Mff79 novembre 2015

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Magazine For Fashion

n. 79. novembre 2015. Solo in abbinamento con MF/Mercati Finanziari - IT Euro 5,00 (3,00 + 2,00) trimestrale

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Supplemento al numero odierno di MF/Mercati Finanziari. Spedizione in abbonamento postale L. 46/2004 art. 1 C. 1 DCB Milano

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Massimo Giorgetti e una modella in Msgm. Foto CĂŠcile Bortoletti

Massimo Giorgetti @ MSGM

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Dao-Yi Chow e Maxwell Osborne con due modelli in Public school. Foto CĂŠcile Bortoletti

Dao-Yi Chow & Maxwell Osborne @ PUBLIC SCHOOL


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the wowness Marjan Pejoski @ KTZ

Marjan Pejoski con sette modelli vestiti Ktz. Foto CĂŠcile Bortoletti


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Chitose Abe tra due modelle con look Sacai. Foto CĂŠcile Bortoletti

Chitose Abe @ SACAI


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Simon Porte Jacquemus e due modelli vestiti con look della sua linea. Foto CĂŠcile Bortoletti

Simon Porte Jacquemus @ Jacquemus

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Foto Stefano Roncato

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MFF-Magazine For Fashion | 29

Rodarte

Xiaoyan Li

Manish Arora

Chanel

Antonio Marras

Luisa Beccaria

Ashish

Anna Sui

Saint Laurent

Louis Vuitton

Ermanno Scervino

Dolce & Gabbana

Miu Miu

Moncler gamme rouge

openview

the wowness by STEFANO RONCATO

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Gucci

The blonds

Ci vogliono teste, menti preziose. Determinate, veloci, acute. Pronte a dare quel nuovo brivido al mondo fashion in un momento in cui qualche cambiamento è atteso. Banalmente comprensibile quanto fondamentale. Guardandosi intorno a volte sembra essere in stallo, cristallizzati o eternamente in un loop. Si sentono parole, propositi commerciali, analisi stilistiche e mega strategie manageriali. O il nulla, con quel vuoto assordante. Filtrato, nei secoli dei secoli, da imperatrici della comunicazione incastonate nell'edonismo. Ronf, ronf, ronf. È vero che arriva Zoolander 2 ma la storia infinita è finita. Sotto il vestito, c'è qualcosa. Il mercato è cambiato, le regole sono mutate, l'attitude deve per forza adattarsi. Se serve, chiamare il tecnico per risintonizzare il decoder. Per chi non se ne fosse ancora accorto, siamo nel 2016, stagione primavera-estate. E questo numero di MFF-Magazine For Fashion parla dell'oggi. Del now, dell'adesso. Di chi ha già metabolizzato quello che lo circonda facendo la differenza. Con un progetto di shooting speciali, con cinque diverse cover con quelli che sono alcuni protagonisti che stanno lasciando il segno in tutto il mondo. Hanno il wow factor, quella dote magica che nasce con loro e che li rende speciali. Dal Giappone di Chitose Abe con Sacai passando a Massimo Giorgetti di Msgm, anima creativa anche di Pucci. Il nuovo cantastorie Simone Porte Jaquemus a Parigi e il graffio londinese di Marjan Pejoski per Ktz. Fino alla New York story di Public school con Dao-Yi Chow e Maxwell Osborne, alla guida anche di Dkny. Easy, immediati. Senza filtri, per questo premiati dal mercato, compresi al primo sguardo. La bellezza salverà il mondo, diceva Dostoevskij, il talento salverà il mondo della moda. Basta metterselo in testa.

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32 | MFF-Magazine For Fashion

contents spring-summer 2016

28 e 29

Stefano Roncato

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42

44 e 45

50

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frontrow

60

ludovica tofanelli

54 a 59

azzedine alaĂ?a bienvenew

52

francesca manuzzi e angelo ruggeri

giampietro baudo

46 a 48

openview facecool

62

64

francesca manuzzi

conversation with Demna gvasalia

66 a 71

pierre naide

conversation with alexandre allard

il finale di kenzo

chiara bottoni

au revoir

francesca manuzzi

kei ninomiya

primo liguori

marta marques & paulo almeida barbara gallino

phillip lim

francesca manuzzi

massimo giorgetti @ msgm

stefano roncato e cĂŠcile bortoletti

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contents spring-summer 2016

72 a 77

78 a 83

84 a 89

90 a 95

96 a 103

dao-yi chow & maxwell osborne @ public school

stefano roncato e cécile bortoletti

marjan pejoski @ ktz

stefano roncato e cécile bortoletti

chitose abe @ sacai

stefano roncato e cécile bortoletti

simon porte jacquemus

116 e 117

118

stefano roncato e cécile bortoletti

stefano roncato

120 e 121

un momento di hogan

portrait di femminilità 3.0 diane pernet e sonny vandevelde

paris decadence discovering the louis vuitton new atelier juergen teller

112 a 114

@ jacquemus

first row

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104 e 110

the shop five

francesca manuzzi e michela zio

quick chat

angelo ruggeri

top of the tops angelo ruggeri

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contents spring-summer 2016

122

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video awards

angelo ruggeri

a-venue

francesca manuzzi 126 e 127

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accessor-hype

angelo ruggeri

groom service

francesca manuzzi 130 a 139

the best

prada chanel gucci valentino

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dolce & gabbana christopher kane n째21 maison margiela givenchy tom ford 141 a 156

il finale di peter pilotto

trends

life in plastic coachella rave bedtime stories sexy army tribal in b/w liberty 70s the net talking heads red latino

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38 | MFF-Magazine For Fashion

nella foto sopra, il finale di rodarte

in covers

contents spring-summer 2016

massimo giorgetti e una modella vestita msgm

dao-yi chow e maxwell osborne con due modelli vestiti public school

marjan pejoski con sette modelli vestiti ktz

chitose abe tra due modelle con look sacai

simon porte jacquemus e due modelli vestiti con look Jacquemus

servizi di stefano roncato. foto cĂŠcile bortoletti

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facecool people

Sita Abellan WORK: model & dj / FOR: monster / WHERE: milan Spagnola d'origine, Sita Abellan vive a Milano ma viaggia per il mondo. Per fare la modella e la deejay (una delle sue ultime performance è stata al party esclusivo della Vogue fashion Dubai experience di Vogue Italia a Dubai). Ama cambiare il colore di capelli: biondo, rosa e blu sono le sue tinte preferite. E soprattutto ha un viso che non si dimentica, grazie anche all'intensa attività sui social network. Il suo profilo Instagram, infatti, conta più di 146 mila follower ed è proprio grazie ai selfie quotidiani che, qualche mese fa, è stata scelta dalla popstar Rihanna come protagonista del videoclip del brano Bitch better have my money.

Yosuke Aizawa WORK: fashion designer / FOR: white MOuntaineering / WHERE: tokyo Il prossimo gennaio, a Firenze, sarà il protagonista del Designer project di Pitti immagine uomo numero 89, in collaborazione con Adidas Originals, con cui realizzerà uno special event in cui i codici del marchio tedesco di sportswear verranno reinterpretati dall'anima di White Mountaineering, brand streetstyle giapponese che ha fondato nel 2006 e che continua a dirigere. Yosuke Aizawa, classe 1977, dopo la laurea in product and textile design presso la Tama art university di Tokyo, ha iniziato la sua carriera nella moda. Con il suo marchio e con un portfolio di collaborazioni doc, tra cui quella con Moncler nel 2013 per Moncler W.

Dorotea Doma WORK: jewelry designer / FOR: herself / WHERE: frankfurt È cresciuta in una famiglia creativa a 360 gradi, respirando fin da bambina arte, moda e design. I suoi gioielli hanno impreziosito la collezione maschile spring-summer 2016 del designer Damir Doma, suo fratello. Oggi Dorotea Doma abita e lavora a Francoforte. Dopo gli studi in design di gioielli sia in Germania che in Italia, ha cominciato la sua carriera lavorando presso l'Atelier Elf ad Anversa e nell'ufficio creativo di Florian Ladstätter a Vienna. Nel 2012 arriva la decisione di lanciare la sua label eponima. Scandita da collezioni che raccontano un mondo parallelo, spirituale. Perché per lei ogni gioiello è un concentrato raffinato di emozioni.

Achim Freyer WORK: artist / FOR: himself / WHERE: berlin Non è sicuramente un nome nuovo, ma è un nome geniale. Achim Freyer, visionario artista tedesco classe 1934 che fu pupillo di Bertolt Brecht, torna al suo primo impiego: disegnare calzature. Dopo decadi di carriera contrassegnata da successi tra arte, scenografia, costumi e regia teatrale, rimescola i canoni. Con un progetto che pone al centro l'arte come feticcio al 100%. Ne nasce una collezione di scarpe scultura, dipinte come opere neo-espressioniste. Saranno disponibili dal prossimo febbraio in tre linee: la Blue collection, premium con prezzi accessibili, la Red, di pezzi personalizzati, e la Black, che supererà i 10 mila euro.

Kaia Gerber WORK: model / FOR: img / WHERE: new york Ha 14 anni, è castana, carina. Nulla di strano. Se non che è già apparsa su Vogue Italia come protagonista di un fashion shooting di Steven Meisel, su CR fashion book, fotografata da Bruce Weber e a soli 10 anni è stata il volto della campagna di Versace Young. Kaia Gerber è la fascinosa e super-cool figlia della über model Cindy Crawford, idolo degli anni 80. Nata dal secondo matrimonio della Crawford con Rande Gerber, post Richard Gere, Kaia Gerber ha firmato lo scorso luglio un contratto con l'agenzia di modelle Img e si prepara a diventare una nuova piccola leggenda. Tale madre, tale figlia.

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MFF-Magazine For Fashion | 41

Dieci personaggi cool, hot names italiani e internazionali. Giovani imprenditori, designer eclettici, it-people e nuovi creativi, finiti sotto i riflettori. Da tenere d’occhio, perché stanno mettendo la loro firma nel fashion business. Un giro del mondo alla ricerca dei volti più interessanti dell'universo della moda. Francesca Manuzzi e Angelo Ruggeri

Davide Marello WORK: creative director / FOR: boglioli / WHERE: milan L’amore per il tailoring gli è stato trasmesso, sin da bambino, nella sartoria della nonna. E tra le sue passioni, come la fotografia d’epoca e la pittura del Ventesimo secolo, trionfa quella per la città di Milano. Con un passato da designer nell'ufficio stile di Giorgio Armani e di Gucci, dove si è occupato per molti anni del menswear formale, Davide Marello approda alla direzione creativo di Boglioli per le collezioni uomo, donna e accessori. Per ammirare le sue prime creazioni per il marchio che fa capo al ceo Giovanni Mannucci, al fondo Wise e ad Andrea Perrone, bisognerà attendere le passerelle di Milano moda uomo a gennaio 2016.

Tupac Martir WORK: Creative Technology & Art / FOR: himself / WHERE: london Multimedia artist, visual designer e creative director, specializzato in light design. Più semplicemente, come è stato definito dagli esperti di Wallpaper: «Il mago delle luci». Con le sue soluzioni creative che interlacciano, arte, design e tecnologia, Tupac Martir ha collaborato per Beyoncé, il Coachella festival, il V&A museum, il British museum o Nike. I primissimi passi sono stati con la moda, ai tempi di Lee McQueen. Liaison che sta continuando anche oggi, visto che cura progetti per Alexander McQueen, Moschino, Emilio Pucci, Gucci, Thomas Tait e Msgm. Il futuro prossimo? Curerà il lancio di una fondazione e lancerà una collezione di luci.

Guo Pei WORK: fashion designer / FOR: herself / WHERE: beijing Sarà la prima designer cinese a entrare nel calendario della Haute couture di Parigi, il prossimo gennaio. Guo Pei ha studiato fashion design alla Second light industry school di Pechino. E nel 1997 ha presentato al pubblico la sua prima collezione: abiti scenografici, realizzati completamente a mano, che raccontano il fascino irresistibile dell'Oriente. Creazioni cinematografiche e opulento che l'hanno portata a vestire Lady Gaga o a collaborare con Mac per una capsule spcecile. Fino a creare per Rihanna il maestoso mantello brodée, indossato per il red carpet dell'ultimo gala del Metropolitan museum of art di New York.

Emmanuel Pierre WORK: illustrator / FOR: Hermès / WHERE: paris Classe 1958, Emmanuel Pierre è nato a Paramé e dopo un'esperienza presso il Muséee d'art et métiers di Parigi ha votato la sua vita all'illustrazione e alla produzione di oggetti speciali. Il suo primo disegno pubblicato è da datare 1984, ma nel suo curricula compaiono progetti per Marie Claire, il New Yorker e il National post, oltre ad aver illustrato circa 250 libri e una carrellata di progetti che ruotano attorno al mondo della maison Hermès. Ultimo, il catalogo della mostra Wanderland_ Dans l'oeil du flâneur, che, sotto la direzione artistica di Pierre-Alexis Dumas, racconta la figura del flâneur, un fascinoso gentiluomo errante.

Jill Wenger WORK: founder & ceo / FOR: totokaelo / WHERE: seattle - new york Jill Wenger, 38enne cresciuta a Houston in Texas, ha una laurea in business e studi di grafica tra Irlanda e Australia. Ma non soddisfatta; e così nel tempo libero dal lavoro di visual coordinator da Anthropologie di Seattle scrive un business plan che mette in atto nel 2003 quando chiede ai nonni 20 mila dollari per aprire Impulse, uno store di 65 metri quadrati in un seminterrato a Fremont, zona riqualificata nei 90 di Kurt Cobain. Oggi quel negozio si chiama Totokaelo, è decuplicato ed è online. Ha aperto a New York a settembre e fatturerà 17 milioni di dollari nel 2015, che permetteranno gli opening a Tokyo, a Seoul e nella vecchia Europa.

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valentino & versace

ON STAGE

Exhibition speciali, processi di quotazione, anniversari blasonati e capsule iconiche, progetti nel real-estate e rivoluzioni di labelling: ecco come sta cambiando il fashion system. Ludovica Tofanelli

Front ROW

Due matricole made in Italy scaldano i motori per la quotazione, con una tempistica che potrebbe rivelarsi decisamente stretta. Il fondo Mayhoola, in tandem con Rothschild, sta valutando di portare la maison Valentino, prossima al raggiungimento del miliardo di euro di fatturato, verso la quotazione mettendo sul mercato tra il 25 e il 35% del capitale già entro la prima metà del 2016. Stesso iter per casa Versace, pronta a chiudere il 2015 con un fatturato di 640 milioni di euro, in crescita del 16,6%, e un ebitda a +18%. In questo caso l’ipo miliardaria, prevista non più tardi del 2017, vedrebbe la griffe della Medusa valorizzata intorno a 1,14 miliardi di euro.

fendi

Roma mon amour. La dichiarazione d'amore della maison Fendi per la Città eterna non è mai stata così forte come quest'anno. In primis il progetto di restauro, e il trasloco dell'headquarter, all’interno del Palazzo della Civiltà italiana all'Eur. Il restauro, completato, della Fontana di Trevi. Poi l'apertura di Palazzo Fendi, in largo Goldoni, tra store, suite extralusso, residenze private (nella foto) e il ristorante Zuma. Dulcis in fundo, la seconda tappa del progetto Fendi for Fountains: dopo il restauro del complesso delle Quattro Fontane nel 2016 toccherà alle fontane del Gianicolo, del Mosè, del Ninfeo del Pincio e del Peschiera.

ralph lauren

RL Icons ovvero quei capi evergreen che hanno punteggiato la storia di stile, al femminile, di Ralph Lauren (nella foto). Lo stilista Usa, che si prepara a festeggiare il 50esimo di attività, ha infatti voluto racchiudere in un unico progetto i suoi must estetici perché: «Le cose che considero più preziose non hanno età, stagione o trend... Sono frammenti di stile, uno stile destinato a durare negli anni». E scandito da blazer maschili, da knitwear deluxe, da semplici camicie in bianco immacolato o da un semplice smoking. Tasselli di un universo che oggi genera un fatturato di 7,451 miliardi di dollari.

Matteo renzi

La moda italiana inizia a fare squadra e a consuitare l'attenzione del Governo. In primis grazie a un maxi-piano di sostegno, visto che dei 261 milioni di euro destinati al made in Italy circa 36 milioni saranno dedicati alla moda italiana e 50 milioni saranno destinati al potenziamento delle fiere. Ma non solo, perché il viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda ha annunciato la nascita di un board di esperti dedicato al settore che verrà presentato in apertura dell'edizione di febbraio 2016 di Milano moda donna. Edizione di sfilate che avrà un padrino d'eccezione: il premier Matteo Renzi (nella foto sopra durante una sfilata, a Firenze, di Ermanno Scervino). Che darà il via alla kermesse ricordando l'importanza di un settore che nel 2015 dovrebbe crescere del 5% circa toccando quota 74 miliardi di euro di giro d'affari.

Met-Metropolitan museum of art

burberry

Grandi manovre in casa Burberry. Il gruppo inglese, guidato dal ceo e direttore creativo Christopher Bailey e che ha chiuso il primo semestre dell'esercizio fiscale con ricavi a quota 1,11 miliardi di sterline, ha annunciato un grande piano di riassetto che porterà all’unificazione, entro la fine del 2016, delle tre collezioni Burberry Prorsum, Burberry London e Burberry Brit. Saranno radunate sotto un unico label, Burberry (nella foto uno store) che garantirà una visione unitaria dell'universo estetico del brand.

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«Manus x machina: fashion in an age of technology», ovvero un dialogo tra la moda e il mondo futuribile della robotica. Dal prossimo 2 maggio le sale del Costume Institute del Met-Metropolitan museum of art di New York saranno infatti animate da una grande exhibition giocata sulla dicotomia tra la moda couture, realizzata a mano, e quella tecnologica, che prende vita dalle macchine (nella foto una storica performance di Alexander McQueen). Sotto i riflettori più di 100 capi oltre a un focus sulle lavorazioni hi-tech, tra cui la stampa 3D degli abiti.

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backstage

azzedine alaÏa «Lavorare con le donne è la cosa più importante per uno stilista. Ne assorbi lo charme, l'attitudine, il fascino», ha spiegato il couturier, tornato in pedana a Parigi con il suo ready-to-wear dalla sensualità delicata. «Ho sempre voluto essere circondato da un harem di figure femminili che, negli anni, mi hanno ispirato». Giampietro Baudo

«Cosa penso della moda di oggi? Mi sembra tutto molto strano... È difficile sostenere con vera creatività i ritmi produttivi attuali. Non è possibile innovare dovendo immaginare in continuazione abiti. Manca lo studio del vestito, manca la profondità nel raccontare un pensiero». A parlare, quasi profeticamente, è Azzedine Alaïa, lo scultore del corpo femminile, il maestro della sensualità. In questi ultimi mesi è stato al centro di un grande progetto di rilancio, che lo ha visto protagonista del battesimo della prima fragranza, creata in tandem con Bpi-Beautè prestige international, ma anche di una grande mostra alla Galleria Borghese di Roma, «Azzedine Alaïa. Couture/Sculpture», dopo l'exhibition dello scorso anno a Parigi al Palais Galliera | Musée de la mode de la Ville de Paris. E poi i negozi, inaugurati worldwide grazie al supporto e ai capitali arrivati dal gruppo Richemont che ha rilevato la maggioranza della griffe nel 2007. Fino al come-back in passerella, ma sottovoce, alla fine della fashion week di Parigi, quando la maggior parte del circo della moda aveva già lasciato la Ville Lumière. Per raccontare una primavera-estate 2016 scandita da ellenismi eleganti, decorazioni tridimensionali, partiture cromatiche accese e barocchismi puri. Il tutto per celebrare la donna, per raccontare la sua fascinazione per quella silhouette femminile che, negli anni, ha rivoluzionato con un racconto di sensualità elegante. «Le donne sono state fondamentali nel mio percorso creativo... Ho sempre voluto essere circondato da donne che mi hanno ispirato, che mi hanno insegnato e permesso di apprendere qualcosa di nuovo della loro femminilità. Ma non chiedetemi di sceglierne una. Sarebbe troppo difficile e farei un torto a chi dimenticherei di citare. Diciamo che vivo in harem di donne incredibilmente inspiring. Con Luise de Vilmorin, per esempio, sono andato per la prima volta a Roma e con lei ho visitato la Galleria Borghese. Naomi (Campbell, ndr) è come una figlia. Mi fu presentata quando aveva 14 anni da un'altra modella. La presi subito per una sfilata, ma la madre era contraria. Di ognuna ho un ricordo speciale, unico». Intanto in passerella, sotto le volte della maison-atelier di rue de Moussy, si materializzano visioni d femminilità, con cui il designer tunisino si diverte a dialogare. «Lavorare con le donne è la cosa più importante per uno stilista. Ne assorbi lo charme, l'attitudine, il fascino». Tanto che quella sensualità femminile è la stessa che oggi, come all'inizio della sua carriera, guida il suo percorso estetico. «Ai giovani ripeto che bisogna lavorare tanto e bisogna conoscere tanto, per evitare ogni tipo di superficialità. E poi osare e sbagliare, perché spesso è proprio dallo sbaglio che nasce un’idea, spesso è l’errore a essere il terreno più fertile per creare il nuovo. Io stesso sogno in continuazione, invento e fantastico. E sono un inguaribile curioso, di quello che succederà ogni giorno e, soprattutto, domani».

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sopra, il runway order della sfilata primavera-estate 2016 di azzedine alaĂ?a

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FASHION MOMENTS

BIENVENEW Un pool di designer, un esercito di 17 nomi pronti a raccontare i debutti del womenswear di questa stagione. La primavera-estate 2016 si anima di un nuovo ruggito tra giri di poltrone, binomi creativi e cool kids. Battesimi che regalano una scossa al fashion business globale. Francesca Manuzzi

rossella jardini Un ritorno alla moda come protagonista. Con la sua label: Rossella Jardini. La stilista, con un inizio di carriera nel '78 accanto a Nicola Trussardi per poi passare a Bottega veneta, diventa celebre come musa e braccio destro di Franco Moschino. Ed è a lei che va il merito per aver traghettato il brand al successo, dal giorno della scomparsa dello stilista nel 1994 fino all'ottobre 2013, anno in cui viene sostituita da Jeremy Scott. In questi ultimi due anni, dopo una breve collaborazione con Missoni, ha preparato il suo progetto e oggi torna in scena in prima persona con una collezione, prodotta da Cieffe, di 90 pezzi, quattro paia di calzature e una pioggia di bijoux.

Bertrand Guyon @ SCHIaPARELLI Braccio destro dei maestri couturier parigini. Laureato in design all’Ecole de la Chambre syndicale de la couture Parisienne, Bertrand Guyon, classe 1965, ha cominciato la sua carriera negli atelier di Pierre Cardin e Givenchy, vedendo destreggiarsi alla creatività monsieur Hubert, John Galliano, Alexander McQueen. Nel 1997 è approdato da Christian Lacroix come suo braccio destro. Dieci anni più tardi è passato a Valentino come design director e nell'aprile scorso la nomina per Schiap a succedere Marco Zanini. Per creare l'alta moda ma anche la prima collezione di prêt-à-couture del marchio di Diego Della Valle.

Dao-Yi Chow & Maxwell Osborne @ dkny Menswear designers of the year award nel 2013 secondo il Cfda. Creative director di Dkny nel 2015. La label newyorkese, costola young di Donna Karan, si sposa con i due designer che con la loro Public school parlano al pubblico young & cool della Big apple. Queens e Brooklyn si incontrano per correre nell'Upper East side di Manhattan. Il duo fa streetwear a una prima occhiata, ma l'ispirazione è una moda più alta. Mr Dao-Yi Chow è uomo di marketing, con esperienze da Mecca e Ecko; Maxwell Osborne nasce nel retail di Tommy Hilfiger. E il gioco per Dkny è servito su un piatto d'argento.

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MFF-Magazine For Fashion | 47

Emma Hill & Georgia Fendley @ hill and friends

Hussein Chalayan @ VIONNET

Due amiche e una griffe. Emma Hill, ex fautrice del successo stellare di Mulberry e Georgia Fendley, fondatrice del design studio Construct, hanno coniato un brand accomunato dalla necessità di riconoscere il lavoro di team per costruire una realtà. Realtà totalmente made in England, presentata durante la London fashion week con una sequela di super modelli in livrea che servono le borse su dei vassoi. Una leccornia acquistabile, grazie all'idea della capsule see now buy now, già post-show su hillandfriends.com e Net-a-Porter.

Un collettivo di menti individuali che operano all'unisono, è il progetto che Goga Ashkenazi ha per la sua Vionnet. Chalayan che con i suoi abiti meccano ha vestito Björk e Lady Gaga, protagonisti d'opere teatrali, è entrato nelle permanenti dei musei internazionali, si è unito a quel coro nel 2014 con la commissione di curare la collezione demi-couture. Oggi va a coadiuvare il lavoro di Albino Damato e Diego Dolcini anche sul ready-to-wear. Lo stilista di Nicosia celebra vent'anni di carriera e ha aperto una boutique in Bourdon Street a Mayfair che porta il suo nome.

BRANDON MAXWELL Pronunciando il suo nome, viene subito in mente Lady Gaga, di cui è lo stylist da diversi anni. Conosciuta quando la cantante si affidava a Nicola Formichetti, di cui Brandon Maxwell era l'assistente. Oggi bisognerà abituarsi a chiamarlo designer, perché da questa stagione ha posto il primo mattone della sua label. In guest list alla sfilata newyorkese una rigogliosa sequela di nomi altisonanti, che altro non sono che suoi amici. Da Alexander Wang al duo Inez e Vinhood fino a Steven Klein. In pedana, applauditi proprio da lady Germanotta, sfilano spezzati sartoriali in nero, avorio, rosa polveroso. Fino a culminare in gown da diva, per cui la cantante si è ritrovata, addirittura, a versare lacrime di gioia.

Arthur Arbesser @ iceberg Viennese ma italiano d'adozione. Sette anni passati alla corte di re Giorgio Armani, subito dopo gli studi di moda al Central Saint Martins college che lo hanno preparato al debutto, nel febbraio 2013, durante Milano moda donna. Cinque mesi dopo ha vinto Who is on Next?, il concorso indetto da Vogue Italia in partnership con Altaroma. Quest'anno è stata la volta della finalissima tra i candidati all'Lvmh prize e la nomina a direttore creativo di Iceberg. Con un lavoro d'esordio che pone le dissonanze materiche e cromatiche al centro del suo creativ-pensiero.

Massimo Giorgetti @ Emilio Pucci

Anna Teurnell @ marimekko

Classe 1977, nato a Rimini. Massimo Giorgetti ha iniziato il suo percorso in ambito commerciale per poi, nel 2009, intrecciarlo con la creatività, fondando Msgm con il gruppo Paoloni. Oggi, ha raccolto il testimone di Peter Dundas da Pucci e rielabora la sua visione de La dolce vita. «Emilio, come here», ripete in loop una voce nella sala sfilata. La felliniana memoria tinge di ieri la visione stroboscopica di Giorgetti. Da sempre appassionato di musica indie. Tanto che gli Strokes diventano colonna sonora del primo show per la label fiorentina di Lvmh, che si anima di décor in fondo al mar.

Prima volta a Parigi per Marimekko. Per la prima volta con il ready-to-wear, firmato da Anna Teurnell. La designer, con anni di esperienza in Hennes & Mauritz e in & Other Stories, è già creative director della label di design finlandese dal 2014. Ma ha scelto di presentare la sua prima collezione solo ora nella cornice del Palais de Tokyo. In scena, come ha spiegato la stessa designer: «Un omaggio alle donne visionarie che negli anni hanno costruito Marimekko, da Armi Ratia, fondatrice del marchio nel 1951, alle prime designer Maija Isola, Vuokko EskolinNurmesniemi e Annika Rimala».

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Declan Kearney @ maiyet Prima design director di Alexander Wang e Jason Wu, poi consulente per Roberto Cavalli. Una lunga lista di collaborazioni costella la storia di Declan Kearney che ha iniziato la sua carriera da Halston per poi passare da Calvin Klein e Phi. Oggi è diventato direttore creativo del brand eticamente, e politicamente, corretto Mayiet, curandone ogni aspetto, dalla visione stilista all'immagine. E il risultato è una desquamazione materica, un carillon di colori soft e polverosi, tutto molto newyorker. Del bel vestire sofisticato, con giacche boyfriend, maglieria grossa e flash di pant militaria.

Sébastien Meyer & Arnaud Vaillant @ courrèges Anche loro finalisti dell'Lvmh prize, il duo che si nasconde dietro a Coperni approda alla creatività di Courrèges con: «La semplicità come punto di partenza del processo», ha spiegato il duo nel salone dell’Opera Bastille, dove si è svolto lo show. Il primo step del rilancio della maison fondata nel 1961 da André Courrèges e dalla moglie Coqueline. Il 26enne Sébastien Meyer sarà head dello stile e Arnaud Vaillant, 25, sarà responsabile dello sviluppo della strategia commerciale.

Paul Helbers @ callens Numero uno del menswear di Louis Vuitton e prima ancora uomo di punta del team di Martin Margiela. Paul Helbers ora è approdato da Callens, nome che cela il cognome da nubile della sua fondatrice Claire-Anne Stroll, moglie di Lawrence Stroll, imprenditore artefice del successo di Polo Ralph Lauren in Europa e di Tommy Hilfiger, poi co-chairman e azionista di Michael Kors. Il marchio di luxury leisurwear ha scelto Milano come città nella quale esordire con una collezione che accosta panneggi di cashmere, piume e nappe waterproof.

Peter Dundas @ roberto cavalli Repetita iuvant. Dopo un lungo periodo di rumors, a marzo scorso l'annuncio ufficiale: Peter Dundas torna in Roberto Cavalli, questa volta come unica anima creativa. «Roberto Cavalli, per la fiducia che nutre, ha dato carta bianca a Peter», ha spiegato il nuovo ceo Roberto Semerari. Così al designer proveniente da Emilio Pucci è affidata la creatività delle linee di prêt-à-porter donna e uomo, che sfilerà il prossimo gennaio, e della collezione di accessori, oltre alla direzione artistica delle licenze Just Cavalli, Roberto Cavalli Class, junior e home. Per dare il via a un articolato piano di rilancio. Nato nel 1969 a Oslo da padre norvegese e madre americana, ha studiato alla Parsons school of design di New York e ha iniziato la sua carriera come costumista alla Comedie Française, per militare negli uffici di Jean Paul Gaultier, Christian Lacroix e dal 2002 al 2005 essere capo stilista di Cavalli. Dunque, bentornato a casa.

Zac Posen @ brooks brothers Cresciuto a New York, con alle spalle studi alla Parson’s school of design e alla Central Saint Martin's, dal 2001 a oggi, Zac Posen sta tratteggiando il glamour hollywoodiano all'high ending. Tanto che con la sua main line ha vestito Uma Thruman, la first lady Michelle Obama, Gwyneth Paltrow e Naomi Watts. Oggi, la sua matita ridisegna la versione femminile di Brooks brothers, quella linea dedicata alla donna nata nel 1876. Ma Posen, oltre allo stile, darà partiture al dipartimento di brand development oltre a coadiuvare l'introduzione di una nuova etichetta.

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Demna Gvasalia in coversation with Pierre Naide

un ritratto di Demna Gvasalia

«La creatività è spesso vittima di bullismo da parte della facilità commerciale... con Vetements abbiamo voluto evitare che questo accadesse. Le nostre muse? Sono le ragazze e le donne che conosciamo. Quelle che sono nostre amiche o amiche delle nostre amiche. Sono le donne che vediamo per strada, ai party, nei film. Hanno il loro stile unico, la loro personalità. Non hanno bisogno di qualcuno che dica loro come vestirsi. Il nostro percorso è cercare di fare degli abiti che possano completare al meglio il loro guardaroba, che possano raccontare ancora meglio quello che sono». A parlare è Demna Gvasalia, l'it boy del momento, catapultato dall'undeground parigino all'atelier blasonato di Balenciaga. Perché il 34enne tedesco di origini georgiane, a soli due anni dal lancio del suo progetto estetico, è stato proiettato nell'Olimpo del fashion system dal gruppo Kering, per sostituire Alexander Wang alla guida della maison fondata da monsieur Cristobal. A portarlo fino in avenue George V, dopo gli studi alla Royal academy of fine arts di Anversa, gli anni passati tra la Tokyo fashion week e gli uffici stile di Maison Martin Margiela e Louis Vuitton, è stata Vetements. Un progetto sui generis, nato da un collettivo di creativi guidato dallo stesso Gvasalia, che ha debuttato lo scorso anno alla fashion week di Parigi, con uno show nel basement del cruising club Le Dépôt. «Ci siamo incontrati e raccontandoci le nostre storie abbiamo realizzato quanto fossimo frustrati della nostra carriera professionale... Avevamo iniziato a perdere il senso di gioia, di divertimento che deve sempre accompagnare ogni processo creativo, soprattutto nella moda. Parlando tra di noi abbiamo capito quanto fosse cruciale poter creare un'estetica contemporanea, che dialogasse con l'oggi senza essere schiava della storia del costume... Per noi l'aspetto fondamentale è la realtà, quello che le donne indossano per

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sentirsi bene, per sentirsi belle. Il resto è venuto un po' da sé, in modo del tutto inatteso».

che un cliente vorrebbe indossare, un sogno che sa di poter fare suo, un sogno in cui sa di poter entrare».

Che tradotto in business significa collezioni blockbuster. L'ingresso in una rosa selezionata di specialty store nel mondo. Gli shooting di tendenza. Le copertine sui cult magazine. La nomination per l'Lvmh young fashion designer prize del 2015. E l'endorsment di Fraçois-Henri Pinault che ha definito Vetements: «Una forza creativa viva ed emergente, figlia dell'oggi... Demna Gvasalia incarna un approccio singolare e unico al mestiere del designer, incentrato sulla riflessione sociologica del vestir, caratterizzato da un punto di vista molto personale in tutto il percorso creativo». Ed è proprio questo suo essere radicale ad aver spinto il numero uno del gruppo Kering a chiamarlo, tra lo stupore generale, al timone di Balenciaga, dopo l'intermezzo di Wang, ma soprattutto dopo la visione potente di Nicolas Ghesquière. E proprio in questi giorni Demna Gvasalia ha iniziato il suo percorso nella griffe, dove potrebbe replicare lo stesso approccio che l'ha portato a trasformare Vetements in un fenomeno.

Quella di Demna Gvasalia è una visione disincantata della moda. Reazionaria. Pronta a scrivere una rivoluzione che sembra affondare le sue radici nel movimento punk degli anni 70. Parola d'ordine, dissacrare per scrivere il capitolo nuovo di un universo un po' impaludato.

«L'idea da cui eravamo partiti per creare Vetements in realtà era decisamente semplice: una collezione totalmente orientata al prodotto. Siamo partiti selezionando quello che amavamo, una semplice lista di abiti. E da lì abbiamo cercato di capire come poterli rendere speciali, desiderabili, nuovi. Capaci di catturare lo zeitgeist, l'attualità. Non abbiamo mai voluto spingere oltre il concetto di moda, facendo qualcosa di estremo... Ci piace poter dialogare utilizzando abiti che la gente vorrebbe indossare immediatamente. In passato la moda creava un sogno e le persone sognavano degli abiti meravigliosi che probabilmente non avrebbero mai potuto indossare in tutta la loro vita. Era un'illusione di eleganza... Oggi è tutto diverso, il racconto è legato al prodotto. È quello

«Il mondo della moda sembra aver iniziato un momento di trasformazione naturale... Diciamo che se non proprio rivoluzionato, il sistema dovrà essere ripensato e riadattato al mondo d'oggi. Gli abiti sono fatti per essere indossati più che per cambiare il mondo, altrimenti ognuno di noi sarebbe un artista e non un designer. Forse è per questo motivo che mi piace considerarmi più che altro un sarto della figura». Un dress maker che ha scelto di raccontare la nuova primavera-estate 2016 nella cornice de Le Président, storico ristorante nel cuore della Chinatown parigina. Accendendo i riflettori su una parata di donne dalla bellezza alternativa. Con indosso un guardaroba dai lineamenti intensi. «Anche in questo caso ho voluto che non ci fosse un fil rouge, che non ci fosse un pensiero lineare... Sono cose che amiamo. È un guardaroba che abbiamo trasformato alla maniera di Vetements. C'è qualcosa che richiama alla nostra infanzia, con le tovaglie della cucina di casa. Ci sono gli abiti indossati come camici, aperti sul dietro e con il tessuto libero di muoversi. Ci sono le stampe, realizzate da alcuni artisti che fanno parte della nostra equipe. Ma c'è una sola ambizione: fare abiti che la gente vuole avere e che vuole indossare stagione dopo stagione. Senza pensare che siano diventati vecchi».

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Alexandre Allard in conversation with Chiara Bottoni

un ritratto di Alexandre Allard

«L'esperienza incredibile vissuta da Balmain mi ha permesso di conoscere la moda e di innamorarmi della straordinaria creatività che la vivifica. Una creatività oggi messa a repentaglio da dinamiche che schiacciano l’arte a favore del business. Per questo ho deciso di trasformare Faith connexion in un progetto unico, svincolato dalle convenzioni del fashion, dagli show multimilionari, da flagship faraonici e da designer star». Le parole di Alexandre Allard, presidente di Faith connexion, suonano più che mai profetiche in queste settimane, caratterizzate dall’addio di Raf Simons a Dior e dalla brusca rottura tra Alber Elbaz e Lanvin, eventi entrambi attribuibili a una frizione tra le dinamiche di business e le esigenze della creatività. Un déjà-vu di quanto successo tra il 2010 e il 2011, anni orribili della moda, quando Alexander McQueen si suicidò, John Galliano fu cacciato da Dior e Christophe Decarnin interruppe in modo inatteso e improvviso la sua collaborazione con Balmain, maison nella quale Allard aveva allora all’attivo un investimento attraverso il Groupe Allard, noto per le sue partecipazioni nel mondo dell’hôtellerie. «Nel 2006, quando Balmain finì in bancarotta, rilevai il 35% del marchio per rilanciarlo. Così ebbi modo di avvicinarmi alla moda e di conoscere Christophe (Decarnin, ndr), diventato mio caro amico... Una volta disinvestito in Balmain, decisi quindi di dedicarmi a un nuovo progetto, totalmente svincolato dai compromessi del business, rilevando la maggioranza di Faith connexion (brand fondato nel 2000 da Ilan Delouis e acquisito al 90% da Allard nel 2012, ndr). Quello che ho potuto apprendere in questi anni è che quando si ha molto talento, inevitabilmente si è ossessionati dalla perfezione. Un artista può lavorare anche un anno intero su una sola opera. È davvero inutile pensare

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di costringere un designer o un couturier a muoversi come in una catena di montaggio». Faith connexion nasce quindi come una grande famiglia creativa, composta da personalità differenti, chiamate a esprimersi su pochi capi, svincolati dalla regole della stagionalità: parka destrutturati, biker percorsi da graffiti, denim prezioso e cargo pants… Una collettiva comprensiva di alcuni ex collaboratori dell’ufficio stile di Balmain di cui al momento fanno parte sette designer e quattro artisti, che diventeranno a breve rispettivamente 15 e 10. Cosa che ha sollevato rumors su un possibile coinvolgimento nel progetto dello stesso Decarnin, volutamente rimasto dietro le quinte dopo la sua uscita improvvisa dalla maison Balmain. «Christophe è un amico ma Faith connexion non si vuole identificare con nessun designer. Questa è un’esigenza di cui ha bisogno l’attuale meccanismo della moda ma dalla quale vogliamo restare totalmente estranei». I capi, molti dei quali pezzi unici realizzati appunto con il contributo di artisti che hanno dipinto i tessuti come vere e proprie tele, sono oggi distribuiti in 220 multibrand generando nel 2015 ricavi per 15 milioni di euro con soltanto tre collezioni all'attivo, considerando anche la primavera-estate 2016 presentata a Parigi durante la fashion week e pronta ad approdare anche a Miami durante i giorni di Design/Miami. «In Italia siamo presenti in 65 multibrand. L’Italia è il nostro mercato più reattivo, il primo ad aver interagito con noi. Abbiamo anche sviluppato una speciale app dedicata a una quarantina di partner worldwide di alto livello; attraverso questa applicazione è possibile accedere direttamente all’inventory di Faith connexion, personalizzando i capi per i

clienti. Questa struttura è stata battezza The circle of faith e interesserà realtà come L’Eclaireur di Parigi, Maxfield di Los Angeles, The Webster a Miami oppure Browns a Londra». Territorio d’azione sarà, su tutti i fronti, l’individualità e l'unicità di un messaggio che ha scelto la creatività estrema, libera e irriverente come alfabeto di uno storytelling articolato. «In un momento in cui le persone hanno il desiderio di dire cosa sono, e non a cosa appartengono, gli abiti sono un modo attraverso cui poter esprimere la propria identità. Questo è un privilegio che vogliamo difendere strenuamente e su cui puntiamo a cementare il nostre progetto estetico e creativo». Un percorso che ha scelto il clash come bussola, per orientarsi tra culture musicali differenti, tra movimenti artistici agli albori e racconti estetici figli dell'underground metropolitano. In uno scouting internazionale, guidato soltanto da quello che è cool now. «Sono sicuro che la moda appartiene alla strada, ne è figlia. Quello che stiamo facendo è racchiudere in un progetto la forza e l'energia di città come Manchester, Marsiglia o Chicago, città che non sono metropoli ma che hanno una cultura urban-artistica vera e intensa... Vogliamo rubare la loro semplicità raw e trasformarla in un codice di eleganza. Con Faith connexion vogliamo parlare a donne e uomini veri, semplici, differenti dal comune. Che siano dei cultori della poesia o dei fanatici di matematica. Perché dal rap al reggae passando per il rock o il country tutto può coabitare. Il risultato? È una fusion violenta di codici e di trend. Un clash cool che improvvisamente riesce a diventare tremendamente chic, in modo del tutto inconsapevole».

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FASHION MOMENTS

au revoir Una tripletta di addii importanti, guidati da strategie di business e fame di fatturato, preannunciano blasonati giri di poltrone nella prossima stagione. Francesca Manuzzi

dior by raf simons foto Ward Ivan Rafik Raf Simons, come un fulmine a ciel sereno e a poche settimane dalla sfilata spring-summer 2016, annuncia il suo addio dalla direzione creativa del womenswear di Dior. Pochi i commenti che trapelano dai vertici di Lvmh e la decisione sembra essere legata a motivi «personali», tra cui la grande pressione e le tempistiche troppo accelerate in quanto a ideazione di una collezione. «È stata una scelta basata interamente sul

desiderio di focalizzarmi su altri interessi personali, tra cui il mio marchio, e coltivare la passione che nutro per questo lavoro», ha spiegato Simons. Resta il fatto che a tre anni e mezzo dall'arrivo alla corte di Bernard Arnault, dopo la bufera John Galliano e l'interregno di Bill Gaytten, la maison di avenue Montaigne diventata un colosso (l'obiettivo 2016 è arrivare ai 2 miliardi di euro di ricavi) è rimasta senza un timoniere creativo.

Da sinistra: Nikola CELEBAN (NEXT), Diana MOSKALETS (SUPREME), Nastya LESCHINSKAIA (SILENT), Anka KURYNDINA (SUPREME). Hair, Guido Palau; Make-up, Peter Philips; Casting, Maida; Decoro floreale, Eric Chauvin

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lanvin by alber elbaz foto Mark Leibowitz Un matrimonio felice lungo 14 anni, trasformatosi in un divorzio feroce in pochi giorni. Alber Elbaz abbandona la direzione creativa di Lanvin e annuncia in una lettera: «La decisione è stata presa dall'azionista di maggioranza». Ovvero la tycoon Shaw-Lan Wang, che aveva arruolato lo stilista israeliano per costruire insieme la storia moderna della maison, reduce, lo scorso anno, dai festeggiamenti per il 125esimo

anniversario. Anche in questo caso, a guidare la scelta divergenze legate alle strategie di business (Elbaz era azionista di minoranza con una quota del 10%). Oltre a una frenata dei ricavi, che dovrebbero arenarsi a 200 milioni di euro, e la chiusura dell'esercizio in perdita, la prima degli ultimi dieci d’anni. Ma mentre si attendono sviluppi, il colpo di scena: il timido Elbaz sbarca su Instagram con un suo account personale.

Da sinistra, Kerrigan Clark (NEW VERSION), Odette Pavlova (NEXT), Harleth Kuusik (ELITE), Lia Pavlova (NEW MADISON). HAIR, Guido Palau for Redken; MAKE-UP, Pat McGrath

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balenciaga by alexander wang foto kevin tachman Sarebbe facile evocare quel dettame della tradizione cinese che assimila il bianco al lutto. L'uscita di scena di Alexander Wang, dopo tre anni di sodalizio con Balenciaga nel post Nicolas Ghesquière, si tinge di bianco. Sulla pedana del brand sfilano angeli in total white, percorrendo la navata di un'onirica chiesa. Si muovono in un percorso a croce tracciato da maxi vasche che diventano piscine battesimali. Sono che-

rubini della città degli angeli, decantata dalla colonna sonora dello show che mixa Going back to Cali di Notorious B.I.G. Anche qui si sussurra che il gruppo Kering, a cui fa capo la griffe, abbia deciso il cambiamento per arginare il calo del fatturato. E se Wang è già pronto a concentrare tutte le energie sul suo brand, a prendere le redini di Balenciaga sarà il georgiano Demna Gvasalia, enfant prodige del collettivo Vetements.

Da sinistra: Jamilla Hoogenboom (women), Olivia Jansing (Next), Lineisy Montero e Liza Ostanina (next). Hair, guido palau; make-up, diane kendal

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Kei Ninomiya interview by Primo LIguori

«Voglio inventare cose nuove, voglio sperimentare nuove strutture... Voglio sorprendere le persone, voglio sorprendere me stesso». Il pensiero di Kei Ninomiya, ultimo protegé della famiglia di Comme des garçons, è racchiuso in questa semplice frase. E in un colore. Quel nero che regala il nome al suo progetto estetico, noir kei ninomiya. Quel nero da cui è quasi ossessionato, tanto da eleggerlo a unica cromia di tutto il suo pentagramma creativo. Trentuno anni, di origine giapponese, dopo la laurea in Letteratura francese a Tokyo, è volato alla Royal academy di Anversa. Ma durante le vacanze estive del 2008, un colpo di fulmine nella sua Tokyo l'ha portato a dare una svolta differente alla sua vita. La ricerca di un lavoro e il portfolio delle sue creazioni lasciato nell'headquarter di Comme des garçons. Tre colloqui, in un solo giorno, con Junya Watanabe e la Kawakubo in persona. La scintilla e l'inizio di una liaison creativa che è sfociata, nel 2012, con il battesimo della sua collezione personale. Che in quest'ultima stagione è stata ufficialmente portata in passerella a Parigi durante la fashion week. «Quello che immagino non è un prodotto... Sono vestiti. Cerco sempre di spingermi nel creare e disegnare nuovi oggetti, oggetti che non ho mai conosciuto. Mi piace immaginare degli items che possano essere speciali, capi che rendano felice ed excited la persona che li possiede. Come se fossero dei gioielli o un piccolo tesoro. Voglio che il mio marchio sia differente rispetto a tutti gli altri. Voglio basare la mia creazione su quello che vedo. Voglio che unisca una grande freschezza a una continua tensione verso il nuovo. Nel segno di un colore assoluto». Qual è dunque il concept che si nasconde dietro il brand e da dove nasce la scelta di questo labelling così estremo e allo stesso tempo semplice? Il marchio noir kei ninomiya nasce per esplorare un mondo di design costruito intorno al cromatismo del nero... È un viaggio alla ricerca di nuove forme di espressione che partono da un cromatismo intenso. Il black è in assoluto il mio colore preferito... È una cromia di carattere,

decisa. E il mio lavoro è tutto concentrato sull'utilizzo di questo elemento per esprimermi nel creare forme e costruzioni ancora più intense. Quando e perché ha scelto di iniziare a lavorare nella moda? Ho cominciato il mio percorso nel fashion system entrando da Comme des garçons nel 2008, occupandomi delle stampe. Ripensandoci oggi credo che non avrei iniziato a lavorare nella moda se non fossi entrato in contatto con questo mondo grazie a Comme des garçons. Chi è oggi il suo maestro? E c'è un personaggio del passato o del presente che considera la sua icona? Nessuno ha influenzato me e il mio lavoro tanto quanto ha fatto Rei Kawakubo e il suo modo di pensare e creare. Perché, a un certo punto, ha scelto di lanciare il suo marchio? Devo dire che è stata una scelta aziendale, del gruppo. Mi hanno chiesto di iniziare questo percorso e ho accettato. È stata, ed è, una grande sfida. Com'è lavorare per un gruppo come Comme des garçons che è una grande famiglia? Devo dire che il gruppo regala una grande autonomia a ogni designer. È un percorso stimolante, una sfida che affronto in tandem ogni volta con il mio team, con cui risolvo, step by step, la maggior parte dei problemi. Quale è il stato il concept estetico che ha guidato la primavera-estate 2016? Ho intraperso un lavoro intorno a un concetto semplice, quello dei Black flowers. Per esempio l'abito più complesso da realizzare è stato quello composto da oltre 7 mila petali applicati a mano e assemblati da due persone che hanno lavorato per tre giorni consecutivi. Amo l'idea di poter realizzare quello che apparentemente è impossibile... Mi piace poter fare le cose in una maniera differente e nuova.

in ALto, un ritratto di Kei Ninomiya

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Marta Marques & Paulo Almeida interview by Barbara Gallino

Marta Marques e Paulo Almeida hanno un background comune a molti londinesi acquisiti. Trasferitisi nella capitale inglese con l’idea di tornare nel loro paese d’origine, il Portogallo, non se ne sono più andati. Hanno fatto bene. Dal lancio nel 2011 della loro label Marques’ Almeida hanno solo mietuto successi. Dopo due stagioni sotto l’egida della piattaforma per nuovi talenti Fashion East, nel 2014 hanno ottenuto la sponsorship New generation dal Bfc-British fashion council e lo scorso maggio il premio Lvmh Prize, da 300 mila euro e un anno di supporto professionale del gruppo. Non solo. Negli ultimi mesi, hanno lanciato la prima Resort e sono stati ingaggiati da Sarah Jessica Parker per disegnare i costumi del New York city ballet. Come è iniziata la storia di Marques’Almeida? È successo dieci anni fa e stiamo insieme da allora. Ottenuto il diploma, abbiamo lavorato per alcuni designer portoghesi, ma è stato fin dall’inizio un viaggio che abbiamo fatto l’uno accanto all’altra anche se eravamo impegnati su progetti diversi. Volevamo però allargare i nostri orizzonti e Londra ci sembrava il posto giusto. Ci siamo trasferiti e Paulo ha cominciato uno stage da Preen e io da Vivienne Westwood. Poi il master alla Central Saint Martins, a cui fortunatamente siamo stati ammessi tutti e due. In principio, abbiamo lavorato divisi, ma quando si è trattato di preparare la collezione di fine corso, abbiamo pensato che avesse senso unire le forze e farlo insieme. Dopo il défilé, siamo stati contattati da Lulu Kennedy per Fashion East e meno male che abbiamo accettato, senza cedere alla tentazione di tornare in Portogallo. Dove trovate l’ispirazione? Nelle persone che ci circondano. In un certo senso, siamo ossessionati dall’idea di avere un’anima dietro a ogni collezione. Se si tratta di un film, guardiamo sempre a questa o quella ragazza nella pellicola. Se si tratta di musica, è la cantante che attira la nostra attenzione. La resort, per esempio, era ispirata a mia sorella minore Sofia e alla sua vita a Rio de Janeiro.

Chi è stata invece la musa dell’ultima collezione? Abbiamo preso spunto dalle foto realizzate dalla nostra amica Alice Neale con soggetto Jasmine, una ragazza di cui abbiamo sempre ammirato lo stile e che occasionalmente faceva i fittings per noi. Le immagini non includevano i nostri vestiti, ma situazioni che esprimevano lo spirito del nostro marchio. Il mood board era costellato di foto di Jasmine. Ancora una volta siamo tornati al fulcro di Marques’Almeida, ovvero la ragazza dietro la collezione. Cosa rappresenta per voi il denim, con cui siete nati? Semplicemente, quando abbiamo iniziato la nostra ricerca, ci siamo focalizzati sugli anni 90. Se si sfoglia I-D di quegli anni, tutti indossavano jeans, camicie e giacche di denim. Siamo molto ossessionati dal realismo e in un certo senso il denim affonda le radici nel realismo da cui siamo ossessionati. È l’ethos dietro il denim. Che impatto ha avuto l'Lvmh prize sulla vostra vita e sulla vostra label? Lo vediamo ogni volta che entriamo in studio. All’inizio era abbastanza vuoto, con quattro o cinque persone a lavorarci. Ora siamo 11 e presto avremo bisogno di altri collaboratori. Questo è un grosso cambiamento. D’altronde è sempre stato una delle nostre priorità. Se vinciamo il premio, lo investiamo nella costruzione del team, ci dicevamo. Il marchio era già cresciuto prima, con vendite raddoppiate per due stagioni di fila. Ma la stabilità finanziaria di una label indipendente è un’impresa faticosa, per cui fino a quel momento avevamo sostenuto la crescita con una squadra di persone molto piccola, sovraccaricata di lavoro. Quale sarà il prossimo step? Al momento siamo concentrati sull’implementazione, in modo da garantire che la crescita non colpisca in negativo la creatività. Stiamo anche lavorando al lancio del nostro sito di e-commerce, che dovrebbe avvenire a febbraio del prossimo anno.

in ALto, un ritratto di Marta Marques e Paulo Almeida

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Phillip Lim

interview by francesca Manuzzi Anniversa-Lim. Due lustri per Phillip Lim. Il designer classe 1973, thailandese con discendenze cinesi, festeggia dieci anni della sua 3.1 Phillip Lim, creata in tandem con il ceo Wen Zhou. Una realtà traghettata da start-up a compagnia contemporary del fashion business asiaticoUsa, presente in 50 Paesi con 450 store e il 16° monobrand aperto a Taiwan nelle scorse settimane. In pedana al Pier 94 di New York, sette montagne da 200 tonnelate di terriccio toxin-free create dall'artista Maya Lin per: «Fermarsi e assaporare il profumo dei fiori», come sussurra lo statement che racconta lo show. Fermarsi e assaporare i piaceri giornalieri e quell'escalation fulminea che dal 2005 ha spinto il brand a 110 milioni di dollari di fatturato. In primis un anniversario importante... Come avete celebrato questi dieci anni? Ero quasi intimorito da questa domanda. Poi, ho capito che volevo riconoscere il presente. Non guardare indietro o pensare a quel che verrà, ma solo: «Fermarsi e assaporare il profumo dei fiori». Una metafora, per sottolineare l'importanza della bellezza nel quotidiano. Sono grato per ogni singola cosa accaduta nell'ultimo decennio. Smaniavo per raggiungere tutto questo. Com'è cambiato il brand dagli inizi? Si parla di evoluzione, non di rivoluzione. Io e Wen abbiamo dato il calcio d'inizio a un movimento che ha aperto il mercato alla creatività a un prezzo accessibile. Dieci anni fa eravamo una delle uniche label del segmento, oggi molti player si sono uniti e il nostro goal, allora come adesso, è costruire capi che abbiano una ragione d'uso, da un weekend all'altro, e non siano solo elemento decorativo. Da un punto di vista di business, invece, tutto è più manageriale. Agli inizi il fuoco era ristretto, oggi si pensa all'ampio raggio che custodisce i singoli obiettivi. Quali sono stati i momenti migliori dalla nascita del brand? Vedere 3.1 Phillip Lim in vetrina da Barneys in Madison avenue o lo show anniversario dei cinque anni celebrato a Pechino. Fino a vestire la First lady per la visita della delegazione cinese

alla Casa Bianca. Ma odio vivere nel passato, quindi, questo momento è il miglior momento. Quali sono gli input per il suo team stilistico? Il processo creativo è un'esplorazione. La partenza è dove si è rimasti con la stagione precedente, per imbarcarsi in un flusso random, che esce dai confini. Ma è questo viaggio che fa la differenza, porta altri colori, silhouette, una nuova musica. E ciò che mi ispira non è altro che la vita, assorbo ciò che di buono ho intorno. Giocare a tennis, fare paddle boarding. Poi, oggi mi affascina la coscienza collettiva della Generation Z, che predilige il noi all'io, così come il lavoro di artisti come N. Dash, Azuma Makoto, Federico Albanese e gli Alabama shakes. Se dovesse descrivere 3.1 Phillip Lim, cosa direbbe? Catturare un'eleganza youth. Sia per uomo sia per donna. Le discrepanze tra le due creazioni sono solo di genere. Letteralmente. È una differenza fisica, che riguarda le forme, ma l'integrità e la poesia sono le medesime. La primavera-estate 2016, per esempio, è una fusione di semplicità e opulenza, una sorta di nuovo romanticismo, ben saldo alla realtà. Chi sono le sue icone? Mia madre. Da bambino non avevo un brand favorito, amavo i vestiti. E oggi è lo stesso. Pensa sia più interessante rilasciare quest'intervista a un giornale cartaceo o scrivere su un social network? Non possiamo vivere senza parlare. Non possiamo buttare un libro perché c'è il computer. C'è necessità di combinare tutti i mezzi. Le breaking news sui social media, il peso specifico nelle vecchie tradizionali interviste, che sono incredibilmente importanti. Ha un sogno? È una domanda interessante perché sono una persona che realizza i suoi sogni ogni giorno. Non sto seduto e aspetto sospirando. Penso che i sogni si manifestino nelle azioni.

in ALto, un ritratto di Phillip Lim

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msgm Massimo Giorgetti

Brutalismo. Una definizione dal suono spaccato con un’accetta, dalla durezza che intimorisce appena si chiede lo stile architettonico della casa di Massimo Giorgetti. Poi lo sguardo si alleggerisce nel contrasto tra l’imponenza dei muri a mattoni rossi e le pareti di vetro, dove dentro e fuori quasi coincidono. Solidità e capacità di volare in quel palazzo-simbolo di Milano disegnato da Domenico Pascarella che sembra raccontare molto chi ci abita. Quasi un incontro dettato dal destino. Perché quando il designer inizia a parlare ci si dimentica un attimo dello sprint del suo marchio fenomeno, Msgm, creato nel 2009 in tandem con il gruppo Paoloni. Delle accelerazioni commerciali, del business, dei negozi, delle sfilate. Della nomina a direttore creativo di Emilio Pucci, dove ha appena debuttato. Della corte sfrenata di pretendenti partner. Hic et nunc. Le parole di Giorgetti scandiscono gli step di un’evoluzione consapevole, di lui si ascoltano anche gli occhi. Dalla simpatia immediata, dalla curiosità perenne, veloci e rapaci di conoscenza. Regala fotogrammi di cose e persone viste, del suo mondo, della sua musica, delle sue passioni e delle sue nuove, umane, comprensibili fragilità. Un ritratto con tracce vocali al posto della tempera. Ipnotico, come quel viso in un quadro che spicca appeso a uno dei muri. About a boy, come direbbe Nick Hornby.

a destra, massimo giorgetti con una modella in look msgm spring-summer 2016

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Cosa le piace di più di questo momento? Sono fortunato perché la parola noia non so più cosa sia. Sono sulle montagne russe, in un circo. Trasportato continuamente su treni, aerei, taxi. Il rumore delle ruote del trolley sempre dietro è diventato la colonna sonora della mia vita. Per quanto stressante e difficile, è adrenalinico. È tutto molto eccitante. L’unica cosa che mi dispiace: il tempo per il divertimento senza pensieri è un po’ finito. Come si divide tra Msgm ed Emilio Pucci? Completamente a metà. Due giorni e mezzo che possono essere tre a Firenze e due giorni e mezzo che possono essere tre o quattro con il weekend a Milano. Ho scoperto un Massimo più rigoroso e disciplinato. Anche con un’alimentazione più sana, sto smettendo di mangiare carne. Già ero in una fase più healty. Forse è anche un trend. E io da vero appassionato di trend… Un altro segreto è l’attività fisica, vado a correre un giorno sì e uno no. E la musica, la mia vera terapia anche quando viaggio in treno o corro. Come scopre i nuovi pezzi musicali? Da solo oppure grazie a persone con cui collaboro, come Nicola Guiducci o Andrea James Ratti. Più altri amici dj della Riviera che mi mandano del materiale. In questo momento la musica è entusiasmante, free con le nuove tecnologie. Questo indie rock ha rotto tutte le regole. Lo stesso cantante può spaziare dalla musica classica a quella rock a quella punk, può riprendere un pezzo e farlo nuovo. Un impatto che si è visto anche nella sfilata donna… Volevo dare un’immagine un po’ diversa e la colonna sonora l’abbiamo cambiata il giorno prima. Mi ricordavo di questo gruppo americano chiamato Le tigre. Avevamo già preparato wall con luci e casse e le modelle quasi correvano. Tutto è partito dalla musica e anche per l’uomo sto lavorando su due pezzi. Come definisce le sue ragazze? Devono essere attuali. Non sfacciatamente acculturate o intellettuali, sanno quello che c’è intorno a loro. Sono di adesso. Mi piace particolarmente il concetto dell’adesso. Viviamo in un’epoca in cui in tutti i campi dalla società dalla moda alla finanza è tutto così veloce che non sai cosa capiterà tra sei mesi. Non amo il passato, quando i capi puzzano di vintage. Non amo neanche quando sono troppo avanti. Ho fatto l’errore di spingere molto su un tessuto, una cucitura, un dettaglio. Ho capito che nel mio caso non funziona. Si è legato all’oggi anche nel modo di comunicare. Quanto i social media l’hanno aiutata? All’inizio è stato fondamentale. Msgm è stato lanciato nel 2009 creando un giornale con Antonia (store milanese, ndr) per la presentazione con tutti questi nuovi personaggi come Tavi o i primi Tommy Ton che avevano un blog. Dopo è arrivato tutto quanto, verso il 2011 e il 2012. Sono stato criticato di aver vestito it boy e girl, di aver scelto le facce un po’ più pop come Luca Finotti. In quel momento mi ha fatto esplodere. I negozi volevano Msgm e Msgm usciva immediatamente dai negozi. Mi ha permesso di creare business all’interno degli store. Cosa fondamentale per passare da giovane brand a partner. Oggi siamo partner di quasi 500 negozi con la donna. Ti stimano e ti rispettano. Si cresce insieme. Un ruolo moderno a cavallo tra le funzioni aziendali. Quali saranno i prossimi step? Ammetto che è arrivato il momento di strutturarsi. Stiamo cercando un nuovo ceo e anche partner finanziari. Siamo nell’occhio del ciclone con fondi d’investimento e investitori. Ovviamente il progetto inizia a essere interessante anche per la finanza. Ma non nego che con Paoloni (socio di Msgm, ndr) stiamo pensando di rimanere indipendenti, di strutturarci piano piano. Anche perché la mia paura grande è di snaturare Msgm. Che è nato come casual sportswear pop e si è evoluto come prezzo e tessuti. Mi dispiacerebbe aprire negozi a tambur battente entrando in altre logiche. Incominciano a vedersi anche celebrities con indosso Msgm… Io non ci credevo, visto che molti brand puntano già al red carpet. Abbiamo iniziato a mandare qualche vestito e siamo stati felicemente sorpresi. Gwen Stefani a The voice. Lady Gaga per l’anteprima di American horror story. Anche a loro iniziano a piacere questi abiti comunque fashion ma anche facili, non troppo ricamati, non troppo complicati. È questa la formula di successo di Msgm? Un forte contenuto moda ma facile da indossare. Anche se poi le cose più forti vanno bene in negozio. Lo store di Milano che aveva avuto un momento un po’ su e giù, adesso sta andando forte. Abbiamo curato anche più il visual. Devi capire anche gli errori che fai. Ti crei delle storie nella tua testa, il foglio bianco minimale e l’asfalto. Però chi compra magari vede l’asfalto come sporco. Riflettere e capire dai propri errori. Io credo che nessun creativo sia sicuro di se stesso. Io sto scoprendo dentro di me una parte più insicura e fragile, riflessiva e meditativa. Dopo due o tre giorni che rifletti, è importante capire di avere sbagliato. E reagire. Che rapporto ha con le critiche? Sano. Quelle gratuite fanno male ma dopo un po’ le dimentichi. Quelle

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costruttive te le ricordi tutta la vita, io subisco il fascino delle persone intelligenti. Ci penso e diventano uno strumento di lavoro. Credo nel confronto e, sia in Msgm sia in Pucci, il lavoro nasce dal team. Da solo non si va da nessuna parte sia nello stile sia nell’azienda. Lavoro per costruire un rapporto anche umano. Com’è confrontarsi con una struttura già importante come quella di una maison come Emilio Pucci? Anche lì molto bello. Da Msgm in due ore di treno passo al palazzo a Firenze. È un’altra storia. Ti dà in automatico l’attitude per creare cose differenti con team diversi. La tua visione è la stessa ma non ti confronti con gli stessi interlocutori. Emilio Pucci è una prima linea, con budget importanti sui tessuti e sui ricami. All’inizio mi sembrava il paese dei balocchi. Wow, ho detto. Se domani fosse in vacanza che farebbe? Spegnerei il telefono, iPhone, iPad, iWatch. Sono un Apple boy, un fan di Steve Job. Leggerei un bel libro come un thriller, uno Stephen King di quando ero adolescente. Anche un po’ commerciale, da leggere tutto di un fiato. Da Bjork a serie tv come Beverly Hills 90210, che lei ha citato nelle sue collezioni. Quanto conta per lei la cultura degli anni 90? Sono i miei anni, che mi hanno formato e inciso sulla mia estetica. Anni in cui ero una spugna. Anche i ricordi di moda sono molto chiari. C’era poco di tutto e le sfilate erano meno. Iniziai nel 97 in un negozio, da Nick and sons a Riccione come commesso. Era il pieno boom di Tom Ford per Gucci, di Prada e di Helmut Lang. Era la coda degli anni d’oro della Riviera, dell’Echoes o del Cocoricò. Dove la prima sera che andai vedevo come la moda scendesse dalla passerella direttamente sulle persone. Ora non è così, se vai anche in un locale fashion o undergorund. Alessandro Michele da Gucci segna un po’ il coming back delle sfilate italiane. Cosa pensa della nuova generazione di talenti che sta infiammando Milano? Lo trovo interessante e un orgoglio. Ho deciso fin dall’inizio che Msgm fosse a Milano, dove mi sono trasferito per iniziare questo progetto e che ho inserito sotto il logo. Mi hanno contattato da altre piazze, mi hanno chiesto di sfilare a New York, Londra e Parigi e ho sempre detto no. Milano è prêtà-porter, è Italia, è anche business. Spesso la stampa critica come Milano sia troppo business. Quando lo leggo, rido sotto i baffi. Si ritiene un business boy? Non lo volevo essere ma lo sono diventato, mio malgrado. Poi è anche bello, ti dà una sicurezza diversa dallo stile. Quando sono creativo sono insicuro, a nudo. Quando sono business mi va via tutta l'insicurezza, i numeri sono una garanzia. Oltre al concetto di adesso, mi piace anche quello di verità. Ho fatto una collezione con le scritte Truth sulle maniche e sulle felpe. A me piace questa moda vera e onesta. Se sono quello perché far finta di essere qualcos’altro? La chiamavano il reuccio del contemporary di Milano… Ho mai nominato il contemporary finora? Prima me ne facevo vanto, è anche un po’ passato e non è più di moda. La parola stessa sminuisce un po’ e c’è stata confusione, prima era questa parte facile americana e veloce. Tutto passa, come implica la moda stessa… Abbiamo avuto degli anni in cui andavamo forti con la felpa con le rose, lo scuba, il fluo. E lì siamo stati un po’ il fenomeno di quelle stagioni. Però mi piace che Msgm non sia mai stato così tanto, troppo di moda. Così non è mai andato fuori moda. Full translation at page 158

in tutto il servizio, look msgm spring-summer 2016 Model: Mae Lapres @ Dmanagement group Hair: Alessio Grasso @ Franco Curletto Milano using Kérastase Materialiste; Make-up: Barbara Del Sarto using Giorgio Armani Crema Nuda con la collaborazione di Martina Loduca Digital assistant: Federica Falcone Hanno collaborato: Francesca Manuzzi e angelo ruggeri Casting director: Maria Giulia Azario production: Patricia Martinez @ Asg Paris

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public school Dao-Yi Chow & Maxwell Osborne

L’ufficio è in fermento. Una boule de neige nel cuore della Grande mela, un ecosistema con mattoni porosi e vetri delle finestre sui palazzi newyorkesi. Ogni angolo è un polo stipato di creatività. Polaroid, abiti appesi in prova, manichini, stilisti e tavoli irrequieti, chiamate via Skype e modelliste. E fotografie, come quel ritratto scattato a un raduno biker a Brooklyn dietro alle scrivanie, nell’ufficio see-through di Dao-Yi Chow e Maxwell Osborne. Sono frammenti di quella New York story che il

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nella foto, da destra, dao-yi chow e maxwell osborne con due modelli in public school spring-summer 2016

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duo creativo sta raccontando con la sua creatura Public school, fondata nel 2008. Mescolando alto e basso, con influenze dalla moda alla musica fino all’arte. Si respirano le origini hip hop, gli anni 90, street style e citazioni tailoring, sport e social media, film come Blade runner o I guerrieri della notte che sono tra le loro ispirazioni. Un rush che li ha portati a diventare i new kids on the block anzi blockbuster, in quel passaggio verso l’establishment avvenuto con la nomina alla guida creativa di Dkny del gruppo Lvmh, con cui hanno debuttato lo scorso settembre. A suggellare un percorso in ascesa che lusingherebbe chiunque mentre i loro occhi si accendono anche solo al parlare della colonna sonora della sfilata di Dubai dove hanno appena presentato la pre-collezione. Il sound si alza e i riflettori sono puntati su Chow e Maxwell che sbancano premi come gli award del Cfda-Council of fashion designer of America o il primo US International Woolmark prize per quel menswear che li ha resi famosi. In un curriculum in cui si inseriscono progetti super cool con le iconiche Jordan, gli occhiali con Oliver people, Tumi e il luggage, gli orologi con Iwc e la collaborazione con J.Crew come parte della loro vittoria del Cfda/Vogue fashion fund award. Un segreto? «Trovare la perfezione nell’imperfezione». Dove nasce il nome Public school? In realtà l’avevamo in mente prima ancora di avere l’idea, il progetto della collezione. Siamo entrambi nati e cresciuti a New York city e siamo andati in una scuola pubblica. Dove, se vuoi farcela, devi essere strong, forte, autentico e vero. Volevamo sottolineare la nostra New York experience. Amiamo vivere qui, nessun’altra città potrebbe rappresentarci altrettanto bene. È potente, è diventata la capitale del mondo. Con così tante culture, così tante persone che passano e s’incrociano. Un crossover che è stato sottolineato anche dal vostro casting dell'ultima collezione uomo. Un po’ I soliti sospetti con modelli di schierati in un police lineup come in un riconoscimento… È stato un casting divertente. Abbiamo creato l’uniforme di Public school, incrociando ogni età e diversità, in gruppi differenti. E abbiamo raccontato un concetto di design facile ma con materiali forti. Dopo il successo del menswear, è arrivata la collezione dedicata alla donna. Come immaginate la vostra Public school girl? Può andare facilmente da un concerto rock a una performance artistica e poi a

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uno spettacolo a Broadway. Senza perdere mai il ritmo. È un connettore che sta nel mezzo di questi mondi. Al momento siete occupati anche con Dkny. Vi piace questa sfida? C’è da fare, ma abbiamo due team molto bravi, qui e là. Rende tutto più facile anche se il discorso è molto diverso. Siamo ancora piccoli a Public school. In generale non è facile crescere per un piccolo brand. Quali marchi vi piacciono? Sicuramente Sacai e Yohji (Yamamoto). Come è cambiata la moda? Oggi è diventata fast. I social media e internet sono molto veloci e hanno cambiato le regole del fashion business. Prima una sfilata era più intima, adesso si può vedere lo show online e trovare immediatamente le cose nei negozi per comprarle. Che cosa v’ispira? Quali elementi sono fondamentali in un vostro show? Lavoriamo su un complete feeling che coinvolga tutti i sensi. La vista, l’udito, l’olfatto devono interagire verso una stessa attitudine. E in particolare la musica è una grande ispirazione per noi. Dove ci siamo incontrati? Lavoravamo nella stessa azienda, da Sean John per P. Diddy. Ancora musica quindi... Come vi sentite considerando questo bagno di folla mediatico, che accompagna ogni volta che si parla di voi? Ci sentiamo anche timidi, a volte ci vuole. Siamo felici dell’attenzione ma capita che pensino alla nostra azienda come più grande di quella che è. Apprezziamo la fama, però preferiamo volare bassi e pensare al business. Full translation at page 158

in tutto il servizio, look public school spring summer 2016 Models: EMMY RAPPE @ img; LUCAS CRISTINO @ re: quest grooming: DEBORAH BRIDER lights assistant: ENRICO MORO production: Patricia Martinez @ Asg Paris

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KTZ Marjan Pejoski

servizio stefano roncato - foto cécile bortoletti Una conversazione via Skype, inziata a Londra e continuata a Bali. L'essenza di Ktz e di Marjan Pejoski è racchiusa in questo melting pot senza luogo e senza tempo, lo stesso mix & match che guida la sua creatività nel tracciare le coordinate di Ktz, marchio di culto forgiatosi nelle viscere dell'underground che ora ha conquistato i riflettori del red carpet. Macedone di nascita, ma figlio delle subculture musical-estiche dell'Inghilterra, a chi gli chiede di definirsi risponde scegliendo parole agli antipodi: «Romanticismo e irriverenza, androginia e dandysmo, innocenza e peccato». Perché il suo è un dialogo continuo tra culture: quella antica e sontuosa, che ha scritto il passato, e quella moderna e sovversiva, che traccerà il domani. Inguaribile curioso e affascinato dal mistero, anche nel lavoro unisce due antipodi, viaggiando di continuo tra la nebbiosa Londra e la solare Bali. «Sulla carta sembra tutto incredibile e meraviglioso ma devo dire che è un po’ incasinato dividere a metà il mio tempo, soprattutto a causa degli spostamenti... A Londra abbiamo l’atelier attorno a cui ruota la ricerca, il design e lo sviluppo di alcune parti della collezione, per esempio le stampe. A Bali, invece, si lavora di più allo sviluppo dei pezzi più estremi, quelli destinati alla passerella. Sono due anime della stessa realtà che lavorano in parallelo». Come è iniziata l’avventura di Ktz? È una storia molto molto lunga… Tutto è iniziato nei 90s quando e stato aperto lo store Kokon to Zai, un cuore creativo in cui si lavorava e si lavora unendo musica e moda, facendo scouting di nuovi talenti, collaborando con loro per farli crescere e per crescere insieme. Ho studiato alla Central Saint Martin di Londra e lì mi sono diplomato iniziando, quasi subito, a creare la mia collezione. Tutto è accaduto in modo molto spontaneo e naturale, con un piccolo progetto che poi è esploso. In parallelo nel 2003 è nato Ktz cercando di studiare iniziative a quattro mani con designer e con artisti che trovavo interessanti a livello estetico e culturale. Ho cercato di creare un palcoscenico in cui ognuno potesse esprimere la propria creatività… E Ktz è cresciuta anche grazie a questo confronto con mondi differenti, a questa contaminazione violenta di creatività differenti. Ma se dovesse definire Ktz che parole utilizzerebbe? Sicuramente scouting, nel senso più puro del termine. Scouting di nuove persone, di nuovi designer, di nuovi artisti. Con Kokon to Zai e Ktz abbiamo tenuto a battesimo tanti designer che stanno scrivendo il contemporaneo della moda. Riccardo Tisci, per esempio. Abbiamo regalato una cassa di risonanza forte all'underground, dato uno stage a mondi estremi come quello di Je-

remy Scott, di Emma Cook, di Peter Jensen. Ho scoperto Bernhard Willhelm quando era ancora al college e ho comprato la sua primaa collezione. Abbiamo lavorato con stylist e pop stars. Amo poter incoraggiare qualcosa di nuovo e di speciale che sta prendendo vita. Il suo è una sorte di mecenatismo 3.0... Tutto in Kokon to Zai e in Ktz è frutto di un percorso a 360 gradi. Non si tratta solo di fare moda. Tutto parte dall'avere un grande rispetto per tutte le persone che si considerano artisti, che facciano moda, musica, grafica, arte... L'idea di fondo è massimo rispetto per la creatività, per chi materializza un pensiero, un suo sogno. Io stesso, per esempio, non indosso mai solo cose mie o di un unico brand. Non amo l'idea di un messaggio troppo unidirezionale e mi piace l'idea di poter condividere. Nella sua carriera ci sono dei designer che ha scoperto e di cui va molto fiero? È difficile sceglierne uno solo. E poi devo dire che spesso il mio lavoro è solo servito per dare il via a un'avventura. Forse Riccardo (Tisci, ndr): sono letteralmente innamorato del modo in cui ha dato spazio e portato a un altro livello la cultura undergournd. Ma sono fiero di tutti, anche di quelli che non sono stati capiti dal mercato e non hanno avuto successo. Come lavora alla creazione di una collezione? Parto da quello che vedo in giro e il bagaglio del mio passato. Dico sempre che ho vissuto mille vite in una sola. Amo la storia: uno dei miei magazine preferiti è il National geographic. Ho grande rispetto per le culture scomparse, per le tribù indigene, per i loro rituali ma anche per la loro vita di tutti i giorni. La spirituialità e il misticismo sono due elementi che mi accompagnano. La religione, intesa come culto, mi affascina la avvicino con grande rispetto. È il mistero a intrigarmi, fin da quando ero bambino. E poi, ovviamente, la strada e le subculture metropolitane, considerando che io ne sono parte e ho fatto parte di diversi movimenti che hanno scritto il passato e il presente. E per l'ultima stagione da dove è partito? Sono follemente innamorato di quest'ultima stagione, in cui ho lavorato in contemporanea su uomo e donna. A partire dallo location che sembrava un'installazione d'arte, ispirata a The hunger con David Bowie e Catherine Deneuve. E in particolare alla sequenza iniziale con la performance di Peter Murphy e dei Bauhaus di Bela Lugosi's dead. La gabbia, il fumo, ricreati sotto un ponte dove si sente lo sferragliare del treno che passava sopra le teste del pubblico. Gli abiti sono

nella pagina accanto, al centro, marjan pejoski in mezzo a modelli con look ktz spring-summer 2016

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nati dagli homeless che quando vado a Los Angeles vedo scendendo a Downtown... Dall'idea di vestirsi con qualcosa con cui normalmente non ci si veste. Dal cartone e dal gesto innocente e giocoso di un bambino che taglia un vestito nella carta. Dall'installazione Metropolis di Chris Burden. Dalla fascinazione per la velocità e dai paracaduti che hanno regalato all'insieme un tocco di magia. Dalle parrucche delle ragazze che sono diventate corone realizzate con piume di uccelli del paradiso. Dai copricapi della tribù africana Mursi e dai loro gioielli monumentali. Dall'arte di Jackson Pollock. L'insieme è stato un po' guidato dall'idea dell'everything is possible. Quale è il suo maestro o la figura che l'ha spinta a diventare un designer? In assoluto Leigh Bowery, con cui condivido lo stesso giorno di nascita; mi piace pensare di essergli un po' legato intellettualmente. Mi piace sognare che mi abbia regalato un po’ della sua sensibilità e del suo spirito visionario, che mi ricorda ogni giorno perché ho iniziato questo lavoro. Ma ci sono anche altre donne: amo leggere le biografie ed appassionarmi della storia di alcune figure iconiche come Nancy Cunard, la marchesa Casati o Leni Riefenstah. Donne forti dalla grande sensibilità e con un gusto incredibile. Amo il mistero e l'eccentricità, amo l'arte e tutto quello che riesce a regalarmi un'emozione. E so per certo che non è la moda a ispirarmi, la amo lma per avere un'idea o un'emozione guardo altrove. E allora cosa è per lei la moda? In una situazione sociologica, polica ed ecomonica come quella attuale mi mette un po’ a disago parlare di moda... Oggi è arrivato il momento del: «Chi se ne frega della moda», che in realtà potrebbe anche non esistere nel modo in cui è considerata oggi. Mi piace pensare che la moda sia un linguaggio universale e comune che va oltre le differenze di razza o di cultura. Mi piace l’idea di poter giocare con la moda. Di poter dire chi si è attraverso quello che si indossa, senza proferire

una parola. Un vocabolario con cui esprimere l’appartenenza a una tribù. Ma le piace l'oggi del fashion system così veloce e orientato al digitale? Il cambio di stagione in stagione sta diventando drammaticamente frenetico, tutto è troppo veloce e la velocità porta a dimenticare, a cancellare la memoria e la paternità delle idee. Sono sicuro che qualcosa accadrà molto presto. Anche i social, non si possono trascurare pensando a quanto hanno fatto per la moda. Ma allo stesso tempo hanno un po' drogato il sistema rendendo la moda stessa schiava di un cambiamento perpetuo e accelerato. Ognuno vuole essere soltanto il primo a sapere, il primo a postare, il primo a mettere un like... Senza realmente apprezzare il lavoro di qualcuno. Siamo in un momento molto scary, siamo in una fase di rivoluzione e di passaggio. Non ho dubbi. Che cosa sogna per il futuro del brand? E le piace essere un designer indipendente? Molte collaborazione e molti progetti a cui attingere e con cui crescere. Sono felice di dove siamo e di come stiamo crescendo. Il tempo poi mi aiuterà a capire quale sarà la direzione giusta per il futuro. Da solo o con un partner? Dipende da chi è seduto dall'altra parte. È come in un matrimonio: il partner deve amarti, deve amare quello che fai, deve essere interesssato a quello che fai e deve aver voglia di farti crescere e di crescere con te. Tutto può essere sviluppato in una maniera incredibile o tutto può diventare un vero incubo. Non voglio essere un ribelle, ma sono certo che sposerei solo chi mi accettasse per quello che sono. Davvero come in una storia d'amore. Si diverte ancora dopo cosi tanti anni... Ho bisogno di divertirmi per poter fare tutto quello che faccio. C'è tanto stress, tanta organizzazione in questo lavoro. C'è bisogno di divertimento e curiosità per poter continuare ad amarlo. Full translation at page 158

in tutto il servizio, look ktz spring-summer 2016 Grooming: Mimi Quiquine using Mac Cosmetics Models: Dylan @ Elite; Christina Knight, Cindy, Kiko, Ronja @ Milk; Ola Adeyemi; Lewis Conlon @ Select; Sophie Klock, Tiffany H. @ Wilhelmina Photo assistant: Pawel Dzieman; Set design: Philip Cooper; Production: Patricia Martinez @ Asg Paris

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sacai Chitose Abe

servizio stefano roncato - foto cécile bortoletti Inspiring. Sulla carta potrebbe essere uno dei best kept secret della moda odierna. Se non fosse che nonostante si muova senza troppi clamori mediatici, Sacai lascia a ogni collezione un segno profondo con il suo lavoro. Citato dagli addetti ai lavori, amato nella suo essere un crocevia di concetti, pronto a sfornare una serie di pezzi cult che hanno un’origine. «Distortion. Voglio mostrare la bellezza della distorsione». Parola di Chitose Abe, mente creativa e manageriale del brand nipponico. Diventato maggiorenne, come sua figlia Tohko, il cui arrivo è stata la prima sliding door di questa avventura. Tutto, si sa, ha un prima e un dopo. L’inizio d’autore lavorando per otto anni sulla collezione Junya Watanabe da Comme des garçons.

La nascita di Sacai. Un product-istinct di successo che ne ha decretato l’espansione del business, il libro celebrativo uscito la scorsa primavera. Le collaborazioni eccellenti. Il brusio intorno al suo nome quando Alexander Wang ha lasciato Balenciaga. Come si era sentita a essere al centro dell’attenzione per il suo talento e il suo lavoro? «È tutto molto lusinghiero». Parole leggere, aeree e resistenti. Come lei stessa. Un fiore d’acciaio. Le piace mischiare citazioni ed elementi di moda. Come chiama questa attitude? I like to wear balance. In tutta la mia vita in quello che mangio, nel mio lavoro. Parlando di ogni giorno, posso indossare una semplice maglietta da uomo con uno switch di personalità

nella pagina a fianco, al centro, chitose abe con modelle vestite sacai spring-summer 2016

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grazie a un bel orologio. Amo i contrasti a largo spettro. Posso cenare con un hamburger o andare in un ristorante elegante. Questi contrasti li ho portati dentro Sacai. Una collezione che non parla solo di eleganza. È qualcosa più di eleganza. Com’è iniziato il progetto Sacai? Ho lavorato per molto tempo per un’altra compagnia e ho preferito lasciare quando sono rimasta incinta. Dopo che ho avuto mia figlia, è arrivata l’ispirazione di realizzare qualcosa da sola. E ho iniziato con cinque pezzi. Di maglieria, perché quando ho preso questa decisione, dovevo pensare a qualcosa che mi permettesse di prendermi cura della mia bambina, che era al mio fianco. Erano 18 anni fa. Sakai è il mio nome da nubile. L’ho cambiato in Sacai perché rappresentasse un’azienda e non solo un cognome. E il processo di nascita della collezione? Inizialmente, pensavo a cosa creare e come. Poi mi sono data un’occhiata e ho realizzato che stavo indossando una camicia da uomo, un pullover e un paio di chinos. Uno stile molto

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classico. Mi sono chiesta come forse potessi usare classic items e realizzare con loro qualcosa di differente. Considerando come le cose che usi tutti i giorni sono facili da indossare. Le piace molto lavorare con il prodotto... Ha nel sul curriculum collaborazioni con Moncler e Nike. Come concilia l’anima commerciale con quella creativa? Sono la designer nonché il presidente e il fondatore dell’azienda. Mi occupo quindi direttamente anche del business. E non ho nessuno al mio fianco che mi suggerisca come mandarlo avanti. Torniamo ancora all’idea di un equilibrio. Voglio creare qualcosa che il consumatore non si aspetterebbe. Ma che è atteso. I due aspetti insieme. Non ho un merchandiser, provo tutto su di me. Finché non l’ho indossato e non sono convinta, non c’è l’ok. Faccio il test prima e poi decido cosa va in collezione. Indossabile quindi e sellable, vendibile. Se provo ogni cosa? All, tutto. Quali considera come suoi pezzi iconici? Sicuramente il mix con felpa davanti e blusa sul retro, tough e morbido, maschile e femmi-

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nile. Prendo molti pezzi classici per vedere di creare una sorpresa. Quando mi dicono che i miei capi non sono facili, vado subito dal mio team: «Fateli assolutamente non facili». Quali punti in comune tra la sue collezioni maschili e femminili, soprattutto con l’ultima con il concetto di Paradise garage? Ci sono due aspetti principali. Da una parte le citazioni al vintage. Il mood vittoriano, con chiffon, pizzi e abiti. La ripresa della fantasia bandana, i cardigan impreziositi da ricami. Che ho voluto rivedere in chiave fresh e nuova. Inoltre l’idea di distortion, di qualcosa che non sia perfetto, partendo proprio dai tagli. Voglio mostrare la bellezza della distorsione. Lei cita la parola fresh. Quanto la moda ne ha bisogno oggi? Oggi ci sono tanti stilisti e molte proposte disponibili. È importante arrivare a essere diversi in modo distintivo. Quali sono i prossimi progetti?

Aprire negozi all’estero, sono partita dall’Asia. Anche se sono basata in Giappone, attualmente solo il 30% del business è realizzato su quel mercato. Un balance voluto, dove gli Stati Uniti rappresentano un Paese importante. Ma anche l’Italia. La produzione è praticamente tutta nipponica anche perché tutti i tessuti sono realizzati da disegni. C’è qualche designer che l’ha ispirata? In generale guardo molto e tutto ma non prendo mai un’ispirazione letterale. Metabolizzo. E viene fuori in qualche altro modo. Visto che molto dipende da lei, come si chiama sua figlia? Tohko. Significa foresta vicino al tempio buddista, viene da un concetto sacro giapponese. Senza di lei avrei avuto un punto di vista diverso sulla moda. Senza Tohko non ci sarebbe Sacai. Full translation at page 158

in tutto il servizio, look sacai spring-summer 2016. models: Sara Soric e Elle Wennstrom @ Next models; Grooming: Jonathan Sanchez; photo assistant: Federica Falcone; Digital technician: Jean Yves Giot; Production: Patricia Martinez @ Asg Paris

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da sinistra, simon porte jacquemus assieme a JEAN e CLARA 3000 con look jacquemus spring-summer 2016

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jacquemus Simon Porte Jacquemus

servizio stefano roncato - foto cécile bortoletti Un sogno di bambino («Scrivere la mia autobiografia... Anche se mia madre diceva che ero matto») che è diventato un sogno da adulto, grazie a un'onirica sfilata-show («Erano anni che non piangevo così tanto... Il défilé è stato catartico, un momento molto intenso e personale»). Perché attraverso un linguaggio di poesia estetica sognante Simon Porte Jaquemus ha scelto di raccontarsi. E di raccontare la storia di quel sogno che oggi si chiama Jaquemus. Quel marchio lanciato nel 2013 prendendo in prestito il cognome da nubile delle madre, scomparsa nel 2009. Quel marchio diventato il simbolo di un fare moda nuovo, gioioso e infantile. Quel marchio che in tre anni è diventato semplicemente cult. «Che cosa mi piace? Il blu e il bianco, le righe, il sole, la frutta, Marsiglia e gli anni 80». Il pensiero di questo 25enne che sta rivoluzionando la Ville lumière è semplice e naïf, come l'ultima sfilata. «Il racconto è quello di un bambino che fatica a portare un peso gigante, troppo grande per lui... Fatica nel far rotolare un gomitolo scarlatto ma sa di doverlo fare. E il cavallo bianco che entra in scena è la speranza, è un futuro ricco di positività... La mise en scene è ispirata a La cicatrice intèrieure di Philippe Garrel, ma la storia è la mia vita. Non me ne sono reso conto fino a quando ho visto lo show, ma la sfilata è stata un racconto intimo del mio io più profondo. E i vestiti sono diventati strumento per riflettete e guardare la mia vita». Con quegli occhi di bambino che lo stanno accompagnando in ogni sua scelta. Che cosa è per lei oggi la moda? Per me è creare una storia... È tutto tranne che fare dei vestiti. È un racconto molto personale, quasi autobiografico. Ogni mia collezione è una tessera di un puzzle che mi racconta. Mi può ispirare una vacanza o un momento difficile. Ogni stagione è uno storytelling molto intimo, visceralmente personale. E devo dire che tutto questo percorso nasce e si forma in modo spontaneo. Non rifletto sulle cose decidendo da dove o da cosa creare. Nasce tutto in modo molto naïf... Come un bambino che gioca e che si racconta, delle volte anche in modo un po' sconclusionato.

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Da bambino che cosa sognava di fare da grande? Lavorare nella moda, diventare un designer. Tutti lo sapevano e io stesso ne ero certo. Sono cresciuto in un piccolo paese di campagna tra frutta e ortaggi (è nato a Salon-de-provence nel Sud della Francia, ndr), dove tutti quanti si conoscevano e dove tutti sapevano che avrei fatto questo lavoro, non perché fossi interessato agli abiti, ma soprattutto per la mia comunicatività con le persone. Qual è il suo primo ricordo legato alla moda? Assolutamente mia madre... Ma anche mia nonna e forse tutte le donne della mia famiglia. Quello che mi ha sempre affascinato è la loro storia più che il loro stile. E così è stato anche negli anni a seguire. La mia estetica è stata cementata dai film, dai libri, dalle storie della gente. Dalla pastorella di campagna alla cuoca passando per la panettiera del paese. E chi considera i suoi maestri di stile? Rei Kawakubo in assoluto, per l'onestà con cui ha creato Comme des garçons. O Pierre Cardin, uno dei grandi della moda francese, per la sua irrivereza e il suo approccio sognante al futuro. Un visionario. Provi a descrivere la donna Jaquemus... Mia madre in assoluto ma anche una bellezza italiana come Valeria Golino in Respiro di Crialese. L'Italia è il Paese che amo di più dopo la Francia, mia nonna è nata a Cortona ma è emigrata quando era bambina. Ho chiaro in testa come vive la mia donna, in quale casa abita, in che piatto mangia. Mi piace l'idea di immaginare un vero e proprio lifestyle, proprio perché il mio lavoro va oltre l'abito. E dove approderà? Magari all'arredamento... Disegno già tutti i mobili per il nostro showroom e so esattamente come sarebbe la casa della mia donna. E poi l'uomo anche se devo ancora capire come avvicinarmi a questo universo. Il bimbo no, il mio approccio alla moda è puro e innocente come quello di un bambino.

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in tutto il servizio, look jacquemus spring-summer 2016. Digital assistant: Federica Falcone production: Patricia Martinez @ Asg Paris

Ma vestire un bambino, dandogli delle regole, sarebbe un po' tradire il mio essere. Qual è oggi il suo sogno? Essere felice come lo sono oggi. Avere la stessa forza che ho oggi e che mi regala questa serenità. Fare quello che ho voglia di fare. Ma non sogna, come tanti suoi colleghi, la direzione creativa di una grande griffe? Oggi la più grande maison che posso avere, e gestire, è la mia... Il mio è un racconto unico e personale, figlio di un universo in evoluzione. Ma soprattutto è un percorso vero. Ho gioito quando Raf Simons ha lasciato Dior per dedicarsi a lui, all'essenza della moda: la creazione. In fondo siamo qui per inventare ma con i ritmi dei grandi gruppi è difficile. Io sono piccolo e ne sono fiero. Quando i vertici di Lvmh mi hanno approcciato quest'anno per la menzione speciale dell'Lvmh prize ho ringraziato e ho avuto un ulteriore certezza: non faccio questo lavoro per i soldi, lo faccio per raccontare storie. Oggi quando crea le sue storie con quante persone lavora? Da solo, il mio staff sono io. Ho qualche persona che mi aiuta, ma quando creo sono solo... Faccio fatica a condividere questo momento così intimo. Per esempio non disegno, non ne sono capace. E se lo faccio i bozzetti sono come quelli di un bambino. In quest'ultima stagione ho modellato gli abiti direttamente sul corpo della modella. Un approccio couture con un linguaggio disincantato. Cosa vorrebbe fare da grande Simon Porte Jaquemus? Moda sicuramente... Ma anche cinema. Mi piacerebbe raccontare la mia donna attraverso una macchina da presa. Anche la fotografia: sto seguendo un corso per iniziare a scattare i miei look book o le immagini dell'adv, per mettere su carta le mie visioni di donna. Con il mio lavoro voglio solo raccontare la mia vita. Che era quello che dicevo a mia madre da bambino... E forse non ero così matto. Full translation at page 158

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portfolio

first row Istantanee dalla prima fila, per un punto di vista fuori dal comune sulle passerelle internazionali del ready to wear donna Tra ambientazioni spettacolari, volti iconici, accessori ossessione e atmosfere suggestive. Racchiuse nelle pagine di un diario-album, capace di catturare lo zeitgeist della primavera/estate 2016 photo by stefano roncato

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comme des garรงons

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dolce & gabbana

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dior

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giorgio armani

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SOPRA, miniabito a maniche lunghe, gonna a palloncino in seta con applicazioni colorate, Twist bag in coccodrillo E collane in pelle e paillettes. model: Luisana Gonzalez @ Ford models

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paris

decadence discovering the louis

vuitton

new atelier servizio e foto juergen teller

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in questa pagina, canotta a rete in maglia e APplicazione di piume, pantaloni multicolor, Borsa GO-14 Malletage patchwork in pelle, Scarpe Richelieu in pelle aperte sul tallone con tacco alto e stringhe ton sur ton. model: Caroline Reagan @ Next MODELS. nella pagina a fianco, chiodo in pelle, kilt ricamato, Twist bag in pitone E collane in pelle e paillettes. model: Lily Stewart @ The Lions

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In questa pagina, cappotto in pelle a stampa monogram e righe, Speedy bag in pelle e dettagli in canvas Monogram e Scarpe Richelieu in pelle nera laccata. Model: Kiki Willems @ IMG. nella pagina accanto, abito a palloncino bianco in chiffon di seta, gilet in pelle a stampa monogram e righe con borchiette applicate. model: Mayka Merino @ IMG

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SOPRA, tuta in seta beige e stampa rossa, Borsa Mini Lockit in pelle nera laccata e decorata da borchie in metallo e nappine in pelle, Collane in pelle e paillettes. model: Lea Issarni @ Next MODELS. in tutto il servizio, abiti e accessori louis vuitton by Nicolas Ghesquière s/s 2016. Hair: Paul Hanlon; Make up: Pat Mc Grath

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Dries Van Noten

Manish Arora

asvof.com overview

portrait di femminilitĂ 3.0

mentre i designer sfilano un tributo al potere della donna, gli abiti che compongono la stagione diventano una mera annotazione all’interno di un nuovo capitolo sulla natura di una moda, in radicale mutamento Testo Diane Pernet. Foto Sonny Vandevelde Iris Van Herpen

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Ktz

Gucci

La gran parte delle stagioni sembra vivere dei cambiamenti a cui si assiste sulla passerella: dai fenomeni sociali, che offrono ispirazione agli stilisti, fino ai minimi dettagli che caratterizzano le tendenze dell'abbigliamento. Ma di tanto in tanto, gli abiti che compongono le collezioni diventano una mera annotazione all’interno di un nuovo capitolo sulla natura esistenziale di una moda in radicale mutamento. Così è stata l'ultima stagione primavera/estate 2016. Per chiunque sarebbe stato difficile pensare a qualcosa che trascendesse lo stato di fatto del settore e le pressioni imposte ai suoi direttori creativi. In passerella Alexander Wang ha, praticamente, saltato di gioia per la conclusione del suo contratto con la maison Balenciaga. Raf Simons, in sordina e senza clamore, ha dato l’addio alla maison Dior. Il tutto mentre i collaboratori dello studio creativo di Alber Elbaz si mettevano in sciopero dopo che il loro eroe era stato messo alla porta da Lanvin, dopo 14 anni passati alla direzione creativa della maison francese. Ma questa, sostengono alcuni, è la natura della moda. Il vecchio ordine finisce al cominciare della fase successiva. Demna Gvasalia di Vetements, il primo stilista georgiano a raggiungere il successo internazionale, è stato accolto in Balenciaga come un re e sembra essere l’astro del momento. Stranamente, lui e Alessandro Michele di Gucci vengono salutati come nuovi stilisti, ma in realtà entrambi hanno trascorso una considerevole quantità di tempo presso grandi marchi (Michele, che ha incominciato a lavorare in Gucci mentre Demna Gvasalia imparava il mestiere prestando servizio negli atelier di Louis Vuitton e Maison Margiela). Mentre la giostra

gira nel momento in cui viene pubblicato questo articolo, ancora non si sa chi verrà scelto per ricoprire il posto lasciato vacante da Raf Simons o da Alber Elbaz, anche se circolano voci piuttosto insistenti. La moda è anche questo. Phatos e sorpresa. Lo stesso effetto che ha accompagnato la scelta di Riccardo Tisci di presentare la sua Givenchy a New York in apertura di stagione. Anche se, sotto sotto, la decisione non è stata poi così sorprendente. In fin dei conti la sfilata era sincronizzata con l'apertura di un flagship store Givenchy a New York, e questo show è stato un modo per inviare un messaggio di democratizzazione della moda, di apertura a un pubblico più vasto. La collezione, in sé, era composta da una serie di pezzi romantici, che giocavano con tessuti eterei, pizzi e interessanti texture trasparenti, mentre i modelli indossavano maschere in delicato pizzo. Ma il vero elemento di forza dietro a Givenchy era in effetti costituito dall'ambientazione piuttosto che dalla collezione, aspetto che è diventato evidente più avanti, durante il mese della moda. A Parigi, assistendo alla sfilata di Koche in prossimità della fermata Les Halles della metro, mi sono fatta una risata con la fashion editor Tiffany Godoy che, guardandosi in giro, vedeva le persone arrestare il loro percorso verso la metro per dare un'occhiata alla passerella. «Dopo la sfilata di Givenchy, adesso è accesso libero per tutti», ha detto. Allargare l’appeal di un marchio attraverso l’ampliamento del suo pubblico è un modo per sostenere un messaggio di inclusione. Un altro modo è quello di offrire a chi indossa i capi ispirazione e riferimenti che siano più inclusivi di quanto non accada nel cuore

Givenchy

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Prada

della Vecchia Europa e del lusso vecchio stile. Così è stato rassicurante trovare motivi tribali e segni di diversità etnica nelle collezioni di KTZ, di Sacai e di Manish Arora. Effettivamente c'era qualcosa di positivo e di elettrizzante in tutte queste tre collezioni. KTZ è riuscito anche questa volta nell’intento di mescolare streetwear e couture, e certamente si è confermato leader in un dominio così fortemente contemporaneo. Sacai è la regina della commistione dei tessuti e il suo successo cresce a ogni stagione. Questa volta in passerella ha dominato un forte accento sulla bandana. Manish Arora ha invece mescolato il suo look zingaresco da discoteca con icone dello Studio 54 come Bianca Jagger e Jerry Hall, in colorazioni caleidoscopiche di fucsia, arancio tropicale, oro, malva, verde bottiglia, rosso e glitter metallizzato. All'estremità opposta c’era Rick Owens con il suo tributo al potere femminile. Per rappresentare il tema, ha fatto sfilare delle ballerine che portavano di peso delle donne appese al loro corpo tramite delle imbracature, mentre si ascoltava in sottofondo il pezzo dal film del 1960, Exodus, «This land is mine», eseguito da un trio capitanato dalla cantante britannica Eska. In una stagione ossessionata dalla lingerie, quella di Rick Owens ha fatto la sua comparsa sotto a un cappotto nero con le maniche tagliate via, che rivelava reggiseno e mutandine black. Il messaggio ruotava intorno ai temi del nutrimento, della sorellanza, della maternità e della rigenerazione, rinforzato dalle sue massime muse: la sua compagna di vita Michele Lamy e la figlia di lei, Scarlett. Le sue proposte di grande impatto includevano capi in gazar di seta e organze drappeggiate intorno al corpo, accartocciate su giubbotti sagomati in pelle trasparente, su gilet in pelle vissuta, o modellate intorno al collo. E poi tubini in gazar di seta crema e arancio, attraversati da lampi metallici e dettagli in pelle scolpita. Dries Van Noten, nel frattempo, proponeva il suo glamour anni 40 in una cornucopia di stili risalenti al tempo della guerra, che comprendeva sottovesti, baby-doll in tulle con top a reggiseno rosa shocking, grandi spalle e ardite combinazioni di tessuti con stampe caleidoscopiche in jacquard in tonalità gioiello, abbinate a giacche di taglio

Rick Owens

maschile. Da Gucci, Michele ha esplorato un mood romantico e nostalgico, segnato dall’impiego di un mix di stampe e abiti trasparenti, dolci e mai volgari, abbinati a divertenti mantelle in maglia e gonne lunghe, più raffinate rispetto alle consuete interpretazioni che i marchi sono soliti dare all’atmosfera hippy anni 70. Per Prada, come per Rick Owens, in passerella la protagonista era la forza e la lotta per venire a patti con la femminilità. Miuccia Prada ha scelto di rappresentarsi con giacche squadrate, grandi spalle, tessuti da arredamento miscelati con lane Principe di Galles e pannelli sovrapposti ricoperti da paillettes, abbinati a veli di tulle trasparente che richiamavano le reti da pesca. Nella piega che futuristi e innovatori attendono col fiato sospeso a ogni stagione si è inserita la loro fidata eroina Iris Van Herpen. Utilizzando dei robot per stampare, e tessere, un vestito, facendo ricorso alla stampa 3D, Van Herpen ha adottato taglio e tecniche di tessitura al laser per creare un abito in scena, dal vivo, durante la sua sfilata. Gwendoline Christie, famosa per la sua interpretazione in Game of Thrones, se ne stava adagiata su un piedistallo circolare circondato da tre bracci robotici che andavano componendo il suo abito davanti agli occhi degli spettatori. Il risultato era un reticolo geometrico, architettonico, ispirato alla tradizione indiana di far crescere ponti creati dalle piante sopra ai fiumi e ai burroni. Un altro momento saliente della sua sfilata è stata la presentazione di capi creati utilizzando diversi tipi di pizzo, in materiali naturali provenienti da Calais. Un aspetto che è sembrato unire molti degli stilisti in competizione per i riflettori in questa stagione è stato la ricerca, apparentemente contraddittoria, di glamour, intimità e potere femminile nel contesto di un futuro imprevedibile. Se molti si sono posti la domanda e pochi hanno imboccato la strada giusta, Van Herpen è stata quella che ha colpito nel segno. Il suo approccio senza compromessi riesce a trasformare completamente la fredda scienza e l’apparente disumanità della robotica in un fashion mood caldo e rassicurante, per noi che siamo qui ora, nel presente. Sospingendoci al contempo nella direzione di una forma di ricerca spirituale. Sacai

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Iceberg Downtown Gallery Mary Charteris, DJ and musician London photo Olivier Zahm

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the shop five buyer view

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The best pieces

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The best accessories

The best mood

tailleur

mule

bally

cb made in italy

sottoveste

platform

erika cavallini

sergio rossi

denim ricamato alexander mcqueen

mansur gavriel

gonna a tubo

blooming bag

ethno

marc jacobs

sara battaglia

stella jean

gala jacket

cappello baseball

bon chic bon grunge

chanel

angelos frentzos

giorgio armani

gucci

dolce & gabbana

nudity balmain

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Sei domande a chi può misurare il polso della stagione; il punto di vista esclusivo di chi si muove a cavallo tra business cool-hunting e marketing. Buyer nazionali e compratori worldwide raccontano le impressioni su quello che hanno visto in passerella. E svelano i pezzi più venduti. Francesca Manuzzi e Michela Zio Thanks to: Antonia Manarese @ Antonia Riccione (Riccione), Tonino Asselta @ Asselta (Bari), Bruna Casella @ Bernardelli (Mantova), Rosy Biffi @ Biffi (Milano), Alessandro Caron @ Caron (Arona), Studio Avesani @ Club21 (Singapore), Marzio Torcianti @ Coltorti (Jesi), Santina Cumini @ Cumini (Udine), Vanna D’Anna @ D’Anna (Positano), Luigi D’Aniello @ D’Aniello (Napoli), Mario Dell’Oglio @ Dell’Oglio (Palermo), Vera Werber @ Dell’Oglio (Palermo), Juliana Santos @ Dona Santa (Recife), Elisabetta Calò @ Elisabeth (Roma), Palmira Sorgetti @ Et e Marianne (Termoli), Daniela Kraler @ Franz Kraler (Cortina d’Ampezzo), Gianni Peroni @ G&B (Brescia), Giuseppe Trovato @ G. Fortini Rossetti (Catania), Giovanna Gaudenzi @ Gaudenzi (Riccione), Federico Giglio @ Giglio (Palermo), Noriko Yokoyama @ Isetan (Tokyo), Jacopo Tonelli @ L’Inde les palais (Bologna), Angela Adani @ La boutique di Adani (Modena), Carla Zalla @ Le noir (Treviso), Giovanni Venturini @ Luisa (Rimini), Paolo Mantovani @ Mantovani (San Giovanni Valdarno), Camilla Monti @ Monti (Cesena), Justin O’Shea @ mytheresa.com (Monaco di Baviera), Alberto Salesi @ O’ (Parma), Tiberio Pellegrinelli, Roberta Valentini @ Penelope (Brescia), Manuel Marelli @ Stefania mode (Trapani), Beppe Angiolini @ Sugar (Arezzo), Giampietro Molteni @ Tessabit (Como), Tiziana Fausti @ Tiziana Fausti (Bergamo), Giacomo Vannuccini @ Tricot (Chianciano Terme), Angela Vitale @ Vitale (Crotone), Paolo Locati @ Wise boutique (Cremona)

The best look

The best new names

valentino

Demna Gvasalia

The best sell-out spring/summer 2015

chloé

vetements

dries van noten

massimo giorgetti

kiini

emilio pucci

the row

miu miu

marco de vincenzo

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f.r.s. for restless sleepers

gonna a corolla

erin wasson

abito lungo

erin wasson x rvca

luisa beccaria

parden's

friulane

anna october

vibi venezia

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quick chat point of view

Un'intervista doppia ad alta velocità. Cinque battute rapide con una coppia di big player del fashion styling e dell'art direction. Per scoprire quali sono i punti chiave del loro lavoro creativo. Angelo Ruggeri

ANNA DELLO RUSSO

SOPHIA NEOPHITOU

fashion director vogue japan

editor-in-chief 10 magazine

1_definisca il suo lavoro con un concetto Il mio è un lavoro che non fa invecchiare, mi mantiene sempre sull'orlo di un precipizio ed è il più bello del mondo

1_definisca il suo lavoro con un concetto È un lavoro per gli amanti dell'avventura, che regala forza e adrenalina, ed è anche estremamente sensuale

2_A COSA SI ISPIRA MENTRE CREA LO STYLING DI UN SERVIZIO? Prendo ispirazione dagli oltre 25 anni di esperienza che ho vissuto, che ho costruito, con creatività e rigida disciplina. La moda, infatti, è organica e deve essere coltivata come una pianta. Giorno dopo giorno

2_A COSA SI ISPIRA MENTRE CREA LO STYLING DI UN SERVIZIO? Leggo molti libri, prendo ispirazione quotidianamente dall'arte visitando le gallery e i musei più importanti, e dai film d'autore, vintage o più recenti. Oggi, è necessario che lo styling sia sempre più simile allo storytelling

3_L'AVVENTO DEI SOCIAL NETWORK INFLUISCE SUL SUO LAVORO? E SE SÌ, IN CHE MODO? Tantissimo. I social media sono i nuovi linguaggi per comunicare con il consumatore. Hanno svecchiato il sistema moda e ti regalano sorprese e nuovi stimoli per creare

3_L'AVVENTO DEI SOCIAL NETWORK INFLUISCE SUL SUO LAVORO? E SE SÌ, IN CHE MODO? Sono un ottimo modo per comunicare, per farsi conoscere e connettersi con le altre persone. Ma io sono tradizionalista e preferisco prendere ispirazione dal mondo reale e non virtuale

4_A COSA NON RINUNCEREBBE MAI? Alla mia organizzazione quasi militare, da guerra. Dedicata alla moda, senza orari

4_A COSA NON RINUNCEREBBE MAI? Alla mia famiglia: la loro presenza è davvero molto importante per me e per il mio lavoro

5_UNO DEI MOMENTI PIù belli della sua carriera? Quando ho curato lo styling di un servizio fotografico scattato da Helmut Newton

5_UNO DEI MOMENTI PIù belli della sua carriera? Quando ho visto pubblicata la prima copia del mio 10 Magazine, 14 anni fa

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120 | MFF-Magazine For Fashion

top of the t model chart

best exclusive

MOST BOOKABLE

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Lineisy Montero louis vuitton

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greta varlese miu miu

SMASHING new face Raquel Zimmermann versace

Maggie Maurer cĂŠline

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Agyness Deyn saint laurent

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Hyunji Shin prada

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Romy Schonberger chloĂŠ

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MFF-Magazine For Fashion | 121

tops 3

Alexandra Elizabeth Ljadov hermès

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vanessa moody chanel

Le esclusive. I volti più richiesti della spring-summer 2016 oltre ai nomi più nuovi, pronti al boom, da tenere d’occhio per le stagioni che verranno. Secondo il parere esperto di una selezione di casting director italiani e internazionali. In una classifica che rivela quali sono stati i modelli più caldi visti sulle passerelle worldwide. Angelo Ruggeri

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Harleth Kuusik valentino

THANKS TO: Maria giulia azario isadora banaudi Edward Brachfeld @Brachfeld Paris Maurilio Carnino @MTC Casting INC. john colver @artlist paris Maria Vanessa Contini e giusy natale @VANESSA CONTINI+ NAT Danilo Di Pasquale gisella genna bethann hardison Adam Hindle @ADAM HINDLE CASTING Caterina Matteucci @Random Production daniel peddle e DREW DASENT @the secret gallery inc. Ardea PEDERZOLI @Marabini Baiocchi

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Vera Van Erp giambattista valli

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Ruth Bell lanvin

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Barbara Pfister @BARBARA PFISTER CASTING

Olivia Jansing salvatore ferragamo

Simone Bart Rocchietti alexandra sandberg

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122 | MFF-Magazine For Fashion

video-award fashion movie

The players: i migliori cortometraggi di moda, che comunicano scegliendo l'estetica dei new talents. Da guardare online, sull'esclusiva piattaforma di Mffashion.com e Nowfashion.com. Angelo Ruggeri

miglior sceneggiatura #hmbalmaination h&M presents A FILM STARRING: kendall jenner

miglior SOGGETTO crocodile handpainted bags dolce & Gabbana presents A FILM starring: Miss Sicily, Dolce and Rosaria bags

miglior protagonista i want your love tom ford presents A FILM STARRING: LADY GAGA

miglior fotografia L’AmÊricaine tory burch presents A FILM BY: Dianna Agron

migliori effetti speciali Cyborg Ophelia manuel facchini presents a film by: Andrea Brunetti

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via Sant’Andrea, 8 - Milano

Chiara Boni MFF_273x336.indd 1

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124 | MFF-Magazine For Fashion

a-venue set design

Fashion architecture. Ecco i migliori progetti d'interior realizzati per sfilate iconiche. Gli spazi trasformati in scenografie cinematografiche da veri master degli allestimenti deluxe. Francesca Manuzzi

miglior scenografia chanel «CHANEL AIRLINES» designed & produced by chanel

miglior LIGHT DESIGN Louis vuitton conceived by nicolas Ghesquière designed by Es Devlin

migliori props dior DESIGNed & produced by Bureau Betak flowers by Eric Chauvin

miglior architettura givenchy conceived by Riccardo Tisci & Marina Abramovic

miglior catwalk moschino «Clothed for construction» conceived by Jeremy Scott

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126 | MFF-Magazine For Fashion

time capsule

accessor-hype chanel

maison margiela

dolce & gabbana

gucci

chloĂŠ

hermès

miu miu

burberry prorsum

balenciaga

proenza schouler

christopher kane

loewe

givenchy

kenzo

Hit list

shoes prada

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junya watanabe

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MFF-Magazine For Fashion | 127

I pezzi cult, che restano impressi nella memoria. I migliori dettagli dalle sfilate, destinati a essere desiderati in tutto il mondo. Dieci borse, dieci scarpe, dieci tips: trenta must-have saliti in passerella tra New York, Londra, Milano e Parigi. Angelo Ruggeri

versace

fendi

louis vuitton

lanvin

Hit list

bags giamba

emanuel ungaro

msgm

cĂŠline

saint laurent

moschino

alexander mcqueen

dior

n°21

dsquared2

Hit list

tips

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128 | MFF-Magazine For Fashion

groom-service make-up

Personal beauty. Reale e virtuale. Un racconto di bellezza che si muove con una nuova velocitĂ digitale. Mixando attitudine selfie e acuti da show. Francesca Manuzzi

yellow sallow Missoni

purple view Manish Arora

iris eye Maison Margiela

star(red) Giambattista Valli

grass brow Max Mara

make up for ever

burberry beauty

givenchy

mac cosmetics

YSL beautĂŠ

ombretto artist shadow mimosa

ombretto Eye Colour Cream damson

ombretto Le Prisme Yeux Mono must-have blue

polvere glitter reflects rust

ombretto COUTURE MONO orient

nelle immagini in still life, tavolini SHIMMER di glas italia. design Patricia Urquiola

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130 | MFF-Magazine For Fashion

The Best

prada

Un gioco irrequieto e dissacrante tra decorativismo design e sovrapposizioni di colori e tessuti. Che si sviluppa deformando e rielaborando asetticamente i pezzi cult del guardaroba femminile. Come il tailleur, realizzato con un'architettura volutamente sbagliata. Quel tailleur che diventa un capo ribelle. Tinteggiato da un rigato irregolare. Proposto in materiale plastico e trasparente. Abbellitto da micro-mantelle in rete, da camicie leggere che strabordano dalle maniche o da gonne sotto il ginocchio, realizzate da pannelli asimmetrici. E poi maxi-orecchini simili a opere futuristiche, occhiali dal profumo 70s e sandali dalle fasce argentate. Fino a un bacio di follia, scandito da quelle labbra vestite di oro zecchino.

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MFF-Magazine For Fashion | 131

The Best

chanel Terminal 2C. Gate N°5. Indicazioni chiare quelle fornite dalla Chanel airline, per accedere all'hub in bianco asettico immaginato da Kaiser Karl Lagerfeld, griffatissimo con banchi del check-in personalizzati, mega schermi e carrelli portabagagli logati. Un aeroporto a cinque stelle, dove si muove a suo agio la clientela della maison di rue Cambon. Trucco a mascherina d’aereo. File di catene con rivetti meccanici. Guanti argentei tagliati. Occhiali da sole da aviatore hi-tech. Cappellini da baseball portati al contrario, con un'aria dégagé. I tailleur si fanno lineari come i trolley a cui appendere le altre borse. Gli abiti sovrapposti ai pantaloni hanno stampa aeroplanino o wall delle partenze. Ai piedi sandali con led della pista d'atterraggio. Welcome on board sull'aereo più ricco del mondo.

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132 | MFF-Magazine For Fashion

The Best

gucci Un set aristo-domestico. Tra le quinte dalle tappezzerie geometriche, sfila una sequela infinita di geek con occhialoni glitterati e mani ingioiellate. Camminano sulla passerella felpata di moquette dai serpenti rosa baby, che s'insinuano tra ramage floreali. Vestono abiti dalle balze glitterate, con gonnelloni plissé e camiciole di chiffon su cui s'infiocchettano plastron trompe l'oeil. «Un gran tour di racconti e decorazioni, di come possa essere vestirsi in modo diverso», ha spiegato Alessandro Michele raccontando quel tourbillon avvolgente che anima la sua Gucci. Un percorso italiano. Il Rinascimento e i 70s, che parlano degli abitoni gipsy, delle mule decorate dal morsetto tormentone, dalla maglieria in lurex, dei décor animal-floreali. In un: «Omaggio alla tenerezza delle donne».

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MFF-Magazine For Fashion | 133

The Best

valentino Un viaggio emozionale nelle terre selvagge, nella savana, alle origini di culture lontane. Codici estetici e realtà che si incontrano e che si confrontano, saggezza ancestrale e generazione digitale. «Abbiamo guardato oltre, per spiegare e rileggere l’etnico in una maniera nuova», hanno spiegato Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, direttori creativi di Valentino. Le lunghe tuniche declinate nei toni della terra arsa dal sole, indossate da modelle come regine tribali, sono arricchite da perline colorate che descrivono motivi Masai su abiti di velo e di piume. E sono sfoggiate con giacche e gilet di pelle intagliata. A impreziosire i look, collari-gioiello e le collane di terracotta, realizzata dall’artista Gaggio. A scandire un lusso primitivo e sauvage.

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134 | MFF-Magazine For Fashion

The Best

dolce & gabbana

Viva l'Italia, dal Nord al Sud. Vista dallo sguardo di chi arriva a visitare il Belpaese. Con quella passione nata nel dopoguerra per l’artigianalità made In Italy che s’incrociava con l’arte, creando un mondo di decori naïf realizzati con quanto a disposizione. È tempo d'Italia per Dolce & Gabbana. «Abbiamo il paese più bello del mondo e volevamo ricordare a tutti cosa e come siamo... Ci ha colpito come ci vedono gli altri, come gli stranieri percepiscano le nostre città e la nostra arte», hanno spiegato Domenico Dolce e Stefano Gabbana. E allora via libera a una stagione di colori accesi, stampe ipercolorate e allegria. Di abiti cartolina e di cromie decise. Di drappeggi, broccati e stampe florali. E di selfie vacanzieri scattati anche in passerella.

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MFF-Magazine For Fashion | 135

The Best

christopher kane «Distruggere e riparare... Questa collezione è un po’ una metafora per raccontare tutto quello che è accaduto nei mesi scorsi. Sono partito dalle sculture di John Chamberlain e dal lavoro dell’artista scozzese Scottie Wilson, di cui Pablo Picasso era collezionista. Il tutto con un approccio primitivo». Lavorando sulle hit della sua storia, Christopher Kane disegna un nuovo percorso moderno, scandito da abiti fluo futuristici come opere pop-punk, prima distrutte e poi riassemblate utilizzando fascette da elettricista, trasformate in gioielli. Per una collezione decorata con metri di pizzo, di perspex futuristico e di frange multicolor che impreziosiscono la maglieria, regalandole uno tocco cyber. Per un pentagramma di stile figlio del più puro underground londinese.

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136 | MFF-Magazine For Fashion

The Best

N°21

Corinne Day e Tina Modotti. Il minimalismo anni 90 e il massimalismo barocco e latino. Parla di fotografia Alessandro Dell'Acqua per dipingere la sua nuova N°21: «È come se fossi entrato in una camera oscura tentanto di fondere tra loro queste due visioni». T-shirt over e canotte in cotone sono il piano americano su cui lavorano i grembiuli, le tute stampa papavero, gli abiti sottoveste di chiffon cipriato. In un ossimoro in cui operano neo-minimalismo ed ethno-barocco, la tuta in popeline esplode di ricami, i caban pungono di borchie appuntate sul retro, le gonne ciondolano di nappine, le patch di pitone marcano gonne e top. Fino a correre sui sandali, cosparsi di frange, piume e pon pon indossati con calzini maschili.

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MFF-Magazine For Fashion | 137

The Best

maison margiela Il concettualismo d'artista di monsieur Martin Margiela incontra il mondo flamboyant e surreale di mister John Galliano. E per la prima volta il mix che calca la passerella racconta un matrimonio di creatività estrema, violenta, irriverente. A parlare è lo zeitgeist asettico dello spazio, che accoglie il suo carillon di geishe punk lo-fi. Le ragazze incedono su una piastra metallica, gelidamente futuribile. Hanno gli occhi marchiati di fulmini e stelle silver à la Ziggy Stardust. Vestono cappotti a uovo cangianti, mutuati dagli anni 50. Portano décolletés spaziali, dalla silhouette deformata, squagliata dalla gravità. Uomini androgini in jumpsuit cedono il passo a regine oriental dagli obi gommosi, ornate di tracce jap e cocci di specchi. In un dialogo di passato remoto e futuro romanticamente digital.

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138 | MFF-Magazine For Fashion

The Best

givenchy Givenchy goes to New York. «È una collezione dedicata all’amore per questa città», ha raccontato Riccardo Tisci, designer a capo della maison. I look sono protagonisti di uno show realizzato in tandem con l'artista Marina Abramovic, tra tetralità classica ed effetti 3D. Come scenografia spettacolare, il tramonto della Big apple e le nuvole che incorniciano i grattacieli di Manhattan. In pedana si mixano e si confondono diluvi di seta, utilizzata per creare top e camicie impercettibili. Il gioco è quello degli opposti: di bianco e di nero. Di leggerezza e forza. Per piumaggi sontuosi e cascate di gemme preziose. Per pizzi vetrificati e borchie da armatura. «Ho voluto evocare una couture che raccontasse gli essenziali dei miei dieci anni alla maison».

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MFF-Magazine For Fashion | 139

The Best

tom ford Solo su tomford.com. Dopo le sfilate super blindate, per lo stilista texano è arrivato il momento di allargare a tutto il globo la visibilità del suo show. «Una sfilata oggi è pensata per le immagini che andranno sui social media. Volevo presentare una collezione in modo cinematografico, che fosse ideata per andare online», ha spiegato Tom Ford. Una video-sfilata diretta da Nick Knight, con colonna sonora firmata da Lady Gaga (ha lavorato assieme a Nile Rodgers sulla cover della hit resa celebre dagli Chic, I want your love). Musica che fa ballare i modelli Mica Arga, Lexi Bolling, Xaio Wen Ju, Aymeline Valade, Lucky Blue Smith, David Agbodji e Tarun Nijjer, star del video. In un'atmosfera glam 70s, decisamente sexy e scintillante.

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SHOWROOM MILAN - NEW YORK WWW.ELEVENTY.IT

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MFF-Magazine For Fashion | 141

Wanda Nylon

Sibling

Simone Rocha

Tory Burch

trends

life in plastic

Loewe Emanuel Ungaro

Moschino

Nicopanda

Marques Almeida Salvatore Ferragamo

Nina Ricci

J.W.Anderson


142 | MFF-Magazine For Fashion

ChloĂŠ

Paco Rabanne

Louis Vuitton

Christopher Kane Bcbg MaxAzria

Acne studios

trends

coachella rave

Altuzarra

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Dsquared2

Valentino

Roberto Cavalli

Narciso Rodriguez

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144 | MFF-Magazine For Fashion

Givenchy

Burberry prorsum

Balenciaga

Saint Laurent

Vionnet

Ermanno Scervino

Costume national

Carven

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Alexander McQueen

N째21

Rochas

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MFF-Magazine For Fashion | 145

Dries Van Noten

Calvin Klein collection

Aquilano Rimondi

Genny

Haider Ackermann

Damir Doma

Tod's

Didascalia

trends

Francesco Scognamiglio

Courrèges

bedtime stories Chloé Elie Saab

Hermès

Philosophy di Lorenzo Serafini

Paul Smith

Alexander Wang

Ami

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146 | MFF-Magazine For Fashion

Mugler

Céline

Lacoste

Versace

Anthony Vaccarello

Antonio Marras

Guy Laroche

Rick Owens

trends

Maison Kitsuné

sexy army Hussein Chalayan

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Tabellare Atos Lombardini.indd 1

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MFF-Magazine For Fashion | 149

Manuel Facchini

Missoni

Diesel black gold

Custo Barcelona

Iceberg

trends

TRIBAL in B/W Pringle of Scotland

Byblos Milano

Valentino

Max Mara

Alberta Ferretti

Junya Watanabe


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MFF-Magazine For Fashion | 151

CĂŠdric Charlier

Etro

Anna Sui

Mary Katrantzou

Tommy Hilfiger

Vetements

Versus Versace Giambattista Valli

trends

liberty 70s Erdem

Fay

Isabel Marant


152 | MFF-Magazine For Fashion

The row

Philipp Plein

Sonia Rykiel

Alexander McQueen

Moncler gamme rouge

Arthur Arbesser

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Redemption choppers

Fendi

John Richmond

Stella McCartney

Marco De Vincenzo

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MFF-Magazine For Fashion | 153

Marchesa

Louis Vuitton

Valentino

Iris Van Herpen

Anteprima

trends

the net Laura Biagiotti

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Emanuel Ungaro

Fausto Puglisi

Proenza Schouler

Balmain

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MFF-Magazine For Fashion | 155

Anthony Vaccarello

Andrea Incontri

Angelos Frentzos

Undercover

Olympia Le-Tan

trends

talking heads Giamba

Stella Jean

Jeremy Scott

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Marc Jacobs

Fausto Puglisi

Emilio Pucci

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156 | MFF-Magazine For Fashion

Michael Kors

Ralph Lauren

Yohji Yamamoto

Elie Saab

Salvatore Ferragamo

trends

RED LATINO Blumarine

Vivienne Westwood

Oscar de la Renta

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Giorgio Armani

Blugirl

Zac Posen

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MFF - 273x336mm (5 mm) - 18 settembre DEF PRINT.pdf 1 23/11/2015 11:04:34


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translation

english MSGM - Massimo Giorgetti Article by Stefano Roncato. Photos by Cécile Bortoletti Brutalist. When you ask about the architectural style of Massimo Giorgetti’s home, the swift answer sounds like it has been cleft by a hatchet and it is uttered with intimidating harshness. Then the blow is softened by the contrast between the imposing red brick walls and the tall panes of glass that blur the lines between inside and outside. There is solidity and a capacity to soar in the iconic building in Milan, which was designed by Domenico Pascarella and suggests a lot about its inhabitant. It almost seems like he was destined to live there. When the designer starts talking, he nearly makes you forget the rapid rise of his prodigious brand MSGM, which he created in 2009 in partnership with the Paoloni group. The same applies for the breakneck speed of his advances in commercial matters, business, stores and fashion shows. Then there is his appointment as the creative director of Emilio Pucci, where he has just made his debut, not to mention the unbridled attention he is receiving from admirers proposing partnerships. It is all here and now. Giorgetti’s words break down the steps in a carefully conceived development process and his eyes divulge almost as much as his mouth. They hold instant appeal and are perpetually inquisitive, quick and thirsty for knowledge. Giorgetti offers snapshots of things and people that he has seen, his world, his music, his passions and his new, human and understandable frailties. He paints a picture with speech instead of paint. He is hypnotic, like the face in a picture that stands out on one of the walls. It’s all About a Boy, as Nick Hornby would say. What are you enjoying the most about this moment in time? I am lucky because boredom is now a completely alien concept to me. I feel like I’m on a rollercoaster or at the circus. I am constantly travelling in trains, planes and taxis. The endless sound of the wheels on my suitcase behind me has become the soundtrack of my life. As stressful and difficult as everything may be, it’s also thrilling. It’s all very exciting. My only regret is that the time for carefree fun is largely over. How do you divide your time between MSGM and Emilio Pucci? Straight down the middle. Two and a half days (which can easily turn into three) in Florence and two and a half days (which can easily turn into three or four with the weekend) in Milan. You are looking at a stricter and more disciplined Massimo. I also have a better diet and I am giving up eating meat. I was already getting into a healthier phase. Perhaps it is a trend. And I really love trends… Another secret is exercise. I go running every other day. And then there’s music, which is my real form of therapy. I also listen to it when I am running and on the train. How do you find out about new music? By myself or thanks to the people that I work with, like Nicola Guiducci and Andrea James Ratti. Then I have other friends who DJ on the riviera and send me stuff. The music scene is exhilarating right now and it is all free thanks to modern technology. Indie rock has broken all the rules. The same singers can span all the genres, from classical to rock and punk. They can take songs and make something brand new out of them. We saw the impact of this in the women’s fashion show… I wanted to present a slightly different image and we changed the soundtrack the day before. I remembered this American group called Le Tigre. We had prepared a wall with lights and speakers, and the models were almost running. It all started with the music. I am also working on two pieces for the menswear. How would you describe your women? They must be contemporary. Not brazenly cultured or intellectual, but they must know what’s going on around them. They are today’s women. I am very fond of the concept of now. We live in a time when everything is so fast in all areas - from society to fashion and finance - that you have no idea what might be happening six months down the line. I don’t like the past and clothes that reek of vintage. Nor do I like it when they look too far ahead. I have made the mistake of really focusing on a fabric, a seam or a detail. I now realize that it doesn’t work for me. You have also embraced the latest forms of communication. How much do you owe to social media? They were essential at the start. When MSGM was launched in 2009, I created a magazine with Antonia (a store in Milan - Ed.) to present it to all of these new bloggers like Tavi and Tommy Ton. Things really started happening in 2011 and 2012. I have been criticized for dressing It Boys and Girls and choosing faces with a bit of a “pop” feel like Luca Finotti. At the time, it catapulted me into the spotlight. Shops wanted MSGM and MSGM was flying out of the shops. It enabled me to do business inside stores, which plays a crucial part in the move from being a young brand to being a partner. We are now partners with almost 500 stores for womenswear. They respect and esteem you. You grow together. You have a modern role that spans the different positions in the company. What will be the next steps? I have to admit that the time has come to put a proper structure in place. We are looking for a new CEO and some financial partners. There is a whirlwind of investment funds and investors all around us. Obviously our project is starting to prove attractive for the financial world. However, I won’t deny that we are discussing things with Paoloni (MSGM’s partner - Ed.) and considering whether to stay independent and gradually build up a structure. Partly, it’s because I am extremely worried about altering the very nature of MSGM. It started out as a casual pop sportswear label and its prices and fabrics have evolved. I wouldn’t want to go suddenly opening a load of shops and taking things in a completely different direction. We are now starting to see celebrities wearing MSGM… I didn’t think that it would happen, because there are already lots of other brands aiming for the red carpet. We started sending out a few items of clothing and we were pleasantly surprised. There was Gwen Stefani on The Voice and Lady Gaga at the American Horror Story premiere. They are beginning to join the admirers of our simple but fashionable dresses, which are not overly embroidered and not overly complicated. Is that the secret to MSGM’s success? Yes, keeping things very stylish yet easy to wear. Although even the more extreme things do well in the shops. Things were up and down a bit in the store in Milan for a while, but now it’s flourishing. We have also taken more care over the visuals. You need to understand the mistakes that you make. You come up with stories in your head, such as a minimal white sheet and asphalt. However, maybe you will find that the shoppers think that asphalt looks dirty. You have to reflect and learn from your mistakes. I don’t think that any creative figures are really sure of themselves. I am discovering a side of myself that is more insecure and frail, thoughtful and pensive. After thinking things over for two or three days, it is important to realize when you have got something wrong. And react. What sort of relationship do you have with criticism? A healthy one. Gratuitous criticism hurts but you forget it after a while. Constructive criticism will stay with you all your life. I am enthralled by intelligent people. I contemplate criticism and it becomes a working tool for me. I like to have a frank exchange of views and it is very much a team affair at both MSGM and Pucci. You can’t achieve anything on your own either on the style front or in business. I strive to create relationships that are also of a personal nature. What is it like dealing with an organization like Emilio Pucci, which is already big? It’s great there, too. It takes me two hours on the train to get from MSGM to the palazzo in Florence. It’s a completely different experience. It automatically puts you in the mood to create different things with different teams. Your vision is the same but you are not discussing it with the same people. Emilio Pucci is a flagship line with substantial fabric and embroidery budgets. To start with, it felt like a dreamland. I just said “Wow!” If you found yourself on holiday tomorrow, what would you do? I would turn off my mobile, my iPhone, my iPad and my iWatch. I’m an Apple boy - a Steve Jobs fan. I would read a good book, maybe a thriller: one of the Stephen King novels from when I was a teenager. Something a bit commercial maybe, to wolf down in one go.

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You have referenced everything from Björk to TV series like Beverly Hills 90210 in your collections. How important is 1990s culture for you? It was my decade and it shaped me and influenced my look. It was a time when I soaked everything up like a sponge. I have very clear memories of the fashion as well. There wasn’t much of anything and there were fewer fashion shows. I started out working as a shop assistant at Nick & Sons in Riccione in 1997. They were the boom years for Tom Ford at Gucci, Prada and Helmut Lang. It was the tail end of the golden age for the riviera and clubs like Echoes and Cocoricò. The first night I went out in those places, I saw how fashion went straight from the catwalk to people’s wardrobes. It’s not like that anymore, not even if you go into fashionable or underground venues. Alessandro Michele at Gucci is marking something of a comeback for Italian fashion shows. What do you think of the new generation of talents who are lighting up Milan? I find it interesting and I am proud. Right from the start, I decided that MSGM should be based in Milan. I moved here to start the project and I put the city’s name under the logo. I have been contacted by other cities and I have been asked to do fashion shows in New York, London and Paris, but I have always declined the offers. Milan means prêt-à-porter, Italy, and also business. The press often criticize Milan for being too business-oriented. When I read things like that, I have a little chuckle to myself. Do you see yourself as a business boy? I didn’t want to be, but I have become one in spite of myself. I have to say that it is nice because it gives you a different sort of confidence compared to the style side of things. When I am being creative, I am insecure and I lay myself bare. When I am dealing with business, all of my insecurities drift away. You know where you are with numbers. As well as the concept of “now”, I like the concept of “truth”. I produced a collection with the word “Truth” on the sleeves and the sweaters. I like genuine, honest fashion. I am who I am, so why would I pretend to be anything else? They used to call you Milan’s young king of contemporary fashion… Have you heard me say the word “contemporary” even once? I used to be proud of it, but now it’s a bit passé and it’s no longer fashionable. The word itself is slightly disparaging and it has caused some confusion. It used to conjure up images of quick, easy American creations. Everything comes to an end. It is an inherent part of fashion… We had a few years when we were really flying high with the rose sweaters and the scuba and fluorescent stuff. To a certain extent, we were the big thing in those seasons. However, I am pleased that MSGM has never been really, excessively fashionable. It means that it has never gone out of fashion. public school - Dao-Yi Chow & Maxwell Osborne Article by Stefano Roncato. Photos by Cécile Bortoletti The office is a hive of activity. It is like a snow globe in the heart of the Big Apple: a world of its own with porous bricks and windows looking out on the buildings of New York. Every corner is bursting with creativity. Everywhere you look, there are Polaroids, hanging clothing samples, mannequins, bustling tables and designers, Skype calls and pattern makers. Not to mention photographs, including a portrait shot at a biker meet in Brooklyn that looms behind the desks in Dao-Yi Chow and Maxwell Osborne’s seethrough office. They are all fragments of the New York story that the creative duo are telling with their label Public School, which they started in 2008. They mix high- and low-brow influences, ranging from fashion to music and art. Alongside references to their background in hip hop, 1990s looks and street style, there are nods to tailoring, sport, social media and films that have inspired them, such as Blade Runner and The Warriors. They have quickly gone from being the new kids on the block to genuine blockbusters. They are now becoming part of the establishment, after being appointed as the creative directors of the LVMH group label DKNY and making their debut with it in September. It is further confirmation of a rise to the top that is stunning by anybody’s standards and their eyes light up at the mere mention of the soundtrack to the fashion show in Dubai, where they have just presented the pre-collection. The volume is turned up and the spotlights are shining on Chow and Maxwell, who are rolling in accolades, including a number of CFDA (Council of Fashion Designers of America) awards and the first US International Woolmark Prize for their menswear, which made them famous. These honours appear in their résumé alongside super-cool projects with iconic Air Jordans, Oliver Peoples eyewear, TUMI luggage and IWC watches, as well as the collaboration with J.Crew that came with their CFDA/Vogue Fashion Fund award. What is their secret? "Finding perfection in imperfection". Where does the name Public School come from? We actually already had it in mind before we came up with the idea and the plan for the collection. We were both born and raised in New York City and we went to public schools. If you want to survive there, you need to be strong, tough, real and true. We wanted to underline our New York experience. We love living here: no other city could capture our essence so well. It is powerful and it has become the capital of the world. There are so many cultures and so many people flock here and get thrown together. The crossover was underlined by the casting for your latest men’s collection. It was a bit like The Usual Suspects, with the models in a sort of police line-up… It was a fun casting call. We created the Public School uniform by combining all ages and origins, in different groups. We presented a simple design concept with strong materials. After the success of the menswear, you now have a women’s collection. How would you describe your Public School girl? She can easily go from a rock concert to an art show and then to a Broadway play and not skip a beat. She’s a connector who sits in the middle of all these worlds. You’re currently also working with DKNY. Are you enjoying the challenge? There’s a lot to do, but we have two good teams, both here and there. It makes it all easier, although they’re two completely different things. Public School is still small. It doesn’t tend to be easy for a little brand to grow. Which labels do you like? Definitely Sacai and Yohji (Yamamoto). How has fashion changed? It is now fast. Social media and the internet are very quick and they have changed the rules of the fashion business. Fashion shows used to be more intimate affairs but now you can see the show online and instantly buy the things in the shops. What inspires you? What features are essential in your shows? We work on a complete feeling that involves all of the senses. Sight, hearing and smell must all intermingle with the same overall mood. Music in particular is a huge inspiration for us. Do you know where we met? We were working for the same company: P. Diddy’s Sean John label. More music then... How do you feel about the huge buzz in the media every time that your names are mentioned? We can be quite sheepish about it, and sometimes that’s a good thing. We are glad of the attention but people often think that our company is bigger than it really is. We appreciate them spreading our names, but we prefer to keep our feet on the ground and concentrate on business. ktz- Marjan Pejoski Article by Stefano Roncato. Photos by Cécile Bortoletti The Skype conversation started in London and proceeded in Bali. The essence of KTZ and Marjan Pejoski is summed up by this melting pot with no fixed time or place. The same mix & match outlook can be found in his creative approach to KTZ, a cult brand that took shape deep underground and has now won acclaim on the red carpet. Pejoski was born in Macedonia but he is a product of English musical and visual subcultures. When asked to describe himself, he chose words at opposite ends of the spectrum: “Romanticism and irreverence, androgyny and dandyism, innocence and sin.” After all, he engages in continual dialogue between cultures: the ancient and sumptuous culture of the past and the subversive modern culture, which will lead the way to the future. He is irredeemably inquisitive and fascinated by mystery. He also brings together opposite ends of the scale in his work, as he frequently flits between foggy London and sunny Bali. “On paper it all sounds incredible and wonderful, but I have to say that it is a bit chaotic spending half of my time here and half there, mostly because of the travelling... In London, we have the atelier, which is the hub for research, design and the development of some parts of the collection, such as the prints. In Bali, we work more on the development of the more extreme items which are destined for the catwalk. They are two sides of the same entity that work in parallel”. How did the KTZ story begin?

It is a very, very long tale… KTZ came into existence in the 1990s with the opening of the Kokon to Zai store, a creative nerve centre where we have always combined music and fashion, while also scouting for new talents and working with them so that we can help them to develop and we can grow together. I studied at Central Saint Martins in London and I began creating my collection almost straight after I graduated. It all happened very spontaneously and naturally. The story started with a small project that rapidly flourished. At the same time, I have always nurtured KTZ and tried to do joint projects with designers and artists that I find interesting in aesthetic and cultural terms. I have strived to create a showcase to allow everyone to express their creativity… Part of the reason for KTZ’s growth lies in this interaction with different worlds and the clashes between various types of creativity. What words would you use to describe KTZ? Definitely “scouting”, in the purest sense of the term. Scouting for new people, new designers and new artists. Our little store has seen the first steps of numerous designers who are now shaping the contemporary fashion scene. Take Riccardo Tisci, for example. We have provided the underground with a sounding board and given a stage to extreme output such as the creations of Jeremy Scott, Emma Cook and Peter Jensen. I discovered Bernhard Willhelm when I was still at college and I bought his very first collection. With Kokon to Zai, we have worked with stylists and pop stars. I love to be able to encourage new, special things that are coming into existence. You are involved in a sort of patronage 3.0... Everything at Kokon to Zai and KTZ is the result of an all-round process. It is not just about fashion. It all starts with great respect for all those who consider themselves artists, whether they make fashion, music, graphic design or art... The underlying concept is maximum respect for creativity and people who give concrete form to thoughts and dreams. For example, I never wear outfits made up entirely of my own clothes or things by a single brand. I’m not fond of the idea of having a message that is too unidirectional and I like the idea of being able to share. Are you particularly proud of any designers that you have discovered during your career? It would be hard to pick just one. And I have to say that often my work only served to get them started. Maybe Riccardo (Tisci – Ed.): I have literally fallen in love with the way in which he has carved out space for underground culture and taken it to another level. But I am proud of all of them, including the ones that were not appreciated by the market and were unsuccessful. What approach do you take when you create a collection? I start with what I see when I am out and about, together with my past experiences. I always say that I have lived a thousand lives in one. I love history and one of my favourite magazines is National Geographic. I have great respect for lost cultures and for native tribes: not only for their rituals but also for their everyday lives. Spirituality and mysticism are two ongoing themes for me. I am fascinated by religion, in the sense of worship, and I approach it with great respect. The mystery has always intrigued me, ever since I was a child. Then of course there are urban subcultures and the street, bearing in mind that I am part of them and that I have been involved in a number of movements that have shaped the past and the present. What was your starting point for last season? I am head over heels in love with the stuff from last season, when I worked on the men’s and women’s collections at the same time. I started with the location, which looked like an art installation and was inspired by the first scene in The Hunger with David Bowie and Catherine Deneuve, especially the initial sequence with Peter Murphy and Bauhaus performing Bela Lugosi’s Dead. The cage and the smoke, recreated under a bridge where you can hear a train rattling over the heads of the audience. Plus the homeless people that I see in Downtown Los Angeles... There was the idea of wearing things that are not normally used as clothes. Cardboard and the innocent playfulness of a child cutting a dress out of paper. The Metropolis installation by Chris Burden. The parachutes that gave a touch of magic to the whole thing. The wigs like crowns made with the feathers of birds-of-paradise. The headdresses and huge items of jewellery of the Mursi tribe from Africa. The art of Jackson Pollock. Providing a degree of guidance behind it all was the idea that everything is possible. Who is your inspiration or the person who convinced you to become a designer? Definitely Leigh Bowery, with whom I share a birthday. I like to think that there is a bit of an intellectual bond between us. I also like to think that he passed on to me a little of his sensitivity and visionary spirit, which reminds me every day why I started doing this job. Then there are a number of women. I love reading biographies and getting into the history of iconic figures such as Nancy Cunard, Luisa Casati and Leni Riefenstahl. They were strong but highly sensitive women with incredible taste. I love mystery and eccentricity. I love art and everything that has an emotional impact on me. And I know for certain that it is not fashion that inspires me. I love it, but I look elsewhere for my ideas and emotional inspiration. So what is fashion for you? In the current sociological, political and economic climate, I feel a little uncomfortable talking about fashion... We are going through a “Who cares about fashion?” phase. After all, we could do without fashion in the way that it is seen today. I like to think that in actual fact fashion is a shared, universal language that goes beyond racial and cultural differences. I like the idea of being able to play with fashion and being able to say who you are through what you wear, without uttering a word. It is a language that allows you to show that you belong to a certain tribe. Do you like the fact that the contemporary fashion industry is so fast and digitally oriented? The changes from one season to the next are becoming drastically frantic. Everything is too fast and you start to forget when you move at such a rapid pace. You lose all trace of authorship and memories of ideas. I am sure that it will all come to a head very soon. As for social media, they can’t be neglected and they have done so much for fashion, but at the same time they have kind of got the industry hooked and fashion is now a slave to perpetual, high-speed change. Everyone just wants to be the first to know, the first to post, the first to “Like” something, but they don’t really appreciate people’s work. It is a very scary time and there is no doubt in my mind that we are going through a period of revolutionary change. What dreams do you have for the future of your brand? Do you like being an independent designer? Lots of collaborations and lots of projects that can inspire me and help me to grow. I am happy about where we are and how we are growing. Time will help me to understand what will be the right direction for the future. On my own or with a partner? It depends on the other person. It is like being married: your partner has to love you and what you do, be interested in what you do and want to help you to grow while growing alongside you. It can all pan out marvellously or it can all turn into a real nightmare. I don’t want to be a rebel, but I am sure that I would only marry a person who is prepared to accept me for who I am, just like in a love story. Do you still enjoy yourself after all of these years? I need to enjoy myself to do everything that I do. My work involves a lot of stress and a lot of organization. You need to enjoy yourself and stay inquisitive in order to keep on growing. SACAI - CHITOSE ABE Article by Stefano Roncato. Photos by Cécile Bortoletti Inspiring. In theory, it should be one of the best kept secrets in fashion today. However, every collection by Sacai has a huge impact, even though the company keeps a rather low media profile. It is frequently cited by members of the trade and highly regarded because of its status as a crossroads of concepts that is ready to produce a whole series of cult items with a clear origin. “Distortion. I want to show the beauty of distortion”. These are the words of Chitose Abe, who is in charge of both business matters and the creative side of things at the Japanese brand. Sacai has just turned 18 and so has Abe’s daughter Tohko, whose birth was the first sliding door in this fashion story. After all, everything has to start somewhere. The tale has a fairly traditional beginning, with eight years spent working on the Junya Watanabe collection at Comme des Garçons. Then Sacai was founded. The business expanded following the success of the instinctively conceived products. There have been some prestigious collaborations along the way and a celebratory book came out in the spring. Abe’s name was on many people’s lips when Alexander Wang left Balenciaga. How does she feel about her talent and her work putting her in the spotlight? “It is very flattering”. Her words are light, dainty and tough, just like her. She’s a steel magnolia. You like to blend different fashion features and references. What do you call this approach? I like to wear balance. That applies in all aspects of my life, including my

work and the things I eat. I am talking about everyday life. I can wear a simple man’s sweater and switch its personality with a nice watch. I love wide-ranging contrasts. I can have a hamburger for dinner or go to a sophisticated restaurant. I brought these contrasts on board in Sacai. The collection is not just about elegance. It has something more to it than that. How did the Sacai project begin? I worked for another company for a long time and I chose to quit my job when I got pregnant. After I had my daughter, I felt inspired to create something by myself. I started with five items. I knitted them, because when I decided to make them, I needed to be able to look after my daughter, who was by my side. That was 18 years ago. Sakai is my maiden name. I changed it to Sacai so that it could be a name for a company and not just a surname. How did the collection develop? To start with, I considered what to create and how to make it. Then I took a look at myself and I realized that I was wearing a man’s shirt, a pullover and a pair of chinos. A very classic style. I asked myself how I might be able to use classic items and make something different from them, bearing in mind that the things that you put on every day are easy to wear. You are very fond of working with products and you have collaborations with both Moncler and Nike to your name. How do you reconcile your commercial and creative sides? As well as being the designer, I am the founder and president of the company, so I am directly responsible for business matters and I do not have anybody by my side offering tips on how to run things. It all comes back to the idea of balance. I want to create things that consumers will not expect, but I want them to be eagerly awaited at the same time. I don’t have a merchandiser: I test everything on myself. I don’t give the OK until I have worn something and I am happy with it. I test things first and then decide what can go in the collection. If it’s wearable then it’s sellable. Do I try on everything? Yes, all of it. What do you see as your iconic pieces? Definitely the blouse-backed sweater, which is tough and soft, masculine and feminine. I take a lot of classic items and try to make something surprising with them. When people tell me that my clothes are not easy, I go straight to my team and say: “Always make sure that they are not easy”. What aspects do your men’s and women’s collections have in common, especially the latest one with the garage paradise concept? There are two main aspects. The first is vintage references. A Victorian mood, with chiffon, lace and dresses. Revived bandana patterns and embroidery adorning the cardigans, which I wanted to rework in a fresh, new way. The second aspect is the idea of distortion and something that is not perfect, starting with the cuts. I want to show the beauty of distortion. You used the word “fresh”. How important is freshness for fashion today? There are lots of designers and offerings around nowadays. It is essential to be able to do things differently and distinctively. What projects do you have lined up next? Opening stores abroad. I started in Asia. At present, only 30% of my business comes from Japan, despite the fact that I am based there. I deliberately sought to establish a decent balance and the United States play an important part in this, as does Italy. The production side of things is almost entirely Japanese, partly because all of the fabrics are made from designs. Are there any designers in particular that have inspired you? In general, I look at everything around me, but I never take inspiration from anything directly. I metabolize things and they come out in some other way. We have a lot to thank your daughter for, so could you tell us her name? Tohko. It means “forest near the Buddhist temple” and it comes from a sacred Japanese concept. Without her, I would have a different outlook on fashion. Without Tohko, there would be no Sacai. Jacquemus - Simon Porte Jacquemus Article by Stefano Roncato. Photos by Cécile Bortoletti A childhood dream (“Writing an autobiography... Even though my mother said that I was mad”) has become a dreamlike reality in adulthood thanks to a surreal show (“I hadn’t cried like that for years... The show was cathartic and it told a full-on, personal story”). With his fanciful aesthetic poetry, Simon Porte Jacquemus has chosen to lay his soul bare and tell the story of a dream that we now call Jacquemus. He launched the brand in 2013 and gave it the maiden name of his mother, who passed away in 2009. The label has come to embody a new, playful and childlike approach to fashion and in just three years it has attracted a cult following. “What do I like? Blue and white, stripes, the sun, fruit, Marseille and the 1980s.” The 25-year-old who is revolutionizing the City of Light has an outlook that is simple and naïf, just like his latest fashion show. “It tells the story of a boy who is endeavouring to carry an enormous load, which is too big for him... He is struggling to roll along a scarlet ball, but he knows that he has to do it. The white horse that enters the scene represents hope and a future full of positivity... The mise en scène was inspired by La Cicatrice Intérieure by Philippe Garrel, but the story was taken from my life. I didn’t realize until I actually watched the show, but it was an intimate portrayal of my innermost self. Clothes have become a way for me to reflect and look at my life”. And he observes it with the childlike eyes that are behind all of his decisions. What does fashion mean to you today? For me, it’s a way of constructing a story... It is anything but making clothes. It is a very personal, almost autobiographical tale. Every one of my collections is a piece in a puzzle that depicts me. I might be inspired by a holiday or a difficult experience. Every season involves some very intimate, viscerally personal storytelling. I have to say that the whole process begins and takes shape completely naturally. I don’t think it all over and decide where or with what to start. It all emerges very unconsciously... It’s a bit like a child playing and talking about himself, sometimes in a rather rambling manner. As a child, what did you dream of doing when you were older? Working in fashion and becoming a designer. Everyone knew that I would and I was certain about it. I grew up in a small town in the countryside, surrounded by fruit and vegetables (he was born in Salon-de-Provence in the South of France – Ed.). Everyone there knew each other and everyone knew that I would work in fashion, not because I was interested in clothes, but largely because of how I managed to communicate with people. What is your first memory of fashion? Definitely my mother... But also my grandmother and perhaps all of the women in my family. The thing that always fascinated me was their story rather than their style. The same was true in the years that followed. My look was established by films, books and the stories of people: from young country shepherdesses to cooks and the town baker. Who would you say has taught you most about style? Certainly Rei Kawakubo, above all because of her frankness in creating Comme des Garçons. And Pierre Cardin, one of the greats in French fashion, because of his irreverent taste and his dreamlike approach to the future. He is a real visionary. Could you try to describe the Jacquemus woman... First and foremost, I take inspiration from my mother, but also from Italian beauties like Valeria Golino in Respiro by Crialese. Italy is my second favourite country after France. My grandmother was born in Cortona but she emigrated when she was a child. I have a clear picture in my head of my woman’s daily life, her house and even the plate that she uses to eat her meals. I like the idea of imagining an actual lifestyle, because my work goes beyond the individual garments. Where will it take you? Perhaps into interior design... I already design all of the furniture for our showroom and I know exactly what my woman’s home would be like. And then menswear, although I still have to work out how to venture into that sphere. Not kids’ clothes though. My approach to fashion is pure and innocent, like that of a child. Dressing children and imposing rules on them would feel a bit like betraying my own identity. What is the dream of Simon Porte Jacquemus today? To be happy like I am right now. To have the same strength that I have at the moment, which gives me this sense of contentment. To do what I want to do. But do you not dream of becoming the creative director of a big label, like many of your fellow designers? Right now, the biggest fashion house that I can have – and run – is my own... I have a unique, personal tale to tell and it is the product of a developing realm. Most importantly, it is an authentic process. I was delighted when Raf Simons left Dior to focus on himself and devote his energies to the essence of fashion: creation. At the end of the day, we are here to be inventive, but the pace of things in big groups makes it too difficult. I am proud to be small. When the top managers at LVMH approached me this

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year about the special mention for the LVMH Prize, I thanked them, but it really drove home the fact that I do not do this job for the money, I do it to tell stories. How many people do you work with when you tell your stories nowadays? Nobody. I am my own staff. I have some people who help me, but I create by myself... It would be hard for me to share such an intimate experience with anyone. For example, I do not draw. I’m no good at it. When I do produce sketches, they look like the work of a child. For instance, for the latest collection I shaped the clothes directly on the model’s body. It was a couture approach with a disenchanted form of expression. What would Simon Porte Jacquemus like to do when he is older? Definitely work in fashion... But also film. I would like to show my woman through the lens of a movie camera. Then there is photography: I am doing a course so that I can start shooting my own look books and advertising campaigns. I want to give concrete form to my visions of women and put them down on paper. Maybe I just want to depict my life through my work. That’s what I used to tell my mother when I was little... Perhaps I wasn’t quite so mad after all.

Pycckий MSGM - Массимо Джорджетти Интервью Стефано Ронкато. Фото Сесиль Бортолетти Брутализм. Определение, звучащее, как удар топором, жесткое и поначалу наводящее робость, - это архитектурный стиль, в котором выдержаны апартаменты Массимо Джорджетти. Затем взгляд отмечает органичность контраста внушительных стен из красного кирпича и стеклянных перегородок, благодаря которым достигается эффект единства внутренних и внешних пространств. Удивляет сочетание солидности и легкости в этом здании - символе Милана, возведенном по проекту Доменико Паскарелла, которое может многое поведать своим обитателям. Эта встреча назначена самой судьбой. Когда дизайнер начинает разговор, мы забываем о феноменальном рывке, сделанном брендом MSGM, который был создан в 2009 году в тандеме с группой Paoloni (Паолони). Забываем о коммерческом ускорении, бизнесе, бутиках, показах мод. О назначении Массимо Джорджетти креативным директором дома моды Emilio Pucci (Эмилио Пуччи), где он с успехом дебютировал. О многочисленных кандидатах в партнеры. Здесь и сейчас. Рассказ Джорджетти отчетливо описывает этапы сознательного развития, говорят даже его глаза, мгновенно вызывающие симпатию, светящиеся вечной любознательностью, живые и жадные до знаний. Он дарит нам фрагменты воспоминаний о том, что ему довелось повидать, о людях, с которыми свела судьба, о своем мире, музыке, увлечениях и новых, человеческих и понятных, слабостях. Перед нами портрет, написанный звуком голоса вместо красок. Завораживающий, как лицо на картине, украшающей одну из стен. «Мой мальчик», как сказал бы Ник Хорнби. Что Вам больше всего нравится на данном жизненном этапе? Я считаю себя счастливцем, поскольку не знаю слова «скука». Моя жизнь - это полет по американским горкам, это цирк. Я постоянно путешествую на поезде, самолете, такси. Стук колес чемодана, который я неизменно вожу с собой, стал звуковым сопровождением моей жизни. Такой образ жизни, хоть он сложный и стрессовый, очень стимулирует и возбуждает ощущения. Единственное, о чем я сожалею - это то, что время беззаботных развлечений прошло. Как Вы разделяете свою работу в компаниях MSGM и Emilio Pucci? Полностью поровну. Два с половиной или три дня во Флоренции и два с половиной, три или четыре дня, включая выходные, в Милане. Я открыл в себе другого Массимо, более дисциплинированного и строгого. Я также следую принципам здорового питания, постепенно исключаю из рациона мясо. Я и раньше стремился к здоровому образу жизни. Возможно, это дань моде, а модой я всегда был очень увлечен... Другой секрет — это физическая активность, раз в два дня я отправляюсь на пробежку. Еще я очень люблю музыку, она оказывает на меня поистине лечебное воздействие, где бы я ни был, в поезде или на пробежке. Как Вы открываете для себя музыкальные новинки? Нахожу их сам или благодаря коллегам, таким, как Никола Гвидуччи и Андреа Джеймс Ратти. Друзья-диджеи с Ривьеры направляют мне материал. В наше время музыка воодушевляет, благодаря новым технологиям она не скована рамками. К примеру, индирок нарушает все правила. Один и тот же исполнитель может расширить репертуар, перемежать классические мелодии роком или панк-роком, может заново исполнить старую композицию. Ваши музыкальные предпочтения проявились также на показе женской коллекции… Я хотел создать немного другой образ, и звуковое оформление мы изменили за день до показа. Мне вспомнилась американская группа Le tigre. Была оформлена стена с иллюминацией и колонками, а модели дефилировали практически бегом. Всё началось с музыки, и сейчас я работаю над адаптацией двух композиций для показа мужской коллекции. Какой тип девушек Вам нравится? Они должны быть настоящими. Не вызывающе интеллектуальными или манерными, они должны чувствовать себя свободно в моем окружении. Я живу сегодняшним днем. Мне очень нравится концепция «настоящего момента». В наше время все сферы общества, от моды до финансовых кругов, развиваются настолько динамично, что сложно строить прогнозы даже на ближайшие полгода. Не люблю прошлое и одежду в винтажном стиле. Мне также не нравится слишком авангардная одежда. В свое время я ошибался, делая особый акцент на отдельный вид ткани, шов, деталь. Я понял, что в моем случае это не работает. Вас связывает с настоящим также способ общения. Насколько Вам были в этом полезны социальные СМИ? В самом начале они сыграли очень важную роль. Бренд MSGM был основан в 2009 году, и совместно с Antonia (Антониа) [миланский бутик — прим. пер.] мы создали журнал, в котором нас представили такие новые персонажи, как Тави и Томми Тон, ведущие модные блоги. Всё остальное пришло потом, в 2011–2012 гг. Меня осуждали за одежду в стиле унисекс, за то, что лицом бренда был выбран такой известный персонаж, как Лука Финотти, благодаря которому в тот момент произошел взрыв нашей популярности. Магазины требовали MSGM, и товар бренда MSGM мгновенно раскупался. Это позволило мне создать бизнес в салонах магазинов, что было очень важно для перехода молодого бренда в категорию партнеров. На сегодняшний день мы являемся партнерами почти 500 магазинов женской одежды, нас ценят и уважают. Мы развиваемся вместе. Сейчас Вы занимаете ключевые должности в двух компаниях. Какие шаги Вы планируете предпринять в будущем? Признаю, что настало время структурировать компанию. Мы находимся в поиске нового генерального директора и финансовых партнеров, и переживаем непростой момент в отношении инвестиционных фондов и инвесторов. Разумеется, проект становится интересным для финансовых кругов. Однако не буду отрицать, что мы с Паолони [компаньон MSGM — прим. пер.] планируем оставаться независимыми и структурировать компанию постепенно. Также потому, что больше всего меня страшит перспектива искажения стиля MSGM, который зародился как бренд популярной одежды в стиле кэжуал и постепенно эволюционировал в отношении цены изделий и качества тканей. Мне бы не хотелось открывать один магазин за другим, следуя при этом чужим принципам. Даже знаменитости уже стали носить MSGM… Я в это не верил, поскольку множество известных брендов уже одевает знаменитостей на церемонии вручения Оскара. Для начала мы отправили им несколько платьев и были приятно удивлены. Гвен Стефани в The voice (Голосе). Леди Гага на премьере American horror story (Американской истории ужасов). Им также начинают нравиться наши платья, модные в своей простоте, не вычурные и не перегруженные вышивкой.

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Это и есть формула успеха MSGM? Модная одежда, которую можно носить непринужденно. Хотя даже очень яркие вещи хорошо раскупаются в магазинах. Миланский бутик, который в прошлом пережил момент неравномерных продаж, сейчас работает отлично. Мы также уделяем повышенное внимание рекламным роликам. Нужно уметь видеть свои ошибки. В своем воображении ты создаешь картины, к примеру, белый лист в минималистском стиле и асфальт, однако покупатель может воспринять асфальт как грязь. Следует уметь размышлять и учиться на своих ошибках. Я полагаю, что ни один человек творческой профессии в себе не уверен. Я открываю в себе другую личность — неуверенную и уязвимую, мыслящую и созерцательную. После двух-трех дней размышлений важно понять, в чем заключается ошибка. И постараться ее исправить. Каково Ваше отношение к критике? Здоровое. Безосновательная критика ранит, однако о ней быстро забываешь. Конструктивная критика запоминается на всю жизнь, я очень подвластен влиянию умных людей. Поразмыслив, я использую ее в работе. Я верю в принцип состязания, как в MSGM, так и в Pucci успех рождается в командной работе. В одиночку невозможно продвинуться в развитии стиля и компании. Я работаю также над развитием межличностных отношений. Какие ощущения Вы испытываете, сотрудничая с такой крупной структурой, как дом моды Emilio Pucci? Мне там очень нравится. Два часа езды на поезде переносят меня из MSGM в дом моды во Флоренции. Это совсем другая история. Автоматически меняется подход к делу, получается создавать другие вещи в другом коллективе. Твое видение дела остается прежним, однако меняются собеседники. Дом моды Emilio Pucci создает коллекции класса люкс, с выделением значительных средств на ткани и вышивки. Поначалу он казался мне страной чудес. Надо же, я это сказал! Если бы Вы завтра уехали в отпуск, чтобы Вы сделали? Я бы отключил телефон, iPhone, iPad, iWatch. Я являюсь горячим поклонником Apple и Стива Джобса. Я бы почитал хорошую книгу, например, триллер или роман Стивена Кинга, которого люблю с юности. Словом, книгу популярную, которую можно прочесть залпом. Бьорк и телесериал Beverly Hills 90210 (Беверли-Хиллз 90210), упомянутый Вами в коллекциях. Какое значение имеет для Вас культура 90-х? Это были мои годы, которые меня сформировали и оказали воздействие на мое восприятие эстетики. В то время я впитывал всё, как губка. Воспоминания о модных образах также очень отчетливы. В те времена не было большого разнообразия, и не проводилось так модных показов. В 1997 году я начал с должности продавца в магазине Nick and sons (Ник энд санз) в Риччоне. Это был период успеха Тома Форда для Gucci (Гуччи), Prada (Прада) и Гельмута Ланга. Это были последние золотые годы Ривьеры, расцвет дискотек Echoes (Экос) и Cocoricò (Кокорико), где в первый же вечер я увидел, как мода сходила с подиума и находила свое воплощение. Сейчас этого уже не увидишь даже в модных или авангардистских заведениях. Алессандро Микеле, новый креативный директор Gucci, возрождает традицию итальянских модных показов. Что Вы думаете о поколении новых талантов, воспламеняющих Милан? Я нахожу их творчество интересным и испытываю чувство гордости. С самого начала я принял решение основать MSGM в Милане, куда я перебрался для того, чтобы реализовать этот проект и создать собственный логотип. Дома моды из других стран приглашали меня проводить показы в Нью-Йорке, Лондоне и Париже, но я всегда отказывался. Милан — это прет-а-порте, это Италия, и это бизнес. Зачастую пресса критикует Милан за излишнюю озабоченность деловым аспектом. Когда я об этом читаю, то лишь усмехаюсь. Вы считаете себя деловым человеком? Я стал им против своей воли. Бизнес мне нравится, он дает уверенность, которой не хватает в работе стилиста. Во время творческого процесса я беззащитен и не уверен в себе. Когда занимаюсь вопросами бизнеса, вся неуверенность улетучивается, цифры дают гарантию. Помимо концепции настоящего момента, мне нравится также идея истины. Я создал коллекцию с надписью «Truth» на рукавах и толстовках. Мне нравится такая мода, честная и настоящая. Если это воплощение меня, зачем надевать маску? Вас называли принцем современной моды Милана… Разве я упоминал концепцию современности? Было время, когда я этим гордился, но сейчас это в прошлом, вышло из моды. Само слово «современность» утратило свою значимость. Раньше это понятие предполагало непринужденность, стремительность и американский размах, но со временем возникло смешение идей. Всё преходяще, как сама мода… В нашей истории были годы неимоверной популярности толстовок, украшенных розами, изделий из неопрена и флюоресцентных тканей. Мы были своего рода феноменом тех сезонов. Но я удовлетворен тем, что MSGM не стал фанатично модным брендом. Именно поэтому он до сих пор не вышел из моды. public school - Дао-И Чоу и Максвелл Осборн Интервью Стефано Ронкато. Фото Сесиль Бортолетти В офисе кипит работа. Эта «экосистема», расположенная в самом сердце «Большого яблока», подобна сувениру из прозрачного стекла со снежинками внутри — она выполнена из пористого кирпича, а окна ее выходят на нью-йоркские многоэтажки. Каждый угол — это средоточие креативности. Моментальные снимки Polaroid, развешенная для примерки одежда, манекены, стилисты, модельеры, неугомонная работа за столами и звонки по Skype. А также фотографии. Например, снимок, сделанный на встрече байкеров в Бруклине, который висит над письменными столами в прозрачном офисе Дао-И Чоу и Максвелла Осборна. Это фрагменты той нью-йоркской истории, которую творческий дуэт рассказывает посредством своего детища — появившегося в 2008 году бренда Public school, — смешивая низкое и высокое, подвергаясь воздействию моды, музыки и искусства. Ощущаются корни, произрастающие из хип-хопа, 90-х, уличной моды, портновского искусства, спорта, социальных медиа, а также таких фильмов, как «Бегущий по лезвию» или «Ночные воины», которые служат источниками вдохновения для дизайнеров. Ажиотаж, сделавший наших героев не только «новыми парнями из нашего квартала» [прим. пер.: "New Kids on the Block" — молодёжная поп-группа, популярная в США в 1988–1990 годы], но даже больше, привел их в итоге к широкому признанию в виде назначения на должности креативных директоров бренда Dkny, принадлежащего группе Lvmh, где дизайнеры уже дебютировали в сентябре прошлого года. Это послужило прочной ступенькой на пути вверх, которому позавидовал бы каждый. В то же время в их глазах проносится искра, стоит только заговорить о звуковом сопровождении шоу в Дубае, где они только что провели предварительный показ коллекции. Музыка становится громче, и свет всех прожекторов направлен на Чоу и Максвелла, получающих такие награды, как премия Американского союза дизайнеров Cfda, или первое место «Международной премии Woolmark» в США за сделавшую их знаменитыми мужскую коллекцию одежды. В их резюме наикрутейшие проекты с легендарным брендом Jordan, создание очков для Oliver peoples, дорожных сумок и чемоданов для Tumi, часов для Iwc, а также сотрудничество с дистрибьютором J.Crew, являющееся частью премии Американского союза дизайнеров Cfda/Vogue fashion fund award. В чем секрет? «Находить совершенство в несовершенстве». Откуда взялось название Public school? На самом деле, оно пришло нам в голову еще до того, как появилась концепция самой коллекции. Мы оба родились и выросли в Нью-Йорке, где посещали муниципальную школу [прим. пер.: англ. "public school"], в которой нужно быть крутым, сильным и «настоящим». Мы хотели подчеркнуть наш нью-йоркский опыт. Нам нравится жить здесь, никакой другой город не смог бы нас так же хорошо представлять. Он мощный, настоящая столица мира. И здесь невероятно много культур и людей, пути которых непременно

пересекаются. Как «пешеходный переход», фигурирующий также на вашем кастинге для последней мужской коллекции. Мужчины-модели, выстроившиеся в ряд, словно для опознания в полицейском участке, что напоминает фильм «Подозрительные лица»… Это был забавный кастинг. Мы создали униформу Public school, смешивая все возраста и этнокультурное разнообразие разных групп. Итоговая концепция отличалась легким дизайном, но при этом выразительными материалами. После успеха мужской коллекции появилась женская. Какой вы представляете девушку, которая носит Public school? Она может выйти с рок-концерта и сразу же направиться на артперформанс, а затем на бродвейский спектакль, не сбавляя при этом ритма. Своего рода «проводник» между этими мирами. В настоящее время вы работаете также с Dkny. Вам нравится эта сложная задача? Нужно сделать многое, но у нас две команды, и обе замечательные. Это делает все намного проще, даже учитывая, что речь идет о весьма разных вещах. Public school — это еще очень маленький бренд, а таким обычно нелегко расти. Какие бренды вам нравятся? Безусловно, это Sacai и Yohji (Yamamoto). Как изменилась мода? Сегодня она стала «быстрой». Социальные медиа и Интернет обладают большой скоростью, они изменили правила бизнеса в сфере моды. Раньше модный показ был более «интимным» событием, сейчас же можно смотреть шоу онлайн и сразу же находить эти вещи в магазинах. Что вас вдохновляет? Какие элементы являются основополагающими в любом вашем шоу? Мы работаем над созданием всеобъемлющего ощущения, охватывающего все органы чувств. Зрение, слух, обоняние должны взаимодействовать, создавая единое настроение. Музыка служит особым источником вдохновения для нас. Где мы познакомились? Работали вместе в одной компании — у Шона Джона (Комбза), выступающего под псевдонимом Пи Дидди. И снова музыка... Как вы себя чувствуете в связи со всей этой медийной шумихой, неустанно сопровождающей вас? Мы даже стесняемся, но иногда это необходимо. Мы рады вниманию, но случается, что нашу компанию представляют крупнее, чем она есть на самом деле. Мы ценим известность, но предпочитаем «твердо стоять на ногах» и думать о бизнесе. ktz - Марьяна Пейоски Интервью Стефано Ронкато. Фото Сесиль Бортолетти Разговор по Skype, начатый в Лондоне, был продолжен на Бали. Сама сущность бренда KTZ и его основателя Марьяна Пейоски — это «плавильный котел» без времени и места, принцип сочетания и комбинирования. Творческая жилка Марьяна прокладывает маршрут KTZ, культового бренда, который, зародившись в недрах лондонского андерграунда, завоевал мировую известность. Уроженец Македонии, но дитя лондонской музыкальноэстетической субкультуры, на вопрос о том, как он себя видит, отвечает, подбирая противоположные по значению определения: «Романтика и дерзость, андрогинность и пижонство, невинность и грех». Всё это — результат беспрестанного диалога культур: древней и роскошной, начертавшей прошлое, и современной и мятежной, рисующей будущее. Неизлечимая любознательность в сочетании с любовью ко всему таинственному помогает ему объединять в работе две противоположные концепции, постоянно перемещаясь из туманного Лондона на солнечный Бали. «На бумаге всё выглядит прекрасно и удивительно, но должен сказать, что мне с трудом удается делить поровну свое время, особенно по причине перемещений... В Лондоне у нас есть ателье, в котором мы осуществляем дизайнерские разработки некоторых элементов коллекции, к примеру, подготавливаем принты. На Бали мы больше работаем над созданием экспериментальных моделей, предназначенных для подиума. Это две души одной реальности, которые существуют параллельно». С чего началась жизнь KTZ? Это очень, очень долгая история... KTZ зародился в 90-х, с открытием концепт-стора Kokon to Zai (Кокон ту Зай). Это наше творческое сердце, в котором мы работали и работаем, объединяя музыку и моду, открываем новые таланты, сотрудничаем с ними, развиваем их и развиваемся вместе с ними. Я окончил Центральный лондонский колледж искусства и дизайна им. Св. Мартина и практически сразу же начал создавать свою коллекцию. Всё произошло как-то очень естественно. Наша история началась с небольшого проекта, за которым последовал взрыв. Параллельно я всегда занимался KTZ, стараясь разрабатывать инициативы в четыре руки с дизайнерами и художниками, творчество которых находил интересным в эстетическом и культурном отношении. Я стремился создать сцену, на которой каждый может творчески самовыражаться... KTZ вырос также благодаря сопоставлению различных миров, бурному «взаимозаражению» различными видами творчества. Какими словами Вы бы определили сущность KTZ? Наверное, это поиск талантов, в самом прямом смысле этого слова. Поиск новых людей, новых дизайнеров, новых художников. В нашем небольшом концепт-сторе прошли крещение многие дизайнеры, которые сейчас вовсю расписывают страницу современной моды. Риккардо Тиши, к примеру. Мы подарили кругам андерграунда мощный громкоговоритель, познакомили мир с такими мастерами эксперимента, как Джереми Скотт, Эмма Кук, Питер Йенсен. Я открыл талант Бернарда Вильгельма, когда он еще учился в колледже, и купил его первую коллекцию. В Kokon to Zai мы работаем со стилистами и поп-звездами. Мне очень нравится поощрять всё новое и особенное, которое только-только зарождается. Вы — своего рода меценат?.. Сама сущность Kokon to Zai и бренда KTZ — это результат поворота на 360 градусов. Речь идет не только о создании моды. Всё начинается с глубокого уважения к людям, художественно одаренным, которые творят моду, музыку, графику, искусство... Основная идея — это максимальное уважение к творчеству, к людям, воплощающим свою мысль, мечту. Я, к примеру, никогда не ношу одежду лишь нашего бренда или какой-либо одной марки. Мне не по душе идея однонаправленного сообщения, мне нравится разделять. Есть дизайнеры, которых Вы открыли миру и которыми гордитесь? Сложно выбрать лишь одного из них. Должен сказать, мой труд служит только для того, чтобы дать толчок их полету. Возможно, могу назвать Риккардо [Тиши — прим. пер.]: я буквально влюблен в то, как он позиционировал и вывел на новый уровень культуру андерграунда. Но я горжусь всеми, даже теми, кто не получил рыночного признания и не добился успеха. Как протекает Ваша работа над созданием коллекции? Я черпаю вдохновение в том, что вижу вокруг, в багаже своего прошлого. Я всегда говорю, что прожил тысячу жизней в одной. Люблю историю и журнал National geographic, питаю бескрайнее уважение к исчезнувшим культурам, туземным племенам, их ритуалам и повседневной жизни. Духовность и мистицизм — вот два элемента, которые сопровождают меня во всем. Религия, воспринимаемая как культ, меня завораживает, я отношусь к ней с глубоким уважением. Тайны интриговали меня с детства. И потом, конечно, я обращаюсь к улице и городским субкультурам, с учетом того, что я сам являюсь и был частью различных движений, которые оставили свой след в прошлом и настоящем. С чего Вы начали последний сезон? Я до безумия влюблен в последний сезон, в ходе которого я работал одновременно над мужской и женской коллекциями. Место проведения показа напоминало художественную инсталляцию, идея которой была навеяна начальной сценой фильма The hunger (Голод), в котором снялись Дэвид Боуи и Картин Денев. Было весьма эффектно выступление Питера Мерфи и группы Bauhaus (Баухаус), которая исполнила сингл Bela Lugosi's dead. Клетка, дым, площадка, оборудованная под мостом, где было

слышно громыхание поездов над головами публики... И бездомные, которых я часто вижу в центре Лос-Анджелеса... Идея одеться так, как обычно никто не одевается. Картон и невинный и игривый жест ребенка, вырезающего одежку из бумаги. Инсталляция Криса Бурдена Metropolis. Парашюты, которые привнесли в показ нотку волшебства. Парики в виде корон, выполненные из перьев райских птиц. Головные уборы африканского племени Мурси и их броские украшения. Искусство Джексона Поллока. Весь показ был подчинен идее «возможно всё». Кто был Вашим учителем или побудил Вас стать дизайнером? С абсолютной уверенностью могу сказать: это был Ли Бауэри, с которым мы родились в один день. Мне хочется думать, что мы с ним чем-то связаны в интеллектуальном отношении, что он подарил мне немного своей чуткости и фантазерского духа, который ежедневно напоминает мне о том, почему я выбрал эту профессию. Я также боготворю некоторых женщин — люблю читать биографии и знакомиться с увлекательными историями жизни выдающихся личностей, таких, как Нэнси Кунард, маркиза Казати и Лени Рифеншталь: это сильные женщины, обладавшие большой чуткостью и невероятно тонким вкусом. Я люблю загадку и эксцентричность, искусство и всё, что способно подарить мне всплеск эмоций. Я точно знаю, что не сама мода меня вдохновляет; я ее люблю, но идеи и вдохновение я черпаю во внешнем мире. Словом, что же для Вас представляет мода? С учетом сегодняшней социальной, политической и экономической ситуации, я чувствую себя немного неловко, рассуждая о моде... Сейчас мы переживаем момент «кому есть дело до моды», которая для большинства людей может и не существовать. Мне кажется, что мода — это универсальный и общий язык, который преодолевает культурные и расовые барьеры. Мне нравится идея о том, что с модой можно играть, можно уметь рассказать о себе посредством одежды, не произнося при этом ни слова. Это словарь, с помощью которого можно выразить принадлежность к какомулибо племени. Вам нравится сегодняшний стиль моды, такой стремительный и «цифровой»? Смена сезонов становится драматически суматошной, всё течет слишком быстро, а скорость способна заставить людей забыть, стереть из памяти авторство идей. Я уверен, что вскоре произойдет нечто важное. Нельзя отрицать, что социальные сети сделали для моды очень многое, однако, в то же время, они в некотором роде наркотизировали систему, сделав саму моду рабой непрерывных и ускоренных перемен. Каждый желает первым узнать, опубликовать пост или ссылку... При этом чья-либо работа не ценится по-настоящему. Мы сейчас переживаем очень пугающий момент, находимся на этапе революции и перехода, я в этом не сомневаюсь. Каким бы Вы хотели видеть будущее своего бренда? Вам нравится быть независимым дизайнером? Мне бы хотелось видеть много совместной работы и много проектов, в которых можно участвовать и развиваться. Мне нравится то, где и как мы развиваемся. Время поможет мне определить верное направление для создания будущего. В одиночку или с партнерами? Зависит от того, кто сидит за столом переговоров. Работа подобна браку: партнер должен любить тебя и то, что ты делаешь, должен интересоваться тем, что ты делаешь, и иметь желание дать тебе возможность роста, а также развиваться вместе с тобой. Всё может превратиться в сказку или кошмар. Не хочу быть бунтарем, но уверен, что стану партнером лишь того человека, который принимает меня таким, какой я есть. Как в истории любви. Вы находите время для развлечений по прошествии стольких лет... Мне нужно развлекаться, чтобы заниматься своим делом. Моя работа предполагает высокую организационную способность и таит множество стрессовых ситуаций. Развлечения и природное любопытство помогают мне продолжать расти. SACAI - ЧИТОСЕ АБЭ Интервью Стефано Ронкато. Фото Сесиль Бортолетти Источник вдохновения. В теории, это должно быть одним из наиболее надежно хранящихся секретов современной моды. Несмотря на отсутствие особой медийной суеты, каждая коллекция Sacai оставляет глубокий след благодаря своему труду. Передающемуся поклонниками из уст в уста, любимому в самой сути своих концептов, готовому выпустить ряд культовых вещей, имеющих собственное происхождение. «Искажение. Я хочу продемонстрировать красоту искажения». Это слова Читосе Абэ (Chitose Abe) - креативного директора и руководителя японского брэнда. Брэнд отпраздновал совершеннолетие, как и ее дочь Тохо, рождение которой дало импульс этому начинанию. Как известно, все имеет «до» и «после». Становление автора в течение восьмилетней работы над коллекцией для мальчиков Comme Джунии Ватанабэ (Junya Watanabe). Рождение Sacai. Особое чутье на успех модных изделий обеспечило расширение бизнеса, чему посвящена юбилейная книга, вышедшая прошлой весной. Сотрудничество с известными людьми. Шум вокруг ее имени, поднявшийся после ухода Александра Вана (Alexander Wang) из дома моды Balenciaga. Как чувствуешь себя, будучи в центре внимания благодаря своему таланту и труду? «Это очень лестно». Легкие, воздушные и неподатливые слова. Как она сама - стальной цветок. Вам нравится смешивать цитаты и элементы моды. Как называется эта установка? Мне нравится равновесие в одежде. И во всей моей жизни, в том, чем я питаюсь, в моем труде. В повседневной жизни я могу надеть простую мужскую майку с ноткой индивидуальности, привнесенной благодаря красивым часам. Люблю широкомасштабные контрасты. Могу поужинать гамбургером или пойти в дорогой ресторан. Эти контрасты внедрены мною в коллекцию Sacai. Эта коллекция не исповедует всего лишь элегантность. Это нечто большее. Как начался проект Sacai? В течение долгого времени я работала на другую компанию и предпочла покинуть ее, узнав о беременности. После рождения дочери пришло вдохновение для того, чтобы реализовать нечто самостоятельно. И я начала с пяти вещей. С трикотажа, поскольку, когда я принимала это решение, я должна была думать о том, что позволило бы мне заботиться о моей дочке, которая была рядом со мной. Это было 18 лет назад. Sakai - это моя девичья фамилия. Я изменила написание на Sacai, поскольку оно должно было представлять предприятие, а не только фамилию. Как рождается коллекция? Сначала я думаю, что создать и как. Затем я окидываю взглядом то, что получилось, и представляю это надетым с мужской рубашкой, пуловером и парой брюк-чинос. Это сугубо классический стиль. Я спрашиваю себя, как можно было бы использовать классические элементы и сделать с ними что-нибудь оригинальное. С учетом того, что повседневные вещи должно быть легко надевать. Вы с любовью работаете над изделием. В Вашем послужном списке - сотрудничество с Moncler и Nike. Как примирить в себе коммерческое и творческое начало? Я - дизайнер, а также президент и учредитель фирмы. Поэтому я также непосредственно занимаюсь бизнесом. У меня нет никого, кто давал бы мне советы по его продвижению. Вернемся вновь к идее равновесия. Я хочу создать нечто, чего потребитель не ожидает. Но то, что ожидаемо. Оба аспекта одновременно. У меня нет мерчандайзера, я все примеряю на себе сама. До тех пор, пока я не надену вещь и не буду удовлетворена результатом, я не остановлюсь. Вначале примеряю, потом решаю, что включить в коллекцию. То, что можно надеть, - это то, что будет продаваться. Примеряю ли я все вещи? Да, конечно. Что Вы считаете своими культовыми вещами? Разумеется, это микс в виде блузки сзади с плюшем впереди, плотная и одновременно мягкая вещь, мужественная и женственная. Я воспринимаю многие классические элементы, чтобы посмотреть, как создать из них сюрприз. Когда мне говорят, что мои вещи непросты, я немедленно выхожу к своей команде,

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чтобы подтвердить: «Сделайте их абсолютно непростыми». Каковы точки соприкосновения между Вашими мужскими и женскими коллекциями, особенно между последними, воплощающими концепт «рая в гараже»? Имеется два основных аспекта. С одной стороны, это винтажные цитаты. Викторианский стиль, с шифоном, кружевами и костюмами. Оригинально переосмысленные банданы, кардиганы, украшенные великолепными вышивками. Это то, что хотела увидеть в свежем и новом ключе. С другой стороны, это идея искажения чего-либо несовершенного, начиная с самой кройки. Я хочу продемонстрировать красоту искажения. Вы произнесли слово «свежий». Насколько мода нуждается в нем сегодня? Сегодня существует множество стилистов и предложений. Важно суметь стать определенно другим. Каковы Ваши ближайшие проекты? Открыть магазины за рубежом, я покинула Азию. Даже если бы я оставалась в Японии, в настоящее время всего лишь 30% бизнеса ведется на этом рынке. В идее равновесия Соединенные Штаты играют важную роль. И еще Италия. Производство целиком находится в Японии, в том числе потому, что все ткани изготавливаются по эскизам. Есть ли дизайнеры, которые вдохновляют Вас? Как правило, я все и везде рассматриваю, но никогда не вдохновляюсь чем-либо напрямую. Перерабатываю. И выдаю в мир уже нечто иное. Вы так много делаете во имя дочери, как ее зовут? Тохо. Это имя означает лес рядом с буддистским храмом, согласно священному японскому верованию. Без нее у меня была бы другая точка зрения на моду. Без Тохо не было бы Sacai. Бренд Jacquemus - Симон Порт Жакмю Интервью Стефано Ронкато. Фото Сесиль Бортолетти Детская мечта («Написать автобиографию... Хоть моя мать и говорила, что я сошел с ума») стала мечтой взрослого благодаря сюрреальному шоу-показу («Уже много лет я столько не плакал... Дефиле было катарсисом, очень интенсивным и личным переживанием»), поскольку Симон Порт Жакмю решил рассказать о себе на языке мечтательной эстетики. И рассказать историю той мечты, которая сегодня называется Jacquemus. Для названия этого бренда, основанного в 2013 году, была использована девичья фамилия матери дизайнера, погибшей в 2009 г. Бренд стал символом нового, игривого и детского способа создавать моду и за три года стал просто культовым. «Что мне нравится? Синий и белый, полоски, солнце, фрукты, Марсель и 80-е годы». Образ мысли этого 25-летнего, осуществляющего «революцию» в «Городе света» [прозвище Парижа — прим. пер.], — простой и наивный, как его последний показ. «Это рассказ ребенка, которому тяжело нести гигантский вес, слишком большой для него... Ему тяжело катить алый клубок, но он знает, что должен сделать это. А белая лошадь, появляющаяся на сцене, — это надежда, это будущее, полное позитива... Источником вдохновения для мизансцены послужил фильм «Внутренняя рана» Филиппа Гарреля, но история — это моя жизнь. Я не осознавал этого вплоть до того, как увидел шоу, но показ — это глубоко личное повествование о моем «я». А одежда стала инструментом для того, чтобы задуматься над моей жизнью и посмотреть на нее». Теми же детскими глазами, которые определяют каждый его выбор. Что такое для Вас сегодня мода? Для меня — это создать историю... Это все, за исключением того, что называется «делать одежду». Это глубоко личный рассказ, почти автобиографический. Каждая моя коллекция подобна кусочку пазла, повествующего обо мне. Источником вдохновения для меня может послужить отпуск или сложный момент. Каждый сезон — это очень интимное, раздирающе личное повествование. И я должен сказать, что все это рождается и формируется спонтанно. Я не раздумываю над тем, откуда что-то взять или из чего что-то создать. Все рождается очень непосредственно... Подобно ребенку, который играет и рассказывает о себе, иногда даже бессвязно. Когда Вы были ребенком, кем Вы хотели стать? Я хотел работать в сфере моды, стать дизайнером. Все это знали, и я сам был в этом уверен. Я вырос в маленькой деревушке, среди фруктов и овощей [в Салон-де-Прованс на юге Франции — прим. пер.], где все друг друга знали и знали, что я буду заниматься этой работой, не потому что я интересовался одеждой, а, прежде всего, потому, что я был очень общительным. Каково Ваше первое воспоминание, связанное с модой? Абсолютно точно, это моя мать... Но также и моя бабушка, и, возможно, все женщины моей семьи. Меня всегда больше очаровывала их история, чем их стиль. Так было и в последующие годы. Мое эстетическое чувство укрепилось благодаря фильмам, книгам, рассказам людей — от сельской пастушки до булочницы и кухарки. Кого Вы считаете своими учителями в отношении стиля? Рей Кавакубо, это абсолютно точно, прежде всего, благодаря честности, с которой она создала бренд Comme des garçons. Или Пьер Карден, один из столпов французской моды, благодаря его дерзкому вкусу и мечтательному подходу к будущему. Настоящий визионер. Попробуйте описать женщину, которая носит Jacquemus... Это определенно моя мать, но также и итальянская красавица, такая как Валерия Голино в фильме «Дыхание» режиссера Криалезе. Италия — это та страна, которую я больше всего люблю после Франции, моя бабушка родилась в Кортоне, но эмигрировала в детском возрасте. У меня есть ясное представление о том, как живет «моя» женщина: в каком доме, с какой тарелки она ест. Мне нравится воображать настоящий образ жизни, именно потому, что моя работа выходит за пределы одного-единственного предмета одежды. И к чему это приведет? Возможно, к дизайну интерьеров... Я уже создаю дизайн всей мебели для нашего шоу-рума и точно знаю, каким был бы дом «моей» женщины. А затем очередь дойдет и до мужчины, даже при том, что я должен еще понять, как приблизиться к этой «вселенной». Что касается детей, то нет: мой подход к моде является чистым и невинным, одевать ребенка, создавая для него правила, было бы немного предательством моей сущности. Какая в настоящее время мечта у Симона Порта Жакмю? Быть таким же счастливым, как сегодня. Иметь ту же силу, которая есть у меня сегодня и которая дарит мне этот покой. Делать то, что я хочу делать. А Вы не мечтаете, как многие Ваши коллеги, стать креативным директором известной марки? В настоящее время самый большой дом моды, который у меня может быть, и которым я могу управлять, — это мой собственный... Мое повествование является уникальным и личным, это порождение вселенной, которая постоянно эволюционирует. Но прежде всего оно настоящее. Я был рад, когда Раф Симонс покинул дом Dior, чтобы посвятить себя самому себе, самой сущности — процессу творения. По сути, мы здесь для того, чтобы изобретать, но в безудержном ритме больших концернов это слишком сложно. Когда высшее руководство группы Lvmh связалось со мной в нынешнем году, чтобы отметить меня специальным упоминанием премии Lvmh prize, я поблагодарил, и во мне прибавилось уверенности: я занимаюсь этой работой не ради денег, а ради того, чтобы рассказывать истории. Теперь, когда Вы создаете свои истории, со сколькими людьми Вы работаете? Я работаю один. Мой персонал — это я. У меня есть несколько человек, которые мне помогают, но когда я творю, то я творю один... Мне сложно разделять столь интимный момент с кем-то еще. Например, я не рисую, я не способен на это. И если я делаю эскизы, то они похожи на наброски ребенка. Например, в этом последнем сезоне я занимался моделированием одежды непосредственно на теле модели. Этот подход свойственен высокой моде, но язык при этом не является сложным. Что Симон Порт Жакмю хотел бы делать, когда он «вырастет»? Безусловно, заниматься модой... Но также и кино. Мне хотелось бы рассказать о «моей» женщине через объектив киноаппарата. А

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также фотографирование: я прохожу курс обучения, чтобы начать самому делать снимки для моих лукбуков или рекламы, чтобы запечатлеть на бумаге и материализовать мое видение женщин. Возможно, посредством моей работы я хочу только рассказать о моей жизни. Это то, что я говорил моей матери, когда был ребенком... И возможно, я был не таким уж сумасшедшим.

中文 Msgm - Massimo Giorgetti 撰文 Stefano Roncato. 摄影 Cecile Bortoletti 粗野。如果问Massimo Giorgetti品牌的建筑设计风格,那正是斧头破坏的 声音,坚硬得使人害怕。而红砖墙的厚重与里外莫辩的玻璃幕墙之间形 成对比,又令目光柔和下来。坚如磐石,又轻盈欲飞,翱翔于那座米兰 的标志性建筑。它出自Domenico Pascarella的手笔,似乎已经透露了不少楼 宇主人的信息。仿佛是命中注定的邂逅。设计师一开始娓娓而谈,我们 会短暂忘记他的卓越品牌,2009年与Paoloni集团联合创立的Msgm。忘记 品牌节节上升的销量,他的生意,商店,走秀。忘记他刚被Emilio Pucci任 命为创意总监,推出了首个系列。忘记他那些大献殷勤的求合作者。只 记得此时,此地。Giorgetti的话语抑扬顿挫,勾勒出一场有意识的变革过 程,连眼睛都被吸引着听他说话。他能在一瞬间让人产生好感,充满不 知疲倦的好奇心,思维敏捷而饥渴。他讲述着每一格画面,他所遇见的 人和事,他的世界,他的音乐,他的热情,他人性而易于理解的脆弱。 这是一幅用声音勾勒而成的画像。令人沉醉,就像墙上挂着的那副画 像。如Nick Homby所说,About a boy。 此时此刻,您最喜欢的东西是什么? 我很幸运,因为我不知道什么是“沉闷”。我就像站在俄罗斯的山上, 站在圆形竞技场。我一直在旅行,在火车上,飞机上,出租车上。旅行 箱的轮子总在我身后吵嚷,已经成为我生活的配乐。它令人紧张,不讨 人喜欢,让人肾上腺素飙升。一切都令人兴奋。唯一让我遗憾的是,无 忧无虑的玩乐已经不复存在了。 您如何把Msgm与Emilio Pucci分开? 完全是对半分。两天半到三天在佛罗伦萨,两天半到三天甚至四天,包 括周末,在米兰。我认识到一个更加严格,更守纪律的Massimo。饮食也 变得更为健康,幕墙我正在戒肉食。此前我已经开始生活得更健康。这 也许也是一种潮流。而我是真正的潮流爱好者……另一个秘诀是运动, 我隔天就去跑步。还有音乐,那是我真正的疗法,无论是坐火车或是跑 步,我都离不开音乐。 您如何发现新的音乐作品? 或者是自己发现,或者是我的合作伙伴推荐,例如Nicola Guiducci或 Andrea James Ratti。还有其他夜店的dj朋友会给我发歌。如今,音乐令人振 奋,自由自在,运用各种新科技。独立摇滚打破了所有规则。同一个歌 手,可以遨游在古典音乐、摇滚与朋克之间,可以将旧曲翻出新意。 这种效果在出现过在我们的女装秀里…… 我希望传达有所不同的形象,在前一天改了配乐。我记得那支美国乐队 名叫老虎。我们在墙上准备好灯光与音箱,模特们几乎是奔跑着走秀。 一切都始于音乐,男装秀我也选择了两首音乐。 您会怎样定义您的女孩们呢? 她们都是活在当下的。她们并不是引人注目的博学多才或冰雪聪明,她 们就和身边的女生们一样。她们是属于现在的。我特别喜欢“现在”这 个概念。我们生活的这个时代,各行各业都那么快,从社会,到时尚, 到金融,你不会知道六个月后会发生什么。我不爱过去,衣服散发着腐 朽气息。我也不爱太过前卫的东西。我曾经犯错,在面料、缝纫、细节 上太精雕细琢。然后我明白到,那并不适合我。 今天也是关于沟通方式的。社交媒体对您的帮助有多大? 在开始是至关重要的。Msgm是2009年推出的,当时我们与Antonia(编者 按,米兰商店)一起创立了一份报纸,与所有的时尚博主,例如Tavi, 或Tommy Ton一起作推广。然后,在2011至2012年间,该有的都有了。人 们曾经批评我为时尚博主们搭配衣服,选择了太流行的面孔,例如Luca Finotti。然后我就一夜爆红了。商店们都想要Msgm,而Msgm马上就销出 去。由此我得以在商店内部做生意,完成了从年轻品牌到合作伙伴的重 要过渡。今日,我们是接近500家女装店的合作伙伴。他们器重你,尊敬 你。大家共同成长。 这是一个横跨各种企业功能的现代角色。接下来有什么计划呢? 我承认,到了重组的时候了。我们在寻找新的ceo和投资伙伴。我们也处 于投资基金和投资者的风暴之眼中。显然,我们的项目开始吸引金融界 的兴趣。但我也不否认,我们与Paoloni(编者按,Msgm股东)希望保持 独立,慢慢重组。也是因为,我最大的恐惧是Msgm会变质。在诞生之初 它是流行休闲运动服,随后在价格与面料上作出改进。我不想踩着鼓点 开店,然后变成另一种风格。 我们开始看见名人们穿着Msgm…… 我本来不相信这会发生,因为已经有太多品牌志在走上红地毯。我们寄 出去一些衣服,然后收到了意外惊喜。Gwen Stefani在《美国好声音》上穿 了。Lady gaga在《美国怪谭》首映式上穿了。他们开始喜欢这些简单又时 尚的衣服,不太花巧,不太复杂。 这就是Msgm的成功方程式吗? 它有强烈的时尚内涵,但易于穿着。即使风格强烈的衣服更加畅销。米 兰商店的销量时高时低,现在形势喜人。我们对于视觉效果也倾注了更 多精力。你也要明白你犯下的错误。你在头脑中创作故事,最简单的白 纸上面加了沥青。但是买衣服的人可能会觉得沥青肮脏。要审视自身错 误,从中学习。我相信没有任何创作人是自信的。我正在发现自己不自 信和脆弱的一面,反思冥想的一面。反省两三日之后,重要的是明白自 己错了。然后做出反应。 您与批评的关系如何? 关系健康。无价值的批评会让人受伤,但很快你就会忘记。建设性的批 评你会铭记终生,智慧的人充满魅力,让我折服。我会思考,它们会变 成你工作的辅助工具。我相信讨论,无论是在Msgm还是在Pucci,工作都 是团队的成果。独自一人将一事无成,无论是在时尚界,还是在公司内 部。我的工作,也是为了建立人际关系。 与大公司,例如Emilio Pucci的合作是什么感觉? 那里也是很美好的。从Msgm出发,搭上两个小时火车,我便过度到佛罗 伦萨的宫殿中。那是另一个故事。你会自觉改变维度,与不同的团队, 创造不同的东西。你的眼界是一样的,但你的对话者改变了。Emilio Pucci 是一线的,在面料与绣花上有相当高的预算。一开始,我觉得那是游戏 天堂。哇,我惊叹。 如果明天放假,您会干什么呢? 我会关上电话,i phone,ipad,iwatch。我是一个Apple boy,乔布斯的粉 丝。我会读一本好书,例如一本惊悚小说,一本斯蒂芬·金,那是我青 少年时代的喜好。有点商业化,必须一口气看完。 Bjork在电视剧《比弗利山90210》中引用了他的系列。90年代的文化对您 来说有多重要? 那是我的年代,我的审美趣味正是在那个年代成形。那时候我就是一块 海绵。那个年代的时尚记忆也很清晰。什么都少一点,时装秀也比现在 少。我的职业生涯开始于1997年的一家商店,在Riccione的Nick and sons 当 售货员。当时是Tom Ford的Gucci,Prada与Helmut Lang爆红的时代。那是 夜店Echos与Cocoricò黄金时代的尾巴。我第一次去那里,觉得时尚直接 从天桥走到现实的真人身上。现在的时尚或地下潮店不是这样了。 Gucci的Alessandro Michele有点标志着意大利时装秀的回归。对于米兰正在 兴起的新一代设计师,您怎么看? 我认为非常有趣,是我们的骄傲。我从一开始就决定把Msgm放在米兰, 我为此移居米兰,加入了这个品牌。有其它品牌联系过我,让我在纽约, 伦敦和巴黎工作,我都拒绝了。米兰是成衣,是意大利,也是生意。媒体 常常批评米兰太过商业化了。每当我读到这样的评论,我都会嗤之以鼻。 您认为自己是个生意人吗? 我不想成为生意人,但我不得不为之。但这也是有意思的,它让你拥 有了不同于时尚的自信。我当创作人的时候,是不自信的,感觉赤身 裸体。而当我是生意人时,所有的不自信都烟消云散,数字就是一个保 证。除了“现在”这个概念,我也喜欢“真相”。我制作了一个系列, 在衣袖与卫衣上写上“Truth”。我喜欢这种真诚的时尚。如果我是我, 为什么要假装别人呢? 人们称您为米兰的当代“小国王”…… 我至今提到过当代吗?从前我为此骄傲,但已经过去了,不再是时尚。 这个词本身也在减弱,有过误解,从前这属于美式的简单快速。 一切都在变,时尚本身就意味着变化。 曾几何时,我们流行过卫衣上的玫瑰,水中呼吸器,荧光。曾经在当 年蔚然成风。但我欣慰的是Msgm从没这么过度流行过。这样就永远不 会过时。 Public School - Dao-Yi Chow 与 Maxwell Osborne 撰文 Stefano Roncato. 摄影 Cecile Bortoletti 他们的办公室正在发展壮大。位于纽约市中心的一个雪球,纽约高楼大 厦多孔砖与窗玻璃内的生态系统。每一个角落都充满创意。宝丽来,挂 起待试的衣服,人体模型,设计师,忙碌的桌面,Skype呼叫,制模师。 还有照片,例如书桌后面那张布鲁克林自行车手集会照,就在Dao-Yi

Chow与Maxwell Osborne的透明办公室里。这对创意二人组向我们讲述着 他们的纽约故事片段,2008年他们创立了Public School。融合高端与平民 风格,受到时尚、音乐乃至艺术的影响。呼吸着90年代的嘻哈气息、街头 风格,呼应着裁缝工艺、运动与社交网络,还有诸如《银翼杀手》或《 勇士》等电影,都是他们的灵感源泉。他们一鸣惊人,甚至受到LVMH 集团旗下的DKNY品牌创意总监点名合作,在刚过去的九月份推出了处女 作。这样的青云直上,任何人都会得意,甚至提及他们刚在迪拜举行的 秀前系列时装秀配乐,他们的双眼都会发亮。他们名声日盛,聚光灯投 射在Chow与Maxwell身上,在颁奖典礼上所向披靡,一举获得美国时装设 计师协会大奖,美国国际羊毛大奖的首个男装奖项,这一切让他们一夜 成名。他们的履历中有超级酷的设计项目,品牌包括Jordan、Oliver People 眼镜、Tumi旅行箱、IWC手表,还有与J.Crew合作赢得CFDA/Vogue时尚 基金奖。有秘诀吗?“在不完美中寻找完美。” 为何取名为Public School? 事实上,我们头脑里早就有这个名字,那时甚至还没有具体的想法,没 有系列的设计。我们两个都生于纽约,长于纽约,我们上的都是公立学 校。在那里,如果你想完成学业,必须足够强壮、真实。我们想强调 我们的纽约经历。我们热爱这里的生活,再没有其他城市更能代表我们 了。她强而有力,是世界首都。她的文化是如此丰富,那么多的人来人 往,相遇相识。 最新一季男装的阵容强调了融汇合作。有点像一般的猜测,列队的模特 如警队阵容,似曾相识…… 这是一个有趣的阵容。我们制作了Public School的制服,融汇各个年龄 段,各种不同风格,分成不同的组别。我们用强烈的材质,讲述了一种 简易的设计理念。 在男装的成功后,女装也登场了。你们想象中的Public School女生应该 是怎样的呢? 她可以轻松地去参加一场摇滚演唱会,或者艺术表演,或者百老汇节 目。而不会错乱节奏。是这些世界之间的一个交汇。 目前你们也在与DKNY合作。你们喜欢这个挑战吗? 有许多工作要做,但我们有两支十分出色的团队,我们的,和他们的。 这让一切变得更顺利,即使两者非常不同。我们Public School还是个小品 牌。一般来说,小品牌的成长并不容易。 你们喜欢的品牌有哪些? 当然是Sacai与Yohji(Yamamoto)。 时尚发生了什么变化? 现在是越来越快了。社交媒体、互联网都十分迅速,改变了时尚产业的 规则。以前,时装秀比现在更加私密,现在我们可以直接在网上看秀, 马上就能在店里购买。 是什么启发了你们的灵感。在你们的秀里,什么是基本元素? 我们想要创造的是一种完整的感觉,覆盖各种感官。视觉,听觉,嗅觉, 都以同一种态度作出反应。尤其是音乐,是我们的巨大灵感。我们是在 哪里认识的?我们从前曾在同一家公司工作,Sean John per P.Diddy。 所以也是音乐……每次提及你们,都会掀起媒体热潮,你们有什么感觉? 我们还是感到羞涩,有时候这是需要的。我们很高兴受到关注,但有时 人们会以为我们的公司已经很大,其实并不是。我们喜欢出名,但是我 们更喜欢低空飞行,专注我们的事业。 KTZ - Marjan Pejoski 撰文 Stefano Roncato. 摄影 Cecile Bortoletti 这场在Skype上进行的采访,在伦敦开始,在巴厘继续。这个不设时间地 点限制的熔炉,正好代表了Ktz与Marjan Pejoski的本质。正是同样的混搭 风格,遵循Ktz的坐标,指导着品牌创意,这个成长于地下深处的精美品 牌,如今已征服了红地毯上的聚光灯。生于马其顿,却是英国美学-音乐 亚文化的产物。让他形容一下自己,他选择了一堆反义词作答:“浪漫 主义与玩世不恭,雌雄同体与花花公子,天真无瑕与罪孽邪恶。”他的 对话,是文化之间的持续对话:一方面是书写了历史的古老奢华,另一 方面是改写明天的现代颠覆。无穷的好奇心,迷恋神秘,他的工作状态 也结合了一对矛盾:不断游走于雾都伦敦与阳光灿烂的巴厘岛之间。“ 写出来似乎不可思议,无比奇妙,但我要说,将时间一分为二是颇为混 乱的,尤其奔波劳碌……在伦敦,我们拥有一个工作坊,进行研究,设 计,以及系列的某些开发,例如印花。在巴厘岛,我们则专注于更剑走 偏锋的衣饰,那些天桥秀款。这是同一品牌的双重灵魂,我们让它们平 行发展。” Ktz的事业是怎么开始的? 故事很长很长……Ktz诞生于90年代,当时我们开了Kokon to Zai商店,那 是一个结合了音乐和时尚的创意中心,物色新秀人才,与他们合作,共 同成长。我毕业于伦敦的中央圣马丁艺术学院,几乎马上就开始着手设 计自己的系列。一切都是自然而然地发生的。开始是一个小项目,然后 就爆发了。我一直寻求为Ktz注入新养分,与设计师和艺术家合作项目, 这在审美与文化层面上非常有趣。我尝试去建立一个舞台,让每个人都 可以表达自己的创意……Ktz的成长,正是得益于不同世界的交汇,不同 创意的猛烈碰撞。 如果要为Ktz下一个定义,您会用什么词呢? 当然会用“发掘”,用的就是这个词最纯粹的意思。发掘新人,新设计 师,新艺术家。在这家小店里,我们为众多正在书写时尚当代史的设 计师进行了洗礼。例如Riccardo Tisci。我们为地下流派带来了强劲的音 箱,为更偏门的风格提供了舞台,例如 Jeremy Scott, Emma Cook, Peter Jensen。我在艺术学院读书时,就发掘了Bernhard Willhelm,并买下了他的 首个系列。在Kokon to Zai,我们与设计师和流行明星一起工作过。我爱 鼓励特别的新鲜事物发展成型。 就像是赞助3.0…… Kokon to Zai与Ktz的一切都是360度全面发展的成果。不仅是时尚。一切都 源于对艺术家的尊重,包括从事时尚,音乐,图像,艺术的人……根本 的理念,是对创意的最大尊重,尊重那些实现想法和梦想的人。举一个 例,我从来不穿戴我自己的作品,或某单一品牌。我不喜欢单一信息, 我喜欢可以分享。 在您的职业生涯中,有没有发掘过哪位特别让您自豪的设计师? 只选一个不容易。我要说,我的工作通常只是让他们的事业起步。也许 是Riccardo吧(编者按,Riccardo Tisci):我爱他的方式,他为地下文化创 造了空间,提升到另一个层次。但所有人都令我感到骄傲,包括那些没 有获得市场理解,没有获得成功的设计师。 您是如何创作作品系列的呢? 我会从我平时看到的东西,以及我自己的过去着手。我常常说,我在一 生中过了千样人生。我爱历史:我最喜欢的杂志是《国家地理杂志》。 我对消失的文化,土著部落,他们的仪式,他们的日常生活,都怀有无 比的尊重。灵性与神秘主义,是常伴我左右的两大元素。宗教,崇拜, 让我沉迷,我怀着极大的尊敬接近之。自我小时候开始,这种神秘就让 我着迷。当然,还有都市道路及亚文化,我是其中一部分,参加过书写 了过去与当代史的各大运动。 最新一季您的出发点是什么? 我深深爱这一季,这一季我同时设计了男装和女装。从一个貌似艺术装 置的地点出发,灵感来自David Bowie与Catherine Deneuve的《The Hunger》 的开场布景。也特别参考了PeterMurfhpy的表演,以及Bela Lugosi's dead的 包豪斯风格。鸟笼,烟雾,再现于一条桥下,桥上有隆隆作响的火车在 观众头上经过。还有我在洛杉矶闹市区看到的流浪者。这是打扮离经叛道 的理念。纸皮,孩子天真的嬉戏,在纸上剪出衣服的轮廓。Chris Burden 的艺术装置Metropolis。降落伞为整体增添了魔幻色彩。天堂鸟羽毛制成 的皇冠假发。非洲摩尔西部落的帽子和他们壮观的珠宝。Jackson Pollock 的艺术。所有这一切,指导理念都是“一切皆有可能”。 谁是促使您成为设计师的大师呢? 当然是Leigh Bowery,我们在同一天生日。我喜欢认为,我们在精神上是 有所联系的。我喜欢认为,他赠与了我一点他的敏感和幻想精神,每日 我都会提醒自己,为什么会选择了这份工作。也有其他女性:我喜欢阅 读传记,为某些偶像人物的故事着迷,例如Nancy Cunard,Casati侯爵夫 人,Leni Riefenstahl:这些都是厉害的女性角色,天赋极大的敏感度,品味 不可思议。我喜欢神秘与古怪的东西,我喜欢艺术,以及一切让我感动 的东西。我很清楚,不是时尚启发了我,我爱时尚,但是为了获得灵感 和感情,我会看往别处。 那么对您来说,时尚意味着什么? 在当今社会政治经济背景下,时尚是个让我尴尬的话题。今天的状况 是:“谁还在乎时尚。”也许,时尚根本就不存在于今日的思维方式 中。我喜欢认为,事实上,时尚是一门通用语言,超越了种族与文化的 差异。我喜欢游戏时尚的想法。可以不发一言,就通过衣着表达自己。 这是一种语言,表明自己从属的部落。 您喜欢今天节奏快速、数码导向的时尚体系吗? 季节的变化变得疯狂,一切都太快了,速度让人遗忘,让人失去记忆与 灵感来源。我相信,很快即将有事发生。包括社交媒体,不能忽略它们 对于时尚的贡献。同时,它们又有点让整个体系中毒了,令时尚变成了 不断快速变化的奴隶。所有人都只想第一时间知道,第一时间发布,第 一时间点赞……而不会真正欣赏谁的作品。这个时代令人害怕,我们正 处于革命与过渡的阶段。对此我毫不怀疑。 关于品牌的未来,您有何梦想?您喜欢独立设计师这个身份吗? 我希望未来能有很多的合作与项目,从中得到成长。我对于我们所处的 位置,我们的成方式由衷感到高兴。时间帮助我理解到,未来的正确方 向在哪里。单打独斗,抑或与人合作?这取决于对方是谁。正如一段婚 姻:伴侣必须爱你,爱你做的事业,并对之感兴趣,有意愿让你成长, 与你一起成长。可能会带来无穷惊喜,也可能会变成一个噩梦。并非 我叛逆,但我清楚知道,我只会与接受我的人结婚。真的就像是一段

恋爱故事。 经过这么多年,您还享受吗? 我必须懂得享受,才能去做我所做的一切。这份工作的压力很大,需要 很强的组织能力。必须有乐趣与好奇心,才能继续成长。 SACAI- 阿部千登勢 撰文 Stefano Roncato. 摄影 Cecile Bortoletti 令人鼓舞。理论上可能是当今时尚界保守得最好的秘密之一。尽管没 有多少媒体大张旗鼓的宣传,Sacai的每一个系列都留下其深深的设计烙 印。她的风格被行业人士纷纷借鉴,并作为各种概念的交汇点而备受尊 崇,她即将推出一系列原创单品。“失真。我想展现失真之美。”该日 本品牌的创意总监兼总裁阿部千登勢说。该品牌日益成长,正如她的女 儿Tohko一样,后者的出生导致这个品牌的创立。要知道,一切都有先有 后。她最初在Comme des Garcons担任渡边淳弥(Junya Watanabe)系列的 设计长达8年之久。《Sacai的诞生》。成功的产品,决定了业务的拓展, 春天出版的纪念书。出色的合作。当亚历山大·王离开巴黎世家时,她 的提名就不绝于耳。对于自己的才华和设计成为人们关注的中心,她的 感觉是怎样的呢?“非常高兴。”话语仿佛空气般轻飘飘,但非常坚韧 有力。正如她本人。钢铁之花。 您喜欢混搭各种时尚风格和元素。您怎么定义这种风格? 我喜欢穿得平衡。在我的一生中,在我吃的一切中,在我的工作中,都 追求平衡。说到日常穿着,我可以穿一件简单的男士衬衫,通过搭配一 块漂亮的手表,轻松转换个人风格。我热衷强烈的对比。我可以晚餐时 只吃一个汉堡包,或者去一家优雅的餐厅。我把这些冲突注入到Sacai系 列。这个系列不仅仅有优雅。还有比优雅更多的东西。 您是如何创立Sacai这个品牌的? 我为另一家公司工作了很长的一段时间,当我怀孕时我选择了离开。在 我的女儿出生后,我决定自立门户。我从五件衣物做起。 它们都是毛衣,因为当我做出自立门户这个决定时,我不得不考虑所做 的东西可以让我同时兼顾在我身边的孩子。那是18年前。Sakai(酒井) 是我的娘家姓。我把它改为Sacai,因为Sacai代表的是一个公司,而不仅 仅是一个姓氏。 系列的诞生过程是怎样的呢? 起初,我打算设计某种东西。后来,我看了自己一眼,我意识到我正穿 着一件男士衬衫、一件套头毛衣和一条休闲裤。非常经典的风格。我自 问怎样才能使用传统的物品来创造出与众不同的东西。把它们考虑为日 常使用的东西,穿着简易。 您非常喜欢对经典款式的重新演绎。您曾与Moncler和耐克合作。您是如 何调和商业与创意的呢? 我是品牌的创始人、设计师兼总裁。因此,我也直接管理业务。而且在我 身边没有人为我建议如何领导公司。我们再次回到平衡的理念。我想创 造出乎消费者意料的东西。但同时也正是他们所期待的东西。这两个方面 综合起来。我没有任何业务员,我在自己身上试穿一切。如果我未穿过 并令自己信服,就不会通过。我首先亲自测试,然后再决定什么进入系 列。因此,可以穿,就可以销售。我是否试穿一切?是的,一切,全部。 您认为哪些是您的标志性作品? 当然是前幅抓绒和后幅衬衫、硬朗与柔美、阳刚与阴柔的搭配了。我运 用很多经典的作品来创造一个惊喜。人们对我说我的服装不容易时,我 会立即去找我的团队:“让它们绝对不容易。” 您的男女装系列有什么共同点,尤其是以天堂车库为概念的最新系列? 主要有两个方面。一方面,是复古风格。维多利亚风格,搭配雪纺、蕾 丝和连衣裙。对头巾奇幻图案进行重新演绎,以刺绣装饰开襟衫。我以 清新和全新的手法重新演绎。另一方面,就是失真的风格,某种不完美 的东西,恰恰从剪裁开始。我想展现失真之美。 您提到“清新”这个词。今天时尚有多么需要它吗? 今天,众多设计师和众多可用设计都在力求做到这一点。重要的是要以 截然不同的方式达到与众不同的效果。 接下来您有什么计划? 在国外开店,从亚洲开始。尽管品牌以日本为基础,但目前只有30%的业 务是在这个市场。我力求达到平衡,其中美国是重要的市场。此外还有 意大利。生产几乎全部在日本完成,因为所有的面料根据设计图案完成。 是否有某位设计师激发您的灵感? 我看了很多和一切,但我从来不汲取字面上的灵感。我推陈出新。以某 种其他方式呈现。 鉴于很多事情取决于您的女儿,您的女儿叫什么名字? Tohko。意思是寺庙附近的森林,源自日本的一个神圣概念。如果没有 她,我对时尚将有一个不同的观点。如果没有Tohko,就不会有Sacai这 个品牌。 Jacquemus - Simone Porte Jacquemus 撰文 Stefano Roncato. 摄影 Cecile Bortoletti 童年梦想(写我的自传,哪怕妈妈说我疯癫)变成了成人梦想,在一 场梦一般的时装秀里(我已经有很多年没这样哭过了这场秀直达灵魂 深处,是一个充满张力和个人经历的故事)。因为,Simone Porte Jaquemus选择了一种如梦似诗的语言,来讲述这个故事。那个关于梦 想的故事,今天名叫Jaquemus。品牌诞生于2013年,沿用了2009年去 世的母亲原姓。很快就成为一个标志,代表着一种新的时尚,充满欢乐 与童真。短短三年,便自成一派。我喜欢什么?蓝色与白色,条纹,太 阳,水果,马赛,还有80年代。这位正在启蒙之城巴黎掀起革命的25岁 年轻人,思想简单天真,在最新一场走秀里表露无遗。故事讲述一个小 孩,正在辛苦地搬动一件重物,对他来说那太大了他辛苦地滚动着一个 猩红色的线团,但他知道这是必须做的。出场的白马代表着希望,是未 来的康庄大道场景灵感来自菲利普∑加瑞尔的电影《内心的伤痕》,但 故事却是我自己的。直到看秀时我才意识到这一点,这场秀其实是一场 我个人深藏的内心戏。所有的衣服都成为了我审视反思人生的道具。孩 童般的眼睛,陪伴他进行了人生历程中的每一个选择。 如今对你来说,时尚意味着什么? 对我来说,就是创作一个故事时尚是一切,唯独不是做衣服。它是一种 非常个人化的讲述,近乎于自传。我的每一个系列,都是一张拼图,讲 述着我这个人。我的灵感,可以来自一次假期,或者一个艰难的时刻。 每一季都讲述着隐秘的内心故事,深入剖析个人。我得说,所有这一 切,都是同时诞生和成形的。我决定从哪里,从什么开始进行创作,并 不会去细想。一切都来得天真无邪正如一个小孩,他游戏,他讲述,有 时候甚至是混乱无序的。 您从小梦想长大之后做什么呢? 从事时尚工作,成为一名设计师。这个人人都知道,我自己也很坚定。 我成长于一个果树与菜园环绕的山间小城(编者按:他出生在南法的沙 龙普罗旺斯),那里人人都彼此认识,大家都知道我会做这个工作,不 是因为我喜欢衣服,而是因为我对人特别健谈。 您对于时尚的最初记忆是什么呢? 当然是我的母亲。还有我的外婆,或者说,我家所有的女人。一直以 来,我最迷恋的是她们的故事,多于她们的风格。此后也是如此。我的 审美,是在电影、书籍与人们的故事里面得到巩固的。在小镇面包店来 来往往的人们,从乡野的牧羊人到大厨。 您认为谁是您的时尚老师呢? 肯定是川保久玲,尤其是她创立Comme des Garcons的真诚。还有法 国时尚大师皮尔∑卡丹,他玩世不恭的品味,他梦想未来的方式。他是 名副其实的幻想家。 请描述一下Jaquemus女士。 当然是我的母亲,也会是一位意大利美人,就像《天堂海滩》里的 Valeria Golino。意大利是我热爱的国家,仅次于法国,我的外婆出 生在Cortona,但从小就移居到法国了。我熟悉我外婆的生活方式,在 哪里居住,用哪个盘子吃饭。我喜欢想象一种真正的生活方式,因为我 的工作并不仅仅是一件衣服。 哪里将是您停泊的港湾呢? 也许是室内装饰吧。我已经在为我们的陈列室设计所有家具,我明确知 道,那将是我奶奶的房子。然后是男装,尽管我还需要搞清楚如何接近 这个世界。童装就不必了,我的时尚就是纯真无邪的,就像孩童一般。 但为孩子设计衣服,为他设定规则,将会违背我的方式。 Simone Porte Jaquemus 今时今日的梦想是什么? 像现在一样快乐。拥有现在的力量,它让我从容开朗。做我想做的事情。 您不会像其他同行一样,梦想成为某个大品牌的创意总监吗? 现在,我可以拥有并管理的最大品牌,就是我自己的我的品牌独一无二, 充满个性,是革新思想的产物。更重要的是,这是一条真实的道路。当 Raf Simons离开Dior,创立自己的品牌,投身时尚的本质时,我衷心 为他高兴。时尚的本质就是创造。归根到底,我们的存在就是为了创造, 但在大品牌的节奏下创作更加困难。我很小,但我自豪。今年,LVMH的 高层联系过我,特别提到了LVMH的奖项,我感谢了他们,我也更加确信 一点:我从事这个工作,不是为了钱,而是为了讲述故事。 今天,您创作自己的故事时,有多少同事呢? 我一个人,我的员工就是我。我有一些助手,但创作时我是独自一人的。 我不喜欢与别人分享这一私密的时刻。比如说,我不画图,我不会。我 画的草图就像小孩画的一样。比如,最新一季的衣服,我是直接在模特 身上打版的。这种时装的方式,用的是一种清醒的语言。 Simone Porte Jaquemus发展壮大之后想做什么呢? 当然是时尚还有电影。我想通过摄影机的镜头去讲述我外婆的故事。还 有摄影:我正在上摄影课,以后可以直接拍摄我的造型册和广告片,在 纸上呈现我对于女人的看法。也许,我只想通过工作讲述我的生活。就 是我从小跟妈妈讲的那些故事也许我并没有那么疯癫。

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