Mfl36 apr 2015 lr

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MFL Supplemento al numero odierno di MF/Mercati Finanziari. Estero: BE 6,00 €. Spedizione in abbonamento postale L. 46/2004 art. 1 C. 1 DCB Milano

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Magazine For Living n. 36. APRILE 2015. Solo in abbinamento con MF/Mercati Finanziari - IT Euro 4,50 (3,00 + 1,50) BIMESTRALE

HOUSE/A MARRAKESH, ABITARE IN UNO KSAR DI MINIMALISMO COOL FURNITURE/CULT PIECES DAL SALONE DEL MOBILE INTERIORS/IN ATELIER DA DOLCE & GABBANA, SCHIAPARELLI E CHANEL FASHION/RED LADY NEI SOBBORGHI DI LONDRA

ECCENTRICO VITALITÀ INVENTIVA. CORAGGIO DI OSARE. IRRIVERENZA ELEGANTE. E UN LEGGERO TOCCO D’IRONIA PER IL NUOVO DEL DESIGN










Openview

Eccentrico

Semplicemente unico nel suo essere originale. Progenitore di un movimento estetico e precursore di un macro trend, grazie a un’opera meticolosa di irriverente sovversione delle regole. Tutto questo è racchiuso in una semplice parola, Eccentrico, scelta dal nuovo numero di MFL-Magazine For Living, per indagare nel lifestyle contemporaneo e nel furniture deluxe. Partendo dagli assi cartesiani attorno a cui è stata impostata l’edizione numero 54 del Salone internazionale del mobile di Milano. Respirando lo zeitgeist. Ascoltando dalla viva voce dei designer che cosa li stia guidando nel creare il nuovo. Perché mai come in questo momento il mondo del living è avvolto da una vitalità inventiva, da un coraggio di osare, da un leggero tocco d’ironia dissacrante. Che ritornano nei nuovi cult pieces dell’arredo, pronti a rompere gli schemi del buon gusto borghese ma lontani dalle bizzarrie sperimentali delle vecchie stagioni. Si gioca con una crasi di antico e moderno, che ha guidato anche la scelta degli interiors del numero: atelier di grandi maison che hanno saputo unire storia e modernità in un pot-pourri iconico. E poi le case, nate dal recupero di architetture passate e trasportate in un futuro minimal-cool. Senza dimenticare le visioni abitative di un maestro, David LaChapelle, o la moda, voce di un messaggio intenso. Per sofisticate donne in total red, cromia-manifesto chiamata a diffondere un messaggio di nuova femminilità: intensa e sofisticata, figlia di un gusto 70s bcbg, ma con un tocco di irriverenza. Perché il fil rouge è uno solo: rompere le regole scegliendo l’eccentricità come spirito guida. Stefano Roncato


Italian Masterpieces POLTRONA ARCHIBALD. DESIGNED BY J.M. MASSAUD. SALA DEL THE, PALAZZO COLONNA, ROMA poltronafrau.com






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Sommario 22

Evergreen/Alla ricerca dell'infinito di Milena Bello

24 e 25

Follie/Immaginifico bestiario di Cristina Morozzi

26 a 31

Atmosfere/Fashion interiors di Francesca Manuzzi

32 e 33

Architecture/Saint Laurent new palace di Matteo Zampollo

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Museum/Un silos d'artista, Fondazione di culture di Matteo Zampollo

36 e 37

Destinations/Beijing 3.0 di Angelo Ruggeri

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Hôtellerie/Istanbul new attitude, Dream team in Phuket di Angelo Ruggeri

40

Projects/The tomorrow museum di Giulia Sciola

in Cover 01

02

01. RIVA 1920. Pillar, libreria in legno massello di noce. Design CRS Riva 1920 02. FLOS. Ic lights C/W, lampada da parete. Design Michael Anastassiades

03

03. POLTRONA FRAU. Sedute e mobiletto bar della collezione Alexander Wang X Poltrona Frau. Design Alexander Wang

04

05

04. MOSCATO MARMI. Pietra Calacatta oro bianca con nervature dorate 05. MUSEO DEL NOVECENTO. Sala Fontana (foto Pagani)

Artwork Giorgio Tentolini

42 e 43

Collectibles/Ruinart's calendar di Silvia Manzoni

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Art/Pop-arazzo, Puntocroce d'artista di Francesca Manuzzi

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Music/Over the Jamie xx rainbow di Matteo Zampollo

48 e 49 50 a 53

Photo/LaChapelle home Tailor made di Matteo Zampollo. Foto Luca Di Meo

55 a 57

Surrealist atelier di Matteo Zampollo. Foto Christophe Roué

59 a 61

Chez Coco di Matteo Zampollo

62 a 73

Around London Foto Paolo di Lucente. Styling Benoît Béthume

74 a 79

Sand cube di Francesca Manuzzi. Foto Dan Glasser

81 e 82

Chinese tradition di Matteo Zampollo. Foto Zhonghai Shen

85 a 98

Il Salone delle meraviglie di Cristina Morozzi

101 a 103

Event/über design d'autore di Angelo Ruggeri

104 a 113

Personal design di Cristiano Vitali. Artwork Giorgio Tentolini

115 a 117

Product/Couture, Nudi e crudi, Bold Ricerca di Cristiano Vitali

118 e 119

Story teller/Illuminare il futuro di Milena Bello



2009

Evergreen

Alla ricerca dell’infinito «Il design per me è un infinito, è la ricerca esasperata del giusto equilibrio tra estetica e comfort, forma e funzione. Cerco di creare emozioni, di invitare la gente a sedersi e utilizzare i miei mobili quando li vedono». Così racconta Stefano Bigi. Nel 2009 è un giovane designer, promettente e agli inizi della sua carriera. In quell’anno le strade di Bigi si incrociano con quelle di Porada, azienda fondata nel 1968 da Luigi Allievi che, con la collaborazione dei quattro figli, ha proseguito la tradizionale produzione di sedie intrapresa proprio dal fondatore già dal 1948, estendendola ad altri ambiti, dalle credenze agli specchi, dalle librerie ai mobili porta tv e ai tavoli. Porada è sinonimo di legno massello e dall’incontro tra la ricerca di forme geometriche che valichino i segni del tempo, la tradizione artigianale tipica dell’azienda di arredamento e la tensione estetica del designer con i suoi aneliti di equilibrio estremo, nasce il modello di tavolino Infinity. Una sfida per l’azienda: la base in legno massello formata da una curva continua, a rappresentare il concetto e il simbolo dell’infinito appunto, non era

certo facile da realizzare ma la realtà comasca si innamora del progetto e decide di andare avanti, facendo diversi tentativi. La perseveranza premia e il tavolino da caffè Infinity viene presentato al Salone internazionale del mobile di Milano nel 2009 dove conquista una speciale menzione. Nato in versione mini, Infinity diventa poi tavolo da pranzo, sempre con base in massello e piano in cristallo temperato. Le forme rotonde e armoniche rendono questo pezzo d’arredamento un elemento in grado di rendersi protagonista negli spazi ma allo stesso tempo Infinity, nelle intenzioni sia del designer sia dell’azienda, è prima di tutto un elemento funzionale, creato per essere vissuto e non solo ammirato. «Ogni pezzo deve essere una parte dell’arredo della casa e non un modello da collezione.» Questa è l’idea originale di Stefano Bigi ed è proprio questo che rende subito Infinity particolarmente apprezzato, tanto da entrare tra i best-seller dell’azienda, ricevendo nel frattempo anche una serie infinita di riconoscimenti internazionali. Milena Bello

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d. Doriana & Massimiliano Fuksas - ph. Andrea Ferrari

LE EMOZIONI NON VANNO RACCONTATE, VANNO VISSUTE.

Milano, via Medici 15 路 Roma, via Gregorio VII 308/310 | www.baxter.it


Follie

Immaginifico bestiario

Il mondo naturale prende vita in forme artificiali imprevedibili. Oggetti antropomorfi, esseri fluttuanti diventano animali da salotto, con orecchie e muso. Per spiegare una generazione di creative al femminile, che raccontano la storia di creature fantastiche Il rapporto degli umani con gli animali è contraddittorio, segnato da odi e amori estremi. Non è governato dalla ragione, ma dall’istinto. L’animale domestico è il compagno silente di giornate solitarie, il confidente di racconti che non domandano replica. La sua affezione è generosa e disinteressata. Istintivo è anche il rapporto con i loro simulacri, dei quali amiamo circondarci, che rappresentano le efficaci metafore del bisogno umano di rapporti amichevoli con le cose. Nelle culture primitive numerosi sono gli dei rappresentati in forma di animali. È ricorrente

nel mondo del design lo zoomorfismo che regala alle suppellettili domestiche le sembianze di animali. Nelle culture primitive, che conservano memoria delle devozioni a divinità dalle sembianze animali, sono frequenti i manufatti nei più vari materiali, raffiguranti animali. Nella recente mostra «Grains of Paradise», dedicata dal Mad-Museum of arts and design di New York alla cultura africana, erano esposte originali variazioni sul tema, come la fruttiera in ceramica costruita da un intreccio di serpenti maculati su cui sono posati leggiadri uccellini (nella foto sopra).

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Vanessa Mitrani.

La designer francese, specializzata in vetro e ceramica ha iniziato a farsi conoscere al pubblico con un serie di acquari in vetro, la classica boccia rotonda, di varie dimensioni, dove fluttuavano pesci in ceramica argentata. Pesci azzurri, sardine e sgombri, solitari o in branco, attraversano i suoi acquari, creando una serie di variazioni a tema, talvolta arricchite da presenze vegetali. Gli acquari con i pesci, proposti a varie edizioni di Maison&Objet, sono diventati il suo marchio di fabbrica. Recentemente sta differenziando la sua produzione, rivelando il consueto approccio irriverente, e dentro ai suoi vasi decorativi sono apparsi rami di fiori, uccelli, orsi bianchi, oranghi. Ma anche elementi anatomici, come il cuore con vena aorta in caolino bianco. E i pesci in ceramica attraversano in branco le nuove sospensioni con diffusori in vetro (nella foto a sinistra).

Elena Salmistraro. La Triennale di Milano ha dedicato agli animali la mostra «Animalità», a cura di Silvana Annicchiarico, realizzata in collaborazione con Bosa, azienda vicentina di ceramica, nota per le sue virtuose realizzazioni. Chiamando a raccolta designer della nuova generazione, la Annicchiarico ha costruito una carrellata su un bestiario immaginario, composto da sagome stilizzate, alcune allusive, altre realistiche, di animali domestici e non, in lucida ceramica, colorata e persino dorata, per rendere, quasi sacrali, le figurazioni. Tra queste, una delle piu curiose è il loricato, un piccolo dinosauro erbivoro, stilizzato (nella foto a destra). Creato da Elena Salmistraro, cattura l’attenzione con la sua sagoma tozza, le orecchie appuntite e il manto di squame.

Anna Gili. Nota designer, da sempre impegnata a difendere

il femminile del progetto, indaga da tempo le figurazioni animali. Appartiene al suo repertorio una serie di stilizzate figurine di animali in alluminio colorato concepite per Alessi. «Animalove», il nome della sua personale andata in scena al Seoul art center nel 2014, la dice lunga sulla sua passione per gli animali. Tra i suoi ultimi lavori si può apprezzare una serie di tavolini in ceramica, realizzati a Nove, noto distretto veneto specializzato nella lavorazione della ceramica, per Fragile, galleria milanese di vintage, che ospita periodiche mostre di designer contemporanei. Con piano in vetro e supporto in ceramica, i tavolini (nella foto a sinistra) rappresentano, stilizzati, il maiale, il cavallo, la tigre e la pecora. a cura di Cristina Morozzi

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MILANO, DOMENICA 18 GENNAIO. La sala dello show Prada uomo autunno-inverno 2015/16 decorata seguendo il progetto di OMA/AMO


Atmosfere

Fashion interiors Architetture effimere di moda. EccentricitĂ design in un tourbillon di eventi dislocati lungo questi primi mesi del 2015. A fare da apripista Miuccia Prada e il suo Palazzo Infinito. Costruito con manierismi d'autore da AMO, lo studio di ricerca di OMA e ormai alter ego del brand milanese per ogni progetto che riguardi design e architettura. Un edificio 3D, all'interno della Fondazione Prada di via Fogazzaro a Milano, inanella un sistema di scatole cinesi, di stanza nella stanza, in cui le proporzioni cambiano gradualmente, allungando la prospettiva su infiniti interni in finti marmi blu e neri e geometrie d'alluminio mandorlato. Grafismi chiamati a cullare lo show Prada uomo fall-winter 2015/16 in total nero, black out per preparare visivamente all'arcobaleno dei pastelli osannato dallo show femminile. Per una struttura concepita per creare una serie di spazi intimi, che raggruppavano il pubblico facendo in modo che si trovasse a tu per tu con ogni singolo look.

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Atmosfere

XX + XY. Ancora all'infinito. La siderurgia industriale e una moquette rosa baby, che chiama all'appello i batuffoli per incipriare il naso. Una struttura di tubi innocenti, tinteggiati di bianco candido, si riflette all'infinito nella sala rivestita di specchi, chiamati a perimetrare le pareti e a rivestire il soffitto, per amplificare l'effetto XXL. Ăˆ un atelier digitale la costruzione studiata per ospitare lo show springsummer 2015 della haute couture di Dior. Eretta nei giardini del MusĂŠe Rodin dallo studio francese Bureau Betak, la struttura racchiude la storia che Raf Simons, direttore creative della maison, ha scelto di narrare con l'alta moda di stagione. Un racconto ladylike che omaggia l'estetica controversa di David Bowie. In un infinito percorso tra maschile rigoroso e femminile 70s.

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PARIGI, LUNEDĂŹ 26 GENNAIO L'allestimento dello show Dior couture spring-summer 2015 Photo courtesy, Adrien Dirand


PARIGI, MERCOLEDĂŹ 11 MARZO La struttura dello show Louis Vuitton donna autunno-inverno 2015/16, all'esterno della Fondation Louis Vuitton


Atmosfere

Un Duomo geodetico eretto nel terreno antistante la Foundation Louis Vuitton, nel cuore del Bois de Boulogne di Parigi. Interni nelle sfumature di grigio, marrone, cammello e arancio, a ricalcare i toni della maroquinerie siglata LV e i nuovi 70s puristi, evocati da Nicolas Ghesquière per dipingere la new generation parigina di Louis Vuitton. E scelti da Es Devlin, stage designer di fama internazionale, a chiave di volta della location effimera creata per la sfilata autunno-inverno 2015/16 della maison. Tra campiture di colore intenso e sotto un tetto dagli spicchi trasparenti, con le onde di luce che inondano l'ambiente, prendono corpo le muse della griffe.Che camminano con i loro bauletti architettonici di metallo e plexi in mezzo a 21 piccoli schermi seriali. Che trasmettono lo show della maison, di nuovo all'infinito. In un'atmosfera sospesa tra rÊtrò modernista e futurismo estremo. Francesca Manuzzi

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Architecture


Hedi Slimane nei Salons de couture della nuova sede di Saint Laurent nell'Hôtel de la Ferté Sénecterre (Photo Y.R.)

Saint Laurent new palace Con Hedi Slimane alla guida creativa, la maison ha reinventato se stessa. Ora ritorna sulla Rive gauche di Parigi, nei quartieri amati da monsieur Yves

Hedi Slimane ha portato da Saint Laurent una rivoluzione. Estetica, innanzitutto. Ma anche più profonda e di pensiero. Dai primi passi azzardati, come la rimozione del nome Yves dal marchio, il designer francese ha convinto tutti, con una visione coerente e provocatoria. Che ha portato Saint Laurent a registrare fatturati record (i ricavi 2014 sono volati del 27%, ndr) e a vestire panni tutti nuovi. Non ultimi, quelli architettonici. Seguendo la volontà dei fondatori, monsieur Yves Saint Laurent e Pierre Bergé, la maison si sta riappropriando della Rive gauche della Senna, traslocando verso la zona di Parigi dove l'avventura ha avuto inizio. Lo scorso anno, i Salons de couture e gli atelier sono stati spostati nell'Hôtel de la Ferté Sénecterre, in rue de l'Université. All'interno, una serie di pezzi modernisti, di designer francesi, da Jean-Michel Franck a Paul Dupré-Lafon, fino a René Herbst, Jean Dunand, Francis Jourdain e Elizabeth Eyre de Lanux, selezionata da Slimane, in un gioco di contrasti con lo stile del palazzo storico, costruito nel 1688 da Thomas Gobert, l'architetto del re, e trasformato poi alla fine del XVIII secolo. Tra gli arredi, sedie appartenute al duca di Penthiévre e realizzate dall'ebanista Georges Jacob. In aggiunta, a punteggiare i saloni una forte ispirazione africana, con una collezione di maschere di iniziazione Bamana. E ancora, quadri e sculture bianche e nere, opera di Ad Reinhardt, Carl André, Sol Lewitt e Daniel Buran. Ma l'operazione real estate, curata dalla società Foncière des 6ème et 7ème arrondisements de Paris, non era destinata a terminare. Da poche settimane è stato annunciato un nuovo accordo che porterà anche l'headquarter centrale a cambiare indirizzo. Dal 2018, nell'abbazia cistercense di Penthemont al 37 di rue Bellechasse, oltre 9.000 metri quadrati, divisi in otto diversi palazzi, accoglieranno il cuore della griffe di Kering. Per completare una rivoluzione che è un ritorno alle origini. Matteo Zampollo

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Museum

Un silos d'artista

Aprirà le porte il 30 di aprile, poco dopo la sfilata inaugurale di Expo2015, di cui Giorgio Armani è stato nominato ambasciatore speciale. L'Armani/Silos sarà una costruzione imponente costata circa 50 milioni di euro e strutturata in quattro piani, per circa 4.500 metri quadrati di superficie totale. A Milano, in via Bergognone 40e poco distante dall'Armani/Teatro, sorgerà quello che lo stesso designer ha definito: «Non solo un museo, ma una specie di Tate gallery», realizzato in accordo con il Comune di Milano. Recuperato dallo spazio una volta sede della Nestlé e acquistato dall'azienda nel 2005, il silos sarà la sede dedicata alle mostre e agli happening della maison, nell'anno dei festeggiamenti per il suo quarantennale. E sarà proprio la retrospettiva sui primi quarant'anni di Armani, la mostra inaugurale, con circa 600 outfit e 200 accessori che racconteranno una bella parte della storia della moda italiana. Oltre al centro museale, all'ultimo piano sarà attiva un'area interattiva con l'archivio digitale della griffe, a disposizione di studenti, ricercatori o semplici appassionati.

Fondazione di culture

«Vecchio e nuovo, orizzontale e verticale, ampio e stretto, bianco e nero, aperto e chiuso: questi contrasti stabiliscono la varietà di opposizioni che descrive la natura della nuova Fondazione». Sono le stesse parole di Rem Koolhaas, a capo del progetto della nuova Fondazione Prada, a descrivere quello che sarà il nuovo centro della cultura del marchio milanese. Circa 19 mila metri quadrati creati dal team Oma guidato da Koolhaas, in una zona industriale del 1910 alla periferia di Milano. L'inaugurazione del polo a marchio Prada è fissata per i primi giorni di maggio, quando ci si potrà addentrare tra i sette edifici esistenti e i tre nuovi building. All'ingresso, due spazi nati da collaborazioni speciali: un'area didattica per bambini, sviluppata con gli studenti École nationale supérieure d'architecture de Versailles e un bar ideato dal regista Wes Anderson che ricreerà l’atmosfera dei tipici caffè di Milano. Per l'inaugurazione, invece, tra le iniziative, installazioni site-specific di Robert Gober e Thomas Demand, un progetto cinematografico inedito firmato da Roman Polanski e selezioni di opere dalla collezione Prada, presentate in esposizioni tematiche. Pagina a cura di Matteo Zampollo

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Destinations


Da sinistra, un look Dolce & Gabbana e un look Prada scattati davanti alla sede di Soho China ltd. progettata da Zaha Hadid (photo Zack Zhang)

Beijing 3.0 Ossessionata dal nuovo e proiettata nel futuro, la capitale cinese è diventata la tavolozza architettonica in cui i designer di ultima generazione stanno sperimentando e innovando, delineando il futuro della socialità e del vivere Una città che corre verso il futuro. A una velocità indescrivibile. E a volte, per la foga, dimentica anche il suo passato ricco di storia, cultura e tradizione. Beijing è forse ancora una di quelle metropoli dove il contemporaneo, a tratti futuristico, convive con l’antico. Quest’ultimo, però sempre meno presente a causa del processo di modernizzazione, intrapreso dallo stato, che sta distruggendo, letteralmente, i grandi monumenti della Cina per dare spazio a tutto ciò che è legato al concetto di novità. Così, i templi, anno dopo anno, vengo sostituiti da grandi palazzi che brillano per il riflesso del sole. E i vicoli dei mercati vengono interrotti da ampie strade sempre più trafficate. In questa modernità liquida, che avanza inesorabilmente verso il futuro, Pechino presenta ai visitatori la sua versione 3.0. Tra le hutong, le tipiche viuzze cinesi, infatti, in pochi anni sono nati il Water cube, il nuovo centro acquatico, il Bird nest, lo stadio a forma di nido, oltre al Centro nazionale per le arti dello spettacolo, la monumentale opera architettonica a forma di uovo. Anche i più famosi architetti del mondo hanno voluto lasciare la propria firma indelebile nella metropoli: tra tutti, Zaha Hadid che ha progettato la sede di Soho China Ltd. Wangjing Soho, e Rem Koolhaas, che ha realizzato il quartier generale della CCTV, la China Central Television, nel Central business district. E per promuovere gli artisti locali? Anche in questo caso, ci pensa lo stato. Nel 2007, per esempio, l’associazione cinese della moda, controllata dal governo centrale, ha inaugurato, all’interno dell’Art zone 798, il D Park, un hub per promuovere le opere degli stilisti locali. Che, ogni anno, si trasforma nella location per i fashion show della settimana internazionale della moda. Non lontano, è nato il CCDInternational art village Caochangdi, il quartiere dell’arte. I creativi che non potevano permettersi gli affitti della Art aone 798 si sono spostati qui, una decina di anni fa. E, grazie al loro aiuto, la zona è diventata una delle più apprezzate. Tanto che la città di Beijing ha ottenuto, nel 2012, il titolo di Città del design dall’Unesco. Angelo Ruggeri

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Hôtellerie

Istanbul new attitude

Turkey goes art & design. Inaugurato nei mesi scorsi, Raffles Istanbul rappresenta l'incarnazione del volto nuovo di una città antica: un'oasi di calma e relax. L’hotel è una fusione eccitante tra design virtuoso, cibo d’avanguardia e super lusso. Si affaccia sul Bosforo e, dalle maestose vetrate, si può scorgere la tranquillità delle isole Prince e della penisola storica. Progettato dallo studio internazionale HBA-Hirsch Bedner associates, contemporaneo e ricco di texture turkishmodern, l'hotel è impreziosito da una ricca collezione di opere d'arte appositamente commissionate. Molte di queste appartengono ad artisti turchi, altre ad artisti stranieri che sono stati ispirati dalla bellezza di Istanbul. Il risultato? Sculture tattili, objets trouvés e interpretazioni contemporanee di modelli classici, come i pezzi ispirati ai gioielli bizantini. «La nostra filosofia», ha detto Peter French, presidente di Raffles hotels & resorts, «è quella di creare un'oasi dove le persone possono incontrarsi e dialogare. Per secoli, infatti, Istanbul è stato il luogo d’incontro tra Oriente e Occidente, in cui grandi civiltà e culture hanno lasciato il segno e dove le persone si sono scambiate idee, hanno raccontato storie e progettato il futuro. E questo è ancora il nostro obiettivo».

Dream team in Phuket Il design arriva a Phuket. Il nuovo residence Iniala beach house è composto da tre ville lussuose (villa Siam, villa Bianca e The Collectors villa), ciascuna con tre suite più una penthouse. È un capolavoro di architettura moderna e contemporanea, fusa perfettamente con le forme e l’eleganza della tradizione thailandese. Grazie al lavoro di un dream team di architetti internazionali formato dai fratelli brasiliani Fernando e Humberto Campana, dallo studio spagnolo A-Cero, dall’irlandese Joseph Walsh, dagli inglesi Mark Brazier-Jones e Graham Lamb, e dal thailandese Eggarat Wongcharit. «Iniala non è solo un rifugio per rilassarsi in spiaggia», ha detto Mark Weingart, fondatore del luxury residence. «È anche un tempio del design globale, artistico e gastronomico (grazie al ristorante guidato dallo chef spagnolo Eneko Atxa, tre stelle Michelin). Sono lieto che alcuni dei più importanti leader creativi di tutto il mondo abbiano lavorato assieme per creare l’Iniala beach house: questo rappresenta davvero l'inizio di un nuovo capitolo dedicato alle residenze innovative, che ne prossimi anni raggiungerà le più importanti località dedite al relax». Pagina a cura di Angelo Ruggeri

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Projects

Nella foto, una veduta del nuovo Whitney museum of American art di New York

The tomorrow museum Una nuova sede al 99 di Gansevoort street, nel Meatpacking district di New York. Un progetto da oltre 420 milioni di dollari (oltre 390 milioni di euro), firmato dall'archistar Renzo Piano, che è un vero e proprio ritorno alle origini per l’istituzione fondata da Gertrude Vanderbilt Whitney quasi un secolo fa. Un progetto che trasporta il museo dalla ricca Madison avenue verso il Village di New York. È tutto pronto per l’apertura al pubblico del nuovo Whitney museum of American art, attesa per il 1° maggio. Ampie vedute della sponda ovest dell’Hudson river, quattro terrazze per l’allestimento di mostre temporanee ed enormi ascensori che sono essi stessi ambienti immersivi (nascono dal lavoro dell'artista Richard Artschwager), arricchiscono i 5 mila metri quadrati dello spazio espositivo. Nel progetto studiato da Piano, la fine della High line, la passeggiata

sopraelevata della Big apple, diventa vera e propria anticamera del building museale. Niente muri né colonne, ma pannelli di vetro e cavi in acciaio nella struttura per fare in modo che: «la città impari a conoscere l’utilità di quest’opera, la adotti e la viva nel suo quotidiano», ha dichiarato l’architetto. A firmare il party di apertura sarà il gruppo Max Mara, sponsor dell'evento e autore di una borsa d'artista, la Whitney bag, creata a quattro mani con il Renzo Piano building workshop. E a coronare il lancio del nuovo gioiello dell’architettura contemporanea sarà la partnership made in Usa con Tiffany & Co, chiamato a diventare lo sponsor della Whitney biennial, celebre manifestazione di arte contemporanea votata alla promozione dei talenti emergenti per le edizioni del 2017, del 2019 e del 2021. Giulia Sciola

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Salone del mobile, Milan 14-19 April 2015 Hall 3 - Stand C 32-36

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Collectibles

Ruinart's calendar

L ’artista Hubert Le Gall crea un’opera per raccontare «il tempo che l’uomo impiega per addomesticare la natura e quello necessario alla natura per crescere e fiorire. Quello che occorre allo champagne per diventare quello che è» Dodici, come i mesi dell’anno, ciascuna a catturare un istante, un’emozione, un momento importante. Sono le sculture con cui Hubert Le Gall ha voluto rendere omaggio ai vigneti di chardonney di Ruinart. Come ogni anno la maison di champagne che rivendiva la più lunga eredità (1729) ha affidato a un grande artista il compito di esprimerne l’essenza. Le Gall ha scelto di utilizzare il vetro, con cui non si era mai confrontato finora, nella cui trasparenza e vivacità ha ritrovato la luce vivida del Blanc de blancs. E si è recato a Murano, nella prestigiosa fornace di Adriano Berengo, abituato a lavorare con i grandi artisti che vogliono cimentarsi con questa capricciosa e difficile materia. «Ho amato subito questa materia, con le sue asperità, che ha vita propria, nella quale la mano dell’uomo imprime le proprie vibrazioni. E nello stesso tempo ho capito che bisognava che prendessi le distanze dalla tradizione veneziana. Dovevo essere io ad esprimermi attraverso il vetro e non la secolare storia di Venezia», ha spiegato il creativo. Domanda. In che modo Adriano Berengo l’ha accompagnata in questa scoperta? Risposta. Mi ha detto subito, da vero gentleman: fai quello che vuoi, non porti dei limiti. E ho intuito che proprio lo sguardo umile di un neofita può dare una nuova freschezza alle creazioni in vetro. È d’altronde un principio al quale credo da sempre: sono autodidatta e con i miei primi mobili facevo delle cose molto diverse da quelle che erano le regole; è proprio attraverso questo procedimento di scoperta che ho avuto le mie migliori idee. D. Ha realizzato un calendario di vetro, ma che dimensione rivestono le stagioni del suo processo artistico? R. Hanno una grande influenza perché sono sensibile alla luce. Non mi piacerebbe abitare in un paese dove non esistono le stagioni e sono felice di stare in Francia dove queste, pur ben marcate, restano temperate. Sono nato

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Nella foto, la scultura in vetro creata da Hubert Le Gall per la maison Ruinart

il 20 febbraio e ho l’impressione che ogni anno a partire da questo giorno tutto cambi e si cominci a sentire l’arrivo della primavera. Queste scissioni influenzano la mia creatività. Pensi a Monet e alle sue Ninfee ritratte in momenti diversi del giorno e dell’anno. È forse la più bella opera al mondo, qui c’è tutto, colore, luce, musica, una nozione immediata di capolavoro che tutti avvertono. D. Cosa ha voluto esprimere con questo progetto narrativo in 12 opere? R. Il tempo in tutte le sue dimensioni e cosa significhi in particolare per le vigne. Il tempo che l’uomo impiega per addomesticare la natura e quello necessario alla natura per crescere e fiorire. Quello che occorre allo champagne per diventare quello che è. Ogni scultura in vetro rappresenta una tappa nello sviluppo della pianta: dai primi grappoli sotto la neve alla vendemmia. D. E per lei il tempo cosa significa? R. Vivo nel presente, non mi proietto sul lungo termine. La posterità non m’interessa. Forse perché pur ispirandomi al passato guardo sempre avanti. Una volta finita una creazione passo subito ad altro. Mi piace cambiare, esplorare il mio temperamento su diversi moduli di espressione. D. Nel suo atelier di Montmartre, affacciato su un incredibile cortile alberato che sembra un angolo di campagna, quali sono le sue abitudini, quando crea? R. Lavoro in silenzio. Senza precise abitudini, tolta una. Prendo un bagno di mezz’ora ogni mattina e talvolta anche la sera. È un importantissimo momento di ispirazione. Alcuni dei miei mobili più famosi sono stati creati nel bagno. Mi ritrovo a galleggiare in pose simmetriche, quasi fosse una simbolica eco del ventre materno. Il bagno al mattino mi dà energia, forse per questo non sono stressato. E quando viaggio è la sola cosa che chiedo in un albergo: la presenza di una vasca da bagno. Silvia Manzoni

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Art

Pop-arazzo

Arazzi XXL come le opere d'arte più amate d'Inghilterra. E lo conferma la mostra alla National portrait gallery di Londra che si è appena conclusa registrando risultati record e incoronando Grayson Perry, artista britannico vincitore del Turner prize e famoso per la sua arte dissacratoria e le mise en travesti, una vera pop star dell'arte. Pare infatti che il museo abbia riportato 250 mila visitatori attratti dai quadri

Puntocroce d'artista Una spiaggia a Perth e un sole come una palla incandescente sopra la linea d'orizzonte. Imprescindibile la foto, ma la batteria dell'iPhone è ko. Così Teresa Lim, 24enne di Singapore, laureata al Lasalle college of the arts con la specializzazione in Fashion design e textiles e una passione per illustrazione e ricamo, è corsa ai ripari con un'istantanea fatta con ago e filo. Nasce così il progetto Sew wanderlust, una serie di opere d'arte embroidered che ritraggono, dal 2014 a oggi, viaggio dopo viaggio, scorci celebri e luoghi da scoprire. Da China town a Singapore (nella foto a lato), al Big Ben a Londra. La sua creatività 2.0 cucita sulla stoffa l'ha portata a esporre a Hong Kong, Bangkok e Tokyo. Prossima foto-crochet, il Colosseo di Roma. Pagina a cura di Francesca Manuzzi

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tessili 4x2 metri di Perry (sopra, The Annunciation of the Virgin Deal). Nello specifico la galleria ha stimato che 850 mila persone si siano soffermate su almeno una delle sue opere e che gli spazi, che ospitano lavori di artisti come Benjamin Disraeli e Emily Brontë, non siano mai stati così gremiti. Prossimo step, la mostra al Museo d'arte contemporanea di Sydney, in agenda da dicembre 2015 a maggio 2016.


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Music

Over the Jamie xx rainbow

il giorno successivo negli Stati Uniti, uscirà In colours. Ovvero il suo vero debut album, al di là di quella reinterpretazione sognante del lavoro del poeta soul Gil Scott Heron (We're new here), uscito nel 2011 pochi mesi prima della sua scomparsa e composto a quattro mani. Un lavoro, In colours, spinto da una comunicazione accecante, dai colori accesi. All'interno, un arcobaleno pronto a mostrare la creatività di Jamie xx. Qualche traccia che ammicca al dancefloor, altre più intimistiche, da ascoltare in cuffia. Non ha esigenze da dj, non ha mire da super star. Perché tutto quello che porta la doppia X nel nome deve rispondere soltanto a un gusto. Il suo. Matteo Zampollo

L'edizione speciale dell'album In colours di Jamie xx

Jamie xx ha ancora la faccia da bravo ragazzo nato e cresciuto in Uk. Ha ancora quel ciuffio arruffato e l'entusiasmo di un bambino. Ma rientra nella categoria di quei tipi che iniziano a essere maturi quando nessuno se lo aspetta. A cavallo della soglia dei vent'anni, ha prodotto uno degli album chiave dell'elettronica del primo decennio dei 2000, xx, che porta lo stesso nome della sua band, The xx. Quel doppio segno resta nel suo nome da subito, come un tratto distintivo. Un po' anche per non esporsi troppo (come molti produttori, Jamie Smith è innamorato più delle sue macchine e del suo computer che della fama). Ma adesso, come lui stesso ammette, è tempo di caricarsi tutto il peso sulle spalle. Il 1° giugno in Europa,


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Photo

LachapeLLe Titolo finto due righe

L'opera Self portrait as house creata da David LaChapelle nel 2013 e in mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma, dal 4 maggio al 20 settembre


Home

Una grande mostra a Roma, al Palazzo delle Esposizioni fino a settembre, rende omaggio all'arte del fotografo americano, re del surrealismo ÂŤkitsch popÂť. Che trionfa nella sua visione degli stereotipi a stelle e strisce dell'abitare modernista


tailor made


Un gioiello incastonato tra le pieghe della città di Milano; una prospettiva inedita sull’eleganza homme. Dolce & Gabbana, dopo dieci anni di restauro, regalano un’anima nuova a Palazzo Labus. E il building al numero 13 di corso Venezia viene trasformato in atelier dell’Alta sartoria Testo Matteo Zampollo - Foto Luca Di Meo


In queste pagine e in apertura di servizio, le stanze e i dettagli di Palazzo Labus, al numero 13 di corso Venezia a Milano, ristrutturato da Dolce & Gabbana e trasformato nel tempio della loro Alta sartoria al maschile

Pochi invitati, niente fanfare. Nessuna celebrazione sopra le righe, ma un’eleganza italiana classica. L’inaugurazione di gennaio dell’atelier Alta sartoria di Dolce & Gabbana ha aperto un nuovo capitolo nel panorama della maison guidata da Domenico Dolce e Stefan Gabbana. Ma l’ha fatto quasi sottovoce. Assieme a una sfilata di abiti sartoriali, con la S maiuscola. Che hanno trovato la loro dimora ideale in questo spazio pensato ad hoc per raccontare il mondo del tailoring, nato in corso Venezia 13 a Milano. Accanto al district dedicato all’uomo del marchio, nello stesso palazzo neoclassico già dimora della collezione maschile, ha trovato spazio un atelier affacciato su una tipica corte milanese che oggi è stata trasformata in un giardino di ispirazione siciliana. Un palazzo storico che dopo oltre dieci anni di restauro ha acquistato un nuovo volto. Il nucleo originario di palazzo Labus è costituito da tre edifici affiancati, di origini cinquecentesche. Prima di proprietà del Conte Giovanni Mandelli, poi della Regia Camera e, dal 1671, passato ai nobili Recalcati. Da una descrizione dell’epoca, si parla della «casa da nobile con giardino» abitata dal marchese Gabrio Recalcati, come di un’abitazione dagli interni eleganti e dotati di ogni genere di comfort. Il palazzo poi divenne proprietà di un’altra ricca famiglia milanese, i De Maestri, che, nel corso del XIX secolo, fecero eseguire importanti interventi edilizi a Marcellino Segrè, allievo e collaboratore di Giuseppe Piermarini. Questi lavo-

ri, eseguiti all’inizio dell’Ottocento, hanno legato i tre edifici in un solo complesso architettonico, anche per regalargli uniformità con la nuova estetica della zona, rinnovata a partire dalla seconda metà del 1700. Un volto oggi completamente recuperato, grazie a un lavoro lungo ed accurato, che comprende oltre 9 mila metri quadrati di intonaco e decorazioni esterne e un migliaio di metri quadrati di affreschi alle pareti e ai soffitti. Un’eleganza strutturale tipicamente italiana, che ben si sposa con quella degli abiti e delle creazioni uniche presenti all’interno dell’atelier Alta sartoria. Teatro di un lavorio continuo, con una dozzina di sarti come protagonisti. «Questo progetto di sartoria è eleganza ricercata e raffinatissima che esalta l’individualismo puro e semplice», ha raccontato Domenico Dolce. Un’unicità che passa attraverso dettagli di ricerca maniacale, proporzioni perfette e scelta impeccabile. Un made-to-measure dalla forte italianità, come afferma Stefano Gabbana: «Lo stile della nostra sartoria fa riferimento a tutto ciò che l’estetica italiana ha di meglio». Per esaltare la personalità di ciascuno dei clienti, dai gusti attenti, dalla vanità raffinata, capaci di ripensarsi e reinventarsi di continuo. Ma, attenzione, non l’eleganza. Quella è già a disposizione di ciascuno, secondo il duo creativo. «La vera eleganza si misura nella personalità del singolo, nella sua individualità, così come nella sua stravaganza e unicità, che è e resterà un elemento irripetibile e senza tempo».

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surrealist

atelier

Gli occhi irriverenti di Vincent Darré per ridare un’anima ai salon de couture di Elsa Schiaparelli in place Vendôme, a Parigi. Rimasti dormienti dal 1956 Testo Matteo Zampollo - Foto Christophe Roué

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Il punto di partenza doveva essere il rosa shocking. Lo spirito, quello irriverente dello studio di Vincent Darré. Non poteva esserci scelta più adeguata del punk dadaista per ridisegnare la maison de couture al 21 di place Vendôme, appartenuta a Elsa Schiaparelli e riaperta in occasione del rilancio della maison. Un progetto studiato ad hoc, per far riemergere dalle polveri le forme stravaganti e il gusto eccentrico della signora della moda francese, eterna rivale nel gusto e nel business di Coco Chanel, sua contemporanea. «È stato un onore per me far parte di questo progetto», ha spiegato Vincent Darré, «conoscevo Gogo Schiaparelli, la figlia di Elsa e madre di Marisa Berenson. Spesso cenavo a casa loro, con ancora tutti gli arredi originali al loro posto». Un decor temporaneo, certo, ma che ha messo in evidenza tutto il bagaglio estetico che la Schiap»ha saputo sviluppare nella sua carriera. Mobili di antiquariato, recuperati dagli anni Quaranta. Una cassettiera-aragosta opera dello stesso Darré in omaggio al mitico abito della designer. Un tappeto di Fernand Léger, sedie di Gio Ponti, oltre ai ritratti della stilista scattati da Man Ray, i quadri firmati Salvador Dalì appesi alle pareti e i

disegni di Cocteau, le colonne di Alberto Giacometti e ancora i busti di Mae West, usati come modello per il flacone dello storico profumo Shocking. Gli arredi-protagonisti di questa pièce hanno fatto bella mostra di sè in occasione del reopening della maison voluto da Diego Della Valle, che ha rilevato il marchio nel 2006. «In questo palazzo di oltre 800 metri quadrati abbiamo cercato di ricreare l’atmosfera dell’atelier Schiaparelli, aiutati da alcuni pezzi d’artista ritrovati proprio in questi locali e alcuni mobili che sono stati acquistati in giro per il mondo. Il tutto punteggiato da alcuni souvenir speciali», ha raccontato l’imprenditore italiano in occasione del reopening dell’atelier, uno spazio chiuso dal 1956 e ritornato a una nuova vita. Un lavoro di rilancio minuzioso e dal calendario fittissimo, che è partito dall’acquisizione degli archivi e dalla chiusura di tutte le licenze, per poter ricominciare il racconto dall’inizio. Grazie a un atelier, guidato inizialmente dallo stilista Marco Zanini, che oggi sta lavorando in autonomia per dipingere l’anima moderna della griffe. Catturando lo spirito della stilista-artista che, partita da Roma con un grande sogno, era riuscita ad avere tutta Parigi ai suoi piedi.

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In queste pagine e in apertura, il decor studiato dallo studio di Vincent Darré per la riapertura dell’atelier della maison Schiaparelli in place Vendôme a Parigi. La scelta degli oggetti e del mobilio segue lo spirito surrealista e onirico che la designer ha portato all’interno del mondo della moda


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chez

COCO 31, rue Cambon: un indirizzo cosĂŹ iconico e importante nella storia della moda da non aver bisogno di alcuna spiegazione. Semplicemente l'appartamento parigino di Mademoiselle, rimasto identico nei decenni Testo Matteo Zampollo


C

he appartamento è senza una camera da letto? Una bizzarria calcolata, per una Mademoiselle che ogni sera si ritirava al vicinissimo Hotel Ritz. Una camminata di cinque minuti, l'ingresso dalla porta sul retro per salire fino alla sua suite privata. Al mattino, il percorso inverso, anticipato da una chiamata che permetteva ai suoi assistenti di riempire l'aria di delicato N°5, necessario per far lavorare al meglio la mente e le mani. Quella di Gabrielle Coco Chanel è una vita raccontata mille volte, incisa nella pietra della storia della moda per il suo carattere rivoluzionario, per l'attitudine inedita nel trattare la figura femminile e, di conseguenza, la donna stessa. Durante le sue presentazioni, al primo piano della boutique al 31 di rue Cambon, sedeva sulle scale a chiocciola e si fermava ad ammirare, grazie a un gioco di specchi, la sfilata senza mai essere vista. Ed è proprio quella scalinata a condurre, arrivando al secondo piano, nel suo appartamento privato, al primo piano del palazzo, interamente acquistato nel 1918 e che ospita la boutique della griffe dal 1921. Un nido esotico, lussureggiante. Stracolmo di decori abbondanti, di ispirazioni orientali. Un punto d'incontro visivo e culturale tra est e ovest del mondo. Fascinosi riferimenti all'India e alla religione induista, ma anche, e soprattutto, alle tradizioni cinesi e giapponesi. Uno spazio non molto grande, ma la cui carica visiva allarga gli orizzonti. All'apparenza senza porte, basta spostare gli enormi paraventi decorati per scovare i passaggi tra una stanza e l'altra: Mademoiselle Coco odiava le porte e, in questo modo, sperava che i suoi ospiti non volessero mai andare via. Quando si parla di ospiti, si intende il vero gotha

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In queste pagine, da sinistra in senso orario: la sala da pranzo, lo studio, la ricca libreria della sala, un dettaglio dell'ingresso e uno scorcio del salone. In apertura di servizio, la vista sull'appartamento parigino di mademoiselle Gabrielle Coco Chanel dalla zona d'entrata

della creatività mondiale della prima metà del Novecento: Pablo Picasso, Elizabeth Taylor, Salvador Dalì, solo per citare i più stretti frequentatori dell'appartamento. Ed è proprio un Dalì quello che troneggia nella maison, un regalo dello stesso artista. Oltre a sculture realizzate dal futurista Alberto Giacometti, icone russe donate da Igor Stravinsky e scatole in oro e argento, portasigarette cesellati, forse appartenuti al duca di Westminster, suo compagno negli utlimi anni di vita. Guardando più a fondo, si scovano molti riferimenti che si ripetono, figli dell'ossessione superstiziosa di Mademoiselle Coco. Spighe di grano, che tradizionalmente indicano prosperità. Rane dalla bocca aperta, di origine cinese. Cervi giapponesi, raffigurati sempre a coppie. Poi il leone, il suo segno zodiacale. Mentre gli chandelier, disposti in ogni stanza, servono a sfruttare il potere curativo del cristallo. Anche l'ottagono ritorna delicatamente: dal tappo del suo N°5, alla forma di molti specchi, probabilmente ispirati anch'essi dalla pianta di place Vendôme. L'appartamento, così ricco di abbellimenti e materiali, è stato ed è tuttora fonte di ispirazione per le collezioni della maison dalla doppia C. Anche Karl Lagerfeld, direttore creativo della griffe dal 1983, fa molto spesso riferimento agli ambienti e ai dettagli della maison abitata dalla designer. Sacerdotessa di un gusto estetico eclettico, che univa il lusso privato, quasi nascosto, dei suoi abiti, all'opulenza sfacciata e sovrabbondante del suo appartamento. Un luogo che nessuno ha osato toccare dal 1971, anno della sua scomparsa, a raffigurare un lascito creativo, un testamento estetico importante che è un punto di riferimento costante e ancora attualissimo per tutto l'universo della doppia C.

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around london Nell’area di Thamesmead, nella parte sud-est della capitale inglese. Tra Southmere park, le archittetture severe e razionaliste degli anni 70, i muri di mattoni grezzi. A raccontare quel rosso d’avanguardia, diventato sigillo estetico per una generazione d’irriverente bcbg Foto Paolo Di Lucente Styling Benoît Béthume

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A sinistra: coat in agnellino, Dior; abito in strass e metal mesh, Versace; cardigan, Paule Ka; sciarpa in seta, Saint Laurent by Hedi Slimane; borsa Miss Viv in pelle bianca, Roger Vivier. In apertura di servizio: coat in pitone, Azzedine Ala誰a; camicia in satin ricamato, Prada; abito in lana, Paule Ka; borsa Miss Viv in pelle bianca, Roger Vivier; leather boots bicolore, Miu Miu

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Qui sopra: abito monospalla in seta a stampa ciliegie e sciarpa in seta, tutto Saint Laurent by Hedi Slimane; cardigan in seta rosso, Valentino. A destra: jumpsuit floreale, CĂŠline; sweater e boots, tutto Miu Miu; sciarpa, Saint Laurent by Hedi Slimane; borsa Miss Viv in pelle bianca, Roger Vivier



Nella foto, Hedi Slimane all'interno dei Salons de couture. Photo Y.R. Ehentet et lat unt, non et opti officid quis essusda corumenis simusam

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A sinistra: pull in lana infeltrita, Drumohr; camicia in satin ricamato e orecchini in cristallo, tutto Prada; gonna in pitone, Azzedine Ala誰a; sciarpa, Saint Laurent by Hedi Slimane; borsa Miss Viv in pelle, Roger Vivier

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Qui sopra: coat in pelle, Prada; camicia in cotone, Paule Ka; sciarpa, Saint Laurent by Hedi Slimane; borsa Miss Viv in pelle, Roger Vivier. A destra: abito rosso lavorato a punto smock con strisce in pelle di anguilla, Louis Vuitton; orecchini in cristallo, Prada




A sinistra: coat in pelle con dettagli fiorati, Maison Margiela; gonna e boots bicolor, tutto Miu Miu; cintura in pitone, Azzedine Ala誰a; pull in lana, Drumohr; sciarpa, Saint Laurent by Hedi Slimane; borsa Miss Viv in pelle, Roger Vivier. In tutto il servizio: model, Lou Schoof @ Models 1; hair & make-up, Philippe Miletto @ The Factory London; casting, Elodie Yelmani @ Creartvt; production, Cats and dogs-Paris; fashion assistants, Marine Lescieux e Loyc Falque

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Una veduta d’insieme della Villa K, nel Tagadert Berber village a Marrakesh, progettata da Studio KO


sa nd cu be Un’escapade di sabbia nella sabbia: alle porte di Marrakesh, nel villaggio berbero di Tagadert, sorge uno ksar, un fortino minimal-fashion progettato dallo Studio KO

Testo Francesca Manuzzi - Foto Dan Glasser


Monoliti affiancati a edificare un fortino. Una Metropolis nel deserto alle porte di Marrakesh, a 25 minuti dalla città per amor di precisione. Nel villaggio berbero di Tagabert, tra ulivi e macchie di grano dorato, svetta un edificio ispirato agli ksar, i tradizionali villaggi fortificati, veri e propri castelli, posti in punti strategici per la difesa del territorio del Nord Africa. Spesso situati in zone d’oasi, in epoche passate ospitavano al loro interno una moschea, i bagni, i negozi e i mercati oltre a granai. Oggi di queste costruzioni vengono sfruttate le peculiari caratteristiche di integrazione con il paesaggio, e vengono trasformate in vere e proprie escapade, dedicate al benessere. Un po’ come è accaduto a Villa K rieditata in toto dagli architetti parigini di Studio KO. Che hanno lavorato per creare un ibrido tra un’abitazione privata e

un mini resort di altissimo livello. Un reatreat minimal-fashion affacciato sul monte Atlas, la catena montuosa che percorre Marocco, Algeria e Tunisia. La Villa, completata dallo Studio KO nel giugno 2009, è stata rinominata K proprio in omaggio alla matrice edilizia degli ksar, di cui mantiene, in realtà, principalmente il colore ocra dovuto alla sabbia micacea. Una roccaforte dall’esterno rude, con un cuore che gioca con codici di estrema raffinatezza francese. Ogni elemento è stato soppesato scrupolosamente per non ricadere nei cliché delle normali maison berbere. La piscina in primis, che intarsia la pianta della casa, per poi scappare contro il monte Atlas per 25 metri. Così come gli arredi, tra design autoctono ed europeo, senza adottare però quell’etnico troppo scontato. Il tutto nel rispetto

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Sopra, da sinistra: la facciata esterna dello ksar di Villa K, il salone principale con vista sulla catena montuosa dell’Alto Atlante e la piscina

di quello che è il concept dello studio francese. Perché i due fondatori, Karl Fournier e Olivier Marty, selezionano le location su cui intervengono con minuzia, per scegliere sempre un luogo che racconti una favola, per creare un building cantastorie, per fare in modo che i muri possano svelare le meraviglie che hanno già vissuto. Perché il duo di storyteller vede la professione non soltanto come un meeting con i clienti per carpire necessità abitative da tradurre in progetto, ma soprattutto crede in quello che è il mantra di Daniel Libeskind, ovvero che gli architetti dovrebbero articolare una storia e non una parodia estetica. Francesi di nascita, con genitori della buona borghesia parigina e studi all’École des Beaux-Arts, vantano tra i loro clienti nomi del calibro di Pierre Bergé, Marella Agnelli o Patrick Guerrand-


Hermès. E il loro lavoro stupisce, in modo particolare, quando creano e rileggono dei magioni del Nord Africa, tra Marocco e dintorni. Raccontando un modernismo culturale, che affonda le sue radici nella storia locale. Tanto che, per progettare i loro spazi, lavorano a stretto contatto con gli artigiani di tutto il Mediterraneo a cui affidano i diversi interventi estetici, per salvaguardarne la storia passata. Oltre ad aver stretto un solido legame con i malhems, veri e propri sacerdoti dell’abitare marocchino, custodi delle tradizioni decorative/architettoniche di tutto un popolo. L’approccio d’insieme è narrativo: invece di partire dalla classica carte blanche, il duo ha scelto la strada dell’approfondimento sul territorio. Tra l’analisi delle infrastrutture preesistenti e il rispetto del setting passato oltre che delle topografia all’archeologia.

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In alto, da sinistra in senzo orario: un dettaglio della zona bagno, la camera padronale, la sala da pranzo, un dettaglio del camino nella zona relax e la stanza da letto con complementi in legno massello

Quando hanno iniziato, l’estetica imperante sfiorava il kitsch; le richieste classiche erano per una casa capace di raccontare il Marocco da cartolina, tra muri bianchi e fregi moreschi. Il loro percorso è stato opposto, annodato da una parola: modernismo. Affiancato da purismo estetico e da grande semplicità visiva. La stessa che li ha guidati anche nella trasformazione di Villa K. Dove non vengono fatte differenze tra superfici coniate con materia opaca o lucida. Dove i colori mixati tra loro regalano un’idea di piacevole e illusoria monocromia. Dove il grezzo materico di un tessuto sfruttato al rovescio convive con la preziosità di un oggetto design d’avanguardia. Per portare un pezzo di futuro nel cuore del Marocco. Senza sradicare una saggia cultura millenaria. Ma valorizzandola, regalandole un tocco di modernità.

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c h i n e s e tradition Rileggere le tradizioni e i costumi di un paese intero, plasmandoli sull’attualità del contemporaneo. Il lavoro di Archi-union a Shanghai è la dimostrazione di come il buon design e l’architettura ricercata possano unire passato e presente Testo Matteo Zampollo - Foto Zhonghai Shen


Dall’alto, due viste della tea house al piano terra e un angolo della libreria al secondo piano. A destra, la biblioteca con la grand evetrata sul parco. In apertura di servizio, una veduta degli esterni che inglobano l’albero pre esistente con in evidenza le ampie vetrate e l’unione di tecnologia e tradizione

Cosa fare del backyard del proprio ufficio se si hanno tre muri, un albero in mezzo e un capannone mezzo crollato? Devono averci pensato a lungo gli architetti di Archi-union, che si sono ritrovati con uno spazio da riempire a loro piacimento. E hanno deciso di creare, nel centro di Shanghai, una rilettura personale delle tea house cinesi, tipico luogo di relax della tradizione orientale. Un’idea da sviluppare su due piani: al piano terra un tavolo extra-large per degustare il tè e ritrovarsi in gruppo, al primo piano una zona più intima, con libreria e spazio lettura. L’arredo è affidato ai nomi più in vista del design mondiale, dalle sedute di Baxter, Minotti, Misuraemme e Magis alle lampade di Moooi e FontanaArte. Fin dalla sua nascita questo progetto si è rivelato una sorta di studio sui limiti. Tre muri a delimitare lo spazio, che creano dei confini fisici, uniti a un albero che nessuno ha intenzione di abbattere. E che viene inglobato grazie a un foro nel

terrazzo al primo piano. Come ulteriore difficoltà, il design dello studio ha dovuto fare i conti con alcuni limiti dei costruttori locali, non in linea con le tecnologie avanzate utilizzate da Archi-union (lo studio cinese è infatti noto proprio per la sua propensione a combinare l’artigianalità con le tecnologie di protgettazione più avanzate). In particolare la scala curva all’interno della costruzione è stata difficoltosa: mentre gli architetti fornivano algoritmi e proporzioni si sono resi conto che nessuno dei costruttori locali li avrebbe saputi seguire. Quindi? Un modello 1:1 in legno, in cui colare all’interno il cemento. Come si faceva una volta. E poi poco importa che i segni delle lastre del modello restino visibili all’esterno, anzi. Anche questo contribuisce a rendere il risultato finale. Di due mondi che si uniscono. Di ricercatezza e materiale grezzo. Di passato e presente. Che si fondono insieme, come solo in certi luoghi al mondo sembra essere ancora possibile.

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Mobili Vero - Design by Kurt Merki Jr.

L'AMORE PER I DETTAGLI. Duravit fa la differenza, grazie all’amore per i dettagli con cui creiamo e produciamo i nostri prodotti. Per questo impieghiamo materiali pregiati, maestria ed esperienza artigianali e tecnologie innovative. Un esempio è l’illuminazione ambientale LED posizionata sotto la consolle nella nuova serie di mobili Vero. Duravit Italia, Telefono +39 0544 509 711, Fax +39 0544 501 694, info@it.duravit.com, www.duravit.it



il salone delle meraviglie

Vitalità e inventiva. Coraggio di osare, rompendo gli schemi del buon gusto borghese. Un lieve tocco d’ironia. Il 2015 del design è lontano dalle bizzarrie sperimentali e impegnato nel rinnovare, non solo le forme, ma prima di tutto i concept A cura di Cristina Morozzi

La concomitanza con Expo Milano 2015, che sta calamitando tutte le possibili forze, economiche e progettuali, sull’allestimento del sito espositivo, ha in parte distolto l’attenzione dal Salone internazionale del Mobile di Milano, la più importante manifestazione fieristica worldwide dedicata al design dell’arredo. Le novità, scoperte in preview, hanno permesso di tracciare una prima ipotesi di quali saranno le tendenze legate al futuro dell’abitare, rivelando vitalità e inventiva da parte delle aziende che, forse, hanno ritrovato il coraggio di osare, rompendo gli schemi del buon gusto borghese, anche con proposte dal lieve tocco ironico. Seguendo un fil rouge di misurata eccentricità. Le carte si stanno un po’ rimescolando: designer-artisti, avezzi ai pezzi unici e alle provocazioni iniziano a cimentarsi con il design di serie per aziende industriali, come Martino Gamper che ha progettato per GTV una serie di sedute e sgabelli battezzata Le Cirque, forse per via delle acrobatiche reinterpretazioni delle classiche sedute Thonet. Cerchi in legno, simili agli Hula Hop, si intersecano tra le gambe di sgabelli alti e bassi, verniciati in nero e bianco, fungendo anche da brevi schienali e regalando ai pezzi una verve acrobatica. Seletti, noto brand di oggettistica assurto alle cronache per la sua collaborazione con Maurizio Cattelan che per lui ha creato una serie di piatti e tazze in metallo illustrati con immagini dissacranti, ha incentivato la sua collaborazione con i design della nuova generazione; tanto che per il 2015 ha ingaggiato Alessandra Baldereschi, giovane design dal poetico talento, che ha firmato una serie di sedute da esterno in ferro verniciato, dal vago sapore di memoria, riproducendo in filo metallico il motivo del capitonné, alcuni leggeri paraventi/parasole a forma di grande foglia, dipinti in tenui colori pastello. Fiam ha proseguito la sua esplorazione sul narcisismo, incrementando la collezione di grandi specchi con Ginevra, firmato da Dante Benini e Luca Gonzo: si tratta di un modello rettangolare, con la cornice accartocciata che pare modellata in carta argentata, più opera d’arte che complemento d’arredo. Cassina, storica realtà nota per le sue riedizioni dei grandi maestri del ‘900, si è rivolta allo spagnolo Jaime Hayon, noto per il suo approccio fantasioso e per il suo repertorio di bizzarre figurine in porcellana per il marchio italiano Bosa e per quello

spagnolo Lladrò, per una nuova serie di sgabelli/vassoio in legno tinto nero. Che paiono personaggi di un’opera buffa, nuovi nella figurazione e nella tipologia: lo sgabello, equipaggiato con un manico e con un vassoio, diventa un pratico tavolino da salotto trasportabile, rinnovando la coreografia dell’ospitalità. In tema di nuove tipologie merita d’essere menzionato il progetto di Andrea Anastasio per la Galleria O. di Roma, che nel giro di pochi anni ha costruito un repertorio di design artistico tra i più interessanti, coinvolgendo nomi del calibro di Fernando e Humberto Campana o Konstantin Grcic. Anastasio, nomade contemporaneo, sempre in viaggio tra l’India e l’Italia, ha rubato ai Paesi della luna crescente il segreto del comfort (nelle tende nomadi non ci sono divani, ma solo tappeti e cuscini), inventando sgabelli morbidi, costituiti da cuscini policromi in seta e velluto dai colori squillanti, sovrapposti al pari dei castelli di carte. Fernando e Humberto Campana per il marchio brasiliano A lot of Brasil, creato da Pedro Paulo Franco che sin dal suo esordio nel 2013 espone a Milano la sua collezione firmata da noti designer internazionali, hanno ricamato una sedia dal colore segnaletico, assemblando tondini metallici. Barovier&Toso ha rinnovato le classiche sospensioni decorative con un assemblaggio di sfere sfaccettate. F.lli Boffi, specializzata nel classico, ha imboccato con decisione la via del contemporaneo di design e ha proposto una nuova tipologia di seduta, Parallell, dall’alto schienale, con struttura in metallo e rivestimento in pelle intrecciata, simile ad un existens minimum angolare, suggerendo un’inedita tipologia di seduta, adatta a pause di concentrazione. Martinelli ha scelto di festeggiare i 50 anni della sua lampada da tavolo icona, il Pipistrello firmato da Gae Aulenti, con due nuove versioni, una dorata e una ramata, dimostrandone la pertinente attualità. Da questa prima rassegna di cult pieces emerge dunque una sola tendenza: la riscoperta di un design riflessivo che non cerca l’effetto scenografico e che si allontana da bizzarrie sperimentali. Perché il 2015 del Salone internazionale del mobile è scandito dalla scelta di un design impegnato a rinnovare, non solo le forme, ma prima di tutto i concept. Per dare senso alle cose che, nel mondo dell’eccesso, devono ritrovare una valida ragion d’essere.


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Frag

Bak, buffet con cassa in noce e ante rivestite in pelle imbottita. Design Ferruccio Laviani


Arper

Cross, tavolo in legno naturale. Design Rizzini+Fattorini+Partners

Estrela, seduta in tondino di metallo. Design Ferdinando e Humberto Campana

A lot of Brasil


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Seletti

Outline, sedute e tavoli in ferro verniciato, e Woodland, parasoli in sottile rete. Design Alessandra Baldereschi


Fiam

Ginevra, specchio da parete. Design Dante Benini e Luca Gonzo

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Domitalia

Big foot, poltrona, pouf e tavolino basso. Design Radice e Orlandini


Barovier & Toso

Lincoln, sospensione in vetro e metallo. Design Calvi Brambilla architetti

Leonardo, tavolo con top in ebony macassar, colonne in legno tornito laccato lucido e base in metallo

Fendi casa


Gebr端der Thonet Vienna

Cirque, serie di sedute in legno verniciato. Design Martino Gamper

Scatole con finitura hemlock tinto nero e dettagli in rame. Design LucidiPevere

Porro


Galleria O.

Pillow case, sedute costituite da cuscini sovrapposti. Design Andrea Anastasio

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Cassina

Reaction poetique, tavolini bassi in legno tinto nero. Design Jaime Hayon


Calligaris

Lounge, divano angolare imbottito

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Atanor

Leonardo, tavolo basso in legno. Design Carlo Forcolini

Pipistrello, lampada da tavolo, rieditata in occasione dei suoi 50 anni. Design Gae Aulenti

Martinelli luce


Fratelli Boffi

Paglianga, poltrona in metallo con rivestimento in pelle intrecciata. Design Philip Bestenheider

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Louis Vuitton

Ernest bed, baule letto ripiegabile in una Keepall con cuscino in pelle Nomade. Design GwenaĂŤl Nicolas

Compendium, lampada da terra a led in alluminio anodizzato. Design Daniel Rybakken

Luceplan


«Abbracciare il progresso senza rinunciare ai miei valori: questo è il mio motto.» Salvatore Peluso, studente di architettura, Politecnico di Milano

Il sistema di arredamento USM Haller, icona del design, compie cinquant’anni. È arrivato il momento di guardare avanti ed esplorare nuove prospettive. Seguite una nuova generazione di designer, artisti e architetti provenienti da sette prestigiose accademie di tutto il mondo, scoprite come ridefiniscono la modularità e diventate parte di un progetto visionario. Seguite il loro viaggio su usm.com/project50

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Euroluce 2015 14 - 19 Aprile 路 Fiera Milano 路 Hall 11 Stand G40 lladro.com


Event

Über design d'autore Superstudio group celebra 15 anni di creatività internazionale con Superdesign show, contenitore dedicato all'arredo tra temporary museum, happening ad hoc, mostre multimediali e l'area Ki.D.S.

Diecimila metri quadri di spazio espositivo con progetti e proposte lifestyle che hanno il design come punto di partenza. Superstudio group celebra 15 anni da protagonista nel mondo del design internazionale. E lo fa in grande stile presso il Superstudio Più di via Tortona 27 a Milano, nei giorni del Salone internazionale del mobile 2015, presentando il nuovo format Superdesign show, un progetto evolutivo che prende il posto e incorpora il successo del Temporary museum for new design delle edi-

zioni passate. Lo scopo è quello di raccontare la nuova era del design per analizzare tramite convenzioni, pregiudizi e categorie differenti come quest’arte affronti con progettualità la realtà attuale. Il tema di quest’anno è anche un invito: «Open your mind!», apri la tua mente. Ed è solo in questo modo che si potranno comprendere tutte le proposte delle diverse aree tematiche. Tra queste, il Temporary museum dove arredi, oggetti e materiali sono presentati attraverso i nuovi linguaggi della scena artisti-


Nelle immagini di queste pagine: 01) Louis XV, lampadario di Beau&Bien; 02) Salamandre, bookcase di Nonah dal progetto Ki.D.S.; 03) Vivus, tavolo farfalla di Vitamin design; 04) Osoud, speaker da muro di Digital habits; 05) Bidjar Waterloo peace, tappeto della collezione Erased heritage di Jan Kath; 06) Hwl, serie di lampade create da Jens Otten produktdesign; 07) Keith Zalavarria, lampada in legno firmata Tacloban prevails; 08) Bookshape, libreria di Lettera G (design Davide Redaelli); 09) tavolo arcuato di Guangzhou Topoo Home&Decor; 10) The rational and emotional worlds, installazione di LG Hausys in collaborazione con Marcel Wanders; 11) Camo, lampade da muro di Pega D&E; 12) Ghost, lampade a sospensione firmate da Cozì studio.

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ca contemporanea con installazioni sensoriali come quella di Marcel Wanders per LG Hausys o il labirinto di vetro by Norihisa Kawashima e Keika Sato per Asahi glass company. E The Galleries, dove le aziende già affermate del settore esporranno l’ultima collezione di arredi. Per dare spazio ai nuovi poli del design mondiale, invece, verrà proposto The World Is Here, dove saranno valorizzate le diverse tradizioni e culture, come il colosso di furniture Made In China Red star macalline. L’area Selected objects sarà dedicata agli appassionati di oggetti di design originali: qui, saranno esposti i nuovi progetti che potrebbero diventare i simboli della nuova era artistica, come Biomega, la bicicletta icona new tech dal design minimale scandinavo. Art-Design, invece, sarà il padiglione dedicato all’arredo progettato dagli artisti, che mostrerà pezzi visionari e provocatori, come quelli della collettiva «Islamopolitan» del Maraya Art Centre di Sharjah. Contemporaneamente, sarà possibile visitare anche il Materials village, l’hub internazionale di eventi e iniziative dedicate a promuovere la cultura dei materiali. Novità assoluta per SuperStudio, Supertextile dove il tessuto d’arredo sarà il protagonista di un’installazione originale. E, per il mondo dei più piccoli, l’area Ki.D.S., in collaborazione con Paola Noè: un’esposizione di arredo, oggettistica e articoli dedicati al momento del gioco. Angelo Ruggeri

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Personal design

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Un trend/no trend, che fa della personalità individuale l’unico vero punto di riferimento. Tra pezzi cult della storia del design e preview dal Salone del mobile, per un puzzle estetico di nomi affermati e giovani talenti, all’insegna di un arredo eclettico, unico e irriverente Ricerca Cristiano Vitali - Artwork Giorgio Tentolini

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01-ESTILUZ. Maine, lampada a sospensione a più luci. 02-CASCANDO. Rombo, fioriere modulari con piedini. 03-VENINI. Opalini, vasi in vetro soffiato color lavanda. 04-MOLTENI&C. Kristal, mobile contenitore da soggiorno. 05-WALTER KNOLL. Tama, tavolino con doppio piano in marmo. 06-MINOTTI. Collar, divano con braccioli e schienale ribaltabili. 07-TECKELL. T1, tavolo da biliardo in

cristallo. Design Marc Sadler. 08-ZERO. RGB, lampada da terra con composta da sfere di legno laccate. 09-ESTEL. Antoni, poltrona. Design Alessandro Scandurra. 10-DÉSIRÉE. Cuscino decorato della collezione Stripe. 11-DESALTO. Sail 307, porta tv girevole da soffitto. 12-TECKELL. Portastecche in legno e vetro sagomato. Design Marc Sadler. Sullo sfondo: tessuto Dedar Short-cuts

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01-VITRA. Sunburst, orologio da parete multicolor. 02-FOSCARINI. Planet, lampada a sospensione in tessuto ricamato. 03-ARCLINEA. Vina&Dispensa, mobile metĂ cantina e metĂ contenitore della collezione Winery. 04-VONDOM. Torre, coppia di vasi alti. 05-TISETTANTA. Achille, libreria con blocco di pietra alla base. 06-MUUTO. Balance vase, vassoietto con vaso saldato alla superficie. 07-DEL TONGO. Creta, cucina in

legno. Design CRS Del Tongo. 08-ALIAS. Kayak, sedia in quercia. Design Patrick Norguet. 09-E15. TA08 Fabian, tavolo da pranzo con il piano a effetto tovaglia. 10-KARTELL. Vasi dalla collezione Jelly family. Design Patricia Urquiola. 11-GORENJE. Frigorifero rosso dalla collezione Nostalgie. 12-SILIKOMART. Safe pot, serie di salvapadella in silicone. Sullo sfondo: tessuto Dedar Tangram

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01-POLIFORM. Dama, coppia di sgabello/tavolino in legno. 02-CASSINA. 637 Utrecht, poltrona dalla collezione Cassina i maestri. 03-VISIONNAIRE. Margaret, seduta imbottita con braccioli. 04-HĂ„STENS. Blue, duvet e cuscino rivestiti in satin. 05-ZANOTTA. Pablo, specchio da parete. Design Gabriele Rosa.

06-BANG & OLUFSEN. BeoPlay A9, sistema audio freestanding. 07-TEAM 7. Soft, ar madio con illuminazione integrata. 08-ARTEMIDE. Petite, lampada total black da tavolo. 09-POLIFORM. Laze, letto imbottito. Design Rodolfo Dordoni. Sullo sfondo: tessuto Dedar Dante

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01-LIGNE ROSET. Rite, appendiabiti con specchio incorporato. 02-ZERO. Stampa ceiling, lampada da sospensione. 03-ARTEK. Kaari, libreria da parete. 04-LIVING DIVANI. Fju, scrittoio da parete ribaltabile. Design kaschkasch. 05-MAGIS. Traffic, chaise longue. 06-USM. Mobile contenitore modulabile da casa e ufficio. 07-CANTORI. Elena, lampada snodata da terra in ottone. 08-MDF ITALIA. Flo, sgabello rotante. 09-WOGG. Liva, portaoggetti. 10-NEW TENDENCY. Tilt, accessorio per riporre la cancelleria.

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Sullo sfondo: tessuto Dedar Coupe de foudre

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01-WHIRLPOOL. Supr eme Car e Pr emium, lavatrice di ultima generazione a rumorositĂ limitata. 02-IL GIARDINO DI LEGNO. Tennis, portasalvietta in legno. 03-REXITE. Olivia Wood, sedia design. 04-MUUTO. Varjo, tappeto bicolor in lana di pecora neozelandese. 05-DURAVIT. Cape cod, vasca da centrostanza. Design Philippe Starck. 06-ARTEMIDE. Rea, applique a luce LED in alluminio verniciato. 07-COTTO ANOTHER PERSPECTIVE 3. Dressing, mobile lavabo con specchio. Design Atelier 2+. 08-AXOR. Rubinetto mixer in acciaio della collezione Axor Citterio E. 09-SCARABEO. Mizu, lavabo in ceramica. Design Emo design. 10-BREM. Spring, calorifero della collezione Cinier. 11-GROHE. Rainshower Icon, soffione doccia con disco forato.

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Sullo sfondo: tessuto Dedar ChĂŠrie

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VENEZIA loves NEW YORK

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Product

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Couture

Direttamente dagli atelier più opulenti, una nuova visione sull’arredamento extra luxury, con decisi accenni barocchi 01-MINGARDO. Separé in metallo lavorato a mano. Design Revesz +Tatangelo per Designer | Faber. 02-AXO LIGHT. Melting pot, lampada realizzata assemblando paralumi diversi. Design Sandro Santantonio. 03-DONGHIA. Tavolo in legno con parti metalliche sagomate. 04-SCARLET SPLENDOUR. Monsieur Verdoux, mobile bar. Design Matteo Cibic. 05-ETRO. Chaise longue rivestita con il tessuto ramage Achillea. 06-VERSACE HOME. La Coupe des

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Dieux, poltroncine in metallo e seduta in pelle. Design Donatella Versace. 07-CC-TAPIS. .Pepe 1, tappeto in lana e seta himalaiana. Design Federico Pepe. 08-CAPODOPERA. Hi-Deck, mobile contenitore. Design Carlo Tamborini. 09-DE CASTELLI. Syro, piccoli tavolini, con piani in metallo e incisioni grafiche. Design by Emilio Nanni. 10-RICHARD GINORI. Teiera dalla collezione Giardino dei Semplici. Design Alessandro Michele. ricerca di Cristiano Vitali

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Product

Nudi e crudi

Il rapporto ritrovato con ispirazioni naturali e materiali semplici. In una nuova rilettura delle tradizioni ethnic

04-ingo maurer

01-GT DESIGN. Paglietta, tappeto in filato tecnico. Design Deanna Camellini. 02-COLICO. Mad, tavolo asimmetrico in legno di rovere spazzolato. 03-COLÉ. Three wise men, specchi ispirati a maschere africane. Design Lorenza Bozzoli. 04-INGO MAURER. Monument for a Bulb, lampada da tavolo. 05-100% BRASIL. Poltroncina effetto uncinetto. Design Sérgio Matos. 06-SERRALUNGA. Net Light Vaseaso/ lampada da terra. Design F. Bortolani

+ E. Righi. 07-LUMEN CENTER ITALIA. Astolfo, lampada da tavolo in legno e metallo. Design Amedeo G. Cavalcini. 08-MORELATO. Kant, libreria in legno di noce canaletto. Design Itamar Harari. 09-FUCINA METAL ART & DESIGN. Blacksmith’s furniture, mobili contenitori in metallo grezzo. 10-GOODESIGN. Veiled Lady, sgabello realizzato da Erik Klarenbeek con la tecnica di stampaggio 3D. ricerca di Cristiano Vitali

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Bold

Per non passare mai inosservato. Sfila il lato piì forte, la personalità più decisa, del design contemporaneo 01-BOSA. Strypy, vaso con fantasia grafica di Jamie Hayon. 02-HENZEL STUDIO HERITAGE. Riproduzione su tappeto di Untitled, disegno del 1978 di Tom of Finland. 03-DRIADE. Blocco, pouf riedizione del 1971. Design Nanda Vigo. 04-COLLAGE. Maso red, tavolo con struttura in lastre di mdf curvato e piano in masonite. Design Francesco Soro. 05-NILUFAR. Pitz, cassettiera di Roberto Giulio Rida. Esemplare unico.

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06-MOROSO. Glider, divano multicolor. Design Ron Arad. 07-CAPPELLINI. Bac Blu, sedia. Design Jasper Morrison. 08-OLUCE. Mist-o, lampada da terra. Design Las. 09-MARIO LUCA GIUSTI. Biblioteca nazionale, libreria in metacrilato colorato. 10-BALERI ITALIA. Mies visit Carrara, lettino rivestito in tessuto con stampa effetto marmo. ricerca di Cristiano Vitali

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Story teller

Illuminare il futuro

Made in Italy, sperimentazione, sostenibilità e promozione dei giovani talenti. Questi gli assi portanti del progetto di crescita di Panzeri, storica realtà design del segmento luce, oggi guidata da Norberto Panzeri

C’è chi guarda al passato celebrando la propria storia e chi sceglie di scommettere sul futuro, quantomeno su quello a medio termine, e di trovare nei giovani la spinta propulsiva. Tra questi ultimi c’è Panzeri, azienda brianzola d’illuminazione fondata nel 1947 da Carlo Panzeri e guidata ora dalla nuova generazione imprenditoriale con un avvenire tutto da scrivere, partendo dalle sfide creative e tecnologiche del Led e passando per l’estero e per il web. Come ha raccontato Norberto Panzeri, numero uno dell’azienda di design specializzata in illuminazione. Domanda.Come descriverebbe in una frase gli ultimi settant’anni di Panzeri? Risposta. Siamo una azienda famigliare, figlia della tenace volontà di mio padre di creare nel Dopoguerra una azienda specializzata nella produzione di componentistica per lampadari. Ma questo appartiene al passato, di cui siamo ovviamente fieri. Il cambio di passo è avvenuto nel 2013. Fino ad allora abbiamo sempre deciso di investire in macchinari. Da poco più di due anni a questa parte la scelta


Nella foto grande, un ritratto di Norberto Panzeri, numero uno di Panzeri. Nelle altre immagini, prodotti creati dal brand

si è orientata sulle risorse umane. Abbiamo implementato la squadra con nuovi giovani e meno giovani per andare a rafforzare alcune aree specifiche. D. Quali per esempio? R. L’export in primis. Stiamo potenziando l’Europa con l’inserimento di area manager in grado di sollecitare i contatti già esistenti nel Vecchio continente. Ma la nostra azienda ha guardato da tempo anche agli altri mercati extra-Ue, dagli Stati Uniti, che rappresentano il 10%, fino alla Russia. Su quest’ultimo fronte abbiamo dovuto ridimensionare la quota a causa della svalutazione del rublo. Le new entry in azienda ci consentiranno anche di metterci in regola con le normative europee in fatto di certificazioni. C’è poi tutta la parte della gestione informatizzata degli ordini e del web con la rivisitazione integrale del sito. Insomma, c’era bisogno di nuova linfa per aprirci alle sfide di domani. D. Sul fronte prodotto quali sono queste sfide alle quali vi state preparando? R. È tutto il mondo dei Led. Non a caso abbiamo inserito anche un nuovo ingegnere elettronico esperto proprio di questa tecnologia. Il Led è la mia ossessione, ci porterà ad essere up-to-date. Non è un caso che tra le novità che presentiamo a quest’appuntamento di Euroluce ci sia la nuova lampada Jackie, un modello da tavolo orientabile con particolari in pressofusione di alluminio, disegnata da Enzo Panzeri. Si accende con un tocco delicato, si regola in intensità e si spegne sfiorandola. Si può dire che sia la nostra sfida ai competitor internazionali perché è il frutto dell’abilità delle maestranze italiane di Borgo Manero. D. Quanto è importante il made in Italy nel vostro mondo? R. Personalmente lo trovo fondamentale. Ecco perché Jackie è stata fieramente prodotta in Italia. È quasi un’eccezione dato che da 20 o 30 anni le lampade da tavolo vengono realizzate all’estero. Con questo modello abbiamo voluto diventare i Don Chisciotte del settore producendo qui belle lampade con tecnologie all’avanguardia. D. Anche voi avete deciso di puntare sulla sostenibilità? R. Amiamo il nostro territorio ed è stata una scelta naturale. D’altro canto l’azienda, oltre ad essere autosufficiente dal punto di vista energetico grazie a un impianto fotovoltaico, e molto attenta alla salute e alla sicurezza sul posto di lavoro, sceglie anche con cura di materiali, certificati da autorevoli istituti internazionali. D. Oltre alla manifattura italiana e all’attenzione all’ambiente, qual è il vostro asso nella manica? R. Senza ombra di dubbio i giovani. Non solo sul fronte commerciale, ma anche su quello creativo. Abbiamo scelto di puntare sulle nuove leve tra gli architetti, spesso scoperti all’interno del salone dedicato ai giovani designer, e devo dire che ci hanno sempre dato ottimi risultati. Siamo riusciti a creare un bel mix tra la linfa proveniente dall’esterno e la nostra tradizione di azienda famigliare. Milena Bello

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MF

Indirizzi 100% brasil a lot of brasil alias anna gili archi-union arclinea armani arper artek artemide atanor axo light axor azzedine alaïa baleri italia bang & olufsen barovier & toso beau&bien bosa brem calligaris cantori capodopera cappellini cascando cassina cc-tapis céline chanel colé colico collage cotto another perspective 3 cozì studio david lachapelle de castelli dedar deltongo desalto désirée digital habits dior dolce & gabbana domitalia donghia driade drumohr duravit e15 elena salmistraro estel estiluz etro fendi casa fiam flos fondazione prada foscarini frag fratelli boffi fucina metal art & design galleria o. gebruder thonet vienna goodesign gorenje grohe gt design guangzhou topoo home&decor hÄstens henzel studio heritage il giardino di legno ingo maurer iniala beach house jamie xx jan kath

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nelle pagine, cornici realizzate con pietre moscato marmi

Direttore eD eDitore Paolo Panerai Direttore eD eDitore AssociAto Gabriele Capolino Direttore Pierluigi Magnaschi

MFL

Magazine For Living

Direttore Giampietro Baudo (gbaudo@class.it)

responsabile MoDa e Design Stefano Roncato (sroncato@class.it) grafica Valentina Gigante (vgigante@class.it) Hanno collaborato Cristina Morozzi (special design consultant) testi

Francesca Manuzzi, Matteo Zampollo, Milena Bello, Silvia Manzoni, Angelo Ruggeri, Giulia Sciola, Cristiano Vitali foto

Paolo Di Lucente, Luca Di Meo, Adrien Dirand, Dan Glasser, Pagani, Y.R., Christophe Roué, Zhonghai Shen, Francisc Ten, Zack Zhang grafica & special effect Giorgio Tentolini

presiDente Victor Uckmar Vice presiDente e aMMinistratore Delegato Paolo Panerai Vice presiDenti Pierluigi Magnaschi, Luca Panerai consiglieri Delegati Gabriele Capolino, Andrea Mattei consigliere per le strategie e lo sViluppo Angelo Sajeva concessionaria pubblicità class pubblicità spa Direzione Generale: Milano, via Burigozzo 8 - tel. 02 58219522 Sede legale e amministrativa: Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 Sede di Roma: via Cristoforo Colombo 456 - tel. 06 69760887 - fax 06 59465500 presidente, Angelo Sajeva Vp sales, Gianalberto Zapponini direttore commerciale: Stefano Maggini per informazioni commerciali: mprestileo@class.it Class Editori spa Direzione e Redazione 20122 Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 - fax 02 58317429 Amministrazione e abbonamenti: 20122 Milano, via Burigozzo 5 tel. 02 58219285 - 02 5821929 - fax 02 58317622 Registrazione al Tribunale di Milano n. 210 del 19/4/86 Distribuzione Italia: Erinne srl - via Burigozzo 5, 20122 Milano - tel. 02 58219.1 responsabile dati personali Class Editori spa, via Burigozzo 5, 20122 Milano Stampa: G. Canale & C. S.p.A. viale Liguria 24, 10071 Borgaro (To)

Supplemento a MF - Spedizione in a.p. 45%, articolo 2, comma 20/b, legge 662/96 - Filiale di Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 266 del 14/4/89 Direttore responsabile Paolo Panerai


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