi, sottopentola ovale in legno intagliato.

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07-ESSENTIAL. Sacchino, special edition. 08-MATTEO THUN ATELIER. Oggetti customizzabili. Design Matteo Thun. 09-DOLCE & GABBANA. FAB28 di Smeg, 100 frigoriferi creati da artisti siciliani secondo l’arte del Carretto. 10-RAW EDGES. Herringbones, oggetti realizzati con la sperimentazione del plastidip e d’immersione nel liquido. 11-ANTONIO COLOMBO ARTE CONTEMPORANEA. Caffettiera, oggetto banale, scultura, 1980. Design Alessandro Mendini ricerca di Cristiano Vitali

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Gli atelier pongono al centro dello studio la massima funzionalità come forza dell’oggetto, in un mix di pezzi dalla doppia anima. Multi uso e multi approccio 01-SOQQUADRO. Sofa bed box, da divano a letto in poche mosse. Progetto a cura di Antonella Potena. 02-WP STORE. Fusiontables, tavolo con piano amovibile, utilizzabile per il pranzo o per giocare a biliardo. 03-campeggi. Chit Chat, tavolino composto da un set di quattro elementi utilizzabili anche come sedute. 04-internoitaliano. Clez e Cloz, grembiule unisex in tessuti di due pesi. 05-mdf. Thea, sistema di imbottito con un lato in tessuto di rivestimento del divano, l’altro con trapunta double face.

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Design Lina Obregón e Carolina Galan. 06-MOGG. Once upon a light, lampada da terra e a soffitto, con base in marmo e paralume da realizzare con un libro. 07-LAGO. Air, cucina a isola circolare dal piano-tavola rotonda, che accoglie chef e ospiti. Design Daniele Lago. 08-LUCEPLAN. Cappuccina, lampada abat-jour con paralume o punto luce. 09-LIGNE ROSET. Slice, poltrona che aggiungendo frammento dopo frammento si trasforma in chaise longue. Design Pierre Charpin. ricerca di Cristiano Vitali

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Rétro tech

Fascinazioni d’antan per una serie di oggetti dal sapore anni 90. A delineare la rivoluzione nostalgica della tecnologia, fra calcolatrici, cucù e giradischi cibernetici

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01-SAMSUNG. Serif TV, televisore chiuso in una cornice con gambe sottili. Design Ronan ed Erwan Bouroullec. 02-INTERNOITALIANO. Neri, famiglia di penne e porta-mine con vite di contrasto in ottone per regolare mina e pennino, come accadeva nei vecchi compassi. Design Giulio Iacchetti. 03-SONY. PS-HX500, giradischi con pratico ingresso USB per convertire le incisioni in vinile in file ad alta definizione. 04-DOSSOFIORITO. Balena, caraffa basculante in vetro su una base in marmo. 05-BRIONVEGA. TS 217 Wearit, speaker

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bluetooth ispirato alla radio icona degli anni Settanta TS207. 06-CAPPELLINI. Orla Plus, divano vagamente curvo. Design Jasper Morrison. 07-ALESSI. Comtoise, orologio da parete con nome ispirato a una contea francese del ‘600. Design Studio Job. 08-ROSSO CUORE. Profumatori per ambiente a forma di soffici pasticcini. 09-PUNKT. MP 01, telefono in grado di ricevere telefonate e spedire messaggi. Niente email, niente internet. Design Jasper Morrison. ricerca di Cristiano Vitali

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Una nuova visione sull’arredamento extra luxury, editato per il Salone del mobile 2016. Direttamente dagli atelier più opulenti, arrivano decisi cenni della tradizione asiatica 01-LLADRÓ. Mademoiselle, lampada in porcellana pastello fatta a mano. 02-ARMANI/CASA. Club, mobile bar con base in noce e ante in lacca motivo Oceano. Prodotto a mano in edizione limitata di 50 pezzi numerati e firmati. 03-TEXTURAE. Masami, carta da parati. 04-KANZ ARCHITETTI. M.U.M., brocca panciuta in ceramica opaca e brunita. 05-FATBOY. Ombrelloni a fantasia orientale Parasolasido. 06-vitra. Mother and Child, pesci decorativi in legno. Design Alexander Girard. 07-TONELLI DESIGN. Opalina, mobile

toeletta in vetro trasparente. Design Cristina Celestino. 08-BOTTEGA VENETA. Servizio in porcellana dipinta a mano e posate in acciaio inossidabile. Design Tomas Maier. 09-ERMENEGILDO ZEGNA. Adam & Eve, cabinet della serie Barrique, la terza vita del legno, realizzata dai ragazzi di San Patrignano. Design Peter Marino. 10-NESTA & LUDEK. Tappeto in lana a forma di ombrellino giapponese Koi. ricerca di Cristiano Vitali

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Una casa-museo. Una residenza in cui coabitano pezzi dal design puro, meticciato con ingerenze africane e frammenti di vita della baronessa e scrittrice danese 01-HERMèS. Car nets d’Équateur, piatto con illustrazioni di elefanti disegnato dall’artista Robert Dallet. 02-LEXUS. Aniknown, progetto di Ayami Marugata di abiti per animali. 03-LOUIS VUITTON. Objects nomades, chaise longue in pelle, pieghevole e trasportabile. Design Marcel Wanders. 04-FUNKY TABLE. Cestini portafrutta realizzati con la tecnica dello scobidou da Elsa Randé. 05-morelato. Rotolino, panca, poltroncina e chaise longue realizzata

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con un morbido materassino imbottito. Struttura in frassino. Design Libero Rutilo. 06-funky table. Cuscini ricamati a mano sull’isola di Goré, Senegal. Edizione limitata in collaborazione con CSAO. 07-ZPSTUDIO TOOLS. Centrotavola dal design basso e ovale in bronzo. 08-porro. Traveller, daybed con struttura a cavalletto. Design GamFratesi. 09-AMINI. Arena, tappeto a motivo geometrico, parte della collezione Lune ispirata ai disegni di Gio Ponti. ricerca di Cristiano Vitali

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extra ordinaire Una Wunderkammer dell'oggi. In un teatro del '500, nel cuore di Arezzo, va in scena il progetto «The 21st century cabinet of curiosities» studiato dalla galleria d'arte Theatrum Mundi con la collaborazione di Roberto Baciocchi testo Matteo Minà - foto Massimo Listri

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na moderna Wunderkammer. Una camera delle meraviglie ricavata in un teatro affrescato del '500, e attualizzata al 21esimo secolo. Un luogo magico, nel centro di Arezzo, dove trova spazio una collezione di 52 pezzi unici e straordinari, per un viaggio che parte dall'Antico Egitto di Ramses II e raggiunge la moderna pop-art di Andy Warhol. Con il rosso a fare da filo conduttore nelle cromie degli spazi. E un leitmotiv comune: meravigliare il visitatore con opere insolite di tutti i tempi e i luoghi. Ecco è questo lo spirito dell'exhibition-happening The 21st century cabinet of curiosities, progetto svelato dalla galleria d'arte Theatrum Mundi. Uno spazio esposi-

tivo voluto dal collezionista e cacciatore dell'insolito nel mondo dell'arte Luca Cableri, in partnership con l'architetto Roberto Baciocchi che ne ha curato anche il set design. Senza un preciso percorso temporale e senza didascalie per distaccarsi dalla metodologia museale, all'interno di una location di 180 metri quadrati hanno trovato spazio una tuta spaziale sovietica, il mega cranio fossile di triceratops, passando per una meteorite risalente a 14 milioni di anni fa. Ma anche il manichino originale del film I-Robot direttamente dai set cinematografici della 20th Century Fox, e la forchetta da cannibali delle isole Fiji. O, nello studiolo segreto ricavato all'interno della libreria realizzata con legno

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In queste pagine e in apertura di servizio, alcune stanze allestite da Roberto Baciocchi per il progetto «The 21st century cabinet of curiosities» della galleria Theatrum Mundi ad Arezzo, tra quadri arcimboldeschi, animali esotici, tute da astronauta, aracnidi preistorici e costumi tradizionali tribali

antico, mobili guardaroba creati da Baciocchi, che diffondono musica una volta aperti. «Avevo in mente di creare qualcosa di diverso per meravigliare, e questi oggetti ne sono la prova», ha spiegato Luca Cableri. «Con un investimento enorme, iniziato dall'acquisto del primo pezzo a Bruxelles nel 2005, ogni oggetto è stato reperito all'estero dopo un'attenta valutazione da parte di una nostra equipe commerciale e accademica sparsa in tutti i continenti, un gruppo che ci segnala vari oggetti che poi studiamo e paragoniamo a quelli nei musei per verificarne l'autenticità». La galleria, che sarà aperta su appuntamento, punta a un mercato soprattutto estero. «Le opere», ha proseguito Cableri, «con un prezzo da 5 mila a 300 mila euro circa e tutte con un passaporto per la commercializzazione, si rivolgono a collezionisti oltreconfine, perché a nostro avviso il mercato inizia a essere ricettivo. Per questo riprodurremo una parte dell'allestimento durante alcune mostre d'arte internazionali. Inoltre la collezione sarà in fieri, nel 2017 allestiremo una galleria solo sulle stranezze della storia naturale. Poi, due anni

dopo, per i 50 anni dell'uomo sulla Luna faremo uno speciale sullo spazio». Durante il cocktail dinner di inaugurazione, a cui ha partecipato il critico d'arte Philippe Daverio, è stato svelato anche il catalogo con foto di Massimo Listri che spiega il lavoro di ricerca e le varie connection di ogni oggetto, perché viene considerato raro e per quale scopo è stato concepito. «Dal primo contatto con Cableri, ho trovato il progetto interessante e di rottura, per questo ho aderito sia progettualmente che economicamente, finanziando tutto l'allestimento», ha spiegato Roberto Baciocchi, conosciuto a livello internazionale per la realizzazione di abitazioni haut de gamme e di spazi retail nel mondo del lusso, quelli per il gruppo Prada in primis. «In un momento di standardizzazione del design, questa è un'iniziativa che mette in luce oggetti straordinari, che fanno riflettere e creano emozioni. Ho lavorato sulla teatralità... Ecco il perché del rosso che si ispira alle tende dei teatri, declinato però in maniera moderna per un'atmosfera più coinvolgente e decisamente passionale».

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60 anni di innovazione

«Il design è scrivere il nuovo... È la capacità di progettare sistemi evoluti a livello tecnologico, per rispondere alle esigenze dell’abitare contemporaneo», ha detto Davide Malberti, amministratore delegato di Rimadesio, realtà simbolo del made in Italy È uno dei nomi che ha fatto la storia dell'interior design made in Italy. Rimadesio, che nasce nel 1956 in Brianza, cuore del distretto dell’arredamento, si è imposto sulla scena internazionale grazie a un’offerta trasversale a base di sistemi componibili per la zona giorno, librerie, porte scorrevoli, cabine armadio e una collezione di complementi. Cifra distintiva della produzione è stata, da sempre, la capacità di sintesi tra architettura d’interni ed elementi d’arredo in una visione che definisce un nuovo standard dell’abitare contemporaneo. Come ha spiegato in questa intervista Davide Malberti, amministratore delegato della società. Domanda. Rimadesio festeggia 60 anni di attività... Come si è evoluta l'azienda dalla fondazione ad oggi? Risposta. Sono passati 60 anni e il nostro è stato un percorso all’insegna dell’innovazione e della capacità di progettare sistemi evoluti per la casa che ha dato vita a un linguaggio esclusivo e internazionale, a uno stile rigoroso e funzionale, a un approccio concreto capace di rispondere alle esigenze dell’abitare contemporaneo che si esprime attraverso un mood sofisticato ed elegante. D. Quali sono i codici che caratterizzano il vostro abitare?

R. L’equilibrio e l’armonia estetica dell'ampia gamma di prodotti sono il principale segno, soluzioni attraverso le quali promuovere un’idea moderna di libera organizzazione dello spazio. La collezione è omogeneamente caratterizzata da qualità tecniche sperimentali, associate a un design di estrema raffinatezza. Sistemi e complementi evoluti dal punto di vista tecnologico, pensati per un pubblico sempre più attento alla qualità dei dettagli. Progetti che hanno spesso ridefinito l’archetipo stesso di questi elementi. Soluzioni intelligenti analizzate e sviluppate in ogni singolo particolare. Sistemi, la cui semplicità formale è il risultato di continui investimenti tecnologici finalizzati alla ricerca dell’eccellenza in ogni fase del processo produttivo. D. Il 2015 è stato un anno record sia dal punto di vista finanziario che da quello progettuale che, tra le altre cose, ha visto anche l'arrivo di un Red dot award... Che cosa vi aspettate da questo 2016? R. Il 2016 è iniziato in modo positivo grazie ai buoni incrementi delle vendite sul mercato interno e in generale su molti mercati esteri. Abbiamo fiducia nel mercato italiano, in ottima ripresa da settembre e soprattutto nel mercato

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Nella foto a lato, Davide e Luigi Malberti, alla guida di Rimadesio. Nelle altre immagini, prodotti creati dal brand

europeo, in Germania, Spagna, Francia, Austria e Svizzera, dove la distribuzione è consolidata, grazie alla presenza di 8 showroom monomarca. Non solo, abbiamo buone aspettative anche per Stati Uniti, Russia e Medio oriente dove stiamo affrontando alcuni importanti progetti residenziali e pubblici. Sotto l'aspetto progettuale speriamo di ricevere anche quest'anno un riconoscimento per i continui investimenti nella ricerca e nella tecnologia. D. Quali sono le novità ch eporterete al Salone del Mobile? R. La collezione arredo viene ampliata con le nuove madie Self Bold e Alambra e con due nuove versioni dei tavoli Manta e Long Island. La novità più rilevante riguarda le sofisticate superfici metalliche e i 39 colori esclusivi della gamma Ecolorsystem offerti sulla quasi totalità dell'intera collezione, dalle porte scorrevoli alle cabine armadio, dalle librerie alle porte: una proposta complessa, oggetto di costanti aggiornamenti, che permette infinite combinazioni all’insegna della ricercatezza e dell’eleganza. D. Tecnologia, visione sostenibilità dell'abitare sembrano le parole chiave di Rimadesio, come svilupperete questi temi nei vostri progetti? R. Materiali preziosi e riciclabili come vetro e alluminio sono i protagonisti assoluti delle collezioni. Il know how acquisito in 60 anni di ricerca nella lavorazione dei materiali viene alimentato grazie all’utilizzo di tecnologie sempre più evolute, che non trascurano l’apporto manuale dell’uomo e permettono di esplorare soluzioni inedite. Lavorazioni speciali e sempre rispettose dell’ambiente, assenza di sostanze tossiche per l’uomo e nocive per l’ambiente in ogni fase del processo produttivo, utilizzo di tecnologie e macchinari evoluti alimentati con energia pulita proveniente da impianti fotovoltaici di ultima generazione. Un Dna green, posto alla base di ogni scelta strategica e che contribuisce alla definizione di una mentalità moderna, orientata verso una dimensione contemporanea e internazionale. D. Quest'anno torna a Milano la XXI Triennale, cosa rappresenta per voi e com'è nata la vostra partecipazione alla mostra «Stanze. Altre filosofie dell'Abitare»? R. Rimadesio condivide pienamente lo spirito della XXI Triennale di Milano e da sempre esprime nella propria mission aziendale i valori della ricerca e dell’innovazione attorno al mondo del progetto. Abbiamo sposato con entusiasmo questo progetto espositivo che invita a una riflessione attorno ai temi dell’abitare contemporaneo e siamo contenti di poter collaborare con l’architetto Duilio Forte nella realizzazione della sua stanza. Abbiamo un’anima differente ma complementare e ci unisce la stessa passione per la ricerca, la sperimentazione e la capacità di non fermarsi al già visto che spero possa emergere anche in questa installazione. D. Oggi cos'è il design? R. Il design è innovazione e capacità di progettare sistemi funzionali ed evoluti dal punto di vista tecnologico, in grado di rispondere alle esigenze dell’abitare contemporaneo, pensati per un pubblico sempre più attento alla qualità dei dettagli, alla definizione di un’immagine essenziale ma ricercata, alla personalizzazione di ogni soluzione attraverso materiali, finiture e lavorazioni esclusive. Barbara Rodeschini

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Indirizzi

il quotidiano dei mercati finanziari

Direttore ed Editore Paolo Panerai Direttore ed Editore Associato Gabriele Capolino Direttore Pierluigi Magnaschi

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Direttore Giampietro Baudo (gbaudo@class.it)

Responsabile Moda e Design Stefano Roncato (sroncato@class.it) Grafica Valentina Gigante (vgigante@class.it) Hanno collaborato Cristina Morozzi (special design consultant) testi

Francesca Manuzzi, Angelo Ruggeri, Silvia Manzoni, Matteo Minà, Barbara Rodeschini, Ludovica Tofanelli, Cristiano Vitali foto

Henrik Blomqvist, Larry Clark, Simone Fiorini, Jack Hobhouse, Massimo Listri, Glen Luchford, Silvio Macchi, Jo Magrean, Phil Meech, Paola Pansini, Silvia Rivoltella, Gosha Rubchinskiy, Luke White, Adam Wiseman

Presidente Victor Uckmar Vice Presidente e Amministratore Delegato Paolo Panerai Vice Presidenti Pierluigi Magnaschi, Luca Panerai Consiglieri Delegati Gabriele Capolino, Andrea Mattei Consigliere per le Strategie e lo Sviluppo Angelo Sajeva Concessionaria Pubblicità Class Pubblicità spa Direzione Generale: Milano, via Burigozzo 8 - tel. 02 58219522 Sede legale e amministrativa: Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 Sede di Roma: via Cristoforo Colombo 456 - tel. 06 69760887 - fax 06 59465500 Presidente, Angelo Sajeva VP Sales, Gianalberto Zapponini Vice Direttore Generale Stampa e Web Business & Luxury, Stefano Maggini Per Informazioni Commerciali: mprestileo@class.it Class Editori spa Direzione e Redazione 20122 Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 - fax 02 58317429 Amministrazione e abbonamenti: 20122 Milano, via Burigozzo 5 tel. 02 58219285 - 02 5821929 - fax 02 58317622 Registrazione al Tribunale di Milano n. 210 del 19/4/86 Distribuzione Italia: Erinne srl - via Burigozzo 5, 20122 Milano - tel. 02 58219.1 Responsabile Dati Personali Class Editori spa, via Burigozzo 5, 20122 Milano Stampa: G. Canale & C. S.p.A. viale Liguria 24, 10071 Borgaro (To)

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I social

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Asko, l’eccellenza svedese sbarca in Italia Il marchio di lifestyle è tra le novità più interessanti della 55a edizione del Salone del Mobile.Milano

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tra i pochi marchi del mondo del design degli elettrodomestici ad essersi aggiudicato sette RedDot design award, si tratta di Asko che debutta per la prima volta quest’anno nell’ambito del Salone del Mobile.Milano in calendario dal 12 al 17 aprile. Nato in Svezia nel 1950, Asko rappresenta la sintesi perfetta tra l’estetica e l’affidabilità di matrice scandinava con un touch human friendly. Una caratteristica questa, che risale alla sua origine quando Karl-Erik Andersson decise di costruire una lavatrice artigianale per rendere più semplice il quotidiano della madre. Da quel momento in poi, ogni prodotto a marchio Asko si è sempre distinto per l’attenzione nei confronti della qualità della vita. Un impegno che si misura con un approccio pragmatico

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per risparmiare tempo ma anche nella ricerca della sostenibilità e non è un caso che Asko sia certificata Iso 14001 e che sia l’unico produttore di lavatrici e lavastoviglie al mondo a cui è stato assegnato il marchio Swan, il più prestigioso riconoscimento scandinavo per l’ecosostenibilità. Distribuita in 35 paesi, dall’Australia agli Usa passando per Europa, Asia e Medio oriente, la realtà svedese è tra i protagonisti più attesi di Eurocucina, la sezione del salone del mobile dedicata agli ambienti

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per cucinare con cadenza biennale che occupa i padiglioni 9-11 e 13-15 del polo espositivo di Fiera Milano Rho, dove avrà modo di dimostrare la sua autorità in materia di elettrodomestici. Con un catalogo trasversale, che comprende lavabiancheria, asciugatrici, lavapiatti, forni, piani cottura e cappe ad uso privato e professionale, Asko basa il suo successo sulla capacità di produrre apparecchi per la cucina, la lavanderia e ad uso professionale di altissimo profilo con una particolare attenzione ad affidabilità

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e design. Quello di Asko è un concetto di lifestyle che rende gli oggetti di uso quotidiano dei veri e propri elementi di un arredo raffinato che mette al centro la persona, il suo tempo e l’ambiente che la circondano. «Partecipare alla 55esima edizione del Salone del Mobile. Milano rientra in una strategia di crescita ad ampio raggio», ha spiegato Matteo Camesasca, amministratore delegato della società di Lidköping, «Asko punta a diventare il partner d’eccellenza per la cucina e la lavanderia delle più belle

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case del mondo. Abbiamo affidato ai nostri designer il progetto di uno stand di oltre 270 metri quadrati per raccontare l’esperienza Asko in un percorso che parla di tradizione, innovazione e ricerca con prodotti premium per una clientela raffinata. In questa visione abbiamo cercato i distributori più affidabili in ogni paese per garantire la migliore assistenza in ogni frangente e in Italia abbiamo scelto un leader come Bsd che da oltre vent’anni distribuisce elettrodomestici di alta qualità».

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