Mff84 febbraio 2017

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Magazine For Fashion

Supplemento al numero odierno di MF/Mercati Finanziari. Spedizione in abbonamento postale L. 46/2004 art. 1 C. 1 DCB Milano

n. 84. febbraio 2017. Solo in abbinamento con MF/Mercati Finanziari - IT Euro 5,00 (3,00 + 2,00) trimestrale

international edition

Jeremy Scott e modelli con look Moschino. Foto Marcus Mam

the wowness JEREMY SCOTT @ moschino

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international edition

Alessandro Sartori e modelli in Ermenegildo Zegna couture. Foto Daniel Beres

the wowness alessandro sartori @ ermenegildo zegna

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MFf

Magazine For Fashion

n. 84. febbraio 2017. Solo in abbinamento con MF/Mercati Finanziari - IT Euro 5,00 (3,00 + 2,00) trimestrale

Da sinistra, Ida Immendorff, Leonetta Luciano Fendi, Roberto Rossellini, Kenya Kinski-Jones e Presley Gerber in Fendi. Foto Diego Villarreal

international edition

Supplemento al numero odierno di MF/Mercati Finanziari. Spedizione in abbonamento postale L. 46/2004 art. 1 C. 1 DCB Milano

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the wowness leonetta luciano fendi @ f is for...

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Sterling Ruby: FLAG (4791), 2014 Š Sterling Ruby Bleached and dyed canvas and elastic (443.23cm x 871.22cm) Calvin Klein: Classic Cotton Briefs (Calvin Klein Underwear Est. 1981) Photographed at Rubell Family Collection, Miami







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Foto Stefano Roncato

Dsquared2

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Ermenegildo Zegna

Agi & Sam

Ktz

Palm angels

Walter Van Beirendonck

Missoni

Ami

Junya Watanabe

Plein sport

Versace

Marcelo Burlon county of Milan

Dolce&Gabbana

Valentino

Malibu 1992

Louis Vuitton

Msgm

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the wowness by STEFANO RONCATO

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Tanto di cappello a una stagione di transizione. A una stagione, quella del menswear targato autunno-inverno 2017/18, che verrà ricordata come un momento di passaggio. Complice l'onda lunga del see now-buy now e la rivoluzione co-ed, che sta mietendo vittime illustri nei calendari di tutte le fashion week a favore di una sintetizzazione di creatività che tanto piace a buyer e fashion house. Senza dimenticare le assenze illustri, cadute sotto i colpi della crisi congiunturale o i new talent pronti a sbocciare con tutta la loro forza estetica. A tutto questo è dedicato il nuovo numero di MFF-Magazine For Fashion che ha voluto raccontare l'upcoming season scegliendo tre portavoce speciali. Un trittico di figure e di fenomeni, che stanno cambiando il fashion system. In primis, uno dei debutti più attesi di stagione, quello di Alessandro Sartori, tornato al timone della corazzata Ermenegildo Zegna. E poi un fenomeno multicreativo, Jeremy Scott, capace di distillare il suo universo pop & funny nella maison Moschino. Dulcis in fundo, un maxi progetto digital oriented, F is for..., costruito step by step da Fendi, che ha scelto Leonetta Luciano Fendi come volto di una generazione di millennials cool e internazionali. In comune quella «wowness» che sta accompagnando tutte le copertine di questo magazine e che aiuta a costruire una squadra di figure pronte a scrivere il futuro della moda. Un futuro rivelato nelle pagine di questo numero da figure iconiche come Paul Smith ma anche da tomorrow's talents come Carlo Volpi o Charles Jeffrey con la sua Loverboy. Senza dimenticare il dialogo istituzionale tra Carlo Capasa di Cnmi e Caroline Rush del Bfc o quello generazionale tra due figure mitiche come Rosita e Angela Missoni. Davanti a cui non si può dire null'altro se non: chapeau!

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ARMANI.COM



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contents fall-winter 2017/18

18 e 19

openview Stefano Roncato

40 PAUL SMITH Valentina Nuzzi

30 e 31 facecool Angelo Ruggeri

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carlo volpi Ludovica Tofanelli

32 e 33 Moodboard Ludovica Tofanelli

44 e 45

buyers picks Francesca Manuzzi, Valentina Nuzzi e Michela Zio

34 ARRIVALs Ludovica Tofanelli

46 quick chat Angelo Ruggeri

36 family business Francesca Manuzzi

48 e 49 models Angelo Ruggeri

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50 A-VENUE Francesca Manuzzi

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charles jeffrey Francesca Manuzzi

il finale di gosha rubchinskiy

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Boy George

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See the ďŹ lm DIOR.COM/Portraits

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contents fall-winter 2017/18

52 e 53 accessor-hype Angelo Ruggeri

74 a 83

54 a 61 Jeremy scott @ moschino Stefano Roncato Foto Marcus Mam

84 e 85 futuro co-ed Ludovica Tofanelli

62 a 69 alessandro sartori @ ermenegildo zegna Stefano Roncato Foto Daniel Beres 70 a 73 LEONETTA LUCIANO FENDI @ F IS FOR... Stefano Roncato - Chiara Bottoni Foto Diego Villarreal

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86 e 87

first raw Foto Stefano Roncato

la performance di golden goose deluxe brand

balenciagamania Michele Bagi

88 a 99 the best CALVIN KLEIN BALENCIAGA THOM BROWNE LOUIS VUITTON DOLCE & GABBANA VALENTINO MSGM

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MAKE LOVE NOT WALLS

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contents fall-winter 2017/18

FENDI J.W.ANDERSON N°21 JUNYA WATANABE LANVIN

120 e 122 groom SERVICE Francesca Manuzzi

il finale di givenchy by riccardo tisci

124 a 127 International & Address

101 a 118 trends ARTSY BUSINESS CLASS ANIMAL POETS PUFFY CAMOU VELVET ORANGE check MONTGOMERY

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il finale di emporio armani

in covers

contents fall-winter 2017/18

jeremy scott e quattro modelli vestiti con look moschino

alessandro sartori e modelli in ermenegildo zegna couture

foto: marcus mam

foto: Daniel Beres

Models: Mitchell Slaggert @ Dna; Matthew Noszka @ Elite; Elsa Hosk @ Img; Stella Maxwell @ The Lions

Models: Mike Van Ruiten @ Elite; Wonjung Jo @ Fashion; Alpha Dia, Denys Zhodik @ Crew

leonetta luciano fendi, al centro della foto, insieme con, da sinistra, Ida Immendorff, Roberto Rossellini, Kenya Kinski-Jones e Presley Gerber tutti in look Fendi Foto: Diego Villarreal

Servizi di Stefano Roncato

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PEOPLE

facecool

Un racconto in dieci tappe tra arte e moda, fotografia e musica, cinema e design. Alla ricerca di personaggi che stanno riscrivendo il concetto di creatività. Talenti con un cool factor da scoprire. By Angelo Ruggeri

Waris Ahluwalia WORK: FOUNDER / FOR: HOUSE OF WARIS / WHERE: NYC Nato in India, ma cresciuto a New York, è amante dell’arte a 360 gradi. Waris Ahluwalia è sceneggiatore, regista e attore, grazie a una serie di piccoli ruoli in alcuni film, tra tutti quelli del suo amico Wes Anderson. Dopo aver viaggiato e vissuto a Los Angeles, in Italia e in Giappone, forte della sua grande passione per tutto ciò che è bello, fonda House of Waris, società di produzione di alta gioielleria specializzata in diamanti, amata in tutto il mondo per le sue lavorazioni uniche. Non solo. Oltre ai gioielli, l’artista è proprietario anche di un negozio di tè, indiano naturalmente, nella Grande mela, proprio sotto la High line.

Richard Colson Baker WORK: RAPPER / FOR: himself / WHERE: HOUSTON Capelli biondi, piercing e tatuaggi su tutto il corpo. Richard Colson Baker, meglio noto come Machine Gun Kelly o Mgk, a soli 26 anni è già una vera e propria icona di stile per gli amanti del rap d’oltreoceano, ospite fisso alle sfilate dei brand di streetwear più cool. Inizia la sua carriera musicale nel 2006, sulle orme di quella dei tre rapper Ludacris, Eminem e Dmx. Da qui, l’ascesa al successo. I suoi videoclip sul canale Vevo sono i più visti in America e i suoi social media sono sempre più seguiti dai fan di tutto il mondo. Lo scorso ottobre, ha presentato il nuovo brano Bad things realizzato a quattro mani con Camila Cabello.

Harry Bowen & Josh Haywood WORK: DESIGNERS / FOR: HYLEMO / WHERE: London Josh Haywood (nella foto, a sinistra) ha 27 anni ed è un designer e artista. Harry Bowen (nella foto, a destra) ne ha soli 22 ed è cresciuto in Galles, lavorando per l’azienda di costruzioni di famiglia. Mentre si trovavano a Londra per studio, si sono incontrati, hanno unito le loro conoscenze nel campo dell’architettura e dell’arte, realizzando diverse installazioni site specific al Burning man. Che hanno riscontrato successo da parte degli addetti al settore. Successivamente, hanno fondato lo studio Hylemo. Amati anche da Donatella Versace, che li ha chiamati per realizzare il set dello show uomo a-i 2017/18 della maison.

BEN COTTRELL & MATTHEW DAINTY WORK: FASHION DESIGNERS / FOR: COTTWEILER / WHERE: LONDON «Streetwear 3.0. In continua evoluzione». Ben Cottrell (nella prima foto, a destra) e Matthew Dainty (nella prima foto, a sinistra) amano questo concetto. E lo inseriscono in qualsiasi cosa fanno. Che sia una sfilata ordinaria a Londra o un evento di presentazione a Firenze. Come quello per il lancio della capsule collection realizzata con Reebok, in occasione di Pitti immagine uomo numero 91. Il duo creativo di Cottweiler riesce sempre a sorprendere il pubblico. Proprio quest'ultimo li ha proclamati vincitori dell’International woolmark prize 2016/17 per la categoria menswear. La motivazione? La loro originale lavorazione della lana.

Tiffany Hsu WORK: FASHION BUYER / FOR: SELFRIDGES / WHERE: LONDON Capelli neri a caschetto e un look da far invidia a tutte le fashion influencer. Nella vita, però, Tiffany Hsu ha sempre lavorato nel fashion buying. Prima per mytheresa.com, successivamente per Lane Crawford a Hong Kong e oggi, a Londra, per i department store Selfridges. La moda è la sua più grande passione. Lo si percepisce quando, fuori dalle sfilate più cool, la si vede sfoggiare, con disinvoltura e ironia, qualche must-have di stagione, sorridendo ai fotografi di streetstyle. La sua icona di stile? David Bowie. Il suo designer preferito? Yang Li, cinese ma con base nella City. Il suo hobby preferito? Viaggiare.

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MATT LAMBERT WORK: FILM MAKER & PHOTOGRAPHER / FOR: HIMSELF / WHERE: berlin L’ultima sua creazione-video ha spaccato il pubblico in due. C’è chi l’ha trovata d’avanguardia e unica, chi dal contenuto troppo forte. Matt Lambert ha firmato il corto Butt muscle, proiettato per la prima volta sulle pareti al party post sfilata di Rick Owens. Protagonista delle scene, la performer Christeene Vale. Nella sua carriera, ha realizzato video per Gucci ma anche per Marc Jacobs e Givenchy. E ha scattato servizi fotografici per riviste indipendenti, quali 10 Men, 032c, Rollacoaster o Hero magazine. Oltre a essere stato nominato al Tribeca film festival come uno dei dieci registi del futuro.

ALASDAIR MCLELLAN WORK: PHOTOGRAPHER / FOR: HIMSELF / WHERE: London L’ultimo capolavoro? Una serie di scatti realizzati in collaborazione con J.W.Anderson e presentati attraverso un’exhibition organizzata in occasione della London fashion week men’s, che ripropongono modelli completamente nudi, immortalati nella natura. Alasdair McLellan ha sempre vissuto per la fotografia, fin da quando abitava nel South Yorkshire. Specialmente quella di moda. Nella sua carriera ha lavorato per magazine come Vogue Uk, Vogue Paris, Love magazine e i-D. Oltre a firmare campagne pubblicitarie di maison come Miu miu, Loewe, Louis Vuitton, Calvin Klein e Supreme.

Morelli Brothers WORK: PHOTOGRAPHER & ART DIRECTOR / FOR: THEMSELVES / WHERE: MILAN Luca Morelli (nella foto, a sinistra) è laureato in architettura e si occupa di fotografia. Alessandro Morelli (nella foto, a destra) è laureato in fashion communication e si occupa della direzione artistica. Grazie alla passione per il cinema e la cultura pop, i due fratelli hanno deciso di dare vita, qualche anno fa, al duo creativo Morelli brothers che oggi vanta collaborazioni con Dolce & Gabbana, GQ Latin America, GQ style México e Vogue Japan. Oltre alla maison Roberto Cavalli, della quale hanno firmato la campagna pubblicitaria per la primavera-estate 2017 della prima linea, immortalando i modelli Stella Maxwell e Jordan Barret.

Floria Sigismondi WORK: PHOTOGRAPHER & FILM MAKER / FOR: HERSELF / WHERE: LOS ANGELES Creativa e visionaria. Come le sue opere. Nata a Pescara, da piccola si è trasferita in Canada con la famiglia, dove ha studiato arte e illustrazione. Successivamente, ha iniziato la sua carriera prima come fotografa di moda poi come regista di videoclip musicali, collaborando, tra i tanti, con David Bowie, Christina Aguilera, Kate Perry, Marilyn Manson e Justin Timberlake. Lo scorso novembre, Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, l’ha chiamata per raccontare, come una moderna fairy tale, la campagna per il Gift giving 2016. Il risultato? Un cortometraggio ricco e romantico, ispirato alla storia del giardino dell’Eden.

Teppei Sugaya WORK: ARTIST / FOR: himself / WHERE: tokyo Artigiano 3.0. Così ama essere definito. Teppei Sugaya abita a Mito, una piccola città alle porte di Tokyo. In occasione di Milano moda uomo, ha collaborato con Andrea Rosso, figlio di Renzo Rosso, numero uno del gruppo Diesel, per realizzare la collezione fall-winter 2017/18 di Myar collezione. Un mix creativo e sofisticato, tra heritage e futuro. Generato dalla combinazione della cultura italiana con quella giapponese. Per capi rétro ispirati al mondo militare, alle macchine da guerra e a tutte le componenti con le quali sono realizzate. E creati con tessuti stock, acquistati in magazzini specializzati o utilizzando materiali riciclati.

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backstage

MOODBOARD Think. Try. Love. Il menswear di Fendi si svela in uno slogan motivazionale dall’impatto positivo. Tra sport, Hemingway e videogame. By Ludovica Tofanelli

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Pensa e agisci. Before you quit, try. Mettiti in gioco. Sono le parole di Ernest Hemingway a riecheggiare sulla passerella del menswear firmato Fendi. Rileggendo un vademecum dello scrittore statunitense, Silvia Venturini Fendi, direttore creativo dell'uomo della griffe, traccia i dettami playful del suo universo maschile secondo la logica dell’azione e attraverso la chiave del divertimento. «Regole quasi banali per affrontare sfide future per anni di grande cambiamento». Così la stilista romana ha spiegato il fil rouge che l’ha guidata nella realizzazione della nuova collezione uomo della maison di Lvmh. Un Fendi game dove protagonisti sono Tenenbaum contemporanei avvolti da maxi pellicce e knitwear dalle tinte pop. In versione super Fendi bros, con fascette da tennis e beanie da strada, sopra i quali svettano claim e loghi con grafismi da videogioco. Think. Try. Love. Ma anche hope. Sono slogan stimolanti e accattivanti dal contenuto ottimistico, che esprimono il desiderio di fronteggiare il futuro con dinamismo e au-

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dacia. «Un abbigliamento semplice, con styling divertente. Non volevo niente di rétro», ha aggiunto la designer di fronte a un moodboard dalle cromie vivaci e dai riferimenti active. Una sequenza di immagini che rievoca una sportività passata, riportandola con un’estetica modernista. Temi declinati all’interno della fall-winter 2017/18 secondo lo spirito della funzionalità, creando un insieme dove lo streetwear incontra il formale e all’interno del quale le parole assumono nuovo peso, rimandando all’azione. Il diluvio di accessori, tra zaini, etichette e ciabatte, si fa dichiarazione d’intenti, trasformandosi in un formulario da indossare e mostrare per raccontare il proprio mantra attraverso l’abbigliamento. Il color block di blu,

gialli e rossi diventa il fil rouge di un approccio tra il pop e lo sporty, tra il neoprene e l’animalier, tra rigati e patchwork logati. Tra le immagini si scorge il Buffalo boy Felix Howard, compare il nome di Louise Bourgeois e figura il ciclismo dei 70s con Eddie Merckz e la sua maglia della Molteni. Un insieme di personaggi e personalità circondati da parole chiave che interagiscono con il mondo Fendi in versione fumettistica. Before you react, Think. Le parole di Hemingway sono ovunque, sono semplici ma efficaci. Sono quelle della vita di tutti i giorni e sono il nuovo diktat della maison romana. Per ricordare quelle regole che Fendi non vuole dimenticare. Trust Fendi.

sopra, il moodboard della sfilata fendi fall-winter 2017/18

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fashion moments

arrivals

newcomers, debutti e nuovi ruggiti creativi. Un passaggio di testimone che nel mondo WOMENSWEAR battezza Un pool di nomi ai blocchi di partenza, pronti a trasformare l'esprit estetico. BY ludovica tofanelli

Raf Simons @ Calvin Klein La rivoluzione di Calvin Klein prende la firma di Raf Simons. Il designer belga, alla guida della sua etichetta omonima dal 1995, è entrato a far parte del marchio del gruppo Pvh dopo aver lasciato la direzione creativa di Dior. Nel suo nuovo ruolo di chief creative officer per la griffe statunitense, Simons supervisiona l’estetica del marchio nella sua totalità, controllando tutte le linee. E dopo aver rilanciato sulla couture con il primo progetto battezzato By appointment, una linea di 14 look su misura che celebra la donna americana, lo stilista ha debuttato in passerella a New York unificando le collezioni uomo e donna.

Laura Kim e Fernando Garcia @ Oscar De La Renta Francesco Risso @ Marni La nuova Marni disegnata da Francesco Risso rilegge lo spirito playful del marchio fondato da Consuelo Castiglioni. In arrivo dal gruppo Prada e con un passato tra Anna Molinari, Alessandro Dell’Acqua e Malo, Risso sbarca alla guida estetica del marchio controllato da Otb con la fall-winter 2017/18, segnando il primo cambio di direzione creativa del brand dalla sua nascita. E dopo il debutto con la collezione maschile dai toni childish, il designer punta i riflettori sulla passerella femminile con il suo primo show a Milano moda donna.

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Un atteso debutto che ha rischiato di essere compromesso da battaglie legali d’Oltreoceano. Dopo l’addio di Peter Copping, Laura Kim e Fernando Garcia sono saliti al timone creativo di Oscar De La Renta, maison per cui avevano lavorato ai tempi del fondatore e che avevano lasciato per lanciare la loro label Monse. Nello stesso periodo il duo era passato per gli uffici stile della storica competitor Carolina Herrera con ruoli consulenziali, fino a che Kim era stata designata senior vice president of design. Con la nomina alla direzione creativa di De La Renta, però, i vertici di Herrera si sono scatenati contro la designer appellandosi alla clausola di non concorrenza. Tutto risolto, comunque, a favore di Oscar De La Renta, che ha svelato la nuova estetica pensata da Kim e Garcia sulla stessa passerella di Monse, unendo le sfilate in un unico show.

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Family BUSINESS q&a with Rosita and Angela Missoni

Una storia con vista Monte Rosa. #Varesetheplacetobe, anzi «#varesottotheplacetobe», come lo chiama Angela Missoni, per geolocalizzare al meglio Sumirago. Quel luogo che custodisce una favola lunga 65 anni. Tre generazioni raccontatate da Rosita e Angela Missoni. Madre e figlia, che hanno in comune la curiosità, le conquiste dei mercatini delle pulci e la guida della label di famiglia. Tra uno zigzag di ricordi e oggetti preziosi. #Varesetheplacetobe. Cosa rappresenta? Rosita: Mio marito, verso la fine degli anni 60, quando non avevamo più i conti in rosso, mi ha detto: «Perché non costruiamo la fabbrica dove vorremmo passare i nostri weekend?». Abbiamo siglato 17 contratti, per mettere assieme 64 mila metri quadrati, in una zona depressa per le maestranze femminili. Ricordo di essere rimasta incantata dall'arco delle alpi, che è la vista di bambina dalla mia casa di Golasecca, le fragole, il bosco, una tale emozione, che ho portato subito Anna Piaggi e Anna Riva a vederlo. Angela: È un hashtag, inventato da Margherita. Varese è una scelta di vita, che condividiamo tutti. È un posto molto speciale, nel Varesotto, in realtà dovremmo scrivere #varesottotheplacetobe. Tutti postiamo foto del Monte Rosa, che si vede dalle nostre case, dall'ufficio. Il Monte Rosa è una droga. Chi è la star della famiglia? R: Margherita. Ha girato il mondo, vissuto a New York. Quando si è sposata e insediata qua, ha conservato le amicizie e la facilità di viaggiare. A: Mia mamma. Quando c’era mio padre lo lasciava andare avanti, con quel carisma. Negli ultimi anni si è accorta di essere riconosciuta come singolo, non solo come Missoni. Ha tanti ammiratori, dovremmo farle un sito. Cos’avete in comune? R: La curiosità, il senso della famiglia e dell’amicizia e la positività. A: La curiosità. Ho imparato a osservare da lei. Sono più kitsch, ma è capitato di tornare a casa con gli stessi oggetti. Un oggetto che le ricordi l’altra? R: Angela è una trottola, che gira tutto il mondo. Per il suo compleanno, le

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ho regalato una catena con un mappamondo d’oro e un piccolo cupido come testa. È come il mio ciondolo-talismano con la freccia di cupido, perché la prima volta che ho incontrato mio marito con la divisa olimpionica nel '48, ero in Piccadilly circus, sotto quella famosa colonna. A: Sono una collezionista compulsiva, ma ciò che me la ricorda è la rosa Rosita Missoni, che ho davanti a casa, assieme alla rosa di mio papà. Su cosa non siete mai d'accordo? R: Siamo una famiglia vivace, abbiamo case in comune, siamo sempre insieme. I motivi per non essere d’accordo possono essere moltissimi, ma parliamo, discutiamo e finiamo per sederci a cena. A: I tacchi. Lei è nata con le scarpe basse e io con i tacchi. Ha un’icona? R: Uno dei più bei regali che mio marito mi abbia fatto è un quaderno di disegni di Sonia Delaunay. Lei è uno dei miei miti, come Schiaparelli. Mi emoziono quando trovo pezzi speciali, come la settimana scorsa a Parigi da un'antiquaria al marché Paul Bert, dove ho trovato una canottiera ricamata con bordi di margherite, che ho regalato a Margherita. A: Persone incontrate negli anni della mia formazione. Joyce Ma, che ha portato la moda europea a Hong Kong, Claude Brouet, allora direttrice di Marie Claire, e Joan Burstein, Mrs B fondatrice di Browns. Erano delle fate. Scegliete un momento insieme. Qual è il migliore? R: I lunghi viaggi in aereo o in macchina. È la mia consulente, mi dice che film guardare e facciamo chiacchiere in camera caritatis. A: Un mercatino. E anche le mie figlie sono allineate. Qual è la sua ossessione del momento? R: Il tempo che scorre velocemente e le mille cose a cui non so dire di no. A: Ne avessi una sola. Ma direi le women’s march e sto cercando di supportare il movimento durante la settimana della moda. Sono una rivoluzionaria nata, dalla parte delle donne. Francesca Manuzzi

da sinistra, rosita e angela missoni

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S U P E R M A N A N D A L L R E L AT E D C H A R A C T E R S A N D E L E M E N T S © & ™ D C ( S 1 6 )


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charles jeffrey interview by francesca manuzzi

Il suo portrait è una Instax: un'istantanea fatta con le cam pastello della Fujifilm. Ne ha una collezione infinita, scattata durante Loverboy, la sua serata in scena a Londra, tra tende rosse glitterate e un'atmosfera naïve. Preferisce non parlarne. Perché oggi i Loverboy di Charles Jeffrey parlano dalla sua passerella. Sono artisti, performer, drag queen o poeti e raccontano quel momento in cui le vie notturne di Dalston si popolano. E i club kid vivono liberi i loro momenti di «puro godimento». È stato scoperto da Lulu Kennedy, il direttore di Fashion east e editor at large di Love magazine, e oggi con il suo brand Charles Jeffrey Loverboy, conia una moda caotica e a tratti dark. Una storia di costume content-driven. Tre parole per definire la sua moda. Congiunto, queer e diverso. Com'è iniziata la sua carriera? A diciotto anni mi sono trasferito dalla Scozia a Londra e durante gli studi alla Central Saint Martins, Lulu Kennedy ha visto il mio lavoro e mi ha invitato a far sfilare le mie creazioni per Topman e Fashion east man. Sono arrivato più in alto di quanto potessi immaginare. Si dice lei sia il nuovo Vivienne Westwood... Cosa ne pensa? Non ascolto quel che dicono in giro. Sono troppo impegnato sul mio lavoro di stylist (per Love magazine, Another man e Buffalo zine, oltre a creative direction e styling per la campagna pubblicitaria del marchio di Beth Ditto, ndr) e su Loverboy. Chiaramente qualsiasi paragone a grandi designer britannici è un complimento incredibile. Cosa significa essere uno dei newcomers di cui tutti parlano? È una grande cosa. È incredibile pensare a quanto Loverboy sia andato lontano dal giorno del diploma alla Central Saint Martins. E non avrei potuto fare nulla senza Lulu Kennedy e il supporto del mio team. Siamo tutti super uniti in questa pazza famiglia disconnessa.

Ha un'icona? Ho lavorato di recente con John Galliano per un editoriale di Love. È stato completamente surreale, perché lui è uno dei miei eroi da quando ero un minuscolo ragazzino di Glasgow. Qual è la sua idea più rivoluzionaria? Sicuramente organizzare la mia serata in un club (insieme al suo team, tra cui Jack Appleyard, ndr) e utilizzarla come substrato utile per fare ricerca per la mia label. Cosa pensa del 3.0? È fondamentale per il mio brand. Siamo content-driven e interattivi. Ogni singola idea è guidata dalla necessità di creare un contenuto sorpresa. È un processo che non sarebbe possibile senza l'utilizzo massivo dei social media. Cosa significa essere un designer inglese oggi? Londra ha un feeling completamene diverso dalle altre città della moda nel mondo. Si percepisce qualcosa di terreno, di più vero, che non è facile trovare altrove. There's no place like London. È sorprendente e offre una via di fuga dal clima non sempre positivo di oggi. Io mi sento un designer brit al 100%, nonostante abbia la missione di spingermi oltre i confini, tirare fuori me stesso, per non rischiare di cadere nell'etichetta del classico brand inglese. Qual è la sua più grande soddisfazione dall'inizio della carriera? Quando ho visto la cover del Sunday Times style è stato un momento di puro godimento. Qual è la sua ossessione del momento? Il mio gatto. Dove si vede tra cinque anni? Voglio vedere Loverboy continuare a crescere e raggiungere sempre più ragazzi. Soprattutto in quelle città in cui essere se stessi è più complicato di quanto lo sia a Londra.

IN ALTO, un ritratto di charles jeffrey

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Maurizio Cattelan in shop at santonishoes.com

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40 | MFF-Magazine For Fashion

paul smith interview by Valentina Nuzzi

A British story. Paul Smith è la dimostrazione vivente che anche un evento sfortunato può cambiarti la vita, in meglio. Da ragazzino sognava di diventare un ciclista professionista, fino a che un incidente lo costringe in un letto d’ospedale per mesi. Un tempo di riflessione in cui coltiva nuove amicizie creative destinate a mutare il corso della sua carriera. A distanza di cinquant’anni dal suo esordio nel fashion, Sir Smith ha raccontato in questa intervista come la vita, per lui, sia: «Solo una questione di equilibrio». Com’è cambiata la sua ispirazione nel corso degli anni? L’ispirazione è sempre la stessa. La differenza è che oggi devi essere molto più consapevole di ciò che accade nel mondo. Nel fashion, ciò che conta è l’ultimo trend. Ma molti dei nuovi brand hanno successo per pochi anni e poi declinano. Come disse Andy Warhol: «Nel futuro, tutti saranno famosi per 15 minuti». Intendeva che è facile diventare popolari, ciò che è difficile è rimanerlo. Nella sua mostra londinese «Hello, my name is Paul Smith» del 2013 ha svelato una riproduzione in scala reale del suo studio creativo. Traboccante di ispirazioni… Ora con i cellulari puoi trovare ogni cosa in un secondo. Questo non incoraggia la curiosità, e credo che la curiosità sia fondamentale per apprezzare il cielo azzurro attraverso una finestra, la grana della carta, il kitsch di fianco al bello e il ruvido contro il liscio. Sono queste le cose che mi ispirano e nel mio ufficio ce n’è in grande quantità. Che ruolo hanno l’arte e la musica nella sua vita? Fin dall’età di 18 anni sono sempre stato molto vicino alla musica e ho lavorato con i Led Zeppelin e i Pink Floyd. Tutt’oggi collaboro con molte band, come i Lumineers e i R.e.m. Sono stato un grande amico di Bowie, ho disegnato una T-shirt per il suo ultimo album. Cos’ha rappresentato Londra per lei e per la sua carriera?

Vivo a Londra dagli anni 70 e quello che amo di più di questa città è che in otto minuti posso arrivare in un parco, in altri otto al Portobello road market e in quindici in una galleria d’arte ad ammirare un Rauschenberg. È un posto pieno di contrasti, da cui puoi trarre ciò che vuoi. È ancora un place to be per i giovani che vogliono sfondare nella moda? Sì. Ha molti importanti istituti di moda, è molto internazionale, piena di energia. Lei è spesso in Italia: nei mesi scorsi è stato a Firenze e Milano… Sì, sono stato a Pitti immagine uomo per presentare la mia nuova linea Ps by Paul Smith. A Milano unica sono invece andato per incoraggiare i ragazzi delle scuole di moda italiane a seguire i loro sogni, anche se il mondo sta attraversando una fase complicata. Spero di avergli trasmesso l’importanza di non passare troppo tempo a instagrammare, ma di guardare il linguaggio del corpo, lo sguardo e gli oggetti che li circondano. È solo una questione di equilibrio. Ama girare in sella alla sua bici, si potrebbe dire che ha uno stile di vita eco-friendly. Cos’altro fa nella sua quotidianità per salvaguardare il pianeta? Non possiamo fare molto, purtroppo. Ma come azienda siamo molto bravi a riciclare e abbiamo un parcheggio per 50 bici, docce e asciugamani. Oltre al riscaldamento a pavimento. È molto attivo su Instagram con il suo #takenbypaul. Che relazione ha con i social? Per rispondere chiaramente devo partire dalla fotografia: mio padre era un fotografo amatoriale, e io ho cominciato a scattare all'età di undici anni. Negli anni 60, mentre cercavo di affermarmi come designer, ho lavorato come fotografo freelance per diverse riviste di moda. Quindi la fotografia è sempre stata parte di me, mi viene naturale scattare foto ogni giorno. Oggi l’account di Paul Smith design è più concentrato sul prodotto, mentre il mio, attraverso l'hashtag #takenbypaul, è più legato alle mie ispirazioni e al divertimento.

IN ALTO, un ritratto di paul smith

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carlo volpi interview by ludovica tofanelli

Irriverenza brit. Quella che trasmette Carlo Volpi è l'energia della capitale inglese e la sua sottocultura reazionaria. Quel substrato underground che lo stilista toscano, trapiantato a Londra dove ha studiato tra la Goldsmith university e il Royal college of art, ha cominciato a conoscere negli ambienti musicali e ha deciso di riportare nella moda secondo una visione pop e provocatoria. Un percorso che ha preso forma nel 2014 con il lancio del suo marchio omonimo ed è giunto oggi ad animare la cornice di Pitti immagine uomo. Per creare un universo dove il knitwear si fa portatore di messaggi dal contenuto socialmente ironico in cui trovare «forza e umanità». Qual è il messaggio che vuole trasmettere attraverso la sua estetica? Uno dei punti cardine del mio brand è proprio questo... trasmettere un messaggio. Mi piace che dietro la collezione ci sia un concetto solido. Ciò che faccio è prevalentemente ironico e poco serio, l'ispirazione la prendo da ciò che è ritenuto socialmente inaccettabile. In questo trovo forza e umanità. Rifarsi ai canoni classici e del bello è troppo rigido per me. Questo approccio ha caratterizzato in modo particolare la sua ultima collezione... Sì e si riflette soprattutto nell'immagine della old lady alcolizzata... Trovo che trasmetta moltà libertà e umanità. Penso ormai che nel sangue mi scorra l’energia di Londra, dei club londinesi... C'è sempre questa vena irriverente in ciò che faccio. Quale percorso ha seguito e come è arrivato al lancio del suo marchio? Tutto è partito proprio da Londra. Ho iniziato a interessarmi al mondo della moda quando mi sono trasferito qui. Ero arrivato per la musica e i locali, con l'idea di stare tre mesi durante il periodo estivo. A quei tempi passavamo tutta la settimana a pensare agli outfit da indossare nel weekend per andare a ballare. Così ho cominciato a pensare di poterli davvero creare quegli outfit... Sono rimasto in città e ho iniziato un corso serale di cucito.

Poi sono passato agli studi universitari di textile dove ho scoperto la maglieria, ritrovando ciò che facevano le mie nonne quando lavoravano nei maglifici. E dopo il master ho cominciato a lavorare come freelance per poi arrivare al lancio del mio progetto personale, trovando il mio compimento espressivo. Londra è stata quindi la sua chiave di volta. Come la vive oggi? È cambiata tantissimo negli anni, ma si respira sempre quell’aria... irriverente. Non saprei come spiegarlo, ma è una città in cui nessuno si preoccupa di cosa fai e come sei. In questo senso in Italia c'è meno libertà. A Londra c'è la multiculturalità... Ma non è solo questo. La gente qui ha imparato a convivere con tutto e tutti. Tornando invece all'Italia, com'è stato il debutto a Pitti immagine uomo? È andato molto bene… Per me è stata una conquista enorme. Tornare a Firenze, nella mia città, e sfilare a Pitti immagine uomo è stato davvero importante, soprattutto perché ho avuto la possibilità di portare qualcosa di diverso da ciò che si vede di solito... Qualcosa che poteva essere un rischio, ma che ha ripagato bene. E i social media come li vive? Ho un rapporto strano con i social... buono e cattivo. Sono uno strumento davvero importante, ma mi dispiace che siano diventati l'unico strumento per tante cose. Oggi molte persone vengono considerate in base al numero dei follower senza guardare alla qualità... Manca così l'aspetto underground della ricerca di talenti sconosciuti e meno noti. Un sogno nel cassetto? Continuare a far crescere il brand. Non solo nella moda, ma anche collaborando con altri artisti, come ho fatto a Firenze con Ernesto (Tomasini, ndr). E lavorare su come si presenta la moda, andando al di là dei vestiti, che sono un veicolo di trasmissione dell'immagine.

IN ALTO, un ritratto di Carlo volpi

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report

buyers picks

best mood

best item

sport

Knitwear Everywhere

collaborazioni

blazer velluto BERLUTI

Fashion Casualization

Bat-Backpack UNDERCOVER

LA PAROLA AI compratori worldwide PER STILARE LA NUOVA CLASSIFICA DEI MUST HAVE tra SFILATE E showroom. BY Francesca MAnuzzi, valentina nuzzi e michela zio

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2 Thanks to: Angelo Minetti @ A.Minetti, Claudio Antonioli e Danny Stienen @ Antonioli, Rosy Biffi @ Biffi, Loris Portolan @ Birba’s details, Studio Avesani representatives @ Club21, Luigi D’Aniello @ D’Aniello, Alessandra Dainelli, Massimo Degli Effetti @ Degli effetti, Mario Dell'Olio @ Dell’Oglio, Reece Crisp @ Farfetch, Folli follie buying team, Daniela Kraler @ Franz Kraler, Gianni Peroni @ G&B, Raffaele Galiano @ Galiano, Toni Fanfani @ Gisa, Gigi Tropea @ Gigi Tropea, Sabina Zabberoni @ Julian fashion, Cesare Tadolini @ L’incontro, Jacopo Tonnelli @ L’inde les palais, Amos e Angela Adani @ La Boutique di Adani, Fiona Firth @ Mr porter, Roberta Valentini @ Penelope, Stella Falautano @ pnp, Giordano Ollari @ So Milano, Claudio Betti @ Spinnaker, Aldo Carpinteri @ Stefaniamode.com, Patrick Devlin @ Style.com, Beppe Angiolini @ Sugar, Tiberio Pellegrinelli, Angela Vitale @ Vitale, Roberto Grassi @ Wise

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Moncler gamme bleu

Gosha Rubchinskiy

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Brunello Cucinelli

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best accessories

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VALENTINO

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point of view

quick chat

Un'intervista doppia ad alta velocità. Domande e risposte rapide con una coppia di big player del fashion management. Per scoprire quali sono i punti chiave del loro lavoro. By Angelo Ruggeri

CA R L O CA P A S A

CA R O L I N E R U S H

Presidente / Cnmi-Camera nazionale della moda italiana

Ceo / Bfc-British fashion council

Definisca il suo lavoro con tre parole. Sostenibilità, formazione di giovani e nuovi brand, digitale.

Emozionante, ricco di ispirazione e gratificante.

È cambiato il mondo della moda da quando ha iniziato il suo lavoro? La moda è proiettata da sempre verso il futuro e i cambiamenti sono costanti. Riguardano la figura dei designer, dei consumatori, del sistema distributivo e della comunicazione. È in atto un profondo cambiamento positivo che pone al centro delle nostre sfide il tema della sostenibilità, un percorso che vede Cnmi particolarmente attiva. La scoperta della moda da parte della finanza, diffusasi enormemente dalla fine dello scorso millennio, l’avvento del web e la crisi del sistema di vendita wholesale degli ultimi anni hanno cambiato radicalmente il modo stesso di intendere la moda.

Molto. Qualche anno fa, con la nascita del fenomeno dei blogger e dei digital media, si è iniziato a pubblicare contenuti fashion su internet in tempo reale. Soprattutto su Facebook e Instagram. Ma la svolta è stata data dai live streaming delle sfilate: Londra è la capitale della moda che trasmette in diretta tutti gli show in calendario. In questo modo, i clienti e i fan hanno accesso immediato ai contenuti e si sentono così parte del business. Modificando anche il sistema, come è successo con il format see now-buy now, introdotto per la prima volta da Burberry.

Fashion e business. Come si combinano oggi questi due mondi? La moda crea il sogno, deve alimentare i desideri che sono il motore del business. L'equilibrio fra creare un sogno ed essere in grado di soddisfare i desideri è alla base di ogni marchio creativo di successo.

Ci deve essere equilibrio. La moda è fondata su creatività e design. Tuttavia i marchi devono avere forti competenze di business. Riconoscendo l’importanza di queste ultime, Bfc ha istituito l’International business leader award, vinto lo scorso anno da Marco Bizzarri (ceo di Gucci, ndr). Il nostro ente, infatti, lavora quotidianamente per sostenere le imprese moda e insegnare loro come crescere, gestire il flusso di cassa...

Nuovi designer. Sono importanti? Se sì, che consiglio darebbe loro? Sono estremamente importanti. Dobbiamo farli crescere, alimentarli, fin dalle prime La moda è uno dei pochi settori realmente meritocratici, offre ai giovani delle concrete collezioni. Il mio consiglio è quello di rimanere sempre curiosi e di fare più esperienza possibilità di esprimere creatività e talento. È fondamentale che ciascuno tracci possibile accanto ai professionisti del settore, che li possono aiutare a costruirsi una un percorso personale e racconti al meglio la propria storia. Un buon designer carriera. Il progetto Newgen di Bfc è stato il trampolino di lancio per numerosi brand. ha bisogno di un buon ceo se vuole avere successo. Qual è il futuro delle sfilate menswear? Cosa ne pensa degli show co-ed? L’unificazione delle collezioni uomo e donna deve obbedire a un criterio di autenticità. Uno show co-ed può, in alcuni casi, penalizzare l'uomo. Unificare in un solo momento le due sfilate toglie comunque un'occasione di comunicazione che deve essere sostituita con altre modalità. Comunque le fashion week sono sempre stati momenti a servizio dei marchi, della stampa e dei buyer. Il nostro scopo è quello di permettere a ogni marchio di continuare a raccontarsi secondo le modalità più coerenti alla propria visione.

Siamo a un punto di svolta, ricco di cambiamenti. Tutti si stanno chiedendo se sia meglio avere una fashion week maschile separata da quella femminile o no. Bfc è comunque pronto a essere il leader di questo cambiamento, sostenendo prima di tutto i designer. Durante la scorsa London fashion week men’s, alcuni dei nostri marchi hanno sposato il format co-ed (tra questi, Vivienne Westwood e Sibling, ndr). E questo è stato apprezzato anche dagli addetti al lavoro presenti, che sono cresciuti di numero.

Tre marchi di moda maschile da tenere d’occhio. Palm angels, Malibu 1992 e Federico Curradi.

J.W.Anderson, Craig Green e Wales Bonner.

Quali brand vorrebbe vedere sulle passerelle della sua fashion week? Forse i marchi italiani che sfilano nel mondo. Credo però che la moda non debba perdere il suo approccio globale, mentre le fashion week l'idea di contaminazione.

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Vorrei vedere talento e marchi sempre più interessanti e cool, perché Londra è conosciuta anche per questo. E aiutarli a crescere e diventare i prossimi grandi nomi della moda.

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REPORT

models

Le esclusive, i volti più richiesti e i nomi nuovi dalle sfilate fallwinter 2017/18. Secondo il parere di casting director internazionali, per rivelare i modelli più cool della stagione. By Angelo Ruggeri

best exclusive

clement chabernaud Prada

Miles McMillan Fendi

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Mikołaj Kajak Prada

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most bookable

Finnlay Davis Fendi

Myles Dominique

Ernest Klimko

Oscar Kindelan

Willow Barrett

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Jared Manhardt

Filip Roseen

Callum Stoddart

N°21

Dior homme

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Damir Doma

new faces

Christopher Einla Balmain

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Sacai

Hermès

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THANKS TO: MARIA GIULIA AZARIO, MAURILIO CARNINO @ MTC CASTING INC., VANESSA CONTINI, DANILO DI PASQUALE, GISELLA GENNA, ADAM HINDLE @ADAM HINDLE CASTING, CATERINA MATTEUCCI @ RANDOM PRODUCTION, GIUSY NATALE, DANIEL PEDDLE E DREW DASENT @ THE SECRET GALLERY INC., ARDEA PEDERZOLI @MARABINI BAIOCCHI, BARBARA PFISTER @ BARBARA PFISTER CASTING, ARIANNA PRADARELLI @ ARIANNA PRADARELLI CASTING, SIMONE BART ROCCHIETTI @ SIMO BART CASTING, ALEXANDRA SANDBERG, CAMILLA TISI @ TO THE MOON STUDIO

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set design

a-venue

super architetture, installazioni teatrali e opere d'arte. ecco i migliori allestimenti iconici ideati da progettisti deluxe. BY Francesca Manuzzi

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set design by Angelo Jelmini

set design by Gary Card @ Streeters

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Designed and produced by Villa EugĂŠnie

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time capsule

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PEZZI CULT fall-winter 2017/18. UNA SELEZIONE DI BORSE, SCARPE E TIPS DESTINATI A DIVENTARE I MUST-HAVE DELLA STAGIONE. BY ANGELO RUGGERI

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hit list tips

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dior homme

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moschino jeremy scott

I

mprovvisamente parla di cinema italiano. Dario Argento. Luca Guadagnino. Ivan Cotroneo. A bigger splash. Tilda Swinton. Perché Jeremy Scott non vive esattamente in quella boule de neige caleidoscopica che ci si potrebbe immaginare. Non è tutto e solo sole di Los Angeles o mare agitato dalla musica delle sue amiche-star come Katy Perry o Rita Ora. E incomincia un racconto che diventa un film. Un americano a Parigi, per iniziare, quando approda nella Ville lumière. Il lancio della sua linea, che a settembre compirà vent’anni. Le sfilate ipervisive e visionarie, ironiche e da: «Popstar designer», come si definisce lui stesso. E poi l’approdo da Moschino, ovviamente, in quella maison milanese che all’improvviso si risveglia con un brivido da globetrotter. E quella frase che ricorre come un mantra: «Fashion is passion». Ha mai collaborato con il cinema? Mai realizzati i costumi per un film completo. Ho fatto qualcosa con Tony Scott, il fratello di Ridley Scott, per il film Domino, un piccolo pezzo all’inizio quando lei era una modella. Dovevo anche insegnarle come affrontare la passerella: «Spiegami come le vere modelle camminano». Le piacerebbe farlo? Certamente ma per il film giusto. Me lo hanno chiesto molte volte ma non c’erano mai insieme il timing e il progetto giusto. In questo momento è difficile uscire improvvisamente dal mio schedule. L’ultima cosa che mi hanno chiesto era a gennaio, febbraio dello scorso anno, per questo periodo. Ma non potevo farcela. Come si trova da Moschino? That’s wonderful! Sto realizzando quello che amo fare, non posso lamentarmi di nulla. Come si è sentito quando l’hanno chiamata? Ero ovviamente molto felice e sentivo davvero che nessuno avrebbe potuto farlo tranne me. So che suona un po’ egoista ma sentivo come: «Se non lo faccio e qualcuno lo fa male, mi si

spezzerà il cuore». Perché ho così tanto rispetto per Franco e per la sua visione. Non posso non farlo. Non per sembrare maleducato, ma non avevo bisogno di farlo. Pensavo. Ho una bella vita, vivo a Los Angeles, ho il mio lavoro e va tutto bene. Ma sentivo un obbligo di farlo per lui, per la sua memoria che merita di avere ancora vivo lo spirito, nel modo in cui lui fece. Come è stata la reazione interna? Per me i più grandi complimenti arrivano proprio dalle persone che conoscevano Franco e che lavorano qui. Che hanno lavorato con lui fin dall’inizio, sono delle voci importanti. Molto tempo fa ho smesso di curarmi troppo dell’opinione di ciascuno perché ti ci puoi perdere dentro. Anche di quelle positive. Puoi pensare di essere the king of the f*cking world perché le persone te lo dicono. E non lo sei. Sono a boy from a farm, un ragazzo che viene dalla fattoria. So chi sono. E con Moschino dove vuole arrivare? Voglio trasformarlo nel brand più cool che ci sia mai stato. Semplice… Sta lavorando su molti progetti, tra cui lo sviluppo degli accessori... Quando sono arrivato qui non c’era realmente una borsa. Le ho create e adesso voglio che cresca questa parte. Quali simboli della maison l’hanno colpita? Li amo tutti. A volte è come il piano. Giochi più spesso con alcune cose, di altre ne hai bisogno solo a volte. Ora sto suonando queste note, ma amo tutte le chiavi. Da dove viene l’ispirazione? Cerco di essere un contenitore aperto. Penso alle cose che amo e a quelle che immagino sarebbero icone nel mondo di Franco. Cerco di catturare quello che ha senso. Può arrivare da una conversazione, da uno scherzo, ovviamente da un’immagine che ti ispira. Può essere il colore di una macchina, del cielo. Ci sono molte magical things che ti possono portare

servizio stefano roncato foto Marcus Mam

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creativamente da qualche parte. Sono in un costante flusso di designing, è un movimento, non una situazione stop-start. Perché Los Angeles, dove vive, è diventato un it-place? Personalmente per vivere è il posto più bello del mondo. Non potrei immaginare nessun altro luogo, per via del lifestyle, della qualità di vita. Los Angeles è anche Hollywood, the land of make-believe, il mondo delle favole. Ci sono persone che costruiscono storie e fantasie. Ed è quello che faccio tutto il tempo, perché compongo fantasie. Ma non è una città grande, anche per le distanze? Per ciascuno è diverso, dipende dalla situazione che ti sei creato. Se per esempio odi andare in macchina. O se ami camminare dovunque, anche se ci vogliono quindici miglia per andare dal panettiere e non ci sono tanti marciapiedi, Ok non è il tuo posto. Non guido molto, ma amo farlo, non ho problemi. Sono cresciuto in una fattoria. Guidavo il trattore quando avevo cinque anni, la motocicletta sin da quando ne avevo sei o sette. Ha lì il suo studio? Sì, il mio e anche una parte dedicata a Moschino. Tecnicamente sono due, separati letteralmente da un muro. È un vecchio warehouse che era stato diviso. Avevo il mio ufficio da una parte e due mesi prima di Moschino si è liberato lo spazio della porta accanto. Ho pensato: «Forse dovrei prenderlo». Qual è il suo rapporto con la tecnologia? Come tutti, è uno strumento normale oggi. Non ci penso, è un luogo comune. Ma continuo a preferire parlare con le persone faccia a faccia. È stato il primo a fare il see now-buy now con la sua collezione di debutto da Moschino… Sono stato il primo a farlo, per averlo immediatamente dopo la passerella. Funziona bene quando c’è l’urgenza di volere dei pezzi. Non funziona per tutto. Non ti devo dire dove trovare una felpa nera. A un certo punto a New York tutti ne parlavano. Non era solo una mossa di marketing che si sta un po’ affievolendo? Sono un po’ old school. Mi piace la magia di creare e di condividere. E di vedere come le persone reagiscono. Le emozioni? Sì, la passione. Fashion is a passion. Non abbiamo bisogno di più vestiti. Ci sono abbastanza abiti al mondo per vestirsi per tutte le nostre vite. Abbiamo bisogno di volere i nostri abiti, di volere qualcosa che ci ispiri. Di cui essere eccitati, che ci appassioni. Che ci spinga a comprare qualcosa di cui in realtà non abbiamo bisogno. Sempre da apripista, anche con Adidas? Corretto. Yohji (Yamamoto, ndr) era prima di me. Io ho iniziato nel 2001. Un primo shoe project per Adidas e dopo un anno e mezzo ho realizzato un tracksuit e una calzatura con la Keith Haring foundation. Un paio d’anni dopo, la mia linea ha iniziato con le prime wing shoes. Secondo lei, fashion is passion. Ma sembra anche molto smart ad avere azzeccato due fenomeni di questo calibro. Istinto o strategia? Se si osserva cosa hanno in comune, è la necessità di voler donare me stesso alla gente. Con Moschino era il fatto che arrivavo allo show e bisognava aspettare sei mesi prima che le persone potessero avere qualcosa. Volevo che ne diventassero parte, c’era una frustrazione. Con Adidas c’era il fatto di essere un designer giovane e indipendente. Realizzavo tutto da solo, fino a un anno e mezzo fa quando ho iniziato a produrre con Aeffe. Il prezzo di essere indipendente è che il tuo costo è alto. I miei prodotti costavano più di quanto avessi desiderato. Adidas mi chiese se fossi interessato a una continuous line e per me era meraviglioso. Posso fare abiti e portare la mia visione a più persone. Ha provato come la gente ami cose interessanti, voglia divertirsi con oggetti unici. Devono solo costare meno. Non due mesi d’affitto. Fortunatamente sono stato un successo ma venivano dal cuore. Lei ha molte muse e iconic friend come Carlyne Cerf de Dudzeele… Sì, abbiamo iniziato a lavorare insieme prima di Moschino. Vi siete incontrati quando era da Chanel? Dopo, saranno sei o sette anni. Quando lei era da Chanel non ci conoscevamo. Poi si era pre-

sa un po’ di break dal mondo fashion, io stavo diventando un po’ più conosciuto. E al suo ritorno, venne da me dicendo: «Amo quello che stai facendo, voglio indossarlo. Voglio conoscerti». Come è stato lavorare con Karl Lagerfeld? Non ho lavorato con lui nel senso che non ero un dipendente. Ma ho seguito lo styling di alcune shoots, ma non considero quello un lavoro. Mi sento privilegiato di aver potuto osservarlo all’opera, di essere al tavolo mentre lui segue i fitting della couture. È un’icona, un master. Sono ricordi meravigliosi. E nella musica? Conosco molti musicisti. Che trovo più interessanti degli attori proprio perché sono dei veri personaggi. E parte del loro lavoro è alzare il volume sulla loro personalità. Le attrici sono persone diverse ogni volta. Alcune sono cool, altre un po’ noiose. Lavoro con passione sugli abiti e loro non hanno quel divertimento. Non sanno davvero come indossarli. Va bene se le vestono altri, io ho le mie popstar. Perché sanno come dar vita. Sono più un popstar designer alla fine. Continuerà a spostarsi con le sfilate di Moschino uomo? È bello potersi muovere un po’, ci permette di abbracciare tanta gente. Amo l’idea di poter portare la sfilata a più persone e ci sono così tanti e meravigliosi fan in tutto il mondo. Sono così fortunato da poter essere parte delle città delle persone. Ho iniziato la mia carriera a Parigi, con un americano. E ho sempre provato tanto amore per i francesi. Come ha iniziato? Mi ero laureato al college e sapevo di voler essere parte della moda. Parlavo un po’ di francese così ero più incline ad andare a Parigi piuttosto che in Italia. Ci sono andato per trovare qualcosa tipo uno stage. Un lavoro era inimmaginabile. Mi bastava un internship, a raccogliere spilli da terra ed essere nella stanza con persone che ammiravo. Ma dovevo avere qualche paper work ma ero americano. A un certo punto ero molto frustrato, ma pieno di passione ed energia. Così ho deciso. Perché non fare il mio show? E così è stato. E poi, stagione dopo stagione, sono arrivato al mio ventesimo anniversario. Sarà a settembre. Se ci penso ho la pelle d’oca. Ma si è anche divertito nel frattempo? Sì. È una di quelle cose che se la metti su carta e qualcuno ti dice quello che ti accadrà, potresti spaventarti. Ma quando sei giovane e sovraeccitato e anche un po’ stupido, ci salti dentro e lo fai. Dovevo esprimermi, avevo il desiderio bruciante di condividere quello che era dentro di me. Per me, il lavoro è comunicare. È difficile ricordare cosa pensavi quando avevi 19 anni. So che volevo essere nella stanza con i grandi, con le persone che mi avevano donato tanta gioia con quello che avevano fatto. Un pay-back verso di loro. Ci sono stilisti o marchi che l’hanno ispirata? Sono molti. Ad esempio Rudi Gernreich che ha lavorato molto con Peggy Muffitt. Una grande ispirazione per capire che per essere un american designer non si debba essere necessariamente sportswear. O non seguire il lavoro tradizionale dei designer americani. Oggi forse è diverso ma quando andavo a scuola si parlava solo di Ralph (Lauren, ndr), Calvin (Klein, ndr), Donna (Karan, ndr). Era molto noioso che ci fossero dei percorsi predefiniti da seguire per essere un american designer. Ecco perché ho sempre apprezzato gli stilisti europei. Quindi saranno anche tra i suoi preferiti… Jean Paul Gaultier, Martin Margiela, Thierry Mugler, Vivienne Westwood. Tutti designer con una personalità distinta. Mi piacciono cose di Mr. Saint Laurent, di Mr. Courrèges, di Mr. Rabanne. Amo il lavoro di molti designer, quelli che hanno una visione propria. Vedi una foto e capisci che è un loro design. Oggi vai sui siti, passi 15 show e vedi le stesse cose. Non è il mondo da cui vengo o che amo o di cui voglio far parte. E non è il mondo che ho creato. Creatività vs commerciale. Sente la pressione del business? Non mi fa effetto. So che il mio lavoro è ispirare le persone, toccare le loro vite, portare un po’ di bellezza, un messaggio o della luce. Cerco di ricordare qual è il mio scopo. And that’s what it is. Full translation at page 124

Styling: Carlyne Cerf De Dudzeele; Hair: Neil Moodie @ Bryant Artists for Windle & Moodie; Make up: Kabuki and the MAC PRO team; Models: Kevin StÄdler @ 2morrow; Nathaniel Visser @ D’Men; Julia Banas @ Elite; Filip Hrivnak @ I Love; Jordan Barrett @ Img; Marjan Jonkman @ MP; Anna Cleveland @ Next; Sora Choi @ Special; John Burjack @ Urban; Photo assistant: Lorenzo Fanfani; Casting director: Piergiorgio Del Moro; Production: Random Production; Location: Palazzo Litta, Milano; Look: Moschino Uomo fall-winter 2017/18, Donna pre-collezione fall-winter 2017/18

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ermenegildo zegna alessandro sartori

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xperience. Vivere un’esperienza. Attraverso un viaggio che coinvolga diversi sensi, che regali stimoli alla mente. Nasce sotto questo mantra la nuova avventura di Alessandro Sartori da Ermenegildo Zegna, dove ha appena debuttato con un primo grande evento che più che una sfilata è stato un racconto. Abiti chiaramente, ma anche arte, acuti digital pensati. Che accompagnano e spiegano quell’evoluzione del menswear di cui lo stesso Sartori era stato un grande protagonista. Zegna prima, poi i cinque anni da Berluti a Parigi dove ha lanciato un messaggio di eleganza maschile raffinata e preziosa, che mancava. Ora il nuovo twist, la nuova scommessa. Fare un click, rileggere le anime del brand. Il su misura subito in negozio, aprire le porte virtuali del marchio, parlare al consumatore. Ed è interessante fare il punto con lui stesso su quello che sta accadendo al mondo dell’uomo. È difficile fare qualcosa di nuovo? «Molto e poco. Ma tutte e due insieme. C’è parecchio materiale con il quale lavorare». Non bisogna fermarsi alla sua attitudine di eleganza naturale. Ha un’attenzione sottile e precisa, mai urlata ma magnetica, di sostanza. Sa quello che dice e parla con i fatti. Inizia una rivoluzione silenziosa. Silenziosamente intelligente. Com’è stato il feedback del debutto? Molto positivo. Quello che hanno apprezzato, in genere, è che la nuova estetica, la nuova

strategia aziendale e quello che si sa che stiamo per fare nella comunicazione vanno nella direzione che è fresca, Zegna e interessante. È passato il messaggio. A livello estetico, questo mondo couture, sport, outdoor con materiali sofisticati, tra sartoriale e trattamenti nuovi. A livello di strategia aziendale, visual e comunicazione. Diceva che finalmente era riuscito a trasformare tre brand diversi in tre linee di uno stesso brand? Questo lifestyle italiano moderno che non è più soltanto un certo mondo, ma un insieme di momenti della giornata della persona che abbiamo in mente sia completamente soddisfatto con le tre collezioni. Le tre linee sono tre momenti dello stesso brand che ha lo stesso consumatore. Chi è il vostro consumatore? Internazionale che non ha età definita. Di un’etnia o un’altra, di estrazioni sociali diverse, accomunato dallo stile proprio, dalla passione per le cose belle. Un consumatore autentico. Che ha determinati valori. Con Berluti, ha definito una nuova eleganza maschile raffinata che non c’era in quel momento… Siamo in una situazione diversa. Lo streetstyle influenza tutto l’abbigliamento. Un mix and

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match più libero anche perché il tailoring si è trasformato e oggi un certo modo di vestire non è più quello di cinque anni fa. Siamo in uno dei famosi momenti dove avviene il clik con nuovo capitolo. Ora è più lifestyle ma anche più personale, non un cliché preciso, piuttosto un’attitudine. Il connubio di sport e tailoring non è solo in uno specifico capo ma anche nella silhouette. Un uomo con una professione, che lavora in ufficio è più aperto a mischiare un vecchio abito con T-shirt, felpe, stampe. Contestualmente tutto il mondo sportswear è esploso. Come è il suo approccio creativo? Partiamo da una ricerca fotografica di immagini o di sensazioni. Segni o silhouette. È il cliente di riferimento ma in evoluzione. Più che all’uomo bello penso al bel carattere, dall’espressività forte e particolare. Non modelloni anni 90, ma elegante e colto con un bel look e un bell’approccio allo stile. Può avere 25 anni o 60, essere di Tokyo o di Milano. Questo è il background. E lo studio viene coperto per metà con tantissime foto appese. Con persone, una sorta di face board. E sull’altro lato, il mood stagionale. Come se componessimo un grande collage… Pimo momento creativo estetico e di stile. Poi disegniamo i capi. Ha qualche ossessione estetica? Di scappare costantemente dal vintage. Che invece fino a cinque o sei anni fa mi interessava molto. È quindi cambiato anche lei? Ogni volta che vedo un capo o un tessuto che mi da quella sensazione, scappo. Abbiamo realizzato degli speciali tessuti jacquard proprio per interpretare i disegni maschili in modo diverso. Forse per qualcuno giocare con un bel principe di Galles sembra innovativo. A me non piace quell’immagine perché mi evoca cose che ho visto. Guarda il lavoro o le sfilate degli altri? A Parigi era più difficile perché sfilavo quasi per ultimo, comunque non guardo le sfilate finché non sono finite. Se sono al bar a bere il caffè, cerco di non guardarle sui giornali. Ci sono alcuni brand che mi interessano, ma non li guardo ossessivamente, non guardo tutti i look. Magari solo tre fotografie. Qualche nome? Vetements di Demna Gvasalia mi interessa. Qualche giorno fa è uscito su Instagram un modello, Ingo, usato da noi e vestito con i suoi abiti. Un’amica che lavora per un’agenzia di casting mi ha detto che hanno fatto solo streetcasting seguendo un po’ il concetto che anche io ho fatto con una ventina di modelli per lo show, cercandoli a Milano e a Firenze… Uno streetcasting italiano? Assolutamente sì. Ma ci vuole una squadra che lavori su quello. Diceva che le piaceva il lavoro di Ami di Alexander Matiussi… Con la sua ricerca e l’estrema semplicità dei capi. Sono pezzi che possediamo già nell’armadio ma ha la capacità di mischiarli in un certo modo. Quando è uscito era molto fresco e interessante. E poi Sacai… Le piace quell’effetto di distorsione, come lo chiama la stessa Kitose Abe? In effetti io lo chiamo manipolazione. Mettere un errore o un frammento di rottura dentro una figura perfetta. Chi ha segnato i grandi cambiamenti del menswear? Se andiamo indietro, una certa corrente di fotografi. Siamo agli anni 50, di Stanley Kubrick fotografo. Con quel realismo fotografico che ha fissato nella mente delle persone una certa eleganza, quel mondo delle foto in bianco e nero di 60 anni fa. Se andiamo negli anni 80 e 90, direi in assoluto Romeo Gigli, con colori, silhouette e materiali che in quel momento non utilizzava nessuno. Se penso agli ultimi 15 anni, un certo tipo di cinema e una certa cultura. Penso ai fratelli Cohen. Penso a Wes Anderson che creano qualcosa di molto nuovo. A volte di rottura, a volte la fotografia di una realtà senza però momenti specifici. Ma sempre forte. Quanto è difficile essere nuovi dell’uomo? Molto e poco. Ma tutte e due insieme. C’è parecchio materiale con il quale lavorare. Anche i capi conosciuti da tanto tempo come cappotti, blouson o pantaloni sportivi possono essere completamente reinventati. Se uno usa bene i codici non è assolutamente difficile. Le interessa essere fashion? Z Zegna lo è stato, ha fatto percorso moda, con sfilate a New York. In quel momento mi interessava. Oggi penso a un percorso estetico innovativo fresco, nuovo e reale. Tangibile. Cosa pensa delle sfilate dell’uomo? A me piacciono molto. Se sono in un contesto. Se è un racconto complessivo. Con l’organizzazione dell’azienda, con la comunicazione, con una comunione d’intenti con ceo e manager. Il primo punto è essere allineati. Se questo avviene, la sfilata è uno di questi momenti. Non sono amante dei défilé tutti nelle stesso posto e mi piace la sfilata evento che racconti una storia con tanti elementi. Creano un ricordo. Ma quando vai in spazi grandi e

scenografici, ti esponi a dei rischi. Diceva che queste location aiutano a far conoscere la città… Proseguirà con nuovi spazi? Sì, siamo scatenati sull’estate. Ma ci vuole sforzo da parte di tutti. La città deve mettersi a disposizione, aprire le porte. Stilisti, azienda e commerciale devono cambiare. Sfruttare la città crea qualcosa di significativo. Un sogno? C’è un luogo milanese che adoro ma non si presta alle sfilate. Sono pazzo per la torre Velasca… Cosa pensa del gender fluid? Funziona quando un’azienda ha quel tipo di missione, quel tipo di film unisex. Non sono d’accordo se invece è un trucco per farti vedere la sfilata attraverso un’altra lente. Un fenomeno affievolito? Per alcuni era corretto e per altri era sbagliato. Se ne accorti i secondi. In futuro vedremo la donna Zegna? Non credo proprio. Ci piace da morire l’uomo e vogliamo lavorare ancora di più su molti progetti. Lei è stato uno dei primi ad avere un buon rapporto con il digitale. È ancora fondamentale? Si, assolutamente sì ma con dinamiche diverse. Nel 2008-09 arrivavano i blogger, avevano l’entusiasmo del punto zero. Oggi le logiche sono diverse. Mi interessano tutte le forme che ci permettono di entrare in contatto con l’uomo che abbiamo in mente, il consumatore finale che vogliamo vestire. Il fatto di poter scrivere due righe a una persona con la chat di Instagram. Mostrare fotografie di aspetti sconosciuti, il lavoro dei sarti, il casting. Apprezzo il contatto diretto con le persone. L’atteggiamento digitale uomo e donna è diverso? La donna è più glam. L’uomo meno. Nella donna funziona il pezzo conico. Nell’uomo meno, non è assente ma meno. È diverso anche in funzione alle fasce di età. Per Zegna, abbiamo avuto 2 milioni di visualizzazioni sul video della sfilata. Mezzo milione in più rispetto a sfilate precedenti. Per essere fair, dico che i mezzi sono in evoluzione, ma un numero come 2 milioni è importante. Abbiamo raccontato una storia con capitoli. Il linguaggio è in continua in evoluzione. Com’è cambiato il comportamento d’acquisto del consumatore maschile? Compra meno ma meglio. Chi comprava tre giacche, ne compra una o due. Quel capo è molto più significativo. E poi la funzione del capo non è più un elemento unico. Ora il look e lo stile sono importanti. Lo styling e questa grande proposte di immagini ci porta a valutare altri aspetti. Un everyday styling… Milano... Parigi? Sono molto contento di essere tornato anche se Parigi è stata un’esperienza straordinaria. Molto bello che si sia costruito un brief, con energie ed essere andati in una certa direzione. Con un knowhow strepitoso sulla pelle e sulle scarpe. Un colosso anche finanziario come Lvmh e un’azienda blasonata e familiare come Zegna. Per uno stilista com’è interfacciarsi a queste due realtà? Nel mio caso non trovo differenze, avendo possibilità di lavorare direttamente con ceo in entrambi i casi. Per altri designer, posso immaginare che dipenda da come venga contestualizzato il rapporto, se per esempio sei in un gruppo grande e passi attraverso tre manager. Io lavoravo con Antoine Arnault. Qui è idilliaco, parlo con il titolare. È più in funzione della situazione e dei rapporti. Cosa rappresenta la nuova campagna pubblicitaria con Robert De Niro e l’astro nascente McCaul Lombardi? È una conversation tra persone di diverse generazioni. Persone che hanno qualcosa da dire e qualcosa in comune, e nel caso specifico una leggenda e un giovane attore, due attori di origine italiane, due attori che si stimano. L’abbiamo girato con Francesco Carrozzini, con un metodo cinematografico. Lo scopo era girare un film e ogni tanto fare lo shot della fotografia. È Il nuovo manifesto del brand, dal nome Defining moments. Momenti che cambiano la vita delle persone. Qual è stato il più bel complimento che le è stato fatto? Tre sere fa, ero a cena in un ristorante a Milano. Al tavolo a fianco c’era un bell’uomo sui 35-40 anni con due amici. Bomber blu, dolcevita. Gli guardo i piedi e aveva le scarpe che completano i look del su misura che dallo show sono entrati subito nei negozi. Quelle scarpe dello show che è appena andato in scena. Rispondo quindi in modo diverso. Il complimento me lo sono fatto da solo. Full translation at page 124

Hair: Matt Mulhall; Make up: Karim Rahman; Models: Hugo Villanova @ Elite; JO Wonil @ I love; Gustav Fog @ Why not; Leon dame @ Tomorrow is another day; Seid Mahamat @ URBAN; Casting director: Andrew Weir; Production: Bureau Betak; Location: HANGAR BICOCCA, MILANO; look: Ermenegildo Zegna Couture fall-winter 2017/18

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nella foto, al centro, Leonetta Luciano Fendi con top e borsa kan I s-s 2017, pantaloni vintage, Cappello f-w 2017/18 Men's Collection e scarpe HF F-w 2016/17 insieme con, da sinistra, Ida Immendorff con Top e gonna vintage, Borsa Double Baguette Gold Edition Resort 2017; Roberto Rossellini con Coat vintage, Camicia e giacca in suede S-s 2017; Kenya Kinski-Jones con T-shirt F is For..., Gonna Pre-fall 2017, Borsa Micro Peekaboo, Scarpe s/s 2017; Presley Gerber con T-shirt e giacca in pelle. tutto fendi

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li archi di Palazzo della civiltà italiana riprodotti con luci al neon, i tramonti di Roma proiettati attraverso immagini virtuali, la storia di una maison iconica del made in Italy traslata nella contemporaneità. Per una notte, un edificio del Financial district di Manhattan, il Fulton market building, si è trasformato nel cuore pulsante di un nuovo modo di comunicare ai millennials. Per una notte, New York è stata protagonista di un viaggio in cui il digitale ha incontrato la realtà, portando un po’ di Roma Oltreoceano. L’evento di lancio di F is for…, progetto di comunicazione a 360 gradi pensato per veicolare alle giovani generazioni i valori e il Dna della casa di moda del gruppo Lvmh attraverso gli strumenti dell’online ma anche con iniziative off-line dedicate, ha fatto il suo debutto nella Grande mela, durante la New York fashion week, dando uno scossone ai set tradizionali delle feste modaiole per colpire il cuore di una nuova generazione di consumatori. Generazione incarnata da Leonetta Luciano Fendi, terzogenita di Silvia Venturini Fendi, direttore creativo accessori, uomo e bambino della maison, che sarà coinvolta in maniera attiva in F is for… producendo contenuti ad hoc nel segno di una totale libertà creativa. «Per me, F is for… Fendi come marchio e come famiglia. La mia famiglia. F sta per un futuro fresh e senza paura, dedicato a noi millennials, la nuova generazione. Vogliamo far sentire la nostra voce e prendere così le decisioni più importanti per il nostro futuro», ha spiegato Leonetta Luciano Fendi, «mi piace considerare F is for… come uno spazio in cui possiamo esprimere la nostra creatività. Un luogo dove possiamo continuare a muoverci in totale libertà e che, allo stesso tempo, sia uno spazio desiderabile e invincibile». Insieme a lei, special guest della serata, il party newyorkese ha visto riunirsi un pool di rappresentanti delle young generations. Nomi come Presley Gerber, figlio di Cindy Crawford, Roberto Rossellini, figlio di Isabella Rossellini, Kenya Kinski-Jones, figlia di Nastassja Kinski e Quincy Jones, assieme a modelle mediatiche come Kendall Jenner e Bella Hadid. «Tutto è nato un anno e mezzo fa, quando ho deciso di coinvolgere in maniera più fattiva un gruppo di giovani talentuosi presenti in azienda», ha poi aggiunto Cristiana Monfardini, vice president of communi-

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cation di Fendi. «L’idea di partenza è stata quella di dare vita a un progetto inedito che veicolasse il Dna del marchio attraverso il linguaggio dei millennials e che fosse complementare alla comunicazione di Fendi». Uno dei valori primari della maison è la romanità e proprio da Roma ha preso corpo la prima parte del progetto online, visibile all’indirizzo www.fisfor.fendi.com, i cui contenuti saranno esclusivi e autoprodotti e verranno via via caricati senza ritocchi né post produzione. A partire dalle immagini, cuore della sezione della piattaforma Fulgore: una serie di editoriali moda, scattati esclusivamente con iPhone7, i cui protagonisti sono millennials, ritratti in alcuni luoghi chiave ma anche desueti di Roma, come la Garbatella o il Gasometro, indossando capi di stagione, mescolati a pezzi vintage. Roma sarà protagonista, in questa prima fase, anche della sezione Freedom, dedicata ai suggerimenti sui luoghi non convenzionali da visitare. Faces sarà invece lo spazio dedicato a interviste ai personaggi più cool, mentre Fearless sarà il contenitore attraverso cui saranno veicolate le espressioni artistiche degli ospiti speciali che avranno il privilegio di performare sul rooftop del Palazzo della civiltà italiana, headquarter di Fendi. «La terrazza che circonda il Palazzo fungerà da tela su cui gli artisti potranno esprimersi liberamente. La prima collaborazione avviata porta la firma di Boiler room», ha sottolineato Monfardini. La piattaforma di broadcasting è stata anche protagonista dell’evento newyorkese, con l’esibizione live di un pool di artisti come Metro booming, Migos, 21 Savage, Lil Uzi Vert, Jamie Jones, Abra, Keith Ape, Howie Lee, Miso e Peggy Gou. Senza nessun palco ma confusi in mezzo agli ospiti, che potevano ballare o rilassarsi in un’area lounge su chaise longue orientate verso il video sui quali veniva proiettato il cuore del progetto digital o, ancora, utilizzare una app per comunicare attraverso una serie di emoji creati ad hoc per la serata, condividendo sui social con l’hashtag ufficiale #fisforfendi. «Eventi di questo tipo daranno un valore aggiunto a F is for..., facendo vivere concretamente la piattaforma digitale», ha concluso Monfardini. «La prossima tappa sarà in Asia, probabilmente nella seconda metà dell’anno». Full translation at page 124

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in alto, da sinistra, in senso orario, Roberto Rossellini con Coat vintage, Camicia e giacca in suede S-s 2017; Ida Immendorff con Top e gonna vintage; Presley Gerber con T-shirt e giacca in pelle F-W 2017/18; Kenya Kinski-Jones con T-shirt F is For..., Gonna Pre-fall 2017 e Scarpe s/s 2017. tutto fendi nella pagina accanto, leonetta luciano fendi con jeans vintage, Top e scarpe s-s 2017, TUTTO FENDI. Location: F is For...event @ Fulton Market Building, new york

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portfolio

first rAw

BRIVIDI DIGITALI dalla prima fila. Tra MOMENTI ICONICI, ambientazioni spettacolari E NUOVE ossessionI VISIVE. Racchiuse nelle pagine di un diario-album. PER catturare lo zeitgeist. photo by stefano roncato

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THOM BROWNE

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business view

futuro Co-ed

È la nuova frontiera del genderless. Dopo la contaminazione estetica dei generi, i brand hanno cominciato a portare la confluenza tra uomo e donna su un altro piano, conquistando il palcoscenico delle sfilate. Così marchi come Dsquared2, Paul Smith, Vivienne Westwood, Kenzo e molti altri hanno deciso di unificare gli show maschili e femminili, rendendo questo format la caratteristica peculiare della tornata di sfilate menswear che si è conclusa a fine gennaio con le collezioni fall-winter 2017/18. Ma non solo. Perché quella iniziata nei primi mesi del 2017 è una nuova filosofia che è pronta a destabilizzare i canonici calendari della moda, mettendone in discussione gli stessi timing. Scandire le sfilate uomo con look donna non è comunque una novità, Prada come Giorgio Armani lo fanno da tempo inserendovi proposte delle pre-collezioni. Ma questa stagione ha assunto un peso diverso, perché molti brand hanno cancellato il doppio show uomo e donna per scegliere di sfilare con un unico evento dedicato alle main collection di entrambi i generi. A sigillare il co-ed come nuova tendenza è stato d’altronde Vetements, pioniere dei trend delle ultime stagioni, che a luglio 2016 aveva svelato nella cornice di Galeries Lafayette le sue linee uomo e donna all’unisono. Optando tuttavia per uno show inusuale, al di fuori delle settimane canoniche dedicate al ready-to-wear e inserendosi nel calendario della couture parigina. Dopo la griffe guidata da Demna Gvasalia è stato Burberry a scendere in passerella con le collezioni unificate lo scorso settembre a Londra. Dopodiché è arrivato il turno di una carrellata di marchi in occasione di quest’ultimo giro di sfilate maschili. E anche le fashion week femminili in corso stanno registrando segnali importanti. Se Calvin Klein, Philipp Plein, Coach, Gucci, Bottega Veneta o Yves Saint Laurent hanno deciso di portare le linee maschili insieme alle femminili durante le settimane donna, la maggior parte degli altri brand aderenti al co-ed hanno infatti scelto il periodo delle sfilate uomo. Una decisione legata a diversi processi interni, da quello creativo a quello produttivo, con un presunto impatto anche sulle consegne nei negozi. «È stata una scelta importante di

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TRA CALENDARI RIMODELLATI E NUOVI TIMING, la moda assaggia i primi frutti delle sfilate unificate. premiate da STILISTI e ceo, ma anche da buyer e distributori. By Ludovica Tofanelli cui siamo molto soddisfatti», ha raccontato Gianfranco Maccarrone, amministratore delegato di Dsquared2. «Si tratta di una decisione che abbiamo preso valutando diversi aspetti tecnici. Da una parte era importante dar modo ai direttori creativi, Dean e Dan Caten, di avere maggior tempo da dedicare allo sviluppo delle collezioni lavorandoci in simbiosi e sfruttando il tempo per altri progetti importanti come le collaborazioni. Non si tratta di una scelta legata al budget… Far volare a Milano le modelle che usualmente non sarebbero presenti durante la settimana dell’uomo ha un costo notevole e le uscite sono diventate il doppio rispetto a quelle di uno show canonico», ha aggiunto il manager. «D’altra parte, essendo noi un brand prevalentemente wholesale, anticipare la donna a gennaio ci permette di mostrare la collezione a tutti i clienti con campagne vendite anticipate e soprattutto beneficiare dell’effetto time to market, arrivando prima in tutta la nostra rete vendite». Aspetto sul quale, d’altronde, ha fatto luce anche Carlo Capasa, presidente della Cnmi-Camera nazionale della moda italiana: «Si tratta di marchi che hanno principalmente vendite wholesale e questo li ha spinti ad anticipare le loro presentazioni a gennaio». Una scelta che, comunque, sembra mettere d’accordo stilisti e amministratori delegati, decisi a rispondere alle esigenze di uno scenario moda fluttuante e in fase di rimodellamento. Se la questione budget non è stata determinante per un marchio come Dsquared2, può comunque risultare centrale per quei brand minori che possono contenere notevolmente i costi riducendo gli show annuali da quattro a due. E oltre ai benefici legati a ordini e consegne wholesale, accelerando campagne e produzioni della donna, il dimezzamento delle sfilate permette ai direttori creativi di avere più tempo per lavorare alle collezioni, oltre a poterlo fare parallelamente sui due generi condividendo l’ispirazione per rafforzare un’immagine incisiva e coerente del marchio. «I clienti di Kenzo sono sempre stati amici, fratelli e sorelle, mariti e mogli, quindi è stato naturale per noi fare uno show dual gender… È un’esperienza divertente», hanno detto Carol Lim e Humberto Leon, le

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due anime estetiche di Kenzo. Partendo da Londra, dove nomi come Christopher Raeburn, Sibling e Astrid Andersen hanno optato per le sfilate unificate, capitanati dalla queen del panorama londinese, Vivienne Westwood, il testimone dei co-ed è poi passato a Milano. La cornice meneghina ha visto protagonisti del fenomeno Dsquared2, Cédric Charlier, Antonio Marras, Christian Pellizzari e Marcelo Burlon county of Milan. Per chiudere con Parigi, dove i pionieri sono stati Kenzo e Paul Smith. Quest’ultimo ha infatti preferito un unico show parigino, lasciando le passerelle londinesi dove usualmente sfilava con il womenswear, per una questione legata al dialogo tra i suoi due mondi. «È stato divertente lavorare insieme alle collezioni. Per entrambi i generi sono ripartito dalle mie origini per focalizzarmi sul tailoring. E nel farlo ho deciso di portare le collezioni insieme in passerella con un impatto più decisivo e coerente», ha spiegato lo stilista brit. Certo è che un format del genere può adattarsi solo a quelle maison in cui il direttore creativo è unico, per uomo e donna, restringendo quindi la cerchia dei big che in futuro potrebbero aderirvi. Passando invece dal punto di vista dei marchi a quello degli altri operatori del settore, la questione co-ed non sembra aver impattato particolarmente sugli showroom. «Fondamentalmente si tratta di un’influenza a livello di immagine, perché per quanto riguarda le vendite in showroom non ci sono stati cambiamenti», ha infatti sottolineato Riccardo Grassi, alla guida del suo showroom omonimo. «L’impatto commerciale che possono avere le sfilate co-ed dipende dall’effetto che possono trasmettere al pubblico in termini di immagine più che di prodotto. Non tutti i brand beneficiano di un risultato, ma alcuni che hanno un’immagine forte per uomo e donna ne trarranno un grande beneficio su tutti i fronti, commerciale e press», ha aggiunto Grassi, premiando le prove di Vetements, Dsquared2 e Charlier e apprezzando inoltre il lavoro di chi ha unito l’uomo alle

pre-collezioni donna come Sacai e Balmain. Format, quest’ultimo, sottolineato anche da Riccardo Tortato, men’s fashion director e fashion director e-commerce del department store Tsum. La tendenza a inserire look femminili delle resort o cruise all’interno degli show maschili sembra infatti la risposta di chi vuole cavalcare la fluidità dei generi senza dover rinunciare allo show donna. «Unificare le sfilate è un’evoluzione naturale per alcuni marchi e per alcune collezioni. Spesso infatti le pre-collezioni donna altro non sono che declinazioni della sfilata uomo. È una cosa che ho notato sempre di più, perciò non mi ha sorpreso che questa stagione alcuni brand abbiano deciso di far sfilare la donna durante il periodo dell’uomo», ha spiegato Tortato. «Esteticamente è molto bello vedere le due anime di un brand mescolate e non dobbiamo dimenticare marchi come Armani che hanno inserito qualche uscita donna nella sfilata maschile da sempre. Tuttavia, l’idea di cancellare completamente la sfilata donna per unirla all’uomo non mi trova del tutto d’accordo. Troverei molto più opportuno, anche temporalmente, far sfilare durante l’uomo la parte delle pre-collezioni femminili, che sono sempre più importanti per i marchi», ha quindi aggiunto Tortato, chiudendo un discorso le cui risposte sono ancora tutte da scrivere. Maggiore incisività a livello d’immagine, effetto time to market, visibilità sul womenswear in un momento meno sovraffollato per la donna. Ma anche più tempo per dedicarsi alle collezioni e creare un universo estetico coerente e solido. Le motivazioni che hanno spinto i marchi a scegliere il panorama delle sfilate maschili per i propri show co-ed sono molteplici e variano come varia d’altronde la filosofia di ciascun brand. Tutti d’accordo, comunque, a replicare e portare avanti questa nuova direzione. Rimanendo in attesa di vedere chi altro aderirà al fenomeno e come tutto ciò impatterà sulle fashion week future. In fondo, it’s only the beginning. Stay tuned.

sopra, DA SINISTRA, TRE MODELLI ALLO SHOW DI DAMIR DOMA E LA PASSERELLA DI PAUL SMITH. in basso, IL FINALE DELLA SFILATA DI KENZO. Nella pagina accanto, UN'immagine dal BACKSTAGE DELLA SFILATA CO-ED DI DSQUARED2

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in questa pagina, Elise Daniels with street performers, suit Balenciaga, Le Marais, Paris, 1948 © The Richard Avedon Foundation; nella pagina accanto, dall'alto in senso orario, Dovima with Sacha, cloche e suit Balenciaga, Café des Deux Magots, Paris, 1955 © The Richard Avedon Foundation; Alberta Tiburzi con un envelope dress di Cristóbal Balenciaga, Harper's Bazaar, giugno 1967 © Hiro 1967; Cristóbal Balenciaga al lavoro, Paris, 1968, © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos; Evening dress by Cristóbal Balenciaga, Paris, 1962 Photograph, 1971 © Cecil Beaton Studio Archive at Sotheby's. photo courtesy V&A-Victoria and Albert Museum, londra

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Balenciagamania

Mentre la fashion house torna hot grazie a Demna Gvasalia, tre exhibition in francia, spagna e Uk celebrano la storia del couturier iberico. by michele bagi «Una donna non ha bisogno di essere perfetta o bella per poter indossare i miei abiti... Ci penserà l’abito a fare tutto questo per lei». A parlare è Cristóbal Balenciaga, figura mitologica della moda del '900, padre di quello che è il concetto moderno di couture tanto che lo stesso Christian Dior era solito dire: «L’alta moda è come un’orchestra e Cristóbal Balenciaga ne è il direttore... Noi couturier siamo musicisti e seguiamo la direzione che lui ci dà». Per il designer iberico, che ha conquistato la Parigi del secolo scorso partendo da un piccolo paesino della provincia basca di Guipúzcoa, Getaria, dopo aver appreso i primi rudimenti della couture lavorando accanto a un sarto fin dall'età di 12 anni, il 2017 sarà un anno da ricordare. E non solo perché il suo marchio è tornato super-cool grazie al percorso estetico portato avanti dal designer georgiano Demna Gvasalia. Nell’anno in corso la griffe, oggi satellite del gruppo Kering di François-Henri Pinault, verrà celebrata a 360 gradi, con un trittico di mostre europee tra Francia, Spagna e Inghilterra, a segnare anniversari importanti e date da ricordare. In un gioco di scaramanzia numerica senza precedenti. Partendo da Parigi dove il prossimo 8 marzo, per restare aperta fino al 16 luglio, sarà inaugurata la mostra «Balenciaga. L’oeuvre au noir». Autore del progetto sarà il Palais Galliera-Musée de la mode de la ville de Paris, che nelle sale del Musée Bourdelle renderà omaggio alla passione del couturier per il nero, suo colore feticcio. Curata da Véronique Belloir del dipartimento haute couture del Palais Galliera, sotto la direzione artistica di Olivier Saillard, direttore del Palais Galliera, la retrospettiva porterà sotto i riflettori circa cento abiti creati da Balenciaga durante la sua carriera. Mettendo l’accento su creazioni provenienti dalla collezione del museo e pezzi dall’archivio della maison. Facendosi guidare da uno dei mantra ripetuti, all’infinito, da monsieur Cristóbal: «Elegance is elimination». Tappa successiva del gran tour europeo dedicato al designer sarà la Spagna e più precisamente la sua città natale, Getaria, dove nel 2011 è stato aperto un grande museo dedicato al suo lavoro. Nelle sale del building, di cui oggi è presidente Hubert de Givenchy, si celebreranno i cento anni dall’opening del primo negozio del couturier: la boutique-atelier inaugurata nel 1917 a Donostia-San Sebastián. E l’exhibition ruoterà intorno proprio alle facoltose clienti milionarie che hanno accompagnato Balenciaga in tutta la sua carriera. Come Mona von Bismarck, che alla morte del designer si chiuse nel suo hôtel particulier parigino a piangere per tre giorni, dopo che aveva passato la sua vita a commissionare a

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monsieur Cristóbal tutto il suo guardaroba: dagli abiti da ballo ai calzoncini per il giardinaggio. O ancora la marchesa di Casa Torres, Blanca Carrillo de Albornoz y Elio, sua prima cliente in assoluto che lo ha accompagnato in tutta la carriera. E a una di loro, Rachel Lambert Mellon conosciuta nel jet-set internazionale come Bunny Mellon, è dedicata la mostra «Collecting elegance. Rachel L. Mellon's legacy» che sarà inaugurata il 27 maggio (sarà aperta fino al 25 gennaio del prossimo anno). La Mellon era infatti tra le principali clienti del couturier che per realizzare i capi a lei dedicati aveva destinato 60 premières del suo atelier, pronte a lavorare in esclusiva per creare gli outfit della nobildonna statunitense, filantropa, collezionista d’arte, paesaggista e amica personale della famiglia Kennedy (alla sua morte lasciò all’archivio della maison un guardaroba di oltre 500 creazioni uniche e speciali). Last but not least, i riflettori si accenderanno sul V&A-Victoria & Albert museum di Londra che il 27 maggio terrà a battesimo la mostra «Balenciaga: Shaping Fashion» (sarà aperta fino al 18 febbraio 2018). Non una retrospettiva, ma: «Una exhibition focalizzata sul tardo periodo della carriera del sarto: gli anni 50 e 60, in cui probabilmente la sua creatività aveva raggiunto l’apice», ha spiegato la curatrice Cassie Davies-Strodder, blasonata storica del costume. Il progetto espositivo, il più grande mai realizzato in Inghilterra dedicato alla maison, arriva in occasione dell’80esimo anniversario dell’apertura della fashion house a Parigi e del 70esimo anniversario del lancio dell’iconico profumo Le Dix. Nelle sale dello spazio londinese andranno in scena oltre 100 creazioni couture e 20 cappelli, molti dei quali esposti per la prima volta. Fra gli highlights, completi realizzati da Balenciaga per l’attrice Ava Gardner, vestiti e accessori appartenuti all’ereditiera Gloria Guinness e capi indossati da Mona Von Bismarck. A completare il racconto, bozzetti, cartamodelli, campioni di tessuto e filmati d’archivio. Oltre a una nuova tecnologia avveniristica, basata sui raggi X, utilizzata dal V&A per per dare un’occhiata quasi forensica ai dettagli nascosti delle creazioni. Che hanno prodotto una serie di artsy curate da Nick Veasey, pronte a rivelare strutture interne invisibili a occhio nudo, tra pesi posizionati in modo da creare una precisa pendenza nelle gonne o stecche celate nel corpetto degli abiti. Perché d’altronde il couturier, ingegnere della forma, pretendeva sempre la perfezione. E il più delle volte ci riusciva tanto che, come ricordava spesso l’iconica Diana Vreeland: «Quando in una stanza entra una donna vestita da Cristóbal Balenciaga tutte le altre scompaiono».

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The Best

calvin klein Una riflessione creativa sull’America. Sulle note di una delle canzoni più famose di Davide Bowie, This is not America. È questo il punto di partenza per la collezione-debutto di Raf Simon per Calvin Klein. «Queste creazioni riflettono al 100% quello che ci circonda. Tutte queste persone diverse, con stili e dress code differenti... È il futuro, il passato, l’art deco, la città, l’American west. Tutte e nessuna di queste cose. Per dare vita a una nuova realtà. Che rappresenta l’unione di caratteri differenti e di individui differenti, proprio come l’America stessa propone». Sulla passerella, sfilano maglie leggerissime e trasparenti con maniche pop, suit formali da indossare a petto nudo e cappotti impacchettati, asettici e ricoperti da cellophane croccante. E sul dietro dei pant spuntano tag speciali, che raccontano la storia di un marchio iconico. Compresa la silhouette stilizzata di Brooke Shields, ritratta in una celebre campagna adv.

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The Best

balenciaga Una sala riunioni nel Balenciaga office è la location perfetta per lo show invernale del brand. PerchÊ il direttore creativo Demna Gvasalia prosegue il suo percorso di rilettura del guardaroba maschile, iniziato la scorsa stagione. Con giacche dalle forme squadrate e spalle scolpite, innesta una nuova riflessione sul menswear sul posto di lavoro. Realizzando nuove non-divise contaminate da silhouette oversize e accenti sportivi. Linee allungate, cravatte, sneakers con tripla suola e numero ricamato sulla punta. E giacche a vento da allenatore, cappucci che spuntano sotto camicie check e stole logate come billboard. Infine, accanto al logo della maison, spunta anche quello del gruppo Kering, a cui il marchio fa capo. Ed è subito corporatewear.

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The Best

thom browne Proporzioni e tailoring. Da questi due concetti nasce la collezione fallwinter 2017/18 di Thom Browne. Svelata in un allestimento surreale, decorato da piccole sculture stratificate come micro montagne, dalla forma apparente di piccole navi in un oceano grigio. Ho voluto lavorare sull’idea delle proporzioni, sulla bellezza del realizzare un abito, ha spiegato il designer americano. In passerella i modelli si trasformano in alieni allungati, come fauni issati su stringate a zoccolo, ingabbiati prima in tute-abito deluxe, tutte simili ma diverse nei dettagli. Poi vestiti con abiti piatti, costruiti come cartamodelli su un piano di lavoro. Tra giacche e pantaloni a incastro che diventano bidimensionali e coreografici.

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The Best

LOUIS VUITTON Un viaggio creativo e temporale con una meta precisa: la New york degli anni 70 e 90. Al ritmo di dance music firmata Studio 54. «È uptown e downtown, insieme», ha spiegato Kim Jones, direttore artistico delle collezioni uomo di Louis Vuitton. «Artisti e musicisti, amici ed eroi sono i protagonisti dello show». Sul défilé sfilano capi che si ispirano alle opere iconiche di Jean-Michel Basquiat, Keith Haring, Robert Mapplethorpe e di Andy Warhol. Oltre agli accessori realizzati in collaborazione con il marchio di streetstyle Supreme. Due anime grafiche che si mixano tra loro. Creando una nuova variazione del monogram della maison francese, accostata all’iconico Box logo del brand d’oltreoceano. Insieme a creare un super-cult.

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The Best

dolce & gabbana

Millennials e influencer blasonati. Protagonisti indiscussi del défilé di Dolce & Gabbana per l’autunno-inverno 2017/18. Come in un gattopardo digitale. «Esiste una generazione post-Bieber colta e con valori forti, spesso ignorata ma molto importante», hanno spiegato Domenico Dolce e Stefano Gabbana. «Fanno musica e arte, inventano cose nuove e hanno una comunicazione più veloce. Personaggi normali diventati famosi sulla rete. È l’equivalente della sfilata con i ragazzi normali del sud ma applicata a ragazzi cresciuti sul web». Che indossano corone regali, cappotti stile barocco con bottoni dorati e poncho con stemmi di famiglia e scritte. Il tutto impreziosito da fantasie e trompe l’oeil che mimano divise da alta uniforme.

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The Best

valentino A new and perfect day. Trascorso nella biblioteca di un vecchio club inglese svuotato. «Per questa collezione, volevo ridefinire il mio uomo», ha spiegato Pierpaolo Piccioli, mente creativa di Valentino. «Una personalità che in vent’anni è cambiata più degli altri. Un gentleman nel senso di gentle man, con sensibilità e forza». In passerella, si concretizza un viaggio culturale. Si passa da Caravaggio alla distorsione di Francis Bacon fino a Jamie Reid, che per lo show ha composto due poesie ad hoc, ricamate e intarsiate su cappellini, maglioni e sul retro dei parka oversize. Indossati sopra camicie plastron impreziosite da cravattini stretti al collo. «Un punk di oggi, che regala valore alla diversità».

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The Best

msgm Una vera e propria ossessione per The crown, la serie tv di Netflix incentrata sulla famiglia reale britannica. Rivista però in maniera techno chic. È questo il punto di partenza per la collezione menswear autunno-inverno 2017/18 di Msgm, che: «Racchiude due elementi che collidono. Da Londra a Berlino, passando per l’estetica della Regina Elisabetta nei suoi momenti non ufficiali», ha spiegato il direttore creativo Massimo Giorgetti. Che porta in passerella i suoi sloane ranger, vestiti come nelle foto paparazzate della vita off-duty della monarca. Con capospalla da montagna e denim dalle proporzioni ridotte, quadretti da caccia e dettagli da fantino. Completano i look, foulard di seta attorcigliati sulla testa e portati sopra il cappellino da baseball.

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MFF-Magazine For Fashion | 95

The Best

fendi Pop e funny. Come un fashion game ricco di scritte. Think, yes, try, pink e yellow. «L’ispirazione mi è venuta da un vademecum di Ernest Hemingway», ha raccontato Silvia Venturini Fendi, mente creativa dell'uomo Fendi. «Regole quasi banali per affrontare sfide future in anni di grande cambiamento». In passerella, sfilano giacche trapuntante a contrasto, pantaloni in nylon leggero per andare in bicicletta e maglie da gara che spuntano sotto bomber. Un po’ Tenenbaum in versione street mixato alle nuances elettriche delle tele di Rosenquist o Lichtenstein. E per completare i look, zaini patchwork multicolor, ciondoli-tag, ciabatte di pelliccia, fasce per capelli da neve o per giocare a tennis.

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The Best

j.w.anderson Un labirinto declinato in tinte soft, illuminato da una luce asettica. Su questa passerella onirica va in scena la collezione fall-winter 2017/18 di J.W.Anderson. Il motivo ricorrente, che caratterizza blazer, cappotti, scarpe e perfino le calzature è quello crochet, l’uncinetto. «I miei uomini sono cavalieri pagani in armature moderne. Che si destreggiano coraggiosi in un trionfo di handmade tipicamente british», ha raccontato Jonathan Anderson. Che nel défilé analizza anche il concetto di «maglia in maglia», ovvero di layering creativo in continua evoluzione. Le camicie, invece, sono impreziosite da giochi di stampe surrealiste e dadaiste. O provenienti dalla realtà liturgica, ispirate alle vetrofanie delle chiese da ammirare controluce.

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The Best

n°21 Libertà, intesa come ribellione dagli schemi e volontà di essere se stessi, al di là delle convenzioni. «Ho pensato alle manifestazioni studentesche degli anni 70, allo spirito di quegli anni traducendolo in un certo atteggiamento nel vestire», ha spiegato Alessandro Dell’Acqua, direttore creativo di N°21. In passerella sfilano mini giubbini che mescolano check a dettagli camouflage, ampi montgomery e anorak di montone ecologico, bomber di saglia stropicciata o piumini over total black. Indossati con camicie di popeline, pantaloni di lana accoppiata con neoprene, pullover grafici di angora e maglioni norvegesi undone, come piccolo segno di rivolta. Infine, spuntano felpe con cappuccio ricamato di paillettes, che diventeranno must-have di stagione.

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The Best

junya watanabe

Una vera e propria esplorazione nella street fashion. Tra sport, formale e hip-hop. Sulle note rap di Hustlin Junkie, che provengono da una colonna di casse e subwoofer posizionata al centro della sala. Come in un concerto underground. Cappellini, sneakers e tecnicismi da montagna. Indossati con pantaloni rigorosamente morbidi, giacche feticcio, in un mix tra tartan e un inserto giallo squillante che celebra la collaborazione con The North Face. «È un brand che può essere visto come un elemento base dello streetstyle», ha spiegato lo stesso Junya Watanabe. «E rappresenta le fondamenta di questa collezione». Che celebra anche altre contaminazioni creative, come quelle che hanno visto il marchio nipponico confrontarsi con Vans, Levi’s, Carhartt o Barbour.

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MFF-Magazine For Fashion | 99

The Best

lanvin Grafismi geometrici, forme oversize e citazioni outdoor. Per una nuova visione dell’uomo. Più concettuale. «Sono partito dalla vita di tutti i giorni», ha raccontato il designer Lucas Ossendrijver, mente del menswear di Lanvin. «Oggi fa un po’ paura l’idea di sembrare normali. Ma nella moda dobbiamo andare oltre, portando qualcosa di nuovo. Ogni pezzo, infatti, è stato pensato fino in fondo, per avere un'anima speciale e unica». Sulla passerella, sfilano giacche che hanno una piega per dare nuova vita a silhouette più piccole. Senza orpelli fisici, ma più simbolici. Calze che ingabbiano il fondo dei pantaloni super morbidi. Felpe tecniche. Montgomery dai grafismi ultra check. E cappotti da indossare rigorosamente a petto nudo.

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MFF-Magazine For Fashion | 101

J.W.Anderson

Dior homme

Yohji Yamamoto

Louis Vuitton

trends

artsy Prada

Gosha Rubchinskiy

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Iceberg

Comme des garรงons

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102 | MFF-Magazine For Fashion

Salvatore Ferragamo

Stefano Ricci

Vetements

Xander Zhou

Prada

Chalayan

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Emporio Armani

Ermenegildo Zegna couture

Martine Rose

Raf Simons

Giorgio Armani

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MFF-Magazine For Fashion | 103

Gosha Rubchinskiy

Neil Barrett

Daks

Cerruti 1881

Casely-Hayford Boss

Thom Browne

Balenciaga

trends

business class Ralph Lauren

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Comme des garรงons

Versace

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104 | MFF-Magazine For Fashion

Dolce & Gabbana

Etro

Walter Van Beirendonck Palm angels

Marcelo Burlon county of Milan

Balmain

Maharishi

trends

animals Yoshio Kubo

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Diesel black gold

Katie Eary

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106 | MFF-Magazine For Fashion

Cerruti 1881

Damir Doma

Yohji Yamamoto

Ann Demeulemeester Trussardi

Lucio Vanotti

Maison Margiela

trends

poets Federico Curradi

J.W. Anderson

Chalayan

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108 | MFF-Magazine For Fashion

Moncler gamme bleu

Ordinary people

Rick Owens

Qasimi

trends

puffy

Dirk Bikkembergs Sunnei

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Jil Sander

Plein sport

Oamc

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MFF-Magazine For Fashion | 109

Consistence

Dries Van Noten

Versace

Yoshio Kubo

N°21

Dsquared2

Etro

Miharayasuhiro Christopher Shannon

Dolce & Gabbana

Fendi

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Vetements

N°21

Liam Hodges

Walter Van Beirendonck

Y-3

trends

Marcelo Burlon county of Milan

Maharishi

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Moschino

camou Sulvam

Balmain homme

Palm angels

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112 | MFF-Magazine For Fashion

Emporio Armani

Etro

Sacai

Paul Smith

trends

velvet Dolce & Gabbana

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Ermanno Scervino

Phoebe English

John Varvatos

Haider Ackermann

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MFF-Magazine For Fashion | 113

Louis Vuitton

Yohji Yamamoto

Giorgio Armani

Berluti

Dondup

Billionaire

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Y-project

Todd Snyder

Oliver Spencer

Ann Demeulemeester

Prada

Hermès

Astrid Andersen

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114 | MFF-Magazine For Fashion

Givenchy

CĂŠdric Charlier

Dior homme

Msgm

Issey Miyake

Sulvam

Angelos Frentzos

Fendi

Valentino

Plein sport

Damir Doma

Topman design

trends

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Kenzo

Lucio Vanotti

Sacai

Givenchy

Versace

Wales Bonner

Haider Ackermann

Dries Van Noten

Valentino

trends

check Issey Miyake

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Hilfiger edition

Berluti

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MFF-Magazine For Fashion | 117

Lanvin

Salvatore Ferragamo

Agi & Sam

Daks

Sandro

Paul Smith

Msgm

Ami

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Prada

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118 | MFF-Magazine For Fashion

Givenchy

Dior homme

Sandro

trends

montgomery Todd Snyder

Boglioli

Lanvin

Valentino

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Hilfiger edition

Boss

Moncler gamme bleu

Msgm

Missoni

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IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ANCONA Il giudice Dott. Alessandro Di Tano, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 24.01.2017, ha emesso la seguente ORDINANZA sul ricorso per inibitoria proposto dalla PORTS 1961 ITALIA S.p.a., con sede in Milano, alla Via Rombon n. 11, in persona del Consigliere delegato. (Omissis) PQM Il Tribunale Ordinario di Ancona, in persona del Giudice Dott. Alessandro Di Tano, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, ogni diversa domanda ed eccezione rigettata, così provvede: INIBISCE alla DGE S.r.l., con sede in Civitanova Marche (MC), alla Via Castelfidardo n. 29/31, in persona del legale rappresentante pro tempore, la produzione, commercializzazione, importazione, promozione delle calzature oggetto di causa, per tutte le considerazioni di cui in motivazione. FISSA la somma di Euro 500,00 per ogni singola violazione o inosservanza del presente provvedimento successivamente accertata. DISPONE la pubblicazione dell’intestazione e del dispositivo del presente provvedimento sulle edizioni nazionali di due quotidiani (per due giorni) e su tre riviste specializzate di settore (per due volte), a scelta e a cura della parte ricorrente, a spese della parte resistente. ORDINA alla parte resistente la pubblicazione dell’intestazione e del dispositivo del presente provvedimento sulla homepage del sito http://w.w.w.designmanifattura.com e sul profilo Facebook “Design Manifattura” (per trenta giorni). CONDANNA la parte resistente alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla controparte che si liquidano in complessivi Euro 4.600,00, di cui Euro 1.400,00 per la fase di studio, Euro 1.200,00 per la fase introduttiva, Euro 1.200,00 per la fase istruttoria ed Euro 700,00 per la fase decisoria, oltre accessori fiscali e previdenziali nella misura di Legge, Così deciso in Ancona, in data 30.01.2017.

Il Giudice Dott. Alessandro Di Tano


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grooming

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international

english MOSCHINO - JEREMY SCOTT Story by Stefano Roncato Photos by Marcus Mam All of a sudden he starts talking about Italian cinema: Daria Argento, Luca Guadagnino, Ivan Controneo. A bigger splash. Tilda Swinton. Because Jeremy Scott doesn’t live in the kaleidoscopic bubble you’d imagine. It’s not all L.A. sunshine, music blasting with superstar friends Katy Perry or Rita Ora. Then he starts telling a story that seems like a film: An American in Paris, starting with his arrival in the City of Lights, followed by the launch of his own line that will turn twenty in September. The eye-popping, visionary shows, ironic, the idea of the “Pop Star Designer”, as he defines himself. Then the arrival at Moschino - obviously - and the Milanese maison springs to life with the haste of an international globetrotter. And the recurring phrase, like a mantra, fashion is passion. Have you ever collaborated on any cinema projects? I’ve never made the costumes for a whole film. I’ve done something with Tony Scott, Ridley Scott’s brother, for the film Domino - a small part at the beginning when she was a model. I had to teach her how to deal with the runway, “Explain to me how real models walk”. Would you like to? Absolutely, but for the right film. I’ve been asked many times but the right project has never come along at the right time. Now with my schedule it’s hard to do something spontaneous. The last thing I was asked to do was in January/February last year, and it would’ve come out around this time, but I couldn’t do it. How do you like Moschino? It’s wonderful! I am doing what I love, I can’t complain. How did you feel when they called you? I was obviously really happy and I really felt like noone else but me could fill this role. I know that sounds a bit arrogant but I felt like, “If I don’t do this and someone else does it badly, it will break my heart.” Because I have a lot of respect for Franco and his vision. I couldn’t not do it. Not to be rude, but I didn’t need to do it. I thought, I have a great life, I live in L.A., I’ve got my job and everything is great. But I felt obliged to do it for him, in his memory which deserves to live on in spirit in the world he created. What was the reaction like in house? For me, the best compliments come from the people who knew Franco and worked here. The ones who worked with him from the start, they’re the important ones. A long time ago I stopped caring too much about the opinion of every single person because it can make you lose faith in yourself. The positive ones as well. You can’t think you’re the king of the f*cking world because people tell you so. You’re not. I’m a boy from a farm, a boy from the country. I know who I am. What do you want to do with Moschino? I want to transform it into the coolest brand ever. Simple… You’re working on lots of projects, one of which is developing accessories…. When I got here there wasn’t even a proper handbag. I created it and I want this area to grow. Which signature house symbols grabbed your attention? I love them all. Sometimes it’s like the piano, you play some things more often, other things just once. Now I’m playing this note but I love all the keys. Where do you get your inspiration from? I try to stay open. I think about the things I love and things that I think could be iconic in the world of Franco. I try to capture those that make sense. It can come from a conversation, from a joke, obviously from an image that inspires you. It can be the color of a car, the sky. There are many magical things that can

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take you somewhere creatively. I am always designing, it’s one movement, it’s not a stopstart situation. Why has Los Angeles, where you live, become such an it-place? Personally I think it’s the best place to live in the world. I couldn’t imagine any other place, because of the lifestyle, the quality of life. Los Angeles - and Hollywood as well - the land of make believe, the world of fairytales. There are people there who create stories and dreams. That’s what I do all the time, build dreams. Isn’t it a big city, in terms of the distance between one place and another? It’s different for everyone, it depends on the situation you create for yourself. For example, if you hate going in the car, you like walking everywhere - even if it’s 15 miles to get to the bakery and there aren’t many sidewalks - then OK it’s not the place for you. I don’t drive much, but I love it when I do so I don’t have problems there. I was raised on a farm, I was driving a tractor when I was 5 years old, you get a motorbike when you’re 6 or 7. Do you have a studio there? Yes, my own and a part dedicated to Moschino. Technically they’re two spaces, separated literally by a wall. It’s a warehouse that’s been split into different units. I had my office on one side and two months before Moschino, the part next door freed up and I thought, “Maybe I should take it”. What’s your relationship with technology? Like everyone, it’s a normal everyday instrument. I don’t think about it, it’s something we have in common. But I still prefer to speak to people face to face. You were the first to do see now, buy now with your debut Moschino collection… I was the first to do it, to have it immediately after the show. It works well when there’s an urgency to wanting something. It doesn’t work for everything. I don’t have to tell you where to buy a black sweater. At a certain point in New York everyone was talking about it. It wasn’t just a marketing trick? I’m a bit old school. I like the magic of creating and sharing and seeing how people react. Feelings? Yes, passion. Fashion is a passion. We don’t need more clothes. There are enough in the world to dress all of us for the rest of our lives. We need to want clothes, to want something that inspires us. Something that gets us excited and makes us passionate. Something that pushes us to buy something that we don’t really need. Always the first, like with Adidas. Right. Yohji (Yamamoto) was before me. I started in 2001. The first shoe project for Adidas and then a year and a half later I created a tracksuit and socks with the Keith Haring foundation. A couple of years after that I started making the first wing sneakers. You believe fashion is passion, but it’s also very smart to have capitalized on these two recent phenomenon. Was it instinct or strategic? If you look at what they have in common, it is my need to give myself to people. With Moschino, it was the fact that people had to wait until 6 months after the show to have something. I wanted them to become part of it, there was a frustration to it. With Adidas it was about being a young, independent designer, I made everything on my own, until a year and a half ago when I started to produce with Aeffe. The cost of being independent is that your prices are high, my products cost more than I wanted. Adidas asked me if I’d be interested in creating a carryover line which for me was fabulous. I can make clothes and bring my vision to more people. People love interesting things, they want to have fun with unique objects. They just have to cost less, not two months rent. Luckily they’ve been successful but they came from the heart. You have a lot of muses and iconic friends, like Carlyne Cerf de Dudzeele… Yes, we started working together before Moschino. Did you meet when she was at Chanel? Afterwards, maybe 6 or 7 years. We didn’t know each other when she was at Chanel. Then she took a break from the world of fashion, I was becoming a bit more know, she came to me and said, “I love what you’re doing, I want to wear it. I want to get to know you.” What was it like working with Karl Lagerfeld?

I haven’t worked with him in the sense that I wasn’t working for him. I styled some shoots but I don’t think of that as a job. I feel privileged to have been able to watch him work, to be at the table while he followed the couture fittings. He is an icon, a master. They are amazing memories And music? I know a lot of musicians. I find them more interesting than actors as they are real characters. It starts with their work, raising the volume on their personality. Actresses are someone different every time. Some are cool, some are a bit boring. I passionately work on clothes and they don’t have that sense of fun. They don’t know how to wear them. It’s OK, someone else can dress them, I have my pop stars, they know how to give life to the clothes. In the end I’m more of a pop star designer. Will you carry on moving the Moschino menswear show? It’s nice to be able to move around a little, it gives us the chance to include a lot of people. I like the idea of being able to bring the show to more people, and we have a lot of amazing fans all over the world. I am so lucky to be part of this city of people. I started my career in Paris, with an American and I’ve always had a lot of love for the French. How did you start out? I’d graduated from college and I knew I wanted to work in fashion. I spoke a bit of French so I was more inclined to go to Paris over Italy. I went to look for something, like an internship. A job was unthinkable, I would’ve been happy with an internship, picking up pins on the floor and being in the same room as the people I admired. But as I was American I ended up doing paperwork. At a certain point I was really frustrated but full of passion and energy, so I decided, why not put on my own show? And that’s what happened. Then the seasons went by and now my twentieth anniversary’s arrived. It will be this September. It gives me goosebumps thinking about it. But you’ve had fun in the meantime? Yes. It’s something that if you put it down on paper and someone told you, this is what’s going to happen, you’d be really shocked. But when you’re young and overexcited - and a bit stupid - you do backflips inside and you just do it. I had to express myself, I had a burning desire to share what was inside. For me, work is communicating. It’s hard to remember what you thought when you were 19 years old. I know that I wanted to be in a room with the greats, with the people who’d given me so much joy through what they’d done. Pay them back in some way. Are there designers or brands that have inspired you? There are many. For example, Rudi Gernreich who worked a lot with Peggy Muffitt. A great inspiration to understand that an American designer doesn’t necessarily have to make sportswear, or at least they don’t have to follow the traditional role of the American designer. Maybe it’s different today, when I was at school we only talked about Ralph (Lauren), Calvin (Klein), Donna (Karan), it was really boring to think that there were these predefined paths to follow in order to become an American designer. That’s why I always like European designers. So then they’ll be among your favorites… Jean Paul Gaultier, Martin Margiela, Thierry Mugler, Vivienne Westwood. All designers with distinct personalities. I like things by Mr. Saint Laurent, Mr. Courrèges, Mr. Rabanne. I love the work of a lot of designers, those who have their own vision. You see a picture and immediately understand that it’s one of their designs. Nowadays you go online, see 15 shows and it’s all the same thing. That’s not the world I come from or that I love or that I want to be part of. That’s not the world I’ve created. Creative vs commercial. Do you feel the pressure of business? It doesn’t affect me. I know that my job is to inspire people, touch them and bring a bit of beauty to their lives, it’s a message or a light. I try to remember my scope, and that’s what it is. ERMENEGILDO ZEGNA - aLESSADRO SARTORI Story by Stefano Roncato Photos by Daniel Beres

Experience. To live an experience: A journey that engages the senses, stimulates the mind. This is the mantra behind Alessandro Sartori’s new adventure at Ermenegildo Zegna, where the designer has just made his debut with a grand event that more than a fashion show told a story. Suits, of course, and art, with an acute digital thought behind them, accompanying and explaining the evolution of menswear in which Sartori has played a lead role. First at Zegna, followed by 5 years in Paris at Berluti where his message of masculine elegance, refined and precious, was missing. Now a new twist, a fresh challenge. In one click, rewriting the soul of a brand. Made to measure available immediately in store, opening the virtual doors of the label, speaking directly to the client. It’s interesting talking to Sartori about what’s going on in the world of menswear. Is it difficult to create something new? “Very and not really, it’s both at the same time. There’s a lot of material to work with.” Moving beyond his natural elegance, he has a subtle, precise way of thinking, never loud but magnetic, of substance. He knows what he’s saying and speaks in facts. Starting a silent revolution. Silently intelligent. What was the feedback on your debut? Very positive. Generally what was appreciated the most was the new aesthetic, the new company strategy is moving towards communicating the freshness of the brand, that Zegna is fresh and interesting, and the message got through. On an aesthetic level, the world of couture, sport, outdoors with sophisticated materials, between tailoring and new techniques. You said that you’ve finally managed to transform three brands into three lines of the same brand? This modern Italian way of living isn’t just a particular lifestyle anymore, it’s a collection of moments in the day of the people we have in mind, who will be completely satisfied with all 3 collections. The 3 lines are 3 moments in the same brand with the same consumer. Who is your consumer? International, not in a particular age range. Of one ethnicity or another, with different social influences, unified by style and a passion for beautiful things. An authentic consumer with certain values. With Berluti you defined a new refined masculine elegance that wasn’t around at that time… We are in a different situation. Street style influences all clothing now, it’s more of a mix and match because tailoring has transformed and how the way people dress today isn’t the same as 5 years ago. We are in one of those famous moments where we open a new chapter. Now it’s more lifestyle focused, but also more personal, it is not a precise cliché, it’s more of an attitude. The union of sport and tailoring isn’t just one specific garment, it works its way into the silhouette. A professional man, one who works in an office, is more open to mixing an old suit with a T-Shirt, sweatshirt, prints. This is the context of the explosion of sportswear. Can you explain your creative approach? We start by researching photographs of images or sensations. Signs or silhouettes. Referring to the client but in evolutionary terms. More than a beautiful man, it’s more of a beautiful person, from strong expression to unique details. Not ‘90s top models but elegant and cultured men with style and a good approach to dressing. He could be 25 or 60 years old, from Tokyo or Milan. This is the background, the studio is filled with all their pictures hanging up, like a kind of face board and on the other side, the mood of the season, like a giant collage...the creative and stylistic starting point. Then we design the clothes. Do you have any aesthetic obsessions? To move away from vintage, which until 5 or 6 years ago I was really interested in. So you’ve changed as well? Everytime I see a piece or a material that gives me that feeling, I run away. We created special jacquard fabrics in order to interpret masculine designs in a different way. Maybe some people think that playing with a nice Prince of Wales check is innovative but I don’t like that idea because it makes me think of things that I’ve lived through. Do you follow the work or shows of other designers?

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In Paris it was more difficult because I was one of the last shows, however I don’t look at the shows until they’re over. If I’m at a cafe having a coffee, I’ll try not to look at the papers. Maybe just a few pictures. Any names? I’m interested in Vetements by Demna Gsavalia. A few days ago I saw a model on Instagram, Ingo, we’ve used him before, wearing his own clothes. A friend who works in a casting agency told me that they’d done a street casting following the concept that I’d used to find around 20 models for the show, looking for them in Milan and Florence. An Italian street casting? Absolutely, but you need a team to work on it. You said that you like the work of Ami by Alexander Matiussi… His research and the extreme simplicity of the clothes. They are pieces someone might already have in their wardrobe but it’s the ability to mix them in a certain way. When he started out he was really fresh and interesting, a bit like Sacai…. Do you like the effect of distortion as Sacai’s Kitose Abe calls it? In fact, I actually call it manipulation. Putting an error or a broken fragment on a perfect figure. Have you seen a big change in menswear? We’ve gone backwards, following the vision of some photographers. We’re in the ‘50s of Stanley Kubrick, the photographer. That photographic realism that fixed a certain type of elegance in people’s minds, the world of black and white photography from 60 years ago. Look at the ‘80s and ‘90s, like Romeo Gigli, with colours, silhouettes and materials that noone else was using at the time. If I think about the past 15 years, a certain type of cinema and culture I think of the Cohen brothers and Wes Anderson who created something super new. Sometimes by breaking with reality, sometimes creating photography of a reality without a specific moment. Always strong. How difficult is it to create something new in menswear? Very and not at all, but it’s both together. There are a lot of new materials to work with. Also pieces that have been around for a long time, coats, blouson and sporty trousers can be completely reinvented. If you use the codes well then it’s not hard. Are you interested in being on trend? Z Zegna was like that, it’s had its journey through fashion, with runway shows in New York. At that time, I was interested in it. Today I’m thinking about a new aesthetic journey, innovative, fresh, new and real. Tangible. What do you think of men’s runway shows? I like them a lot if they’re in the right context. If they tell a complete story, through the company organization, the communication, the blessing of the internal management structure. The fundamental thing is for everything to be aligned. If this is happens, the show is one of those moments. Not everyone loves catwalk shows in the same place, I like events that tell a story through lots of different elements, creating a memory. But, when you’re in a big, imposing place you leave yourself open to risks. You said that these locations help someone to get to know a city...will you follow up with new spaces? Yes, we’re super focused on the summer, but you need everyone behind you. The city needs to open its doors and be at your disposal. Designers, companies and commercial partners have to change. Making the most of the city creates something significant. A dream? There’s place I love in Milan but it’s not suitable for a show. I’m crazy about the Torre Velsaca. What do you think of the gender fluid movement? It works when a company has that type of aim, the idea of unisex. I don’t agree with it if it’s a trick just to make you watch the show from a different angle. A weak trend? For some it worked, for others it was a mistake. The latter realised that. Will we see womenswear at Zegna? I don’t think so. We love men and we want to work on a lot of other projects. You were one of the first to have a

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relationship with digital. Is it still fundamental? Yes, absolutely but with a different dynamic. In 2008/9 the bloggers arrived, they had that fresh enthusiasm. Today the rules are different. I like all the mediums that allow us to reach out to the man we have in mind, the consumer we want to dress. The ability to be able to chat on Instagram. Reveal pictures of different aspects of the hidden side of the brand, the work of the tailors, the casting. I like direct contact with people. Does the digital behaviour of women and men differ? Women are more glamorous, men less so. For women, the iconic pieces work, less so for men, it’s not totally absent but less so. It also depends on the age range. For Zegna, the show video had 2 million views. Half a million more than the last show. To be fair, I’d say that the platforms have evolved, but a number like 2 million is important. We’re telling a story in chapters. The language is in constant evolution. How has the buying behaviour of the menswear consumer changed? Buying less but better. Someone who bought 3 jackets now buys 1 or 2 but those pieces are much more significant. The function of the piece is now not the only thing to consider, now the total look and styling are important. Styling and the big ideas that help us evaluate other aspects. An everyday styling… Milan...Paris? I’m really happy to be back, even though Paris was an amazing experience. It’s great that there’s a brief, the feeling of going in a certain direction, with an incredible know-how in leather and shoes. A colossal like LVMH and a noble, family company like Zegna. For a designer, what’s it like dealing with these two different realities? In my case I don’t see the difference as I’ve had the chance to work directly with the CEO in both cases. For other designers I imagine it depends on the context of their relationships, for example if you’re part of a big group and you have to deal with 3 managers. I worked with Antoine Arnault, it’s ideal to be able to speak to the owner, it facilitates the situation and relationships. What’s the idea behind the new campaign with Robert De Niro and rising star McCaul Lombardi? It’s a conversation between people of different generations. People who have something to say and something in common, in this case a legend and a young actor, both with Italian heritage, two actors who think highly of each other. We shot the campaign with Francesco Carrozzini, using a cinematographic method, the idea was to shoot a film and every now and again take a photo. It’s the new brand manifesto: Defining Moments. Moments that change someone’s life. What’s the best compliment you’ve been given? Three nights ago, I was at a restaurant in Milan. On the table next to me was a handsome man, around 35 - 40 years old, with two friends. Blue bomber jacket, turtleneck sweater. I looked at his feet and the shoes he was wearing were the made to measure style from the show that were available immediately in store. So, to turn the questions around, I guess I complimented myself. f is for... - leonetta luciano fendi Story by Stefano Roncato Text Chiara Bottoni Photos Diego Villarreal The arches of the Palazzo della Civiltà Italiana recreated in neon lights, a Roman sunset projected through virtual images, the story of an iconic Italian maison translated into a modern vision. For one night, a corner in Manhattan’s Financial District - the Fulton Market building - is transformed into the pulsating heart of a new way of communicating with millennials. For one night, New York is the star in a story where digital meets reality, bringing a piece of Rome across the Atlantic. The launch event of F is for…, a 360 degree communications project aimed at informing the younger generations on the Dna and values of the historic Lvmh owned house through online tools and dedicated off-line initiatives makes its debut in the Big apple during New York fashion

week, shaking up the traditional fashion party circuit to reach the heart of young consumers. Generations embodied by Leonetta Fendi, third child of Silvia Venturini Fendi, Creative director of accessories, menswear and kidswear at the maison, who will be taking an active role in the F is for… project producing ad hoc content with total creative freedom. Together with Venturini Fendi, special guest of the evening, the New York party brought together a range of representatives of the young generation. Names like, Presly Gerber, son of Cindy Crawford, Roberto Rossellini, son of Isabella Rossellini, Kenia Kinski-Jones, daughter of Nastassja Kinski and Quincy Jones, as well as social media models like Kendall Jenner and Bella Hadid. “It all started a year and a half ago, when I decided to actively involve a group of young talents working at the company”, explained Cristiana Monfardini, Vice president of communications at Fendi, “the starting point was the idea of a project that would communicate the DNA of the brand through the language of millennials in a way that was in line with Fendi’s communications”. One of the key values of the house is its Roman roots, and it was in Rome that the first part of the online project took shape and can be seen at www.fisfor.fendi.com, all content will be exclusively produced in house and published gradually without any retouching or post-production. Starting from the images, the heart of the Fulgore section of the platform: a series of fashion editorials, shot exclusively with the iPhone 7, starring the millennials, portraits of iconic places and forgotten monuments of Rome, like the Garbatella or the Gasometro, wearing clothes from the latest collection mixed with vintage pieces. Rome will be the star, in this first phase, as well as in the section Freedom, dedicated to unconventional places to visit. Faces will be the space dedicated to interviews with cool names to know, while Fearless will be the area that will host the artistic content created by special guests who will have the privilege of performing on the rooftop of Palazzo della civiltà Italiana, the Fendi headquarters. “The terrace surrounding the building will act as the canvas on which the artists can freely express themselves. The first collaboration will be Boiler room”, said Monfardini. The broadcasting platform was also the star of the New York event, with live performances from a selection of artists like Metro booming, Migos, 21 Savage, Lil Uzi Vert, Jamie Jones, Abra, Keith Ape, Howie Lee, Miso and Peggy Gou not on stage but mixed in among the guests who could dance or relax in the lounge area on chaise lounge facing videos that embodied the heart of the digital project or use an app to communicate through a series of emojis custom made for the evening, sharing them with the hashtag #fisforfendi. “These kind of events will give an added value to F is for…, strengthening the digital platform”, concluded Monfardini, “the next stop will be in Asia, probably in the second half of the year”.

中文 MOSCHINO - JEREMY SCOTT 撰文:Stefano Roncato 摄影:Diego Villarreal 很突然地他就谈到了意大利电影。Dario Argento。Luca Guadagnino。 Ivan Cotroneo。«假日惊情» ( A bigger splash ) 。 Tilda Swinton。杰瑞米·斯 科特并不如我们想象中住在如万花筒般绚丽 的童话雪球里。在洛杉矶并不是只有阳光和 海洋或者他明星朋友们Katy Perry 或Rita Ora的音乐。在此开始了一段如电影般的故 事。一个美国人来到巴黎,在光之城开始了 他的生涯。在此他推出了自己的系列,此系 列九月份将迎来二十周年纪念日。绚丽多彩 的走秀,富有远见,幽默,如他为自己定义 的,他是一个«歌星设计师 —— Pop star designer»。然后是Moschino,显然,他 的到来给这家米兰时装屋带来了国际化的转 折。还有他的那句名言:时尚就是热情。 您和电影业合作过吗? 我从来没有为整部电影设计过服装。我和 Ridley Scott的兄弟—— Tony Scott合 作过,在«多米诺»电影里,在影片开始时当 她还是一个模特的时候穿着的小件衣服。我

还要教她如何走秀: “教我真正的模特如何走 猫步”。 您喜欢吗? 当然,但是需要有合适的电影。我有过很多 机会但是从来都没有合适的时机和项目。在 这段时间里我很难突然地从我的日程表之外 抽出时间来。我最近收到的一个提议是在去 年一二月份,需要在现在这段时间前完成。 但是我时间上来不及。 您觉得在Moschino工作怎么样? 棒极了! 我正在把我热爱的东西转为现实,我 没有什么可以抱怨的。 当他们联系您的时候,您当时有什么感觉? 当然我非常开心而且我是真的觉得除我之外 没有人可以胜任。我知道这听起来有点自私 但是我当时的感觉就是: “如果我不做而别人 没有把它做好,我会心碎”。因为我是如此地 尊重Franco和他的理念。我无从拒绝。我 不想表现地无礼,但我并不需要这个工作。 当时我的想法是: 我在洛杉矶有一个很好的生 活,我有自己的工作,一切顺心,但是我觉 得自己有义务接受,为了Franco,为了纪 念他所做的,值得再现的精神。 公司内部有什么反应? 对我来说,最大的赞美正是来自认识Franco并在此工作的人。他们从一开始就一起工 作,对公司非常重要。从很久以前我就不再 对每个人的看法都表示重视因为那会使人迷 失。就算是好的建议也一样。你可以认为自 己是世界之王,因为人们如此告诉你。但是 你并不是。我是 a boy from a farm —— 一个来自农场的男孩。我知道自己是谁。 您想把Moschino带到哪里? 我想把它变成从未达到的最“酷”的品牌。很 简单… 您正在努力的项目有很多,其中就有发展配 饰... 在我刚到的时候,这里还没有一个真正的 包。我把它制作出来并且现在想让这一部门 成长壮大。 时装屋的哪些标志打动了您? 我热爱每一个。有时候就像是钢琴,有些东 西你会摆弄得多一些,另外一些有时才会需 要到。现在我弹着这些音符,但是我热爱每 一个琴键。 您的灵感来自何处? 我试着把自己当成一个开放的容器。我想 象着自己热爱的东西和那些我认为可以成为 Franco世界中的标志。我试着抓住有意义 的东西,可以来自一段对话,一个玩笑,当 然也可以是一张赋予你灵感的图片。可以是 一部汽车或者天空的颜色。存在着很多神奇 的东西,能够带你走到设计的某一处。我处 在一个不断设计的流程中,一直在动,而不 是停止以后再开始。 为什么洛杉矶——您所居住的地方,变成了 一个it-place? 我个人认为,用来居住,它是世界上最美丽 的地方。我想不到还有什么别的地方有这样 的生活方式和生活质量。在洛杉矶还有好莱 坞,the land of make-believe——童 话中的世界。有人构思故事和实现幻想。这 也是我一直在做的,实现幻想。 那不是一个大城市吗,也从距离上来说? 每人看法不一样,取决于你为自己创造的环 境。例如如果你讨厌使用汽车,或者喜欢无 时无刻地走路,尽管去面包店需要走十五英 里,而且没有很多的人行道,那好吧,这里 不是你该待的地方。我不经常开车,但是我 喜欢开车,没有任何问题。我在一个农场里 长大,我五岁的时候就开过拖拉机,六七岁 的时候就骑过摩托车。 您的工作室是在那里吗? 是的,我的还有一部分Moschino的。实 际上来说是两个办公室,由一堵墙隔开。是 一个分开的旧仓库。我的办公室在一边,然 后,为Moschino工作的两个月前,隔壁的 地方空下来了。我当时想: “也许我应该把它 拿下来”。 您和科技的关系是怎样的? 和其他人一样,如今是一个正常的工具。我 没想过,司空见惯了。我还是喜欢和人面对 面地对话。 您是第一个采用 see now-buy now(看到 就买)这个方式的,就在您为Moschino推出 的首个系列中… 我是第一个采用它的,为了在走秀后马上可 以购买到。当你迫切地想要一件服饰时很有 效。但是并不适用于所有的情形。不用我来 告诉你哪里可以找到黑色运动衫。 有一段时间,在纽约人人都讨论这个,那不 是一个如今已经不再如此重要的营销手段吧? 我有一点传统。我喜欢创作和分享的神奇。 然后看人们如何反应。有什么情绪? 是的, 热情。时尚就是热情。我们不需要更多的服 装。世界上已经有足够我们穿戴一生的服 装。我们需要能够吸引我们的服装,对其渴 望,为其兴奋不已,对其爱不释手,吸引我 们去购买实际上并不需要的东西。 您一直都是一个开拓先锋吗,就如同为Adi-

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das做的一样? 是的。山本 (耀司, 编者按)也是,而且在我之 前。我从2001年开始,先为Adidas做了一个 鞋的项目,一年半后为凯斯·哈林基金会设 计了一件运动服和鞋子。两年后,在我自己 的系列里我设计了第一双翼鞋。 您认为,时尚就是热情。但是,您很聪明地 猜到了这两种现象,这是本能还是策略? 如果要看它们有什么共同之处,就是我想把 自己奉献给大众的意愿。以Moschino来 说,走秀后人们还需要等待六个月才可以购 买。我无可救药地希望可以让他们参与。为 Adidas工作时,我还是一个年轻自主的设计 师,凡事都由自己完成,一直持续到一年半 前当我开始为Aeffe设计的时候。自主的代 价是你的成本很高,我的作品比我希望的要 贵。Adidas问我是否对长久合作感兴趣,我 受宠若惊。我可以设计服装并且把我的理念 传给更多人。如今已经证实了人们热爱有意 思的东西,想要从这些独特的物品中得到乐 趣。只需要便宜一点。不需要花费两个月的 房租。很幸运我的作品取得了成功,它们都 是我的心血。 您有很多的缪斯和形象朋友,如Carlyne Cerf de Dudzeele … 是的,在Moschino以前我们就开始一起合 作了。 你们是在她和Chanel合作的时候遇见的吗? 是在那之后,大概六七年之后。她在Chanel工作的时候我们并不认识。然后,她从 时尚界消失了一段时间,而我则逐渐成名。 当她重新出现的时候,她来找我,说: “我热爱 你所做的,我想要穿着它们。我想认识你”。 我没有为他工作过,意思是我不是他的员 工。我为他跟进了一些摄影照片的造型,但 我不认为那是一份工作。我感到非常荣幸能 够在他工作时观察他,能够在他跟进试装时 同在一张桌子上。他是一个象征,一位大 师。我对其有着美好的回忆。 关于音乐呢? 我认识很多音乐家,我认为他们比演员有意 思,因为是真实的人物。他们工作的一部分 就是夸大他们的性格。女演员们每次见到都 不一样,有时候很酷,有时候有点无聊。我 很热情地致力于服装设计,而她们没有这种 乐趣。她们真的不知道该怎么穿我的衣服。 如果别的设计师打扮她们的话会更好些,我 有自己的流行音乐歌星需要打扮,她们知道 该怎么穿。最终我是一个流行音乐歌星设计 师。 旅行有时是很有意思的,可以使我们认识很 多人。我热爱向更多人展示我的时装秀,而 且在世界各地我们有如此多精彩的粉丝。 我是如此地幸运,能够成为人们城市的一部 分。我在巴黎与一位美国同事开始了我的职 业生涯。我对法国人总是特别热爱。 您是怎么开始的? 我从大学毕业时就知道自己想加入时尚世 界。我会说一点法语,因此更愿意去巴黎, 而不是意大利。我去找过类似实习的工作, 一份正式工作是难以企及的。实习对我来说 足够了,如果能够与我佩服的人在同个房间 里工作,就算是从地下捡大头针也可以。作 为美国人,所有的一切都更复杂。有一段时 间我很受挫,但仍然充满激情和精力。所以 我决定了, 为什么不举办我自己的时装秀呢? 它就这样发生了。然后,一季又一季,我来 到了我的二十周年。就是今年九月份。一想 到它,我就起鸡皮疙瘩。 您同时也从中得到乐趣吗? 是的。如果你把这些事情写在纸上而有人告 诉你这些将会发生在你的身上,你可能会感 到害怕。但是在你年轻的时候,热血方刚, 甚至还有点傻气,你会义无反顾地去做。我 需要表达自己,热切渴望着分享我内心的感 觉。对我来说工作就是沟通。一个人很难记 住他在19岁的想法。我知道自己很想与大人 物们在同个房间里工作,那些通过他们所做 的事物给予了我很多快乐的人物。我想以德 报德。 有设计师或者品牌给了您灵感吗? 很多。例如Rudi Gernreich,他和Peggy Muffitt合作了很久。他让我意识到, 一个美国设计师不一定非要设计运动服,或 者不一定非要遵循美国设计师的传统工作。 如今也许不一样,但是当我上学的时候,大 家只会谈论Ralph(Lauren,编者按) ,Calvin(Klein,编者按),Donna (Karan,编者按)。我认为遵循默认的路 径来成为一位美国设计师是很无聊的。这就 是为什么我一直喜欢欧洲设计师。 其中也有您最喜欢的… 他们都是拥有各自独特性格的设计师。我喜 欢Saint Laurent先生、Courrèges先 生、Rabanne先生的一些作品。我欣赏很 多设计师的作品,特别是那些拥有自己观点 的设计师。你一看照片就知道这是他们的设 计。现今你浏览网站,看过15场时装秀后, 发现它们都很相似。这不是我原来的世界,

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也不是我所爱的或者我想归属的世界。也不 是我所创造的世界。 创意vs.商业。您有业务上的压力吗? 它不会影响我。我知道我的工作是给予人们 灵感,影响他们的生活,为他们带来一点美 丽,一个信息或者阳光。我试着记住什么是 我的目的。就是这样。 ERMENEGILDO ZEGNA - Alessandro Sartori 撰文:Stefano Roncato 摄影: Daniel Beres 体验。体验一段涉及多个感官,刺激心神的 旅程。Alessandro Sartori在Ermenegildo Zegna的新旅程来自这段理念,为 此首次亮相就举办了一个盛大的活动,这次 活动与其说是一场走秀,倒不如说是一个故 事的阐述。当然是关于服装的,然而也是艺 术,携着想象中的虚拟场景,伴随并诠释着 男装的演变,在演变中Sartori自己也扮 演过一个重要的角色。刚开始在Zegna, 然后在巴黎Berluti经历的五年,在那里 他推出了一个还未有的,男式优雅的观点, 精致而珍贵。如今,新的合作,新的挑战。 在此开启新的篇章,重新审视品牌的灵魂。 在店里提供快速定制服务,开放品牌的虚拟 大门,和消费者直接沟通。和他讨论在男装 世界发生的事情非常有意思。创新很难吗? « 很难也不难。两者都有。需要结合大量的素 材»。我们不该止于他自然优雅的姿态。他 有着细致的注意力,从不大声叫嚷,磁性并 富有内涵。他知道自己在说什么并且以事实 来证明。他以其无声的智慧开始一场无声的 革命。 您首次亮相的反响是怎样的? 非常好。他们欣赏的是新的外观、新的公司 策略以及我们将在通讯上所做的努力,这些都 将走向一个清新、Zegna式以及有意思的方 向。观点已经通过了。不管是在外观上 —— 那个在剪裁和新的精加工里有着复杂材质的 时装、运动装、户外装世界, 还是在公司策略,视觉和通讯上。 您说您终于成功地把三个品牌转变成了一个 品牌的三个系列? 这个现代意大利式的生活风格不再仅仅指向 一个特定人群,而是指向人们一天生活中不 同时段的组合,我们的三个系列可以完全令 其满意。此三个系列代表了同个品牌内同个 消费者的三个时段。 你们的消费者是哪些人? 没有特定年龄的国际客户。来自不同的种 族,有着不同的社会背景,共同拥有其个人 风格以及对美好事物的热爱,具有特定价值 观的真正消费者。 您在Berluti工作时,推出了一种在当时还 未存在的,新的精致男式优雅 … 现在情况不同了。街头风影响了整个时装 界。也因为剪裁的改变,可以更自由地混 搭,而且如今的一些穿着方式也跟五年前不 一样了。我们正处于一个著名的,开启新篇 章的时刻。如今的方式更生活风以及更个 性化,不再是一个固定的风格,而是一种姿 态。运动和剪裁的组合不是在一件特定的服 装上,而是在轮廓上。一位在办公室工作的 精英男士更开放,能用旧西装与T恤,运动衫 和印花混搭。同时整个运动装界火了。 您创作的方法是什么? 我们先从寻找图片或者感觉开始。一个象徵 或者轮廓。作为参考对象的客户们一直在进 步。比起英俊的男士我考虑的是一个美好的 性格,有着强烈和特别的表情。不是90年代 的顶级男模,而是优雅博学,有着美好外表 和风格的人物。可以是20岁或者60岁,来自东 京或者米兰。这就是我们的背景面貌。工作 室一半由挂着的大量人物照片组成,类似一 种脸孔样版(face board) 。另一面则跟随 季节潮流。就如同在做一个大拼贴…先从外 观和风格开始,然后再设计服装。 您有什么外观上的执着吗? 坚持逃离复古式。相反地,五年前我对其非 常感兴趣。 所以您也改变了吗? 每次当我看到一件给我那种感觉的服装或者 布料的时候,我就会逃离。我们织出特别的 提花面料就是为了以不同的方式诠释男式 图案。也许对某人来说,盘弄一个好看的威 尔士格纹就算是创新。而我并不喜欢这个图 案,因为它让我联想到已经见过的东西。 您观看别人的作品或者走秀吗? 在巴黎的时候很难,因为我差不多是最后一 个走秀,不过我不看走秀因为那些还不是完 成的作品。如果我是在酒吧喝咖啡,我会 试着不在报纸上看它们。我对一些品牌感兴 趣,不过不是那么执着地要看,我不看所有 的造型,也许只看三张照片。 可以指几个名字吗? 感兴趣。几天前在Instagram出现的一个

模特,Ingo, 就是由我们使用并且穿着她的 服装。一个在选派演员公司工作的朋友对我 说,她们沿用了我的概念做了一个streetcasting,就如我在米兰和佛罗伦萨找了 二十几个模特,做的演出一样。 一个意大利式的streetcasting? 绝对是的。但是需要一个团队来为此工作。 您说过喜欢Alexander Matiussi的Ami? 我喜欢她的研究和极致简约的服装。那些是 我们衣柜里已经拥有的服饰但是她有把它们 以另外一种方式拼凑起来的能力。作品出来 以后非常清新和有意思。然后是Sacai… 就如Kitose Abe自己声称的,您喜欢那种 失真效果吗? 事实上,我把它叫做操纵。把一个错误或者 一个碎片放在一个完美的图形里。 谁在男装的大变化中留下了轨迹? 如果我们往回看,是一些摄影师们。50年代 的摄影师,Stanley Kubrick,用其照相 写实主义在人们的脑海里固定了一种优雅, 那个60年前的黑白照片世界。如果是80和90 年代,我绝对会说是Romeo Gigli,用了 那个年代无人使用过的色彩,轮廓和素材。 如果是最近15年某些电影和文化的话,我会 说Cohen兄弟,还有创造非常新颖的Wes Anderson,有时候打破常规,有时候是 真实但是没有具体时间的照片,但是全都非 常强烈。 在男装中创新有多难? 很难也不难。两者都有。需要结合大量的 素材。就算是长久以来众所周知的服装如大 衣,夹克衫或者休闲裤,都可以全然重新创 作。如果一个人把规律使用得好的话,那一 点都不难。 您对成为时髦品牌感兴趣吗? Z Zegna曾经是,它以在纽约的走秀经历了 时髦品牌的路程。那时我对其有兴趣。如今 我考虑的是一个清新,新颖和真实的创新审 美路程。可以触摸得到的。 您对男装走秀有什么想法? 我很喜欢。如果我是在一个整体故事的场景 内的话。包含了公司的参与,通讯以及和总 裁和经理们的共同目标。第一点就是要保持 同步,如果可以实现的话,走秀就可以成为 这样的时刻。我并不热衷大家都在同个地方 走秀,我喜欢的走秀是一个以很多元素来讲 述故事的活动。为人们创造回忆。但是当你 使用一个大型的、炫丽场地的时候,你也担 着风险。 您说过这些场所将有助于你们认识城市,您 将会使用新的地点吗? 是的,在夏天时我们活跃极了。但是需要所 有人的努力。城市必须给予协助,为我们敞 开大门。设计师,公司和商人需要改变,利 用城市来创造有意义的事物。 您的一个梦想? 我喜欢米兰的一个地方但是不让走秀。我热 衷于维拉斯加塔(Torre Velasca)。 您对性别流体有什么想法? 当公司有那种宗旨时是有效的,那种男女皆 宜的电影。相反地,如果是为了让人用另一 个镜头去看走秀的手段的话,那我不认可。 如今这个现象不再那么重要了? 有人认为是 的,有人认为不是的。 我们将会看到Zegna的女装吗? 我认为不会。我们热衷于男装并且还想进行 更多的项目。 您是第一批与数码有良好关系的人。它仍是 必不可少的吗? 是的,绝对是的,但是应以不同的方 式。2008-09年来了博客们,他们有从0开始的 热情。如今的逻辑是不同的。我对所有能让 我们与想象中的人,想要打扮的最终消费者 取得联系的形式感兴趣。对于能在Instagram的聊天线上给人写几句,显示无人知 晓的方面,裁缝的工作以及选角的照片。我 珍惜与人们的直接接触。 关于数码,男人和女人的态度有不同吗? 女士们更时髦点,男士们差点。女士们更 关注标志性服饰。男士们少点,不是说不关 注但是少点。在年龄方面也不一样。对于 Zegna,我们走秀的视频有两百万人次观 看,比前次多出五十万。为了公平起见,我 会说这五十万在不断发展,但是两百万是一 个重要的数字。我们以分段式讲述了一个故 事。语言也在不断发展。 男性消费者的购买行为有什么改变? 买得少了但是更好了。以前买三件夹克的 人,现在买一件或者两件。这一件更有意 义。然后它的功能不再单一。如今造型和风 格非常重要。造型和大量图像的建议导致我 们考虑到其他方面: 一个“每日造型” … 米兰...巴黎? 我很高兴回来尽管在巴黎拥有过不平凡的经 历。 我很高兴建立了这个联系,大家精力十 足,向着某一方向前行。获得了关于皮具和 鞋履的丰富知识。 一个如Lvmh集团的金融巨头和一家如 Zegna时装屋的知名家庭式公司,对于一位

设计师来说,该如何应对这两个现状? 以我的情形来说没有区别,我跟两家公司合 作时都是直接跟总裁对接。对别的设计师来 说,我可以想象那将取决于两者的合作关 系,例如当你为一个大集团工作,要通过三 位经理时。我当时是和Antoine Arnault 合作,很平和,因为和老板直接对接,对于 两者之间的局面和关系都更实用。 Robert De Niro和后起之秀McCaul Lombardi一起拍摄的新广告片代表了什么? 代表了不同年代人之间的对话。拥有共同 话题和相似之处的人物,确切地来说,是 一位传奇人物和一位年轻的演员,都有意 大利人的血缘,彼此欣赏。由Francesco Carrozzini以拍电影的方式拍摄。意欲拍 摄一部电影并间或拍摄照片。这是品牌的新 形象,被命名为Defining moments (决定 性时刻) —— 能够改变人们生活的时刻。 您收到的最好的称赞是什么? 三天前,我在米兰的一个餐厅晚餐,在邻桌 有一位35-40岁左右的英俊男士和他的两个朋 友。他穿着蓝色飞行员夹克和高领毛衣。我 看到他脚上穿着的鞋子正好齐备了从秀场上 直接进入店面的定制造型。那双鞋子来自刚 刚举办过的走秀。我用另外一种方式回答你 的问题,我自己称赞了自己。 芬迪– F is For... f is for... - Leonetta Luciano Fendi 撰文:Stefano Roncato - chiara bottoni 摄影:Diego Villarreal 由霓虹灯再现的意大利文明宫拱门,通过虚 拟图像的投影展现了罗马的落日,这就是意 大利制造的标志性时装屋,以现代方式诠释 其故事。当晚,一座位于曼哈顿金融区的建 筑——Fulton富尔顿市场——变成了一 个拥有与千禧一代沟通新方式的活跃中心。 当晚的纽约是主角,在这段数码遇到现实的 旅程中,向海外展示着罗马的一角。“F is For...” , 一个可以在此360度沟通的项目, 其目标为通过在线方式和特定的离线计划向 年轻一代传达LVMH集团时装屋的价值观与 遗传基因。“F is For...” 开展举办于纽约时装 周,影响着时尚派对的传统场所并且震撼了 新一代消费者的心神。Leonetta Fendi代 表了新一代时尚,她是Silvia Venturini Fendi的第三个女儿,Fendi时装屋里的时 尚配件、男装与童装的创意总监,她将积极 地参与“F is For...”项目,以其完全自由的设 计方式提供特制内容。 和当晚特邀嘉宾的她一起,一些年轻 一代的代表也参加了派对,其中包括 了Cindy Crawford的儿子Presly Gerber,Isabella Rossellini的儿 子Roberto Rossellini,Nastassja Kinski和Quincy Jones的女儿Kenia Kinski-Jones,以及模特Kendall Jenner和Bella Hadid。«一切都始于一 年半前,当时我决定让公司有才华的一群 年轻人更积极地参与项目»芬迪通讯副总裁 Cristiana Monfardini如此解释。«出发 点是制作一个创新项目,通过千禧一代的语 言方式来传达品牌的遗传基因并同时保留芬 迪的沟通方式»。时装屋的主要价值观之一是“ 罗马化”,在线项目的第一步就始于罗马,正 如您可以从www.fisfor.fendi.com网站 看到的,其独家和自主生产的内容将逐渐加 载,无需修饰也无需后期制作。图像是其分 支平台—— “Fulgore” 的核心部分: 一系 列只使用iPhone7拍摄的时尚照片,这些照 片的主角们来自千禧一代, 穿着混合复古服 饰的季节性服装,取景于罗马的关键场所以 及不常见的地方(例如罗马的Garbatella 地区或者Gasometro —— “煤气鼓”)。罗 马是这个项目第一阶段中的主角,也是另一 个分支平台Freedom —— “自由” 的主角, 专门针对非传统地方的访问提示。“面孔” 将 成为最“酷”人物的采访的空间平台,“无畏” 则收集了特别嘉宾在芬迪总部——意大利文 明宫屋顶的艺术表示。 «围绕着宫殿的露台 将成为艺术家们可以自由表达自己的画布。 首次合作就是与" Boiler Room "进行的» ,Monfardini如此强调。广播平台在纽 约活动中也扮演了主角,在此期间一些艺术 家现场演出,他们并不上台而是泯于宾客之 间,其中有Metro Boomin,Migos,21 Savage,Lil Uzi Vert, Jamie Jones, Abra, Keith Ape, Howie Lee, Miso 和 Peggy Gou。 客人可以跳舞或者在贵宾室休息,倚在 躺椅上,面向数码项目的屏幕投影,也 可以使用一个app以及为当晚特别制造的 emoji来互相沟通,在社交平台用官方标 签#fisforfendi来分享各种内容。«这类活 动将赋予“F is For... " 更大的价值,使数字平 台内容更丰富»Monfardini如此总结。«我 们的下一步将是亚洲,大概就在今年下半年».

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